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INAIL, 1.221 PERSONE SONO MORTE SUL LAVORO NEL 2021 INCIDENTI SUL LAVORO DATI PREOCCUPANTI I dati rilevati a livello nazionale mostrano che, rispetto al primo bimestre del 2021, sono aumentati da 19 a 29 i casi di morti sul lavoro in itinere, mentre i decessi avvenuti durante il lavoro sono stabili a 85. L'incremento di decessi vale per gli uomini (da 97 a 101) e per le donne (da 7 a 13). Crescono le denunce sia dei lavoratori italiani (da 89 a 97) che degli extracomunitari (da 10 a 13) mentre diminuiscono quelle dei comunitari (da 5 a 4) L’aumento del numero di morti sul lavoro ha interessato particolarmente il settore dell’industria e servizi, in cui le denunce sono aumentate dalle 84 del primo bimestre del 2021 alle 100 denunce del periodo gennaio-febbraio 2022. Il settore dell’agricoltura invece è sceso dai 15 ai 9 casi. In base ai risultati dell’analisi territoriale [segue a pag. 2]
DPI e Imbracatura Sicurezza La scelta dell'imbracatura di sicurezza più adatta è una delle decisioni più importanti per il lavoro in quota, le attività di salvataggio o il lavoro in ambienti confinati. Oltre a fornire sicurezza e resistenza totali, un'imbracatura deve assicurare funzionalità, comfort e flessibilità per ridurre la fatica del lavoratore e permettergli di lavorare al meglio
SII PROTETTO O RISCHI DI ESSERE SCHIACCIATO!!
In numerose attività il rischio di una lesione alla testa non può essere valutato in modo affidabile. Durante i lavori in cui la testa è esposta a un pericolo è obbligatorio l'uso di una protezione. L’ordinanza sui lavori di costruzione prescrive che i lavoratori devono portare un casco di protezione per tutti i lavori in cui sono esposti al pericolo della caduta di oggetti o di materiali.
PATENTINO PER LA CONDUZIONE DI ATTREZZATURE PERICOLOSE
Formazione specifica per le attrezzature di lavoro quali: gru a torre, piattaforme elevabili, carrelli elevatori ecc.. Sono state infatti indicate, dopo le verifiche periodiche di cui all’allegato VII del DM 11/04/2011, le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una formazione specifica degli operatori.
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20 maggio 2022
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SAFETY BUSINESS ANNO 2022 NR. 9
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INCIDENTI SUL LAVORO DATI PREOCCUPANTI Il numero di denunce di infortuni sul lavoro è dunque aumentato del 47,6% rispetto alle 82.634 del primo bimestre del 2021 e del 26,4% rispetto alle 96.549 del periodo gennaio-febbraio 2020. “L’andamento degli infortuni nel periodo 2019-2021, al netto dei contagi Covid, presenta elementi di evidente complessità”, secondo Bettoni. “In riferimento al 2022, l’analisi statistica dei primi due mesi conferma l’urgenza di agire sinergicamente per invertire la rotta”. Per il presidente dell’Inail in Italia manca “una reale cultura della prevenzione che va costruita iniziando dai banchi di scuola”. “Una valida politica di prevenzione, l’interiorizzazione della cultura della sicurezza, non penalizzano l’impresa sul mercato, anzi, possono costituire elemento determinante di affermazione e competitività” ha concluso Bettoni. Di lavoro si continua a morire. Solo tra gennaio e marzo del 2022 sono state 189 le morti bianche, un aumento del 2,2% rispetto allo stesso periodo nel 2021, come emerge dai numeri riportati dall'Inail. Una strage che non si ferma, nemmeno nella Giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro. Un operaio 39enne è morto alla Farnesina, a Roma, precipitando durante i lavori di manutenzione dell'ascensore e un 50enne è morto nel polo logistico di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza. Un'emergenza da affrontare, secondo l'Inail, investendo nella prevenzione. Il presidente Franco Bettoni, intervenendo all'iniziativa "Insieme per la salute e la sicurezza sul lavoro" a Vibo Valentia, ha dichiarato: "L'Inail cercherà di migliorare il proprio impegno, mettendo 2,7 miliardi, prevedendo agevolazioni per chi fa prevenzione e investendo in attività di ricerca per favorire politiche di prevenzione". Mentre l'ex ministro del Lavoro e membro del CdA di Inail, Cesare Damiano, ha sottolineato che "il costo degli infortuni incide, a livello nazionale, del 3% sul prodotto interno lordo (circa 45 miliardi di euro ogni anno), se soltanto una parte di questa somma fosse spesa per prevenire gli infortuni avremmo imboccato la strada giusta". In tre mesi ci sono stati 189 morti sul lavoro L'aumento che emerge dal confronto di periodo tra il 2022 e il 2021 è legato sia alla componente femminile, che registra un +72,9% (da 51.550 a 89.130 denunce), sia a quella maschile, che presenta un +36,1% (da 77.121 a 104.976). L'incremento ha interessato sia i lavoratori italiani (+54,6%), che quelli extracomunitari (+35,1%) e comunitari (+25,6%). Dall'analisi per classi di età emergono incrementi generalizzati in tutte le fasce. Quasi la metà dei casi confluisce nella classe 40-59 anni. Dall'analisi per classi di età, da segnalare gli aumenti dei decessi tra gli under 40 (da 34 a 49 casi) e tra i 45-49enni (da 22 a 24), in calo quelli tra i 40-44enni (da 17 a 16) e tra gli over 49enni (da 112 a 100). Inail, 1.221 persone sono morte sul lavoro nel 2021 Più di 3 al giorno. Inoltre, 555 mila gli infortuni segnalati e 55 mila le patologie di origine professionale quindi nel 2021 più di 3 persone sono morte ogni giorno nell’esercizio della propria attività lavorativa. sono in diminuzione rispetto all’anno precedente (-3,9% rispetto al 2020), ma comunque ancora troppe: ben 1.221 gli incidenti con esito mortale presentate all'inail nell’intero arco del 2021.
Sono tante, in diminuzione, ma al telegiornale se ne sente parlare sempre con allarme. Allora di cosa stiamo parlando? Riassumendo i macro-dati delle denunce presentate all'Inail nell’intero arco del 2021: 555.236 denunce di infortunio sul lavoro nel 2021 • +0,2% rispetto al 2020 • 1.221 delle quali con esito mortale • -3,9% rispetto al 2020 • 55.288 patologie di origine professionale denunciate • +22,8% rispetto al 2020 Le morti bianche nel 2021 sono diminuite del quasi 4% rispetto all’anno precedente, contando 1.221 vittime a fronte delle 1.270 rilevate nel 2020. Quindi la sicurezza sul lavoro è migliorata? Almeno un po’? Nel primo bimestre 2022 gli infortuni mortali sono stati 114. Il bollettino del primo trimestre dice 189. Se usiamo una semplice media, fino al 28 febbraio avevamo 57 infortuni al mese, ma a fine marzo abbiamo 63 infortuni mortali. Un sicuro aumento e non una diminuzione. Siamo in controtendenza con il 2021? Approfondiamo ancora un po’ Per quanto riguarda la modalità di accadimento, dei 1.221 casi rilevati nell’anno, 973 riguardano gli infortuni in occasione di lavoro e 248 gli infortuni in itinere. Il dato non chiarisce ovviamente se l’infortunio in itinere può essere causato dal lavoro oppure no. Servirebbe sapere quanti dei 248 incidenti sono avvenuti con colpa del lavoratore, oppure quanti sono avvenuti in base alle ore di lavoro del lavoratore. Se è un mese che lavoro tanto, facendo tanti straordinari, magari l’infortunio l’ho causato per stanchezza, con colpa, ma perché per lavorare non sto riposando abbastanza (fisico e mente). Se invece mi sono venuti addosso, quindi non ho colpa, è infortunio in itinere, ma è poco probabile la causa di sicurezza sul lavoro Il contagio Covid-19 come infortunio sul lavoro Da marzo 2020 a dicembre 2021 sono 191.046 le denunce di infortunio sul lavoro da Covid-19 segnalate all’Inail, il 16,7% del totale delle denunce di infortunio pervenute nel periodo in esame e il 3,1% del totale dei contagi in Italia. È quanto emerge dalla Scheda nazionale infortuni sul lavoro da Covid19 dell’Inail. Inoltre sono 811 le persone che sono decedute avendo contratto il Covid-19 in ambito lavorativo. Dato che nel 2020 ci sono stati 1270 infortuni mortali e nel 2021 sono 1221 allora gli infortuni mortali per covid sono stati il 32.55% del totale decessi denunciati da gennaio 2020. E nel 2022? La percentuale di morti Covid sul lavoro è ancora quella o si è modificata? Come impatta oggi la Pandemia, vista la cessazione dell’emergenza il 31 marzo? •
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SAFETY BUSINESS ANNO 2022 NR. 9
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UAI VERONA PRIMO SOCCORSO AZIENDALE, UN ELEMENTO PORTANTE DELLA SICUREZZA Il primo soccorso aziendale deve essere considerato uno degli elementi centrali per la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro. Possiamo fare tutto al meglio, ma a volte gli incidenti, gli infortuni, i malesseri ci sono lo stesso. Come dobbiamo comportarci? Se interveniamo tempestivamente riusciamo a contenere i danni (se e solo se sappiamo cosa fare) Il primo soccorso aziendale è un aspetto per il quale il datore di lavoro, in qualsiasi realtà produttiva, deve prendere i provvedimenti necessari: sia in materia di dotazioni che in termini di formazione di figure ad esso dedicate in caso di emergenza. Cosa si intende per primo soccorso aziendale? Il D.M. n. 388 del 15 luglio 2003 viene definito come “lo strumento operativo per la realizzazione del primo soccorso aziendale” e in esso sono indicate le modalità di organizzazione dell’azienda e delle squadre di emergenza. Quasi vent’anni di normativa, siamo in grado di fare un po’ di valutazioni. Il Datore di Lavoro deve designare e formare gli addetti al primo soccorso e predisporre un piano di gestione delle emergenze sanitarie. Ossia un protocollo interno in cui siano indicati compiti e ruoli, e i comportamenti da osservare nelle situazioni di emergenza. Questo andrà ad integrare il piano aziendale di emergenza. La formazione degli addetti al primo soccorso Premessa: il numero di soccorritori presenti in azienda non è prefissato, ma varia in base al tipo di rischio, alla dimensione, all’organizzazione e in base al numero di dipendenti. Indicativamente 1 soccorritore ogni 30 dipendenti è un parametro accettabile. Clicca il Link di seguito per visualizzare l’articolo completo urly.it/3nq7g
SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO NEL 2022: NUOVE OPPORTUNITÀ E RIFLESSIONI DI IERI Il cosiddetto smart working o telelavoro, ovvero il lavorare da casa al di fuori dell’effettivo ambiente di lavoro, è uno dei molti aspetti che ora deve essere preso approfonditamente in esame. La flessibilità in termini di luogo e orario può essere un aspetto decisamente positivo, ma può anche trasformarsi in una sfida molto difficile da gestire. La riduzione dei contatti interpersonali è un mezzo di provata efficacia per contenere la diffusione del virus e questo comporta dei benefici diretti anche per la sicurezza sul lavoro: meno dipendenti sul posto di lavoro significano un minor rischio di contagio. Per gli stessi lavoratori la flessibilità che il lavoro in remoto offre può rivelarsi utile quando oltre al lavoro è necessario occuparsi dei bambini, prestare assistenza ai familiari anche solo se si punta a un maggiore equilibrio tra professione e vita privata. D’altro canto, il lavoro flessibile pone anche nuove sfide e nuovi compiti. L’isolamento sociale, la sensazione di dover essere costantemente raggiungibili e gli strumenti supplementari di monitoraggio e tracciamento sono solo una parte dello scotto da pagare. Quest’anno, la prevenzione di malattie e stress causati da fattori psichici e psicosociali si delinea come una delle questioni più rilevanti per i professionisti della salute e della sicurezza sul lavoro. Lo smart working a lungo termine, i cambiamenti nel mondo del lavoro e le paure legate agli sviluppi futuri possono avere un effetto permanente sulla salute mentale, la cui portata non è ancora del tutto chiara. Si prevede che in futuro tali cambiamenti continueranno ad accompagnare in modo permanente il nostro ambito lavorativo. Questo crea una nuova sfida per chi si occupa di sicurezza. Uno studio effettuato dalle assicurazioni sanitarie in Germania rivela che il numero di giorni lavorativi persi a causa di disturbi psicologici è aumentato notevolmente. La crisi causata dalla pandemia di COVID-19 dimostra anche che ci troviamo di fronte ad elevati livelli di stress mentale in vari settori professionali e che quindi la tutela della salute sul lavoro dovrebbe concentrarsi maggiormente su questa tematica. Lo stress legato al lavoro flessibile in termini di luogo e orario va di pari passo a questo sviluppo. Tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro significa oggi consentire una vita sana al di là della semplice attività lavorativa e dell’ambiente di lavoro. Secondo gli esperti questo risulta un nuovo compito per gli addetti alla sicurezza sul lavoro, che con la loro responsabilità e le loro competenze possono contribuire a migliorare questo aspetto. In particolare, con l’aumento della fiducia nei loro confronti e dell’importanza del loro operato durante l’attuale pandemia, ora dispongono di una base per indirizzare il dialogo verso queste tematiche. dobbiamo concentrare gli sforzi per sviluppare un modello futuro, un modello in grado di coniugare eccellenza gestionale e una trasformazione digitale intelligente su tutti i livelli. Questo ci aiuterà a raggiungere l’obiettivo di vivere in una società più umana, con un ambiente di lavoro interconnesso, sano e sicuro, con una tutela del lavoro di qualità orientata ai bisogni delle persone, delle società e a una corsa delle imprese verso l’eccellenza. Anche nel 2022 quindi la digitalizzazione dei processi sarà un argomento che dominerà in molte nostre aziende coinvolgendo sempre più anche le attività di Sicurezza e Ambiente. Attività di controllo in remoto grazie ad una videoconferenza non saranno necessariamente abbandonate solo perché è cessata l’emergenza Coronavirus (solo per citare un argomento noto a molti). Pur avendo un mondo del lavoro sempre più digitale, abbiamo comunque molte aziende che lamentano la mancanza degli elementi più essenziali: personale formato, capacità di organizzazione del lavoro con efficacia ed efficienza, competenze a volte manuali che in alcuni settori si stanno perdendo Assistiamo sempre più ad attività banali svolte con distrazione dagli operatori, soprattutto i più giovani. Abituati all’utilizzo del telefonino, alla velocità di scorrimento che ne consegue, fanno a volte fatica a concentrarsi per un tempo ragionevole sulle attività correnti. Ecco quindi nascere ulteriori sistemi di sicurezza (digitali) per intervenire anche quando fino a ieri bastava “un po’ di attenzione”: strumenti indossabili che forniscono all’operatore e a chi gli sta attorno segnali di allarme per evitare incidenti, per ricordare l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale, per vietare l’accesso alle persone non autorizzate o non adeguatamente formate, … L’articolo è visibile anche sul nostro sito cliccando il link di seguito: urly.it/3nq7k
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20 maggio 2022
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COVID, IL DATORE DI LAVORO È UNICO GARANTE In materia di sicurezza sul lavoro e rischi anti Covid-19, la responsabilità del Datore di Lavoro non è delegabile. È quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 9028 del 2022, con cui la terza sezione penale ha fornito indicazioni sull’individuazione del Datore di Lavoro e delle sue responsabilità, nell’ambito delle condotte riferite alla valutazione del rischio connesso alle malattie da Covid19.Specificamente, l’amministratore delegato di un noto istituto di credito era stato assolto dai reati relativi alla mancata valutazione del rischio connesso alle malattie trasmissibili da pandemia Covid-19 e alla designazione del Responsabile per la Sicurezza, avendo l’imputato delegato tali funzioni a un dirigente attraverso un atto formale. Le responsabilità del datore di lavoro Qualora il datore di lavoro non dovesse prevedere nessuna delle forme di tutela dei lavoratori ovvero si verifichi il contagio sul posto di lavoro per la mancanza o insufficiente dotazione dei DPI, potrebbe non solo incorrere nelle sanzioni civili (la multa per intendersi), ma anche rientrare nei delitti penali previsti dall’art. 589 e 590 c.p.. L’inosservanza delle norme per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro può quindi determinare una responsabilità civile e penale. La mancata osservanza di una delle norme sarebbe già sufficiente a determinare una responsabilità penale nel caso di un dipendente che affermi di aver contratto la malattia (pur se asintomatico) sul luogo di lavoro. Ovviamente non è tutto così semplice. Dobbiamo distinguere tra infortunio sul lavoro e malattia (la classica assenza per influenza) anche in base al settore di appartenenza. Facciamo un esempio: se il dipendente si ammala di Covid in quanto infermiere dell’ospedale e non ci sono contagi possibili dalla vita privata, un eventuale focolaio con quattro o cinque dipendenti in isolamento per covid, all’interno del reparto dove lavora, giustifica l’infortunio specifico Se invece di un infermiere pensiamo all’operaio di una piccola industria, dove ci sono sempre i quattro o cinque assenti in isolamento, possiamo considerarlo lo stesso infortunio? Oppure magari hanno avuto il contagio dai figli, nella vita privata, e al lavoro sono assenti, per esempio perché i bambini frequentano la stessa scuola (come a volte capita)? Come si fa a capire se è infortunio sul lavoro oppure no? Chiarito che il Datore di Lavoro che non osserva le norme antinfortunistiche, è punibile ai sensi delle nostre normative, tale condotta diventa importante per capire quale sia la situazione. Se nella fabbrichetta le norme non vengono rispettate, il distanziamento, l’igienizzazione, la mascherina, vengono ignorate, sarà possibile individuare una qualche responsabilità, anche se il primo magari è stato contagiato dal figlio. Per quanto concerne l’infortunio sul lavoro, non occorre che siano violate norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, essendo sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione dell’art. 2087 c.c. che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.
Prevenzione anti-Covid: la responsabilità del datore di lavoro non è delegabile La Corte di Cassazione, con la sentenza della terza sezione penale n. 9028 del 2022, ha fornito importanti indicazioni sull’individuazione delle responsabilità del datore di lavoro nell’ambito dei comportamenti riferiti alla valutazione del rischio connesso alle malattie trasmissibili a causa del Covid-19. Questo non significa che oggi bisogna allarmarsi: l’emergenza è cessata, le regole anticovid stanno diventando più leggere, ma non è così semplice. Continueremo a tenere la mascherina anche se non c’è più l’obbligo per il Covid? Il protocollo anticontagio come lo conosciamo, andrà aggiornato e per farlo servirà fare una valutazione dei rischi molto più sostanziale: quanto mi costa avere i dipendenti in isolamento (che quindi non producono) solo perché non mi sono preoccupato di adeguarmi e magari proteggerli un po’ di più? “Parli facile tu, ma i miei dipendenti non ne possono più di portare la mascherina, specie adesso che sta arrivando il caldo” Certamente, vale per loro e vale anche per me, ma la sicurezza sul lavoro ci insegna che dobbiamo capire come usarla la mascherina, così come le altre restrizioni. Se finora abbiamo dovuto usarla a prescindere, magari oggi la usiamo solo per la riunione in sala riunioni (che è piccola, siamo in tanti, non si può mai sapere, …) Se ieri tutti dovevano averla a prescindere dalla distanza dal collega, oggi mi basta che ce l’abbiano a “portata di mento”. A questo proposito, ricordo che nell’art. 29, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008, le ipotesi che danno origine a un obbligo di aggiornamento sono quattro: -modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro che impattano sulla salute e sicurezza dei lavoratori; - evoluzione tecnologica che consenta una migliore prevenzione; - verifica di infortuni significativi; - esiti della sorveglianza sanitaria che evidenzino la necessità di un aggiornamento del DVR, e che nelle causali per la rielaborazione del DVR non sono quindi indicate circostanze ambientali estranee ai rischi specifici aziendali come è l’ipotesi di una epidemia o potenziale pandemia. Conclusioni Per terminare quindi, non possiamo considerare finito l’impatto del Covid sulle nostre attività, solo perché è cessata l’emergenza. Almeno fino a fine anno dovremo comunque cercare di contenerne gli effetti (visto che parliamo ancora del 15% dei tamponi giornalieri che risultano positivi). Dopotutto il Covid sta ancora girando. Magari le regole non saranno troppo burocratiche, magari avremo aziende con regole diverse e quindi un po’ di difficoltà ad orientarsi per capire cosa è giusto e cosa no, ma questo è tipicamente italiano, soprattutto nella sicurezza sul lavoro Ai posteri l’ardua sentenza L’articolo è visibile anche sul nostro sito cliccando il link di seguito: urly.it/3nq7t
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