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Gioco e pubblicità, tra divieti e incertezze
A quasi quattro anni dalla sua approvazione, il decreto Dignità ha rivoluzionato il panorama nazionale del settore e sulla sua corretta interpretazione è intervenuta l’Agcom. Ma l’attenzione alle appropriate modalità di comunicazione deve ancora essere massima.
di Hélène Thibault
Il decreto Dignità è stato un vero terremoto per il settore del gioco in Italia. Dopo il decreto Balduzzi che per primo, nel 2012, aveva introdotto il divieto di effettuare pubblicità a favore di giochi con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive e radiofoniche e nelle pagine della stampa scritta, l’emanazione del decreto-legge 12 luglio 2018 n. 87, poi convertito dalla legge 9 agosto 2018 n. 96 – meglio noto come decreto
Dignità, era stato annunciato dall’allora governo Cinque
Stelle - Lega come il rimedio definitivo al fenomeno della ludopatia.
Per la prima volta infatti, si adottava una posizione drastica rispetto all’industria del gioco, cristallizzatasi all’art. 9 del Decreto con la previsione di un divieto pressoché assoluto di pubblicità relativamente a giochi e scommesse con vincite in denaro e gioco d’azzardo1, facendo dell’Italia un’eccezione nel panorama europeo e mettendo di fatto a rischio gli investimenti e la stessa presenza degli attori dell’industria del gaming nel nostro Paese.
Infatti, oltre a vietare “qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta”, “comunque effettuata su qualunque mezzo”, “compresi i social media”, includeva tra le forme di comunicazioni proibite anche le sponsorizzazioni e “ogni altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità [fosse] vietata [ai sensi del Decreto]”, così ricoprendo potenzial-
1. Si ricorda infatti che ai sensi dell’art. 9 comma 1, in particolare, “è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media”. Dal 1° gennaio 2019 il divieto […] si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata”. Il comma 1 esclude dal divieto solo le lotterie nazionali a estrazione differita, le manifestazioni di sorte locali e i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. mente ogni e qualsiasi tipo di comunicazione promozionale a favore delle società di gaming & betting. Il divieto veniva peraltro corredato da un dispositivo sanzionatorio non particolarmente chiaro, che prevedeva l’erogazione di sanzioni potenzialmente molto alte nei confronti di contravveniva alla normativa2 . Primi settori di attività ad avere subito l’impatto del Decreto sono stati i media e lo sport, i quali – rispettivamente tramite la vendita di spazi pubblicitari e la sponsorizzazione di brand di betting – avevano tratto dalla collaborazione con il settore rilevanti introiti. Come noto, l’adozione del Decreto ha comportato l’interruzione di varie partnership tra club e società di betting, fino a quel momento in pole position nelle sponsorizzazioni nel mondo del calcio, causando un danno non indifferente ad un settore poi duramente colpito dal Covid e dalle restrizioni che questo ha comportato in termini di sfruttamento dello spettacolo sportivo. In un contesto di grande preoccupazione circa le ricadute che il Decreto avrebbe avuto per l’intero sistema paese, nel novembre del 2018, l’Agcom pubblicava un Questionario sulle modalità attuative dell’art. 9 del decreto Dignità3 al quale numerosi operatori del settore contribuirono4 esponendo le proprie perplessità circa il testo normativo, evidenziando potenziali profili di illegittimità, avanzando richieste di chiarimenti, ma soprattutto auspicando un’interpretazione restrittiva del divieto che consentisse di arginare i principi molti rigorosi enunciati dal legislatore. E così fu. L’Agcom, in una ricerca di equilibrio tra le
2. La sanzione prevista nella prima versione del decreto è stata ulteriormente alzata in sede di conversione, cosicché il testo prevede ora a carico del committente, del proprietario del mezzo o del sito di diffusione o di destinazione e dell’organizzatore della manifestazione, evento o attività, “l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo pari al 20 per cento del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a euro 50.000”. 3. Delibera m. 579/18/Cons del 29 novembre 2018. 4. In tale proposito si rinvia ai numerosi contributi citati nella Delibera n. 132/19/CONS recante le Linee guida ed alle audizioni citate.
aspettative di un settore portante per il paese e l’interesse pubblico alla tutela de consumatore e alla prevenzione del gioco patologico, ha così introdotto una serie di distinzioni che, di fatto, se correttamente interpretate e implementate, rendono possibile agli operatori del settore la promozione delle proprie attività presso il pubblico. Tra le varie esclusioni introdotte dall’Agcom5, particolarmente degne di nota risultano essere le seguenti attività, che l’Autorità considera esulare dal divieto formulato dal Decreto: (i) la diffusione di comunicazioni di mero carattere informativo, in particolare quelle che includono (a) informazioni limitate alle sole caratteristiche dei vari prodotti e servizi di gioco offerto, laddove rilasciate nel contesto in cui si offre il servizio di gioco a pagamento (ad esempio, le informazioni rese disponibili nei siti di gioco o nei punti fisici di gioco, riguardanti le quote, il jackpot, le probabilità di vincita, le puntate minime, gli eventuali bonus offerti, purché effettuate nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza, trasparenza nonché assenza di enfasi promozionale) ovvero (b) informazioni, rilasciate su richiesta del cliente - se strettamente pertinenti a quanto richiesto dal cliente e funzionali a consentire scelte di gioco consapevoli - in ordine al funzionamento e alle caratteristiche del servizio di gioco, ovvero sull’esistenza di nuovi prodotti o servizi; (ii) la fornitura di servizi informativi di comparazione di quote o offerte commerciali dei competitors, purché effettuati nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza e trasparenza di cui al comma precedente (ad esempio sono consentiti i c.d. “spazi quote” ovvero le rubriche ospitate dai programmi televisivi o web sportivi che indicano le quote offerte dai bookmaker); (iii) l’utilizzo del marchio che identifichi, oltre ai servizi giochi con vincite in denaro o d’azzardo, ulteriori attività, aventi carattere autonomo, purché non sussistano ambiguità circa l’oggetto della promozione e non compaiano elementi evocativi del gioco, fatta eccezione per la mera denominazione del fornitore. L’introduzione di queste esclusioni al divieto ha di fatto aperto la strada all’implementazione di nuove strategie di marketing da parte degli operatori di gioco in Italia, ispirate a due concetti chiave: 1. Attenzione al contenuto del messaggio comunicativo, evitando qualsiasi parola, riferimento, grafica o formula che possa ricondursi ad un incitamento al gioco; e 2. Accostamento di un’attività informativa all’attività di giocoe spostamento dell’attività di promozione sul nuovo brand informativo (il quale di norma vede l’associazione del marchio notorio dell’operatore di gioco con una dicitura richiamante la vocazione informativa dello stesso). Rimane il fatto che non viene formulata dalle Linee guida una definizione esaustiva della comunicazione informativa consentita – per opposizione alla pubblicità vietata –, cosicché non è sempre chiaro dove si debba situare la linea di confine tra informazione e comunicazione. Qualora non ci si trovi in una delle fattispecie tipicizzate nelle Linee guida stesse, spetta quindi logicamente all’operatore implementare al meglio le indicazioni fornite dall’Agcom, interpretandone il pensiero e rispettando la ratio dell’impianto normativo disegnato dalla stessa. Sul punto, risulta interessante la recente decisione del Tar Lazio6, resa a seguito dell’emissione da parte dell’Agcom di un’ingiunzione di pagamento di una sanzione di euro 50.000 per violazione del divieto di cui all’art. 9 del decreto Dignità nei confronti di una testata giornalistica online. I fatti erano i seguenti: all’interno di un articolo relativo ai casinò telematici, era stato riscontrato dall’Autorità un collegamento ipertestuale che permetteva all’utente di accedere alla pagina web di un sito internet specializzato nei casinò online, dove erano pubblicizzati diversi siti di gioco online, condotta che l’Agcom aveva ritenuto essere un’attività promozionale del gioco a pagamento vietata ai sensi del Decreto. Se, secondo la ricorrente, i contenuti pubblicati sul sito della testata e quelli della pagina del sito a cui il collegamento ipertestuale rinviava non costituivano pubblicità in favore di una specifica piattaforma, avendo piuttosto una finalità informativa circa le piattaforme reperibili in rete, il Tar ha invece ritenuto la violazione integrata in base alle modalità di confezionamento del messaggio (per esempio, linguaggio utilizzato, elementi grafici e acustici, contesto di diffusione), decisive secondo il Tribunale nella determinazione della natura informativo o meno della comunicazione. Nel caso di specie, la finalità promozionale del messaggio, secondo i giudici, si sarebbe “concretizzata nel collegamento diretto ed univoco presente nella pagina [della testata] a quella del sito [dell’operatore di gioco], favorita dalla particolare modalità di confezionamento dello stesso messaggio”, che vede “la presenza di uno specifico link ipertestuale, enfatizzato mediante colori e particolari caratteri in evidenza” e “l’indicazione [nella pagina collegata tramite il link] dei ‘migliori casinò online’, promuovendo direttamente i portali in essa contenuti, con i relativi annessi bonus di benvenuto messi a loro volta in risalto”. In conclusione, se il divieto di cui al decreto Dignità è stato in (gran) parte ridimensionato dalle Linee guida dell’Agcom, è ancora effettivo il rischio di venire sanzionato sulla base di un atteggiamento comunicativo ritenuto eccessivamente volto a promuovere le attività di gioco. Gli operatori di gioco devono quindi prestare la massima attenzione alle modalità di comunicazione utilizzate, focalizzandosi sull’informazione sui propri prodotti di gioco ed evitando nella relativa attività di comunicazione l’utilizzo di toni, linguaggio, elementi visivi troppo aggressivi e incitativi, e sviluppando strategie di business che consentano di dare visibilità al proprio marchio – notorio nel settore del gioco – in altri settori di attività.
5. Tra cui i servizi gratuiti di indicizzazione mediante algoritmo forniti dai motori di ricerca o marketplace, l’esposizione del logo sulle vetrine degli esercizi di gioco e l’esposizione delle vincite realizzate presso il punto vendita purché con modalità che non inducono al gioco, la pubblicità b2b, l’organizzazione di fiere per gli operatori di settore, la mera citazione dell’operatore quale finanziatore di progetti a vocazione sociale o benefica senza utilizzo del logo e la televendita di beni e servizi di gioco ad alcune condizioni. 6. Tar Lazio, Sezione terza ter, 21 ottobre 2021 n. 10814.
Hélène Thibault è avvocato dal 2003. Specializzata in diritto commerciale e della proprietà intellettuale, vanta un’esperienza pluriennale nei settori dell’entertainment e dello sport e collabora con lo studio legale Tonucci & Partners.