N. 35 - 2018 | SETTEMBRE, Gienneci Studios Editoriale. www.gienneci.it
N.35
www.giroinfoto.com
- 2018 Settembre
CINEMA TORINESE
BAND OF GIROINFOTO
VALLE GESSO
ENTRACQUE E VALDIERI IG Club Nord Italia
ETNA
A' MUNTAGNA Di Giulia Migliore
GROTTE DI CATULLO SIRMIONE
Di Lorena Cannizzaro Photo cover by Giancarlo Nitti
WEL COME
35 www.giroinfoto.com SETTEMBRE 2018
la redazione | Giroinfoto Magazine
fotografare e viaggiare due passioni un’ unica esperienza Benvenuti nel mondo di Giroinfoto magazine©. Una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle bellezze offerte dal nostro pianeta. Una lettura attuale e innovativa, che accoglie, oltre i migliori professionisti della fotografia da reportage, anche le immagini e le esperienze di chiunque sia appassionato di viaggi e fotografia. Con i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, Giroinfoto magazine ha come obiettivo, essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la condivisione di migliaia di luoghi e situazioni sparsi per il nostro pianeta. Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Uno largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e testi, indipendentemente dal valore professionale dell'autore. Una raccolta di molteplici idee e progetti di viaggio, frutto delle esperienze e lavori eseguiti da esperti nel settore del reportage fotografico, che hanno saputo confrontarsi con le condizioni climatiche e socio-politiche, con le difficoltà imposte dalla natura, per catturare l'immagine e la spontaneità selvaggia della stessa. Troverete anche articoli tecnici, dove prendere spunto per ottenere scatti sempre perfetti e con idee sempre nuove per rendere le fotografie più interessanti. Giroinfoto.com© , con la sua rivista e la sua rete web è la più grande community di foto-viaggiatori che accoglie chiunque voglia condividere le proprie esperienze di viaggio o semplicemente farsi coinvolgere dai racconti pubblicati. Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti
LA RIVISTA DEI FOTONAUTI Progetto editoriale indipendente
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ANNO IV n. 35
giroinfoto magazine
20 Settembre 2018 DIRETTORE RESPONSABILE HEAD PROJECT MANAGER Giancarlo Nitti CAPO REDAZIONE Paolo Buccheri SEGRETERIA DI REDAZIONE E REVISIONE Silvia Belotti CAPI SERVIZIO Lorena Cannizzaro REDATTORI E FOTOGRAFI Giancarlo Nitti Redazione Giulia Migliore Reporter Barbara Tonin Reporter Lorena Cannizzaro Reporter Sergio Agrò Reporter Band Of Giroinfoto - Torino Barbara Lamboley Lorena Cannizzaro Cinzia Marchi Gianluca Colangelo Daniele Colangelo Giancarlo Nitti
LAYOUT E GRAFICHE Gienneci Studios PER LA PUBBLICITÀ: Gienneci Studios, Via G.Borgomaneri, 135 Milano - 20086 Motta Visconti. info@gienneci.it - hello@giroinfoto.com DISTRIBUZIONE: Gratuita, su pubblicazione web on-line di Giroinfoto.com e link collegati. CONTATTI email: redazione@giroinfoto.com Informazioni su Giroinfoto.com: hello@giroinfoto.com Questa pubblicazione è ideata e realizzata da Gienneci Studios Editoriale. Tutte le fotografie, informazioni, concetti, testi e le grafiche sono di proprietà intellettuale della Gienneci Studios © o di chi ne è fornitore diretto(info su www.gienneci.it) e sono tutelati dalla legge in tema di copyright. Di tutti i contenuti è fatto divieto riprodurli o modificarli anche solo in parte se non da espressa e comprovata autorizzazione del titolare dei diritti.
MEDIA PARTNER Instagram @Ig_piemonte @Ig_turin_ Facebook Band of giroinfoto group @Ig_piemonte e valle d'aosta
Con la partecipazione speciale di:
IG WORLDCLUB NORD ITALIA Carlo Barberis Isabella Meloncelli Adriana Oberto Francesca Avanzi Scila Mazzoleri Laura Stratta Giacomo Flisi Gianni Gamberini Davide Rossi
IG PIEMONTE IG VALLE D'AOSTA IG LOMBARDIA IG VENETO IG EMILIA ROMAGNA IG LIGURIA
INSIDE
Giroinfoto Magazine
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10
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96 112
84
88
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TORINO
Indice 10
RIVER WALK San Antonio A cura di Giancarlo Nitti
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VALLE GESSO Entracque e Valdieri A cura di IG World Club Nord Italia
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CINEMA TORINESE Torino Stories Band Of Giroinfoto
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ETNA A' Muntagna A cura di Giulia Migliore
84
GROTTE DI CATULLO Sirmione
A cura di Lorena Cannizzaro
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ZAANSE SCHANS Olanda
A cura di Barbara Tonin
112
LE CAVE DI MOLERA Picasass
A cura di Sergio Agrò
54 126
FOTO EMOZIONI Le foto scelte da Giroinfoto Questo mese con: Mauro Zuffinetti Matteo Pappadopoli Alessandro Dentella Alessandro Braconi
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VI PRESENTIAMO
I NOSTRI
REPORTS E' con orgoglio che pubblichiamo le statistiche e i volumi qui presenti relativi alle analisi aggiornate al mese di: Settembre 2018
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Articoli totali sul magazine
Articoli pubblicati dagli utenti
Nuovi Reporters
Foto singole pubblicate
Copertura degli articoli sui continenti
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ARTICOLI
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ARTICOLI
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ARTICOLI
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ARTICOLI
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La passeggiata sul fiume San Antonio (noto anche come Paseo del Río o semplicemente The River Walk) è un parco cittadino e una rete di passerelle lungo le rive del fiume San Antonio. Un luogo di storia sotto le strade di San Antonio, Texas. Colma di bar, negozi e ristoranti, il River Walk è una parte importante del tessuto urbano della città ed un'attrazione turistica unica nel suo genere.
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Giancarlo Nitti Photography
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S C O U T L O C AT I O N
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1 2 3 GEOGRAFIA
PERIODO
CONTENUTI
Stati Uniti Texas San Antonio
Permanente.
Passeggiata Navigazione Natura Storia
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FOTOGRAFIA
NOTE
SCOUTING
Documentale Street
Nulla
Questa scout location e le fotografie sono state realizzate nel mese di Agosto 2016 da Giancarlo Nitti.
Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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IL RIVER WALK è una strada pedonale famosa che si trova sotto il livello delle strade urbane di San Antonio. La passeggiata, si snoda e si riannoda sotto i ponti della città con lunghe sponde percorribili che portano ai maggiori locali del Rivercenter e alle cinque missioni coloniali spagnole della città, che sono state nominate patrimonio dell'umanità, tra cui Fort Alamo.
Durante la primavera, ogni anno, si svolge la Fiesta San Antonio e sul fiume vengono fatti navigare dei carri allegorici lungo tutto il percorso del fiume. The River Walk è sicuramente una delle prime strutture urbane edificate sotto il suolo urbano e ha ispirato progetti simili in altre città, come Little Sugar Creek Greenway a Charlotte, North Carolina, Cherry Creek Greenway a Denver, Colorado, The Bricktown Canal a Oklahoma City, in Oklahoma e il Santa Lucía Riverwalk a Monterrey, in Messico.
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Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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THE RIVER WALK LA STORIA Nel settembre 1921, una disastrosa alluvione lungo il fiume San Antonio fece 50 vittime. Furono quindi sviluppati piani per il controllo delle inondazioni del fiume compresa una diga a monte, la diga di Olmos, con l'aggiramento di una curva prominente del fiume nell'area del centro cittadino, tra l'attuale Houston Street e Villita Parkway. I lavori iniziarono sulla diga di Olmos e sul canale di bypass nel 1926, fino al 1929, quando l'architetto Robert Hugman presentò un progetto per quello che sarebbe diventato il "The River Walk". Sebbene molti altri siano stati coinvolti nello sviluppo del sito, la leadership dell'ex sindaco Jack White è stata determinante nel passaggio di un prestito obbligazionario che ha raccolto fondi per potenziare il "San Antonio River Beautification Project" del 1938, che diede inizio all'evoluzione del del progetto nel presente tratto di 4 km del River Walk. La curva di deviazione del fiume, una volta realizzata, fu quindi circondata dallo sviluppo commerciale, intitolato "The Shops of Aragon and Romula". Nel corso del decennio successivo il sostegno allo sviluppo commerciale del canale crebbe e nel 1939 un'altro grosso finanziamento provenì dal Works Progress Administration (WPA), che portò all'inizio di una costruzione di Giroinfoto Magazine nr. 35
una rete di circa 5.000 metri di passerelle, una ventina di ponti e vaste aree verdi. La persistenza di Hugman diede quindi i suoi frutti e il suo progetto fu messo alla prova nel 1946, quando un'altra grande alluvione minacciò il centro di San Antonio, ma la diga di Olmos e il canale di bypass contenerono il danno dell'area. Fu proprio in quell'anno che Casa Rio, il primo ristorante del River Walk aprì dando l'imput, poi, successivamente ad altri locali. Negli anni successivi la rete migliorò e si estese oltre le sue sponde naturali, alla curva a ferro di cavallo, al nuovo centro congressi e al teatro inserendosi in gran parte nel blocco delimitato da Commerce, Bowie, Market e Alamo Street. Nel 1946 fu costruito l'Hilton Palacio del Rio, il primo di multi hotel del centro che sfruttò la propria pertinenza di "lungofiume" urbano. Nel 1981 l'Hyatt Regency San Antonio aprì con un nuovo connettore pedonale che collegava Alamo Plaza al River Walk con cascate di cemento, corsi d'acqua e paesaggi indigeni. Un'importante espansione dell'area avvenne nel 1988 che estese la zona della laguna nel nuovo Rivercenter Mall e nel Marriott Rivercenter Hotel.
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Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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Ristoranti e altre attività oggi occupano circa un terzo del percorso del River Walk con una forte spinta per occupare altri spazi sottraendoli il suolo disponibile per la vegetazione. Nel maggio 2011, il River Walk è stato ulteriormente allungato di parecchi chilometri e si espande adesso dal cento città fino alla Mission Espada che si trova sul lato sud della città. Questa aggiunta, battezzata "Mission Reach" è notevolmente migliorata, rispetto alle espansioni precedenti, per il suo rispetto ecologico, così come l'inserimento di percorsi ciclabili e pedonali. Dopo anni di critiche da parte degli abitanti e dei turisti sulla qualità dell'acqua, l’Amministrazione ha messo a punto degli interventi periodici di risanamento, anche se i depositi limosi sul fondo rendono difficile l’operazione. La pulizia viene fatta annualmente durante il “Mud Festival”, pulendo e riempiendo nuovamente il canale. Giroinfoto Magazine nr. 35
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Giancarlo Nitti photography Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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Entracque e Valdieri
VALLE GESSO Ecco la novità
La prima esperienza riuscitissima di partnership di gruppi di lavoro tra IGWORLDCLUB e BAND OF GIROINFOTO. Grazie al contributo di ATL Cuneese è stato possibile realizzare e dare inizio a questo tipo di attività volta alla promozione del territorio e alla produzione di contenuti mediatici di qualità.
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Giacomo Flisi photography
MAIN SPONSOR
AZIENDA TURISTICA LOCALE
Cuneese
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Giacomo Flisi photography
Nasce nel 2012, su Instagram per dare spazio alle immagini di tutti i paesi e le città del mondo. Ad oggi Igworldclub è la prima community Italiana di Instagram e la prima no profit del mondo. Nel corso degli ultimi anni la community svolge attività di macro eventi annuali e micro eventi mensili che hanno permesso al gruppo di interagire con i propri followers attraverso incontri sul territorio, instameet fotorafici e relazioni sociali. Attraverso il proprio format, Igworldclub, fornisce visibilità ai territori mediante la ormai collaudata ed estesa rete di socialnetwork e web.
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Nasce nel 2015, con la produzione di un magazine mensile ed il reclutamento di appassionati di fotografia relazionata al territorio. Attualmente il progetto Giroinfoto.com conta più di 100.000 lettori e circa 70 Reporters che collaborano alla redazione del giornale. Durante l'ultimo anno, Giroinfoto costituisce il concept di "Band of Giroinfoto", diverse squadre di foto amatori che si riuniscono in incontri per la produzione di contenuti editoriali operando su tutto il territorio mondiale al fine di promuovere le attività di location scouting, utili oggi, all'industria turistica, cinematografica e pubblicitaria.
Entracque
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BACINO DEL CHIOTAS, CENTRO FAUNISTICO UOMINI E LUPI
La Valle Gesso inizia poco oltre l’abitato di Borgo San Dalmazzo e prosegue verso Valdieri dove si biforca nei valloni di Terme di Valdieri ed Entracque. Da qui si ha accesso al Parco Naturale delle Alpi Marittime, la più estesa area protetta piemontese, dove grazie alla sua posizione particolare soggetta alla brezze marine, crescono piante mediterranee e specie botaniche endemiche come la saxifraga florulenta. Ed è proprio qui che la nostra location scouting inizia, raggiungendo grazie all'ausilio di una Guida Alpina il lago della Rovina (o delle rovine) a quota 1535 m. Questo bacino si formò anticamente in seguito ad una frana che bloccò il deflusso delle acque. Originariamente con una superficie di 180.000 m2, con i lavori per la creazione degli impianti idroelettrici Chiotas-Piastra si è ridotto quasi alla metà della grandezza originale. Il lago stesso funge da serbatoio per la produzione di energia idroelettrica mediante l'impianto di produzione-pompaggio che lo collega al lago della Piastra.
Giancarlo Nitti photography
SAXIFRAGA FLORULENTA
LAGO DELLA ROVINA Giancarlo Nitti photography
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ENTRACQUE - VALLE GESSO
Chiotas ...
Partendo a monte del Lago della Rovina, alla base della diga del Chiotà s, ci si inoltra su una strada ancora asfaltata per poi iniziare l'imbocco vero e proprio del sentiero M09. La salita comincia con alcuni tornanti tra erba e detriti rocciosi e in alcuni tratti, con l'aiuto di gradini artificiali, alcune grandi rocce. Proseguendo si continua ancora tra una battuta di terreno ghiaioso immerso in una rigogliosa vegetazione erbacea, in particolar modo felci ed una rada vegetazione arborea. Mantenendo la destra ci si innalza ancora con diversi tornanti in lieve ripidità , fino a raggiungere il bacino del Chiotas. Questo bacino è stato creato tra gli anni settanta ed i primi ottanta edificando due sbarramenti, il Chiotas il Colle Laura, sul versante orientale del Massiccio dell'Argentera.
DIGA DEL CHIOTAS Carlo Berenguez photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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SENTIERO DEL CHIOTAS Francesca Avanzi photography
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SENTIERO DEL CHIOTAS Laura Stratta Sergio Agròphotography photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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ENTRACQUE - VALLE GESSO
Chiotas ...
Il dislivello del bacino è di oltre 1000 m e con il sottostante lago della Piastra viene utilizzato per la produzione di energia elettrica. Durante la notte, l'energia prodotta e non erogata per il fabbisogno urbano, viene sfruttata per pompare parte dell'acqua dal serbatoio della Piastra al Chiotas, così da poterla riutilizzare quando c'è più esigenza. La quantità di energia così prodotta da deflussi pompati è di gran lunga maggiore di quella prodotta dai classici deflussi naturali, motivo per cui l'impianto Chiotas-Piastra è definito di "pompaggio puro". Sulla riva meridionale del lago sorge il nuovo Rifugio Genova-Figari, creato in sostituzione all'omonimo rimasto sommerso dopo la creazione del bacino.
LAGO DEL CHIOTAS Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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LAGO CHIOTAS Scila Mazzoleri photography
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ENTRACQUE - VALLE GESSO
Rifugio Genova-Figari
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Fiancheggiando la strada attorno al bacino, in ancora un saliscendi di sterrati, si raggiunge il Rifugio Genova Figari (2009 mt). Nel 1896, il CAI, riconobbe l'esigenza di valorizzare l'area delle Alpi Marittime, allora quasi sconosciute e prive di rifugi. La sezione Ligure, dopo numerosi sopralluoghi decise di edificare un rifugio presso il Gias del Monighet soprano, nel Vallone della Rovina, a quota 1914, con lo scopo di promuovere le vie di salita sul Massiccio dell'Argentera. E così che il 22 luglio 1897 iniziarono i lavori di edificazione terminando il 10 settembre dello stesso anno.
RIFUGIO GENOVA FIGARI Scila Mazzoleri photography
Il Rifugio Genova, così venne
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battezzato, fu inaugurato il 15 agosto dell'anno seguente, valendo alla sezione il "Gran diploma d'Onore". Fu il primo rifugio in assoluto delle Alpi Marittime. Nel 1968, anno in cui iniziarono i lavori per la costruzione della Diga del Chiotas, il vecchio rifugio fu dismesso e riedificato in altra posizione pur mantenendo la stessa denominazione affiancata a quella di Bartolomeo Figari, pioniere dell'alpinismo e dello scialpinismo di inizio secolo e e conquista italiana del K2, avvenuta il 31 luglio 1954. . L'inaugurazione potè avvenire però solo il 14 agosto 1981, a causa del protrarsi dei lavori alla diga.
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RIFUGIO GENOVA FIGARI Giovanni Gamberini photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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CENTRO FAUNISTICO UOMINI E LUPI Giacomo Flisi photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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ENTRACQUE
Centro Faunistico Uomini e Lupi
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E la nostra visita nell'area di Entracque continua a valle, in località Casermette, presso il Centro Faunistico Uomini e Lupi. Il primo centro delle Alpi italiane interamente dedicato alla conoscenza del lupo. Come l’animale è arrivato nelle Alpi, la formazione e la vita dei branchi, le tecniche di caccia e l’affascinante storia di Ligabue, il giovane maschio seguito nei suoi spostamenti dall’Appennino parmense fino alle Alpi Marittime.
LUPO ITALIANO Giancarlo Nitti photography
La struttura comprende un’area recintata di otto ettari al cui interno vivono alcuni esemplari di lupo italiano. Fa parte del complesso un secondo spazio espositivo nel paese di Entracque.
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ENTRACQUE
Centro Faunistico Uomini e Lupi
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Nel recinto, gli esemplari di Canis lupus italicus sono animali che non potrebbero vivere in libertà per cause di gravi incidenti o in quanto già nati in condizioni di cattività. Al centro dell’area si trova una torretta di tre piani da cui è possibile osservare una vasta porzione dell'area faunistica. Serve sottolineare che in natura l’avvistamento di un lupo è un evento abbastanza raro e fortuito e che anche all’interno del centro faunistico l’osservazione del lupo non è risultato scontato. Il percorso di visita guidata, presenta il lupo dal punto di vista naturalistico e ambientale e non è mirato al solo avvistamento degli esemplari.
LUPO ITALIANO Adriana Oberto photography
+ INFO www.parcoalpimarittime.it
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LUPO ITALIANO Francesca Avanzi photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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TERME DI VALDIERI Adriana Oberto photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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VALDIERI
Terme Reali di Valdieri
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Dalla massa rocciosa del Monte Matto sgorgano acque le cui proprietà benefiche sono note da secoli. Erano state oggetto di studio già nel XIV secolo ed proprio in quel periodo che risale la costruzione delle prime strutture per l'impiego terapeutico delle acque. Ma è nell'800, che la zona termale ebbe il suo periodo lucente. I sovrani di casa Savoia, che già frequentavano il territorio per la caccia, con Vittorio Emanuele II che fu a sposare l'idea di costruire un grandioso albergo Reale, nel 1855.
PISCINA TERMALE Adriana Oberto photography
Ed è lo stesso Vittorio Emanuele a ordinare l'edificazione di quattro chalet in stile alpino svizzero, poco distanti dall'albergo, di cui oggi rimangono solo il cosiddetto “casino di caccia” e la “casa della Bela Rosìn”, con riferimento a Rosa Vercellana, la popolana da cui Vittorio Emanuele II ebbe due figli.
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VALDIERI
Valdieri e la necropoli
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Scendendo pù ancora a valle, incontriamo l'abitato del comune di Valdieri. Il paese dal 1861 al 1947 comprendeva anche la valle del torrente Molliera, oggi però, territorio francese. Una delle frazioni di Valdieri, Sant'Anna, ospitò fino al 1943 numerosi sovrani di Casa Savoia, tra cui Vittorio Emanuele II, Umberto I e Vittorio Emanuele III, che in compagnia della regina Elena, vi trascorse una gran parte delle proprie vacanze, dal 1905 al 1942.
REPERTO ARCHEOLOGICO Laura Stratta photography
Il Comune è anche località di recenti ritrovamenti protostorici, infatti, a nord-est, presso via Guardia della Frontiera, nel 1993 vennero alla luce tracce di una necropoli protostorica in uso tra il X e il VI secolo a.C. Dal 2008 la zona è stata categorizzata “area archeologica attrezzata”, dotata di un museo presso l'ufficio turistico e allestimenti in loco che ne spiegano le caratteristiche con un’impostazione didattica rivolta, in particolare, alle scuole.
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VALDIERI Isabella Meloncelli photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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MUSEO DI VALDIERI Davide Rossi photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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Valdieri e la necropoli
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Alle pendici della Rocca San Giovanni lungo la vecchia strada di Valdieri, si trova l'area di scavi della necropoli. Le operazioni di scavo condotte tra il 1984 e il 2001 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, hanno portato all’individuazione di una necropoli a cremazione, utilizzata nell’età del Bronzo Recente (1.350-1.200 a.C.) e Finale (1.200-900 a.C.) e poi nuovamente nell’età del Ferro (625-475 a.C.). Sono stati rinvenuti undici sepolture a incinerazione e un cenotafio (tomba vuota, generalmente simbolico) e alcune fosse rituali. Al sito della necropoli, nel 2013, si è affiancata la presenza della ricostruzione di un edificio dell’età del bronzo, insieme a orti, recinti per gli animali e una fornace, allestimenti che attraverso animazioni e specifici programmi pedagogici, rivolti in particolare alle scuole, permettono di rivivere momenti ed esperienze simili a quelle dei nostri antenati del 1200 a.C. + INFO www.parcoalpimarittime.it
PARCO ARCHEOLOGICO Giancarlo Nitti photography
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VALDIERI
Sant'Anna di Valdieri la festa della segale
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Ed è proprio nelle date della festa della segale di Sant'Anna di Valdieri che ci troviamo ad assaporare il clima occitano, con le sue musiche, i suoi odori e sapori gastronomici e le rievocazioni delle antiche tradizioni. La XXVII festa della segale del 24,25 e 26 agosto 2018. Dal 1992 l’Ecomuseo della Segale e la comunità locale organizzano questa grande festa, in grado di raccontare la storia della Valle Gesso attraverso cortei storici a passeggio per le vie del paese, mercatini enogastronomici e artigianali locali, concerti di musica occitana e laboratori per imparare a fare il pane. Un momento per scoprire gestualità dimenticate assistendo alla battitura della segale con la cavalia.
BATTITURA DELLA SEGALE Davide Rossi photography
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RIEVOCAZIONE ESERCITO S.TROPEZ Carlo Berenguez photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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A proposito di AGGREGAZIONE CARLO
Berenguez Spesso le esperienze più impensabili nascono da semplici incontri. E quando questi incontri avvengono tra persone che pur provenendo da ambienti diversissimi tra loro, immediatamente avvertono la convergenza della loro finalità di intenti, nel giro di pochissimo tempo, agiscono, nel tentativo di verificare le possibilità realizzative delle loro idee. Ed è esattamente quello che è successo in seguito all’incontro con Giancarlo, Direttore Responsabile di Giroinfoto Magazine. Il 26 luglio scorso, in seguito ad un contatto su Instagram, ci incontrammo a Torino, confrontandoci sui possibili risvolti concreti ed operativi che la passione per la fotografia può offrire a chi la pratica, sia esso un instagramer, un fotoamatore o un fotografo professionista. Ci siamo trovati subito d’accordo sulla necessità di ‘uscire’ da uno smartphone o dalle pagine di un magazine, sulla necessità di partnership finalizzate ad offrire percorsi gratificanti a chi ne fa parte, alla creazione di una rete che possa accogliere differenti realtà, convergenti sull’utilizzo intelligente della fotografia, come veicolo di aggregazione e di relazione umana, senza la quale ogni esperienza risulterebbe asettica, improduttiva e assai poco interessante. Fare rete significa condividere le finalità della propria attività, ognuno con i propri mezzi e le proprie possibilità, significa creare sinergie aggregando energie. IG Piemonte (che ho l’onore ed il piacere di amministrare) è Instagram Media Partner di ATL Cuneese che ci ha offerto la possibilità di documentare fotograficamente alcuni angoli del Parco Naturale delle Alpi Marittime, tra Entracque e Sant’Anna di Valdieri. Una perfetta occasione per iniziare subito a passare dalle parole ai fatti. Ho segnalato ad ATL Cuneese, che non finirò mai di ringraziare, la possibilità di invitare Giroinfoto a far parte del progetto, insieme ai team di IG Piemonte, IG Valle d’Aosta, IG Liguria, IG Lombardia, IG Veneto ed IG Emilia Romagna, tutti presenti all’evento e onorati della presenza di Giroinfoto. La prima pietra c’è, ora si tratta di andare avanti con la costruzione. A dimostrazione del fatto che per noi, “La Fotografia Aggrega” non è solo uno slogan. Carlo Berenguez Community Manager IGWorldclub Giroinfoto Magazine nr. 35
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LA FOTOGRAFIA AGGREGA Carlo Berenguez photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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LA FOTO
AGGR Giroinfoto Magazine nr. 35
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OGRAFIA
REGA UNO SPECIALE RINGRAZIAMENTO PER IL CONTRIBUTO FOTOGRAFICO A: Carlo Berenguez Isabella Meloncelli Giovanni Gamberini Laura Stratta Scila Mazzoleri Francesca Avanzi Davide Rossi Giacomo Flisi Adriana Oberto
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Cinema Torinese A cura di Band of Giroinfoto - Torino CAPO SERVIZIO
Lorena Cannizzaro Giroinfoto Magazine nr. 35
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Proiettore 70mm
Giancarlo Nitti photography
TORINO
Barbara Lamboley Lorena Cannizzaro Cinzia Marchi Daniele Colangelo Gianluca Colangelo Giancarlo Nitti
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Cinema Torinese TORINO CAPITALE DEL CINEMA Torino oltre ad essere stata la prima capitale d’Italia, lo è stata anche del cinema italiano. Non è un caso infatti che il Museo Nazionale del Cinema si trovi nel splendido capoluogo sabaudo. Nel lontano marzo 1896, a pochi mesi dalla prima proiezione con il cinématographe avvenuta il 28 dicembre 1895 davanti al pubblico del Gran Cafè del Boulevard des Capucines di Parigi, i fratelli Louis e Auguste Lumière decisero che sarebbe stata proprio Torino la prima città ad ospitare una loro proiezione al di fuori dei confini nazionali.
E nel novembre del 1896, proprio in via Po, una delle principali vie cittadine, fu proiettato il primo spettacolo a pagamento d'Italia. Il legame tra Torino e la Settima arte non finisce certamente qui, infatti fino al 1937, momento in cui venne realizzata Cinecittà a Roma, su iniziativa del regime, fu sede della prima industria cinematografica nazionale. Infatti nel 1904, il ragionier Arturo Ambrosio, che aveva uno studio fotografico in via Roma 2, si appassionò a tal punto al mondo del cinema, che dopo due anni di studi e di riprese, tra cui la prima corsa automobilistica Susa Moncenisio, arrivò a fondare una delle prime case di produzione cinematografica in Italia, quella che divenne poi la Ambrosio Film.
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Anche il legame che unisce la Mole Antonelliana e il Museo Nazionale del Cinema non è un caso. Già nel 1941 la studiosa di storia e cinema Maria Adriana Prolo avanzò la proposta di raccogliere e custodire materiali provenienti dal mondo del cinema all’interno dell’edificio realizzato da Alessandro Antonelli. L’idea venne approvata e su concessione del Comune, una delle sale della Mole venne impiegata per l’iniziativa. Tuttavia il tornado del 1953, che spezzò e fece precipitare circa 47 metri della guglia nel giardino sottostante della sede RAI, portò alla decisione di spostare il prezioso materiale raccolto in un edificio più sicuro, e così nel 1960 il tutto venne trasferito a Palazzo Chiablese, per poi tornare in via Montebello 20/A solo nel 2000. Ad oggi la Mole Antonelliana è diventata la sede permanente del Museo Nazionale del Cinema, e ospita al suo interno macchine ottiche precinematografiche, lanterne magiche e pezzi provenienti dai set cinematografici dei primi film, italiani e stranieri, in un allestimento alquanto suggestivo e accattivante. Una delle tappe più consigliate nei tour turistici di Torino, non solo per lo spettacolare edificio che lo ospita, il simbolo stesso della città, ma anche per i materiali conservati e per le varie attività di studio, ricerca e documentazione in materia di cinema, fotografia e immagine promosse dalla Fondazione Maria Adriana Prolo. Sicuramente una tappa obbligata che ogni amante del cinema deve visitare almeno una volta nella vita!
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EX CINEMA KING KONG Le proiezioni cinematografiche hanno da sempre caratterizzato i locali che si trovano in via Po al numero 21 di Torino, dove oggi ha sede il locale Blah Blah. Infatti, fin dai primi anni del Novecento, tali ambienti già occupati dal Caffè Ristorante Parigi, di proprietà di Giuseppe De Ronzier, accolsero delle proiezioni di fotografia animata. Successivamente nel 1906, Arturo Ambrosio rilevò il cinema De Ronzier, rinominandolo Ambrosio Biograph. L’anno seguente nacque in questi spazi il Cinema per le famiglie dove venne ospitata la prima proiezione dei fratelli Lumière in una città al di fuori della Francia. Il 24 giugno 1916, un incendio scoppiato nella cabina di proiezione distrusse parzialmente i locali che dovettero quindi subire una consistente ristrutturazione prima di poter riaprire i battenti. Nel 1941 il cinema fu rinominato Cinema Po, e subì diversi restauri ad opera dell’Architetto Pier Carlo Dondona che progettò anche una nuova facciata dalle linee più razionaliste. Superata la crisi cinematografica degli anni
Settanta, il 9 febbraio 1985 venne aperto al pubblico il King Kong Cinestudio, nome scelto PIAZZA CASTELLO proprio per ironizzare sul fatto che, insieme al Barbara Lamboley photography Lilliput era una delle sale cinematografiche più piccole di Torino. Dal 28 ottobre 1994 cedette una parte del suo nome alla nuova sala cinematografica di via Santa Teresa 5 così da rimanergli solo l’appellativo di King. Il 21 marzo 2011 è il giorno della svolta, dopo un importante rinnovamento dei locali dello storico cinematografo torinese viene inaugurata l’apertura del Blah Blah: uno spazio non più̀ destinato al solo cinema, ma ibridazione e contaminazione di arte, musica, cinema e parole. Una rivoluzione della Torino anni 2000 che arriva ad offrire proposte intransigenti e di qualità̀, in un contesto rinnovato e accogliente. Un posto contornato da musica non convenzionale, libri, arte, ascolti di dischi tra il jazz e il vintage soul, il rock e la newave, l’hc e il funk, un mix tra sonorità classiche e moderne. Aperto sette giorni su sette, dalla colazione al pranzo, dalla merenda all’aperitivo, dal cocktail alla birra fino al bicchiere della staffa.
BLAH BLAH Cinzia Marchi photography
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EX SALA DI PROIEZIONE Barbara Lamboley photography
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CINEMA STORICI DI TORINO Ad oggi il capoluogo torinese conserva ancora diversi cinema storici in attività. Infatti, soprattutto in centro città, anche nell’epoca dei multisala nei mega centri commerciali resistono ancora molte sale cinematografiche storiche, che hanno attraversato non poche difficoltà ma che risultano ancora attive. La Band of Giroinfoto Torino ha selezionato alcuni dei cinema più importanti per far conoscere questa storica realtà torinese.
CINEMA AMBROSIO Corso Vittorio Emanuele II, 52
Il nome si ricollega a quello del ragionier Arturo Ambrosio, ma la storia di questo cinema iniziò con i coniugi Prioni nel 1909. A dare notizia del volere dei Prioni di realizzare un teatro di varietà presso il loro palazzo in Corso Vittorio Emanuele fu il periodico L’architettura Italiana, che nel 1909 riportava in un articolo: «i coniugi Prioni intendono costruire nel cortile del palazzo di loro proprietà. Sarà adibito a spettacoli cinematografici e teatrali, avrà una capienza di 828 spettatori e sarà collegato Giroinfoto Magazine nr. 35
CINEMA AMBROSIO Barbara Lamboley photography
ad un elegante bar, posto all’angolo del corso…». La costruzione ebbe inizio nella primavera del 1911 secondo le indicazioni progettuali dell’Ingegnere Alfredo Premoli, che ideò un salone per le proiezioni con platea reclinante verso il palcoscenico e galleria poco profonda, un locale munito di un atrio lungo oltre 27 metri con un’estesa sala d’aspetto prospettante il cortile interno. Il salone poteva ospitare 1600 persone, suddivise in tre ordini di posti e lo copriva un elaborato soffitto, poi affrescato dal pittore Mino Rosso.
61 Successivamente dall’aprile del 1913 l’avvocato romano Giuseppe Barattolo, concessionario della casa Ambrosio, prese in affitto gli ambienti. L’inaugurazione del Cinema Ambrosio ebbe così inizio alle ore 21 di giovedì 18 dicembre 1913 e il nuovo cinematografo per grandiosità, accuratezza nei dettagli, comodità ed eleganza poteva benissimo rientrare tra i più prestigiosi d’Europa. Le sale, immense per larghezza e per altezza, erano due, la sala d’aspetto e quella di proiezione. Quella d’aspetto, arredata con mobilio ricercato, sedie e poltroncine magnifiche, graziosi tavolini e sedie per i bambini; tutta cosparsa di piante e fiori, che
lasciavano una nota fresca e profumata nell’aria. La sala proiezione era magistralmente arredata con poltrone e sedie comode ed eleganti, un innovativo lucernaio centrale permetteva inoltre il diffondersi di colori e luci che gradualmente abituavano la vista degli spettatori all’oscurità delle proiezioni. Da quel giorno e per molto tempo personaggi della Torino bene iniziarono a frequentare il cinematografo. Il 14 agosto 1914 l’Ambrosio inaugurò inoltre, in una grande profusione di piante e fiori, il nuovo Jardin d’Eté. CORTILE CINEMA AMBROSIO Lorena Cannizzaro photography
Tra eventi mondani e proiezioni quasi sempre d’alto livello, il cinema subì diverse migliorie: dall’inverno del 1918 le sale vennero riscaldate tramite de caloriferi e l’anno successivo il giardino estivo divenne una sorta di oasi verdeggiante e freschissima, dove le signore aristocratiche torinesi amavano passare il tempo. Il 5 marzo 1920 venne posto al suo interno un enorme schermo di 92 mq, il più grande d’ltalia, e nel successivo giugno venne realizzato il cinematografo all’aperto, che tra fontane luminose, ospitò balli, concerti e attrazioni varie. Gestito dall’Unione Cinematografica Italiana (U.C.I.), fondata dall’Avvocato Cavaliere Giuseppe Barattolo
nel 1919, passò poi nel 1923 alla Società Cinema Teatri, che alla fine di settembre, dopo dei lavori di ingrandimento e rinnovamento che resero le sale raffrescate molto più luminose, venne riaperto inaugurando anche il Gran Bar Caffè Ambrosio. Nel 1930, quando l’edificio era di proprietà dell’Avvocato Giovanni Frisetti, l’Ingegnere Giacomo Salvadori si occupò di predisporre la sala di proiezione per il sonoro, ampliò ulteriormente la galleria creando “un’incastellatura in ferro” eseguita nelle Officine di Savigliano e apportò modifiche alla decorazione sistemando gli accessi e demolì una parte della platea.
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CINEMA AMBROSIO Lorena Cannizzaro photography
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CINEMA AMBROSIO
CINEMA AMBROSIO Cinzia Marchi photography
Nel 1954 una scenografica scalea elicoidale trovò posto nell’atrio d’ingresso su ideazione dell’Architetto Aldo Morbelli. Il cinema subì ulteriori cambiamenti nel corso del 1985, quando passò dalla Gaumont alla Cannon, e si prese la decisione di trasformarlo in un multisala a 4 schermi. Sabato 15 febbraio 1986 vene inaugurato l’Ambrosio piccolo, capace di ospitare 154 spettatori. Mentre il 16 settembre seguente venne aperto l’Ambrosio grande, che, dotato delle più avanzate tecnologie e di una vasta platea ad anfiteatro, poteva arrivare ad accogliere 480 spettatori. Nel 1992 il Circuito Cinema 5, nuovo esercente della sala, promosse ulteriori rilevanti cambiamenti pro-
gettati dall’Architetto Edoardo Comoglio. Così alla nuova apertura del 27 dicembre gli spettatori si trovarono di fronte a un cinema con tre sale, dagli impianti potenziati, ma dal gusto ancora elegante: l’Ambrosio 1, la sala grande, l’Ambrosio 2, contenente 208 posti e l’Ambrosio 3, la sala più piccola. Ad oggi l’antico splendore architettonico resta relegato in sporadiche permanenze da ricercare con cura all’interno degli ambienti. Tuttavia passato, presente e perché no, anche futuro, sembrano fondersi confermando una tradizione di elevato prestigio che tuttora è prerogativa del Cinema Ambrosio.
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CINEMA LUX Giancarlo Nitti photography
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CINEMA LUX Galleria San Federico, 33
CINEMA LUX Barbara Lamboley photography
Il cinema storico Lux, attualmente convertito in moderna multisala, si trova nel cuore del centro di Torino, accanto a Piazza San Carlo, su un lato di via Roma, in Galleria San Federico. Fu inaugurato nel 1934 e, tra marmi e scaloni, offriva una maestosa sala da 1573 posti. Originariamente chiamato Rex, era definito come la sala torinese «più lussuosa e all’avanguardia» dell’epoca, successivamente prese il nome di Dux, poi modificato in Lux nel dopoguerra. Venne progettato da Giovanni Canova ed Eugene Corte, allievo di Jean Luis Pascal che fu assistente di Charles Garnier nella progettazione dell’Opera di Parigi. Rimasto chiuso per lavori di ristrutturazione dal 2005 al 2009, ha riaperto facendo tornare a splendere gli eleganti marmi scuri, i bronzi e il suo tipico stile anni Trenta.
CINEMA LUX Cinzia Marchi photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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NUOVO ROMANO Barbara Lamboley photography
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NUOVO ROMANO Piazza Castello, 9
NUOVO ROMANO Lorena Cannizzaro photography
Il cinema si trova nella Galleria Subalpina, inaugurata nel 1874, collocata tra piazza Castello e piazza Carlo Alberto. La galleria progettata da Pietro Carrera, si caratterizza per un ampio e luminoso salone lungo cinquanta metri, largo quattordici arricchito da un notevole apparato decorativo eclettico che fonde insieme elementi in stile rinascimentale e barocco, opera dello scultore Pietro Rubino, autore per altro della Vittoria Alata del faro della Maddalena. Degna di nota è anche la volta che mostra un largo utilizzo di vetro e ferro battuto, con elementi strutturali riccamente ornati realizzati dai fratelli Loro e dal Piattini. Al suo interno la galleria ospitò sin dall’inizio alcuni locali divenuti poi storici come il celebre Caffè Baratti & Milano e, dal 1897, il Caffè Concerto Romano, locale abitualmente frequentato dallo scrittore Edmondo De Amicis, una libreria antiquaria, una galleria d’arte, un negozio di arredi e un paio di rinomati ristoranti. Nel sottopiano del salone aprì, nel 1905, il cinematografo Lumière, il quale due anni più tardi cambiò il
nome in Cinema Romano per poi essere inaugurato il 10 giugno 1911. Chiuso per degli ammodernamenti necessari nella sala sotterranea, il cinematografo riaprì nel 1916 come teatro-varietà. Durante la seconda guerra mondiale, un bombardamento avvenuto nell’agosto del 1943 causò ingenti danni alla galleria e la sala rimase chiusa fino al 5 settembre 1946. Successivamente vennero promossi i lavori per ricostruire la struttura seguendo fedelmente i disegni originali. Nel 1958 il cinema fu sottoposto a una radicale ristrutturazione e dopo la sua riapertura divenne il primo essai italiano. Il Nuovo Romano ad oggi risulta essere la sala cinematografica più antica di tutta Torino.
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CINEMA REPOSI Lorena Cannizzaro photography
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CINEMA REPOSI Via XX Settembre, 15
CINEMA REPOSI Barbara Lamboley photography
La storia inizia con Stefano Reposi che partendo da Valmadonna, vicino ad Alessandria, si trasferì nei primi anni del Novecento in Liguria.
dell’Eldorado, che si caratterizzava per una particolare e innovativa cupola apribile per il ricambio dell’aria.
Qui il figlio Felice, un commerciante all’ingrosso di formaggi e salumi, ma con una forte passione per il cinema, allora fenomeno agli albori e all’avanguardia, decise di aprire una sala cinematografica a Savona. A quei tempi i film, le cosiddette “pizze”, si dovevano acquistare e in breve tempo l’uomo si trovò con un magazzino pieno di pellicole, gli venne allora in mente che poteva affittarle alle altre sale che nel frattempo stavano nascendo. Fu così che fondò la Ligure Film, una delle prime società di noleggio cinematografico in Italia.
Successivamente al termine della seconda guerra mondiale, Amedeo considerò di espandere ulteriormente la propria attività oltre i confini della Liguria.
A sviluppare poi l’azienda fu il figlio Amedeo che, rimasto orfano a 21 anni, continuò questa curiosa doppia attività: da un lato commerciava alimentari, dall’altro manteneva viva la passione del padre per il cinema, trasformandola nel tempo in un vero e proprio business. Nel 1920, Amedeo inaugurò a Savona il cinema-teatro Reposi e qualche anno dopo, nel 1938, fu la volta
Indeciso tra Milano e Torino, optò per quest’ultima nel momento che trovò in vendita un terreno centrale, tra via XX Settembre, corso Matteotti e via Arsenale, ideale per costruire il cinema dei suoi sogni. All’epoca la burocrazia era più snella e dopo la guerra c’era bisogno di ricostruire in fretta, così già nel 1947 si poté inaugurare il cinema Reposi, che fino agli anni Sessanta fu sia cinema che teatro. Per l’epoca le soluzioni architettoniche adottate erano all’avanguardia: la sala, con la sua forma a interno di uovo e il soffitto apribile, conteneva quasi 3000 posti e permetteva di accedere alla platea e alla galleria senza gradini.
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Negli anni Novanta i cinema entrano in un periodo di crisi che porta alla conseguente era delle multisale. Anche il Reposi dovette adattarsi alle nuove necessità di mercato e dopo essere stato chiuso per un paio di anni a causa delle ristrutturazioni, nel 1997 riaprì con le sue nuove quattro sale: la platea era stata divisa in due, la galleria era stata resa autonoma e infine si era stata realizzata una saletta ex-novo sopra l’atrio.
CINEMA REPOSI Giancarlo Nitti photography
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Trasformato quindi in multisala alla fine degli anni Novanta, ma sempre ubicato nel cuore della città di Torino, questo storico locale si presenta oggi con ulteriori rinnovi e in grado di rispondere alle nuove esigenze del pubblico, grazie alle sue sette sale (le sale 1 e 2 con 360 posti, la sala 3 con 612, la sala 4 con 90, la sala 5 con 150, la 6 con 332 e la 7 con 189) munite di schermi all’avanguardia e alla modernizzazione di tutti gli impianti tecnici e di proiezione.
INCONTRA LA TRADIZIONE PIEMONTESE
28 OTTOBRE 2018 PIAZZA MADAMA CRISTINA
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A cura di Giulia Migliore
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L’Etna, patrimonio UNESCO dal 2013, è uno dei vulcani più attivi al mondo, localizzato al centro del mar Mediterraneo è a pochissima distanza dal mare, la diversità dei paesaggi è incantevole. A’ Muntagna, come amano chiamarla i suoi abitanti è una creatura viva ed è femmina, essa infatti è fertile, dinamica, maestosa ma anche lunatica e irascibile come una donna, con la quale gli abitanti dei paesi etnei sono abituati da sempre a convivere e che nonostante tutto amano, come una mamma.
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L’Etna è un vulcano prevalentemente effusivo, erutta cioè una lava abbastanza fluida da formare delle colate, simile alle eruzioni del vulcano hawaiano Kilauea, non mancano però anche fenomeni di tipo esplosivo come quelle che caratterizzano il Vesuvio. Il parco dell’Etna si estende dalla vetta del vulcano fino alla cinta dei paesi etnei suddiviso in 4 zone con differenti livelli di protezione: A,B,C e D. Il vulcano si estende dal livello del mare fino a 3329 mt, variabili in base all’attività vulcanica. I fianchi del vulcano sono inaspettatamente ricchi di vegetazione sono inoltre presenti alcune piante endemiche, presenti solo il questo territorio e con caratteristiche univoche.
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Nei versanti sud-occidentale e jonico si trovano gli agrumi; i vitigni terrazzati sono presenti sui fianchi delle bocche spente lungo le colline e nella stessa fascia sono presenti anche ulivi e mandorli. Nel versante occidentale, territorio di Bronte, il pistacchio domina su vaste distese. Nel versante Est e Nord-Est, nell’ambiente più umido, si insedia il nocciolo. Il paesaggio su tutti i versanti, da mare ai 2000 mt è caratterizzato dalla ginestra che da maggio a luglio colora e profuma la zona etnea.
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Il Vulcano oltre allo spettacolare paesaggio offre una vasta gamma di attività da svolgere durante tutto l’arco dell’anno, come ad esempio numerosi percorsi di trekking con vari livelli di difficoltà, tour in fuoristrada, a piedi o in bicicletta, gite gastronomiche e attività sciistiche e molto altro.
Valle del Bove – Versante Est
La valle del Bove è un’immensa vallata creata dalla depressione del versante est del vulcano, formatasi circa 10000 anni fa. La valle è lunga 7 km e copre quasi tutto il fianco orientale del vulcano. All’interno della vallata confluiscono oggi gran parte delle colate laviche etnee.
Grotte vulcaniche
L’Etna è ricchissima di grotte vulcaniche dette anche Lava Tube (tubi di lava), formatesi durante le colate laviche per effetto dell’ingrottamento della lava come conseguenza del raffreddamento dello strato più esterno del flusso eruttivo.
Le grotte hanno estensione orizzontale, molte delle quali sono visitabili e facilmente accessibili con attrezzatura adatta. Al loro interno le grotte appaiono simili ad un guscio di cioccolato: il flusso della lava ancora caldo è evidente lungo le striature delle pareti, il soffitto è caratterizzato da delle piccole goccioline immediatamente raffreddate e solidificata; lungo tutta la grotta è presente la linea di fusione al centro, le grotte sono caratterizzate da parti molto basse e parti molto alti generate dalle bolle di gas presenti all’interno della grotta durante la sua formazione. Attraversandola si ha come l’impressione di scendere negli inferi, esattamente dentro i tunnel di lava. Anche all’interno delle grotte, zone aride e molto umide si hanno piccoli cenni di vegetazione; nella parte superiore infatti è possibile scorgere radici filtrate dalla superficie fino alla grotta in cerca di umidità.
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Crateri laterali – Versante Sud
I crateri laterali sono coni formatisi durante eruzioni laterali, non derivanti dei crateri sommitali ma da fratture eruttive a quote più basse. Si formano conetti alti circa 100 mt a monte della colata lavica ad ogni eruzione vulcanica di tipo esplosivo; sono costituiti da cenere, tufi, sabbia e lapilli. L’Etna ne conta circa 250 e spesso è possibile osservare uno spettacolare “Sistema a Bottoniera” : una successione di conetti allineati sull’asse eruttivo come se fossero dei bottoni. Generalmente queste colate risultano essere le più pericolose perché formandosi a quote più basse, sono le più vicine ai centri abitati.
Crateri Silvestri
La loro formazione risale al 1892 da un’eruzione radiale creando una bottoniera di cinque crateri tra 2025 e 1800 mt. Sono i coni più noti dell’intero edificio vulcanico e si trovano a ridosso del Rifugio Sapienza e della Funivia dell’Etna.
Crateri sommitali – Versante Nord
L’Etna gode di ben quattro crateri sommitali: la Voragine, il Centrale, Nord-Est e Sud-Est. Sono tutti crateri di origine recente; il Nord-Est è il più alto il Sud-Est invece è il più giovane e il più attivo negli ultimi decenni. Il paesaggio , a causa dell’altitudine è simile a quello lunare e quasi completamente privo di vegetazione. I crateri sommitali possono essere raggiunti esclusivamente accompagnati da guide qualificate in funzione dell’attività vulcanica.
Giulia Migliore
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Le Grotte di Catullo SIRMIONE
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Con quale gioia e felicitĂ ti rivedo Sirmione, gioiello delle penisole e delle isole, fra tutte quelle che il duplice Nettuno accoglie nei chiari laghi e nei vasti mari! A stento credo di aver lasciato la Tinia e le terre bitinie e di rivederti fuori da ogni pericolo. ...Salve, o bella Sirmione, gioisci del tuo signore; e gioite voi, o Lidie onde del lago: risuonate, risate tutte della casa. Caio Valerio Catullo
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GLI SFARZI DI UN’ANTICA VILLA ROMANA Con il termine "Grotte di Catullo" si indicano i resti di una sfarzosa villa romana risalente alla fine del I secolo a.C. e il I secolo d.C. posta in luce a Sirmione, in provincia di Brescia, sulla riva meridionale del Lago di Garda. Ad oggi risulta essere la testimonianza più importante risalente al periodo romano del territorio di Sirmione ed è sicuramente l'esempio più imponente di villa residenziale romana di tutta l’Italia settentrionale. La sua denominazione risale al XV secolo, momento in cui vennero riscoperte le liriche di Gaio Valerio Catullo (I secolo a.C.), e in particolar modo l’appellativo viene ricollegato al Carme 31, in cui il poeta di origine veronese descrive il suo ritorno nell'amata casa di Sirmione. All’epoca erano infatti visibili gli spettacolari resti della villa, benché in parte interrati e coperti da vegetazione, che agli occhi dei contemporanei sembravano delle grotte. Tale associazione pur dimostratasi inesatta, in quanto la villa venne costruita successivamente la morte di Catullo, ha dato il nome al sito. Il complesso archeologico è situato in una posizione panoramica straordinaria, sulla punta estrema della penisola di Sirmione, sovrasta dall'alto dello sperone roccioso l'intero bacino del Lago di Garda. La villa occupa un'area alquanto estesa di circa 2 ettari ed è circondata da un oliveto storico che si compone di oltre 1500 piante. Chi fosse interessato a visitare l’affascinante sito deve sapere che dal 1999 all'interno dell'area è stato aperto il Museo archeologico di Sirmione, che espone al suo interno i reperti provenienti dalla penisola e da alcuni siti del basso Garda.
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LA VILLA ROMANA I primi scavi con finalità scientifiche del sito si fanno risalire alla metà dell'Ottocento ma, solo dopo l'acquisizione pubblica dell'area fra il 1947 e il 1949, furono svolte le prime vere dettagliate ricerche che portarono alla pubblicazione nel 1956 di una prima guida dell’intero complesso, correttamente interpretato come una sontuosa villa romana. Le indagini più recenti hanno permesso di delineare la cronologia della villa, costruita in età augustea (ultimi decenni del I secolo a.C.- inizi I secolo d.C.) ed abbandonata nel corso del III secolo d.C., confermando che la costruzione attualmente visibile fu realizzata con un progetto unitario che ne definì l'orientamento e la distribuzione degli spazi, secondo determinati criteri di assialità e simmetria. Un sondaggio nel settore meridionale della villa ha inoltre accertato l'esistenza di alcuni vani relativi ad un edificio antecedente la grande villa, intenzionalmente abbandonato e demolito a livello delle fondazioni al momento della nuova costruzione. La struttura ha pianta rettangolare (167 x 105 me-
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tri) con due avancorpi sui lati brevi nord e sud, si sviluppava su tre piani. Per superare l'inclinazione del banco roccioso su cui fu impostato l'edificio vennero realizzate grandi opere di sostegno nella parte settentrionale e furono creati rilevanti tagli per modellare il banco roccioso. Questi ultimi risultano ancora ben visibili sul lato ovest in cui è presente il criptoportico e sul lato orientale dell'avancorpo settentrionale. Il piano nobile, corrispondente agli ambienti di abitazione del proprietario, risulta ad oggi quello più danneggiato, in quanto era il più esposto e perché la villa, dopo il suo abbandono, venne impiegata per secoli come una cava di materiali. Meglio conservati risultano invece il piano intermedio e quello inferiore. L'ingresso principale dell’edificio era collocato a sud, verso la terraferma, e permetteva l’accesso al piano superiore residenziale, il quale era anche dotato di un settore termale munito di piscina.
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Allo stesso livello, lungo i lati lunghi, si sviluppavano lungo i lati est e ovest, loggiati e terrazze scoperte verso il lago, comunicanti a nord con un'ampia terrazza panoramica protesa sull’acqua, avente un velarium, una copertura mobile in tessuto composta da più teli. Un sistema di rampe e di scale permetteva di scendere ai piani inferiori, i quali erano per lo più destinati ad ambienti di servizio, e di accedere alla spiaggia posta sulla punta più estrema della penisola. Il lato lungo occidentale del piano intermedio era occupano dal grande criptoportico, dal greco criptos (nascosto) e dal latino porticus (portico), una estesa passeggiata un tempo coperta, ricavato in larga parte scavando il banco roccioso naturale, che permetteva ai proprietari e ospiti della sontuosa villa di dedicarsi a piacevoli passeggiate durante le giornate di maltempo o permetteva di evitate la calura delle giornate estive. Le parti residenziali dell'edificio erano situate nelle zone nord e sud, mentre la parte centrale, che attualmente ospita un oliveto, era occupata da un grande spazio aperto rettangolare di circa 4000 mq.
Al suo interno si trovava il giardino, circondato sui lati da un porticato e suddiviso internamente da vialetti ed aiuole, come lascerebbero ipotizzare alcune pitture parietali di età romana giunte fino a noi. Sul lato meridionale, sotto un pavimento in opus spicatum, un tipo di paramento costituito da laterizi collocati di taglio secondo la disposizione a lisca di pesce o a spiga di grano, si trova infine una grande cisterna lunga quasi 43 metri, che aveva il compito di raccogliere l'acqua necessaria per gli usi quotidiani. Dopo l'abbandono dell’edificio nel III secolo d.C., il sito si presentava ormai in rovina, tuttavia in virtù della sua collocazione strategica e del suo ruolo di punto di controllo visivo di gran parte del Lago di Garda, fu inserito nella struttura difensiva che andava a circondare la penisola (fine IV-inizi V secolo d.C.). E proprio a partire da questo periodo, le rovine della villa iniziarono ad ospitare anche una necropoli.
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IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI SIRMIONE Il Museo archeologico di Sirmione, sito all’interno del complesso archeologico, è stato aperto al pubblico nel giugno 1999 in sostituzione del precedente piccolo Antiquarium, per offrire alla pubblica fruizione un numero maggiore di reperti rinvenuti sia nell’area archeologica delle Grotte di Catullo sia da altre ville romane situate sul lago di Garda (villa di via Antiche Mura a Sirmione e villa di Toscolano) oltre che da altri siti archeologici della zona. Il Museo archeologico si presenta organizzato in più sezioni. Nel portico d’ingresso sono presenti dei pannelli che raccontano la genesi e la morfologia del lago di Garda, oltre a illustrare le differenti vie di comunicazione nel territorio in età antica. L’interno del Museo archeologico ospita tre sezioni: Preistoria e protostoria del lago di Garda, caratterizzata dai ritrovamenti dalle palafitte rinvenute sulle rive del lago; Età romana, in cui sono esposti alcuni dei reperti provenienti dalle Grotte di Catullo;
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Età medievale, dove sono raccolti i corredi funerari della chiesa di S. Pietro in Mavino di Sirmione e di altre località adiacenti. Fra i materiali esposti provenienti dall’area archeologica si ricordano i frammenti della decorazione ad affresco che adornavano gli ambienti residenziali della villa, inquadrabili nel cosiddetto III stile pompeiano - caratterizzato da fantasiose architetture che suddividono e riorganizzano lo spazio delle pareti attraverso l’inserimento di quadretti paesaggistici, figure, candelabri vegetali e motivi fantastici -, e i raffinati stucchi e i frammenti della decorazione architettonica (basi, colonne e capitelli) che scandivano la ricca struttura. Nel Museo archeologico sono anche ospitati un plastico che riproduce la villa romana e un monitor touch-screen con filmati in tre lingue sulle Grotte di Catullo e su gli altri siti del lago di Garda.
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L’ULIVETO STORICO Grazie alla collaborazione tra l’UNAPROL (Consorzio Olivicolo Italiano) e l’Associazione Interprovinciale Produttori Olivicoli Lombardi (AIPOL), oltre che ai finanziamenti provenienti dall’Unione Europea e dall’Italia, è stato possibile realizzare un programma di recupero dell’oliveto storico delle Grotte di Catullo. L’uliveto presente tra i resti archeologici si compone di piante appartenenti a tre differenti varietà
gardesane (casaliva, leccino e gargnà), tra le piante bisogna menzionare l’esistenza di alcuni esemplari plurisecolari la cui età è stata stimata intorno ai 400-500 anni. A partire dal 2012 si è potuta attuare la raccolta delle olive finalizzandola alla produzione dell’olio extra vergine dell’oliveto storico delle Grotte di Catullo, un prodotto che si distingue per l’elevata qualità e il piacevole sapore.
SIRMIONE, LA PERLA DELLE ISOLE E DELLE PENISOLE Conosciuta da tutti come “la perla delle isole e delle penisole” grazie al poeta Catullo, Sirmione è una località rinomata per il suo ricco patrimonio storico e artistico. Posta sulla sponda meridionale del Lago di Garda, in corrispondenza di una lunga e sottile penisola che divide i golfi di Desenzano e Peschiera, Sirmione gode di ampia fama grazie a scrittori come Stendhal, Lawrence e Goethe che ne hanno celebrato nelle loro opere le bellezze artistiche e ambientali. La storia di Sirmione è alquanto complessa, ricordata come “mansio”, cioè un insieme di edifici pubblici sottoposti ad un decurione, dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, divenne parte del regno longobardo e successivamente, nel corso del XII secolo, ottenne una propria amministrazione dipendente da Verona. In seguito, durante la
signoria Scaligera, nel XIII secolo, venne cinta da mura e munita dell’imponente Rocca, per poi passare alla Serenissima Repubblica di Venezia nel XV secolo. Per secoli appartenne al veronese e solo con Napoleone il comune fu spostato in territorio bresciano. Oltre ad ospitare un centro termale di livello internazionale, Sirmione offre un ricco patrimonio archeologico e storico-artistico, che comprende i resti di un’antica villa romana della prima età imperiale, nota come le Grotte di Catullo, la Rocca Scaligera e la chiesa di S. Pietro in Mavino, risalente circa all’VIII secolo. Il suo centro storico inoltre è alquanto caratteristico, con le sue strette viuzze e i muri in pietra, capaci di regalare ai visitatori indimenticabili scorci romantici e suggestivi.
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JAMAICA BEACH UNA SPIAGGIA DI PIETRA IN MEZZO AL LAGO A pochi passi fuori dal centro di Sirmione si trova un luogo unico e incantato. Si tratta di Jamaica Beach, una piccola spiaggia di pietra situata nella parte settentrionale di Sirmione, la quale merita sicuramente una breve escursione per visitarla. Si può raggiugere sia tramite il sentiero che scende dall’area di ingresso dell’area archeologica, oppure effettuando un mezzo giro dell’isola a ridosso della riva. A volte il lago di Garda, a causa delle scarse pre-
cipitazioni, può presentare un livello più basso rispetto a quello consono, quando non piove per diverso tempo infatti può abbassarsi fino a 30-60 cm. È quando si verifica questo avvenimento che come per magia le lastre di pietra intorno a Sirmione sorgono sopra l’acqua, fornendo un particolare panorama e fornendo la possibilità di camminare “sul lago”.
E. Roffia, Le "grotte di Catullo" in Ville romane sul lago di Garda, Brescia 1997. E. Roffia, Le "Grotte di Catullo" a Sirmione. Guida alla visita della villa romana e del museo, Milano 2005.
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Lorena Cannizzaro photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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ZAANSE SCHANS OLANDA
A CURA DI BARBARA TONIN Zaanse Schans nasce dalla nostalgia. La nostalgia del secolo d’oro olandese e in particolare dello Zaanstreek, regione bagnata dal fiume Zaan, a nord di Amsterdam. Per i Paesi Bassi il XVII° secolo è il periodo storico più florido per il commercio, l’arte e la scienza.
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Molen De Huisman. L’abilità dei cartografi e dei marinai permise agli olandesi di imporsi per due secoli a livello mondiale nello scambio delle merci, soprattutto grazie alla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, che deteneva il monopolio su Indie e Giappone e da cui importavano principalmente spezie in gran quantità. Il florido commercio portò quindi alla costruzione di nuovi mulini, che venivano usati per la lavorazione di orzo, riso, cacao, canapa, senape, carta, per la produzione di coloranti e olio, ma anche come segherie per la lavorazione del legno che serviva per la fabbricazione delle navi. A fine ‘700 Zaanstreek, la più antica regione industrializzata d’Europa, contava quasi un migliaio di mulini a vento, ognuno adibito ad una funzione specifica. Con il passare degli anni, però, la necessità di aumentare la produzione introdusse i mulini con motore a vapore, che sostituirono quelli eolici ed a fine del XVIII° secolo ne rimanevano poche decine.
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Fu nel 1946 che l’architetto Jaap Schipper progettò una pianificazione territoriale urbanistica nel comune di Zaanstad, lungo il corso dello Zaan, per la salvaguardia e il recupero degli ultimi edifici storici, quali case, botteghe e mulini a vento. Il progetto prevedeva di individuare i fabbricati nei paesi limitrofi, trasportarli via fiume o via terra e ricollocarli a Zaanstad. Un vero e proprio museo all’aperto. Nel settembre del 1961 fondò l’associazione “Vereninging De Zaansche Molen” e i lavori ebbero inizio: nel 1962 la prima casa fu posata e nel 1976 era nata Zaanse Schans. Con il passare degli anni, altri edifici furono eretti su immagine degli originali: nel 1987 viene ricostruito un fienile e un magazzino per il formaggio e nel 1993 un granaio viene spostato dalla vicina Zandaam. Una copia di una casa di pescatori è edificata una decina di anni più tardi al posto del vecchio mulino a mattoni De Windhond, spostato più a est, e nel 2003 viene replicata la segheria Het Jonge Schaap, demolita precedentemente. Altri lavori di ricostruzione e restauro sono stati eseguiti negli anni a seguire, oltre all’ampliamento del museo Zaans.
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De Kat (Il gatto)
Il legno viene posto in grossi catini di legno e ridotto in schegge tramite degli scalpelli. Le macine rotanti poi frantumano le schegge trasformandole in polvere, che viene setacciata in un tamburo. Giroinfoto Magazine nr. 35
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De Zoecher (Il cercatore)
Nel mulino frantoio le grosse macine (pietre verticali), mosse dagli ingranaggi superiori, frantumano col loro peso semi e noci. Il mugnaio spiana regolarmente la massa frantumata sotto le pietre e, una volta ridotta in polvere, viene riscaldata in un forno e continuamente mescolata. Quando è pronta, viene messa in sacchi di lana che sono battutti con molto vigore e in seguito avvolti in foderi di crini di cavallo e cuoio. Tramite poi delle strutture di legno con sistemi di compressione a cuneo, i foderi vengono compressi e ne fuoriesce l’olio. La massa spremuta infine, dopo essere stata nuovamente battuta e riscaldata, viene sottoposta ad una seconda spremitura.
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104 Ora Zaanse Schans, abitata dalla gente locale, è ricca di negozi, laboratori, botteghe, fattorie, locande e mulini a vento di ogni tipo e viene tramandata l’arte della lavorazione del legno, del grano e del cacao, della produzione di coloranti e pigmenti per tessuti e di varie tipologie di olio. La vista su Zaanse Schans si apre dal ponte che unisce le due rive del fiume, popolate dalle case colorate con i tetti rossi e grigi e i mulini con le pale che veleggiano lente al soffiare del vento. Il viale d’ingresso ti accoglie con le prime abitazioni dipinte di verde e nero e ti conduce ai mulini tra le fronde ondeggianti di alberi rigogliosi, scorci ameni, piccoli canali e ponti di legno. Le case sono fiancheggiate da folti prati erbosi, curati nei pressi delle staccionate, ma lasciati incolti poco più in là per il pascolo di pecore e capre e per dar rifugio agli aironi. Il primo mulino che si incontra si riconosce dal profumo da cui è pervaso: sono le fragranze orientali e tropicali delle spezie appena macinate del Molen De Huisman. Tre paia di grosse ruote di pietra infatti macinano senza sosta i semi, le cui polveri poi vengono conservate e vendute in bottega. Il Molen De Huisman oggi ha il mulino posizionato sopra la bottega, un tempo invece erano l’uno accanto all’altro.
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Il secondo mulino è il Molen De Gekroonde Poelenburg, che fu costruito nel 1869 a Koog aan de Zaan. E’ un mulino segheria di tipo paltrok, ovvero è costruito su una piattaforma girevole che, in base alla direzione del vento, si orienta nella posizione più favorevole per le pale. In altri mulini, invece, solo la parte superiore che sorregge le pale è rotante. L’idea di un simile progetto scaturisce dalla necessità di aumentare la produzione, sfruttando quanto più possibile l’energia eolica; si pensi che in un giorno intero cinque persone riuscivano a lavorare solo una ventina di tronchi. L’interno dei mulini segheria è veramente caratteristico e suggestivo: i tronchi degli alberi, le assi ancora grezze, il profumo del legno vivo mentre viene bagnato e tagliato, i trucioli sul pavimento, gli scricchiolii degli ingranaggi e il dolce grattare delle seghe rendono l’ambiente incantevole per i sensi. Il Molen De Kat è un tripudio di colori! A partire dalle sue vele bianco e arancio, alle macine che pestano schegge di legno tropicale, ai barili e sacchi traboccanti di polvere colorata, l’interno è ricco di ogni sfumatura. Costruito nel 1664, tutt’oggi continua a produrre pigmenti, coloranti e gesso di altà qualità, che vengono utilizzati da artisti e restauratori in tutto il
mondo. Nato come frantoio nel 1672, convertito in mulino per coloranti nel 1672 e trasformato nuovamente in oleificio 10 anni dopo, il Molen De Zoeker è il mulino con la storia più travagliata. Nel 1940 ha rischiato di scomparire, ma acquistato dal Comune di Zaandijk negli anni ‘50, ha fortunatamente riconquistato la sua identità orginaria. Come già accennato precedentemente, Molen Het Jonge Schaap è la replica dell’omonimo mulino segheria originario del 1680. Unico nella sua forma a sei facce, fu purtroppo demolito nel 1942, ma rivive oggi nel suo gemello in piena attività con la lavorazione e la vendita del legno. Molen De Bonte Hen è il mulino più fortunato: a differenza di altri del suo tempo, fin dal 1693 è sopravvissuto agli incendi che hanno visto devastare molti dei 600 mulini della zona. E’ un mulino ottagonale circondato da un porticato e tra il 1973 e il 1978 è stato restaurato e riadattato come frantoio. Il Molen De Os segna il passaggio all’era moderna. Nato come frantoio nel 1663, dal 1916 al 1931 gli furono tolte le vele, la parte superiore e il supporto e fu alimentato con un motore a diesel. Il suo interno tuttavia conserva ancora gli ingranaggi originali.
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Het Jonge Schaap (la giovane pecora)
Gli ingranaggi mossi dalle pale azionano un asse a gomito che movimenta le lame delle seghe. La forza del vento, inoltre, fa muovere anche una ruota dentata che, attraverso un sistema di carrucole e cilindri girevoli, permette di issare e spostare i tronchi durante la segatura.
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Het Klaverblad è un mulino segheria recente. Costruito nei primi anni del 2000, vuole riprodurre i piccoli mulini, ora scomparsi, che si ergevano sopra i granai. Attualmente l’interno è vuoto. Il più antico mulino per il grano è il Molen De Bleeke Dood. Nato a Zaandijk nel 1656, fino alla metà dell’ottocento, i fornai del paese avevano l’obbligo di acquistare la farina da questo mulino. Quando l’imposizione venne meno, il mulino cadde in rovina. Fortunatamente, fu recuperato e restaurato nel 1954.
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Non meno importanti nei Paesi Bassi furono i mini-mulini, mulini a vento in miniatura “da prato” quali il Molen De Hadel che fu costruito alla fine del XIX° secolo per pompare l’acqua nel polder. Il Molen De Windhond invece fu utilizzato come frantoio per pietre, la cui sabbia fine veniva usata per la levigatura e come abrasivo. Zaanse Schans è stata, e per alcuni è ancora, oggetto di critiche. Vista come strumento commerciale, accusata di non conservare la vera tradizione dell’artigianato olandese, viene etichettata con i peggiori epiteti.
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Tuttavia, a mio parere il progetto di Schipper è geniale e ammirevole e per la gran parte dei visitatori, si respira ancora un’atmosfera originale e d’altri tempi. Forse non quella del Secolo d’oro, ma quella ipnotica e rilassante delle pale girate dal vento, dei profumi emanati dalla campagna e dai prodotti dei mulini, della vista degli animali al pascolo e degli aironi che si alzano in volo se gli passi accanto e dei colori dei prati e del cielo, che cambiano repentini al passaggio di grosse nuvole bianche.
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MOLERA PICASASS A cura di Sergio Agrò Durante un momento di ozio sui social network venni colpito da una foto: era una grotta particolare con una specie di colonna al centro, le pareti erano come lavorate e dai muri entrava una luce abbagliante. Purtroppo non era indicato il luogo dove fu scattata la fotografia, decisi così di fare una ricerca in intenet del luogo esatto. Non avevo dubbi, le foto che trovai erano uguali a quella salvata, si trattava del “Sistema naturalistico delle cave di Molera di Malnate e Cagno”.
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MALNATE (VA)
Siamo in Lombardia aL confine tra le provincie di Como e Varese, il paese è Malnate. Non potevo credere che grotte simili si potessero trovare a pochi kilometri da casa mia. Organizzai con amici la gita fotografica ed una domenica di buon ora partimmo per le grotte. La nostra curiosità crebbe quando durante il viaggio cercammo informazioni circa le grotte. La loro formazione è antichissima parliamo di circa 25 milioni di anni fa, quando, in queste zone c’era il mare. Cercando bene in qualche grotta leggiamo che è possibile trovare dei fossili marini, ma bisogna interpretare bene gli strati di roccia per sapere dove cercare. La loro storia più recente invece parla di cave per l’estrazione della pietra arenaria utilizzate per decorare le case e le chiese dei dintorni. Gli scalpellini locali erano molto apprezzati per la loro abilità artigianale, purtroppo il declino della cave avvenne all’inizio del secolo scorso con la scoperta di pietre più resistenti. Di recente la Regione Lombardia al fine di tutelare e proteggere le cave, ha istituito il Monumento Naturale denominato “Sistema naturalistico delle cave di Molera di Malnate e Cagno”. Giroinfoto Magazine nr. 35
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LE CAVE DI
MOLERA Chiudiamo la parentesi storia e apriamo la pagina fotografica. Prima di tutto vorrei condividere come arrivare al meglio alle cave senza perdersi nei boschi e senza fare strade inutili. Una volta arrivati in Via 1° Maggio a Malnate, bisogna svoltare in Via mulino del trotto, arriviamo così al Mulino, facilmente riconoscibile, esattamente di fronte c’è un ampio parcheggio gratuito. Inizia da qui l’escursione, consiglio vivamente dei scarponcini da trekking ed una torcia a led. Fotograficamente le foto non sono semplici da effettuare, possiamo dire che si tratta di “foto notturne in controluce” questo descrive il buio che troviamo nelle grotte e la luce che vi entra dai buchi, per questo motivo consiglio il caval-
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letto e la conoscenza dell’esposizione multipla da fare in camera o eventualmente dopo in fase di sviluppo dello scatto. Pronti? via. Percorriamo il sentiero numero 6, vicino alle case e dopo la centrale elettrica, entriamo nel bosco. E’ una piacevole passeggiata all’ombra degli alberi ed è proprio mentre ci stavamo rilassando che notiamo alla nostra sinistra, tra le foglie, si intravedono dei grossi buchi nelle rocce, questi sono gli ingressi alle cave. Non dobbiamo temere di trovare l’orco o chissà quale mostro, entrate e scoprirete un mondo che vi lascerà a bocca aperta.
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In questa mia gita voglio descrivervi le due caverne più grosse che ci sono nel sistema: la prima l’ho ribattezzata “la caverna del cuore”, mentre la seconda è la “caverna della tigre”. La caverna del cuore è la prima che incontriamo partendo dai mulini, c’è una specie di totem ad indicare l’ingresso principale. Non bisogna avere paura, si entra e subito si apre una caverna enorme, il soffitto è altissimo e ci si sentre molto piccoli, sembra quasi di essere dentro una cattedrale, le pareti sono “decorate”, dovute alla lavorazione per l’estrazione della pietra. Quello che suggerisco è di entrare senza timore ed esplorare tutta la zona anche perchè girandosi verso l’uscita ne potete ammirare i colori e la luce che entra. Nella caverna del cuore si trova un lago, un po’ come in tutte le caverne, questo crea dei riflessi
particolari ed è proprio grazie ad un riflesso che ho chiamto questa grotta “cuore”. Per apprezzarne di più questo gioco di luce, bisogna entrare non dalla seconda entrata che trovate più avanti, ma dalla terza entrata ed arrivati al laghetto basta semplicemente piegare la testa verso sinistra ed ecco il cuore: metà sulla roccia e metà riflesso sul piccolo lago. La grotta del cuore è davvero affascinate ed è il biglietto da visita delle cave.
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LE CAVE DI
MOLERA Ma proseguiamo il nostro percorso alla ricerca della grotta della tigre.
dal soffitto c’è una buco dove entra la luce, sembra quasi un occhio che vi osserva.
Continuando il percorso si incrocia una strada asfaltata si supera restando nella parte bassa della valle, durante questo tragitto trovano delle piccole grotte sulla sinistra, ormai abbiamo imparato il trucco: quando vediamo un buco ci si avvicina e si esplora. Quando si supera un ponte in ferro allora siamo quasi arrivati alla grotta della tigre.
Decidiamo di fare lo scatto e poi proseguire alla scoperta della grotta. Dietro la colonna, il punto di ripresa migliore è proprio nel lago retrostante, ricordate gli scarponcini? beh, meglio se impermeabili.
Questa volta l’ingresso è molto grande, le pareti sono di mille forme e il colore ocra le caratterizza. Guardando a sinistra si riconosce la colonna, alle sue estremità ci sono due pietre molto grosse appuntite, sembra quasi una bocca, appunto la bocca della tigre; da vicino si nota che
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Questa grotta sembra non finire mari, una volta ammirata la bocca della tigre ci accorgiamo che dietro le rocce ci sono altre stanze enormi, la luce entra da destra e riflette sui laghetti. Poi ci accorgiamo di altri buchi nelle pareti, dove oltre troviamo altre stanze è incredibile certe grotte sembrano non finire mai.
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In questa mia gita voglio descrivervi le due caverne più grosse che ci sono nel sistema: la prima l’ho ribattezzata “la caverna del cuore”, mentre la seconda è la “caverna della tigre”. La caverna del cuore è la prima che incontriamo partendo dai mulini, c’è una specie di totem ad indicare l’ingresso principale. Non bisogna avere paura, si entra e subito si apre una caverna enorme, il soffitto è altissimo e ci si sentre molto piccoli, sembra quasi di essere dentro una cattedrale, le pareti sono “decorate”, dovute alla lavorazione per l’estrazione della pietra. Quello che suggerisco è di entrare senza timore ed esplorare tutta la zona anche perchè girandosi verso l’uscita ne potete ammirare i colori e la luce che entra. Nella caverna del cuore si trova un lago, un po’ come in tutte le caverne, questo crea dei riflessi
particolari ed è proprio grazie ad un riflesso che ho chiamto questa grotta “cuore”. Per apprezzarne di più questo gioco di luce, bisogna entrare non dalla seconda entrata che trovate più avanti, ma dalla terza entrata ed arrivati al laghetto basta semplicemente piegare la testa verso sinistra ed ecco il cuore: metà sulla roccia e metà riflesso sul piccolo lago. La grotta del cuore è davvero affascinate ed è il biglietto da visita delle cave.
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L’OCCHIO DELLA TIGRE Sergio Agrò photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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MOLERA Le emozioni comuni a tutti noi sono legate alla sorpresa di ammirare liberamente questo spettacolo della natura, le grotte sono ben tenute e non vandalizzate, inoltre tutto il sistema delle cave è gratuito e aperto tutto l’anno 24 ore su 24. Questo mi fa pensare che magari una seconda visita in inverno non è da escludere, perchè no? Quando il ghiaccio forma delle stalattiti. Ma nel frattempo godiamoci ancora il caldo dell’estate e la bellissima esperienza delle cave dei Picasass. Nel dialetto del posto “Picasass” sono le persone che “prendono i sassi”.
Sergio Agrò
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RIFLESSI Sergio Agrò photography Giroinfoto Magazine nr. 35
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FENICOTTERI
Autore: Mauro Zuffinetti Luogo: Oasi di Sant’Alessio con Vialone (PV) Attirato dal cogliere il momento in cui ci fosse un solo fenicottero a distinguersi dagli altri ho poi cercato di enfatizzare il contrasto tra la loro cromia e il contesto.
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I SALINARI DI MARSALA Autore: Matteo Pappadopoli Luogo: Saline di Marsala (TP)
Lo scatto ritrae un salinaro intento a scoprire una montagna di sale dalla sua protezione contro le intemperie, protezione rappresentata da un telo di plastica sormontato da tegole in terracotta, l’operazione si effettua prima di poter portare il sale alla lavorazione definitiva ed al confezionamento, ed alla successiva vendita.
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LAGO NAMBINO
Autore: Alessandro Dentella Luogo: Parco naturale Adamello Brenta
A 1728 metri di altitudine si trova il lago di Nambino. Partendo dalla piana di Nambino, sopra Madonna di Campiglio, dove si può parcheggiare l’auto, ci sarà il sentiero che porta direttamente al lago dove troverete il rifugio Nambino dove si può mangiare e alloggiare.
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NEIST POINT
Autore: Alessandro Braconi Luogo: Scozia - Isola di Skye Una delle location piu suggestive di Skye.Il faro di Neist Point qui dopo una giornata di vento e pioggia.
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