TERRITORI n° 32

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MEMORIA E PRESENTE

Intervista a Francesco Isidori (Labics) di Federica Caponera

G

uardare al mutamento continuo come condizione

lettiche di un processo e fertile motore produttivo.

propria dell’esistenza di oggetti ed esseri umani:

«Prendersi cura dell’architettura antica, moderna e

non essere, ma divenire. Autenticità, stratificazione,

contemporanea, è fondamentale per il nostro futuro,

materia. Conservazione e trasformazione come

per le prossime generazioni, per il nostro paese,

elementi del medesimo processo. Conoscenza

poiché la qualità dell’architettura determina la qua-

critica e proposta creativa, intese come fasi dia-

lità della vita della comunità». [Francesco Isidori]

Federica Caponera - Le architetture nei diversi periodi della storia, sovrapponendosi ed integrandosi con l’esistente, hanno conformato la “forma urbis” di oggi, frutto di trasformazioni continue. Nei confronti degli interventi contemporanei occorre però un ragiona-

miglie baronali romane e, nel Cinquecento, fu trasformato in Palazzo, per i Caetani, nel suo assetto definitivo dall’architetto Baldassarre Peruzzi. Un altro esempio straordinario in Italia è il Duomo di Siracusa, un impianto architettonico che cela al suo interno uno dei

conciliato il suo progetto con le preesistenze. Questo a testimonianza che alcuni esempi straordinari di architettura nascono proprio dalla riscrittura operata nel corso della storia. Perché allora oggi avere un atteggiamento remissivo nei confronti del

Architettura viva Qualità del progetto come visione di futuro

1. MAST, Bologna, 2006-2013. Fotografia: copyright © Labics.

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mento quanto più ampio, collettivo e condiviso, un’analisi profonda per valutarli come espressione del tempo, al di là di un mero giudizio legato al linguaggio. Francesco Isidori - Il discorso è molto complesso. La forma della città e la città si sono sempre costruite su se stesse attraverso trasformazioni continue che poi hanno prodotto la ricchezza della città storica come la vediamo oggi, nella contemporaneità, il cui valore è dato dalla forma dei segni e delle riscritture avvenute nel corso del tempo, che l’hanno resa particolarmente ricca di significati storici, dalla forte intensità visiva. Pensiamo al Teatro di Marcello a Roma, che nel Medioevo fu utilizzato come “roccaforte” delle fa-

più celebri e meglio conservati monumenti in stile dorico della Sicilia, il tempio di Atena, che nel VI secolo d.C. fu inglobato nella chiesa bizantina che si sovrappose all’originaria struttura templare dell’edificio. ll restauro, che seguì in seguito ai danneggiamenti del terremoto di fine Seicento, fu occasione per abbellire internamente la chiesa e per ricostruire all’esterno una facciata nuova, che fu realizzata nella prima metà del Settecento come una quinta teatrale sull’originale impianto bizantino. E ancora, la facciata di Santa Maria Novella a Firenze, capolavoro dell’architettura che non potrebbe essere tale se Leon Battista Alberti non fosse intervenuto su un edificio medievale incompiuto e avesse

passato? Perché impedire di aggiungere altri segni all’antico? Ovviamente non possiamo non farlo tenendo conto di tutto quello che poi è stata la storia recente in termini culturali di acquisizione della consapevolezza del valore della memoria. Nel Cinquecento probabilmente si aveva un’idea differente, oggi culturalmente opposta. Nel corso del Novecento, infatti, il restauro è gradualmente diventato una vera e propria scienza. D’obbligo il rispetto del valore della memoria, della conservazione e della possibilità di tramandare questi principi alle generazioni future il più possibile, non alterando i valori che sono giunti fino a noi. Una concezione culturale fondamentale, quindi, che non può di

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