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La consape volezza del pre-

La consapevolezza del pregiudizio

Siamo tanto politically correct e per niente razzisti, sessisti, omofobi, per carità. Non fosse che ci piace la collega Margherita perché “è una donna con le palle”, mentre Carlo che “al computer è un po’ handicappato” e siamo frustrati perché “lavoriamo come n…” ma possiamo permetterci solo “cineserie”. Qualche dubbio, sull’essere solo a parole non discriminatori, ma con le parole forse sì, vi è venuto? Sicuramente ne vengono degli altri, ma si trova anche la via d’uscita, leggendo il libro “Pregiudizi inconsapevoli. Perché i luoghi comuni sono sempre così affollati” (Mondadori), presentato ai Martedì letterari del Casinò di Sanremo da Francesca Vecchioni, scrittrice e fondatrice dell’associazione no-profit Diversity impegnata nel diffondere la cultura dell’inclusione. La nostra conversazione con lei parte proprio dal tema dei pregiudizi inconsapevoli: da dove è nato questo suo interesse per una materia tanto vera quanto d’attualità? “La voglia di scrivere è nata dalla domande delle mie figlie (Francesca è madre di due gemelle, delle quali condivide la genitorialità con l’ex compagna Ndr): noi diamo sempre per scontato di avere le risposte per i nostri bambini, che pensano che abbiamo tutto il mondo in mano, ma nel tempo mi sono resa conto, con loro, che le risposte sono meno importanti delle domande che si fanno. In particolare, su temi come le discriminazioni, i pregiudizi, le diversità, siamo meno competenti dei bambini perchè siamo più artefatti, stratificati culturalmente. Questa costruzione pensiamo che sia razionale, mentre è invece basata su automatismi che portano spesso a fare errori. Sono tendenze che scientificamente sono state scoperte come forme di scorciatoie che la mente usa per cercare di interpretare la realtà e che nella maggior parte dei casi applichiamo senza esserne consapevoli”. Se dovesse fotografare il pregiudizio inconsapevole o consapevole, verso quali categorie è più diffuso in Italia, e come si manifesta? “Rigiro la domanda: quali sono quelli più pericolosi? Il pregiudizio consapevole, di per sé, non è un problema. Se hai un pregiudizio sull’etnia, te le accorgi. Il vero problema sono quelli di cui non ci rendiamo conto e che sono ambivalenti, e che portano per esempio a considerare alcune categorie come più deboli. Le percepiamo come fragili e nei loro confronti abbiamo un atteggiamento paternalistico e pietistico. Così facendo pensiamo di provare un sentimento positivo ma nella realtà mettiamo queste categorie in un livello inferiore al nostro e le consideriamo sacrificabili. Invece, le dobbiamo pensare forti: ognuno di noi non è caratterizzato solo dall’essere anziano, disabile, o gay. Noi siamo tante altre cose ma quando organizziamo i gruppi sociali sulla base di un solo elemento, tendiamo ad applicare i pregiudizi più insidiosi. Del resto, però, la nostra mente funziona

Uscire da pericolosi e affollati luoghi comuni si può. A indicare la strada è Francesca Vecchioni, fondatrice dell’associazione noprofit Diversity, ospite dei Martedì letterari del Casinò di Sanremo.

di Anna Maria Rengo

così. Non possiamo non farlo, ma ne dobbiamo essere consapevoli e gestire i risvolti negativi del pregiudizio”. Secondo lei è possibile essere del tutto privi di pregiudizi? Il nostro pensiero non è comunque sempre e comunque condizionato dalla cultura e dall’ambiente dove siamo cresciuti? “Noi umani abbiamo una visione che è naturalmente soggettiva. Come si gestiscono i pregiudizi? Attraverso la consapevolezza, il dubbio socratico, la grande filosofia dle passato e orientale. Occorre essere autentici, perseguire nel profondo quello che si desidera e comprendere perchè si sono fatte alcune scelte. Poi ci sono dei trucchi, che spiego nel libro, per riuscire a capire quando si è di fronte a una trappola”. Quanto è importante l’essere figlia di Roberto Vecchioni, soprattutto al fine di portare avanti il tema dell’inclusività? “Fare un coming out pubblico non avrebbe avuto lo stesso impatto se non avessi avuto un cognome famoso, di cui non ho alcun merito, ma l’ho usato in maniera positiva, non per far conoscere la mia persona ma il tema. Tutti comunque hanno la propria sfera di azione nel mondo e possono agire in maniera responsabile”. Lei presenta il suo libro al Casinò di Sanremo, che cosa ne pensa dell’accoppiata tra gioco e cultura che da decenni esso propone? “Io sono sempre molto onorata di venire qui. È un po’ come l’uso del mio cognome: il Casinò potrebbe fare tante cose e invece con la sua struttura crea cultura. Trovo che sia molto intelligente e lodevole associare la componente ludica alla diffusione della cultura”.

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