N. 23 - 2017 | SETTEMBRE, Gienneci Studios Editoriale. www.gienneci.it
N.23
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- 2017 Settembre
giroinfoto www.giroinfoto.com
PARTIAMO PER
SCOUT LOCATION
Il territorio al servizio dell'immagine KASHMIR
I BAMBINI DEL PICCOLO TIBET Di Francesco Verolino
DISNEYWORLD STUDIOS - ORLANDO Scout location
7-14 OTTOBRE MAROCCO 29-30/01 SETT./OTT. NAPOLI
MONGOLIA DIARIO DI VIAGGIO
Di Lela Poleggi Photo cover by Francesco Verolino
WEL
COME 23 www.giroinfoto.com SETTEMBRE 2017
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la redazione | Giroinfoto Magazine
fotografare e viaggiare due passioni un’ unica esperienza Benvenuti nel mondo di Giroinfoto magazine©. Una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle bellezze offerte dal nostro pianeta. Una lettura attuale e innovativa, che accoglie, oltre i migliori professionisti della fotografia da reportage, anche le immagini e le esperienze di chiunque sia appassionato di viaggi e fotografia. Con i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, Giroinfoto magazine ha come obiettivo, essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la condivisione di migliaia di luoghi e situazioni sparsi per il nostro pianeta. Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Uno largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e testi, indipendentemente dal valore professionale dell'autore. Una raccolta di molteplici idee e progetti di viaggio, frutto delle esperienze e lavori eseguiti da esperti nel settore del reportage fotografico, che hanno saputo confrontarsi con le condizioni climatiche e socio-politiche, con le difficoltà imposte dalla natura, per catturare l'immagine e la spontaneità selvaggia della stessa. Troverete anche articoli tecnici, dove prendere spunto per ottenere scatti sempre perfetti e con idee sempre nuove per rendere le fotografie più interessanti. Giroinfoto.com© , con la sua rivista e la sua rete web è la più grande community di foto-viaggiatori che accoglie chiunque voglia condividere le proprie esperienze di viaggio o semplicemente farsi coinvolgere dai racconti pubblicati. Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti
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ANNO III n. 23 DIRETTORE RESPONSABILE HEAD PROJECT MANAGER Giancarlo Nitti CAPO REDAZIONE Paolo Buccheri SEGRETERIA DI REDAZIONE E REVISIONE Silvia Belotti CAPI SERVIZIO Roberto Giancaterina Matteo Bertetto Alessandro Scibilia Francesco Verolino REDATTORI E FOTOGRAFI Giancarlo Nitti Redazione Paolo Buccheri Redazione Francesco Verolino Redazione Giroinfoto Lela Poleggi Inserzionista Giroinfoto Roberto Giancaterina Gianluca Vignaroli Redazione Nadia Roncallo Inserzionista Giroinfoto Alessandro Braconi Inserzionista Giroinfoto LAYOUT E GRAFICHE Gienneci Studios PER LA PUBBLICITÀ: Gienneci Studios, Via G.Borgomaneri, 135 Milano - 20086 Motta Visconti. info@gienneci.it - hello@giroinfoto.com DISTRIBUZIONE: Gratuita, su pubblicazione web on-line di Giroinfoto.com e link collegati. CONTATTI email: redazione@giroinfoto.com Informazioni su Giroinfoto.com: hello@giroinfoto.com
Questa pubblicazione è ideata e realizzata da Gienneci Studios Editoriale. Tutte le fotografie, informazioni, concetti, testi e le grafiche sono di proprietà intellettuale della Gienneci Studios © o di chi ne è fornitore diretto(info su www.gienneci.it) e sono tutelati dalla legge in tema di copyright. Di tutti i contenuti è fatto divieto riprodurli o modificarli anche solo in parte se non da espressa e comprovata autorizzazione del titolare dei diritti.
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data di uscita 20 Settembre 2017
fotografare
e v ia gg iare due passioni un’ unica esperienza Giroinfoto Magazine nr. 23
INSIDE
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DISNEYWORLD Hollywood Studios Giroinfoto Scout Location
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KASHMIR I bambini del piccolo Tibet A cura di Francesco Verolino
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DIGA DEL GLENO I resti della tragedia A cura di Giancarlo Nitti
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SCOUT LOCATION Il territorio al servizio dell'immagine. Giroinfoto school
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MONGOLIA Diario di viaggio A cura di Lela Poleggi NELLA TERRA DEGLI AMISH
LAGO DI PILATO Una notte al lago
A cura di Gianluca Vignaroli e Roberto Giancaterina
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ARUNDEL La provincia Inglese
A cura di Paolo Buccheri
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FOTOEMOZIONI Questo mese con:
Storie di altri tempi
A cura di Nadia Roncalllo
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THE GIANT'S CAUSEWAY Un luogo magico
A cura di Alessandro Braconi
Cinzia Marchi Mattia Bonavida Fulvio Galeota Ivan Mirko Castagna Sergio agrò Giuliana Mastromanno Tino De Luca Vittorio Notturno Lorenzo Pipi
PUBBLICA
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VI PRESENTIAMO
I NOSTRI
NUMERI
E' con orgoglio che pubblichiamo le statistiche e i volumi qui presenti relativi alle analisi aggiornate al mese di: Settembre 2017
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Articoli totali sul magazine
Articoli pubblicati dagli utenti
Nuovi inserzionisti
Foto singole pubblicate
Copertura degli articoli sui continenti
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ARTICOLI
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ARTICOLI
77% 16% 0,5%
ARTICOLI
1,5% 1%
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Dove viene letto Giroinfoto magazine
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ARTICOLI
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Orlando, nello stato della Florida ospita l'immenso complesso di parchi gioco dedicati a Walt Disney.
Disneyworld.
Uno dei parchi piÚ importanti, anche se il terzo ad essere stato costruito è Disney's Hollywood Studios, che ricalca le tematiche di casa Disney solo ed unicamente dal punto di vista cinematografico.
FLORIDA
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S C O U T L O C AT I O N
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1 2 3 GEOGRAFIA
PERIODO
CONTENUTI
U.S.A. Florida Orlando 351 S Studio Dr, Lake Buena Vista, FL 32830
Permanente.
Parco giochi Visite guidate Attrazioni
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4 5 6 FOTOGRAFIA
NOTE
SCOUTING
Fotografia documentale, sreet.
Ingresso a pagamento. La location richiede almeno un'intera giornata per una visita.
Questa scout location e le fotografie sono state realizzate nel mese di Luglio 2014 da Giancarlo Nitti.
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Disney's Hollywood Studios LA STORIA
Il parco Disney's Hollywood Studios, prima del 2008 Disney's MGM studios, venne aperto il primo maggio del 1989 con inizialmente un'offerta su pochissime attrazioni e troppo semplici e deludenti scenografie rispetto agli altri parchi del complesso. Nel 1994, avvenne una vera svolta per il parco, con la costruzione di tante altre attrazioni tra cui la Tower of Terror, che ebbe talmente tanto successo da costruirla in quasi tutti i parchi Disney a venire. Successivamente vennero integrati molti spettacoli, da uno show dedicato a La Bella e la Bestia a Fantasmic! e per diversi anni il parco ebbe una crescita costante in termini di attrazioni e pubblico soddisfatto. Oggi D.Hollywood Studios conta circa 10 milioni di visitatori l'anno.
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Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 23
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LE ATTRAZIONI
DISNEY'S HOLLYWOOD STUDIOS Oggi, sono molte le attrazioni offerte da questo meraviglioso parco, tra le più famose troviamo la Tower of Terror con le sue bellissime scenografie con effetti speciali in un hotel abbandonato che da una normale gita si trasformerà in una fuga senza fine verso l'uscita. I leggendari Muppet show con tanto di museo e spettacolo per rivivere il varietà animato dai simpaticissimi pupazzi che hanno fatto la storia televisiva e cinematografica degli anni '80. Toy Story Mania, inaugurata nel 2008 è una delle più belle del parco e l'ambientazione è basata sul film d'animazione Toy Story. Nel parco ci sono molti richiami a stand di telefilm e film targati Disney come Indiana Jones, Roger Rabbit, la bella e la bestia, il mago di Oz e tanto altro. Interessantissimo lo "Studio Tram Tour", un treno farà scoprire, all'interno degli studios, i segreti di Hollywood e di tutti i suoi BackStage.
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A cura di FRANCESCO VEROLINO
I BAMBINI DEL KASHMIR Gli occhi piĂš buoni del mondo. Piccole anime felici nel paradiso inaccessibile del Piccolo Tibet Indiano.
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Francesco Verolino photography Giroinfoto Magazine nr. 23
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I BAMBINI Del Kashmir
Non mi sarei mai aspettato che un viaggio alla ricerca di storia e cultura molto differente dalla mia, come quella presente nella remota regione dello Zanskar, ponesse la mia attenzione sui bambini. Sono arrivato a Srinagar dopo aver preso un volo da Roma per Delhi. A Srinagar un arrivo burrascoso tra diversi episodi di guerra civile, la paura dell’autista che si districava nelle strade della città avendo fretta di sottrarci dal rischio di una città in sommossa. Era iniziata l’avventura che non mi sarei mai aspettato per le sfumature differenti e, soprattutto, per una scoperta profonda di una parte di me che avevo dimenticato. Il proprietario della House boat che ci ospitava, ci consiglia di raggiungere il lago per trovare qualche scatto tipico. Il tramonto offriva una luce unica e, anche se stanco, monto il mio Sigma Art 24mm f1.4 su Canon Eos 6D e mi incammino. Mi aspettavo un tour di qualche ora che inquadrasse la città e le vecchie House boats ormeggiate lungo tutto il lago e magari qualche scorcio tipico. In un momento era sparita la confusione della guerra civile e ci eravamo proiettati in un altro mondo, facendomi comprendere che quella calma era la normalità di quel posto.
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25 La barca si muove spinta solo dalla forza delle braccia del signore che ci accompagnava con una andatura leggera e silenziosa sulle calmissime acque del lago, in un contesto sociale molto differente, quasi isolato, con ritmi diversi da quelli della città. Strano perché il lago è nella città ma ha altri colori, un altro tempo, molto più antico. Chiediamo alla guida di vedere persone, case tipiche, di aiutarci a soddisfare la Nostra curiosità, senza, forse, neanche ben sapere cosa cercavamo. Da lontano scorgiamo un piccolo approdo con un piccolissimo edificio dal quale uscivano bambine. Era una scuola. Scendiamo dalla piccola barchetta colorata e vediamo le persone che si muovono leggermente intimorite ma, come poi capirà in tutto il viaggio, accoglienti nei modi e disponibili a conoscere, incontrare e anche posare per la macchina fotografica. La scuola era piccola, forse un’aula e basta, molto lontana dalle scuole alle quali siamo abituati, una lavagna, un tappeto e solo due piccole finestre. Anche il vociare delle persone è silenzioso, come il lago. Tutto dava l’idea di una grande compostezza. Il piccolo borgo si attiva e le persone iniziano ad avvicinarsi. Tra di loro una bambina. Piccola, più incerta tra le varie della piccola scuola femminile musulmana. Velo verde, occhi grandi, sguardo serio.
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Qui iniziava il mio viaggio.
Inaspettato viaggio alla ricerca di anime dei bambini di quei posti. Srinagar è una metropoli di 1,9 milioni di abitanti. Lo stato più diffuso è quello della povertà. Internet è un lusso di pochi, e in quel periodo di nessuno. A causa della guerra civile, infatti, il governo aveva sospeso il funzionamento di internet per evitare che i rivoltosi si organizzassero attraverso facebook e whatsup. Non avevo mai riflettuto sul fatto che i social potessero rappresentare un mezzo di intelligence o un’arma. Forse proprio questo è stato uno degli aspetti che mi ha più incuriosito in tutto il viaggio. Nel digital divide (o divario digitale come la distanza esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso) ho sempre pensato di essere la parte avvantaggiata perché nelle Nostre zone, internet è presente e un computer costa 150 Euro. Ma non mi era mai capitato di pensare che proprio l’accesso alla tecnologia dell’informazione è un elemento che appiattisce, per certi versi, il nostro modo di essere. Questi bambini mantengono una loro naturalezza proprio perché non connessi, proprio per questa caratteristica giocano, socializzano, stanno insieme e si aggregano fisicamente. Certamente internet è il futuro e ben venga che tutti abbiano a disposizione un così fantastico strumento di comunicazione, tuttavia è bello pensare che una parte di noi mantenga una socializzazione integra, originaria. La bambina di un piccolo villaggio, visitato il giorno dopo, sempre in una gita sul lago di Srinagar, appartiene ad una comunità di 5 case, unica via d’accesso l’imbarcazione e il lago. La bambina vive in una povertà assoluta avvolta da aria di felicità. Gioca con una bambina della casa vicina. Occhi vispi. Sguardo profondo, non si è mai allontanata. Le piace posare avanti la macchina fotografica.
Questi sono i bambini della città. Vivono in case di cui ricorderò sempre la dignità. In contesti aperti cancellati da società ipercivilizzate. Questo è un altro confronto che fa male. Il Nostro modello sociale è di inclusione, il nucleo familiare è isolato dal contesto fino al punto che, in molti casi, non conosciamo i Nostri vicini di casa ed evitiamo contatti e incroci di sguardi. Questo primo importante approccio dà la corretta definizione di comunità, contesto di condivisione sociale. Ci incamminiamo verso Kargil, città della regione di Jammu and Kashmir, al confine con l’Afghanistan, percorrendo una delle 10 strade più pericolose al mondo. Basti pensare che, superati i primi 30/40 km la strada diventa completamente non asfaltata si inerpica fino ad avere uno strapiombo di oltre 1000 metri sul lato della strada, ovviamente senza guardrail. Il Nostro furgone percorre la strada per oltre 8 ore, in uno scenario fantastico e al quale non sono abituato, arriviamo a Kargil in serata. Su tutto il tragitto incrociamo nomadi, camion, pastori, una civiltà in movimento, ordinata, silenziosa. Ai bordi di strada, di tanto in tanto degli addetti alle riparazioni di strade improponibili, dove la velocità media è di 11 km/h. Incontriamo una famiglia, madre, padre e due bambini, massimo 3 anni, con circa 20 capi di bestiame. Alcuni asini stracarichi dei loro averi. Quello il loro mondo, a oltre 3000 mt di altezza. In un villaggio, prima di arrivare a Kargil una bambina espressiva, disponibile a posare come un’attrice, in abiti di casa, in una casa con il padre e la madre e un fratellino piccolo. La bambina aveva gli occhi più espressivi fino ad allora incrociati nel mio pur lungo cammino di oltre 49 anni di vita.
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Kargil è una piccola città. Frenetica, commerciale e caotica. Tutti suonano il clacson delle auto, dei motorini, dei camion. Dormiamo una notte e il giorno dopo riprendiamo il viaggio verso la valle dello Zanskar. Ma questo non prima di cercare altre piccole anime. Anche in Italia, guardo i bambini entrare a scuola e mi emozionano, un po' perché mi ricordano mio figlio, quando andava alle materne o alle elementari, e mi proiettano anni indietro, in un periodo molto felice della mia vita, un po' perché sono l’emblema del dovere e di come per Noi tutti sia importante la cultura, la socializzazione con i Nostri coetanei o con persone che hanno gli stessi interessi. Nella regione di Jammu and Kashmir, le scuole sono importantissime. Anche nei villaggi di 10 case c’è una scuola governativa. Tutti i bambini hanno una divisa, molto elegante, a volte Giroinfoto Magazine nr. 23
con cravatta e pantaloni con le pences, tutti i bambini hanno un sussidiario che trattano con grande cura. In aule fatte di quattro mura e due finestre, una lavagna, un gessetto di un centimetro, un grande tappeto, e basta, i bambini sono divisi, nella migliore delle ipotesi per età, ma non di rado ho trovato, in alcune scuole, un’unica aula con una classe eterogenea con bambini dai 5 ai 14 anni.
Nel tragitto verso la valle dello Zanskar, in una scuola di un villaggio con 30 case, un’aula con 5 bambini. Questa fotografia mi dà il sapore di chi cresce insieme, di chi si sposa perché predestinato con un compagno delle elementari, di due cuginetti che vanno a scuola insieme.
29 Mi ricorda la ciotola di riso, le madri nei campi. Mi ricorda che i bambini sono il Nostro futuro, e che dobbiamo fare tutto il possibile per fargli trovare un mondo migliore. Un’emozione incredibile che oggi dura il tempo di un ricordo e lì è durata il tempo di uno scatto. Troppo poco. Troppo, troppo, poco.
Lì hanno tante risorse importanti, acqua ed erba, e sono pochi. Posso assicurare che fanno un’attenzione impossibile anche ad un solo litro d’acqua. Qui siamo tanti, non abbiamo più risorse. Per noi il valore di un litro d’acqua è pari a 0. Un filo d’erba è il “nulla”. Ma noi siamo tanti e non abbiamo il rispetto delle risor“Se tutti viaggiassero, il mondo sarebbe migliore”. se. Noi consumiamo, non conserviamo. Loro sono più forti. Sono abituati a sopravvivere, noi Credo che i Nostri figli debbano vedere certe cose. viviamo. Ignoriamo l’importanza della risorsa perché Ogni km verso la valle dello Zanskar, mi fa comprende- siamo nati in un contesto consumistico che ha utilizzare che la “risorsa” per loro è fondamentale. Lì c’è tanta to risorse di tutto il mondo. acqua e sono pochi, eppure per loro è importante non Tutto questo, credo, li rende felici, profondamente felici, sprecarla. eppure vivono molto meno di Noi, lì fa freddo e soffrono Lavorano per un chicco di riso, non uccidono gli ani- la fame, se non fanno attenzione o un inverno è partimali perché forniscono latte, lana e anche sterco per colarmente lungo. riscaldarsi. Non hanno beni, auto, smartphone, etc. Nulla. Hanno Un filo d’erba è importante perché nutrimento per il una spiritualità molto forte e sono concreti. bestiame e perché, rende combustibile lo sterco che è Il bambino nella foto in basso è il figlio di un medico di bruciato nelle stufe in inverno. un villaggio di 20 case. Lì hanno tanta erba, tanti animali, ma superano l’inver- E’ dopo cena. Lui studia in cucina, da solo, avanti alla no solo grazie allo sterco. stufa, seduto per terra. Il giorno dopo, un monaco budLa vita a quasi 4000 metri di altitudine è dura e non si dista passa a prenderli e li porta a scuola. supera senza mutuo soccorso della comunità.
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A distanza di oltre 16 ore di auto da Kargil, si apre avanti ai miei occhi,
LA VALLE DELLO ZANSKAR Un ecosistema chiuso e inaccessibile per oltre 8 mesi l’anno. La neve blocca l’accesso e le vie di comunicazione con la comunità. Un isolamento che conserva, o meglio preserva e mantiene invariate nel tempo le tradizioni, gli usi e i costumi di quella popolazione. Nella valle dello Zanskar la città di Padum e il Monastero di Karsha. Sono tornato due volte nel monastero. Era bellissimo e mi auguro di ritornare. Una vista bellissima e una atmosfera inimmaginabile per un europeo. Nella cucina, un bambino, che poi ho saputo, essere la reincarnazione di un Lama. Un bambino con tanti privilegi in un ambiente particolare, per luce e atmosfera. Il bambino ha una fiera consapevolezza del Suo status è interpreta il ruolo in modo impeccabile.
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Il ritorno è duro, traumatico. Forse ci si abitua troppo velocemente alle cose belle, anche se sono differenti dal nostro modo di vivere. LÏ ho pensato tante volte la mia vita in quel contesto ambientale, sociale. Mi sono chiesto se per me poteva essere possibile sopravvivere o vivere in quelle situazioni e se l’avrei fatto.
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I BAMBINI Del Kashmir
Oggi so che se sono tornato è perché qui ho una famiglia, ma sono convinto che il Nostro modello di vita non sia migliore rispetto a quello degli abitanti dello Zanskar o di tanti altri posti al mondo. Devo ammettere che è duro dimenticare gli occhi profondi, quegli sguardi innocenti, quella povertà intesa come attributo di enorme valore. A chiusura due immagini alle quali sono particolarmente affezionato. La prima una bambina in una scuola, sulla via del ritorno verso la città di Leh, a circa un giorno di viaggio. Mi ricorda la disciplina.
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La seconda due bambini che camminano a Leh al ritorno dalla scuola, verso casa. Con le loro divise ordinate, un passo celere e deciso li riporta verso casa. Poca distanza in chilometri e tempo, eppure quanta diversitĂ rispetto ai piccoli monaci che devono vivere 30 mesi lontani dalle famiglie.
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I BAMBINI Del Kashmir
La diversità. Mi piacerebbe che i Nostri bambini leggessero l’articolo per capire che esistono diversità e che Noi, loro, e tanti altri in altre zone geografiche, camminiamo tutti sulla stessa terra. Siamo tutti uguali. Tutti dobbiamo apprezzarne le diversità, che non sono altro che sfumature infinitesimali di qualità bellissime. Ciao bambini dello Zanskar a presto.
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DIGA DEL GLENO Resti di una tragedia
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COME ARRIVARE Qualche difficoltà per raggiungerla ma nulla di serio. Una passeggiata nell'alto bergamasco leggermente impegnativa che unisce la bellezza della natura della Val di Scalve al ricordo della tragedia del crollo della diga avvenuto il 1° dicembre del 1923. Per raggiungere questa location bisogna arrivare alla frazione Pianezza (1267 mt) del comune di Vilminore di Scalve (BG).
Da questo grazzioso paesino parte un seniero verso una mulattiera che porta fino a quota 1500 mt. Da questo punto, il sentiero diventa quasi pianeggiante attraversando uno spettacolare tratto scavato nella roccia a strapiombo sulla valle. Proseguendo sul camminamento si arriva ai ruderi della famosa
diga del Gleno a 1534 mt.
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La tragedia La diga fu realizzata tra il 1916 e il 1923. La struttura di circa 260 metri, con architettura ad archi multipli, era stata costruita per contenere 6 milioni di metri cubi raccolti in un lago artificiale a monte alimentato dai torrenti Povo, Nembo e da altri affluenti minori e doveva servire per produrre energia elettrica per i paesi sottostanti. In quegl'anni era l'unico esempio al mondo di diga mista a gravità ed archi multipli. Nell'ottobre del 1923 il bacino artificiale si riempì a seguito delle violenti precipitazioni. Vi furono problemi negli scaricatori superficiali ma soprattutto si innescarono massicce perdite d'acqua alla base delle arcate sovrastanti il tampone a gravità. La diga non poteva dirsi ultimata e ancora numerosi interventi edili dovevano essere portati a termine. Il cattivo tempo perdurò anche nella seconda metà di Novembre fino al 1° dicembre 1923 alle 6.30, quando il guardiano della diga avvertì un moto sussultorio violento della terra. Alle 7.15, avvenne il crollo delle dieci arcate centrali della Diga con l'esplosione di una massa d'acqua di volume compreso tra 5-6 milioni di metri cubi iniziò la sua discesa travolgendo i paesi di Bueggio e Dezzo fino ad arrivare ad Angolo, Darfo e Boario.
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Oggi Attraverso il sentiero 411 della val di Scalve si può arrivare ai ruderi della diga e godersi il fantastico panorama. La location è accessibile anche con i cani e si trova, nel periodo estivo, anche un piccolo bar a terrazza per un'eventuale ristoro. Tempo di percorrenza dalla frazione di Pianezza circa un'ora.
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7 - 14 OTTOBRE Nelle regioni del mondo, dove ci conduce la nostra ricerca, gli spazi sono infiniti. Ci fa nuovamente compagnia un pio pellegrino o studioso itinerante di nome Ibn Battuta. E' l'anno 1325 quando inizia il nostro viaggio, una grande, straordinaria ed unica avventura, al di sopra della mediocrità , tra le cose degli uomini, le migliori e le peggiori. Il nostro è in questo senso un invito alla libertà , un invito da cogliere al volo, se non altro per l'illustre compagnia di un uomo che molti onorano quale il massimo viaggiatore dell'epoca pre-moderna: egli ci racconta dunque una storia che noi vogliamo ascoltare: quella del proprio paese. In collaborazione con:
PRENOTA LA TUA SCOUT LOCATION visita il sito www.giroinfoto.com Giroinfoto Magazine nr. 23
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Il territorio al servizio dell'immagine
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La scout location photography è un ambito professionistico molto complesso del mercato della fotografia che utilizza quest'ultima come risultato di una ricerca geografica di luoghi, condizioni e situazioni adatte a contestualizzare un prodotto come un film, uno spot pubblicitario, un set fotografico o un evento. Purtroppo in Italia non è un servizio troppo richiesto, in quanto, spesso o quasi sempre, le aziende che operano nel settore dell'immagine, della pubblicità e della cinematografia, si
abbandonano alla casualità, adattando alla benemeglio il risultato alla location piuttosto che investire per cercare una location ad hoc che valorizzi il risultato. Ma questa storia già la conosciamo rivedendola un po' in tutti gli ambiti professionistici. Questo tipo di servizio è estremamente delicato e determinante per la riuscita del progetto finale, per qualsiasi titpo di prodotto che utilizzerà un'immagine per valorizzarsi sul pubblico.
Questo argomento è stato già trattato in modo generico sul numero 1 di questa rivista a titolo di presentazione delle tematiche principali del magazine stesso. Infatti, tutta la nostra attività editoriale si fonda sulla ricerca di luoghi dal punto di vista fotografico che in realtà potrebbero essere spunti per l'industria turistica, cinematografica e documentariale. Invece, in questo articolo tratteremo l'argomento in maniera tecnica analizzado i contenuti erogati dal servizio ed il suo il workflow.
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CHI RICHIEDE I SERVIZI
DI SCOUT LOCATION Come abbiamo già detto, qualsiasi azienda lavori con l'immagine, fondamentalmente necessita di questo servizio professionale. Prendiamo quindi in esame, come esempio, l'industria cinematografica. La casa produttrice in accordo con il regista, decide di sviluppare il soggetto di un film o di uno spot pubblicitario. Viene quindi redatta la scenografia che accompagnerà il soggetto nel copione. All'interno della scenografia, verranno menzionati oltre ai dialoghi e alle azioni degli attori anche le location dove girare le scene che si chiameranno "set". A questo punto entra in scena lo scout location, il quale studierà i diversi set e individuerà le location attraverso una ricerca geografica e sopralluoghi in cui produrrà materiale fotografico a seconda delle esigenze, corredandolo da un report tecnico sulla logistica, le condizioni tra cui luce, clima e quanto utile per la perfetta riuscita delle riprese. La figura dello scout location, con i suoi servizi è richiesta anche in commissioni molto semplici come la ricerca di una location per l'ambientazione di un'evento, dove attraverso una serie di sopralluoghi sia di esterni che di interni, si individueranno il luoghi che ospiteranno un'allestimento e che sia in linea con la tematica dell'evento stesso. Molte agenzie e operatori della scout location lavorano, grazie agli anni di esperienza, su repertori dove si vanno ad individuare unicamente i luoghi che potrebbero interessare al cliente e lavorando poi su dei report tecnici diversi con i sopralluoghi ad hoc.
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PERCHE' LO SCOUT LOCATION
E' UN FOTOGRAFO E non solo.
La figura dello scout location è molto complessa e richiede un grado di preparazione molto alto, non solo in fotografia, ma anche in altri campi della comunicazione e della ricerca. Per adempiere ai doveri professionali sul lavoro commissionato e risolvere tutte le problematiche di produzione, lo scout loc. deve intervenire con un preciso workflow (processo di lavoro). Il risultato finale da consegnare al cliente è la fotografia, intesa come prova concreta dell'esecuzione del lavoro con tutti i crismi richiesti. A tal proposito è naturale, che chi opera in questo settore deve essere un'ottimo fotografo per essere in grado di riprodurre l'idea progettuale al meglio soddisfacendo le esigenze di produzione con tutti i vincoli del caso. Utilizzo di precise ottiche, inquadrature particolari, trattamento delle condizioni di luce ed eventuale color-correction o post-produzione, sono le basi su cui il fotografo da scout loc. deve destreggiarsi disinvolto. Noi tutti siamo abituati ad ammirare o eseguire fotografie di grande impatto, gestite da una vena artistica e senza restrizioni. Immaginate di dover ottenere lo stesso risultato qualitativo ma con grossi vincoli dettati dal cliente. Ecco perchè lo scout loc. non può essere un semplice fotografo e deve essere preparato a 360° sulle diverse facce della fotografia nei suoi diversi stili ed interpretazioni.
Ma non è finita qui.
Si è parlato fin'ora del prodotto finale, la fotografia.
Ma quelle fotografie che verranno prodotte, faranno parte di un progetto che spesso segue delle linee di comunicazione aziendale dettate dall'art director referente e non bisogna stupirsi che spesso capiti che chi si occuperà dell'immagine finale sia anche colui che la predispone. In ogni caso, Scout loc. e Art director devono parlare la stessa lingua e adoperarsi con competenza sulle tematiche inerenti alle scelte comunicative e di marketing. Conoscere l'immagine coordinata, i sistemi di comunicazione, il posizionamento le tendenze di target dovranno essere competenze ulteriori di chi fa questo mestiere. Ma non abbiamo ancora menzionato l'aspetto più importante del lavoro.
La ricerca della location.
Fondamentalmente lo scout loc. è un gran viaggiatore, ma purtroppo l'idea di viaggio per un certo tipo di lavoro non è mai come la intendiamo normalmente. Sovente capita di imbattersi in situazioni di disagio e difficoltà, anche rischiose, dove le capacità di adattamento e di reattività al problem solving diventano strumento di sopravvivenza per una figura professionale come questa. Chi lavora in questo ambiente si imbatte in esperienze che quasi sempre vanno al di là di un normale iter di carriera trovandosi a diventare e sperimentare un po' di tutto: Pilota, paracadutista, navigatore, rocciatore, mungitore, musher, insettivoro e chi più ne ha, più ne metta. Ampia conoscenza dei territori, grande spirito di adattamento, resistenza allo stress e buona forma fisica diventano ulteriori qualità indispensabili per uno Scout location.
Matteo Bertetto photography Giroinfoto Magazine nr. 23
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SCOUT LOCATION
IL WORKFLOW Cambiano le location, cambiano i clienti e le richieste, ma l'unica cosa a non variare nel lavoro di uno scout loc. è il processo di lavoro, il così detto workflow. Analizziamo quindi gli step obbligati che si devono eseguire in una commissione di scot location.
STEP 1
BRIEF L'ingaggio inizia con un'INCONTRO con il cliente dove esporrà tutte le idee di progetto e le necessità di produzione. Spesso i briefs non si limitano ad uno soltanto, ma ad alcuni, per poi chiarire i termini del servizio e la comprensione del prodotto con un'eventuale direttore marketing, art director, regista o sceneggiatore.
STEP 2
ANALISI DELLE LOCATIONS Definito il risultato da ottenere si procede ad una ricerca della location o delle locations adattabili ad un repertorio di servizi già eseguiti. Più esperienza si ha e più probabilità si avrà di evitare un'interminabile studio di ricerca. Nel caso non si trovi nulla di adattabile bisognerà studiare le esigenze di produzione individuando una serie di locations probabili.
STEP 3
INDIVIDUAZIONE DELLA LOCATION Dopo una serie di ricerche e studi sulle locations si identifica il luogo su cui lavorare, raccogliendone tutto il materiale informativo possibile ed in linea alla richiesta. Si propone quindi al cliente il sopralluogo mettendolo a budget.
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STEP 4
ORGANIZZAZIONE DEL SOPRALLUOGO Si approfondiscono tutti gli aspetti per la perfetta riuscita della "spedizione". Logistica, informazioni socio-politiche, movimenti e supporti, risorse, materiale necessario, ecc. Si crea quindi una tabella di marcia ed un programma da eseguire in loco una volta sul posto.
STEP 5
SOPRALLUOGO Ovviamente la parte più importante del worflow. Più dettagliato sarà il programma di esecuzione e meno imprevisti ci saranno, escludendo il fattore nullo per quest'ultimi. Nelle possibilità, bisognerà mantenere una linea diretta con la produzione per essere sicuri di non produrre materiale non di gradimento ed evitare di ritornare sul posto. Sarà importante prendere appunti dettagliati sui report tecnici per poi presentarli chiaramente al cliente.
STEP 6
PRODUZIONE Rientrati con il materiale, bisognerà trattarlo allineandolo alle richieste di produzione con eventuali correzioni o post-produzione. Seguirà una lunga serie di incontri per sistemare il materiale ed eseguire la linea di produzione con le direttive sui report tecnici.
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Veniero Amprino photography Giroinfoto Magazine nr. 23
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Come abbiamo visto lo Scout location è un mestiere molto complesso che richiede competenze ed attitudini non comuni. Ma come in tutte le cose, la passione oltrepassa qualsiasi ostacolo, le difficoltà diventano divertimento ed il rischio diventa adrenalina di cui non ne puoi fare piÚ a meno.
Giancarlo Nitti
Direttore responsabile Giroinfoto magazine
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Diario di viaggio A cura di Lela Poleggi
Sabato, 22 luglio sono le 13.30. L'A330 di Air China è pronto sulla pista. Il monitor sta trasmettendo le istruzioni di sicurezza: è tutto in cinese, non si capisce nulla! Stiamo per lascire la 'comfort zone'... Domenica, 23 luglio 4.40 ora locale di Beijing, stiamo iniziando l'atterraggio nella capitale cinese. Dovremmo arrivare fra una mezz'ora. Dormitina sulle chiases lungues dell'aeroporto di Beijing in attesa della coincidenza per Ulan Baatar. Ci sono tanti cinesi, parlano in continuazione, continuo a non capire nulla di quello che dicono! Per andare in bagno ci si mette in fila dietro alla linea gialla che c'è sul pavimento. I controlli al metaldetector sono capillari. Ci fanno vuotare gli zaini: macchine fotografiche, cellulari, batterie, cibo, spazzolini da denti... l'unico che può restare al suo posto è Arturo (il mio topo di pelouche)! Ci sono degli strani contenitori dalla forma vagamente ovale. Li apri, ti ci sdrai dentro e li richiudi. Ci sono dei piccoli buchini sul coperchio così mentre dormi puoi respirare... E i distributori di acqua erogano acqua bollente, così se hai la bustina ti puoi preparare il the! Imbarco per UB effettuato in perfetto orario, ma ci fanno scendere. Il meteo non consente il decollo! Quale meteo poi?? Qui a Beijing è nuvolo e a uB c'è il sole... Con un'ora circa di ritardo ci fanno reimbarcare, ma quando arriviamo all'aereo le hostess ci rimandano indietro. Altri 40 minuti al gate. Nessuna hostess di terra parla l'inglese (!): sanno solo dire 'no time', che più omeno significa che non si sa quando si parte. Faccio conoscenza con una cinesina che invece parla un ottimo inglese e mi dice che Air China fa sempre così e che "this is China!"... Poi mi chiede se è la mia prima volta a UB, mi dice "Good Luck!" e mi da il cinque!! Con quasi due ore di ritardo ci imbarchiamo di nuovo... Chissà?? Forse è la volta buona? Ehhhh no... troppo traffico! Aspettiamo talmente tanto lo slot a motori accesi che dobbiamo tornare al terminal per rifare il pieno di carburante. Nel frattempo ci servono la colazione... è mezzogiorno e un quarto... di nuovo si riprova a partire... Chissà?? Evviva! Alle 12.45 finalmente si decolla, con oltre quattro ore di ritardo! Giroinfoto Magazine nr. 23
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FINALMENTE IN MONGOLIA Atterriamo poco prima delle 15. Pratiche velocissime per la dogana e per il ritiro bagagli. Un piccoletto con in mano il cartello del nostro Tour Operator Mistral ci sta aspettando. Si chiama Aruka, ha la faccia simpatica. La nostra auto ha il volante a sinistra e si guida a destra come in Italia, le altre auto hanno quasi tutte il volante a destra... pare siano auto di seconda mano e arrivino dal Giappone... Aruka ci porta al Grand Hill Hotel, in centro città dove ci sta aspettando Batzezeg, una giovane ventinovenne. Sarà la nostra guida durante questo viaggio. Ci concede ben dieci minuti di tempo per portare in camera le valigie e darci una rinfrescata. Torniamo nella hall e incontriamo i nostri compagni di viaggio Sandro e Antonio. La prima visita è per il Bogd
Khan, il palazzo
d'inverno, con il sontuoso portone di ingresso realizzato senza l'utilizzo di chiodi ma con 108 incastri (108, numero sacro per il buddhismo). Facciamo sosta in banca per cambiare qualche tugruk, sperimentiamo il market di fronte all'albergo e rientriamo al Grand Hill per riposarci un po'. Siamo alla stanza 416, Sandro ed Antonio sono alla 418. Quarto piano, l'ascensore ci arriva, al secondo e al terzo invece no, non ci arriva. La cena è al sedicesimo piano e l'ascensore non arriva nemmeno lì, ci devi arrivare con la scala dal quindicesimo. Batzezeg cena con noi e poi ci saluta prima del dolce. Nel pomeriggio le abbiamo dato dei soldi che userà per comprare regali da portare ad alcune famiglie mongole che visiteremo nei prossimi giorni.
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66 lunedì, 24 luglio L'interrogaivo è: saranno arrivate le valigie da Mosca? Si, perchè noi abbiamo avuto quattro ore di ritardo con Air China, i nostri compagni di viaggio sono arrivati quasi puntuali con Aeroflot, ma senza bagagli... Ahhhh, come inzio di tour non c'è male! Passiamo la mattinata al Monastero Buddhista di Gandan, il più grande e frequentato di tutta la Mongolia, con oltre 400 monaci. Assistiamo alla preghiera. C'è una enorme statua alta 26 metri, non è Buddah, bensì uno dei suoi Dei: Megijd Jansaireg, il dio che guarda ovunque. Il Dalai Lama è considerato la sua reincarnazione. Lasciamo il monastero e facciamo sosta in periferia in un grande supermercato, per fare provvista di acqua e comprare roba da toilette per Antonio e Sandro. Poco prima delle 13 siamo al campo tendato di Hustai. Khustai Ger Camp, gher numero 10, molto carina. C'è la corrente quindi posso ricaricare la Canon. C'è una gigantesca teiera, non c'è il wi-fi... anzi, non c'è proprio campo! Durante la nostra passeggiata in cima alla collina di fronte al campo troviamo una coppia di backpackers, lei è canadese, di Victoria, lui è 'americano' (lo dice lei... senza specificare di quale nazione... come se non fosse americana anche lei?!?).
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Stanno campeggiando lassù, in mezzo alle centinaia di cavallette e agli strani animali con i lunghi pungiglioni! Verso le 17.30 partiamo in auto per andare ad avvistare i cavalli Takhi, gli unici equini selvatici esistenti al mondo che non sono mai stati a contatto e non si sono mai incrociati con altre specie. Il video su flora e fauna della zona che vediamo subito prima di partire interessa abbastanza poco più o meno a tutti. Il paesaggio del parco di Hustai è bello, i cavalli non si avvicinano molto e dobbiamo acconentarci di fotografarli col tele... Intanto, inauguriamo la bottiglia di vodka, che Batzezeg chiama 'la medicina' e che concluderà tutte le nostre cene (quasi). Oggi abbiamo percorso 150 km di cui 50 di pista. Domani ce ne aspettano 290 per arrivare fino a Kharkhorin. Nel frattempo abbiamo una coinquilina: una gatta un po' cicciotta si è infilata nella nostra gher e non ne vuole sapere di uscire! Fa meno freddo di quello che pensavamo... la base della gher è piena di pertugi da cui passa l'aria e la gatta è libera di entrare ed uscire...
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marted,ì 25 luglio Dopo esserci alzati tre volte nel corso della notte per andare in bagno con la torcia, fra lampi, pioggia e vento, arriva la mattina... siamo tutti svegli poco dopo le sei. Ci presentiamo a colazione prestissimo. Quando finalmente sul tavolo del buffet oltre al cibo arrivano anche i piatti possiamo mangiare! Alle 8 siamo già in partenza... Nel frattempo al campo è arrivata la telefonata di Mistral: le valigie di Antonio e Sandro sono arrivate!! Ad Antonio non lo diciamo... Avrà la sorpresa per strada ad una ventina di km dal campo, quando lungo la pista una jeep che arriva in direzione opposta si ferma per effettuare la consegna! Viaggiamo in direzione Kharkhorin, l' antica capitale Karakorum. Il paesaggio è stupendo. Poco dopo l'abitato di Lun ci si presentano scene di vita di campagna meravigliose... il fiume, i cavalli, le mandrie al pascolo... il gregge che blocca la circolazione stradale... Un altro gregge... ed Aruka aiuta il pastore in motocicletta a portare gli animali dall' altro lato della strada! Sosta per la cerimonia benaugurante intoro all' Ovoo: prendiamo tre sassi e facciamo tre giri intorno a questa montagnola di pietre lanciando ogni volta un sasso sul cumulo di pietre che già ci sono... A forza di soste fotografiche arriviamo al campo di Kharkhorin alle 13.30.
Alloggiamo all' Ikh Mongol Ger Camp. Prima pranziamo e poi prendiamo possesso delle gher. Siamo alla numero 20. Sandro e Antonio sarebbero dovuti essere alla 19, ma il loro copritetto col vento faceva rumore e Antonio si lamentava così Batzezeg ha fatto cambio tenda con loro cedendogli la 21. I letti sono durissimi e i cuscini hanno i chicchi di riso dentro... sarà dura dormire stanotte! C troviamo a 370 km da UB. C'è il sole e fa piuttosto caldo, per fortuna si sta alzando un po' di vento! Le docce sono caldissime... meno male: ieri ad Hustai erano freddine... Cinquanta minuti di passeggiata prima di cena per fotografare i tetti colorati delle case di Kharkhorin e poi fino al ponte per scendere al fiume Okhron. Al campo a cena ci portano il riso impiattato a forma di cuore con il 25 scritto con la salsa! Oggi festeggiamo le nostre nozze d'argento!! Niente vino però... qui non si trova! Si sta bene in questo campo, ci sono tanti viaggiatori di ogni dove e di tutte le età... il posto mette tranquillità... A tutti tranne che ad Antonio che quando si vede servire la carne ricoperta di salsa esplode!! Ma qui non ce la si può fare:i mongoli non vedono l'ora di impreziosire i loro piatti versando questa roba che assomiglia vagamente alla nostra mostarda! Che dire? Gran bella giornata oggi, piena di foto! Domani?? Boh?? Strano ma vero... questa volta non ho imparato il programma a memoria!!
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mercoledì, 26 luglio L'obiettivo di giornata è Ognii, a metà strada fra Kharkhorin e il Gobi. Nessuno di noi ha dormito granchè, a causa del letto durissimo... Facciamo colazione e alle 8 siamo già in auto. Saliamo sulla collina dietro la città, in teoria per vedere il monumento dedicato alle conquiste mongole... In pratica la nostra attenzione va tutta alle mandrie di cavalli e mucche che si alternano per l'abbeveraggio nella vallata del fiume Okhron... l'unico che segue le spiegazioni di Batzezeg intorno al monumento è Stefano! Ci spostiamo poco distante, dove troviamo una pietra che avrebbe dovuto impedire gli interessi dei giovani monaci di Erdene Zuu verso le giovani donne del villaggio. Lasciamo la strada asfaltata, che non vedremo più per alcuni giorni, e prendiamo una delle tante sterrate a libera interpretazione dell'autista... Infinite soste fotografiche fino al ristorante (un container in mezzo al nulla)... cavalli, yak, anse di fiumi, prati e verdi colline, famiglie nomadi... Giroinfoto Magazine nr. 23
Beviamo il latte di cavalla appena munto, la vodka allungata con latte ed acqua, assaggiamo il burro di yak e il formaggio di yogurt... Soppravviviamo a tutto! Dopo 90 km arriviamo al container allestito per il pranzo... Mangiamo... sono le 14, mancano ancora 180 km ad Ongii e saranno tutti di sterrata! L'unico villaggio che incontriamo è Saica Ovo e ne approfittiamo per fare benzina. Il paesaggio è sempre più desolato, gli animali scompaiono... fino a 10 km dall'arrivo quando la zona ritorna ad essere un po' collinare. Arriviamo al Secret of Ongii Camp poco prima delle 18, incredibilmente senza forare. Siamo alla gher numero 2. Fa caldissimo! Dopo cena andiamo a piedi alle rovine del Monastero di Ongii, che secondo il programma di viaggio dovrebbero essere 'spettacolari' e creare 'effetti scenografici straordinari'... Secondo noi invece come rovine sono un po' troppo... rovinate... Giusto un paio di foto di circostanza e poi rientriamo al campo in tempo pe rlo spettacolo di costumi tradizionali... che dura ben sette minuti!
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74 giovedì, 27 luglio 8.18 partenza dal campo dopo avere già fatto nell'ordine: tre quarti d'ora di camminata in cima alla collina, colazione, consultazione delle 'caviglie di capra'... Cosa sono le caviglie di capra? Un po' ovunque qui in Mongolia si trovano dei contenitori pieni di questi ossicini. Ne prendi quattro e li lanci, un po' come con i dadi. Nel frattempo formuli una domanda e a seconda di come ricadono gli ossicini hai la risposta, Infatti in base al lato che ricadendo resta girato verso l'alto l'ossicino rappesenta un cavallo, una capra, un cammello o una pecora. In base ai quattro animale che 'escono' si ha la risposta alle domande... Se ad esempio escono quattro cavalli sarai molto fortunato!! Oppure ci puoi fare una specie di gioco di società: ognuno prende tante caviglie e le lancia, quando due escono girate uguali ne mette da parte una e ha già fatto un punto. Alla fine chi ha messo da perte più caviglie vince! Abiamo percorso 160 km per arrivare al Gobi, fermandoci all'incontro con i cammelli di Battriand. Superato il paesino (se così si può definire) di Mandan Ovo siamo entrati nella provincia del Gobi del Sud. Il paesaggio cambia in continuazione, dal verde
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al senape, al rosso, di nuovo verde. Il nostro camp è vicino a Bayanzag, che si chiama così perchè questa zona è piena di piante che si chiamano 'zag' e che vivono anche senza acqua e piacciono tanto ai cammelli. Fa sempre più caldo... speriamo sia vero che di notte la temperatura scende drasticamente! La montagna che si trova tutt'intorno si chiama 'Tre Bellezze'... nome tradotto in italiano e che in mongolo è impossibile sia da dire sia da scrivere. E' la parte terminale della catena dell'Altai e in questi giorni ci capiterà di doverla valicare diverse volte. Siamo al Mongol Gobi Gher Camp, tenda 21. Nel primo pomeriggio restiamo in gher tentando di sopravvivere al caldo, fino a quando non si alza un vento fortissimo e comincia a piovere. Più tardi raggiungiamo le bellissime formazioni rocciose di Bayanzag. In serata, cibo mongolo: Khuushuur (ravioli fritti nel grasso)... hanno la forma dei tortelli, fuori sono di grano saraceno dentro c'è del manzo macinato. Dopo cena ritorniamo a piedi al roccione, rischiando di perderci al ritorno nell'oscurità più totale che annullava qualsiasi punto di riferimento.
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78 venerdì, 28 luglio Piove! E così abbiamo anche provato l'emozione di dormire in gher sentendo la pioggia! C'è anche molto vento, ma il tempo dovrebbe rimettersi al bello nel corso della giornata. Infatti, quattro ore di piste per arrivare all'Erdene Gobi Camp, ai piedi delle dune, ed il sole c'è! Siamo alla dacia numero 5: stanotte niente gher, si dorme in queste casette di legno con il bagno privato! E' una vera emozione riavere una toilette tutta per noi! Abbiamo fatto benzina a Bulgan, svegliando per telefono il benzinaio che si è presentato in accapatoio rosso e fucsia. Abbiamo anche fatto rifornimento di acqua. Mai percorso una strada come quella di stamattina! Qui autisti e guide 'navigano' a vista orientandosi con le montagne! Abbiamo valicato le Tre Bellezze e siamo arrivati nella zona di Khongor. Ventisette minuti: è il tempo che impiega Stefano per salire sulla duna più alta del Gobi! Trecento metri!! Io ci impiego quattro minuti in più... posso cercare giustificazioni nel fatto che mi sono fermata per scattare fotografie e anche nel fatto che mi ero messa dietro ad una vecchietta coreana per salire a zig zag e non ho voluto superarla... Lassù in cima alle dune è bellissimo! Abbiamo seguito il crinale cambiato duna, per poi ritornare sulla prima che avevamo raggiunto e che è anche la più alta del Gobi... Siamo scesi in cinque minuti, correndo giù per la ripida parete di sabbia... Antonio e Sandro non sono saliti... cioè... ci hanno provato poi hanno desistito... Sulla via del ritorno al camp ci siamo fermati a fotografare un gruppo di cammelli. Ambientazione ideale: le loro piante 'zag', il cielo blu, le dune del Gobi... Se quando a scuola mi parlavano del Gobi mi avessero detto che un giorno sarei salita sulla duna più alta di questo deserto non ci avrei creduto! Per cena, cibo mongolo: Tsuvan, tagliatelle con carne e verdure. Un po' un 'mattoncino' da mandare giù però buone... E... emozione... vino Malbec! Solita vodka post cena e poi passeggiata intorno al camp... Meglio non allontanarsi troppo qui: mancano i punti di riferimento per tornare e il camp non è nemmeno tanto illuminato!
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Sabato, 29 luglio
persone che aspettano di sedersi.
Ore 8.00, stiamo per lasciare il Gobi Erdene Camp e quindi anche la nostra dacia di legno con bagno e doccia privati... d'ora in poi saranno solo gher fino ad UB. 130 km di sterrata per arrivare a Bayandala. Costeggiamo le dune di sabbia per le pirme due ore di viaggio. Incontriamo anche le gazzelle. Arriviamo in paese con una mezz'ora di anticipo rispetto al pranzo e ne approfittiamo per una passeggiata. Ci sono gher, palazzi in stile sovietico, case basse, case con anche il primo piano... Il nostro ristorante è dentro ad un edificio che a noi sembra tanto una banca... Non è un vero e proprio ristorante: ci sono una piccola cucina, tre tavoli e un bagno messo un po' maluccio. C'è anche una piccola televisione, e all'improvviso realizziamo che nell'ultima settimana non ne abbiamo mai vista una! (e non siamo stati per niente male...). Il pranzo è delizioso, il migliore del viaggio: ci sono i Buuz, i ravioli giganti con carne di manzo... e le immancabili carote julienne, le patate con le erbette, il riso , lo spezzatino. Il dolce è un Choco Pie, ce lo ha comprato Batzezeg al market chiedendoci di andarlo a mangiare fuori perchè il nostro tempo a tavola è scaduto e ci sono altre
Il mio Choco Pie finisce ad Aruka, che non dice mai di no a qualunque cibo! Percorriamo 55 km per arrivare alla Yol Am, la Valle delle Aquile... anche se le aquile non c'entrano e non ci sono. Quando fu fatta la prima traduzione dal mongolo 'yol am' a qualcuno suonò un po' come 'eagle' e allora saltò fuori questo nome... In realtà il posto è pieno di uccelli 'quelli che raccolgono le ossa' dice Batzezeg.
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Questo è uno dei luoghi più incantevoli della Mongolia! Ci sono piante simili alla lavanda un po' ovunque. La gola in cui ci inoltriamo a piedi per diversi km è bellissima. Vediamo le famose aquile o quel che sono... e i simpatici paki, topolini un po' cicciotti che si nutrono di erba perchè in effetti appartengono alla famiglia dei conigli. E poi ci sono gli uccellini dalla piume rosse che si spostano da una roccia all'altra. E colline verdi, ruscelli, cascate... Davvero un bel posto!
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Proseguiamo il nostro viaggio ed arriviamo al Gobi Oasis Ger Camp, tenda 14... tenda matrimoniale... abbiamo anche due poltroncine e una specchiera! Impossibie fare quasiasi cosa in attesa della cena: il caldo è invalidante! Si fa persino fatica a non fare nulla! Il tavolo a cena è enorme! Sembra uno di quei tavoli per conferenze... ma ci serve tutto! Ci hanno portato piatti di maiale speziato, manzo, pollo, riso, carote, zucchine... La solita vodka... la famosa 'medicina'... Concludiamo la serata con un'oretta di passeggiata lungo la sterrata che porta alla strada asfaltata.
Domenica, 30 luglio Cinque ore di sonno consecutive... E' record qui in Mongolia! Partiamo ed arriviamo come prima tappa a Dalanzalag, dove facciamo rifornimento di acqua e... emozione... Coca Zero!! I primi 150 km di strada sono asfaltati (d'altra parte a Dalanzalag c'è anche un piccolo aeroporto). Lasciamo l'asfalto intorno alle 11 e ci ributtiamo sulle sterrate. 50 km di sterrato, persino più folle di ieri... e continuiamo a non forare! Quando stiamo per arrivare allo Tsagaan Suwarga Ger Camp, lo Stupa Bianco ci appare in utto il suo splendore e la sosta fotografica è d'obbligo.
che secondo i mongoli ricorderebbe una stupa. Facciamo un po' di foto alla base della montagna e poi decidiamo di seguire una coppia di parigini e saliamo sulla cima. Convinciamo anche Sandro ed Antonio a salire a piedi. Decidiamo poi, solo noi due, di rientrare al camp camminando, un'ora e un quarto di camminata. E passeggiamo anche dopo cena, fino al boschetto di olmi... Rientriamo in gher intorno alle 22. Sarà difficile dormire: gli onnipresenti coreani sono sotto al gazebo proprio di fianco alla nostra gher e fanno un bel po' di confusione! Sarà una lunga e caldissima notte mongola! Intanto, abbiamo lasciato la provincia dell' Umun Govi e siamo entrati in quella del Dund Govi.
Arriviamo al camp in tempo per il pranzo. Gher numero 1. Il termometro oscilla tra i 39 e i 40 gradi. Le gher sono molto essenziali, ma pulitissime. I materassi non sono male. I cuscini come al solito sono imbotti di riso... Non c'è luce elettrica. Nel pomeriggio ritorniamo allo Stupa Bianco, che in realtà non è uno stupa, bensì una montagna che acqua e vento hanno eroso conferendole una strana forma Giroinfoto Magazine nr. 23
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Lunedì, 31 luglio Lasciamo il camp alle 8.15. La notte è andata meglio del previsto, nonostante i coreani! E nonostante il caldo... Ripercorriamo la pista fino allo Stupa Bianco e poi da li con un po' di fatica ne troviamo un'altra per proseguire verso nord. Facciamo la nostra prima sosta fotografica ad una pozzo pieno di cammelli e caprette che si alternano per bere. Dopo circa 40 km ritroviamo l'asfalto e continuiamo in direzioe di Mandalgovi, città capoluogo di questa provincia del Dund Govi. Aruka vola sulle piste ad una velocità un po' folle (per poi come sempre rallentare sull'asfalto). Arriviamo al ristorante Nandal molto in anticipo per il pranzo e scopriamo che due giorni prima in questo paese c'è stata una festa di Naadam: non hanno niente da darci da mangiare, il cibo è tutto finito! Cambiamo ristorante. Niente pecora e niente manzo: c'è rimasto solo del pollo. Andrà bene. Nell'attesa che il pranzo sia pronto passeggiamo per le strade del paese. Aspettiamo poi altri venti minuti buoni per il cibo, con Batzezeg dispiaciutissima per il ritardo... Il dolce non c'è, ma lei va al market a comprarci dei wafers ricoperti di cioccolato. A quanto pare qui in Mongolia il dessert non va oltre le mini macedonie 'compere' con tre pezzetti di frutta nella ciotolina. E spesso non ti danno nemmeno quello, così Batzezeg ad ogni tappa va al market a comprarci qualcosa col cioccolato. Non abbiamo cuore di dirle che staremmo bene anche senza il dolce, così lo prendiamo e poi lo diamo ad Aruka...
83 Ripartiamo. Di nuovo strada serrata, direzione nord. Ci fermiamo da una famiglia. La nostra idea era di andare nella gher a sinistra della pista, che aveva davanti gli animali al pascolo, ma siamo stati anticipati da un'altra auto. Così abbiamo optato per la gher di destra. Di primo impatto ci sembra desolata e triste... Invece ci piace tantissimo! Ci sono una mamma con i suoi due figli. I bimbi sono sul letto e dormono russando, non si accorgono nemmeno di noi... La mamma ci offre i dolcetti da pucciare nel burro di yak e anche il the allungato col latte. Le regaliamo un po' di roba, fotografiamo i suoi bellissimi bimbi, la carne stesa ad essiccare, la gher, lei... Ripartiamo. Tappa successiva: il massiccio granitico di Baga Gazrin Chuulu. Bello, pieno di bandierine tibetane che sventolano al vento... Arriviamo all' Erdene Ukhaa Ger Camp intorno alle 17, gher 20. Riempiamo il tempo che manca alla cena camminando fino alla mandria di cammelli che nell'arrivare avvistiamo dietro la collina. I coreani sono anche qui!! Fa freddo. Ci sono almeno venti gradi in meno di ieri! Pazzo clima mongolo! Battzezeg decide di chiederci la mancia con tre giorni di anticipo, giustificando la cosa col fatto di essere rimasta fregata da qualche turista, soprattutto avvocati e notai ci dice... Dice anche che la preferisce in euro piuttosto che in dollari e che la tariffa è 5 euro a testa per ogni giornata di viaggio... Bene così... Alla faccia della mancia che si da spontaneamente!!! Speriamo che nella notte lei e l'autista non scappino senza di noi...
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Martedì, 1 agosto Come stanno volando i giorni qui in Mongolia! Siamo già in agosto!! Sono le 6.45 del mattino e fuori si sentono (non sappiamo perchè) le grida dei gabbiani (il mare più vicino dista migliaia di km...). Stanotte abbiamo dormito col piumone! Come al solito, alle 8.15 siamo già in marcia. Impieghiamo un'ora per percorrere i 45 km di sterrato che ci separano dall'asfalto. Niente più piste... quasi quasi ci dispiace! Prima sosta fotografica con due motociclisti in abiti tradizonali, quelli con le maniche lunghissime. Arriviamo a Zuumod in super anticipo sull'orario del pranzo e anche stavolta ne approfittiamo per immortalare la vita cittadina. Faccio amicizia col sigore mongolo felice del fatto che stiamo visitando la sua città e cuirioso di sapere cosa pensiamo del suo Paese. Pranziamo al coreano, mangiando però mogolo: anche oggi Tsuvan. Quando siamo già in auto pronti a ripartire mi accorgo di avere dimenticato Arturo al ristorante!! Che panico! Insiem a Battzezeg ritorno di corsa a recuperare il povero topo! E anche il mio cappellino e i due obiettivi che erano dentro allo stesso zainetto... Pericolo scampato! Riprendiamo il viaggio: destinazione Statua di Gingiss Khan... Ma che pacchianata di statua!!! Giroinfoto Magazine nr. 23
In ogni caso, dato che per i mongoli è un 'must'... è obbligatoria anche per noi la foto di gruppo sotto al monumento. E foto anche con l'aquila sul braccio. Sapevate che un'aquila pesa venti chili? In teoria quell'uccellaccio doveva restare aggrappato al guantone, ma in pratica con i suoi artigli si è aggrappato prima alla maglietta e di Stefano e poi al muscolo del mio braccio! Si prosegue, destinazione Terelj. Sembra di essere sulle Alpi! Foto di rito sotto alla roccia a forma di tartaruga e poi ci imbattiamo in una festa di Naadam. Assistiamo agli incontri di lotta mongola (la lotta in cui vince chi riesce a far toccare terra con un ginocchio all'avversario), alle corse dei cavalli, al tiro con l'arco... Gli organizzatori ci offrono anche caffè e dolcetti! Arriviamo al nostro campo, il Khan Terelj Ger CAmp, tenda 22. Facciamo un mini trekking sulla collina fino alle bandierine di preghiera tibetane. Poi escoper una passeggiata a cavallo con una guida esperta che ha ben dodici anni! Anche qui a Terelj ottima cena. Ormai non ci stupiamo più! Qui in Mongolia si mangia davvero bene!! Il manzo di stasera era una delizia! Niente vodka... 'medicina' finita ieri... Terminiamo la serata con una bella passeggiata nella vallata. Fa un po' freddino: qualche coreano fa accendere la stufa nella gher.
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Mercoledì, 2 agosto Alba: camminata di nuovo su per la collina fino alle bandierine tibetane e poi giù nella valle... Deliziose frittelle a colazione. Foto di gruppo con anche Battzezeg e Aruka prima di lasciare il nostro ultimo campo. A metà mattina siamo già ad UB. Portiamo le valigie in camera al Grand Hill, stanza 514... una suite! Andiamo al Department Store dove Sandro e Antonio fanno gli ultimi acquisti. Noi in effetti il magazzino non lo vediamo neanche, perchè nel frattempo andiamo dentro ad un bugigattolo: capelli e manicure (smalto compreso) per Stefano... tattoo per me!!! Eh già!!! Ce l'ho fatta a farmi tatuare in Mongolia! Il tatuatore si chiama Jargal, detto Jack. cambia un po' il mio disegno migliorando notevolmente la forma degli stupa e della gher... 40000 tugork... 13 euro. Pranziamo come sempre tutti insieme in una terazza al sesto piano di un palazzo. Lo stomaco di Stefano comincia a fare un po' le bizze... E anche la gola di Antonio... Non sarà perchè ieri sera non abbiamo bevuto la vodka? Quella vodka che Battzezeg chiama 'la medicina'?
Giancarlo Nitti Photography
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Nel pomeriggio andiamo allo spettacolo di danze tradizionali mongole, che non è per niente male e durante il quale si esibisce una meravigliosa contorsionista. A cena siamo in un locale BBQ. Tutti tranne Stefano che con lo stomaco sottosopra preferisce saltare la cena e farsi riaccompagnare in hotel da Aruka. Salutiamo Antonio e Sandro che domattina hanno il volo di rientro molto presto.
Gioved', 3 agosto Riusciamo a fare colazione fra una moltitudine di coreani e poi scendiamo nella hall per incontarci con Aruka e Battzezeg. Abbiamo in programa la visita di Ulan Baatar. Andiamo a Piazza Beatles, dove c'è il monumento dedicato ai quattro di Liverpool, fatto costruire dall'ex sindaco che era un appassionato della loro musica. E poi andiamo alla fabbrica di cachemire Goyo dove Stefano si compra un maglioncino. Lo stadio, la stazione dei treni... Tappa successiva: Piazza Sukhbaatar, la piazza principale della città. Andiamo in posta per spedire due cartoline e compriamo anche una bandiera della Mongolia.
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Pranziamo in una sorta di enoteca in cui però non riusciamo a bere vino perchè l'unica bottiglia aperta lo è da chissà quanto tempo e il vino sa di liquore ed ha un colore tendente al marrone... e l'unica altra bottiglia che il gestore è disposto ad aprire è un vino dolce... Nel pomeriggio: Museo dei Dinosauri e Museo di storia Nazionale... E' ora di andare in aeroporto. Anche quello si chiama Gingiss Khan... Salutiamo Aruka. Battzezeg mi chiede di fare una foto insieme a lei perchè sono stata la prima turista che le ha chiesto di poter fare un tatuaggio.
Venerdì, 4 agosto Il volo notturno per Malpensa parte puntuale. Atterriamo a Milano alle 6 del mattino... Arrivano anche i bagagli! Chiamiamo la navetta dell'hotel di Cardano al Campo e andiamo a recuperare la nostra Peugeot. Verso le 10 siamo già a casa. Un'altra bella avventura conclusa. 2200 km percorsi in Mongolia, per la maggior parte su pista. Bravissimo Aruka come autista... non sono mai stata male! Campi tendati al di sopra delle aspettative. Anche il cibo!
Sandro e Antonio ottimi compagni di viaggio. Ultimo shopping nel negozio di cashmere e poi in quello E brava la nostra Battzezeg che è persino riuscita a farmi di pelletteria in attesa del volo per Pechino. fare il tattoo!! Partiamo con una mezz'ora di ritardo. Scattate 2806 foto. Atterriamo nella capitale cinese alle 21. I negozi sono tutti chiusi, tranne le profumerie che devono obbligatoriamente restare aperte perchè ci si passa in mezzo per andare ai vari gates. Ristoranti chiusi. Sono aperti solo Starbucks per il caffè e PIzza Hut. Stefano che non ha mangiato nulla durante il volo prende una ciotola di minestrone e un the. Io prendo una birra.
Lela Poleggi
Niente vino nemmeno qui a Pechino.
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NELLA TERRA DEGLI AMISH Storie d’altri tempi
A cura di Nadia Roncallo
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Nel cuore dei moderni, industrializzati, tecnologici USA esistono alcune localitĂ in cui il tempo sembra essersi fermato:
le terre degli Amish. Il nostro viaggio prevede un tour di alcuni Stati americani, le cascate del Niagara e una parte del Canada ci siamo però riservati il tempo per una deviazione in Pennsylvania a Lancaster per vedere da vicino una popolazione di cui abbiamo solo sentito parlare o che abbiamo visto in qualche film: gli Amish.
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97 Sfuggendo alle persecuzioni di cui erano oggetto in Europa nel 1600 si sono rifugiati negli States creandosi loro spazi, evitando di integrarsi con gli indigeni e mantenendo i loro usi e costumi. Gli amish sono persone tranquille, molto riservate e generalmente non amano farsi fotografare nella vita quotidiana perciò dobbiamo accontentarci di immagini rubate mentre svolgono la loro attività prevalente: l’agricoltura. Questa popolazione rifiuta la modernità, i macchinari, spesso anche l’elettricità e non utilizza acqua corrente. Gli amish risolvono eventuali diatribe all’interno della loro comunità, si curano con erbe ma in caso estremo si aprono alla medicina moderna e si adattano anche alla necessità di utilizzare taxi. Infatti non guidano ma si spostano solo con calessi trainati da cavalli. Gli stessi animali sono utilizzati nell’agricoltura, anche se i campi coltivati sono piuttosto estesi.
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NELLA TERRA DEGLI AMISH La loro vita è scandita dalla calma e dalla luce del sole. Ci si alza quando è giorno, si dorme di notte. Non ci sono sveglie, telefoni, internet né si mangiano piatti diversi da quelli tradizionali. Arriviamo a una tipica farm che è aperta alle visite. Ci ricevono graziose e riservate signore che parlano fra loro in un dialetto tedesco (paese d’origine delle comunità) e ci mostrano i loro manufatti (in vendita): graziosi cuscini, tovaglie, tessuti, anche libri per bambini in stoffa, molto belli e originali. E come non fare acquisti? Così qualche “ricordino” lo portiamo via. Dopo questa visita al market veniamo guidati all’interno di una abitazione “tipo”. L’atmosfera ci porta indietro di più di 200 anni. Stufe a legna, culle di legno, vestiti, scarpe: ogni oggetto è un tuffo nel passato. E dal racconto di chi ci accompagna, scopriamo che le donne indossano abiti lunghi in tinta unita e nascondono i capelli (che non tagliano mai) sotto cuffie bianche o nere a seconda se siano o meno sposate.
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Gli uomini vestono di scuro con gilet e bretelle non sono ammesse cinture, non portano baffi perchè non accettati ma, dopo il matrimonio, si fanno crescere la barba come segno distintivo. Il nostro accompagnatore ci spiega che la loro è una scelta di vita ponderata e consapevole; infatti, dopo i 16 anni, i giovani si allontanano dalla famiglia per conoscere il mondo circostante, decidendo in seguito se tornare o meno a farne parte. Certo è che il numero di Amish continua a crescere, anche perché non è previsto alcun metodo anticoncezionale e ogni coppia ha in media 7 figli. Non sono infrequenti matrimoni fra consanguinei.
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Abbiamo conosciuto molte cose di questo “mondoâ€?. Soprattutto abbiamo constatato quanto sia lontano anni luce dal nostro quotidiano, ma ci ha colpito il gran senso di serenitĂ che lo pervade. Ripartiamo. Bastano pochi chilometri e rientriamo nella vita di tutti i giorni degli States, proseguendo la nostra avventura americana.
Nadia Roncallo
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UNA NOTTE
AL LAGO DI PILATO FOTOGRAFIE DI ROBERTO GIANCATERINA A CURA DI GIANLUCA VIGNAROLI
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Un torrido Martedì di fine Giugno, precisamente il 20, dopo aver trascorso tre giorni in alta montagna il rientro non è stato dei migliori: il caldo, si fa per dire, si è fatto sentire anche a quota quattromila, ma è nulla in confronto a quello che si percepisce in questi giorni al livello del mare. Sono proprio felice, la mia trasferta sulle Alpi Pennine è stata ricca di soddisfazioni e, grazie anche ad un tempo stupendo, ho avuto la possibilità di salire sulla vetta di ben sette cime sopra quota quattromila.
la a meno di un anno da quando ho iniziato a cimentarmi con l'alta montagna: il totale ora segna la lusinghiera cifra di 13 cime di cui nove valide per l'iscrizione al prestigioso "Club 4000".
L'aria ai 4000 ha un sapore particolare, ma bisogna guadagnarsela, così scriveva il grande alpinista marsigliese Gaston Rebuffat.
Adesso voglio prendermi qualche giorno di relax, non a livello fisico, sinceramente non ne sento la necessità, ma a livello mentale: devo staccare con la montagna, devo trovare stimoli diversi, puntare a nuovi obiettivi che sicuramente tra qualche giorno si affacceranno all'orizzonte.
A bocce quasi ferme (non sono trascorse neanche ventiquattro ore!) posso tirare già le somme di quest'avventura. Il bilancio è ovviamente positivo, ho aggiunto altre sette vette al mio bottino personale di quattromi-
A tal proposito Ringrazio Alberto Zucchetti, preparatissima Guida Alpina e tra i migliori alpinisti in circolazione, che ha affrontato vette in tutti i continenti aprendo nuove vie: pensa un po', trascorrere tre giorni con una palla al piede come me, grazie per la pazienza ed i preziosi insegnamenti!
Ed invece a scombussolare i miei programmi ci pensa il destino...
Appena uscito dal lavoro ricevo questo messaggio di posta sulla pagina Facebook collegata al mio blog “Avventure di Montagna”: "Buona sera....mi chiamo Roberto e sono un fotografo freelance di Roma. Sabato dovrei andare al Lago di Pilato per realizzare un servizio fotografico per il National Geographic. Volevo sapere se per caso qualcuno di voi esperti si trova a salire verso il Vettore o sia disposto ad accompagnarci al lago. Saremmo lieti di inserirvi nell'articolo e di fornire anche del materiale se vi fa piacere. Grazie".
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Proprio lo scorso anno avevo assunto il ruolo di "guida" durante l'escursione solidale che avevo organizzato per raccogliere fondi per il Comune di Castelsantangelo sul Nera dopo le prime scosse sismiche del 24 Agosto: stavolta sarà diverso poiché saremo in numero limitato (quattro persone in tutto) ed il tempo si prevede bello. Speriamo non giungano altre "sorprese" a creare problemi. Vista la non percorribilità di alcuni sentieri per il raggiungimento del lago dovuta al sisma dello scorso anno, opto per un percorso che ho appena compiuto meno di un mese fa, ossia quello che partendo da Foce di Montemonaco segue la lunga cresta del Monte Torrone fino ad arrivare alla cima del Monte Vettore, per scendere poi al Lago di Pilato passando per la Sella delle Ciaule: una lunga cavalcata, bella ma faticosa. Parlandone con Roberto però decidiamo di cambiare perché lui, Daniele e Marcello (gli altri membri della compagnia) non avranno con sé la sola dotazione escursionistica sulle loro spalle ma anche tutta l'attrezzatura fotografica; portare per almeno 5 o 6 ore più di venti chilogrammi sulle spalle lungo sentieri impervi e scoscesi è un grosso sforzo, devo trovare un'altra soluzione... e siamo a Mercoledì. Decido che dobbiamo salire per il sentiero più veloce ossia quello che sale da Forca di Presta, bisogna vedere se sarà possibile raggiungere quest'ultima località con le nostre automobili. Passare da Ovest, per Castelluccio di Norcia, è praticamente impossibile, vediamo se si riesce a passare per Arquata del Tronto. Scrivo una PEC e chiamo il centralino del Comune ma non riesco a parlare con nessuno (è tardo pomeriggio): nella e-mail allego la lettera di incarico da parte di National Geographic recapitatami da Roberto e spiego che l'accesso sarà necessario solo per un brevissimo arco temporale.
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115 Intanto arriviamo a Giovedì pomeriggio, sto iniziando a perdere la speranza di evitare ai miei compagni un lungo tragitto quando arriva inaspettata una e-mail di risposta direttamente dal Sindaco di Arquata che avalla la mia richiesta. Bene! Questo importante tassello è andato al suo posto! La mattina del Venerdì contatto la segreteria del Sindaco di Arquata che mi conferma l'autorizzazione al passaggio, l'unica cosa da tenere presente è che il pass non può essere inviato per via telematica quindi Sabato dovrò ritirarlo personalmente prima che gli uffici comunali chiudano ossia entro le 12:30: il male minore! Comunico la notizia a Roberto che la accoglie tirando anche lui un grosso sospiro di sollievo: definiamo gli ultimi dettagli e ci diamo appuntamento per il giorno dopo di fronte alla sede provvisoria del Comune di Arquata alle ore 15:30. Arriva Sabato mattina, mi alzo, faccio colazione, preparo il materiale, saluto mia moglie ed i miei bimbi (quanta pazienza hanno con me...) e parto alla volta di Arquata del Tronto che raggiungo dopo circa un'ora e mezza di tragitto stradale. Ovviamente quello che a cui assisto mi lascia sbalordito perché un conto è vedere la devastazione del sisma in TV, un conto è vederla con i propri occhi e parlare con le persone che hanno perso tutto nel giro di pochi minuti. Mentre attendo per il rilascio del pass ho la possibilità di parlare con alcuni dipendenti comunali che lavorano in condizioni di emergenza, dentro i container: persone che hanno perso la casa (alcuni purtroppo anche alcuni affetti) ma non la dignità perché continuano ad impegnarsi come se non fosse successo nulla. In certi momenti mi sento di troppo, ho paura di sprecare il loro tempo in un qualcosa di futile invece loro mi rassicurano che non è vero ed il fatto che si parli del Lago di Pilato e dei luoghi che lo circondano forse servirà a ricordare che loro sono ancora lì...
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116 Proprio sotto la strada stanno costruendo delle casette, i miei occhi oscillano tra questa vista che suscita in me speranza e le macerie del grazioso borgo che ormai non esiste più: mestamente, con il pass in mano, salgo in auto e mi allontano da tutto questo orrore. Scendo verso la Salaria e svolto in direzione Ascoli Piceno: mentre salivo in mattinata avevo intravisto un ristorante aperto, andrò lì per mangiare un boccone. C'è tanta gente, pochi turisti e molti fra Vigili del Fuoco ed operatori della Protezione Civile: penso che ci vorranno anni prima che tutto torni alla normalità... Ancora è presto e potrei prendermela comoda però il grande caldo non mi da tregua: un pasto veloce e sono di nuovo in auto: nell'attesa dei miei compagni voglio andare in avanscoperta... Torno ad Arquata ed al posto di blocco all'ingresso del paese mostro il mio pass: dopo i controlli di rito da parte dei militari posso proseguire in direzione Pretare prima e Forca di Presta poi. Dopo pochi minuti di tragitto raggiungo quello che era il borgo di Pretare, quasi completamente raso al suolo dal sisma: mi fermo e dal finestrino osservo la devastazione provocata dal terremoto... Chiudo gli occhi e cerco di immaginare come era prima e quasi riesco a sentire la voce dei bambini
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che giocano di fronte alla Chiesa, degli anziani che parlano all'interno del Bar del paese, della vita che ora non c'è più in questi luoghi... Tra le macerie vi sono oggetti della vita di tutti i giorni, cose che ora non appartengono più alle persone che le usavano: dove sarà la famiglia che abitava in questa casa? Nel migliore dei casi in un albergo o in un campeggio lungo la costa, nel peggiore non oso nemmeno immaginarlo... Il piede rilascia la frizione e l'altro spinge sull'acceleratore, voglio fuggire al più presto da tutto questo! Arrivo di slancio all'altro posto di blocco dove mostro nuovamente il pass: scambiate alcune parole con il militare riprendo la mia marcia. Noto con piacere che la strada finora non ha mostrato grossi danni dovuti al sisma: solo poco prima di giungere a Forca di Presta devo rallentare di fronte ad una spaccatura trasversale, per il resto tutto ok. Finalmente ci sono, giunto a Forca di Presta scendo dall'auto e respiro a pieni polmoni: qui è tutt'altra cosa! Il caldo opprimente non c'è più così come quella cupa atmosfera che mi ha accompagnato nelle ultime ore: di fronte allo spettacolo offerto dalle montagne quanto di brutto visto finora finisce in secondo piano.
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Non c'è anima viva, di solito qui in questo periodo ci sono decine di auto parcheggiate: questo è l'attacco alla via più breve che conduce sia al Monte Vettore che al Lago di Pilato, in estate questo luogo è letteralmente preso d'assalto. Una parte di me è contenta di ciò perché devo dire che negli ultimi anni ho assistito ad una mercificazione della montagna senza precedenti: qui purtroppo in certe giornate salgono "cani e porci", nel vero senso della parola. Forse la gente si dimentica che questo è un Parco e vi sono delle norme da rispettare, sia quelle imposte dai regolamenti che quelle imposte dal buon senso. Abiti e calzature inappropriati, conoscenza nulla dell'ambiente in cui si è ospiti, immondizia lasciata in giro, cani non tenuti al guinzaglio, stelle appenniniche ed altri fiori strappati dal terreno, il rifugio Zilioli scambiato per urinatoio e cacatoio... Per non parlare poi di quello che accade sulle rive e dentro le acque del Lago di Pilato: meglio mi fermi qui! Non lo so, forse tutto quello che sta accadendo è un messaggio di avvertimento da parte della natura, forse ci sta avvertendo che abbiamo oltrepassato il segno, andando inesorabilmente verso il punto di non ritorno...
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Scaccio questi brutti pensieri pensando a quello che avverrà tra poche ore: non pensavo di tornare al lago così presto ed invece a breve sarò nuovamente sulle sue rive. Chiamo Roberto e gli altri, purtroppo sono in ritardo, il traffico del fine settimana (loro provengono da Roma) li sta attardando e non saranno sul luogo dell'appuntamento prima delle 17:00 circa. Salgo leggermente per prati verso il Vettore e mi distendo a terra chiudendo gli occhi e svuotando la mente in questa meravigliosa solitudine... Sono le 16:30, è ora che scenda: supero i due posti di blocco ed alle 16:50 sono di nuovo di fronte agli uffici provvisori del Comune di Arquata del Tronto. Finalmente giungono anche Roberto e gli altri: dopo le presentazioni di rito siamo pronti per partire di gran carriera verso la nostra meta.
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Giunti a Forca di Presta ci cambiamo d'abito, carichiamo sulle spalle i nostri zaini (con somma vergogna ammetto che il mio è quello più leggero di tutti!) e ci mettiamo in marcia: sono le ore 17:46. L'idea è quella di salire prima sulla cresta del Redentore per scattare alcune e poi scendere al Lago al calare delle tenebre, faremo in tempo? Lo scopriremo una volta giunti al rifugio Zilioli, lì decideremo il da farsi. La marcia intanto prosegue tra una chiacchiera e l'altra, abbiamo la possibilità di fare conoscenza e al contempo ammirare gli incantevoli paesaggi che ci circondano: racconto ai miei compagni delle mie numerose ascese su queste montagne condendo il tutto con aneddoti di vita vissuta ma anche con i miti e le leggende che si tramandano da secoli e che hanno fatto la storia di questi luoghi. Dobbiamo per forza di cosa parlare anche del sisma che ha colpito il centro Italia meno di un anno fa e tutte le conseguenze che ha provocato: anche loro durante il breve tragitto in auto non sono rimasti indifferenti di fronte alla distruzione e devastazione. Il ritmo che stiamo tenendo è abbastanza blando, d'altronde, come dicevo, gli zaini sono molto carichi e non posso pretendere di più: il rischio concreto però è quello di non salire sulla cresta del Redentore che ormai intravediamo quasi irraggiungibile di fronte a noi. Sto davanti, a fare l'andatura, il mio pensiero ogni tanto va al tratto più difficile che dobbiamo affrontare ossia le famose "roccette": una ripida fascia di rocce posta all'ingresso della cosiddetta Valle del Lago dove si dovranno superare delicati passaggi di I grado in disarrampicata. Niente di insormontabile se si riesce ad individuare subito il percorso giusto altrimenti il rischio è quello di finire fuori sentiero con tutto quello che ne con-
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segue: molti, forse troppi incidenti si sono verificati in questo punto nel corso del tempo. All'inizio di questa parte di percorso è posta una targa del Parco dei Sibillini che pone in guardia sulla sua pericolosità e sulla mancanza della segnaletica, molte persone però incuranti di tali avvertimenti vi si avventurano lo stesso trovandosi poi in difficoltà. Ecco le ragioni per le quali non voglio affrontare al buio questo tratto, la luce delle frontali che abbiamo al seguito offrirebbe una visione troppo circostanziata ed incompleta. Quasi ad esorcizzare queste preoccupazioni voglio mettermi alla prova e poco prima di giungere alla "Croce Zilioli" (1950m) inizio ad accelerare, sempre più: "Vado in avanscoperta, seguite il sentiero!", questo è quello che dico ai miei compagni. La croce ed il rifugio omonimo portano il nome dell'alpinista ascolano Tito Zilioli, deceduto il 30 marzo 1958, a soli 24 anni, durante una salita al Vettore: la croce è posizionata proprio nel punto in cui morì il giovane. La ragione di questa progressione sta nei discorsi che avevo fatto con Alberto qualche giorno prima: dopo un periodo vissuto in alta quota il corpo si abitua a questo cambiamento e nei giorni successivi a bassa quota si potranno notare dei miglioramenti in termini di prestazione fisica dovuti alla maggior densità del sangue. Il test è positivo, altroché! In pochi minuti di marcia a ritmo forsennato perdo di vista gli altri ma, cosa più importante, sento che il cuore non va troppo su di giri! Che sensazione magnifica!
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Mi fermo, in attesa, intanto ammiro la piana di Castelluccio ormai ben visibile. Da qui sembra tutto a posto, non si vedono segni lasciati dal sisma, il paesaggio è idilliaco: quello che stona è che anche sforzandomi all'inverosimile non riesco a scorgere alcuno, è tutto fermo, non proviene alcun rumore. Il silenzio è quasi assordante e quello che riesco a provare è solo una immensa tristezza: penso agli abitanti di Castelluccio che non possono accedere alle loro abitazioni; penso ai contadini che nonostante le grosse difficoltà di natura burocraticoamministrativa sono riusciti ad effettuare la semina della lenticchia; penso a quanto ci vorrà prima che tutto torni alla normalità su quest'altopiano... I miei tristi pensieri vengono fortunatamente interrotti dall'arrivo dei miei compagni: Roberto approfitta di questo favorevole punto di osservazione per tirare fuori dallo zaino parte del suo "armamentario" di avventura con i quali riprendo il cammino. Superato il lungo traverso successivo a "Croce Zi-
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lioli" raggiungiamo la cima del Monte Vettoretto (2032m): da questo punto il rifugio Zilioli è ben visibile quanto lontano di fronte a noi. Adesso inizia la parte più faticosa del percorso, dopo una prima parte quasi pianeggiante il sentiero riprende a salire in un costante crescendo di pendenza che culmina con l'arrivo al rifugio. E' dura, i miei compagni avanzano stoicamente, passo dopo passo, ma il carico che grava sulle loro spalle è notevole ed ogni tanto ci si deve fermare per rifiatare. Visto che la traccia da seguire è ben delineata lascio andare Marcello (il più in "palla" dei compagni di spedizione) in testa ed io mi posiziono nelle retrovie con Roberto (che insieme a Daniele hanno i carichi più pesanti): un po' di supporto morale fa sempre comodo! Finalmente raggiungiamo l'agognata meta, siamo giunti di fronte al rifugio Zilioli (2250m), chiuso dopo il sisma per le lesioni riportate: qui ci concediamo una breve pausa prima di intraprendere la discesa che ci condurrà al Lago di Pilato (1941m).
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Sono da poco passate le 20:00 ed anche con tutta la buona volontà ed impegno non riusciremmo mai a salire e scendere per la cresta del redentore prima che faccia buio: decido a malincuore che è meglio rimandare a domattina un'eventuale ascesa sulle cime che circondano ad Ovest la Valle del Lago.
io) di contattare ora i propri cari perché scendendo non ci sarà più campo ed una volta espletate queste operazioni saliamo sulla Sella delle Ciaule, qualche metro più in alto rispetto al rifugio, ed iniziamo poi a scendere per prati in direzione del Pizzo del Diavolo (2410m) che con i suoi bastioni dolomitici si erge maestoso di fronte a noi.
Consiglio ai ragazzi (il vecchietto del gruppo sono
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124 In pochi minuti raggiungiamo la stretta fenditura dove il manto erboso termina per lasciare spazio alle rocce calcaree: appare di fronte a noi la targa del Parco che ci avverte che a breve inizierà il tratto alpinistico del percorso. Finalmente ci siamo, voglio proprio togliermi di torno questi passaggi! Individuo subito la flebile traccia tra lo sfasciume che contraddistingue questa zona ed iniziamo a scendere più marcatamente: in alcuni tratti è necessario appoggiare le mani a terra ed aggrapparsi alle rocce. Questi aspetti però vanno in secondo piano, i due specchi d'acqua del Lago iniziano a mostrarsi e sotto la luce crepuscolare l'atmosfera ha dei contorni fiabeschi: le fotografie si sprecano! Come dicevo ho imboccato fin da subito la giusta via e dopo alcuni minuti la tensione può già calare: stiamo percorrendo il lungo traverso che per ghiaioni ci sta conducendo sulle rive del Lago. Da questo momento in poi, grazie al silenzio assoluto ed alla totale estraniazione, tutto diventa quasi surreale ed i ricordi di quanto vissuto assumono più la parvenza di un sogno che della realtà. E' sempre emozionante trovarsi qui, forse finora non l'ho evidenziato abbastanza, ma questo è un luogo unico nel suo genere: per le sue caratteristiche orografiche e naturali è una delle valli più importanti dei Sibillini; interamente circondata dalle cime più alte del gruppo, ne è il vero e proprio cuore. La testata è un circo contrassegnato da numerose doline di origine glaciale e sul suo fondo giace il Lago (o Laghi a seconda della stagione) di Pilato, che deve la sua origine proprio allo sbarramento effettuato dalla soglia del circo e forse anche dalla morena detritica. Ma la sua unicità è dovuta anche ai miti ed alle leggende che si sono succeduti nel corso dei secoli e che hanno contraddistinto la storia orale e non di questo luogo. Il Lago infatti prende il suo nome dalla leggenda per la quale nelle sue acque sarebbe finito il corpo di
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Ponzio Pilato. Condannato a morte dall'imperatore romano (Tiberio o Caligola? Non è molto chiaro, perché poi riguardo la sua morte la tesi più accreditata è quella del suicidio...) il suo cadavere fu chiuso in un sacco e venne affidato ad un carro di bufali inferociti, che, lasciati liberi, avrebbero terminato la loro folle corsa precipitando nel lago dall'affilata cresta della montagna più alta dei Sibillini, che a quel tempo (erroneamente) si credeva fosse la Cima del Redentore: le sue acque ribollirono e si tinsero del sangue di Pilato (la colorazione rossastra del lago in alcuni periodi dell'anno è dovuta alla presenza del "Chirocefalo del Marchesoni" di cui parlerò più avanti). Un altro nome usato nell'antichità era quello di "Lago della Sibilla", come si evince da una sentenza di assoluzione a favore della comunità di Montemonaco, emessa dal Giudice della Marca Anconitana De Guardaris nel 1452, per aver accompagnato cavalieri stranieri a consacrare libri magici ad Lacum Sibillæ. Infatti nel Medioevo vi furono interventi delle autorità religiose per condannare e vietare le pratiche negromantiche: si legge in alcuni scritti del tempo di un muro costruito attorno al Lago per renderlo inaccessibile e di una forca posta all'imbocco della valle come monito per chi si ribellava. "...se vi scopre qualcuno è male accolto (...) Non è molto che vi sorpresero due uomini, uno dei quali era un prete. Questo prete fu condotto a Norza e là martirizzato e bruciato; l'altro fu tagliato a pezzi e gettato nel lago da quelli che l'avevano preso." (Antoine De la Sale, Il Paradiso della Regina Sibilla, 1421)
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Nel museo della Grotta della Sibilla, presso Montemonaco, è custodita una pietra scura, detta "La Gran Pietra", che reca incisi segni magici e ed è stata rinvenuta proprio sulla riva del Lago: secondo la tradizione infatti questo sarebbe il lago Averno da cui si entra nel mondo degli Inferi. Ciò che colpisce di più però, è che in alcuni documenti redatti a quel tempo, vi è l'insistenza degli autori nel sottolineare i "moti" delle acque del lago, che ne alzano e ne abbassano il livello improvvisamente: di tale fenomeno ancora oggi non c'è un'attendibile spiegazione scientifica. Per quel che riguarda la flora è forte la presenza sui ghiaioni e sulle rocce attorno al Lago di graminacee quali il "pettenaccio" dai fiori stupendi; nei prati, più in alto sono presenti anche le stelle appenniniche, ma è sempre più raro trovarle grazie allo scempio perpetrato da pseudo-escursionisti che ne fanno incetta infischiandosene della loro rarità e dimenticandosi che se si evita di raccoglierle, esse saranno sempre lì quando si tornerà. Spostando il discorso sulla fauna invece bisogna dire che oltre alla presenza di numerose cornacchie (il nome "Sella delle Ciaule" deriva proprio da questo), nelle acque del Lago vive il famoso "Chirocefalo del Marchesoni", un minuscolo crostaceo di colore rosso corallo che misura 9-12 millimetri e Giroinfoto Magazine nr. 23
nuota col ventre rivolto verso l'alto (a pancia in su). Questo "gamberetto", come viene chiamato affettuosamente, prende il nome dal suo scopritore, il professore di botanica dell’Università di Camerino Vittorio Marchesoni, che, per la prima volta nel 1954 scoprì questa piccolissima forma di vita. Fa parte della famiglia degli Anostraci, crostacei primitivi costituenti di plancton di acqua dolce e la sua caratteristica più importante è che si può trovare in un solo posto al mondo, ossia qui, nel Lago di Pilato. Questo piccolo crostaceo ha imparato ad adattarsi ai forti stress stagionali quali congelamenti e prosciugamenti tipici di un ambiente severo come questo: per far fronte a tali difficoltà ambientali produce delle "cisti", all’interno delle quali l’embrione, il cui sviluppo è arrestato, è isolato da una parete protettiva che gli consente di conservare la vitalità fino a che non si ricreano le condizioni idonee alla schiusa. Il Chirocefalo, purtroppo, è in pericolo di estinzione per cause naturali, nel 1990 si pensava lo fosse dopo il totale prosciugamento dei Laghi dovuto alla forte siccità di quel periodo, è importantissimo perciò, soprattutto nei mesi estivi quando le acque si ritirano, rispettare la distanza di sicurezza dal lago segnalata; oltrepassare i cartelli posizionati dal Parco vorrebbe dire calpestare le cisti deposte sotto i sassi provocandone inevitabilmente la rottura.
127 Tornando alla nostra spedizione, decidiamo di allestire il nostro campo base in un prato sulla riva di Nord-Ovest, in una collinetta poco sopra il lago e tra un boccone e l'altro iniziamo a scattare fotografie come se non ci fosse un domani! Siamo presi da una sorta di frenesia anche perché le condizioni di luce mutano in continuazione ed una immagine è sempre diversa dalla successiva, anche scattata a distanza di qualche minuto. Pian piano calano le tenebre ed i dispositivi a mia disposizione diventano inutilizzabili e qui Roberto inizia a sfoderare le sue capacità tecniche oltreché tutto il materiale che faticosamente si è portato appresso. Osservo ed imparo moltissime cose, d'altronde è lui il fotografo professionista, io sono solo un dilettante in confronto. Non c'è alcun rumore se non quello prodotto dai nostri passi e dalle nostre voci: parliamo sottovoce, quasi per recare disturbo a quello che ci circonda. Nel frattempo ci meravigliamo di quanto sta avvenendo e condividiamo le nostre emozioni: anche per
me è la prima volta in notturna al Lago di Pilato e quanto sto vivendo è difficile da spiegare a parole. Le stelle intanto iniziano ad essere più vivide nel firmamento grazie anche al fatto che è una notte senza luna: non ne avevo mai contate così tante, è sempre più difficile trovare luoghi dove l'inquinamento luminoso non crei problemi in tal senso. Da Sud-Est pian piano la Via Lattea sta iniziando a mostrarsi ed i nostri occhi non riescono a staccarsi dal suo sorgere. Mentre Roberto e Daniele sono al lavoro, io e Marcello ci infiliamo dentro i sacchi a pelo: non posso dire che faccia freddo, la temperatura è intorno ai 12-13°C, lì dentro però si sta meglio, specie se si è distesi a guardare le stelle; non possiamo che apprezzare questo tepore. Intanto con tutti i sensi completamenti appagati da quanto stiamo vivendo finiamo, senza neanche accorgercene, tra le braccia di Morfeo.
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128 Il mio sonno è costellato da immagini riguardanti il Lago, dai miti che lo riguardano, dal fatto che vi sia poca acqua ma il tutto non assume toni drammatici, anzi, al contrario le sensazioni che provo sono di serenità e tranquillità ed è con questa calma che arriva l'aurora senza che me ne accorga... Sono il primo ad alzarmi, gli altri ancora dormono: scoprirò in seguito che Daniele e Roberto hanno fatto le ore piccole mentre io e Marcello ronfavamo beatamente. Faccio un giro e assorbo con gli occhi ogni singolo dettaglio che riesco a percepire: chissà quando avrò nuovamente la possibilità di trascorrere momenti simili sulle rive di questo Lago. Tra poco sorgerà il sole, meglio avverta gli altri, ci sono molte altre fotografie da scattare! Il nostro bivacco riprende vita, ci vorrebbe proprio un bel caffe ma non abbiamo l'occorrente con noi: altro peso da portare ma più che altro avremmo infranto le norme del Parco, qui non si possono piantare tende ne tantomeno accendere fuochi; dobbiamo accontentarci di un succo di frutta e di alcuni biscotti. Adesso, oltre che fotografare il Lago e le montagne che lo circondano, dobbiamo scoprire se il Chirocefalo è già presente nei bacini del Lago oppure no. Per fare questo ci portiamo sulla riva Nord-Occidentale, in una zona dove sono presenti delle rocce,
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l'unica punto presso il quale è consentito stare vicino al bordo del Lago senza il rischio di danneggiare le cisti. Anche da qui però a causa del basso livello delle acque siamo lontani, di poco ma lo siamo: come risolvere questo problema? E qui Roberto entra nuovamente in scena, poteva mancare secondo voi un'asta telescopica nella sua dotazione fotografica? Detto fatto! Dopo alcuni tentativi e dopo aver ruotato di 180° lo smartphone per poter utilizzare la fotocamera posteriore (quella con più risoluzione) e non quella frontale riusciamo a "beccare" il "gamberetto" che è vispo e vitale come non mai! Questa constatazione mi rende felice dopo i timori dei mesi scorsi: che bello! Altre foto, altre riprese e a malincuore decidiamo che è giunta l'ora di partire: vorremmo rimanere qui per sempre ma non è possibile, dobbiamo essere a casa per il pomeriggio quindi raccogliamo le nostre cose e ci mettiamo in marcia. Con Roberto decidiamo che non serve salire sulla cresta del Redentore, abbiamo già materiale a sufficienza al quale possiamo aggiungere alcune mie fotografie di qualche settimana fa scattate proprio da quelle vette, dove si vedono gli effetti provocati dal terremoto, tra cui le famose spaccature sulle montagne dei Sibillini di cui tutti parlano. Che nottata! Neanche sembra vero averla vissuta!
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130 Percorriamo a ritroso il percorso della sera prima ed in meno di tre ore siamo nuovamente alle nostre auto; raggiunta nuovamente Arquata del Tronto ci salutiamo e promettiamo che questa non sarà la nostra prima ed unica esperienza insieme, ce ne saranno altre: l'empatia che si è creata nelle poche ore vissute a stretto contatto merita di essere consolidata ed approfondita. Mentre sto scrivendo queste righe, a distanza di qualche settimana da quella notte, delle brutte sensazioni e dei cattivi presagi affollano la mia mente, il timore è quello che questa potrebbe essere stata l'ultima volta che ho visto il Lago di Pilato così come ho sempre fatto fin dalla mia infanzia. Riguardo il Chirocefalo, almeno per quest'anno è salvo: ha già completato il suo ciclo vitale deponendo le uova. La paura invece è per l'esistenza stessa del lago: è vero, ci sono state altre stagioni parecchio aride con il livello delle acque al minimo, stavolta però è diverso, c'è stato un terremoto di mezzo che oltre a distruggere in superficie potrebbe aver modificato qualcosa a livello sotterraneo. Parlando di fatti concreti un esempio su tutti è quello del dimenticato torrente "Torbidone", nei pressi di Norcia, scomparso per quasi sessanta anni e riapparso dopo le scosse dell'Ottobre 2016 con la portata non irrisoria di 350 litri al secondo; un al-
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tro esempio è quello dato dal fiume Nera che subito dopo le scosse aveva più che raddoppiato la sua portata d'acqua. In alcuni casi però il problema è stato opposto, ossia che alcune sorgenti in alta quota, come quella ad esempio che si trovava a ridosso di San Pellegrino, sulla strada che da Norcia porta ad Ascoli Piceno, adesso è completamente asciutta; il laghetto di Foce di Montemonaco che è completamente prosciugato... ecc... Questi sono solo alcuni esempi, e ve ne saranno sicuramente altri, dei risultati visibili a livello superficiale di quanto accaduto a livello sotterraneo grazie al sisma che ha colpito il centro Italia. Intanto il Lago ad inizio Agosto si è prosciugato completamente, proprio come accadde nel 1990. Come finirà questa storia? Mi auguro di cuore con un Happy End, anche se per avere risposte bisognerà attendere la fine di Maggio del prossimo anno, sperando che l'inverno che verrà porti copiose precipitazioni, ma più che altro che non sia modificato qualcosa a livello sotterraneo sotto il lago: questo è il grosso quesito al quale nessuno ancora ha dato una risposta, il quesito al quale sono legate le sorti del Lago di Pilato.
Gianluca Vignaroli
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A cura di Alessandro Braconi
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Una lugo magico nella splendida costa del Nord Iralnda I paesaggi Irlandesi sono come ve li immaginate: prati verdi, colline dolci e sconfinate, senza alberi, poche case, tante pecore. La pioggia fa parte del paesaggio cade frequentissimamente per pochi minuti e crea un'atmosfera surreale, che da alle foto un fascino speciale. Tecnicamente il paesaggio Irlandese si adatta all'utilizzo di obiettivi grandangolari fino ai piu spinti che all'utilizzio di teleobilttivi che comprimendo i piani creano scatti molto interessanti. D'obbligo l'uso di un treppiede stabile in quanto il vento è sempre presente con a volte raffiche importanti, inoltre consiglio l'utilizzio di filtri GND e ND per chi come me cerca di portare a casa lo scatto il piu possibile pronto senza dover perdere troppo tempo nella post-produzione.
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Il periodo migliore per visitare l'Irlanda dal punto di vista fotografico è la primavera, che regala colori fantastici prati e colline di un verde pazzesco, scogliere a picco sul mare sferzate da venti costanti, tramonti inaspettati dopo giornate di pioggia o giornate terse con cielo azzurro in contrasto con i prati e il blu del'oceano. L'Irlanda è di sicuro un'esperieza fotografica emozionante da vivere on the road. Si passa dal caos cittadino di una Dublino città giovane e mondana ma riccchissima si spunti foto-
grafici architettonici, paesaggistici fino ad arrivare a un'infinita possibilià di scatti street, per passare alla campagna Irlandese dove regna la piu assluta tranquillià e vastita di paesaggi zone dove non trovi insediamenti umani per ore, ma zone che ti legano alla natura alle origini ancestrali di queste terre ricche di stora, fino ad arrivare alle scogliere a picco sul mare con dei Fari incastonati che sono un perfetto connubio tra architettura umana e natura.
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Fotograficamente il luogo che mi ha fatto rimanere a bocca aperta ed infatti nel mio viaggio ci sono tornato varie volte sicuro di trovare condizioni fotografice sempre diverse ed esaltanti è stato Il Selciato del gigante o Giant's Causeway, in irlandese Clo-
chán an Aifir, ed è un affioramento roccioso naturale situato sulla costa nord est irlandese a circa 3 km a nord della cittadina di Bushmills, nella contea di Antrim in Irlanda del Nord composto da 40000 colonne basaltiche di origine vulcanica; la suggestiva conformazione delle rocce ha ispirato antiche leggende che narrano di giganti e di titaniche battaglie. Il Selciato del gigante è stato inserito nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel 1986; la costa su cui insiste il sito, è una riserva naturale nazionale dal 1987 gestita dal National Trust for Places of Historic Interest or Natural Beauty.
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LA LEGGENDA La leggenda più diffusa sulla sua origine riguarda il gigante Finn Mc Cool il gigante più forte e coraggioso di tutta l'Irlanda. Viveva felicemente insieme alla moglie Oonagh sulla splendida costa irlandese di Antrim, fino a che, un giorno scoprì di avere un rivale che lo scherniva dall'altra parte del mare, sulla costa scozzese. Arrabbiatissimo Finn raccolse una zolla di terra e la scagliò violentemente verso l'avversario ma l'enorme masso arrivò soltanto in mezzo al mare (ed oggi è l'isola di Man). Il gigante cominciò allora a costruire un lungo sentiero fatto di enormi e pesanti pietre esagonali ( e lo stesso fece Benandonner dall'altra parte) che gli permettessero di arrivare in Scozia senza doversi bagnare i piedi, ma non appena scorse il nemico dall'altra parte, rimase a tal punto sorpreso delle sue enormi dimensioni che spaventato, decise di tornare immediatamente indietro. Raccontò tutto alla moglie che subito lo invitò a spogliarsi per vestire i panni di un (insolito) bambino aiutandolo a sdraiarsi dentro ad un enorme culla. Quando Benandonner arrivò e lo vide immaginò si trattasse del gigantesco figlio di Finn. "Ma se il piccolo era così terribilmente grosso allora come doveva essere il padre?" Credetemi che il luogo è così perfetto e straordinario che è molto più facile credere alla legenda piuttosto che immaginare che sia opera della natura.
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In realtà sessanta milioni di anni fa l'intera contea di Antrim fu soggetta a una intensa attività vulcanica, che provocò l'intrusione del basalto fuso e molto fluido attraverso dei letti di gesso, formando un vasto plateau lavico. La lava, a contatto con l'acqua e l'atmosfera, si raffreddò rapidamente conformandosi nelle attuali colonne esagonali basaltiche.
Alessandro Braconi
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A CURA DI PAOLO BUCCHERI
ARUNDEL UNA VISITA AD UNA CITTADINA DELLA PROVINCIA INGLESE Giroinfoto Magazine nr. 23
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Situata nella immediata periferia dell’importante centro turistico - balneare di Brighton, la cittadina di Arundel conserva in sé tutte le caratteristiche tipiche di un piccolo ed antico borgo della campagna inglese. Sito in uno scenografico declivio che fa da cornice al fiume Arun, in epoca medievale costituiva il porto che collegava le aree limitrofe al mare. Quest’aspetto del disegno urbano della cittadina è avvalorato anche dal fatto che il centro è raccolto tutto attorno al Castello, che risale ai tempi dei Normanni, con rifacimenti in stile neogotico tra la fine del 700 e l’inizio del 900. Nella visita al castello si possono ammirare, oltre agli appartamenti riccamente arredati con antico mobilio d’epoca; solo alcune parti che risalgono all’originaria architettura medievale: come l’ingresso principale col proprio ed imponente corpo di guardia.
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Pur tuttavia, durante la nostra visita abbiamo avuto modo di assistere, presso la locale cattedrale diocesana, anch’essa realizzata in stile neogotico, avente un’elegante prospetto riccamente adornato da statue e con un pregevole rosone centrale; ad un’imponente manifestazione religiosa che richiamava fedeli da tutta la regione. Ma non solo questo tutta la chiesa era riccamente adornata con fiori ed essenze arboree che rimandavano ad una cerimonia religiosa piena di potos e sacralità. Nella nostra visita non abbiamo avuto modo di visitare (per ragioni legate agli orari di apertura e chiusura) l’Arundel Museum ed il Arundel Wetland Centre, luoghi simbolo della cittadina odierna. Comunque il nostro pomeriggio si è rilevato ricco di emozioni e stati d’animo che ci hanno spronati in un unico pensiero ed auspicio: ritornare a visitare questi luoghi ricchi di fascino e storia.
Paolo Buccheri
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Lavoratrice lacca birmana Autore: Cinzia Marchi Luogo: Bagan - Birmania
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Libraria Lello Autore: Mattia Bonavida Luogo: Porto - Portogallo
Scatto ripreso all'interno della meravigliosa Libreria Lello situata nel centro storico di Porto in Portogallo. Fotografia scattata verso l'orario di chiusura per evitare l'enorme flusso di persone che normalmente frequentano il locale. Giroinfoto Magazine nr. 23
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Sahara
Autore: Fulvio Galeota Luogo: Deserto libico Foto effettuata durante un’escursione nel deserto Libico ai confini con l’Egitto in una zona molto vicina all’Oasi di Siwa Un vero e proprio Eden in pieno deserto libico, anche se appartiene all'Egitto, a trecento chilometri dal Mar Mediterraneo.
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Tramonto sul lago Autore: Ivan Mirko Castagna Luogo: lago di Viverone - Biella
ho aspettato il momento giusto per scattare questa foto, quando il sole era ormai dietro i monti e la luce era soltanto un riflesso del cielo sopra il lago. Giroinfoto Magazine nr. 23
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Infiniti tramonti rosa Autore: Sergio Agrò Luogo: Ponte coperto - Pavia
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Grotta di Tiberio Autore: Giuliana Mastromanno Luogo: Sperlonga - Latina
L'incanto e la magia di poter ammirare il mondo attraverso una finestra naturale.
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Cascata Capelli di Venere Autore: Tino De Luca Luogo: LocalitĂ Casaletto Spartano (SA)
Nasce dalle acque del Rio Bussentino, affluente del fiume Bussento.
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Profondo verde
Autore: Vittorio Notturno Luogo: Lago di Carezza, Dolomiti
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Vista bianco e nero fine art sulla Cascata del rio Sajont situata nella valle paradisiaca di Antrona Giroinfoto Magazine nr. 23
Brittle Waterfall Autore: Lorenzo pipi Luogo: Antrona (VB)
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