N.31
www.giroinfoto.com
- 2018 Maggio
HDR O TONEMAPPING
N. 31 - 2018 | MAGGIO , Gienneci Studios Editoriale. www.gienneci.it
La differenza
SACRA DI S.MICHELE STORIE E LEGGENDE Redazionale
IRAN
POPOLO DI EMOZIONI Di Cinzia Marchi
PALERMO IL DUOMO
Di Paolo Buccheri Photo cover by Giancarlo Nitti
WEL
COME 31 www.giroinfoto.com MAGGIO 2018
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la redazione | Giroinfoto Magazine
fotografare e viaggiare due passioni un’ unica esperienza Benvenuti nel mondo di Giroinfoto magazine©. Una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle bellezze offerte dal nostro pianeta. Una lettura attuale e innovativa, che accoglie, oltre i migliori professionisti della fotografia da reportage, anche le immagini e le esperienze di chiunque sia appassionato di viaggi e fotografia. Con i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, Giroinfoto magazine ha come obiettivo, essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la condivisione di migliaia di luoghi e situazioni sparsi per il nostro pianeta. Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Uno largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e testi, indipendentemente dal valore professionale dell'autore. Una raccolta di molteplici idee e progetti di viaggio, frutto delle esperienze e lavori eseguiti da esperti nel settore del reportage fotografico, che hanno saputo confrontarsi con le condizioni climatiche e socio-politiche, con le difficoltà imposte dalla natura, per catturare l'immagine e la spontaneità selvaggia della stessa. Troverete anche articoli tecnici, dove prendere spunto per ottenere scatti sempre perfetti e con idee sempre nuove per rendere le fotografie più interessanti. Giroinfoto.com© , con la sua rivista e la sua rete web è la più grande community di foto-viaggiatori che accoglie chiunque voglia condividere le proprie esperienze di viaggio o semplicemente farsi coinvolgere dai racconti pubblicati. Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti
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ANNO IV n. 31 DIRETTORE RESPONSABILE HEAD PROJECT MANAGER Giancarlo Nitti CAPO REDAZIONE Paolo Buccheri SEGRETERIA DI REDAZIONE E REVISIONE Silvia Belotti CAPI SERVIZIO Luca Biolcati Rinaldi REDATTORI E FOTOGRAFI Giancarlo Nitti Redazione Luca Biolcati Rinaldi Redazione Cinzia Marchi Reporter Giroinfoto Paolo Buccheri Reporter Giroinfoto
LAYOUT E GRAFICHE Gienneci Studios PER LA PUBBLICITÀ: Gienneci Studios, Via G.Borgomaneri, 135 Milano - 20086 Motta Visconti. info@gienneci.it - hello@giroinfoto.com DISTRIBUZIONE: Gratuita, su pubblicazione web on-line di Giroinfoto.com e link collegati. CONTATTI email: redazione@giroinfoto.com Informazioni su Giroinfoto.com: hello@giroinfoto.com
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data di uscita 20 Maggio 2018
fotografare
Questa pubblicazione è ideata e realizzata da Gienneci Studios Editoriale. Tutte le fotografie, informazioni, concetti, testi e le grafiche sono di proprietà intellettuale della Gienneci Studios © o di chi ne è fornitore diretto(info su www.gienneci.it) e sono tutelati dalla legge in tema di copyright. Di tutti i contenuti è fatto divieto riprodurli o modificarli anche solo in parte se non da espressa e comprovata autorizzazione del titolare dei diritti.
e v ia gg iare due passioni un’ unica esperienza Giroinfoto Magazine nr. 31
INSIDE
Giroinfoto Magazine
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Indice 10 26
EUGENE SMITH Pittsburgh Ritratto di una città industriale Redazionale
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SACRA DI S.MICHELE Storie e leggende A cura di Luca Biolcati e Giancarlo Nitti
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HDR O TONEMAPPING La differenza Giroinfoto school
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IRAN Popolo di emozioni
A cura di Cinzia Marchi
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PLOUMANAC'H Bretagna Giroinfoto Scout Location
PALERMO Il Duomo A cura paolo Buccheri
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FOTO EMOZIONI Le foto scelte da Giroinfoto Questo mese con: Mario Di Martino Marco Mincarelli
PUBBLICA
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VI PRESENTIAMO
I NOSTRI
NUMERI
E' con orgoglio che pubblichiamo le statistiche e i volumi qui presenti relativi alle analisi aggiornate al mese di: Maggio 2018
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121
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Articoli totali sul magazine
Articoli pubblicati dagli utenti
Nuovi Reporters
Foto singole pubblicate
Copertura degli articoli sui continenti
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ARTICOLI
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ARTICOLI
77% 16% 0,5%
ARTICOLI
1,5% 1%
Dove viene letto Giroinfoto magazine
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ARTICOLI
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ARTICOLI
91.935 8.288 Letture totali dalla prima uscita
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PLOUMANAC'H E il suo faro
BRETAGNA, Un piccolo centro portuale, ma una delle più famose località della Côte de Granit Rose, la celebre costa sulla Manica della Bretagna settentrionale con la caratteristica della dominante rosa delle sue rocce. Appartiene al distretto di Perros-Guirec, nel dipartimento delle Côtes-d'Armor e nella provincia storica del Trégor. Nell'area di Pointe de Squewel sorge il faro chiamato in lingua bretone Mean ruz, ovvero "pietra rossa", inserito nelle enormi formazioni rocciose in granito “rosa” modellate dai venti, dalle piogge e dalle maree.
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Giancarlo Nitti Photography
S C O U T L O C AT I O N
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1 2 3 GEOGRAFIA
PERIODO
CONTENUTI
Europa Francia Bretagna Perros-Guirec
Permanente.
Panoramia Storico.
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FOTOGRAFIA
NOTE
SCOUTING
Fotografia documentale, Landscape.
Accesso libero
Questa scout location e le fotografie sono state realizzate nel mese di Luglio 2014 da Giancarlo Nitti.
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Faro di Ploumanac'h Il faro di Ploumanac'h, conosciuto anche come faro di Mean Ruz, nella Costa di Granito Rosa, fu realizzato nel 1948 su progetto degli ingegneri Auffret e Dujardin al posto di un faro preesistente del 1860.
l faro è costruito in granito rosa e si presenta come una torre piramidale, che raggiunge un'altezza di circa 15 metri. Il faro si eleva a 26 metri dal mare e la sua portata è di 11 miglia marine. Il 22 gennaio 1856 fu presentata da un ingegnere al prefetto delle Côtes-du-Nord, una petizione firmata da numerosi abitanti di Perros-Guirec e Trégastel, che richiedevano la costruzione di un faro nel villaggio di Ploumanac'h. Il progetto iniziale prevedeva la costruzione del faro in cima al Castel Braz, davanti alla spiaggia della Bastiglia, ma la commissione nautica optò per la roccia detta Mean Ruz ("roccia rossa" in lingua bretone) e Il progetto fu approvato il 22 settembre 1858. Nell'agosto 1860 la torre sin qui eretta fu dotata di una illuminazione di color rosso. Il faro originale, fu distrutto nel 1944 dalle truppe tedesche, e nell'ottobre 1948, fu quindi costruito un nuovo faro dalla ditta Martin e Fratelli di Lannion, che seguì i progetti degli architetti Auffret e Hardion.
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Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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Granito Rosa Situati tra le spiagge di Trestraou e di Saint-Guirec, gli enormi ammassi di granito rosa di Ploumanac’h sono conosciuti in tutto il mondo. La loro origine risale a 300 milioni di anni fa e oggi si estendono su una superficie di più di 25 ettari formando uno scenario grandioso. Dichiarato patrimonio nazionale e proprietà del Conservatorio del litorale, l’Ente francese deputato alla salvaguardia delle coste, questo sito, che accoglie ogni anno più di un milione di visitatori è sicuramente una tappa obbligata per gli amanti dei panorami e dei fotografi appassionati di panoramia. Questi disordinati ammassi rocciosi prendono forme interessanti ed alcuni sono anche nominati come il Cappello di Napoleone, la Capanna degli Innamorati, il Fungo… I più imponenti raggiungono un’altezza di più di venti metri.
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Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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Il Trekking
Un percorso mozzafiato Nel 1907 è stato inaugurato il Sentiero dei Doganieri che rappresenta il percorso ideale per scoprire la Pointe de Ploumanac’h e i suoi suggestivi blocchi scolpiti dalla natura. Bisognerà considerate una mezza giornata di cammino per percorrere tutto il circuito costiero, reputato uno dei principali e affascinanti siti naturali della regione, così come Cap Fréhel e la Pointe du Raz. Al tramonto, il rosa del granito prende sfumature arancio donando delle dominanti naturali e un panorama meraviglioso.
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Mean ruz
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Ploumanac'h Giroinfoto Magazine nr. 31
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William Eugene Smith PITTSBURGH
RITRATTO DI UNA CITTÀ INDUSTRIALE
Redazionale a cura di Giancarlo Nitti
La Fondazione MAST, presenta per la prima volta in Italia una mostra interamente dedicata all’opera che il fotografo americano W. Eugene Smith (1918-1978) ha realizzato a partire dal 1955 su Pittsburgh, (Pennsylvania, USA), la città industriale più famosa del primo Novecento.
MAST.GALLERY, BOLOGNA, 16 MAGGIO – 16 SETTEMBRE 2018 via Speranza 42, Bologna www.mast.org Ingresso gratuito Orari di apertura Martedì - Domenica 10.00 - 19.00
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PITTSBURGH
RITRATTO DI UNA CITTÀ INDUSTRIALE
W. Eugene Smith
Biografia William Eugene Smith, fotografo statunitense, nasce a Wichita, nel Kansas, il 30 dicembre 1918. Cominciò a fotografare appena sedicenne, ma dei suoi lavori in tenera età non rimase traccia perchè fu lui stesso distruggerli anni dopo, in una crisi di autocritica. Pochi anni dopo, iniziò a collaborare con il giornale locale e nel 1936, fu ammesso alla Notre Dame University, dove frequentò un corso di fotografia istituito appositamente per lui, ma solo dopo un anno abbandonò la scuola trasferendosi a New York. Iniziò a collaborare con il settimanale Newsweek, da cui fu allontanato per aver rifiutato di lavorare con le macchine Graphic 4x5 ma continuando a fotografare come freelance per altre riviste importanti degli Stati Uniti. Nel 1939 viene ingaggiato dalla rivista Life, con cui inizia una collaborazione che lo porterà, nel 1944, a ricoprire l'incarico come fotografo di guerra il teatro bellico del Pacifico: alcune delle immagini scattate durante queste operazioni divennero vere e proprie icone della seconda guerra mondiale e dimostrarono la capacità di Smith di raccontare la storia in fotografia. Il 23 maggio 1945 venne ferito al volto dall'esplosione di una granata: nei due anni successivi fu costretto a dolorosi interventi e a una lunga riabilitazione, in un periodo in cui si domandò più volte se avrebbe mai ripreso a fotografare. Nel 1947, riprese l'attività al giornale e in pochi anni diventò, insieme a Margaret Bourke-White, uno dei grandi eroi del reportage e del saggio fotografico. Il medico di campagna, Vita senza germi, Il villaggio spagnolo, La levatrice, Charlie Chaplin al lavoro, Il regno della chimica e Un uomo compassionevole sono, oggi come allora, tra i servizi più celebri che siano mai stati realizzati per riviste illustrate. Sequenze di fotografie che intendevano trasmettere un significato di per sé, le fotografie di W. Eugene Smith andavano molto oltre i consueti reportage fotografici. Le sue immagini erano buie, a volte perfino cupe, molto cariche, non intendevano descrivere il mondo ma contenerlo, non riprodurlo ma, per così dire, darlo alla luce loro stesse. Al culmine della sua fama di fotografo per riviste, dopo soli sette anni di impiego a tempo pieno per “Life” – seguiti da un altro paio d’anni di lavoro su commissione – nel 1954, W. Eugene Smith abbandonò tutto e lasciò la rivista per un diverbio.
Era un fotografo difficile, il suo modo di portare avanti le commissioni ricevute era complesso, tortuoso, non consegnava mai un lavoro in tempo, non era mai soddisfatto del layout delle immagini, dell’impaginazione, dell’intensità delle foto stampate, delle didascalie, dell’intera presentazione della story, come si diceva. Si liberò dal sistema degli incarichi, dal lavoro dipendente, alla ricerca di maggiore profondità, autenticità, verità, sospinto dal desiderio di trovare l’assoluto, di essere davvero pronto e presente nei rarissimi attimi in cui la verità della vita si manifesta nelle apparenze del mondo. La rottura con la stampa, con le riviste, con i media, rappresentò una cesura nella sua vita e da ultimo anche una rottura con la famiglia, con la moglie Carmen Martinez e con i quattro figli. Si trovò di fronte a un grande bivio personale e professionale: fu costretto a vendere la sua casa a Crotonon-Hudson, N.Y. e si trasferì a New York, dove andò ad abitare in uno loft all’interno di un edificio in cui suonavano jazz, sulla Avenue of the Americas, dalle parti del tratto meridionale della Ventesima strada, in quello che un tempo era il Flower District di Manhattan. Ad acuire il suo isolamento gli giunse la richiesta di realizzare, nel giro di un paio di mesi, tra le 80 e le 100 foto della città di Pittsburgh. L’incarico si trasformò gradualmente nel progetto più ambizioso della sua vita, e poi nel suo fallimento più doloroso. Invece che per un paio di mesi, Smith continuò a fotografare per due o tre anni, rimanendo poi impegnato per il resto della vita in innumerevoli tentativi di produrre, a partire dai quasi 20.000 negativi e 2.000 masterprints, il grande colpo, il libro definitivo su Pittsburgh, la città industriale più famosa del primo Novecento. In questo progetto W. Eugene Smith lottò per rappresentare l’assoluto. Ben lungi dall’accontentarsi di documentare il mondo, si propose di catturare, afferrare, almeno in alcune immagini, niente di meno che l’essenza stessa della vita umana. Grazie all'interessamento di Ansel Adams, ottenne nel 1976 una cattedra all'Università dell'Arizona, ma una grave forma di diabete lo portò prima al coma e successivamente alla morte, che lo colse nel 1978.
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PITTSBURGH
RITRATTO DI UNA CITTÀ INDUSTRIALE
W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Ragazza accanto a un parchimetro, Camera di commercio di Shadyside, Walnut Street / Girl leaning on a parking meter, Shadyside Chamber of Commerce carnival, Walnut Street, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.66 x 22.22 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos
Sergio Agrò photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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RITRATTO DI UNA CITTÀ INDUSTRIALE
Dobbiamo a W. Eugene Smith, fotografo pressoché folle, uno dei ritratti di città più grandiosi e alcune delle fotografie più profondamente umane che si conoscano, nonostante egli abbia lottato invano per vent’anni della sua vita per passare dalla rappresentazione al quadrato nero (come Malevič), dall’immagine alla reliquia, dall’effimero alla verità. Nella storia della fotografia nessuno mai aveva tentato questa impresa con una tale tormentosa veemenza: Smith non voleva rappresentare il sangue, lui cercava il sangue.
La mostra La mostra presenta nella Photogallery del Mast a Bologna circa 170 stampe vintage della collezione del Carnegie Museum of Art di Pittsburgh ed è curata da Urs Stahel. A cento anni dalla nascita di uno dei protagonisti della fotografia mondiale, la mostra al MAST presenta una selezione ricca e significativa del lavoro su Pittsburgh, che W. Eugene Smith ha realizzato lasciandoci il ritratto grandioso e autentico di questa dinamica città americana al culmine del suo sviluppo economico e alcune delle immagini più profondamente umane nella storia della fotografia.
W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Bambini che giocano tra Colwell Street e Pride Street, Hill District / Children playing at Colwell and Pride Streets, Hill District, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 34.61 x 23.18 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection © W. Eugene Smith / Magnum Photos
L’esposizione al MAST, a cura di Urs Stahel, propone il nucleo principale di questo lavoro magnifico e sofferto: 170 stampe vintage provenienti dalla collezione del Carnegie Museum of Art di Pittsburgh sulla città e insieme sull’America degli anni cinquanta, tra luci, ombre e promesse di felicità e progresso. Il progetto, considerato da Smith l’impresa più ambiziosa della propria carriera, segnò un momento di svolta nella vita professionale e personale del fotografo. A trentasei anni, dopo i successi e la notorietà ottenuti documentando come fotoreporter alcuni dei principali avvenimenti della seconda guerra mondiale per “Life”, Smith decise di chiudere con la rivista e con i mal tollerati vincoli imposti dai media per dedicarsi alla fotografia con una maggiore libertà espressiva.
W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Area residenziale / City Housing, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.97 x 26.67 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh © W. Eugene Smith / Magnum Photos
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W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Operaio di un’acciaieria che prepara le bobine / Mill Man Loading Coiled Steel, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 22.86 x 34.61 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos Giroinfoto Magazine nr. 31
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W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Edilizia residenziale / Housing & Construction, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.34 x 25.40 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection Š W. Eugene Smith / Magnum Photos Giroinfoto Magazine nr. 31
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RITRATTO DI UNA CITTÀ INDUSTRIALE
W. Eugene Smith, USA, 1918-1978 Stabilimento National Tube Company, U.S. Steel Corporation, McKeesport, e ponte ferroviario sul fiume Monongahela / National Tube Company works, U.S. Steel Corporation, McKeesport, and Union Railroad Bridge over the Monongahela River, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 22.86 x 34.29 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos
Come spiega Urs Stahel, “W. Eugene Smith lottava per scita dell’industria siderurgica e in particolare delle sue rappresentare l’assoluto. acciaierie, che garantivano lavoro e attiravano operai da tutto il mondo. Ben lungi dall’accontentarsi di documentare il mondo, voleva catturare, afferrare, almeno in alcune immagini, Smith rimase affascinato dalla città dell’acciaio, dai niente di meno che l’essenza stessa della vita umana.” volti dei lavoratori, dalle sue strade, dalle fabbriche, daIl primo incarico che Smith accettò fu di realizzare in gli infiniti particolari e dalle contraddizioni del tessuto un paio di mesi un centinaio di fotografie su Pittsburgh sociale, registrandoli meticolosamente per comporre il per una pubblicazione celebrativa sul bicentenario del- ritratto di una città a tutto tondo. la sua fondazione. Questo semplice mandato si trasformò così in uno dei La città era in pieno boom economico grazie alla cre- progetti più importanti della sua vita. Giroinfoto Magazine nr. 31
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W.Eugene Smith, USA, 1918-1978 Acciaieria / Steel mill, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 34.29 x 22.86 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection, Š W. Eugene Smith / Magnum Photos
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W.Eugene Smith, USA, 1918-1978 Operaio in un’acciaieria / Workman in Mill, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.97 x 23.49 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. © W. Eugene Smith / Magnum Photos
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RITRATTO DI UNA CITTÀ INDUSTRIALE In circa tre anni realizzò instancabilmente 20.000 negativi, 2.000 masterprint e per tutta la vita cercò, senza riuscirci mai completamente, di produrre il saggio definitivo che avrebbe rivelato l’anima della città senza lasciare fuori nulla, un’opera senza precedenti nella storia della fotografia. Solo una piccola parte di questo lavoro venne conosciuto dal grande pubblico, tramite il “Photography Annual” del 1959, l’unica rivista su cui Smith accettò di pubblicare le sue foto perché gli garantì il controllo assoluto sulle 36 pagine intitolate Labyrinthian Walk, rifiutando importanti offerte economiche da “Life”. Il risultato non fu all’altezza delle aspettative di Smith, che continuò per anni ad avere come priorità la pubbli-
W. Eugene Smith in his workroom © Arnold Crane portfolio of photographs, "Portraits of the Photographers,", 1968-1969. Sergio Agrò photography Archives of American Art, Smithsonian lnstitution
cazione di un intero libro su Pittsburgh. La selezione di immagini esposta nella PhotoGallery del MAST offre un quadro intenso e rappresentativo di questo progetto di cui lo stesso Smith, riconoscendo le difficoltà incontrate nel comporre in un’unica opera i contrasti di una città così complessa, affermava: “Penso che il problema principale sia che non c’è fine ad un soggetto come Pittsburgh e non ci sia modo di portarlo a compimento”. La mostra è curata da Urs Stahel e organizzata dalla Fondazione MAST in collaborazione con Carnegie Museum of Art, Pittsburgh, Pennsylvania. Comunicato stampa MAST Bologna
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W.Eugene Smith, USA, 1918-1978 Deposito U.S. Steel, Rankin / U.S. Steel facility, Rankin, 1955-1957 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print 33.66 x 21.27 cm Gift of the Carnegie Library of Pittsburgh, Lorant Collection. Š W. Eugene Smith / Magnum Photos
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Sa cra
Luca Biolcati Rinaldi photography Giroinfoto Magazine nr. 31
San Michele
A cura di Luca Biolcati Rinaldi Giancarlo Nitti
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Costruita tra il 983 e il 987 è diventata l'emblema monumentale della Regione Pienonte con più di 100.000 visitatori all'anno. L'Abbazia di San Michele della Chiusa, o comunemente chiamata "Sacra di San Michele è un complesso architettonico arroccato sul Monte Pirchiano nel Comune di Sant'Ambrogio di Torino. Questo luogo, all'imbocco della Val di Susa, a circa 40 km dalla Città di Torino, ha ispirato lo scrittore Umberto Eco per il best-seller Il nome della Rosa. La Sacra racconta oltre mille anni di storia e leggende legate a un luogo meraviglioso e denso di spiritualità, custodito in origine dai monaci benedettini e dopo quasi due secoli di abbandono, dai padri rosminiani ancora oggi custodi dell'imponente Abbazia.
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Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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LE ORIGINI Già in epoca romana esisteva un presidio militare che vigilava sulla Via Cozia verso le Gallie. Il presidio romano fu poi utilizzato dai Longobardi, a guardia delle invasioni dei Franchi, nel contesto delle cosiddette chiuse longobarde, delle quali rimangono alcune vestigia nel sottostante paese di Chiusa di San Michele. Il culto di San Michele Arcangelo, praticato dai Longobardi, fu ereditato dall'Imperatore Federico I Barbarossa, arrivando a sua volta nel Regno e nell'Impero. Diffusosi ampiamente, si ipotizza che il culto di San Michele Arcangelo fosse già presente in Val di Susa, a partire dal VI secolo circa, periodo in cui fu presumibilmente eretta, proprio qui, una chiesetta-cappella dedicata all'Arcangelo. Le fonti più certe parlano del tempo di san Giovanni Vincenzo, l'arcivescovo di Ravenna ritiratosi a una vita eremitica presso queste zone, quindi tra la fine del X e l'inizio dell'XI secolo, che secondo una leggenda, l’ex arcivescovo ebbe la visione dello stesso Arcangelo Michele, che gli ordinò di erigere un santuario.
Gli stessi angeli avrebbero infine consacrato la cappella, che di notte fu vista dalla popolazione come "avvolta" da un grande fuoco. Non si hanno notizie certe delle prime fasi di costruzione della Sacra, ma i documenti più antichi risalgono a un certo monaco Guglielmo, che visse proprio in quel cenobio e intorno alla fine dell'XI secolo, scrisse il Chronicon Coenobii Sancti Michaelis de Clusa dove citò la data di fondazione addirittura nel 966; tuttavia, lo stesso monaco, in un altro passo della sua opera, affermò che la costruzione ebbe inizio sotto il pontificato di Papa Silvestro II (999-1003). L'intera realizzazione dell'abbazia come la vediamo oggi, però è stato un percorso lungo, tortuoso e soparttutto vario. Infatti si notano gli interventi differenti delle epoche e degli stili architettonici che variano dallo stile romanico iniziale, allo stile gotico con l'ultimo intervento in periodo medioevale a circa metà del XIII secolo ad opera di artisti sconosciuti ma di chiara scuola piacentina.
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IL DECLINO BENEDETTINO E LA RINASCITA ROSMINIANA La Sacra ebbe un declino causato da antefatti politici risalenti al 1362, in cui il principe Giacomo di Savoia-Acaia, a causa della sua insubordinazione a Casa Savoia, fu destituito da poteri e possedimenti. Il figlio, Filippo II di Savoia-Acaia, si vendicò saccheggiando il borgo di Sant'Ambrogio di Susa distruggendo il Palazzo Abbaziale. Nel 1381, per tali vicende, Amedeo VI di Savoia decise di chiedere direttamente a Papa Urbano VI la soppressione dell'autorità dell'abate presso la Sacra che da quel momento perse definitivamente la propria autonomia. Il complesso fu gestito dai soli Padri Priori che, non solo furono scarsamente sostenuti, ma addirittura utilizzati dai commendatari per la riscossione delle rendite. Nel 1622, il cardinale Maurizio di Savoia con l'ordine di Papa Gregorio XV soppresse di fatto tutto il complesso che era abitato ormai soltanto da tre monaci, facendo terminare così la secolare gestione benedettina della Sacra.
Luca Biolcati Rinaldi photography
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Nel 1836, Carlo Alberto di Savoia, pensò di collocare stabilmente una congregazione religiosa e offrì l'opera ad Antonio Rosmini, giovane fondatore dell'Istituto della carità, che accettò, trovandola conforme allo spirito della sua congregazione. Papa Gregorio XVI, con un breve dell'agosto 1836, nominò i padri Rosminiani amministratori della sacra e delle superstiti rendite abbaziali. Nello stesso tempo, il re affidò loro in custodia le salme di ventiquattro reali di casa Savoia, trasferite dal duomo di Torino, tumulate all'interno di pesanti sarcofagi di pietra. In occasione della traslazione delle salme venne realizzato il Sentiero dei Principi che oggi si può ancora percorrere. La Sacra di San Michele godeva del privilegio di abbatia nullius, ovvero dell'esenzione dalla giurisdizione di un vescovo, da molti secoli, quando fu soppressa nel 1803 durante il periodo napoleonico.
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Giancarlo Nitti photography
Luca Biolcati Rinaldi photography
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Adriana Zappulla photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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Giancarlo Nitti photography
L'EPOCA RECENTE Fondamentali furono qui gli interventi architettonici di recupero e i supplementi di elementi neoromanici voluti da Alfredo d'Andrade, eseguiti a cavallo tra il XIX e il XX secolo, come la scalinata e gli archi rampanti sulla parte meridionale. Da allora, la Sacra rimase un luogo tranquillo, di preghiera e meditazione, tranne che nel 1944, nel mese di maggio, dove fu teatro di una violenta perquisizione da parte delle truppe tedesche nella seconda guerra mondiale.
soli non residenti e durante i giorni festivi.
Nel 1980, lo scrittore Umberto Eco si ispirò a questa suggestiva abbazia benedettina, per ambientare il suo più celebre romanzo, Il nome della rosa, senza però girarvi alcuna scena dell'omonimo film di Jean-Jacques Annaud del 1985.
Il 24 gennaio 2018, a causa di un probabile cortocircuito, una parte del tetto del monastero è andato a fuoco.
Ma la Sacra non ispirò solo il famoso romanzo, ma altri libri come quello di Marcello Simoni del 2011, Il mercante di libri maledetti. In anni recenti,il grande afflusso di turisti ha reso obbigatorio il senso unico sulla provinciale 188 da Fraz. Mortera di Avigliana verso il Colle Braida per i Giroinfoto Magazine nr. 31
Nel 2016 viene approvato un progetto di ulteriore ristrutturazione e ampliamento di tutto il sito, con miglioramento dei relativi servizi turistici e il 15 marzo 2017, fu presentata al pubblico la candidatura dell'abbazia a patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, nel quadro del sito seriale Il paesaggio culturale degli insediamenti benedettini dell’Italia medievale.
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IL PORTALE DELLO ZODIACO In cima allo scalone dei morti, oltrepassato il portale d'accesso alla Sacra, ci si trova di fronte al Portale dello Zodiaco. Negli stipiti del Portale ci sono lesene scolpite sia sulle facce verso lo Scalone che su quelle interne; i segni dello Zodiaco per lo stipite destro, avvolti in cerchi formati da rami intrecciati, i simboli di sedici Costellazioni per lo stipite sinistro; sulle facce interne, decorazioni floreali e di animali. In queste rappresentazioni scolpite su marmo, ci sono alcune singolarità: la prima, forse casuale, è che il segno del Cancro, visto rovesciato, sembra la testa di un vescovo, poi il Capricorno è rappresentato con le ali e la Bilancia è rappresentata assieme allo Scorpione. Conosciamo il nome dell'autore del Portale. Difatti su una lesena c'è la scritta: “Vos qui transitis sursum vel forte reditis / vos legite versus quos descripsit Nicholaus” (Voi che salite, o per caso ridiscendete, leggete i versi che scrisse Niccolò).
Sullo stipite delle Costellazioni, ce n'è un'altra: "Hoc opus hortatur saepius ut aspiciatur" (Quest'opera spinge ad osservarla ripetutamente). Ed ancora, su altre lesene: “Hoc opus intendat quisquis bonus expendat / Flores cum beluis comixtos cernitis” (Osservi quest'opera chiunque, capace, ne misuri il valore; vedete fiori frammisti ad animali), e “Hoc opus intendat quisquis bonus / exi… (exit et intrat)” (Volga la sua attenzione a questa opera chiunque, capace, esca ed entri). Quindi, c'è piena coscienza del valore della propria opera da parte dell'artista, ed è una coscienza rivolta ad attirare l'attenzione di chi visita la chiesa. Di Nicholaus si sa che era un architetto-scultore che lavora alla Sacra negli anni 1114-1120, e in altre moltissime opere importanti come la Cattedrale di Piacenza, il Duomo di Ferrara e al portale di San Zeno a Verona.
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LA LEGGENDA DELLA BELL'ALDA Non si è stati mai certi a quale periodo storico far risalire la leggenda. L'ambientazione si collocherebbe durante il regno del Barbarossa nel 1699 secondo lo storico P. Gallizia. In un periodo in cui la Valle di Susa era percorsa da mercenari e conquistatori dediti ad ogni sorta di razzia, la gente terrorizzata si rifugiava sul monte Pirchiriano. Durante le violente incursioni, un gruppo di valligiani si rifugiò all'interno della sacra per trovarvi protezione. Tra di loro, vi era anche una giovane di nome Alda, tanto bella da essere chiamata La bell'Alda. Dopo aver saccheggiato le case dei villaggi a valle, i soldati si misero sulle tracce dei fuggiaschi, arrivando alla Sacra uccidendo i monaci e gli sfollati. Alda riuscì a sottrarsi alle violenze rifugiandosi nella torre che ancora oggi porta il suo nome iniziando a pregare intensamente la Madonna e quando i soldati la raggiunsero, raccomandò la sua anima alla Vergine gettandosi nel vuoto. Giroinfoto Magazine nr. 31
Alcuni sostengono in una versione della leggenda che la sua fede così viva la salvò aiutata da due angeli inviati dalla Madonna che la presero per mano e l'accompagnarono nel volo per poi lasciarla delicatamente a terra. Un'altra versione, invece, sostiene che la Bell'Alda, indossando larghe vesti, le fecero da paracadute facendola atterrare delicatamente al fondo del precipizio. Ma la parte più stravolgente della leggenda è che andati via i soldati, Alda iniziò a vantarsi di quanto le era accaduto, ma nessuno dei paesani volle crederle. Per dimostrare, allora, la veridicità dell'accaduto, sfidò tutti riproponendo il salto nel vuoto. Tanta superbia, però, fu punita: lanciatasi di nuovo dal torrione, si sfracellò sulle rocce sottostanti. La torre si trova nelle rovine della parte nord-ovest del complesso.
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LE ROVINE E LA TORRE La parte nord-ovest del monte, per una lunghezza di circa 50 metri, è occupata da imponenti ammassi di pietre, pilastri, muraglioni, archi e barbacani: sono le cosiddette Rovine del Monastero Nuovo, edificato tra il XII e il XIV secolo in corrispondenza del momento di massima espansione della comunità monastica.
Genio Militare come stazione per il telegrafo ottico. Questo sistema, sfruttando l’alfabeto morse con l’emissione di lampi di luce, permetteva la trasmissione dei messaggi e la comunicazione tra Torino e i forti militari della Triplice Alleanza.
Il grandioso edificio a 5 piani, a cui fu aggiunta, verso nord, una nuova costruzione terminante con la Torre della Bell’Alda, cadde in rovina a causa di sismi, guerre e abbandono. Questa zona delle “Rovine” è stata oggetto di interventi di restauro, conservazione e accessibilità negli anni 1999-2002. Tra le rovine del Monastero Nuovo è visibile una “Casetta” costruita alla fine del 1800, utilizzata dal
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Sono diversi gli ambienti e gli scorci che possono raccontare storie e leggende, in angoli e in piccoli particolari che lentamente nel tempo vengono scoperti e con il favoloso lavoro dell'Associazione volontari della Sacra tutto questo è a disposizione della curiosità dei turisti che possono confidare in un'esaustiva visita guidata.
A fianco di questi interventi, la Sacra ha ripreso a vivere intensi momenti di iniziative religiose e culturali: Con la cura liturgico-religiosa dell’antico santuario micaelico un convegno annuale, dal 1992, con pubblicazione degli atti numerosi eventi e concerti nel santuario, nei mesi di maggio, giugno e settembre, con speciali visite guidate al monastero vecchio.
La storia attuale della Sacra di San Michele vede negli ultimi anni un’attenzione speciale, generosa e incoraggiante, da parte di enti pubblici e privati.
Un servizio, sempre più qualificato, di accompagnamento e accoglienza, con corsi di formazione gestiti dall’Associazione dei Volontari della Sacra il riordino e potenziamento della biblioteca, con relativa schedatura di tutti i libri.
Da sempre le Sovrintendenze svolgono un’azione finalizzata alla tutela e alla valorizzazione del monumento: lo fanno con studi mirati, sollecitando e garantendo gli indispensabili interventi di restauro da parte degli organi statali competenti.
Per maggiori informazioni si può visitare il sito ufficiale: www.sacradisanmichele.com
La Regione ha potuto occuparsi della Sacra solo di recente e lo sta facendo in modo deciso e incoraggiante, anche attraverso l’erogazione di contributi. UN RINGRAZIAMENTO SPECIALE A ELISA BOLLEA E L'ASSOCIAZIONE VOLONTARI DELLA SACRA DI SAN MICHELE Che hanno permesso a questo magazine di svolgere le operazioni di ripresa fotografica a cura di Luca Biolcati Rinaldi e Giancarlo Nitti.
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HDR O...
Per fare un po’ di chiarezza l'HDR non è creare quelle immagini "con i colori super saturi, ma si tratta di una tecnica che ha degli obbiettivi totalmente differenti. L’HDR, ovvero High Dynamic Range è una tecnica che serve a compensare la mancata riproduzione, da parte del sensore digitale della macchina fotografica, dell’intera gamma dinamica e delle intensità luminose che l’occhio umano, invece è in grado di vedere. Ad esempio, In una situazione di eccessivo contrasto, come da una finestra in una stanza buia durante una bellissima giornata di sole all'esterno, succederà che il sensore non sarà in grado di leggere la scena che vediamo ad occhio nudo oltre la finestra. Per ovviare al problema, ciò che si fa è applicare la tecnica dell'HDR che consiste nel fare più scatti con diverse esposizioni e metterli insieme prendendo le aree più scure dalle immagini che sono relative all’esposizione corretta delle zone in ombra e le aree più chiare dalle altre.
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Normalmente si effettuano 3 scatti in bracketing, uno con le impostazioni per ottenere una corretta esposizione su tutta la foto, una sottoesposta, per esporre correttamente la parte luminosa e una sovraesposta per esporre correttamente la zona in ombra. In realtà le aree che compongono e compongono l'intera gamma dinamica sono 5 e ciascuna di queste aree rappresenta un valore di intensità luminosa. Con questo, significa che potremmo realizzare anche più di 3 scatti in braketing, esponendo correttamente le aree così identificate: ESPOSIZIONE GLOBALE LUCI BIANCHI OMBRE NERI Più saranno le esposizioni sulle aree e più si potrebbe ottenere un risultato migliore avvicinandosi alla percezione del nostro occhio umano.
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TONE MAPPING? Parliamo ora dei quelle immagini con la caratteristica dei colori alterati e l’esposizione modificata rispetto alla ripresa originale. Il tone mapping è una tecnica nella quale si vanno a modificare i valori delle varie aree citate nell'HDR, ma non è da confondere appunto con l'high dinamic range, anzi, spesso vengono utilizzate entrambe su di uno stesso scatto, in quanto per realizzare un TMapp serve solamente un fotogramma. Consiste nel prendere intere aree del fotogramma suddivise per colore applicando delle variazioni che tendono a renderle molto più sature, dando dandone un'effetto molto più accattivante. Come dicevamo, la tecnica viene spesso associata all'HDR ma viene anche affiancata con altre tecniche per incrementare i dettagli, applicando, in fase di post-produzione delle maschere che identificano i contorni e vanno ad aumentare l’effetto di separazione dei colori tra una zona e l’altra.
Il tone mapping, come del resto anche l'HDR è una tecnica che sovente ritroviamo in automatico in diversi dispositivi come gli smartphone o sottoforma di plugin e applicazioni gratuite integrati in software gratuiti. La semplicità con cui questo viene fatto dai processi automatici, rende la tipologia di immagini alla portata di tutti, anche di chi non ha nulla da dire con una foto o chi non si cura minimamente della composizione e del contenuto in esse, ma spesso, anzi diremo, quasi sempre, gli automatismi sbagliano sempre, rendendo le fotografie trattate, fantastiche solo ad un'occhio ignorante, ma un pessimo lavoro dal punto di vista fotografico.
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LA RISPOSTA È
tutti e due!
Infatti. Le due tecniche si possono tranquillamente associare per estrarre il meglio da uno scatto. Quindi procediamo con un esempio prendendo 5 scatti dello stesso soggetto ma con esposizioni differenti. Molte macchine fotografiche supportano la funzione "Braketing" che permette l'acquisizione di un certo numero di esposizioni in funzione delle aree della gamma dinamica.
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Esistono numerosi software che si occupano del trattamento dell'HDR, tra cui Photomatix pro, ma in questo tutorial vedremo come unire gli scatti mediante il "merge in HDR" di photoshop. Quindi raccogliamo i fotogrammi nella funzione "unisci come HDR" che troveremo nel menu file/automatizza e avviamo il processo. Attenzione, se le foto non hanno la corretta esposizione sulle aree la foto risulterà o piatta oppure drammaticamente incisa. Consigliamo quindi, per i meno esperti di realizzare inizialmente solo 3 scatti: Uno normoesposto, uno sottoesposto di uno stop (-1) e un'ultimo sovraesposto di uno stop (+1). Realizzata la fusione dei fotogrammi da parte della funzione di photoshop, ci ritroveremo con un unico scatto dove si noterà che tutte le aree sono correttamente esposte. Utilizzando la base di questo fotogramma in HDR andremo quindi a settare tutti gli aggiustamenti, là dove non ci soddisfano gli interventi dell'unione degli scatti. Avremo quindi la possibilità di correggere ulteriormente le aree esposte con i normali strumenti del software. Da tenere presente che l'HDR tenderà ad eliminare le ombre e opacizzare le luci. A riguardo teniamo a precisare che una fotografia senza ombre e senza punti luce sarà un abominio e irreale dal punto di vista della percezione visiva.
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IMMAGINE HDR
Una volta soddisfatti del risultato, confermiamo il processo e facciamo esportare il file sulla piattaforma di photoshop. Preoccupiamoci ora di sviluppare e ottimizzare tutte le aree cromatiche cercando di esaltare la "mappa dei toni" individuandone gli elementi. Quindi, apriamo il fotogramma nuovamente in "filtro camera raw" per ottenere nuovamente almeno altri tre scatti, questa volta in relazione alle frequenze dei toni presenti nello scatto. PiĂš semplicemente si, possono ottenere nuovamente, oltre all'originale, due nuovi fotogrammi, uno sotto esposto ed uno sovraesposto, facendo attenzione a modificare l'esposizione in modo direttamente proporzionale.
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Avremo cosĂŹ nuovamente tre file da unire con la stessa metodologia dell'HDR, ma questa volta ci preoccuperemo della mappa dei toni, dei dettagli e della resa dei colori all'interno del fotogramma. Anche in questa fase teniamo presente che esagerare spesso vuol dire creare una fotografia talmente artefatta da non essere piĂš piacevole. Buon divertimento.
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IRAN POPOLO DI EMOZIONI Partire per un viaggio è sempre un'emozione, un momento pieno di aspettative, l'Iran ha superato emozioni e aspettative.
A CURA DI CINZIA MARCHI
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Cinzia Marchi photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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IRAN Oltre ad essere un paese molto bello con una storia importante e tangibile è un popolo incredibile, cordiale e generoso, che vuole uscire dal proprio isolamento, isolamento che è durato per molto tempo, grazie all'embargo. 10 giorni intensi, da Kashan a Yazd, toccando Isfahan, Abyaneh, Na'in, Anarak, Mesr , un viaggio in cui si ha l'impressione di fare un tuffo nel passato, le vestigia dell'Antica Persia ben visibili. Attraversando questo deserto, fiancheggiato da alte montagne di colore rosso e giallo ocra, aride, che creano un paesaggio surreale,un po lunare, questa lunga strada diritta , dove si incontrano file di Tir , poche auto e ogni tanto si vede comparire un gruppo di cammelli , soli o con il loro cammelliere che li accompagna in moto e poi il nulla.
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Cinzia Marchi photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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Nel pomeriggio, il panorama lo si intravvede attraverso una foschia, l'aria è velata con la sabbia alzata dal vento, a volte si formano tanti piccoli mulinelli, i colori si spengono, si uniformano, solo all'alba e al tramonto l'aria si pulisce e tutto torna nitido, quasi mistico. La desertificazione qui la si vede, in questo ultimo decennio purtroppo le piogge sono drasticamente diminuite, l'acqua è il bene più prezioso, talmente prezioso da essere insegnato nelle scuole.
stesso tempo, la sabbia avanza e gli scheletri degli alberi e dei cespugli non fanno che amplificare la desolazione, il bianco del sale pure, che si presenta ai nostri occhi in ampie distese bianche. Ma l'aridità del paesaggio è in netto contrasto con il popolo che lo vive, aperto, curioso e altruista.
Lo sguardo delle bambine ti colpisce e in loro vedi delle piccole donne che portano in anticipo sulle proprie spalle la condizione di Zaiandè, il fiume che attraversava la bellissima essere donna, bambine che indossano il velo. città di Isfahan è stato completamente deviato, le sue acque vanno ad alimentare i villaggi nel deserto, acque che comunque sono diminuite anche per colpa della siccità, dalla montagna ormai ne scende pochissima. Il deserto li avvolge, offrendo uno spettacolo di una bellezza incredibile e terrificante allo
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Cinzia Marchi photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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Ho incrociato storie che hanno lasciato il segno, le donne si raccontano e con loro gli uomini, storie con aspettative diverse dalle nostre, aspettative di libertà di espressione e pensiero. Nel mio viaggio in treno da Yazd a Tehran ho conosciuto una donna che mi ha raccontato uno spaccato di vita,, la sua, il coraggio di una scelta. Ha 3 figli, un maschio e due femmine che vivono e studiano in Europa, non torneranno più in Iran per ovvie ragioni, le ragazze non vogliono indossare il velo , non vogliono subire delle imposizioni che ledono la libertà di essere donna. Questa è una sofferenza per lei e il marito, sofferenza di avere i propri figli lontani per poter offrire loro una scelta di vita differente , negata nel proprio paese, scelta maturata anche perché ha vissuto l'oppressione e la paura in prima persona, il padre è stato gambizzato dai poliziotti durante le proteste nel 2009.
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Cinzia Marchi photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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Ma non per tutti è così, per tutti gli altri resta la speranza di un cambiamento per ora improbabile, giovani donne che chiedono solo di poter vivere la propria quotidianità senza nascondersi dietro un velo, di poter ottenere gli stessi nostri diritti. Indimenticabile è stato quando ho bevuto una birra alcolica iraniana, l'etichetta non riporta la gradazione alcolica, in compagnia dei miei nuovi amici, in uno scantinato, dove un vicino zelante non può vederti e denunciarti.
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Cinzia Marchi photography Giroinfoto Magazine nr. 31
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Tornerò ......qui ho lasciato un pezzetto del mio cuore ,in questa terra bellissima e dura allo stesso tempo, ma abitata da persone incredibili con i loro sorrisi e i loro abbracci sinceri. Cinzia Marchi
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Palermo IL DUOMO A cura di Paolo Buccheri
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Palermo IL DUOMO
Volendo attenuare il ritmo degli impegni quotidiani, con Patrizia, decidemmo di fare una breve vacanza a Palermo.
visitare la cattedrale di Palermo, che è il principale luogo di culto cattolico della città siciliana e sede vescovile dell'omonima arcidiocesi metropolitana.
Il giorno della partenza, il tempo inclemente, non lasciava presagire nulla di buono; pur tuttavia, durante il viaggio di avvicinamento la situazione metereologica volse al meglio.
Lasciata la piazza dei Quattro Canti, che per la sua specifica connotazione architettonica sembra realizzare un ideale gioco degli specchi, con architetture simili, poste nei quattro lati della stessa;
Giungemmo nella città normanna di prima mattinata con una circolazione veicolare alquanto agevole, che non lasciava immaginare il disordine della stessa nelle varie ore di punta.
Ci incamminammo per via Vittorio Emanuele e, dopo un breve tragitto, sulla destra, ci apparve, con la sua solennità e magnificenza la stessa cattedrale.
Certo, l’entusiasmo era alle stelle, e la voglia di visitare le varie architetture palermitane ci imponeva una certa solerzia nelle operazioni preliminari di sistemazione logistica. Come prima attività da fare decidemmo di andare a
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Anzitutto va rilevato come l’edificio religioso costituisca una sorta di “isola urbana” nel contesto costruito di Palermo, proponendo quattro prospetti con una diversa caratterizzazione formale e costruttiva.
Difatti la stessa Cattedrale ha subito numerosi rifacimenti e manomissioni nel corso dei secoli XIV, XV e XVI, apportandovi numerose aggiunte ed ampliamenti, che tuttavia hanno lasciato inalterate le strutture compositive originarie.
Provenendo dalla strada del Cassaro, come anticamente veniva chiamata via Vittorio Emanuele, il prospetto meridionale ci apparve, per primo, nella sua solennità compositiva.
Il portico, collocato all’inizio del fronte meridionale, aprendosi sulla piazza antistante, costituisce un eloquente esempio di architettura gotica con tre archi ogivali che, delimitando lo spazio architettonico dello stesso, e sembrano proteggere gli articolati bassorilievi posti nella parte interna che costituiscono degli elementi commemorativi di antiche vicende reali delle due Sicilie.
Pur tuttavia è importante notare che il complesso architettonico della Cattedrale conserva, come segno caratterizzante del suo stile architettonico, gran parte della storia della stessa città di Palermo.
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Attraversata la cancellata che delimita lo spazio urbano antistante la Cattedrale, svoltando sulla destra si può ammirare il prospetto principale sito su via Matteo Bonello. Questo è caratterizzato dalla presenza di due alte torri, elegantemente decorate con bifore e trifore, che scandiscono i vari livelli altimetrici delle stesse. Oltre a questo, la via urbana si caratterizza per la presenza di due slanciati archi ogivali che collegano il volume architettonico della Cattedrale al massiccio complesso del Palazzo Arcivescovile; costituendo una sorta di antico consolidamento strutturale fra le due architetture rappresentative del centro urbano di Palermo. Proseguendo oltre, svoltando ancora sulla sinistra, si ripercorre un lato della chiesa che originariamente era destinato a portico e che, nei lavori settecenteschi, è stato inglobato nel corpo edilizio dell’edificio di culto.
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Ma è nell’elegante prospetto posteriore che si evidenzia la solennità di quest’architettura religiosa. La legge compositiva è quella della simmetria che conferisce ordine ed eleganza al tutto, ed il nostro sguardo finisce per contemplare il tutto in maniera estasiata; Le torrette angolari, riccamente traforate, incorniciano la visione complessiva, e la decorazione specifica dei vari livelli si evidenzia in tutta la sua eleganza. La parte absidale, specifica della navata centrale e delle laterali, è decorata con dei bassorilievi intrecciati, ed è sormontata da una merlatura che richiama, quella arabeggiante, posta sulla sommità dell’edificio. All’interno la cattedrale ha la classica composizione a croce latina con tre navate distinte da colonne che riportano sulla navata centrale delle statue
di santi già presenti in sito, nelle composizioni originarie. La volta a botte della navata centrale risulta, in prossimità dell’altare principale, riccamente decorata da pitture di evidente gusto religioso. Anche la pavimentazione si evidenzia per la policromia e la simmetria compositiva che conferisce al tutto un’eleganza di indubbio valore. Conclusa la visita della Cattedrale non ci rimase altro da fare che un piacevole girovagare fra negozietti e bancarelle che, in un centro storico come quello di Palermo, certamente non mancavano; e che pareva avessero un’animazione inconsueta ma cara alla tradizionale ospitalità del sud italia. Paolo Buccheri
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Marosi all'alba
Autore: Mario Di Martino Luogo: Rocca San Giovanni, Costa dei Trabocchi (Ch) Scatto con lunga esposizione con filtro ND + GND.
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Financial district Autore: Marco Mincarelli Luogo: Manhattan - New York
Sul battello che percorre l'Hudson River verso il tramonto quasi all'improvviso si lascia la vista da un lato sul New Jersey e dall'altro sul West Side e si erge al cielo con tutti i suoi grattacieli il Financial District, centro nevralgico dell'economia mondiale a cui fa da contorno lo splendido Battery Park.
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ARRIVEDERCI AL PROSSIMO NUMERO in uscita il 20 Giugno 2018
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Conoscere il mondo attraverso
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