RUOLO CHIAVE DEL PREPOSTO
Il ruolo del ‘preposto’: da allenatore ad arbitro
essere priva di valore giuridico, lo esporre comunque alle sanzioni derivate dalla mancata identificazione, oltre a quelle potenziali dovute alla mancata vigilanza.
Da “allenatore” a vero e proprio “manager” della sicurezza
Ilavoratori hanno il diritto di prestare la propria attività senza farsi male ha accentuato l’importanza del ruolo assunto dalla vigilanza. Il Preposto (cioè colui che sovrintende e vigila sull’osservanza da
da parte dei singoli lavoratori sia degli obblighi di legge, sia delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza) è stato nel tempo ricondotto quasi ad una figura di “allenatore sul campo” della sicurezza, stante la sua centralità nel farsi portatore della cultura del “lavoro sicuro”.
Il recente D.L. 146/2021 è intervenuto per potenziarne ruolo e poteri, così da migliorare l’efficacia del più articolato sistema di vigilanza aziendale.
Nelle realtà complesse è importante identificare correttamente il Preposto. In una realtà complessa in cui per Datore di Lavoro e Dirigente risulta difficile verificare il regolare svolgimento dell’attività e l’adozione di comportamenti sicuri da parte dei lavoratori, il ruolo del Preposto assume un carattere imprescindibile sotto il duplice aspetto della leadership e dell’esperienza.
Una figura che dovrebbe distinguersi per livello di esperienza ma anche per leadership, disponendo quindi di un adeguato e riconosciuto grado di autorità e autorevolezza tale per cui possa configurarsi un carattere di preminenza, se non gerarchica per lo meno funzionale, rispetto al team che è chiamato a coordinare. Non serve a nessuno un Preposto che non riesce a farsi obbedire perché i suoi sottoposti non gli riconoscono il ruolo Inoltre perché tale ruolo risulti efficace, il Preposto deve essere individuato tra le figure funzionalmente più vicine ai lavoratori che svolgono l’attività da sorvegliare. Diversamente dagli altri manager, può intervenire prontamente e direttamente per modificare un comportamento insicuro ed impedire il verificarsi di un incidente. Adeguata conoscenza del processo lavorativo, vicinanza al lavoratore, autorità e autorevolezza diventano quindi caratteristiche imprescindibili del Preposto. Un’errata scelta comporterebbe infatti anche la vanificazione della nomina: ricordo, infatti, che l’art. 299 del d.lgs. 81/2008 esplicita che la posizione di garanzia delle figure di Datore di Lavoro, Dirigente e Preposto grava su colui che esercita nel concreto (di fatto) i poteri direttivi associati a tali figure. A nulla gioverebbe al Datore di Lavoro, pertanto, formalizzare la nomina a Preposto ad una figura che non dispone di tali caratteristiche: oltre ad
Nella vecchia formulazione del Testo Unico il Preposto era colui chiamato a sovrintendere l’attività lavorativa, segnalando ai superiori gerarchici eventuali criticità di sicurezza rilevate. Solo in caso di pericolo grave ed immediato (emergenza) la legge poneva obbligo di intervento diretto con lo scopo di interrompere l’attività lavorativa. Quindi per tale figura erano associati poteri più di reazione che proattivi, diminuendo enormemente la portata della sua funzione in chiave preventiva. Segnalare un’anomalia prevede infatti un lasso di tempo variabile tra la rilevazione della stessa, la sua presa in carico e la sua risoluzione. Gli stessi preposti, poiché non adeguatamente coperti da un chiaro mandato derivante dalla Legge, si trovavano inermi di fronte a talune situazioni. Cosa dovevano fare se nonostante le ripetute segnalazioni l’anomalia non è stata risolta? Il DL 146/2021 è intervenuto in maniera chiara e netta, esplicitando quei poteri direttivi che nella precedente formulazione non erano chiaramente definiti. Il Preposto è ora una figura proattiva, non soltanto reattiva: può interrompere l’attività lavorativa se ravvisa deficienze nelle attrezzature e nei dispositivi di sicurezza, così come nei comportamenti del lavoratore. Può inoltre richiamare direttamente il lavoratore che trasgredisce alle direttive di sicurezza, innescando in tal modo l’iter disciplinare interno, senza necessariamente dover attendere l’esito dell’escalation verso i superiori gerarchici.
Conclusioni
Da allenatore sul campo, il Preposto è divenuto ora arbitro della partita, che può fischiare il fallo e fermare i giocatori se non sono conformi alle regole. Ritengo tale evoluzione un importante passo avanti verso il raggiungimento di una cultura della sicurezza che non deve essere sminuita con un’applicazione parziale.
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CENSIMENTOATTREZZATUREDILAVORO
Molti fattori influiscono sulla sicurezza sul lavoro Il D Lgs 81/08 richiede che il datore di lavoro gestisca tutti i fattori di rischio presenti nella sua attività al fine di eliminarli e se non possibile, di contenerli e gestirli fino a che non si possa ritenere di aver raggiunto un rischio residuo accettabile Uno di questi fattori di rischio è rappresentato dalle attrezzature di lavoro definite all’articolo 69 del decreto come “qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro”
Da dove partire per gestire il rischio dovuto alle attrezzature di lavoro?
Ebbene, il primo scoglio da affrontare è la non conoscenza dell’effettivo parco macchine e attrezzature presenti nell’attività Erroneamente si potrebbe pensare che nel libro cespiti siano elencate tutte le attrezzature in uso, ma non è così poiché quel mezzo segue una logica fiscale e non operativa Quindi come procediamo?
Se l’obiettivo è quello di gestire correttamente le attrezzature, sia per soddisfare le norme che per ottenere un vantaggio operativo, è necessario procedere ad un dettagliato e completo censimento delle attrezzature presenti Certo, cerchiamo di partire con le attrezzature più complesse, quelle più pericolose, ma senza dimenticare quelle più semplici o meno usate Cosa ci serve per fare il censimento di macchine e attrezzature?
Se per le macchine il compito è abbastanza chiaro (serve almeno il costruttore, nome e modello, matricola e anno), per gli impianti e le attrezzature minute l’attività si complica Impianto elettrico, idraulico, gas, scarichi acque nere - bianche - grigie, distribuzione aria compressa, distribuzione di gas tecnici, riscaldamento, aspirazione centralizzata, anello antincendio ecc, sono spesso l’evoluzione negli anni di impianti esistenti e non è facile identificare dove iniziano e dove finiscono. In questo caso è necessario fare un rilievo della loro presenza e complessità e confrontarla con la documentazione presente (progetto, collaudo, dichiarazione conformità, denuncia ecc) Un lavoro che richiede pazienza e organizzazione che va fatto coinvolgendo il personale che segue o hanno seguito la loro evoluzione
Le piccole attrezzature come possono essere piccoli attrezzi portatili sia manuali che no, a volte richiedono uno sforzo maggiore poiché sono di difficile identificazione e sono spesso “fuori controllo” Molto spesso in questo caso è necessario fare delle scelte e concentrarsi su quelle attrezzature che possono costituire fonti di rischio rilevanti come possono essere sistemi di sollevamento (esempio fasce, catene, golfari) oppure dotate di protezioni salvavita (esempio cacciaviti per lavori elettrici o rilevatori di tensione senza contatto) oppure usati molto spesso (asciuga capelli, levigatrice angolare, ecc) Per la sicurezza sul lavoro, nel caso delle piccole attrezzature, a volte conviene perdere il vantaggio economico della loro gestione e concentrarsi sulla gestione del loro potenziale di pericolo
Perché conviene fare tutto questo lavoro?
Le attività che coinvolgono la gestione delle attrezzature sono molteplici e riguardano sia la sicurezza che l’aspetto produzione Per quanto riguarda la sicurezza, possiamo avere la loro denuncia di installazione, le verifiche periodiche, la manutenzione, la formazione degli utilizzatori, la produzione di procedure e istruzioni di utilizzo, la verifica di conformità e sicurezza A livello produttivo la loro gestione ad esempio influisce sulla produttività, affidabilità, sul contenere i costi di gestione, gestire il magazzino, ecc Se per la sicurezza faccio la manutenzione correttamente, posso abbattere per esempio i costi di fermo macchina, i tempi morti di ricerca di un pezzo di ricambio o peggio della nuova macchina/attrezzatura.
Posso fare tutto questo senza sapere quali attrezzature ho in azienda?
Nopn fare queste attività in modo corretto non è una soluzione, nemmeno economicamente parlando Se da un punto di vista produttivo (mi ritrovo con macchine non affidabili) e amministrativo (manca la denuncia) possono vederlo come “rischio economico imprenditoriale”, dal punto di vista della sicurezza gli eventuali esiti di un infortunio ricadono sulla responsabilità penale del datore di lavoro e sulle figure coinvolte nella gestione della sicurezza in azienda A volte sulla coscienza dei singoli in quanto nelle piccole realtà parliamo spesso di una seconda “famiglia”.
La gestione della documentazione pertinente la macchina, la storia della sua manutenzione, le sue valutazioni dei rischi e gestione dei rischi residui, la gestione delle procedure di utilizzo e formazione del personale addetto può spesso prevenire l’infortunio Inoltre non richiede un vero sforzo economico, ma solo organizzativo. Un raccoglitore dove archiviare in ordine i documenti e magari uno scadenzario per organizzare le attività
Ai posteri l’ardua sentenza
RISCHIO DI VIOLAZIONE DATI PER LE AZIENDE
Siamo impegnati a proteggere le aziende e gli individui in qualsiasi ambiente di lavoro, impedendo che i documenti cartacei sensibili finiscano in mani sbagliate. Sono stati condotti sondaggi per capire come vengono distrutti o gestiti i documenti “riservati”.
Il GDPR e la protezione dei dati in un ambiente di lavoro ibrido
L'attenzione di tutti era rivolta a garantire la continuità dei servizi piuttosto che a valutare i rischi associati all’introduzione dei cambiamenti necessari.
Anche i dipendenti non hanno avuto tempo di adattarsi al nuovo metodo di lavoro e, come emerso da molti studi, la diffusione del telelavoro durante la pandemia è stata accompagnata da un aumento di inadeguate pratiche di sicurezza dei dati.
Dobbiamo notare che i metodi di lavoro si sono evoluti rapidamente, con un numero record di dipendenti che continuano a lavorare in modalità ibrida anche dopo essere tornati in ufficio all’indomani della pandemia.
Le aziende hanno introdotto e adattato i loro processi interni per evitare perdita di dati?
Il nuovo modello di lavoro espone le aziende a maggiori rischi di violazione di dati?
La risposta è sì, il mercato e la tecnologia è cambiato, ma come al solito serve un approccio adeguato ai tempi. Il 50% degli intervistati ritiene che il lavoro ibrido abbia aumentato le violazioni di informazioni sensibili così come le violazioni al GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati). Se da un lato, i documenti cartacei non sono stati una priorità nelle politiche aziendali di protezione dei dati, dall’altro la rapida transizione al lavoro ibrido ha portato a migliaia di documenti in più che passano tra casa e lavoro ogni settimana. Questo fa emergere un’importante questione sui documenti cartacei riservati e su come proteggerli in una realtà dove molti dipendenti non lavorano più solo negli uffici aziendali. Abbiamo voluto esplorare come i dipendenti proteggono e distruggono i documenti cartacei nel modello di lavoro ibrido allargato e in che misura le organizzazioni si sono conformate ai requisiti del GDPR a quattro anni dalla sua entrata in vigore.
Circa 8 su 10 hanno adottato il telelavoro a tempo pieno o parziale. Il lavoro ibrido, cioè una combinazione di lavoro in ufficio e da remoto, ha sicuramente portato maggiore flessibilità e varietà nella scelta del luogo di lavoro (la mia qualità di vita è migliorata grazie allo “smart working”), ma ha anche introdotto una nuova sfida per le aziende, cioè garantire che i dipendenti comprendano le regole sulla riservatezza dei dati e applichino le buone pratiche di protezione dei dati ovunque lavorino. Avere personale che ti dice “non sono esperto di computer”, ma lo usa per lavoro, fa comprendere come ci sia ancora tanto lavoro da fare. Non è necessario essere esperti per lavorare consapevoli dell’importanza di proteggere certi dati. Serve solo una corretta preparazione e professionalità, che non può essere considerata come “una perdita di tempo”. Che i dipendenti siano in ufficio, a casa, in spazi di lavoro comuni o altrove, le aziende devono essere in grado di gestire i rischi di sicurezza. Il primo passo consiste nello studiare le aree che possono esporre l’azienda a nuovi rischi. Le aziende dovrebbero, ad esempio, attuare rigorose politiche sull’uso di computer, tablet e smartphone personali a fini lavorativi non potendo controllare la configurazione e l’utilizzo di tali dispositivi come farebbero in ufficio. Certo, non possono complicare inutilmente le attività di accesso al dispositivo, in quanto rallenterebbero i lavori e invoglierebbero qualcuno a trovare il modo di bypassare le regole aziendali (annullando il valore delle protezioni stesse).
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IL SISMA NEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI - DVR
Molto spesso la valutazione dei rischi sui luoghi di lavoro viene vista come un lavoro inutile, finalizzato a soddisfare quanto richiesto dalla legislazione vigente, sottovalutando quanto anche i recenti eventi sismici hanno rivelato: l’inadeguatezza degli immobili in cui trascorriamo una parte consistente delle nostre giornate, ovvero i luoghi di lavoro. Il Testo Unico della Sicurezza (D.Lgs. 81/08) all’Articolo 28 indica che la valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. In particolare l’Articolo 63 (in riferimento all’Allegato IV) impone, per gli ambienti di lavoro, requisiti di Stabilità e Solidità: “gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d’impiego ed alle caratteristiche ambientali”
Per l’articolo 64, il Datore di Lavoro deve provvedere perché i luoghi di lavoro e gli impianti vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati, che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Per quanto sia complessa la nostra normativa risulta importante:
·valutare la vulnerabilità/sicurezza sismica della struttura e degli elementi non strutturali negli edifici (programmando eventualmente interventi idonei se vengono rilevati problemi);
·integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) con il rischio sismico;
·scrivere e adottare specifiche procedure di per affrontare anche l’emergenza sismica, attraverso l’integrazione dei Piani di Emergenza (PE).
IIl rischio derivante dalla sismicità del territorio deve essere valutato e recepito nel DVR che deve contenere le apposite misure di prevenzione e di protezione attuate, nonché le procedure per l’attuazione delle misure di sicurezza. La valutazione del rischio derivante da un evento sismico è determinata dalla combinazione di tre fattori: la Pericolosità (P), l’Esposizione (E) e la Vulnerabilità (V) La Pericolosità sismica(P) è funzione della Pst (Pericolosità Sismica Territoriale) e della Psl (Pericolosità Sismica Locale): come riportato al punto 7.11.3 delle NTC 2018, la risposta simica locale è strettamente correlata alle caratteristiche topografiche e stratigrafiche del sottosuolo. Risulta evidente a tutti che lo stesso fabbricato realizzato in Pianura Padana o in cima all’Appennino ha dei rischi differenti per il tipo di terreno su cui è realizzato. L'Esposizione sismica (E) è una misura dell'importanza dell'oggetto esposto al rischio in relazione alle principali caratteristiche dell'ambiente costruito. Consiste nell'individuare gli elementi che compongono il territorio e che possono subire perdite per effetto del sisma.
La Vulnerabilità sismica (V) è la predisposizione di una costruzione a subire danni per effetto del sisma.
Considerato che il terremoto è un fenomeno naturale (il cui rischio non può essere eliminato completamente ma deve essere gestito in modo che possa essere ridotto il più possibile), il Datore di Lavoro deve utilizzare una strategia finalizzata a limitarne gli effetti sull’ambiente e sulle persone, attuando politiche di prevenzione e riduzione del rischio. Quindi può agire prevalentemente sulla Vulnerabilità, con: -misure di prevenzione finalizzate alla riduzione della vulnerabilità delle costruzioni esistenti (realizzate prima della riclassificazione sismica e della contestuale suddivisione del territorio nelle quattro zone sismiche);
-misure di protezione per la corretta gestione dell’emergenza sismica (norme comportamentali specifiche contenute nel Piano di Emergenza e Evacuazione).
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INCIDENTI SUL LAVORO IMPARARE DAGLI ERRORI
ESEMPI DI INFORTUNI NELLE ATTIVITÀ CON LE SCALE PORTATILI
Iraccogliendo molti dati, con riferimento anche alle rilevazioni del sistema europeo di sorveglianza degli incidenti della Commissione Europea, ha segnalato che:
“la casa è il luogo con maggiore frequenza di accadimento di incidente e viene confermato che, laddove esiste una maggiore professionalità unita a una formazione e un adeguato controllo, come sui luoghi di lavoro, il numero di incidenti diminuisce”; “gli infortuni avvengono principalmente per cadute da scale da altezze superiori a un metro e che la maggior parte delle lesioni interessa gli arti inferiori e superiori, dove la frattura e la contusione sono quelle di maggiore frequenza; le indagini sugli infortuni mostrano che il 20% degli incidenti è dovuto a “difetti delle scale, mentre il rimanente 80% imputabile all’uso non corretto”.
E proprio per migliorare la prevenzione e la consapevolezza dei rischi e delle buone prassi, torniamo a riproporre alcune dinamiche infortunistiche connesse all’uso di scale non adatte o al loro cattivo posizionamento e utilizzo. Nuovi infortuni professionali con le scale portatili
Il primo caso ripropone uno dei tanti esempi di inadeguatezza delle scale utilizzate.
Un lavoratore edile-imbianchino si reca presso un condominio per eseguire lavori di tinteggiatura all’interno del vano scala.
Arrivato sul posto stende un telo in nylon sulla pavimentazione presente in prossimità delle pareti murali da tinteggiare; quindi inizia ad applicare il fissativo, utilizzando un rullo, sulle pareti raggiungendo un’altezza di 1,50 m da terra. Per poter applicare il fissativo sulla parte alta delle due pareti, l’infortunato utilizza una delle due scale a sua disposizione, e precisamente una scala a sfilo che ha posizionato appoggiandola alla parete. Mentre è intento alla stesura del prodotto improvvisamente il lavoratore precipita a terra. Dopo la caduta “il lavoratore ricorda solamente di essere stato soccorso dalla sig.ra della portineria del condominio, che interveniva dopo aver sentito rumore; la stessa notava che sul pavimento vi era rovesciata la scala chiusa ed un barattolo e ritrovava l’addetto nel vano scala di accesso alla cantina condominiale. La portinaia ha notato subito che l’infortunato aveva la mano destra storta e il polso spostato e sanguinante; infatti l’infortunato ha subito oltre ad un trauma cranico anche la frattura del polso”. Si è rilevato successivamente che “la scala utilizzata era troppo corta ed inadeguata per il lavoro da svolgere”.
Questo, dunque, il fattore causale indicato nella scheda:
“la scala che utilizzava l'infortunato era inadeguata e troppo corta”.
Nel secondo caso siamo di fronte, invece, ad un cattivo posizionamento e utilizzo della scala metallica a pioli
durante lavori di potatura di un albero di magnolie eseguito presso un’area verde di una struttura per anziani sacerdoti. Un lavoratore assieme al suo datore di lavoro eseguono la potatura dello stesso albero utilizzando due diverse scale ad alcuni metri di distanza l’uno dall’altro. Il lavoratore ha con sé una scala metallica a pioli multiuso, da utilizzare appoggiata all’albero. Dopo averla appoggiata e verificato la stabilità prima di salire (operazione consueta), sale sulla scala, provvisto di imbracatura, fino a portarsi a una quota di circa 3 metri dal piano terreno, aggancia l’imbracatura alla scala e comincia a tagliare i rami utilizzando la forbice tronca rami, per una decina di minuti circa. A questo punto scende a terra per guardare dal basso se la potatura procede bene.
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VIBRAZIONIERUMOREI RISCHIPERLASALUTE.
Il Lgs. n. 81/2008 riguarda prevenzione protezione dai rischi dovuti all’esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro, in particolare i rischi lavorativi derivanti da esposizione professionale a rumore e vibrazioni meccaniche.
Ricordiamo che l'art. 181 prevede che "il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici", mentre l'art. 180 precisa che "per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori". Pertanto la valutazione va effettuata per tutti gli agenti di rischio elencati all'art. 180.
LATUAAZIENDAAGRICOLA ÈANORMA?
sul lavoro in agricoltura sono finalizzati a una corretta definizione dei rischi per la tutela di tutti i lavoratori coinvolti.
I lavori agricoli, infatti, sono caratterizzati da un alto indice infortunistico, che impone alle aziende e agli enti preposti di prestare particolare attenzione a misure preventive e protettive. Il Testo unico sulla salute e la sicurezza sul lavoro regola gli obblighi documentali che le imprese agricole devono redigere, nonché l’attuazione di provvedimenti per la prevenzione e protezione dai rischi ipotizzabili.
Vediamo nello specifico la normativa di riferimento e quali sono gli adempimenti per le
aziende agricole. Nel D.Lgs. 81/08 la normativa inerente la sicurezza in agricoltura include: concetti chiave complessivi per la tutela dei lavoratori agricoli; disposizioni per i datori di lavoro; misure preventive tecniche, procedurali ed organizzative; utilizzo dei dispositivi di protezione. Oltre ai datori di lavoro con dipendenti o assimilati, l’art. 21 del D.Lgs 81/08 estende due importanti obblighi anche ai lavoratori autonomi (che per il settore agricolo sono identificabili nelle figure dei coltivatori diretti e dei soci delle società semplici operanti), ovvero: utilizzo di macchine e attrezzature a norma; uso di dispositivi di protezione individuali.
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Presenza Materiali Contenenti Amianto (MCA) –
Obbligo nomina responsabile rischio amianto
Premessa: l’amianto è un minerale naturale a struttura microcristallina di aspetto fibroso, appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli Possiede ottime proprietà termoisolanti e di resistenza meccanica e chimica. Per anni quindi è stato considerato un materiale estremamente versatile, a basso costo, con estese applicazioni in campo edile e industriale, fino al 1992, anno in cui ne è stata vietata la produzione e l’uso. E’ classificato come sostanza cancerogena ed è un pericolo per la salute quando le fibre sono inalate.
PAGINA ECOLOGICA
L’esposizione a eventi atmosferici, vibrazioni, correnti di aria, urti, sollecitazioni meccaniche, o semplicemente la naturale degradazione legata al tempo, li rende friabili, liberando le fibre che sono così disperse in ambiente. Diventa quindi pericoloso per tutti sostare nelle vicinanze per esempio di coperture in amianto (spesso ancora esistenti nei nostri capannoni, ma anche nelle abitazioni di campagna) tanto che la statistica dice che normalmente troviamo almeno una fibra di amianto per ogni metro cubo d’aria Negli edifici antecedenti il 1992 l’amianto può trovarsi in Coperture in cemento amianto (lastre ondulate, tegole, pianelle, ecc. ) ) oppure Controsoffitti (lastre, pianelle in cemento amianto), ma anche Cassoni, serbatoi, tubazioni per l’acqua in cemento amianto, Canne fumarie, camini, tubazioni di scarico fumi in cemento amianto, Intonaci a spruzzo isolanti , Pannelli, divisori, tamponature (lastre in vinil amianto, utilizzate nell’edilizia prefabbricata anni ’80), Caldaie, stufe, forni, apparati elettrici (guarnizioni, feltri, cartoni, ecc.), per la Coibentazione per condotte e tubazioni, le Guarnizioni per giunti flangiati
Qualora si riscontri la presenza di MCA, salvo un degrado avanzato del manufatto, non scatta automaticamente l’obbligo di bonifica. Nella maggior parte dei casi si tratta di gestire il rischio legato alla presenza di MCA con una serie di attività di controllo e prevenzione per l’ambiente e una valutazione dei rischi specifica per la tutela dei lavoratori.
Programma di controllo e obbligo nomina responsabile
Il D.M. 6 settembre 1994, al punto 4 (Programma di controllo dei materiali di amianto in sede), impone al proprietario dell’immobile, e/o al datore di lavoro dell’attività che vi si svolge, le seguenti azioni: nominare un responsabile rischio amianto (RRA) con compiti di controllo e coordinamento delle attività di manutenzione che possono interessare i materiali contenenti amianto; ·fare ispezionare l’edificio dal RRA una volta all’anno per valutare le condizioni dei materiali e predisporre una dettagliata relazione di monitoraggio contenente la valutazione di tipo ambientale;
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