TERRITORI n° 32

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S 1. Giovanni Fontana, Poema concreto, 1968-70.

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L’architettura al centro

E DI TO R I A L E

i fa un gran parlare di pandemia e di strategie operative post-Covid e, in questo contesto, si vanno riscoprendo gli insostituibili ruoli dell’architettura. È ben chiaro che tutto dovrà essere ripensato e riprogettato per far fronte ad inedite esigenze di definizione e di organizzazione degli spazi, sia nell’edilizia civile, sia nella città, dai servizi sanitari al verde pubblico, dall’aula scolastica al marciapiede. Non poche specificità funzionali richiederanno aggiornamenti delle tecnologie impiantistiche, nuovi accessori e materiali innovativi. Ma per molti versi si tratta di un discorso scontato, che necessita senza dubbio di una collocazione in ambiti più generali, perché l’architettura, a prescindere dalle specifiche contingenze, dovrebbe sempre svolgere di per sé un ruolo essenziale, basilare. Purtroppo da decenni le classi dirigenziali

hanno distolto l’attenzione dall’imprescindibilità di questa materia, con le disastrose conseguenze che sono – ahimè – sotto gli occhi di tutti. Oggi dobbiamo sostenere con forza, più che mai, l’urgenza di porre l’architettura al centro dell’interesse nazionale, non solo per la ripresa economica, ma per una miriade di aspetti che toccano, direttamente o indirettamente, qualsiasi ambito della vita sociale. Potrebbe sembrare ovvio ricordarlo in questa sede, ma ipotizzando l’incontro con un lettore non addetto ai lavori – magari un immaginario politico sprovveduto! – è bene rimarcare come la funzione dell’architettura sia fondamentale nella vita di un paese. È la disciplina di riferimento per disegnare gli spazi delle nostre azioni, indispensabile per il risanamento delle città in crisi e la riorganizzazione delle aree metropolitane, per il recupero dei centri storici e la rivitalizzazione degli antichi borghi, per la tutela del territorio e del paesaggio, per il recupero e la valorizzazione dei beni culturali, per la generale riconfigurazione territoriale, che inquadri le attività produttive nell’ottica della giustizia e della sicurezza sociale e preveda il potenziamento delle reti infrastrutturali, per garantire la qualità dell’edilizia pubblica e privata, investendo infine anche la sfera del design nelle sue varie componenti. Ma al di là di tutto ciò, c’è da aggiungere che l’architettura, oggi come non mai, deve essere intesa come disciplina che persegua le ragioni dell’equilibrio. Equilibrio in tutte le sue forme e in termini assoluti. Soprattutto equilibrio ambientale, a difesa dell’habitat naturale. Equilibrio che si opponga alla dissipazione dissennata delle risorse, che contribuisca drasticamente alla riduzione dell’inquinamento di acque, cieli e terre, che ponga di nuovo l’uomo nel baricentro delle forze, tornando a valorizzarne l’innato spirito di cooperazione, che una volta sapeva agire in armonia con il genius loci, contro le logiche dei potentati economici e del top management aziendale, ripiegati esclusivamente sui propri interessi, con uno sguardo miope, rivolto del tutto al proprio interno, che non si preoccupa di quanto può succedere negli spazi circostanti, se non per quel poco a cui lo obbligano le griglie normative. Oggi, mentre i piccoli imprenditori sono ridotti al collasso, la grande imprenditoria globalizzata si pone nell’ecosistema in termini di estraneità, come una sorta di tumore maligno all’in-


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