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GLI STATI MEMBRI CONCORDANO SUL RICONOSCERE COVID-19 COME MALATTIA PROFESSIONALE Gli Stati membri, i lavoratori e i datori di lavoro in seno al Comitato consultivo dell'UE per la sicurezza e la salute sul lavoro (ACSH) hanno raggiunto un accordo sulla necessità di riconoscere il COVID-19 come causa di malattia professionale nell'assistenza sanitaria e sociale e nell'assistenza domiciliare e in un contesto pandemico, in settori in cui si verifica un focolaio in attività con comprovato rischio di infezione. Il commissario per l'Occupazione e i diritti sociali, Nicolas Schmit, ha dichiarato: "Questo accordo è un forte segnale politico per riconoscere l'impatto del COVID-19 sui lavoratori e riconoscere il contributo cruciale delle persone che lavorano nel settore sanitario e sociale, nonché altri lavori che comportano un rischio maggiore di contrarre la COVID-19 [segue a pag. 2]
MOVIMENTAZIONE SPERICOLATA I carrelli elevatori sono veicoli di lavoro estremamente utili purché utilizzati in modo appropriato e da operatori addestrati in modo adeguato. I cosiddetti “muletti” continuano ad essere “coinvolti”, ad oggi, in molti infortuni.
L’INCIDENTE PORTA LACRIME, LA SICUREZZA PORTA APPALUSI
Prosegue senza sosta la lunga catena di incidenti mortali che da troppo tempo hanno ripreso ad aumentare insanguinando molte aree del Paese. A fronte di una sostanziale stabilità degli infortuni in generale, il numero dei morti sul lavoro registrati nei primi sette mesi dell’anno si attesta ben oltre i già altissimi livelli raggiunti negli anni precedenti.
MEGLIO PREVENIRE CHE CURARE
Più sicuri ed efficienti. Dai nostri dati emerge che gli audit in materia di salute e sicurezza funzionano davvero e che i fornitori sottoposti a controlli vantano una riduzione del 40% degli infortuni. In pratica, ciò si traduce in una riduzione degli incidenti, una maggiore sicurezza di dipendenti e subappaltatori, minori interruzioni e una maggior efficacia operativa.
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20 luglio 2022
SAFETYBUSINESS NEWS
SAFETY BUSINESS ANNO 2022 NR. 10
-IL GIORNALE DIGITALE -
COVID-19 RICONOSCERE LA MALATTIA PROFESSIONALE Sulla base di questo accordo, la Commissione aggiornerà la sua raccomandazione sulle malattie professionali, per promuovere il riconoscimento della COVID-19 come malattia professionale da parte di tutti gli Stati membri." L'accordo è un passo importante per attuare il quadro strategico dell'UE per la salute e la sicurezza sul lavoro 20212027, adottato dalla Commissione nel giugno 2021, in cui la Commissione ha annunciato che aggiornerà la raccomandazione della Commissione sulle malattie professionali per includere il contagio da COVID-19 già dalla fine di quest'anno. Il quadro definisce le azioni chiave a livello dell'UE per migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei prossimi anni. Uno dei suoi principali obiettivi trasversali è aumentare la preparazione a qualsiasi potenziale crisi sanitaria futura. Ciò implica anche un rafforzamento del sostegno ai lavoratori durante le possibili future ondate di COVID-19.
Prossimi passi A seguito del parere dell'ACSH, la Commissione aggiornerà la raccomandazione elencando le malattie professionali e gli agenti che possono causarle. La Commissione raccomanda gli Stati membri di riconoscerle. L'obiettivo è che gli Stati membri adattino le loro legislazioni nazionali secondo la raccomandazione aggiornata. Se riconosciuta come malattia professionale in uno Stato membro, i lavoratori dei settori interessati, che hanno contratto il COVID-19 sul luogo di lavoro, possono acquisire diritti specifici secondo le norme nazionali, come il diritto all'indennizzo.
Alcuni lavoratori, in particolare quelli esposti a persone infette, ad es. nei settori sanitario e sociale, sono a più alto rischio di contrarre il COVID-19. Inoltre, durante una pandemia, potrebbero esserci altri settori in cui i lavoratori potrebbero essere maggiormente a rischio di contrarre il COVID-19 a causa della natura delle loro attività. Il riconoscimento e l'indennizzo delle malattie professionali è di competenza nazionale. La maggior parte degli Stati membri ha riferito alla Commissione di riconoscere già il contagio da COVID-19 come malattia professionale o infortunio sul lavoro, in linea con le proprie norme nazionali. L'aggiornamento della raccomandazione della Commissione sulle malattie professionali è importante per promuovere il riconoscimento della COVID-19 come malattia professionale da parte di tutti gli Stati membri. L’Italia già dal 2020 riconosce il contagio sul luogo di lavoro con indennizzo INAIL in quanto lo considera infortunio sul lavoro. Vedremo prossimamente come recepirà questa raccomandazione Ai posteri l’ardua sentenza
Conclusioni Mentre la crisi sanitaria in Europa legata alla pandemia di COVID-19 è in miglioramento e gli Stati membri stanno progressivamente revocando le misure restrittive, la situazione epidemiologica rimane grave. A partire dal 12 maggio 2022, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha classificato alcune varianti di Omicron come "varianti preoccupanti". Ciò garantisce quindi un rafforzamento della protezione dei lavoratori in vista di possibili future ondate di COVID-19.
L’articolo è visibile anche sul nostro sito cliccando il link di seguito: urly.it/3pfcd
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20 luglio 2022
SAFETYBUSINESS NEWS
SAFETY BUSINESS ANNO 2022 NR. 10
-IL GIORNALE DIGITALE -
UAI VERONA CAMPAGNA SICUREZZA SUL LAVORO: “SICURI, INSIEME, SI DEVE” “Sicuri, insieme, si deve“, è con questo messaggio che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali lancia una campagna di sensibilizzazione sul tema della sicurezza sul lavoro. Con spot in onda sulle reti RAI televisive e radiofoniche, il Dicastero ricorda da un lato il proprio impegno istituzionale che ha portato il Governo a varare stringenti misure sulla sicurezza, più attività di formazione, maggiori controlli e sanzioni; dall’altro, pone in risalto quanto la partecipazione e il senso di responsabilità di tutti possano contribuire a cambiare gli eventi, a tornare “ogni giorno a casa”, come recita il testo dello spot. Un richiamo a ciascuno dei protagonisti – lavoratori e datori di lavoro, parti sociali, stakeholders e anche all’opinione pubblica – affinché la strategia di contrasto agli incidenti sul lavoro passi pure attraverso l’impegno, l’attenzione e la sensibilità di tutti. “Diciamo insieme basta agli incidenti sul lavoro“, è il coinvolgente appello dello spot nella consapevolezza che le regole da sole non bastano e che il contributo di ognuno è indispensabile per accrescere e incoraggiare un diffuso senso di responsabilità e realizzare davvero la piena sicurezza sul lavoro. La campagna ribadisce che solo l’impegno e la partecipazione di tutti possono aiutare a contrastare il fenomeno. Obiettivi Gli obiettivi della campagna sono: • evidenziare il rinnovato impegno delle istituzioni per fronteggiare l’emergenza, anche ricordando le nuove regole introdotte per arginarla; • segnalare che il governo ha varato nuove misure in materia di formazione, controlli e sanzioni; • evidenziare che per superare la drammatica situazione attuale è necessario l’impegno congiunto di tutti; • evidenziare l’importanza della prevenzione e accrescere il senso di responsabilità di ciascuno. Clicca il Link di seguito per visualizzare l’articolo completo: urly.it/3pfd4
NOVITÀ IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ: COSA CAMBIA QUANDO INTERVIENE UN CONSULENTE LA CORTE DI CASSAZIONE CON LA SENTENZA N. 22628 DEPOSITATA IL 10 GIUGNO 2022 HA STABILITO CHE IL DATORE DI LAVORO NON PUÒ ESSERE CONDANNATO PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, A SEGUITO DI UN INFORTUNIO, SE HA AFFIDATO LA RESPONSABILITÀ DELLA SICUREZZA SUL LAVORO AD UN CONSULENTE. PER GIUDICARE NEL MODO CORRETTO LA RESPONSABILITÀ DEL DATORE, È NECESSARIO VERIFICARE LA NATURA DELLA CONSULENZA E LA SUA INFLUENZA.
Sicurezza sul lavoro, per stabilire la responsabilità del datore di lavoro in seguito ad un infortunio, è necessario verificare l’influenza del servizio di consulenza in materia. Questa è la decisione della Corte di Cassazione, sentenza n. 22628/22, dopo il ricorso presentato da un datore di lavoro. In seguito ad un incidente, il datore di lavoro non può essere accusato di responsabilità oggettiva automaticamente senza una specifica verifica sulla natura e sull’influenza della consulenza. Potrebbero in effetti esserci delle responsabilità non sanzionate dal Dlgs 81/2008 ma dal Codice civile e Penale (art 40 cp) Si applica il principio dell’esigibilità del comportamento dovuto, per valutare il mancato rispetto delle regole previste e se questo sia da imputare alla consulenza. La questione è stata sollevata in seguito ad un incidente in cui il datore di
lavoro è stato condannato dal tribunale locale per negligenza poiché non aveva fornito dispositivi di protezione individuale idonei. A consigliarlo, però, è stato un consulente per la sicurezza sul lavoro. In fase di ricorso, il datore di lavoro lamenta di essere
stato condannato per responsabilità oggettiva per aver causato l’evento che ha portato all’infortunio, ma secondo lui, non sarebbe stato preso in adeguata considerazione il fatto di aver delegato la scelta dei dispositivi di protezione individuale, che si sono rivelati non idonei, ad una società di consulenza per la sicurezza sul lavoro. Il ricorso è stato accolto dalla Cassazione, la quale ha disposto un rinvio a giudizio. Il fatto di affidarsi ai servizi di una società di consulenza per la sicurezza sul lavoro non equivale a una delega di funzioni in materia, ma allo stesso tempo è necessario valutare l’influenza delle attività di consulenza. Tale valutazione deve considerare la professionalità del consulente, la sua esperienza e specializzazione nel settore, l’ampiezza e la specificità dell’ambito della consulenza e l’eventuale complessità della scelta di specifici dispositivi di protezione. Secondo la Corte, si rischia di addossare al datore di lavoro una responsabilità oggettiva al posto di quella relativa al mancato rispetto del comportamento a cui è tenuto, in particolare, è necessario valutare l’influenza della consulenza in relazione al giudizio sull’esigibilità del comportamento dovuto. La Corte sottolinea l’importanza di questo principio, indispensabile per formulare un rimprovero specifico al datore di lavoro. La colpa, infatti, ha un aspetto oggettivo (la condotta) e uno soggettivo, cioè la possibilità per il soggetto di rispettare le regole previste. Il rispetto della regola costituisce appunto il principio di esigibilità del comportamento dovuto. Pertanto, bisogna valutare adeguatamente l’attività di consulenza e la sua influenza per determinare la responsabilità del datore di lavoro in merito al mancato rispetto delle regole. “In tema di infortuni sul lavoro, il conferimento da parte del datore di lavoro di una effettiva e specifica attività di consulenza nel settore della sicurezza, a soggetto con esperienza e specializzazione in esso, volta a integrare il bagaglio di conoscenze al fine precipuo di raggiungerne il livello adeguato alla gestione dello specifico rischio, implica la verifica dell’ampiezza e della specificità dell’oggetto della consulenza e, quindi, dell’eventuale particolare complessità della scelta degli specifici idonei dispositivi di protezione onde poter dedurre la conoscenza o la conoscibilità di questi ultimi da parte del datore di lavoro.” La Cassazione sottolinea come il giudice territoriale non si sia attenuto a tale principio, omettendo valutazioni sull’efficacia della consulenza, sulla professionalità del consulente e sulla complessità della scelta di specifici DPI, necessarie per rimproverare al datore di lavoro una responsabilità oggettiva. Il ricorso, dunque, è stato accolto e la sentenza impugnata è stata rinviata a giudizio presso il tribunale locale, che dovrà applicare il principio evidenziato. Conclusioni Da alcuni anni lo diciamo che il consulente ha delle responsabilità in materia di sicurezza. Ovviamente non stiamo parlando di responsabilità nel momento in cui viene fatta correttamente la consulenza. Se sono il RSPP dell’azienda e segnalo la necessità di adottare un guanto durante la lavorazione e il Datore di Lavoro non si organizza, non li compra, non li distribuisce, … non ho responsabilità [segue] il link di seguito per visualizzare l’articolo completo: urly.it/3pg7z
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20 luglio 2022
SAFETYBUSINESS NEWS
SAFETY BUSINESS ANNO 2022 NR. 10
-IL GIORNALE DIGITALE -
RISCHIO ZERO SICUREZZA SUL LAVORO: COSA SIGNIFICA? Nell’ambito della sicurezza sul lavoro, il cd. rischio zero si scontra con la realtà e con l’impossibilità di attuarlo, in moltissimi casi. Ecco perché appare opportuno parlare di rischio residuo. La sicurezza sul lavoro è un tema importante, specialmente oggi in alcuni contesti in cui i pericoli giornalieri non mancano. Pensiamo ad es. all’ambito dell’edilizia e a quello industriale in generale: non di rado sono pubblicate notizie di cronaca, relative ad incidenti anche molto gravi, se non letali. Il Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, ossia il d. lgs. n.81 del 2008, costituisce la predisposizione di un baluardo contro tutti quegli eventi che possono minare la salute del lavoratore, tanto che oggi si può affermare che nel nostro paese c’è una legislazione sostanzialmente completa e moderna in tema di prevenzione degli infortuni e incidenti. C’è ancora molto da fare, soprattutto per migliorare la sensibilità e la consapevolezza verso le criticità correlate alla sicurezza sul lavoro, tanto che il Governo a dicembre 2021 ha deciso di intervenire con alcune modifiche (formazione del datore di lavoro, preposti, …) Quindi ha senso parlare di “rischio zero” sul luogo di lavoro, oppure è più ragionevole sostenere la corretta gestione del “rischio residuo” ? Cioè dobbiamo pensare di eliminare qualsiasi pericolo o abbiamo un margine di rischio che rimane dopo la messa in campo di tutte le misure e le modalità organizzative mirate a contrastare il pericolo di infortuni? Argomento difficile per alcune sfaccettature, e sono consapevole che siamo davanti a temi importanti, che interessano la collettività dei lavoratori e il loro diritto all’integrità psicofisica. Il rischio zero: in che cosa consiste? Il rischio zero è rappresentato dall’assenza totale di pericoli, o dal loro azzeramento, durante un’attività di lavoro in azienda. In particolare, il datore di lavoro è tenuto a valutare tutti i rischi sul luogo di lavoro e deve fare in modo che ciascun fattore di rischio possa essere annullato o, se non è possibile, ridotto al minimo. Nella stragrande maggioranza delle situazioni pratiche, il rischio zero è un obiettivo irrealizzabile. Come faccio ad impedire ad un lavoratore di inciampare sui suoi stessi piedi? Oppure di schiacciarsi un dito nella portiera del furgone? E se faccio tutto quanto necessario e l’incendio si verifica lo stesso? Appare allora molto più opportuno parlare di rischio residuo e di riduzione del pericolo in azienda, in rapporto ad ogni attrezzatura di lavoro e a ciascuna mansione svolta. Per farlo ci si può appoggiare a norme tecniche o a linee guida ad hoc. Nell’analisi delle situazioni di pericolo emergerà molto spesso l’impossibilità di azzerare un certo fattore di rischio, in quanto tecnicamente impossibile. Tuttavia, è possibile ridurlo a seguito dell’adozione di varie misure di sicurezza (prevenzione e protezione) di tipo Tecnologiche, Organizzative e Persone (T.O.P.) che emergono nella fase di valutazione dei rischi.
Insomma, molto spesso si discute di voler arrivare al rischio zero, ma di fatto il principio è che il rischio zero nella pratica è possibile solo se non faccio una determinata cosa in grado di crearmi un danno. Ho un rischio per le attività in quota? Posso fare tutto il necessario per essere il miglior installatore di tetti, fotovoltaici, pannelli solari, … adottare tutte le misure tecnologiche per evitare di cadere. Inserire metodologie organizzative moderne ed efficaci, ma non avrò eliminato il rischio. Questo perché l’errore umano ci può sempre essere, per il caldo, la distrazione, l’usura non visibile, … Quindi anche se faccio tutto, il rischio di cadere dal tetto non l’ho eliminato, non almeno finché vado sul tetto Nella realtà delle attività lavorative, questo rischio residuo diventa il punto cardine del principio dell’accettabilità del suddetto rischio, che è ciò che effettivamente merita considerazione. Cosa significa? Faccio tutto il possibile, magari qualcosa in più, il rischio di cadere dal tetto sono consapevole di non averlo eliminato, ma sono altrettanto consapevole che prima che succeda un evento di questo tipo ci vuole una combinazione di fattori talmente rara, che probabilmente non capiterà mai finché sono in vita. Allora devo intervenire ancora per poter ridurre il rischio ulteriormente? Attenzione: questo concetto non è la scusa per non fare più niente. Non significa che vista la mia “propensione” a rischiare, posso fare meno oppure non fare nulla. Devo sempre comunque intervenire. Il ragionamento lo posso fare quando arrivo al limite in cui qualsiasi intervento è teoricamente fattibile, ma economicamente e tecnologicamente inutile, in quanto non modifica la situazione in modo sostanziale. Ricapitolando, se il rischio zero non è quasi mai ottenibile; tuttavia, si può agire per ridurlo il più possibile, con: • Una buona valutazione dei rischi (DVR) che non sia solo carta; • l’intensificazione dei controlli (interni ed esterni) per verificare che non ci siano cambiamenti o violazioni delle regole; • la diffusione della cultura della sicurezza a tutti i livelli. Quindi se parliamo di rischio zero e di rischio residuo, non possiamo non fare riferimento al DVR essenziale per individuare i fattori di rischio e le misure da predisporre per la sicurezza in azienda. In altre parole, detto documento è il prospetto più importante che racchiude rischi e misure di prevenzione per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, ed è obbligatorio per tutte le aziende con almeno un lavoratore. L’articolo prosegue sul nostro sito cliccando il link di seguito: urly.it/3pg87
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