Giroinfoto magazine 50

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N. 50 - 2019 | DICEMBRE Gienneci Studios Editoriale. www.giroinfoto.com

N.50 - 2019 DICEMBRE

www.giroinfoto.com

5 TERRE DOC

LA VENDEMMIA EROICA

ROLLI DAY 2019 GENOVA Band of Giroinfoto

YELLOWSTONE IL PARCO DELLE MERAVIGLIE Di Barbara Tonin

TORINO GIALLA MISTERI IRRISOLTI Band of Giroinfoto Photo cover by Giancarlo Nitti


WEL COME

50 www.giroinfoto.com DICEMBRE 2019


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la redazione | Giroinfoto Magazine

Benvenuti nel mondo di

Giroinfoto magazine

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Novembre 2015,

da un lungo e vasto background professionale del fondatore, nasce l’idea di un progetto editoriale aggregativo, dove chiunque appassionato di fotografia e viaggi può esprimersi, condividendo le proprie esperienze con un pubblico interessato all’out-door, alla cultura e alle curiosità che svelano le infinite locations del nostro pianeta. È così, che Giroinfoto magazine©, diventa una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle belelzze del mondo e dalle esperienze offerte dai nostri Reporters professionisti e amatori del photo-reportage. Una lettura attuale ed innovativa, che svela i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, con l’obiettivo di essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la valorizzazione del territorio. Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Uno largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e informazioni utili. Una raccolta di molteplici idee, uscite fotografiche e progetti di viaggio a cui partecipare con il puro spirito di aggregazione e condivisione, alimentando ancora quella che è oggi la più grande community di fotonauti. Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti

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LA RIVISTA DEI FOTONAUTI Progetto editoriale indipendente

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ANNO V n. 50 20 Dicembre 2019 DIRETTORE RESPONSABILE ART DIRECTOR Giancarlo Nitti SEGRETERIA E RELAZIONI Margherita Sciolti Mariangela Boni CAPI SERVIZIO Giancarlo Nitti Monica Gotta Sergio Agrò Adriana Oberto REDATTORI Giancarlo Nitti Redazione Silvia Cevasco Reporter Barbara Tonin Reporter Monica Gotta Reporter

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I N D E X

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C O N T E N T S

6 R E P O R TA G E

YELLOWSTONE PARK

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R E P O R TA G E

GROTTE DI BORGIO VEREZZI

54 URBEX

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LA FABBRICA DI COTONE

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TUTTOMELE 2019

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5 TERRE DOC

La vendemmia eroica

Band of Giroinfoto

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YELLOWSTONE PARK All American Report 2019 Band of Giroinfoto

38

LA FABBRICA DI COTONE Urbex Urbex Team Old Italy

54

GROTTE DI BORGIO VEREZZI Sale colorate Di Silvia Cevasco

66

TUTTO MELE 2019 Cavour Band of Giroinfoto


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R E P O R TA G E

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5 TERRE DOC

TORINO GIALLA Somewhere Tour Band of Giroinfoto

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R E P O R TA G E

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TORINO GIALLA

ROLLI 2019 Band of Giroinfoto Di Monica Gotta

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LE TUE FOTOEMOZIONI Questo mese con: Ludovico Balena Mario Alesina Giuseppe Nastasi

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104 ROLLI 2019

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VI PRESENTIAMO

I NOSTRI

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Articoli pubblicati dagli utenti

Nuovi Reporters

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5 TERRE DOC - VENDEMMIA EROICA

AGRICOLTORI EROICI

A cura di Monica Gotta

Adriana Oberto Giancarlo Nitti Laura Stratta Monica Gotta Remo Turello Stefano Zec Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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5 TERRE DOC - VENDEMMIA EROICA

Metà settembre…alle porte dell’autunno si parte per testimoniare la vendemmia alle Cinque Terre. La sveglia alle 5.30 del mattino ci regala un inizio di giornata stupefacente. Sul golfo di La Spezia assistiamo ad un’alba dai colori caldi, la luce dell’estate che ci sta accompagnando verso l’autunno con queste sfumature intense, romantiche, uniche e tipiche di questo periodo dell’anno. È la natura che si manifesta nel suo cambiamento, non solo attraverso i colori, ma anche nel cambio della temperatura, nel profumo dell’aria e dei prodotti che sono frutto della stagione in arrivo: l’autunno. Uno di questi prodotti è l’uva e, di conseguenza il vino, sempre presente sulle nostre tavole, uno dei prodotti di maggior rilievo in Italia.

Presso la Cantina delle Cinque Terre a Groppo ci accoglie il Presidente Cooperativa Agricoltura delle Cinque Terre, Matteo Bonanini. La cantina si trova sopra al paese di Manarola e siamo stati invitati a documentare il lavoro degli operatori vinicoli durante la vendemmia sulle fasce e, successivamente, la pesa e l’ingresso dei prodotti nei locali delle cantine dove le uve saranno lavorate per farne degli ottimi vini DOC.

+ INFO

www.cantinacinqueterre.com

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5 TERRE DOC - VENDEMMIA EROICA

Per raggiungere Groppo seguite le indicazioni per Manarola. In macchina si deve uscire al casello autostradale di La Spezia – Santo Stefano Magra e, immettendosi sulla strada provinciale 370 chiamata anche Litoranea delle Cinque Terre, si arriva a Groppo, Volastra e Manarola in circa 20 o 30 minuti a seconda del periodo e del traffico. La nostra meta, la Cantina delle Cinque Terre si trova proprio qui.

IL TERRITORIO Partendo dalla conoscenza del territorio, sappiate che al momento pare che il territorio sia coltivato a vitigno per circa il 15%. Le previsioni sono di incrementare il più possibile le coltivazioni aumentando la produzione dei vini DOC della zona. Torniamo ad alcuni concetti del precedente articolo su Manarola nel caso qualcuno di voi non avesse avuto modo di leggere (Giroinfoto Magazine Novembre 2019 – N. 49). Questi 17 km di costa sono, a detta degli scienziati, i 17 km più idonei alla coltivazione della vite nel mondo. Il primo fattore è quello geologico, geochimico e minerale in quanto il terreno è composto da strati sedimentari di roccia arenaria emersi dal mare. È un ambiente climatico temperato, anche un microclima desertico, in quanto la pioggia passa attraverso gli strati rocciosi e non si accumula nel terreno ma si raccoglie in bacini sotterranei. Le viti crescono su questi strati rocciosi e, alcune di esse centenarie, arrivano ad avere radici lunghe anche 30 metri per assorbire i minerali e i nutrienti dal terreno. Corresponsabili, infine, per la realizzazione di questo habitat unico sono l’irraggiamento solare di circa 8 mesi all’anno, la salsedine che arriva dal mare e il vento. A seconda dell’altezza in cui si trovano le viti, esse crescono in differenti microclimi dando quindi vita a uve dello stesso tipo, ma comunque con caratteristiche di gusto ed aroma diverse Giroinfoto Magazine nr. 50

complici anche le altre specie vegetali native del territorio (fiori e erbe aromatiche). Questo è il motivo per cui il vino DOC delle Cinque Terre presenta caratteristiche così uniche. E questo è anche il motivo per il quale gli operatori vinicoli possono sperimentare sempre nuove miscele e superare le frontiere del gusto. Questi vini sono molto adatti ad essere abbinati alla cucina ligure, caratterizzata da piatti di pesce e piatti di verdure. Come potrete immaginare piatti semplici, aromatizzati con pochi ingredienti si accompagnano egregiamente a vini dai sapori particolari e lasciano pertanto ampio spazio all’intreccio di gusti semplici e tradizionali. Tipici delle fasce di Manarola sono i vini Cinque Terre COSTA DA POSA e COSTA DE CAMPU DOC. Entrambi sono vini bianchi, un blend delle tre uve che si coltivano sulle fasce manarolesi: bosco, vermentino e albarola. Questi vini sono di colore paglierino con riflessi dorati, conservano il profumo dei fiori e delle erbe di campo anche se con leggere differenze di sapidità, morbidezza e gradazione alcoolica. Da Riomaggiore viene invece il COSTA DE SERA, anch’esso realizzato con una miscela delle tre uve.


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5 TERRE DOC - VENDEMMIA EROICA

Monica Gotta Photography

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L'UVA

Ricchissima d’acqua, non ha controindicazioni ed è ricca di elementi che agiscono positivamente sul corpo umano. In sostanza un concentrato di elementi preziosi che hanno un effetto salutare. L’uva è un’infruttescenza, il grappolo è un insieme di frutti, gli acini - rotondi, oblunghi di dimensioni diverse – uniti dal raspo. Può essere nera, bianca o rosata, può essere da tavola, da vino o da essiccare. Come vedremo, parlando dei vini delle Cinque Terre, il gusto può variare a seconda della zona di produzione, delle condizioni climatiche e la varietà stessa. Meno conosciuto è l’uso dei vinaccioli – i semi – da cui di ricava un olio ricco di acidi grassi benefici e utilizzato anche nella cosmesi. Altro prodotto è il succo d’uva che, al contrario del vino, non ha gradazione alcoolica. A parte l’uva da tavola che tutti noi consumiamo abitualmente, la si può utilizzare anche in cucina, sotto forma di uva essiccata o uva passa utilizzata prevalentemente per i dolci ma anche nella cucina agrodolce. Senza scendere nei dettagli di ricette ed usi regionali, sappiate che l’uva può essere protagonista di svariate ricette salate oppure dolci, accompagnare la carne come i formaggi creando ottimi equilibri di gusto o esaltando caratteristiche intrinseche di determinati alimenti. Qualunque sia la vostra uva preferita, questo frutto rinfrescante e dolce di fine estate si presta ad innumerevoli combinazioni ed utilizzi.

Laura Stratta Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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5 TERRE DOC - VENDEMMIA EROICA

VISITIAMO I VIGNETI Dopo l’incontro con Matteo Bonanini, ci dividiamo in due gruppi per poter visitare diversi siti dove si sta svolgendo la vendemmia. Formiamo due gruppi diversi e ci dirigiamo verso i luoghi che siamo venuti a vedere con i nostri occhi, desiderosi di scoprirli. Partiamo con la macchina e il nostro gruppo arriva in un punto lungo la litoranea da dove parte un trenino monorotaia. Se non ci avessero indicato il piccolo spazio circondato da una folta vegetazione, non avremmo mai detto che da lì si potesse accedere ad uno dei siti della vendemmia. Complice è anche la conformazione scoscesa del territorio che ordisce trame con la folta vegetazione per nascondere le sue bellezze agli occhi umani.

riguardo a ciò che si sta svolgendo sui terrazzamenti in quel momento. In mezzo alle viti ci sono molte persone che stanno raccogliendo i grappoli d’uva, li adagiano nelle cassette che poi saranno caricate sul monorotaia e infine portate alla cantina per essere pesate e successivamente lavorate. Vista la particolarità del territorio, spesso gli agricoltori raccolgono le uve accucciati o sdraiati sul terreno per poter raggiungere tutti i frutti da raccogliere.

Matteo Bonanini ci organizza la salita alle prime fasce chiamando un operatore che scende con il monorotaia per permetterci di raggiungere il luogo della vendemmia.

Voltando lo sguardo verso la sommità delle colline si ha una migliore percezione della ripidità di questi luoghi. Immersi nei vigneti vediamo da vicino i muretti a secco, principali protagonisti di questo territorio. Queste costruzioni permettono alle viti di crescere e fanno sì che il terreno non frani o, perlomeno, ne diminuiscono le probabilità. Come ci raccontano i viticoltori, i muretti necessitano di continua manutenzione essendo esposti al clima e alle intemperie della zona.

Arrivati in cima veniamo subito accolti con entusiasmo da una signora che sta liberando i grappoli d’uva appena raccolti dalle foglie ed altri residui vegetali. Il nostro primo contatto con un meraviglioso grappolo d’uva di colore dorato appena raccolto. Ci viene offerto un assaggio che accettiamo volentieri rimanendo stupiti della delicatezza, della dolcezza e del gusto perfettamente calibrato di quest’uva. Così ascoltiamo il breve racconto di questa signora

Per questo motivo, oltre alla coltivazione stessa, parte del lavoro di queste persone consiste nella cura dei muretti. Un impegno pari a 365 giorni l’anno. Accenno alla Fondazione Manarola Cinque Terre, di cui abbiamo parlato nel nostro precedente articolo sulle Cinque Terre – Manarola – organismo che si occupa del territorio ed è impegnata nel progetto “Stonewallsforlife” per il quale ha ottenuto un finanziamento nell’ambito del Programma LIFE – “Climate Change Adaptation”.

Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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5 TERRE DOC - VENDEMMIA EROICA

Senza dimenticare che è necessario levare l’erba, fare le fosse, tagliare e legare i vitigni per proteggerli dal vento e dal sole a seconda dell’inclinazione della fascia di terra che si coltiva. Da qui la denominazione di “agricoltura eroica”. Il territorio è molto particolare, si può camminare in mezzo alle viti e godere di una vista mozzafiato sull’anfiteatro di Manarola. Un’altra particolarità che testimonia l’antichità di questo lavoro è una piccola casa posta sul pendio. Costruita in pietra, con una porta in legno, una pergola esterna dove sono appesi diversi grappoli d’uva, ospita una piccola stanza con poco arredamento e alcuni piccoli quadri. La finestra invece si apre sulle fasce e sul golfo. La sensazione che trasmette questa piccola abitazione è di pace e semplicità ma i suoi muri ci raccontano una storia da ascoltare. Dopo essere stati testimoni del trasporto delle cassette d’uva sul monorotaia, ci prepariamo anche noi per tornare a valle dove ci accoglie nuovamente Matteo per condurci ad un secondo sito, questa volta su delle fasce che terminano sulla scogliera. Arrivando alla nostra seconda meta ci rendiamo subito conto di quanto diverso sia dall’altra location. Stavolta invece che salire si scende…verso la scogliera, verso il mare. Ripetiamo nuovamente il viaggio sul monorotaia, che declina ripidissimo verso la fine della rotaia. Dire che è fortemente emozionante è un eufemismo!

Stefano Zec Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

Monica Gotta Photography


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Laura Stratta Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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Remo Turello Photography

Arrivati in fondo, scendere risulta acrobatico. Sapere di essere su una fascia scoscesa è un conto, ma vedere con i propri occhi lo strapiombo e il mare sottostante è un’altra cosa. Anche qui veniamo accolti dai sorrisi degli agricoltori, a volte con un po' di imbarazzo verso le macchine fotografiche. Però è un regalo bellissimo vedere la gioia sui visi di queste persone che stanno duramente lavorando per ottenere un prodotto di qualità unica che rappresenta al meglio la Liguria. Stanno caricando le cassette di uva già raccolta sul monorotaia e altri la stanno ancora raccogliendo. Questo sito è molto diverso dal precedente in quanto a caratteristiche di pendenza e posizionamento delle viti. Comunque si sviluppa, oltre che in verticale, anche verso ponente e levante. Si può camminare in mezzo alle viti percorrendo dei piccoli sentieri. Su entrambi i lati troviamo altre piante da frutto, come fichi e cachi e molte piante tipiche delle fasce mediterranee. Queste piante sono quelle che donano particolari profumi a queste uve che poi ne conserveranno i profumi e andranno a creare anche particolarità di gusto nei vari vini. Rimaniamo a visitare queste fasce per un po' osservando gli agricoltori al lavoro, ma giunge l’ora di tornare su con il monorotaia. Ci aspetta la visita delle cantine e del punto vendita dei prodotti finiti. Giroinfoto Magazine nr. 50

Giancarlo Nitti Photography


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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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5 TERRE DOC - VENDEMMIA EROICA

LA CANTINA Il punto vendita è un piccolo gioiello ricco di prodotti della zona delle Cinque Terre. Vini, liquori, grappe, olio, olive, paté, pesto, pesto di peperoni, crema di carciofi e di noci e altre prelibatezze assolutamente da assaggiare. Qui sarete accolti dal personale in modo squisito e potrete degustare un calice di vino per assaggiare una o più varietà di vino a seconda del vostro gusto e preferenze. Tra i vini che troviamo alla cantina ci sono vino bianco Pergole Sparse, vino bianco Alte Vigne, Cinque Terre Bianco DOC, Muretti Rosso, Muretti Bianco, vino bianco frizzante Risacca, spumante brut Rivus Major. Oltre ai vini troviamo altre referenze come la grappa, il limoncino, l’arancino, il mandarino e il ben noto vino passito, lo Sciacchetrà. Quest’ultimo, per essere prodotto, richiede alcune cure e passaggi diversi rispetto ai vini sopraccitati. Lo troviamo in due versioni: Sciacchetrà DOC e Sciacchetrà Riserva DOC. In materia di grappe troviamo anche la grappa Cinque Terre Sciacchetrà.

Monica Gotta Photography

Come detto le qualità di vino sono innumerevoli ma il punto di forza e il protagonista è lo Sciacchetrà nelle due versioni DOC e Riserva DOC a seconda dell’invecchiamento. Per la produzione dello Sciacchetrà esistono delle indicazioni e regole precise da seguire. Citiamo quelle di base, ma ne esistono molte altre. Prima di tutto le uve devono provenire da zone atte a conferire ai vini derivati delle specifiche qualità e i vigneti devono trovarsi sui terreni collinari ritenuti idonei per la produzione della denominazione di origine. Nelle stesse zone devono avvenire anche l’appassimento e l’invecchiamento dello Sciacchetrà. Questo vino è ottenuto da parziale appassimento delle uve dopo il raccolto in luoghi considerati idonei e ventilati. Altra indicazione è che la vinificazione delle uve non può avvenire prima del 1 novembre dell’anno della vendemmia. Ne consegue che il vino Sciacchetrà non può essere venduto prima del 1 novembre dell’anno successivo alla vendemmia, mentre il vino Sciacchetrà Riserva non può essere commercializzato prima del 1 novembre del terzo anno successivo alla vendemmia.

Remo Turello Photography

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Vi domanderete quali sono le caratteristiche della fermentazione, come si svolge questo processo e come interviene nel contesto dei processi di vinificazione. Semplice, tutto sommato. Pensate ad un processo naturale che consente la trasformazione del mosto in vino, una reazione a catena di fenomeni chimici.

Le statistiche affermano che la Liguria e i suoi vini hanno fatto un grande salto avanti nell’export e il fenomeno dell’internazionalizzazione sta portando risultati agli operatori del settore e all’economia delle zone vitivinicole. Sarebbe orgoglio della Liguria e di coloro (aziende, associazioni, istituzioni, enti pubblici e privati, persone fisiche) che si sono impegnati nella promozione di questi prodotti poter assistere ad un ulteriore miglioramento del commercio e della conoscenza dei prodotti liguri. La visita finisce all’interno delle cantine. Entriamo nel luogo dove le uve vengono lavorate e messe nelle cisterne a fermentare per tempi e temperature prestabiliti sotto stretto controllo degli enologi.

Entrando in cantina, mi tornano in mente le vendemmie e la produzione del vino in tempi passati quando mio nonno raccoglieva l’uva e “faceva” il vino. I miei ricordi non corrispondono certo a quanto si vede qui. La tecnologia ha introdotto l’uso di grandi serbatoi in acciaio inox, refrigerati, in modo che i processi di vinificazione possano essere monitorati per via telematica, mantenendo la temperatura sempre sotto controllo. Ciò fa sì che le vecchie cantine che avevano un non so ché di magico, vengano man mano sostituite dalle “cantine tecnologiche”. Resta tuttavia la magia del risultato finale, il prodotto di questo processo naturale, complesso e allo stesso tempo semplice. Il vino: un prodotto, unico e allo stesso variegato, un mistero da scoprire ad ogni assaggio.

La fermentazione è infatti il processo fondamentale nel ciclo di produzione del vino. Il succo d’uva si trasforma in vino, innescando una serie di reazioni organolettiche.

Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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YELLOWSTONE PARK

A cura di Barbara Tonin

Chi non ha mai visitato Yellowstone che cosa potrebbe immaginare pensando al grande parco? Un appassionato di cartoni animati probabilmente sorriderebbe ricordando le avventure di Yoghi e Bubu, i due simpatici orsi rincorsi dal Ranger Smith che tenta di sventare i loro tentativi di furto dei cestini da pic-nic dei campeggiatori. Un amante del trekking fantasticherebbe su lunghe passeggiate in ampie foreste con le piÚ svariate specie di piante e fiori, lungo corsi d’acqua e in spaziose distese erbose. Un amante di animali si vedrebbe mimetizzato tra i cespugli, pronto ad avvistare qualche magnifico esemplare di grizzly, cervo o bisonte mentre un appassionato di geologia sognerebbe di avventurarsi alla ricerca di caratteristiche formazioni rocciose e fossili.

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Possiamo

immaginarci in qualsiasi situazione e Yellowstone non deluderebbe nessuna delle nostre aspettative ma, per chi non l’ha mai visto, nemmeno l’immaginazione più fervida riuscirebbe a figurarne la ricchezza di vita, forme, colori, materiali e profumi. Yellowstone è la manifestazione più sorprendente che Madre Natura potesse dare di sé. E proprio per preservare tanta bellezza è stato nominato parco nazionale. Riserva protetta dal 1872 e Patrimonio dell'umanità dal 1978, racchiude tra i suoi confini (quasi 9000 km²) non solo un’ampia varietà di vegetazione e animali, ma anche una moltitudine di potentissimi geyser, fumarole, variopinte sorgenti termali, particolarissime formazioni calcaree e profondissimi canyon, che lo rendono unico al mondo.

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Il parco delle meraviglie

Giancarlo Nitti Photography

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YELLOWSTONE PARK

Yellowstone conta più di 1300 specie diverse di piante native, tra cui nove tipi diversi di conifere (pino lodgepole, pino dalla corteccia bianca, abete rosso di Engelmann, abete bianco, abete subalpino, abete di Douglas, ginepro delle Montagne Rocciose, ginepro comune, limber pine) e alcune specie decidue come il pioppo e il pioppo tremulo, arbusti come l’artemisia tridentata e l’acero delle Montagne Rocciose, tre specie uniche che si possono trovare solo a Yellowstone (Ross’s bentgrass, Yellowstone sand verbena, Yellowstone sulfur wild buckwheat) e centinaia di fiori selvatici. Le piante non-native (infestanti) invece comprendono più di 200 specie (quali il cardo campestre, la linaria dalmatica, l’erba vellutina, l’euforbia acre, la margherita diploide e il fiordaliso), mentre le zone idrotermali sono dense di comunità vegetali uniche e rare. Anche la fauna è magnifica e ricca di esemplari e ha la più alta concentrazione di mammiferi rispetto a tutti gli altri Stati. Particolarmente notevole inoltre è l’equilibrio predatore-preda che si è creato. Nel parco sono presenti ben 67 specie diverse di mammiferi autoctoni, quali orsi grizzly, orsi neri, lupi grigi, ghiottoni, puma, coyote e linci fra i predatori e wapiti, cervi mulo, bisonti, alci, antilopi, antilocapre e cervi dalla coda bianca tra le prede. Capre non-native invece hanno colonizzato l’area nord. La maggior parte degli uccelli sono migratori. Sono state contate ben 285 specie differenti, di cui 150 che nidificano nel parco.

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YELLOWSTONE PARK

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YELLOWSTONE PARK

Barbara Tonin Photography

Il parco di Yellowstone è uno dei più grandi ecosistemi intatti della zona temperata. Il suo nome, pietra gialla, probabilmente deriva dalla colorazione assunta dalle formazioni rocciose a causa dello zolfo presente sul territorio. L’equilibrio dello straordinario ecosistema del parco, però, non è dato solo dall’interazione flora-fauna. Originato da fenomeni vulcanici circa 30 milioni di anni fa, tuttora questi processi interagiscono con quelli idro-termici e glaciali (per la maggior parte dell’anno il terreno è coperto di neve) e concorrono alla continua evoluzione del biosistema. La maggior parte dell’area del parco nasconde nel sottosuolo, ad appena 10 km di profondità, un sottile strato di magma, portato verso la crosta dalla convezione del calore nel mantello e creando in

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superficie i cosiddetti “punti caldi”. Negli ultimi 2 milioni di anni, Yellowstone ha visto diverse eruzioni e tre di queste furono molto potenti e violente, tanto da classificare il parco come un “supervulcano”. Questa condizione è alla base della formazione dei meravigliosi fenomeni idro-termici che rendono speciale Yellowstone. Un elemento fondamentale nel processo, però, è l’acqua. Quest’ultima, grazie alle precipitazioni nevose e alle piogge, filtra tra la crosta e raggiunge il magma, che la porta a temperature oltre i 200°C. Nonostante l’altissima temperatura, però, l’acqua rimane liquida per la forte pressione presente nel mantello.


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YELLOWSTONE PARK

Quella più calda, e quindi più leggera, tende a salire verso la crosta, mentre quella più fredda è più pesante e scende verso il centro, creando dei moti convettivi che sono alla base della formazione dei geyser. Salendo verso la superficie, l’acqua è soggetta alla minor pressione degli stati rocciosi e viene in parte trasformata in forma gassosa dall’altissima temperatura. Il gas quindi funge da propulsore e spinge l’acqua verso l'esterno, creando dei potentissimi getti alti più di 50 metri e vapore, come quelli dell’Old Faithful Geyser e dello Steamboat Geyser.

Giancarlo Nitti Photography I geyser non sono gli unici fenomeni idro-termici che si possono osservare. Nei bacini sono presenti anche sorgenti termali, stagni di fango ribollente e fumarole, i punti più caldi di Yellowstone. L’area più attiva e più dinamica è il Norris Geyser Basin: la temperatura arriva a 237°C a soli 1.087 m sotto la superficie. Tali caratteristiche sono dovute al fatto che si trova proprio sopra l’intersezione di tre faglie, due delle quali sono in corrispondenza di una caldera che ha eruttato 640.000 anni fa.

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YELLOWSTONE PARK

L’attività geologica di Yellowstone offre moltissimi esempi su come agiscano i processi geologici su scala planetaria, ma non si limita soltanto a questo. Ricerche sorprendenti hanno dimostrato che anche a temperature così estreme può esistere la vita: un esempio singolare sono i termofili. Si tratta di microrganismi che trovano nutrimento negli ambienti caldi e acidi e che formano colonie dai colori incredibilmente vividi e vivaci. In passato la loro presenza fu ignorata. Gli studiosi pensavano che tale colorazione fosse dovuta alla presenza di minerali. Solo nel 1889 il geologo Walter Harvey Weed pose in dubbio le teorie dei suoi colleghi: “C’è ragione di credere che l’esistenza di alghe di colori differenti, quali il rosa, il giallo e il rosso, così comuni nelle acque di Yellowstone siano state trascurate o scambiate per depositi di materia puramente minerale.” Non immaginava però la vastità di colonie ospitate in tutto l’ecosistema idro-termico. Ampi aggregati di termofili si possono trovare nelle sorgenti sulfuree, come ad esempio gli archeobatteri che sono gli organismi più vicini e somiglianti alle prime forme di vita sulla Terra, oppure li vediamo come formazioni simili a “cera fusa” sulla superficie alcalina dei bacini termali.

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Gli estremofili presenti sono innumerevoli e ognuno dà il suo apporto al biosistema, come i cianobatteri, conosciuti come alghe azzurre o alghe verdi-azzurre, che contribuiscono alla fotosintesi esattamente come le piante. Oltre a molteplici tipi di alghe, i bacini sono popolati anche di numerosi esemplari di funghi, piante e insetti e ognuna di queste comunità termofiliche si distingue dalle altre per le sue formazioni, colori e pH, in base anche alla temperatura presente.


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YELLOWSTONE PARK

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I luoghi dove possiamo trovare la massima espressione dei termofili sono il Grand Prismatic Spring al Midway Geyser Basin, una fra le tre sorgenti più grandi del mondo, e nelle Mammoth Hot Springs. Le sorgenti come il Grand Prismatic presentano una colonia vastissima e coloratissima di microrganismi. I disegni che si formano sembrano opere d’arte moderna, dipinti ad olio e tempera nati dalla fervida ed eclettica fantasia di Madre Natura. Chi visita Yellowstone non può non condividere il pensiero di Weed quando afferma che “Raramente la vegetazione dei bacini acidi è una manifestazione considerevole delle sorgenti. Ma nelle acque alcaline che caratterizzano i bacini dei geyser, e in quelle gassose e calcaree del Mammoth

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Hot Springs, il caso è diverso, e le sfumature rosse e gialle delle alghe combinate con lo strano candore del sedimento e le gradazioni di blu e verde danno forma a uno scenario che, senza dubbio, è uno tra i più strabilianti quanto strani al mondo”. Non da meno però sono le sorgenti del Mammoth, con le sue terrazze di travertino, in cui calcare e acqua vengono plasmati in forme plastiche quasi surreali, dalle infinite forme e sfumature, creando paesaggi che sembrano di altri pianeti. Mille altre meraviglie ci sono a Yellowstone, un parco che può offrire ai suoi visitatori gli spettacoli più belli che si possano immaginare, con i suoi magnifici animali, l’incantevole vegetazione e anche i suoi sorprendenti piccoli organismi.


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URBEX - LA FABBRICA DI COTONE

LA FABBRICA DI COTONE

Non capita tutti i giorni di entrare in posti come questo. Di fabbriche abbandonate ce ne sono tante ma questa è diversa dalle altre. Recuperare informazioni su di essa è praticamente impossibile, non si trova nulla in rete. Le porte di questa fabbrica tessile si chiusero definitivamente nel 1990, lasciandosi alle spalle un probabile fallimento dovuto alla crisi del settore. L’unico fatto certo è che in questo momento lo stabile

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è posto sotto sequestro, l’ex proprietario è indagato per sversamento di oli esausti nel naviglio adiacente allo stabilimento e per non aver né stoccato né bonificato i quintali di coperture Eternit presenti al suo interno. Entrare non è un’impresa semplice e una volta all’interno si viene accolti da una fitta vegetazione. Attraversandola si arriva ai capannoni di produzione e, in fondo ai capannoni, si trova il gioiello di questa esplorazione: la villa del proprietario.


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molto triste, è come se avessero ancora un’anima, è come se fossero in attesa di essere ancora sfiorati, di sentirsi ancora “vivi”. La casa ha tutte le finestre spalancate, scavalcandone una si viene catapultati in uno scenario fantastico. La sensazione è che chi ci abitava sia scappato all’improvviso. C’è ancora molto, anzi quasi tutto: bicchieri e piatti nelle credenze, bottiglie di alcolici, tovaglie nei cassetti, carte da gioco…tutto! La parte che riserva più sorprese è il pian terreno. Oltre alle cucine, ormai in stato di avanzato degrado, possiamo trovare un tinello ancora colmo di tutto ciò che serviva per i commensali e una piccola stanza con una libreria ancora ben fornita. Tuttavia la stanza con la “S” maiuscola è l’ingresso principale di questa casa: si tratta di una sala sfarzosa con tappeti, quadri, divanetti ornamentali, statue e un magnifico pianoforte impolverato. Trovare strumenti musicali ancora funzionanti è sempre qualcosa di speciale e allo stesso tempo

Al secondo piano si trovano un bagno con tutti i prodotti necessari per l’igiene personale e quattro camere da letto. Anche qui gli ambienti sono intatti. Vestiti sparsi ovunque, cassetti rivoltati e guardaroba spalancati. Le camere sembrano organizzate come le camere signorili d’epoca: due camerette, probabilmente per figli e nipoti, una camera padronale maschile e una camera padronale femminile, questa differenza si deduce dal tipo di arredamento, resta il fatto che anche qui come al piano inferiore tutto respira, l’atmosfera è carica di ricordi… Il terzo ed ultimo piano è il meno affascinante: si trovano altre stanze, quasi tutte mansardate, usate probabilmente come ripostiglio.

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È ora di lasciare la villa e avventurarsi nello stabilimento: gli scenari cambiano ma sono altrettanto stupendi. Non ci vuole molta immaginazione a figurarsi la vita lavorativa di tutti i giorni; anche all’interno dei reparti quasi tutto è stato lasciato ad un triste destino. Lo stabilimento si divide in due tronconi principali separati da una via centrale e circoscritti dal naviglio. Su di un lato sono presenti i reparti produttivi mentre su quello opposto i magazzini, le stirerie, gli alloggi del personale e gli uffici. Le coperture di amianto e gli oli esausti ancora presenti nel sito obbligano all’utilizzo di mascherine per completare l’esplorazione. Vagando per i vari capannoni ci si imbatte in uno stato di “scintillante” fatiscenza: nonostante sia tutto in stato di completo degrado, lo spettacolo

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sempre vario, di reparto in reparto, lascia senza fiato. Si passa dai locali macchine ricoperti di muffe ai magazzini con ancora tovaglie e magliette impacchettate pronte per la vendita. Si attraversano capannoni semivuoti che trasudano umidità, un continuo tintinnio di gocce che cadono come lacrime sui paventi logori. Ci si imbatte in macchinari per la filatura, per il taglio e per la cucitura…batterie di macchine da cucire Singer che farebbero gola a molti collezionisti.


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Reparto conceria, uffici tecnici, laboratori chimici, c’è davvero tutto. Tutti i sensi sono coinvolti in questa esplorazione: l’odore di grasso dei macchinari, il rumore dello scorrere delle acque del naviglio, la polvere che si sgretola sotto le mani…tutto immobile eppure in movimento con l’avanzare del tempo. Non mancano le zone della fabbrica in cui rinveniamo documenti, progetti e faldoni

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contenenti materiale informativo o sulla sicurezza. Una bella sorpresa è stata ritrovare in un reparto una serie di tavoli ricoperti interamente da gomitoli di cotone ordinati per scala cromatica. Prima di uscire si viene colpiti dell’atmosfera “horror” dell’infermeria, tutta in tinta bianca, ancora con lettino, staffa per flebo e oggetti medicali.


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LA FABBRICA DI COTONE

Passando di reparto in reparto, il sole sta lentamente tramontando, la fabbrica non è delle più grandi ma gli spunti fotografici sono tantissimi e probabilmente sono già passate 4 ore dal nostro ingresso, quindi ci dirigiamo verso l’uscita. Proprio mentre stiamo uscendo scorgiamo un garage e notiamo che la saracinesca è alzata. Non resistiamo e strisciamo al di sotto. Ci troviamo innanzi all’ultima chicca: due camioncini, due auto, un Ape e una moto, impolverate, marce e maleodoranti, con ancora le chiavi al loro interno ma purtroppo non funzionanti.

Non rimane quindi che uscire, consapevoli di aver visto uno dei luoghi più interessanti e più pericolosi mai visitati finora, non tanto architettonicamente ma per la presenza massiccia di Eternit (con le relative polveri di amianto) e i moltissimi fusti di oli esausti stoccati un po’ ovunque al suo interno, trasformano questo luogo in una bomba ecologica dove i provvedimenti stanno tardando ad arrivare. Non sappiamo quale sarà il destino di questi stabili, probabilmente per ancora molto tempo sarà quello di rendere felici fotografi ed esploratori urbani.

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È LEGALE L’URBEX? CHIARIAMOLO IN 10 PUNTI

Tratto da www.ascosilasciti.com

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Lo Stato in cui si trova l’immobile. Inteso come la nazione in cui si trova. Ognuna con le sue lingue, le sue culture e soprattutto… le sue regole! Esiste un’enorme differenza di conseguenze legali se la stessa azione viene svolta in Lituania o in Italia. Aldilà delle leggi che possono tutelare e condannare, ricordiamo bene che in alcuni Stati, prima di uscire vincitori da una causa legale e le pubbliche scuse dell’accusa, si rischia di passare da un bel “servizio educativo” della polizia locale. Non sempre negli Stati più monarchici avrete la detenzione assicurata e in quelli più democratici, la certezza di farla franca. Non avendo tempo nè risorse sufficienti per affrontare la questione di ogni singola Nazione, ci concentreremo a sviscerare il, già complesso, codice del nostro Bel Paese.

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Accessi aperti. Mancanza di recinzione, porte spalancate o inesistenti, grosse aperture nei muri perimetrali, insomma tutti i varchi aperti sono “amici dell’urbex”. Tutto cambia se per accedere a un luogo abbandonato, proverete ad aprire porte chiuse o scavalcare muri (la questione cambierebbe anche per ogni metro di altezza dei perimetri…), il che costituisce violazione di domicilio privato. Crearsi entrate con forza o manomettendo recinzioni, è sufficiente invece perchè l’accusa diventi una frizzantissima “effrazione con scasso”. Giroinfoto Magazine nr. 50

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Lo stato in cui versa l’immobile, ma questa volta intesa come condizione. Finestre rotte, muri crepati, tetti squarciati, muffa e vegetazione incontrollata, porte spalancate, sono tutti segni di chiaro abbandono che potrebbero tutelare l’esploratore. L’attenuante di “immobile in chiaro stato di abbandono” non è da sottovalutare, per quanto non vi sia nulla di codificato. In un’alta percentuale dei casi può però assolvere l’esploratore da accuse di violazione di domicilio.

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Cartelli e avvertimenti. Controllare l’eventuale presenza di cartelli di monito non sarebbe troppo sbagliato (proprietà privata o divieto di accesso). La loro assenza o illeggibilità (magari pioggia e vento hanno fatto arrugginire il ferro dell’affisso o marcire il legno del manifesto) potrebbero comportare buoni sgravi di responsabilità. Insomma, un’ulteriore attenuante, che male non fa’…


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Non toccare nulla. Per chi non lo conoscesse, il comandamento dell’Urbex “prendi solo foto, lascia solo impronte” è un promemoria anche di tutela legale. I souvenir, fosse anche un sasso del muro di un manicomio abbandonato, non sono contemplati come legali.

Strumenti che portate con voi. Conosciamo tutti, o almeno immaginiamo, il rischio di entrare in un edificio abbandonato, potenzialmente abitato da malviventi. Purtroppo no…non basta questo pretesto per portarsi un machete, nemmeno con l’altruistico fine di accettare l’incolto prato della magione. Ma attenzione, anche con un bastone da trekking, o altri strumenti apparentemente innocui, potrebbero scattare l’aggravante di “arma bianca”. Nessuna arma da difesa, all’infuori del cavalletto o di un ramo trovato sul posto, si può….accettare!

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Avvisi e permessi. Torniamo al tema clou. Anche a costo di passare come noiosi genitori apprensivi, sconsigliamo sempre di esplorare questi posti. Se proprio doveste sentirne l’irrefrenabile impulso, avvisate le autorità competenti, nel caso di edifici comunali/statali, o i proprietari/ guardiani per ottenere il permesso ad entrare. Anche a costo di creare allarmismi. Oppure rivolgetevi ad alcune associazioni che operano tramite quest’ultimi. Diffidate dalle organizzazioni che si disinteressano della questione legale e vi fanno clandestinamente introdurre in pericolosi edifici abbandonati.

Anzi, sarebbe meglio prendere solo foto (nel senso di scattarle, ovviamente, non di rubare gli album di famiglia sul comò impolverato) e non lasciare alcuna impronta. Come mai? Udite-udite, per creare il giusto setting alle proprie foto, basta solo spostare gli oggetti e gli arredi, ed essere colti sul fatto, per una bella “accusa di tentato furto”.

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Non scappare e collaborare sempre con le autorità. Se avete seguito i consigli sopra citati, potete sentirvi tranquilli. Motivo per cui, mostratevi per quello che siete e avete fatto. E’ sempre buona norma collaborare enunciando le proprie intenzioni. Così facendo sarete fuori dai guai nel 90% dei casi.

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Rispettare tutti gli 8 punti. La somma delle probabilità di non passare guai seri, che viene fuori rispettando gli 8 punti, vi assolve al 99,9%, parlando dal punto di vista penale. Più complessa diviene la questione civile, che dipende maggiormente dalla volontà del proprietario di volervi eventualmente punire, denunciandovi.

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Incertezza. L’incertezza, purtroppo, rimane l’unica certezza. Tranquilli al 100% non lo sarete mai. Unico modo per sentirvi realmente tutelati è di ascoltare il consiglio enunciato al punto 7. Odiate da molti, poiché danno in pasto alcuni luoghi abbandonati al grande pubblico, queste Associazioni (solo quelle che operano tramite mezzi legali) sono in realtà le uniche a tutelare i luoghi abbandonati in tre modi: si rivolgono ai proprietari ottenendo i permessi di visita; danno visibilità ad alcuni posti altrimenti destinati a marcire nell’indifferenza; scelgono come meta per i loro viaggi solitamente luoghi già devastati dal tempo e dai vandali, per non esporre al turismo di massa gli edifici ancora intatti, accelerandone il declino. Intanto, l’unica certezza è che, come scriveva il romantico François-René de Chateaubriand, tutti gli uomini hanno una segreta attrazione per le rovine. Giroinfoto Magazine nr. 50


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LE GROTTE DI BORGIO VEREZZI

FOTOGRAFIE DI: Adriana Oberto Alessandro Panerati Paolo Carrera

Sono le grotte turistiche più colorate d'Italia, infatti, grazie alla presenza di numerosi minerali, le sfumature del giallo, bianco e rosso si trasformano in un meraviglioso gioco di colori che caratterizza queste grotte uniche. Il percorso turistico, inaugurato nel 1970, è di 800 metri; un saliscendi che si snoda nelle cinque sale lasciando il visitatore stupito e affascinato dall’incredibile vena artistica della natura, un lavoro minuzioso e paziente che l'acqua in milioni di anni ha trasformato in arte. La temperatura all'interno è di 16°C costanti tutto l'anno; naturalmente il tasso di umidità è altissimo.

A cura di Silvia Cevasco

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LE GROTTE DI BORGIO VEREZZI

Paolo Carrera Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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LE GROTTE DI BORGIO VEREZZI

LE SALE Entrando si scende lungo un corridoio abbastanza breve che apre verso una prima sala molto ampia, dove stalattiti a drappeggio si alternano a quelle molto fini chiamate spaghetti; questa sala ha un'acustica eccezionale, tanto da ospitare opere teatrali e concerti di musica da camera. In questo spazio si celebrano anche matrimoni civili. Pochi metri più avanti e si è sulla Luna; la seconda sala, detta anche del paesaggio lunare, più piccola e bassa della precedente, offre un'atmosfera surreale creata da migliaia di stalattiti a spaghetto, destinate a crescere o comunque ad evolversi. La stalattite, formazione calcarea pendente, quando incontra la stalagmite, concrezione di carbonato di calcio di forma conica che si forma da terra, sviluppa una colonna.

LA SALA DELLA LUNA Alessandro Panerati Photography

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Un gioco divertente che fanno i bambini, e non solo loro, è individuare in queste forme oggetti o soggetti a noi familiari. Ad esempio, in questa seconda sala si ha l'impressione di vedere un Vescovo in preghiera. La terza sala è quella del Castello, chiamata cosi perché vi è una grandissima colonna, in parte caduta, che ricorda un castello medievale. I drappeggi, che sembrano tessuti preziosi e incorniciano ogni parete, sono stati creati dal costante lavoro dell'acqua che scivolando sui muri inclinati e incontrando lievi correnti d'aria ha dato forma a incredibili altorilievi.


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LE GROTTE DI BORGIO VEREZZI

IL VESCOVO Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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LA NATIVITÀ Paolo Carrera Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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La quarta sala è sicuramente la più incredibile; nella prima parte vi è un’”ampia piazza” ricca di stalattiti e stalagmiti dove, in una nicchia, si è formata naturalmente la grotta della natività; l'unico elemento a mancare è il bambino; questo venne messo, in un secondo tempo, a scopo turistico. Si tratta in ogni caso di un angolo molto affascinante e illuminato in modo da stupire il visitatore. Sempre in questa sala troviamo gli “spaghetti”più lunghi d'Italia: giovani e lunghe stallatiti che se si guardano dal basso hanno un effetto quasi tridimensionale; particolare in questa sala è la stalagmite denominata il candelabro. Molto particolare è anche l'ultima sala, denominata di Gulliver, per una concrezione a forma di enorme piede che potrebbe appartenere ad un gigante; c'è anche un laghetto che appare e scompare in base alle piogge, dove vivono i Niphargus, piccoli crostacei incolore e senza occhi: in quanto abitanti delle grotte non ne hanno alcun bisogno.

LE SALE

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LA BOCCA DEL DRAGO Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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LE GROTTE DI BORGIO VEREZZI

Alessandro Panerati Photography

Verso la fine degli anni Venti, le alluvioni facevano già danni in Liguria e il Podestà (l’equivalente del Sindaco odierno) Giacomo Staricco fece allargare l'alveo del torrente Battorezza cercando di arginare le piene durante le piogge; nonostante questo le rovinose alluvioni dei campi circostanti e anche del centro abitato di Borgio Verezzi non furono evitate.

LA STORIA

Nel 1933, proprio grazie al monitoraggio costante del torrente, si notò uno strano fenomeno: l'acqua sembrava scomparire per poi ricomparire più a valle; tre bambini del luogo, Lillo, Tito e Valentino, incuriositi, decisero di seguire il percorso dell'acqua attraverso delle piccole insenature fra le rocce e si trovarono dentro la prima sala di una nuova grotta. Nessuno diede molto peso alla scoperta fino a quasi vent'anni più tardi, quando lo speleologo Giovanni Dentella, nel 1953, iniziò una spedizione insieme al suo Gruppo Speleologico Ingauno. Increduli, gli speleologi si trovarono davanti a numerose sale; oltre alla prima grotta scoperta dai bambini furono scoperte altre grotte collegate tra loro da gallerie che si snodano fino sotto all'abitato del paese.

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LE GROTTE DI BORGIO VEREZZI

La straordinarietà di questo luogo era tale che lo stesso speleologo ideò un percorso turistico per poter dare la possibilità a tutti di godere di queste meraviglie della natura. Il percorso è di 800 metri circa, mentre tutte le grotte, accessibili solo da speleologi esperti è di 5 chilometri. Importanti ritrovamenti di reperti ossei, trovati durante le varie esplorazioni, testimoniano la presenza di numerose specie animali anche estinte che nelle varie ere si sono alternate come abitanti di queste grotte. In periodi caldi, come per esempio circa 700.000 anni fa, c’erano tigri, coccodrilli, rinoceronti e altri; durante l’era glaciale vi abitavano tra gli altri cervi, stambecchi, orsi. Nessun resto umano è mai stato ritrovato. Oggi oltre i Niphargus, già citati, vivono nelle grotte alcuni pipistrelli che durante il periodo invernale sono in letargo.

LA STORIA

Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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Paolo Carrera Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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LE GROTTE DI BORGIO VEREZZI

VISITARE LE GROTTE Le grotte sono aperte tutto l'anno, a parte alcuni brevi periodi per lavori di manutenzione e conservazione. Le visite guidate durano circa un'ora e il percorso è semplice ma non adatto a passeggini o sedie a rotelle; le guide molto preparate ed appassionate vi faranno scoprire questo meraviglioso mondo. Gli eventi musicali e culturali sono patrocinati dal Comune di Borgio Verezzi e organizzati dalla Cooperativa Sociale Arcadia che si occupa di valorizzare al meglio il territorio. Vi consigliamo inoltre una visita a Borgio Verezzi e alle sue spiagge: ne rimarrete incantati. per informazioni e orari visitate il sito ufficiale

www.grottediborgio.it

Alessandro Panerati Photography

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CAVOUR - TUTTOMELE 2019

A cura di Giancarlo Nitti

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Sono gli anni che la piccola cittadina di Cavour, in provincia di Torino, richiama l'attenzione di migliaia di visitatori per la sua mostra mercato dedicata alle mele. Per festeggiare gli anni dell''edizione, quest'anno la Pro Loco ha organizzato stand e spettacoli con la collaborazione dei negozi del paese che hanno partecipato al contest "La mela in vetrina". Ospiti dell'organizzazione, Band of Giroinfoto si è recata in questo splendido paese per curiosare e rivelare l'importanza di questo frutto per tutta la zona del cavourese.

Adriana Oberto Barbara Tonin Domenico Gervasi Giulio Pascali Mariangela Boni Monica Pastore Remo Turello Stefano Tarizzo

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CAVOUR - TUTTOMELE 2019

TUTTOMELE 40 ANNI DI RICORDI

In occasione di questa edizione, Giulio Brarda, uno dei 5 fondatori della manifestazione è autore del libro che ripercorre le tappe e gli eventi che hanno fatto grande Tuttomele a Cavour. Oggi responsabile per la comunicazione della Proloco di Cavour, ricopre l'incarico di Vice Presidente dell'Associazione Turistica del paese, lasciando una memoria, come descrive nel suo libro, delle tante cose che, in 40 anni, ha fatto lo "squadrone" della ProLoco, senza perdere mai l'entusiasmo.

Monica Pastore Photography

Giulio Brarda

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CAVOUR - TUTTOMELE 2019

LA STORIA IN BREVE

TUTTOMELE La manifestazione prende vita nel 1980, ma le origini son ben più antiche. Ritornando al 1956, fondazione della ProLoco Cavourese grazie al Sindaco del tempo Cav. Francesco Rivoira e al suo primo presidente Guido Ferrero, con diverse attività di sviluppo per il paese rinnovarono il clima cittadino, valorizzandolo. Per circa 14 anni Cavour ebbe una fase di "ristrutturazione", quando con la sconfitta del Sindaco Rivoira, subentrò il contrapposto Rag Fenoglio. Tutto si fermò fino al 1967, con la nuova giunta con a capo il Sindaco Destefanis, che rifondò la ProLoco con un gruppo di giovani. Da qui ci fu un'esplosione di eventi innovativi, tra cui un raduno del turismo scolastico con oltre 4.000 bambini a cui fu donato un sacchetto di mele, prodromo di Tuttomele.

Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

DAL 1980

Negli anni successivi, nel giorno di San Lorenzo, patrono di Cavour, si continuò ad allestire alcuni stand espositivi ortofrutticoli, dove la mela faceva da protagonista, fino al 1980, con a capo Nanni Vignolo, anno della fondazione della manifestazione. Tale evento, ripetuto per ogni anno successivo, cresceva esponenzialmente e con l'apertura, nel 1989, dell'Ufficio Turistico di Cavour, la ProLoco fu proiettata ad un livello superiore di servizi e di relazione con il turismo. Nel 2002, Tuttomele varca la soglia del digitale con la costruzione del sito dedicato e nel 2013 con l'applicazione "A spasso per Cavour", realizzata dall'ing. Trombetta, comprendendo, ormai, che la strada per lo sviluppo turistico del paese era proprio quella.


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Giulio Pascali Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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GENESI Una festa innovativa che affonda le radici sul prodotto del territorio e sul lavoro di appassionati della comunità. È questo che ci spiegano durante la conferenza stampa Giulio Brarda, Giancarlo Cangialosi, anche lui fondatore di Tuttomele e il Sindaco attuale Sergio Paschetta. Il panorama che si aveva nel 1980 era quello delle classiche sagre popolari e da subito la ProLoco di Cavour ha voluto pensare in grande, ma soprattutto in modo diverso partendo da una semplice idea di organizzazione dei giochi per bambini collegati ad un prodotto del quale la zona ne era produttore di eccellenza. Il primo problema riscontrato, ci racconta Giulio Brarda, è che la mela veniva prodotta nel territorio ma vi era estrema difficoltà a trovare contadini che le vendessero al dettaglio, in quanto la commercializzazione avveniva solo ed unicamente "sulla pianta" tra commercianti rivenditori. Tuttomele fu quindi la miccia che fece esplodere quella che è oggi la vendita della mela di Cavour nelle cascine dei frutticultori locali, direttamente in molti mercati del Piemonte e soprattutto durante le edizioni della manifestazione, nella quale dagli ultimi dati statistici, i frutticultori realizzano il 30/40% del fatturato annuo solo nei giorni di Tuttomele. Oggi, siamo spettatori di una manifestazione che coinvolge tutto il circondario di Cavour, dove i commercianti, non solo di mele o prodotti derivati, si impegnano a manifestarsi a tema, allestendo le vetrine che celebrano il frutto di Cavour. .

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ALTI E BASSI I 40 anni di Tuttomele però non sono stati una linea continua in crescendo. Ci sono stati anni di "vacche grasse", dove Regione e Provincia investivano in contributi a favore della ProLoco per le manifestazioni di valorizzazione del territorio, la quale, spesso, destinava l'eccedenza del denaro non impiegato in opere pubbliche. Ma ci furono anni, come per esempio nel 2008, dove i rubinetti dei contributi sono stati chiusi, trovandosi costretti ad autofinanziarsi con l'impegno dei membri della ProLoco, inventando attività che avrebbero aiutato l'evoluzione della manifestazione. Tra queste attività di autofinanziamento, oggi ancora utilizzate, troviamo la vendita delle frittelle di mele e Tuttomele-Self, un'area destinata alla somministrazione di piatti su ricetta a base di mele aperta al pubblico. Da questi periodi di fatica, lo staff di Tuttomele della ProLoco è arrivato a contare più di 300 volontari innamorati della causa comunitaria e oltre 60 sposorizzazioni, che quest'anno sono state ospitate su un maxi-schermo nella piazza principale del paese. Giroinfoto Magazine nr. 50


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Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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IL PERIODO La scelta del periodo fu anche una decisione relazionata alla disponibilità degli agricoltori che in altri periodi erano impegnati nelle loro attività di produzione. Ma l'idea principale era di manifestarsi in un periodo che non fosse troppo saturo di altre sagre, feste e fiere che avrebbero portato via l'evidenza di Tuttomele, trasformandola in un evento unico, dove in un mese come settembre avrebbe assorbito l'interesse di moltissime persone. Ed è così che ci si ritrova a contare oggi, circa 800 persone ogni 10 minuti nello stand informativo della ProLoco, per un totale approssimativo di 300.000 persone durante tutta la manifestazione.

IL MARKETING Oggi Tuttomele riecheggia un po' su tutti gli organi di stampa e con un programma di Rai3 che ha dedicato una diretta durante l'evento. Tutto ciò grazie all'evoluzione dell'organizzazione che ha voluto, fin dall'inizio, credere nella "teoria" del marketing distinguendosi, rispetto ad altre realtà simili, dal punto di vista della comunicazione. Le attività pubblicitarie, le grafiche sempre aggiornate al trend e una buona dose di pubbliche relazioni, sono state il valore aggiunto che ha permesso alla manifestazione di crescere in modo esponenziale.

Mariangela Boni Photography

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Domenico Gervasi Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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CRESCERE CON TUTTOMELE Durante la conferenza interviene il Sindaco di Cavour, Sergio Paschetta, il quale ricorda da molto giovane gli albori della manifestazione. ...Sono cresciuto con Tuttomele... afferma il primo cittadino, ...e sono orgoglioso di testimoniare questa grande impresa fin dai tempi di quando ero molto piccolo... Sergio Paschetta, ribadisce la gratitudine a tutti i membri dell'organizzazione e alle piÚ di 40 associazioni che contribuiscono alla realizzazione di edizioni di Tuttomele sempre piÚ complete ed evolute. Ci invita inoltre a visionare la mostra allestita nella sede della ProLoco, che ripercorre la vita stessa di Tuttomele con fotografie, documentazione e oggetti artistici realizzati per la manifestazione. La mostra nacque molti anni fa in un'aula di una scuola elementare e da quell'evento iniziò a correre parallelamente alla manifestazione, fino ad oggi, ritrovandosi con moltissimo materiale espositivo, tando da avere seri problemi di spazio.

Mariangela Boni Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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Stefano Tarizzo Photography

Non è una vera e propria qualità che si distingue tra le altre moltitudini di specie. La mela di Cavour, nasce nel 1956 con il CIFOP (Centro Incremento Frutticultura Ovest Piemonte) con l'unione di 12 Comuni nel circondario di Cavour che, attraverso il lavoro dell'agronomo Piero Latino, valorizzarono il prodotto della mela dal punto di vista fitosanitario differenziandola dal mercato globale come "frutta sana". Tale azione ai tempi, non diede spinte commerciali dal punto di vista industriale, ma oggi è la maggiore peculiarità della mela tipica di Cavour, la quale viene inserita in un distretto biologico molto ristretto e qualitativo rinomato con il marchio registrato di PinFruit, (la frutta del pinerolese). Tuttomele diventa così anche lo strumento di divulgazione della qualità delle mele autoctone, fin dal primo espositore, Giovanni Fassi, ad oggi con i produttori di 10 Comuni della zona, e altri unitisi negli ultimi due anni, costituendo un percorso chiamato "La strada delle Mele" che comprende un'area ben definita di produzione ma anche un percorso turistico tra i paesi di: Bibbiana, Bricherasio, Campiglione Fenile, Cavour, Cumiana, Frossasco, Garzigliana, Luserna San Giovanni, Lusernetta, Macello, Osasco, Pinerolo, Prarostino e San Secondo.

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Monica Pastore Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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UN TOUR SERALE ALLA RICERCA DEL LATO PIÙ NOIR DI TORINO Organizzato da

Adriana Oberto, Elisabetta Cabiddu, Giancarlo Nitti, Giuliano Guerrisi e Remo Turello Giroinfoto Magazine nr. 50


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TORINO GIALLA

Torino

si svela al calar delle tenebre come scenario ideale di fatti reali e letterari, di gialli e di intrighi che hanno segnato la storia della città dall’Ottocento ad oggi. Liberamente ispirato ai grandi casi della cronaca nera del secolo passato così come li ha studiati Renzo Rossotti, torinese d.o.c. e noto cronista e giallista, il percorso nel centro della città mira a raccontare un lato diverso ed affascinante di Torino: una città per molti versi misteriosa e “metafisica” che nel suo lato più oscuro è stata teatro di molti casi clamorosi.

Dall’Ottocento a oggi, si snoda una sciarada gialla che va dai più inquietanti casi studiati da Lombroso, “padre” dei moderni studi di criminologia, sino al caso della Bela Rinin oggetto di studi e di filastrocche per i suoi contorni e dettagli più macabri. Ma Torino è anche la città dei grandi casi “irrisolti”: dall’assassinio di Via della Zecca al clamoroso caso di Diabolik la storia della città diventa scrigno inspiegabile di delitti mai risolti e che contribuiscono al suo alone di mistero. Il tour è un'esclusiva di Somewhere, Tour Operator torinese, che ha accolto la Band of Giroinfoto per documentare l'esperienza.

www.somewhere.it

Giuliano Guerrisi Photography

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TORINO GIALLA

È una sera di un freddo autunno che inizia il tour della Torino Gialla di Somewhere. Con brevi passeggiate, interrotte piacevolmente da un caldo passaggio con un bus turistico, si ascoltano i racconti di una Torino enigmatica, tanto quanto le locations ombrose, scenari originali dei racconti stessi. Ma non vogliamo togliervi la curiosità di cosa trattano i racconti, vi daremo solo un assaggio di quello che potrete ascoltare e dei luoghi che potrete visitare.

Remo Turello Photography

IL MACABRO QUIZ IN VIA DELLA ZECCA

Remo Turello Photography

Giroinfoto Magazine nr. 50

Torino nel 1834 aveva 119.909 abitanti. Un anno travagliato. Mazzini dava vita alla “Giovine Europa” e si parlava di uno scienziato estroverso, un certo Braille, che aveva appena messo a punto uno speciale alfabeto per i ciechi. In quel 1834, Torino si impressionò per quello che fu quasi subito definito l’ ”enigma dello scultore”. La vittima, Giacomo Spalla, era abbastanza nota. Spalla insegnava scultura e intaglio, autore di molte opere di ottimo livello in alcune residenze dell’aristocrazia e in palazzi pubblici. L’imponente portone dell’Università, quello che si affacciava su via Verdi, l’antica via della Zecca, recava la sua firma per quanto riguardava il pregevole lavoro ebanistico.


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Elisabetta Cabiddu Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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TORINO GIALLA

IL MACABRO QUIZ IN VIA DELLA ZECCA Spalla, molto orgoglioso del suo lavoro, aveva temuto che potessero commissionarlo a qualcun altro. Un così vivo interesse si spiegava con il fatto che abitava nella stessa strada, a pochi metri dall’Ateneo, per cui, una volta portato a termine il lavoro, ogni giorno passava davanti al portone, come volesse sincerarsi che un vandalo o le intemperie, non glielo avessero danneggiato. Il 30 gennaio 1834, nel pomeriggio, il professore non era in casa, sarebbe tornato, secondo il solito verso le 18. Alla sua porta bussò un ragazzino e gli andò ad aprire la moglie del professore che si vide porgere un pacchetto sigillato, avvolto in carta robusta. Lo manda lo speziale Cauda, disse il ragazzo prima di sparire a passo svelto. Il professor Spalla rincasò che mancava poco alle 18, la sua ora abituale, parlò con la moglie poi fissò incuriosito il pacchetto. Lo hanno mandato dalla farmacia, spiegò la moglie.

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IL MACABRO QUIZ IN VIA DELLA ZECCA Non avendo ordinato nulla, Spalla, incuriosito aprì l'involto e notò una fiaschetta contenente del liquido verdastro. Pur essendo diffidente di natura, stappò la boccetta e ne tracannò un sorso.

UN TOUR NEGLI ANGOLI DI TORINO

Immediatamente Giacomo si rese conto che era veleno e chiese aiuto alla moglie, che inorridita chiamò i soccorsi. Per Spalla non ci fù nulla da fare, morì nel giro di due ore. Le indagini della Polizia iniziarono, ma senza avere idea del movente, in quanto il professore non aveva nemici. Focalizzandosi quindi sulla consegna, le indagini volgevano alla ricerca di quel ragazzino individuandone alcuni, che la moglie del professore non riconosceva.

Lasciato il portone del povero Giacomo Spalla, ci si inoltra in un altro angolo nascosto di Torino, tanto nascosto quanto affascinante, offrendo una vista quasi bidimensionale della Mole Antonelliana, testimone di 423 decapitazioni, tra cui quella di una giovane cappellaia che ammazzò il suo datore di lavoro.

Quello della boccetta era un tipo diverso ed era sparito nel nulla. Le indagini portate avanti nell’ambiente dell’Università non diedero frutti. Restava un'ipotesi, abbastanza assurda: il veleno era destinato a qualcun altro e il ragazzo aveva sbagliato uscio, ma anche quella via non portò a nulla. Nessun movente, nessun sospetto, soltanto un morto avvelenato. Il delitto di via della Zecca appartiene alla serie dei crimini Torinesi rimasti impuniti. Indagini apparentemente ben condotte, premi per chi avesse fornito informazioni utili. L’avvelenatore rimase invisibile, dietro le quinte; svanito il ragazzino che aveva portato la morte allo scultore ebanista.

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Passando per le rive del fiume Po, si odono i racconti di un corpo straziato e di una gamba che galleggia nelle imponenti acque. Di una lettera enigmatica dove l'assassino dichiarava di aver commesso un omicidio e di dove trovare il cadavere. Di un corpo di una donna troncato e separato dalle gambe ritrovate in un pacco posto sui binari del treno... ma la testa? Si racconta anche di un anatema invocato da un uomo dichiaratosi innocente per 7 omicidi che punta il dito sui propri accusatori: Uscirò di galera e voi sarete tutti morti! E difatti dopo 20 anni...

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CASCINA FATALE QUEI DIECI CADAVERI NEL POZZO Uno dei passaggi più interessanti del tour di Torino Gialla è stato la visita alle carceri "Le Nuove", accolti dall'associazione "Nessun uomo è un'isola", che gestiscono le vecchie galere ora diventate un museo. Il racconto che ci propone Somewhere, è questa volta un efferato massacro avvenuto pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, in un piccolo paese in provincia di Torino: Villarbasse. Era il 21 novembre 1945. La guerra appena alle spalle, con i sacrifici, le ristrettezze, le rovine di ogni genere lasciate sulla sua scia. Si parlava molto di borsa nera, per procurarsi i generi alimentari che mancavano. I giornali subivano un rincaro e passavano da una a tre lire. A un tiro di schioppo da Torino in un piccolo centro rurale, in una cascina, detta “La Simonetto”, di colpo sparirono dieci persone. Tutte insieme, fatto incredibile. Erano svanite lasciando la minestra in tavola, per la cena.

Fatto sconcertante, che faceva temere una tragedia: in un angolo era rimasto abbandonato un bambino di tre anni; piangeva, era affamato e doveva aver visto qualcosa di orribile. La cascina, isolata su un poggio era allora di proprietà dell’avvocato Massimo Gianoli, di sessantacinque anni. Altri scomparsi erano la domestica, la famiglia del mezzadro Ferrero e salariati, uomini e donne. Un muratore, che in quel periodo stava eseguendo lavori alla “Simonetto”, vi era giunto di buon’ora, quasi all’alba, si stupì di quel silenzio. Non vi erano luci, non c’era neppure il mezzadro, che in genere lo accoglieva. Sentiva solo, un po’ fievole, il pianto d’un bimbo.

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L’interrogativo andava risolto, con rapidità poiché gli scomparsi si trovavano quasi di certo in gran pericolo. Forse erano già stati uccisi. Il titolo di un quotidiano diceva: “ La cattura dei dieci della “Simonetto” sarebbe opera del “boia”. Si parlava di un gruppo di banditi che nel periodo dell’immediato dopoguerra avevano angariato le popolazioni della zona con rapine e razzie. Il capo “orribile d’aspetto”, era soprannominato Carmelo il boia. Si cercava anche un giovane che nell’estate si era fatto assumere dal mezzadro Ferrero come garzone. Aveva detto di chiamarsi Francesco Saporito. Non possedeva documenti perché era nato a Montecassino, città distrutta. All’inizio di novembre si era licenziato con una scusa: raccontò di avere ereditato una discreta somma.

Giuliano Guerrisi Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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CASCINA FATALE QUEI DIECI CADAVERI NEL POZZO La cassaforte dell’avvocato Gianoli era stata trovata aperta: il bottino poteva valutarsi sulle duecentomila lire. Si trovò anche, non troppo distante dalla cascina, una giacca di vigogna malconcia e insanguinata; in un’etichetta all’interno si leggeva: “Palermo”. Carmelo il boia veniva segnalato ovunque. In un bar della periferia, in una bottega di barbiere, in una balera, ma risultavano poi piste ingannevoli. Al cinema, negli intervalli, era proiettata la sua fotografia. Qualcuno, magari, lo avrebbe riconosciuto. Gli investigatori davano una caccia accanita a Francesco Saporito, forse la chiave del delitto. I cronisti seguivano ognuno una propria pista. Un uomo può scomparire, due anche, tre possono dileguarsi, ma dieci no. Il quiz era improponibile anche per un autore di “gialli”.

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Nella cascina, che già molti definivano “maledetta”, un bracciante stava spazzando l’aia. A pochi metri dall’uscio della stalla, notò che fra le connessure della lastra di pietra che chiude un tombino spuntavano cime di fieno. Volendo ripulire con scrupolo, alzò, la lastra e scorse nella cupa profondità del pozzo un fioco luccichio d’acqua. Stupito, venne colto da un dubbio improvviso: “ Che siano qua dentro?”, disse fra sé, e senza indugio, munitosi di una lunga pertica, cominciò a sondare l’acqua. Pur non riuscendo a toccare il fondo, sentì che la pertica si era impigliata in qualcosa, la ritrasse ed emerse un grembiule gocciolante. I vigili del fuoco, accorsi alla cascina, recuperavano poco dopo dieci cadaveri con le mani legate dietro la schiena con un filo di ferro e ai piedi blocchi di cemento. Giuliano Guerrisi Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

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Lo sterminio venne ricostruito con facilità, il puzzle era completo. Armati e travisati, i banditi dovevano essere arrivati alla “Simonetto” verso le sette di sera mentre quelli della cascina stavano per mettersi a tavola. Uno dei rapinatori, inavvertitamente, lasciò cadere la sciarpa che lo copriva fin sopra il naso. Venne così riconosciuto e fu la fine per tutti. Ciò venne poi confermato in ogni particolare dalla confessione degli assassini. I dieci, portati in cantina ad uno ad uno, massacrati a bastonate, quindi legati. I criminali pensarono di appesantirli con blocchi di cemento che si trovavano nei pressi, quindi li gettarono nella cisterna.

Elisabetta Cabiddu Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

Il bambino di tre anni fu dimenticato nel lettino. Forse dormiva. Un cane che abbaiava troppo e forse stava per richiamare l’attenzione di qualcuno fu chiuso nel frigorifero. Per fare un lavoro di quel genere, quanto tempo impiegarono? E quanti erano i banditi? Chi li aveva portati alla “Simonetto”? Carmelo il boia o Francesco Saporito?


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CASCINA FATALE QUEI DIECI CADAVERI NEL POZZO Alla fine dell’anno si rintracciò l’ormai famoso Carmelo. Si trovava in Sicilia, aveva conosciuto l’avvocato Gianoli, ma non sapeva nulla dell’eccidio. “Non c’entro, non sono stato io”, disse subito. Si poté accertare che il giorno del massacro era al suo paese, e aveva anche dato una mano per spegnere un incendio. Un brav’uomo, insomma. I “mostri” bisognava andarli a cercare altrove. Si continuava a seguire la pista di Francesco Saporito, ma era poi un nome che corrispondeva a qualcuno oppure un’invenzione?

Adriana Obert

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I mesi passavano, ma quella giacca non andava dimenticata. I siciliani residenti in zona furono passati al setaccio, meticolosamente. A Riivoli si scoprì un tale, che trafficava in prodotti vari, un “borsaro nero”, come si diceva allora per indicare uno che guadagnava smerciando generi di prima necessità.

Remo Turello Photography

Era di Mezzoiuso, in Sicilia, e là era tornato. A casa sua, vicino a Torino, andavano e venivano suoi compaesani. Giroinfoto Magazine nr. 50

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I carabinieri trovarono il frammento di una carta annonaria, documento indispensabile per acquistare ciò che era razionato. In quel pezzo di carta si leggeva parte di un nome Giovanni D’Ig… Occorreva trovare il titolare di quella carta, basandosi su un nome tracciato solo parzialmente. Quella carta annonaria era di Giovanni D’ignoti. Abitava a Torino in corso San Maurizio 46. Costui risultava partito per Mezzoiuso il giorno successivo al massacro. I carabinieri andarono a fargli visita e lo tempestarono di domande. Resistette dando risposte vaghe, o evidentemente false, poi improvvisamente crollò, quando gli dissero che non aveva scampo: era l’assassino di quei poveri dieci, era responsabile dell’orrendo fattaccio. Cercò di cavarsela accusando gli altri, così il giallo ebbe la soluzione: Giroinfoto Magazine nr. 50

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“Sono stati Puleo e La Barbera ad uccidere. E anche Pietro Lala: lui ha organizzato tutto, lui era il capo”. “Chi è Lala?” gli domandarono. “Lala aveva lavorato alla “Simonetto” facendosi chiamare Saporito. Ci aveva detto che l’avvocato era ricchissimo e che il colpo sarebbe stato facile.” Come previsto, erano mascherati, ma la domestica dell’avvocato riconobbe la voce del garzone che si era licenziato pochi giorni prima. IL 24 marzo 1946, mentre s’annunciava la primavera, La stampa uscì con un grosso titolo: “I criminali di Villarbasse sono scoperti". Tre di essi sono caduti nella rete della giustizia che aveva tessuto le sue maglie divenute sempre più fitte e strette.


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comminata appunto ai colpevoli di rapina commessa con armi e in circostanze che abbiano minorato la privata difesa. E’ ancora latitante il quarto, il più colpevole: Francesco Saporito, il cui vero nome è Pietro Lala di ventitré anni. Ecco i nomi dei feroci criminali arrestati: Giovanni D’Ignoti di anni trentadue, Giovanni Puleo di trentaquattro anni, Francesco La Barbera di ventisei anni. Tutti sono di Mezzoiuso (Palermo)”. La supposizione sul modo in cui si erano svolti i fatti ebbe piena conferma nelle confessioni.

Quanto al Saporito-Lala potrà essere condannato in contumacia”. Questo bandito era comunque atteso da un’altra «giustizia»”. Due settimane dopo, Saporito, «quella malacarne di Lala», lo chiamavano in Sicilia, venne trovato crivellato di proiettili in una strada di Pizzo di Case, frazione di Mezzoiuso.

LA Stampa, il 31 marzo , scrisse: “”Puleo, LA Barbera, D’Ignoti, indipendentemente dalla cattura di Saporito - Lala, in applicazione dell’art.1 del Decreto luogotenenziale 10 maggio 1945 n. 2334, sono passibili della pena di morte,

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Si giunse al processo in Corte d’Assise, nella primavera del 1947. La folla accolse con urla, “A morte, uccideteli! Non state a perdere tempo con queste belve!” L’arrivo degli imputati con l’aria spavalda e sprezzante, i tre parevano sfidare la Corte e la gente. Vivevano quelle ore da protagonisti, sicuri di cavarsela comunque, di tornarsene in libertà chissà quando. Ridevano, strizzavano l’occhio, e l’effetto era agghiacciante. Il dibattimento durò tre giorni, serrato, asciutto. Il rappresentante dell’accusa, il dottor Trombi, magistrato di alte doti, che non usò neppure una frase retorica, non un aggettivo più del necessario, pronunciò con ferma serenità la requisitoria. Concluse, scandendo le parole: “per questo delitto, che offende l’umanità, altra pena non può essere che la morte”. Interpretava il sentimento popolare, l’indignata esecrazione della gente, non soltanto di quella che stipava l’aula d’Assise. Il presidente Ruggero, poco più tardi lesse la sentenza: tre condanne a morte, da eseguirsi mediante fucilazione alla schiena.

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CASCINA FATALE QUEI DIECI CADAVERI NEL POZZO La sentenza venne eseguita il 4 marzo 1947. Resta in archivio la foto di Puleo, La barbera e D’Ignoto, ammanettati l’uno all’altro con la catena; sulla destra il frate cappuccino padre Ruggero, figura ben nota per l’apostolato di tanti anni fra i detenuti di Torino. La corte di Cassazione aveva respinto il ricorso, il capo dello Stato, Enrico De Nicola, giurista scrupoloso, non si era sentito di concedere la grazia. Quella fucilazione fu l'ultima condanna a morte eseguita in Italia. La scarica della fucileria concluse il “giallo” della cascina “Simonetto”.

Remo Turello Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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BAND OF GIROINFOTO La community dei fotonauti Giroinfoto.com project

ITALIA

ORINO ALL AMERICAN

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Progetto editoriale indipendente che si fonda sul concetto di aggregazione e di sviluppo dell’attività foto-giornalistica. Giroinfoto Magazine nr. 50

STORIES

GIROINFOTO MAGAZINE


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COME FUNZIONA

Il magazine promuove l’identità territoriale delle locations trattate, attraverso un progetto finalizzato a coinvolgere chi è appassionato di fotografia con particolare attenzione all’aspetto caratteristico-territoriale, alla storia e al messaggio sociale. Da un’analisi delle aree geografiche, si individueranno i punti di forza e di unicità del patrimonio territoriale su cui si andranno a concentrare le numerose attività di location scouting, con riprese fotografiche in ogni stile e l’acquisizione delle informazioni necessarie per descrivere i luoghi. Ogni attività avrà infine uno sviluppo editoriale, con la raccolta del materiale acquisito editandolo in articoli per la successiva pubblicazione sulla rivista. Oltre alla valorizzazione del territorio e la conseguente promozione editoriale, il progetto “Band of giroinfoto” offre una funzione importantissima, cioè quella aggregante, costituendo gruppi uniti dalla passione fotografica e creando nuove conoscenze con le quali si potranno condividere esperienze professionali e sociali. Il progetto, inoltre, verrà gestito con un’ottica orientata al concetto di fotografia professionale come strumento utile a chi desidera imparare od evolversi nelle tecniche fotografiche, prevedendo la presenza di fotografi professionisti nel settore della scout location.

Impara Condividi Divertiti Pubblica

CHI PUÒ PARTECIPARE

Davvero Tutti. Chiunque abbia la voglia di mettersi in gioco in un progetto di interesse culturale e condividere esperienze. I partecipanti non hanno età, può aderire anche chi non possiede attrezzatura professionale o semi-professionale. Partecipare è semplice: Invia a events@giroinfoto.com una mail con una fototessera, i dati anagrafici, il numero di telefono mobile e il grado di preparazione in fotografia. L’organizzazione sarà felice di accoglierti.

PIANIFICAZIONE DEGLI INCONTRI PUBBLICAZIONE ARTICOLI Con il tuo numero di telefono parteciperai ad uno dei gruppi Watsapp, Ad ogni incontro si affronterà una tematica diversa utilizzando diverse dove gli incontri verranno comunicati con minimo dieci giorni di anticipo, tecniche di ripresa. tranne ovviamente le spedizioni complesse in Italia e all’estero. Tutto il materiale acquisito dai partecipanti, comprese le informazioni sui Gli incontri ufficiali avranno cadenza di circa uno al mese. luoghi e i testi redatti, comporranno uno o più articoli che verranno pubbliGli appuntamenti potranno variare di tematica secondo le esigenze cati sulla rivista menzionando gli autori nel rispetto del copyright. editoriali aderendo alle linee guida dei diversi progetti in corso come per esempio Street and Food, dove si andranno ad affrontare le tradizioni La pubblicazione avverrà anche mediante i canali web e socialnetwork gastronomiche nei contesti territoriali o Torino Stories, dove racconteremolegati al brand Giroinfoto magazine. le location di torino e provincia sotto un’ottica fotografia e culturale.

SEDE OPERATIVA La sede delle attività dei working group di Band of Giroinfoto, si trova a Torino. Per questo motivo la stragrande maggioranza degli incontri avranno origine nella città e nel circondario. Fatta eccezione delle spedizioni all’estero e altre attività su tutto il territorio italiano, ove sarà possibile organizzare e coordinare le partecipazioni da ogni posizione geografica, sarà preferibile accettare nei gruppi, persone che risiedono in provincia di Torino. Nel gruppo sono già presenti membri che appartengono ad altre regioni e che partecipano regolarmente alle attività di gruppo, per questo non negheremo la possibilità a coloro che sono fermamente interessati al progetto di partecipare, alla condizione di avere almeno una presenza ogni 6 mesi.

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BAND

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GIROINFOTO

A cu ra d i Mo n ic a Got t a Fotografie di: Adriana Oberto, Isabella Nevoso, Luca Barberis, Sara Morgia, Stefano Zec

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EXPERIENCE


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UN TUFFO NEL PASSATO DELLE ANTICHE FAMIGLIE NOBILIARI GENOVESI Genova, 11-12 e 13 Ottobre 2019

“Guarda, cammina, ascolta, immagina ... Guarda cosa si nasconde dietro ad ogni angolo, cammina nei caruggi senza meta precisa, ascolta le storie delle antiche famiglie genovesi, immagina i segreti che si nascondono nelle sale nobiliari dei Palazzi dei Rolli”. L’edizione dei Rolli Days di Ottobre 2019 si apre con un’anteprima unica nel suo genere. È la serata dell’11 Ottobre con l’iniziativa denominata “Palazzi in Luce”. I palazzi di Via Garibaldi, Piazza Fontane Marose e Piazza della Meridiana aprono e illuminano le finestre in modo che si possano vedere gli interni e gli affreschi dei palazzi illuminati dall’interno, semplicemente passeggiando per la strada. Seconda apertura straordinaria è la Galleria degli Specchi al lume di candela all’interno della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola in Piazza Pellicceria. La fontana di Piazza De Ferrari è stata illuminata di rosa per la “Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze” – parità di genere attraverso l’emancipazione organizzata dall’Ufficio Pari Opportunità e Benessere con la collaborazione di A.S.Ter. PIAZZA DE FERRARI Monica Gotta Photography

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, per la prima volta, ci sarà la possibilità di trascorrere il soggiorno a Genova come fecero gli antichi ospiti della Superba. Con Rolli Experience si possono acquistare pacchetti con visite guidate, cene esclusive e pernottamenti nelle strutture facenti parte del Sistema dei Rolli. Quest’edizione dei Rolli Days apre al pubblico 34 palazzi e, in Strada Nuova – Via Garibaldi, sono stati aperti 9 dei 12 palazzi. Novità di questi Rolli Days è l’apertura del piano nobile di Palazzo Spinola Doria, Palazzo Agostino Pallavicino e il piano nobile di Palazzo Angelo Giovanni Spinola. Altra novità è l’apertura al pubblico di Palazzo Cicala vicino al Duomo di San Lorenzo e la prima apertura di Palazzo Senarega grazie alla collaborazione con l’Accademia Ligustica delle Belle Arti e il Conservatorio Niccolò Paganini. Da non dimenticare, per la bellezza delle decorazioni barocche, Palazzo Franzone Spinola.

PALAZZO GIACOMO SPINOLA Adriana Oberto Photography

GiroinfotoAgrò Magazine nr. 50 Sergio Photography

L’Archivio di Stato ha esposto gli antichi documenti originali dei Rolli, esposti per la prima volta nel 2017 nell’antica sede dell’Archivio di Stato a Palazzetto Criminale. Quattro sono i palazzi che ospitano riferimenti al design e alla moda, arte che si sposa con l’arte nelle sue più svariate manifestazioni. A Palazzo Senarega sono visibili costumi teatrali, bozzetti e disegni di abiti di foggia antica, mentre a Palazzo Bianco è aperta la mostra di abiti ed accessori del XVIII secolo. Palazzo Giustiniani e Palazzo Saluzzo fanno parte del Design District con esposizione di oggetti di design dalle forme eleganti.


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DESIGN A PALAZZO SENAREGA Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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COSA SONO I ROLLI? Rispondiamo alla domanda che nasce spontanea. I Rolli sono ciò che in italiano moderno corrisponde alla parola ruoli ossia elenchi. Iniziamo dai numeri:

I 5 rolli conosciuti descrivono un universo di dimore storiche che, in buona parte, sono giunte fino a noi. Il 13 Luglio 2006 a Vilnius sono state incluse nella World Heritage List.

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A seconda del grado di importanza dell’ospite in visita veniva scelto un palazzo per ospitarlo: più elevato era il grado di nobiltà dell’ospite, più fastoso doveva essere il palazzo e più ricca la famiglia che aveva l’onore e l’onere di accoglierlo. I proprietari di questi palazzi erano tenuti, in base a un decreto del Senato del 1576, ad ospitare gli stranieri in visita di stato.

palazzi nei rolli.

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palazzi patrimonio dell'Umanità per l'UNESCO.

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palazzi andati distrutti.

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rolli conosciuti, rispettivamente redatti degli anni 1576, 1588, 1599, 1614, 1664.

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zone censite - Canneto Il Lungo, Mercato di Soziglia, Mercato Vecchio, Ripa Maris, Piazzalunga, Strade Nuove, Vico Dritto.

Erano 5 elenchi in cui sono stati pubblicati i nomi dei palazzi candidati ad essere estratti a sorte in caso di arrivo a Genova di personalità illustri. Questo avveniva tra il 1500 e il 1600. Non possono mancare alcune brevi note storiche riguardanti Genova, la città che ospita l'evento e che la presenta ai visitatori nella sua più vera identità. Nella Repubblica rifondata da Andrea Doria tra il '500 e il '600, crocevia di traffici, corti ed ambasciate, si precettavano dimore adeguate alle visite di Stato. Questo avveniva attraverso gli elenchi, Rolli degli alloggiamenti pubblici, suddivisi in "bussoli" ossia per categorie di qualità. Giroinfoto Magazine nr. 50

I Palazzi dei Rolli fanno parte di un tessuto urbano che riflette la ricchezza e la raffinatezza culturale di chi governò la città in quei secoli. Le grandi famiglie aristocratiche infatti concorrevano tra loro nel decorare con sempre maggior sfarzo, oltre ai palazzi, anche gli spazi sacri della città. Con queste poche informazioni lascio libero sfogo alla vostra immaginazione in modo che possiate calarvi con noi in quest’esperienza unica!


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VENERDÌ 11 ottobre 2019 I vicoli di Genova, i caruggi, sono un’affascinante intrico urbano in cui è facile perdere la bussola. Grazie a questa caratteristica si può vagare senza meta precisa, sicuri di scoprire la città e le sue meraviglie nascoste che vanno dal Medioevo al Rinascimento. Il nostro gruppo inizia così la visita dei palazzi genovesi per contribuire alla divulgazione di quest’iniziativa diventata ormai famosa nei circuiti turistici e culturali. Sicuri di perderci utilizziamo volentieri il GPS dello smartphone per arrivare alla prima meta di questo giro che ci porterà a conoscere alcuni palazzi iscritti negli elenchi dei Rolli.

Galleria Nazionale di Palazzo Spinola Piazza Pellicceria, 1 Conosciuto anche come Palazzo Spinola di Pellicceria fu costruito nel 1593 per volere di Francesco Grimaldi. Il palazzo presenta le caratteristiche dei palazzi cinquecenteschi genovesi con il sistema atrioscala, cortile interno, loggiato. Il palazzo passa per motivi ereditari nelle mani di diverse famiglie fino al XVIII secolo, periodo nel quale subisce un intervento di ristrutturazione per desiderio di Maddalena Doria di renderlo alla moda del periodo. A Giacomo Spinola si deve invece la ristrutturazione completa delle cucine storiche nel piano ammezzato.

GALLERIA SPINOLA Sara Morgia Photography

GALLERIA SPINOLA Luca Barberis Photography

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Days, è stata aperta la sera dell’11 Ottobre. La galleria è stata illuminata solo da candele creando un’atmosfera molto suggestiva grazie agli stucchi dorati realizzati da Lorenzo De Ferrari che creano giochi di luce unici insieme alle eleganti specchiere che la rivestono in tutta la sua lunghezza.

Durante la seconda Guerra Mondiale viene bombardato e perde il terzo piano. Oggi è un piano moderno. Nel 1958 la proprietà passa allo Stato Italiano attraverso la donazione dei Marchesi Spinola. La Galleria Nazionale apre al pubblico nel 1992. D’interesse per la visita sono gli affreschi sulle volte eseguiti da autori famosi nonché l’esposizione di quadri di Luca Cambiaso, Bernardo Strozzi e Bernardo Castello. Durante il percorso si arriva all’archivio storico dove sono contenuti centinaia di libri di conto inerenti transazioni finanziarie, ma anche documentazione di acquisti di vestiario e cibo. Il palazzo ospita al suo interno la Galleria degli Specchi che, in quest’anteprima dei Rolli

GALLERIA SPINOLA Luca Barberis Photography

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Parte finale di un percorso di rappresentanza la galleria deve il suo aspetto a Maddalena Doria. L’affluenza del pubblico alla galleria è stata importante, testimonianza del profondo interesse culturale rivolto a quest’evento assolutamente unico nel suo genere.

GALLERIA SPINOLA Sara Morgia Photography


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GALLERIA SPINOLA Stefano Zec Photography

Monica Gotta Photography

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PALAZZO ANGELO GIOVANNI SPINOLA Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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SABATO 12 ottobre 2019 Dopo la serata passata al lume di candela e con il naso rivolto all’insù per ammirare le finestre illuminate dei palazzi e gli affreschi sulle volte, riprendiamo la nostra experience iniziando le visite di sabato da Strada Nuova dove notiamo lunghe file di persone in attesa di entrare a visitare i palazzi.

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alcuni aspetti del giardino come era nella sua forma iniziale. Oggi non è più visibile in quanto la parte che si estendeva sulla collina di Castelletto fu smantellata per la costruzione delle gallerie della Zecca. Salendo al piano nobile troviamo persone addette alla presentazione del palazzo e dei locali visitabili. La sala è arredata in modo suntuoso con un grande lampadario che domina il centro dell’ampia sala. Un pianoforte domina lo spazio sotto una delle grandi finestre. Ancor oggi la famiglia proprietaria utilizza la sala per incontri e feste.

Via Garibaldi, 5 La sua costruzione fu voluta da Angelo Giovanni Spinola di Luccoli, banchiere del Re e Ambasciatore della Repubblica. L’architetto incaricato fu Giovanni Ponzello, conosciuto per i progetti di diversi palazzi privati tra cui Palazzo Doria-Tursi. Fu ampliato dal figlio Giulio e iscritto nell’elenco dei Rolli. Nei primi anni del Novecento la proprietà passa a Istituti di credito, tuttora proprietari, che ne modificarono la distribuzione interna. La facciata presenta affreschi dai colori vivaci che intendono celebrare i vari membri della famiglia nobile, così come l’atrio. Autori degli affreschi sono i fratelli Lazzaro e Pantaleo Calvi, che adornarono con le loro opere molti palazzi genovesi tra cui Palazzo DoriaSpinola e Palazzo della Meridiana. Entrando da Via Garibaldi l’atrio risulta essere ampio e spazioso decorato appunto da affreschi che rappresentano la famiglia e che proseguono la narrazione della facciata. Il quadro centrale della volta rappresenta la battaglia di Gherardo Spinola contro i Fiorentini. Nelle sale del piano nobile, in particolare nella Sala di Sofonisba, si trovano altri interessanti affreschi, opera del Tavarone raffiguranti il palazzo nella sua veste originaria. In questi affreschi sono presenti

PALAZZO ANGELO GIOVANNI SPINOLA Stefano Zec Photography

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Edificato alla metà del Cinquecento, viene ristrutturato ed abbellito alla fine del secolo da Gio Battista Senarega e a suo nome lo troviamo inserito nella lista dei Rolli.

Piazza Senarega, 1 Per arrivare al nuovo palazzo dobbiamo girare intorno alla maestosa Loggia della Mercanzia detta anche Loggia di Banchi in Piazza Banchi, edificio così importante che letteralmente fa ombra ad una delle novità di quest’edizione dei Rolli. Provenendo dal mare, dopo pochi passi, si apre sulla nostra sinistra Piazza Senarega, sulla quale affaccia l’ingresso e la facciata principale del palazzo caratterizzata da quadrature con motivi architettonici (dorico, ionico, corinzio) nella quale spicca il piano nobile evidenziato dai balconi in marmo (secondo piano). È composto da tre corpi: la “domus Parva – casa piccola” che affaccia nel vico dell’Amor Perfetto ed è di origine medievale e ne conserva ancora la struttura, la “Domus Magna” l’edificio principale affrescato; inoltre è andato perduto l’archivolto sopra l’attuale Via degli Orefici demolito in seguito all’ampliamento del centro mercantile di Banchi all’epoca di Gio Battista Senarega.

PALAZZO SENAREGA Isabella Nevoso Photography Giroinfoto Magazine nr. 50

Il palazzo passa poi di proprietà dapprima ai Pallavicini, poi agli Spinola ed infine per lascito testamentario all’Ospedale dei Cronici (1609) come ricorda una lapide marmorea posta in facciata. Recente è il passaggio al Comune di Genova e il sostanzioso restauro, soprattutto nei numerosi affreschi interni, costato 9 milioni di Euro. È oggi sede del Politecnico delle Arti nato dalla collaborazione tra Accademia Ligustica di Belle Arti e Conservatorio Niccolò Paganini. All’interno conserva il monumentale scalone marmoreo con volte a crociera e costolonate e alcuni bei portali in pietra nera di promontorio; ai piani nobili troviamo molti affreschi cinquecenteschi (oggetti del recente restauro) che si fondono con l’arredo e la funzionalità delle stanze usate dagli studenti per le loro attività (musica, arte, sartoria, scenografia, grafica).


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PALAZZO SENAREGA Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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PALAZZO SENAREGA Isabella Nevoso Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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Uno spazio molto particolare lo troviamo alla fine della visita: la camera da letto con alcova, termine che deriva dall’arabo e vuol dire stanza voltata. A quei tempi gli ambienti erano freddissimi, l’alcova era una rientranza all’interno della camera, spesso protetta da tende o anche da camerini come in questo caso, che isolavano termicamente racchiudendo il centro della stanza dove veniva posizionato il letto per dormire. Ma nelle camere da letto si ricevevano gli ospiti, il parto stesso era un evento pubblico (a seconda della nobiltà) per questo le camere sono monumentali, con stucchi e affreschi che in questo caso hanno un rosato di sfondo.

PALAZZO SENAREGA Stefano Zec Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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Monica Gotta Photography

Via Degli Orefici, 7 Costruito nella seconda metà del XVI secolo dalla famiglia Lercari, lo troviamo iscritto nei Rolli del 1576. Capostipite della famiglia Spinola pare sia stato Guido, Visconte di Polcevera, giunto in Liguria nel 971. Questa famiglia è protagonista della storia ligure e genovese a partire dal XI secolo che si sviluppa in parallelo alla storia di Genova, divenuta Repubblica Marinara, potenza commerciale e marittima.

Isabella Nevoso Photography

Il palazzo conserva lo scalone voltato fino al secondo piano, compreso il ballatoio del primo piano. Oggi ospita uffici e appartamenti ed è proprietà di una compagnia di assicurazioni. Nel dopoguerra fu unito con due edifici retrostanti che prospettano su via Conservatori del Mare. Lo scalone e le sue decorazioni sono attribuite a Giovanni Angelo Montorsoli. Dopo il restauro il palazzo svela ai visitatori sale affrescate dai fratelli Calvi (attribuite agli artisti per via di ragioni stilistiche) con le storie di Amore e Psiche e scene di guerra ispirate alla Gerusalemme liberata. Le raffigurazioni si svolgono in sequenza su 14 lunette e il campo centrale è diviso in 5 parti. Ne consegue che la lettura, partendo dal campo centrale, venga svolta in senso orario con contemporanea presenza di scene dritte e capovolte.

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Isabella Nevoso Photography


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PALAZZO LERCARI SPINOLA Isabella Nevoso Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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TRAPANINPHOTO ROLLINFOTO 20192019 - GENOVA

PALAZZO SALUZZO Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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altri tre palazzi e la Chiesa di San Giorgio fanno parte del distretto e dell’iniziativa ad esso collegata, la Design Week Genova - DWG.

Via Chiabrera, 7 Gio Battista (Batta) Saluzzo, Governatore di Savona, costruisce il palazzo sulla piazza dove si trovano due palazzi dell’albergo dei Giustiniani. All’interno troviamo due piani nobili, mentre l’atrio è adornato da colonne e da un ninfeo. Il meraviglioso scalone porta agli appartamenti affrescati. Come altri, anche Palazzo Saluzzo è stato danneggiato durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Attualmente in questa zona è stato creato il Distretto del Design - DiDe. Quindi Palazzo Saluzzo e Palazzo Giustiniani in Piazza dei Giustiniani più

Anche quest’iniziativa nasce da un antico uso volto a incentivare le produzioni di qualità e la loro commercializzazione. Così si avviarono delle esposizioni periodiche sulla Rive Gauche, ossia alla sinistra di chi scende da Via San Lorenzo. Ebbe vita breve a causa della caduta della Repubblica. Ad oggi l’iniziativa è stata ripresa, così si fonde nuovamente l’arte antica con quella moderna proponendo l’esplorazione di un patrimonio culturale poco noto agli stranieri ma spesso anche ai residenti. Questo argomento è comunque meritevole di essere approfondito a parte.

PALAZZO SALUZZO Monica Gotta Photography

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Piazza Giustiniani, 6 Sorge su una piazza privata dei Giustiniani, ampliata nel XV secolo e definita su due lati dal palazzo. Come noterete è in parte sopraelevata e delimitata da bassi paramuri che la dividono dalla pubblica via, dove sopravvive l’antica pavimentazione presumibilmente settecentesca. I Giustiniani nacquero come aggregazione di alcune famiglie a cui era stata data la concessione di sfruttare l’Isola di Chio da parte del governo genovese. Formarono così un’associazione commerciale detta albergo ed adottarono il nome di Giustiniani dovuto al fatto che erano soliti riunirsi a Palazzo Giustiniani. Le residenze appartenute ai Giustiniani sono diverse ed alcune inserite nei Rolli. Sulla piazza su cui si erge Palazzo Giustiniani si affacciano due piani nobili. Le caratteristiche medievali sono ancora visibili, tuttavia l’atrio lunettato e il portale sono tipicamente settecenteschi. Nel XX secolo fu utilizzato come magazzino di stoffe, tessuti e mobili. Fu restaurato nel 2004 a cura della Fondazione Franzoni. In una leggenda si vocifera che esistesse un cunicolo segreto utilizzato da fuggiaschi per arrivare alla cattedrale di San Lorenzo.

PALAZZO GIUSTINIANI Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 50


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PALAZZO GIUSTINIANI Monica Gotta Photography

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Piazza San Lorenzo, 16 Entriamo in una delle novità di quest’edizione dei Rolli Days, Palazzo Cicala. Trasformato in locanda dall’estate del 2002, ci dona una visione un po' differente da ciò che abbiamo visitato fino a questo momento. Questo palazzo ha fatto parte della Rolli Experience mettendo a disposizione le sue stanze per i visitatori che hanno voluto vivere quest’esperienza come gli antichi ospiti della Repubblica. Il palazzo risale al ‘500 costruito per volere della Famiglia Cicala. In seguito appartenne ai De Mari e ai Ferro che lo ristrutturarono secondo modelli Rococò. Alla fine dell’Ottocento divenne proprietà di una compagnia assicurativa e successivamente di una casa di spedizioni, fin quando fu acquistato da privati nel 1999 e destinato nuovamente ad uso abitativo. Anche questo palazzo presenta archi acuti in pietra bicroma, bianca e nera come spesso se ne trovano nella città di Genova. Nel 1614 viene iscritto nei Rolli a nome di Giacomo Raggio. Infatti lo troviamo denominato anche come Palazzo CicalaRaggio.

PALAZZO CICALA Isabella Nevoso Photography

PALAZZO CICALA Monica Gotta Photography

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ampliate le finestre del primo piano nobile, il secondo piano nobile divenne il più ampio di tutto l’edificio con altissime finestre e, nel retro, la galleria anche se di proporzioni modeste.

O Nicolò Spinola di Luccoli Via San Luca, 14 L’architettura del palazzo, le decorazioni e gli affreschi ne fanno un esempio del barocco genovese. È stato edificato su altre costruzioni medievali di cui ne porta ancora testimonianza.

Una curiosità ad oggi non più visibile è, che in tempi passati, aria e luce entravano dall’alto. Oggi domina su Piazza Luccoli ed è ripartito in appartamenti pur mantenendo il carattere monumentale grazie all’atrio voltato e allo scalone che serve i primi tre piani.

Fu inserito nel primo rollo essendo stato riconosciuto come uno dei più suntuosi palazzi dell’epoca. Nel 1606 Tommaso Franzone lo acquistò e il palazzo venne sopraelevato, modificato internamente e la facciata fu adornata con stucchi pregiati oltre che con dipinti. Assunse pertanto l’aspetto odierno. Il piano terra fu adibito a botteghe, furono

PALAZZO FRANZONE Monica Gotta Photography

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la collina di Castelletto soprastante dove i giardini sono stati organizzati su più livelli ricavati su un versante della collina. Il disegno del progetto del ninfeo è conservato presso il Museo di Palazzo Rosso.

Via Garibaldi, 7 Nicolosio Lomellino edificò il palazzo tra il 1563 e il 1569 su un lotto di terreno acquistato dai Gentile. Come tanti palazzi subì diversi passaggi di proprietà e modifiche architettoniche che gli hanno dato l’attuale aspetto. Attualmente lo detiene la famiglia Bruzzo. Fu iscritto nel Rollo del 1576 degno di ospitare personaggi di alto rango quali papi, re e imperatori. L’architettura fu organizzata su due piani nobili, la sequenza atrio-androne-cortile si apre su Strada Nuova che porta al ninfeo, raffigurante il Mito di Fetonte, visibile appena entrati. Il ninfeo dona continuità tra il palazzo e

PALAZZO NICOLOSIO Stefano Zec Photography

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Palazzo della Meridiana Salita San Francesco, 4 Fu costruito tra il 1541 e il 1545 da Gerolamo Grimaldi Oliva, banchiere genovese oltreché mercante con interessi in Portogallo e in Spagna. L’edificio venne costruito in un’area per lungo tempo non urbanizzata, nonostante fosse vicina alla chiesa di San Siro (prima cattedrale suburbana, VI sec.). L’area, infatti, era poco accessibile e molto scoscesa, trovandosi alle pendici della collina di Castelletto quando non esistevano ancora né il tracciato né i Palazzi di Strada Nuova - oggi Via Garibaldi. Infatti l’entrata e la facciata principale si trovano su Salita San Francesco di Castelletto che, nel XVI, secolo

PALAZZO MERIDIANA Isabella Nevoso Photography

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era la strada frequentata (e unica) ma che ora risulta “laterale” rispetto alla viabilità principale. Fu il figlio di Gerolamo Grimaldi, Battista, che fece completare gli affreschi interni chiamando numerosi artisti tra cui Luca Cambiaso le cui storie di Ulisse adornano la sala di rappresentanza insieme al monumentale e imponente camino in marmo realizzato da Giovanni Battista Grimaldi, il Bergamasco. Nel 1786 in seguito all’apertura della “Strada Nuovissima”, oggi Via Cairoli, a collegamento con la Strada Nuova, venne realizzata l’attuale Piazza della Meridiana e in seguito rinnovata la facciata sud del palazzo su progetto di Giacomo Brusco (della vecchia facciata resta la documentazione grafica di P.P. Rubens che lo inserì nella sua opera “I Palazzi di Genova”, Anversa 1622). All’interno troviamo un maestoso lucernario liberty realizzato da Coppedè agli inizi del ‘900 quando il palazzo passo di proprietà a Evan Mackenzie che fece realizzare interventi per adeguare il palazzo alla nuova funzione per uffici. Particolari i vetri colorati su cui campeggiano i simboli delle città di Roma, Venezia e Torino, e tondi con le Caravelle di Colombo e di San Giorgio. Fu dichiarato Patrimonio dell’Umanità Unesco nel 2006, insieme ad altri 42 palazzi dei rolli.

Stupiti e soddisfatti di tanta arte e bellezza, concludiamo così la prima giornata dell’esperienza di Giroinfoto alla scoperta dei Palazzi dei Rolli. Nel prossimo numero scopriremo insieme altri palazzi e altre meraviglie nascoste nel tessuto urbano di questa “superba” città.

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Shoulder of Orion

Autore: Ludovico Balena Luogo: Hamilton Park, New Jersey guardando verso New York City Giroinfoto Magazine nr. 50


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La peculiare vista sul profilo dei grattacieli di Manhattan, unita alla presenza di fitte nuvole in movimento, mi ha portato a creare un'atmosfera dai colori freddi che possa portare alla mente scenari visti in "Blade Runner" o nelle varie rappresentazioni di "Gotham City".

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Museo Nuvola Lavazza Autore: Mario Alesina Luogo: Torino Giroinfoto Magazine nr. 50


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Palazzina Cinese Autore: Giuseppe Nastasi Luogo: Palermo

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ARRIVEDERCI AL PROSSIMO NUMERO in uscita il 20 Gennaio 2020

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Conoscere il mondo attraverso un obbiettivo è un privilegio che solo Giroinfoto ti può dare veramente.

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