N.36
www.giroinfoto.com
- 2018 Ottobre
FESTIVAL LETTERATURA MANTOVA BAND OF GIROINFOTO NORD ITALIA TEAM
TORINO MAGICA BIANCA BAND OF GIROINFOTO TORINO
INSTAWALK MILANO 2018
N. 36 - 2018 | OTTOBRE, Gienneci Studios Editoriale. www.gienneci.it
BAND OF GIROINFOTO
I ROLLI
GENOVA Di Monica Gotta
PENDULUM
MAST BOLOGNA Redazionale
YPRES BELGIO
Di Katia Albertoni Photo cover by Adriana Oberto
WEL COME
36 www.giroinfoto.com OTTOBRE 2018
la redazione | Giroinfoto Magazine
fotografare e viaggiare due passioni un’ unica esperienza Benvenuti nel mondo di Giroinfoto magazine©. Una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle bellezze offerte dal nostro pianeta. Una lettura attuale e innovativa, che accoglie, oltre i migliori professionisti della fotografia da reportage, anche le immagini e le esperienze di chiunque sia appassionato di viaggi e fotografia. Con i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, Giroinfoto magazine ha come obiettivo, essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la condivisione di migliaia di luoghi e situazioni sparsi per il nostro pianeta. Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Uno largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e testi, indipendentemente dal valore professionale dell'autore. Una raccolta di molteplici idee e progetti di viaggio, frutto delle esperienze e lavori eseguiti da esperti nel settore del reportage fotografico, che hanno saputo confrontarsi con le condizioni climatiche e socio-politiche, con le difficoltà imposte dalla natura, per catturare l'immagine e la spontaneità selvaggia della stessa. Troverete anche articoli tecnici, dove prendere spunto per ottenere scatti sempre perfetti e con idee sempre nuove per rendere le fotografie più interessanti. Giroinfoto.com© , con la sua rivista e la sua rete web è la più grande community di foto-viaggiatori che accoglie chiunque voglia condividere le proprie esperienze di viaggio o semplicemente farsi coinvolgere dai racconti pubblicati. Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti
LA RIVISTA DEI FOTONAUTI Progetto editoriale indipendente
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ANNO IV n. 36
giroinfoto magazine
20 Ottobre 2018 DIRETTORE RESPONSABILE HEAD PROJECT MANAGER Giancarlo Nitti CAPO REDAZIONE Paolo Buccheri SEGRETERIA DI REDAZIONE E REVISIONE Silvia Belotti CAPI SERVIZIO Lorena Cannizzaro REDATTORI E FOTOGRAFI Giancarlo Nitti Redazione Monica Gotta Reporter Katia Albertoni Reporter Pierluigi Peis Reporter Band Of Giroinfoto - Torino Lorena Cannizzaro Cinzia Marchi Giulia Migliore Stefano Tarizzo Mariangela Boni Adriana Oberto Manuel Monaco Francesca Scimenes Davide Tagliarino Fabrizio Rizzo
Massimiliano Calligaris Nadia Laboroi Angelo Bianchi Cinzia Carchedi Giancarlo Nitti Band Of Giroinfoto -Nord Italia Isabella Meloncelli Francesca Avanzi Gianni Gamberini An Beirens Adriana Oberto Giancarlo Nitti
Questa pubblicazione è ideata e realizzata da Gienneci Studios Editoriale. Tutte le fotografie, informazioni, concetti, testi e le grafiche sono di proprietà intellettuale della Gienneci Studios © o di chi ne è fornitore diretto(info su www.gienneci.it) e sono tutelati dalla legge in tema di copyright. Di tutti i contenuti è fatto divieto riprodurli o modificarli anche solo in parte se non da espressa e comprovata autorizzazione del titolare dei diritti.
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INSIDE
Giroinfoto Magazine
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Indice 10
FESTIVAL DELLA LETTERATURA
Mantova 2018 Band Of Giroinfoto
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I ROLLI Genova A cura di Monica Gotta
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TORINO MAGICA Bianca Band Of Giroinfoto
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INSTAWALK Milano 2018 Band Of Giroinfoto
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PENDULUM MAST Bologna
A cura di Giancarlo Nitti
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SAVERNE Alsazia
A cura di Pierluigi Peis
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YPRES Belgio
A cura di Katia Albertoni
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FOTO EMOZIONI Le foto scelte da Giroinfoto Questo mese con: Sergio Agrò
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VI PRESENTIAMO
I NOSTRI
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Nuovi Reporters
Foto singole pubblicate
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Festivaletteratura MANTOVA
I Festival sono importanti perché sono l’ultimo posto in cui i lettori possono ancora avere parola civile. Prendere la parola, fare una domanda e anche se non ricevono la risposta che speravano sono comunque un posto in cui la domanda può essere fatta. Non ne esistono molti altri. ~ Michela Murgia
Il Festival è una grande occasione per la città di Mantova per realizzarsi. Per realizzare un senso di comunità e avanzamento della cultura. ~ Architetto Francesco Caprini, Comitato organizzatore Festival Letteratura
Isabella Meloncelli Francesca Avanzi Gianni Gamberini Adriana Oberto An Beirens Lorenzo Bonoldi Giancarlo Nitti
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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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An Beirens photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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Festivaletteratura 2018
Il Festival Letteratura si tiene ogni anno a Mantova, dal 1997, sul finire dell’estate, genericamente ai primi di settembre. Nel corso del tempo è diventato un appuntamento irrinunciabile per i mantovani e per chi dall’Italia, ma anche da oltre confine, arriva nella nostra bellissima città rinascimentale patrimonio Unesco, per partecipare ad una kermesse di incontri, laboratori, percorsi tematici, concerti e spettacoli con narratori e poeti, saggisti, artisti e scienziati di fama mondiale. In questa 22esima edizione, il team di @ig_lombardia_ @ igmantova @igmantova_scuola e @ig_turin con Giroinfoto magazine, hanno collaborato con l’organizzazione del Festival, promuovendo in tempo reale i contenuti dell’evento con scatti fotografici, stories instagram e dirette video in rete. Nei 5 giorni, gli eventi si sono susseguiti in ogni angolo della città, tra piazza Sordello, Palazzo Ducale, piazza Castello, Palazzo Castiglioni, il Teatro Bibiena, il Conservatorio, la Casa del Mantegna, l’Officina del Gas, Palazzo Te fino ad arrivare al Cimitero Monumentale tra interviste, battute, parole e sorrisi del pubblico partecipante e i protagonisti della manifestazione. Isabella Meloncelli
Community manager IG Worldclub e Band of Giroinfoto
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#FESTLET2018 Mantova e il Festivaletteratura.
Un connubio vincente da ventidue anni che ha reso ancora più accogliente, bella e gioiosa la città. Una grande festa dei libri, degli autori, dei lettori. Un’occasione unica di incontri nei quali la parola scritta diviene parola condivisa, letta, discussa. Un modello di fare cultura ormai imitato da molti.
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Giorni in cui si è vista tanta gente pazientemente in coda, chi seduto sui gradini di una chiesa o davanti all’ingresso di un palazzo leggendo un libro appena autografato dall’autore preferito. Serate tra i vicoli e piazze ammirando la città da una prospettiva diversa e parlando con amici vecchi e nuovi del best seller del momento o sulle impressioni di un nuovo autore scoperto. Mantova, grazie al suo scenario architettonico storico è riuscita a valorizzare un evento culturale, facendosi ricordare, in Italia e nel mondo, anche come la città del Festival della Letteratura.
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SANT’ANDREA Giancarlo Nitti Photography
15 Questi giorni, sono stati per noi di Band Of Giroinfoto, un’occasione di collaborare ad uno dei più grandi eventi dedicati alla cultura in Italia, offrendoci uno scenario davvero suggestivo dove esprimerci al meglio con i contenuti fotografici. Ed è proprio per questo che Mantova merita anche uno spaccato riferito alle sue perle, inserendo nelle prossime pagine una piccola guida a cura di Lorenzo Bonoldi, storico dell’arte e membro del team @ig_mantova.
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PALAZZO DUCALE Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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MANTOVA
LA BELLA ADDORMENTATA È sveglia e pronta a mettersi in posa.
Piccola guida per fotografi in visita alla città dei Gonzaga.
A cura di Lorenzo Bonoldi Mantova, capoluogo di una provincia lombarda incuneata fra Veneto ed Emilia Romagna è spesso a torto descritta come “la bella addormentata d’Italia”. Ciò che viene erroneamente scambiato per torpore è in realtà il ritmo lento, dolce ed elegante di una città ancora a misura d’uomo, che può essere comodamente attraversata a piedi o in bicicletta, offrendo agli occhi del visitatore e all’obiettivo della sua macchina fotografica scorci sempre nuovi, ricchi di storia e di fascino. La bellezza di Mantova si mostra già al momento dell’arrivo in città: arrivando da nord, attraverso il ponte di san Giorgio, si resta meravigliati davanti allo spettacolo dello skyline mantovano: torri, cupole, guglie e palazzi si specchiano sui laghi che circondano la città. Il luogo ideale per catturare questo spettacolo in uno scatto è la sponda nord del lago inferiore, in prossimità del parcheggio Campo Canoa. Qui un piccolo pontile in legno offre un punto di vista privilegiato dal quale ammirare e fotografare il profilo della città.
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Il monumento più celebre di Mantova è il suo Palazzo Ducale, la storica residenza della famiglia Gonzaga affacciata sulla più grande piazza cittadina, Piazza Sordello. Vera e propria città nella città, il Ducale è in realtà l’insieme di edifici diversi, sorti in secoli diversi e con scopi differenti, messi in comunicazione fra di loro da passaggi, logge e corridoi. L’incredibile estensione del Palazzo (35mila metri quadri solo in pianta) è difficilmente catturabile in un unico scatto, a meno che non si utilizzi un drone. Fra gli ambienti del Palazzo primeggia, in una delle torri del castello, la “Camera degli Sposi”, capolavoro assoluto di Andrea Mantegna realizzato in nove anni di lavoro, fra il 1465 e il 1474. Scatti dall’effetto assicurato si realizzano anche nella Galleria degli Specchi, che, non a caso, è la sala del palazzo che conta il maggior numero di apparizioni su Instagram. Foto particolarmente suggestive si realizzano anche in Piazza Castello – uno dei cortili del Palazzo – soprattutto durante la golden e la blue hour.
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An Beirens photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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ROTONDA DI S.LORENZO Giancarlo Nitti Photography
A poca distanza da Piazza Sordello si trova la seconda piazza cittadina per grandezza: Piazza Erbe. Molti sono i monumenti che si affacciano sull’antica sede del mercato ortofrutticolo: il medievale Palazzo della Ragione (che attualmente ospita una mostra su Marc Chagall), la quattrocentesca Torre dell’Orologio, la romanica Rotonda di San Lorenzo (la più antica chiesa esistente in città) e la sofisticata facciata della Casa del Mercante in stile gotico fiammeggiante. Una suggestiva visione di questi stessi monumenti si apprezza anche dalla piccola Piazza Concordia, posta alle spalle delle Rotonda. Da qui, con gli strumenti giusti, è possibile catturare in una sola immagine edifici che abbracciano un arco temporale molto esteso: dal Mille al Settecento.
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TORRE DELL’OROLOGIO Giancarlo Nitti photography Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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SANT’ANDREA Giancarlo Nitti photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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25 Nelle immediate vicinanze di Piazza Erbe si erge la maestosa Basilica di Sant’Andrea, sorta su progetto di Leon Battista Alberti a partire dal 1472. Le perfette proporzioni della facciata, la vastità dei volumi interni e la ricchezza degli ornati fanno della Basilica uno dei soggetti preferiti per i fotografi in visita a Mantova. Si segnala che la luce all’interno della Basilica crea effetti molto diversi nelle diverse ore della giornata. Si consiglia pertanto di visitarla più volte, in orari differenti, per ottenere scatti diversificati. Particolarmente interessante anche la piccola piazza posta dietro la Basilica, nota con il nome di Piazza L.B. Alberti, ricavata nel chiostro di un convento anticamente annesso all’edificio religioso, ora non più esistente. Fra gli edifici del centro storico da non perdere vanno annoverati anche la Biblioteca Teresiana e il Teatro Bibiena, entrambi risalenti al Settecento ed eretti durante la dominazione austriaca.
TEATRO BIBIENA Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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PALAZZO TE Giancarlo Nitti Photography
Sul lato opposto della città, a circa trenta minuti di cammino, sorge infine Palazzo Te, residenza dedicata agli ozi e ai piaceri dei Gonzaga, signori di Mantova, eretta e affrescata da Giulio Romano fra il 1525 e il 1535. L’architettura delle facciate, scandite da colonne doriche e finti conci di pietra bugnata (l’intero palazzo è costruito in mattoni), presenta affascianti effetti chiaroscurali. L’interno, invece, è decorato con affreschi dei colori vivaci e vibranti. In virtù di queste sue caratteristiche, Palazzo Te si offre quindi come soggetto perfetto sia ai fotografi che amano il bianco e nero che a quelli che prediligono il colore. Con i suoi tesori artistici, con le sue piazze e i suoi palazzi Mantova è pronta ad accogliere visitatori di tutte le età. Non credete a chi vi dice che è una città morta: la bella addormentata è ben sveglia e pronta a mettersi in posa per i vostri scatti migliori.
Lorenzo Bonoldi PALAZZO TE Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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STANZA DEI GIGANTI Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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Festivaletteratura 2018 Giroinfoto Magazine nr. 36
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A cura di Monica Gotta
ALLA SCOPERTA
dei ROLLI Apertura dei Palazzi dei Rolli, patrimonio Unesco.
L
Genova, 13 e 14 Ottobre 2018
asciate che la vostra immaginazione
vi riporti alla magnificenza delle antiche famiglie nobiliari genovesi poco dopo la metà del XVI secolo. Attraversando la spirale immaginaria del tempo arriviamo nell’era del Sistema dei Palazzi dei Rolli.
Immaginiamo nobili personaggi delle antiche, facoltose e potenti famiglie genovesi occuparsi di ospiti di stato importanti: papi, sovrani, viceré, feudatari, diplomatici provenienti da altri stati europei, dall’Italia, da corti ed ambasciate. Eventi organizzati in loro onore, nel lusso e nell’opulenza dei palazzi patrizi, che fossero di passaggio oppure che dovessero presenziare ad avvenimenti istituzionali. Ciò che, in un attimo, passa nella mente dell’ospite mentre si appresta a raggiungere la dimora che lo accoglierà per un breve soggiorno. Vestito in broccato di seta, un lungo mantello ricamato con filigrana d’oro, si accomoda sulla carrozza che lo condurrà nel palazzo assegnatogli. L’eccitazione di osservare una dimora nobiliare aperta ai visitatori per la prima volta lo rende curioso ed impaziente. La carrozza, trainata da cavalli riccamente imbardati, si ferma davanti a palazzo, in attesa che sia un incaricato dei nobili proprietari ad aprirne lo sportello. Entra a palazzo, sale le scale, quelle meravigliose scale elicoidali che, a guardarle dal basso, donano l’illusione d’infinito e creano un senso di spazio sconfinato, il desiderio di tendere verso la luce che si vede lassù - il cuore del palazzo, i corrimano che si snodano in cerchi concentrici portandolo sempre più vicino alla luce, poi guarda in basso. Lo sguardo segue l’elicoidale e, mentre sale un gradino alla volta, si scopre in trepidante attesa di giungere al piano nobile, i cui soffitti sono ornati da tematiche uniche, ordite appositamente per questo luogo. Gira lo sguardo e, accarezzato dalla luce dorata ed obliqua del tramonto, intravede il salotto della musica, sala adibita al piacere della fruizione dell’arte più pura e alla conquista del cuore degli ospiti di palazzo. Immagina gli innumerevoli segreti di stato, storie d’amori impossibili, leggende e racconti di fantasmi che aleggiano tra le mura del palazzo e si scopre a pensare...
“Sono a Genova, La Superba. Ora che vedo ampie ed ariose sale con stucchi dorati e specchi che si riflettono l’uno dentro l’altro riesco ad immaginare il motivo di questo appellativo. La sua bellezza e quella dei suoi palazzi ne sono la ragione”.
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Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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Oggi nel 2018, per la seconda volta, si aprono le antiche porte di Genova. Durante i Rolli Days che si svolgono solitamente due volte all’anno, in primavera ed in autunno, c’è l’occasione di viaggiare nel tempo, tornando in qualche modo a rivivere gli splendidi giorni in cui Genova La Superba, schiva ed altera, dominava in lungo e in largo nel Mediterraneo in Europa e nel mondo.
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Rolli Days
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GENOVA 13, 14 OTTOBRE 2018
Rispondiamo alla domanda che nasce spontanea. Cosa sono i Rolli Days? Cosa sono i Rolli? I Rolli sono ciò che in italiano moderno corrisponde alla parola ruoli ossia elenchi. Iniziamo con i numeri:
163 42 25 5 8
palazzi nei rolli. palazzi patrimonio dell’Umanità per l’UNESCO. palazzi andati distrutti. rolli conosciuti, rispettivamente redatti degli anni 1576, 1588, 1599, 1614, 1664. zone censite - Canneto Il Lungo, Mercato di Soziglia, Mercato Vecchio, Ripa Maris, Piazzalunga, Strade Nuove, Vico Dritto.
Monica Gotta Photography
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rano 5 elenchi in cui sono stati pubblicati i nomi dei palazzi candidati ad essere estratti a sorte in caso di arrivo a Genova di personalità illustri. Questo avveniva tra il 1500 e il 1600. ontinuiamo con alcune note storiche riguardanti Genova, la città che ospita l’evento e che la presenta ai visitatori nella sua più vera identità.
Nella Repubblica rifondata da Andrea Doria tra il ‘500 e il ‘600, crocevia di traffici, corti ed ambasciate, si precettavano dimore adeguate alle visite di Stato. Questo avveniva attraverso gli elenchi, Rolli degli alloggiamenti pubblici, suddivisi in “bussoli” ossia per categorie di qualità. I 5 rolli conosciuti descrivono un universo di dimore storiche che, in buona parte, sono giunte fino a noi. Il 13 Luglio 2006 a Vilnius sono state incluse nella World Heritage List.
I proprietari di questi palazzi erano tenuti, in base a un decreto del Senato del 1576, ad ospitare gli stranieri in visita di stato.
A seconda del grado di importanza dell’ospite in visita veniva scelto un palazzo per ospitarlo: più elevato era il grado di nobiltà dell’ospite, più fastoso doveva essere il palazzo e più ricca la famiglia che aveva l’onore e l’onere di accoglierlo.
L’antica “Via Aurea” dei Genovesi, sede dei Musei di Strada Nuova, oggi Via Garibaldi é un autentico scrigno dei tesori della città, insieme con i meravigliosi palazzi detti dei “Rolli” ha conquistato l’albo d’oro dell’Unesco.
I Palazzi dei Rolli fanno parte di un tessuto urbano che riflette la ricchezza e la raffinatezza culturale di chi governò la città in quei secoli. Le grandi famiglie aristocratiche infatti concorrevano tra loro nel decorare con sempre maggior sfarzo, oltre ai palazzi, anche gli spazi sacri della città.
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GALLERIA DEGLI SPECCHI Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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PALAZZO TURISI Monica Gotta Sergio Agròphotography photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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PALAZZO TURISI Monica Gotta photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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Scopriamo
i tesori custoditi in alcune chiese e dimore appartenenti al Sistema dei Rolli, dove arte e architettura narrano le storie delle potenti famiglie che cambiarono il volto di Genova La Superba, considerata la “Porta sull’Europa” per la sua posizione geografica strategica. Con gli occhi all’insù immaginiamo la grandiosità di una città di palazzi decorati a fresco dai colori vivaci in una sorta di moderna scenografia per magnificare le doti e le virtù del committente. Varia e raffinata è la modalità con la quale, negli anni, intere parti di città o singoli palazzi sono stati recuperati dal degrado o dalla distruzione della II Guerra Mondiale: dall’intervento che ricostruisce in “stile” alla modalità in cui appare meno invasivo ma altrettanto incisivo. Negli stretti vicoli del centro storico, nei suoi palazzi costruiti uno sull’altro, si aprono meravigliosi ninfei, ariosi scaloni, profumati giardini. Quali splendori ci ha riservato l’edizione di Ottobre 2018? Gli occhi curiosi del pubblico su quali spettacoli inediti si sono posati? Andiamo a scoprirlo.
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Per la prima volta è stata aperta al pubblico Villa di Negro-Rosazza che vede protagonisti i maggiori artisti genovesi dal Cinque al Settecento e che fu la dimora suburbana del ricco Ambrogio di Negro, il cui palazzo cittadino si è potuto visitare in via San Luca 2 nei medesimi giorni. A completare questo percorso tra palazzi e ville, è tornata ad aprire al pubblico Villa Pallavicino delle Peschiere, dimora amata da Dickens e decorata da Luca Cambiaso e dal Bergamasco, le star della pittura del Cinquecento in Liguria, nonché “buen retiro” del potente Tobia Pallavicino, che in città risiedeva in via Garibaldi al numero 4. Quest’apertura fa seguito all’edizione di Aprile 2016 durante la quale sono state aperte per la prima volta alcune delle ville genovesi tra cui
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Villa del Principe, Villa Imperiale e Villa Migone, anch’essa visitabile per la prima volta. Quest’ultima fece da sfondo a un evento storico di enorme portata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nota ai più per essere stata lo sfondo della pace firmata, il 25 Aprile del 1945, fra il Comitato di Liberazione Nazionale ligure e le truppe tedesche. E’ nota ai meno, per accogliere, fra mobili d’epoca e soffitti affrescati, un pianoforte sfiorato dalle dita di Giuseppe Verdi.
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Giovanni Gamberini photography
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PALAZZO PONZONE Monica Gotta photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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Come assoluta novità è emersa Palazzo Franzone Spinola che, oltre all’imponente e significativa presenza architettonica, presenta al suo interno gli affreschi settecenteschi di Domenico Parodi, sino ad oggi mai aperti al pubblico.
ospiti di Stato, suddivisi per categoria.
Ricordiamo anche le novità delle edizioni precedenti. A Maggio 2018 é stato aperto Palazzo San Giorgio, struttura gioiosamente dipinta sulla facciata che tutti vedono passando sulla Strada Aldo Moro, la Sopraelevata per i Genovesi.
Durante l’evento di Aprile 2016 è stato aperto per la prima volta Palazzo Ponzone, iscritto nel primo Rollo del 1576, messo a disposizione dei visitatori dal proprietario Edoardo Claudio Contardo, milanese che ha vissuto negli Stati Uniti. I Marchesi di Ponzone, grandi rappresentanti dei Templari in Italia, parteciparono a crociate ed intervennero nelle principali vicende economiche e belliche di quei secoli. Il piano nobile fu set per il film Grace di Monaco, pellicola ispirata alla vita di Grace Kelly e interpretata da Nicole Kidman.
L’edizione dei Rolli Days di Ottobre 2017 ha offerto una straordinaria e rarissima opportunità: vedere finalmente “come sono fatti i Rolli”, ovvero i volumi nei quali venivano registrati i Palazzi che dovevano accogliere gli
L’Archivio di Stato di Genova, che conserva i 5 Rolli ad oggi pervenuti, e datati 1576, 1588, 1599, 1614, 1664, li ha esposti per la prima presso l’antica sede del Palazzetto Criminale.
PALAZZO REALE Monica Gotta photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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Visitando i Palazzi dei Rolli abbiamo anche fatto conoscenza con i “caruggi”, i famosi vicoli di Genova, dove si deve “vagare” e ci si deve perdere per scoprire angoli e scorci inediti fatti dei colori tipici della Superba - il bianco del marmo delle chiese, il grigio delle solide costruzioni in pietra, il nero dell’ardesia delle levigate scalinate - piccole chiese, artisti e pittori, storiche botteghe genovesi, strade cantate da artisti famosi come Via del Campo resa celebre dalla canzone di Fabrizio De André e scene di vita quotidiana. Durante le molte edizioni dei Rolli Days molti studenti, dottorandi e ricercatori dell’Università degli Studi di Genova hanno accolto i visitatori nei palazzi e si sono resi disponibili ad illustrare la magnificenza delle antiche dimore e mostrare le opere dei grandi maestri che le decorano.
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Li troverete sempre agli ingressi dei palazzi aperti per le visite per farvi vivere quest’esperienza nel modo più coinvolgente possibile. Vorremmo pertanto portare all’attenzione di tutti il considerevole ed apprezzabile impegno di queste persone che dedicano il loro tempo alla valorizzazione di questo patrimonio inestimabile. Potrete anche rivolgervi per qualsiasi informazione agli uffici turistici del centro di Genova. Uno si trova in Via Garibaldi 12r, nel cuore della città. L’altro si trova in zona Porto Antico in Via Al Porto Antico, 2. Sono disponibili anche guide turistiche abilitate alla Provincia di Genova di cui troverete di recapiti sui siti dedicati all’evento dei Rolli Days.
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Monica Gotta photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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La manifestazione ha riscosso grande successo fin dalle prime edizioni ed il numero di visitatori è aumentato nel corso degli anni, arrivando a superare le 100.000 presenze. Un risultato in termini di diffusione della cultura, divulgazione della storia di una città che affonda le sue radici nel lontano V secolo a.C. e sostegno al turismo della città non indifferente. Chi ama fotografare avrà a disposizione testimonianze di un’era unica e meravigliosa: architettura cinquecentesca e seicentesca, affreschi mirabilmente conservati e realizzati da illustri artisti dell’epoca, colori magicamente fusi dalla creatività di menti illustri, dimore mai aperte al pubblico, mirabili riflessi e giochi di specchi come a Palazzo Ponzone e nella più che famosa Galleria degli Specchi di Palazzo Reale, fatta costruire da Eugenio Durazzo. Da non dimenticare sono le botteghe storiche per le quali é stato creato un itinerario a parte di sicuro interesse per gli appassionati di antiche arti e mestieri. Genova invita tutti i lettori alla prossima e prima edizione dei Rolli Days 2019. La città vi aspetta per l’apertura delle porte offrendo, oltre ai misteri nascosti e ai suoi colori pastello, la sua cucina tipica ricca di sapori unici come il pesto al mortaio genovese!
Monica Gotta
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Torino Magica BIANCA
A cura di Band of Giroinfoto - Torino CAPO SERVIZIO
Lorena Cannizzaro
TORINO
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Adriana Oberto Angelo Bianchi Cinzia Carchedi Cinzia Marchi Davide Tagliarino Fabrizio Rizzo Francesca Scimenes
Giulia Migliore Lorena Cannizzaro Manuel Monaco Mariangela Boni Max Calligaris Nadia Laboroi Stefano Rizzo
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Dioscuri: Castore e Polluce Adriana Oberto photography
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Torino Magica TORINO MAGICA E MISTERIOSA “Torino è una città di segreti che nessuno ti sussurrerà mai all’orecchio. Mi ha affascinato questa cortese riservatezza sabauda… tutto sembra ricoperto da una leggera patina, che non ti permette di capire cosa c’è sotto”. Maurizio Cattelan
TORINO Torino è una città ricca di misteri, segreti, significati nascosti, occulti, esoterici che si possono solamente intravedere nelle decorazioni dei suoi portoni, edifici, monumenti o piazze. Città fortemente laica, risorgimentale e massonica, la sua storia affascina ancora oggi moltitudini di curiosi per via delle leggende e degli enigmi che la circondano. Molte di queste storie iniziarono ad affermarsi nel 1861, nel momento in cui divenne capitale e la casata Savoia cercò di promuovere, valorizzandone, le origini mitiche. Tali racconti sopravvissero nel tempo e Torino è tutt’ora associata al mondo esoterico, magico, misterioso, tramite delle tematiche ormai consolidate quali: le leggende intorno all’origine egizia della città, l’interpretazione “esoterica” e “massonica” dei suoi monumenti a cui si associa anche lo studio delle linee sincroniche. Per quanto riguarda le sue misteriose origini, una leggenda presente in un libro risalente al 1679, Historia della Augusta città di Torino, scritto da Emanuele Thesauro, fa risalire la fondazione della città al tempo degli antichi Egizi. In base a quanto riportato nel testo, la sua costituzione fu voluta dal
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principe egizio Fetonte-Eridano, figlio di Iside, dea della magia, che decise di collocare nel punto di incontro dei fiumi Dora e Po, un centro per il culto del dio Api che gli antichi Egizi rappresentavano con le sembianze di un toro. E proprio a questa rappresentazione del dio Api che si dovrebbe ricollegare il simbolo stesso della città torinese, il toro che si può trovare sullo stemma cittadino, ma anche, solo per citare alcuni esempi, nella scultura in legno realizzata da Mario Ceroli donata dalla Fiat al Campus Luigi Einaudi, ma anche nei famigerati touret, le fontanelle tipiche torinesi.
51 Ad accrescere il simbolismo esoterico della città contribuì la stessa famiglia Savoia che sostenne e diffuse nella capitale del loro regno l’interesse per l’egittologia, così come quello per l’occultismo e l’esoterismo, tutti aspetti che incrementarono notevolmente l’idea di Torino quale città del mistero. A partire dal XVI secolo, infatti, divenne luogo di interesse per tutto ciò che riguardava l’alchimia e l’arte divinatoria. Torino fu quindi meta di personaggi del calibro di Nostradamus, Paracelso, Cagliostro, Conte di Saint German e di Apolonnio di Tyana, esperto conoscitore dell’arte occulta dei talismani e che secondo la tradizione nascose un potentissimo talismano, la pietra filosofale, in una delle tre grotte alchemiche che si dice si presenti al di sotto del suolo cittadino. E sempre a Torino che nel 1903, nacque Gustavo Adolfo Rol, uno dei più importanti e controversi veggenti e sensitivi della storia contemporanea. In particolare l’idea della Torino magica si consolidò durante il periodo risorgimentale, momento in cui la Curia Romana, contraria all’unità nazionale, cercò con ogni mezzo di screditare la città.
Fu proprio in questo clima difficoltoso caratterizzato da una tendenza anticlericale che i circoli massonici e le associazioni teosofiche furono accolte, tollerate e PIAZZA CASTELLO sostenute dallo Stato e dalla Corte sabauda.
Barbara Lamboley photography
Torino divenne così la nuova capitale morale e religiosa d’Italia, portatrice delle ragioni del mondo civile contro quelle oscurantiste incarnate dalla Chiesa cattolica, arrivando ad accogliere moltissimi liberali, protestanti e massoni di tutta Italia; offrì loro posti prestigiosi in università, giornali, ruoli diplomatici, raggiungendo così l’importante obiettivo politico di rendersi autonoma dallo Stato Pontificio. Questa scelta politica come si può ben immaginare ha lasciato delle tracce indelebili e così, storia e leggenda si sovrappongono in una città in cui ogni angolo, dietro alle apparenze, cela un altro significato, spesso misterioso, spesso magico-occulto. Ai Savoia, per esempio, si deve la costruzione di cinque edifici che, secondo l’architetto austriaco Peter Müller, sarebbero da porre al vertice di alcune linee immaginarie che formerebbero un pentagono protettivo al cui centro si troverebbe la città torinese. Si tratta nello specifico della Reggia di Venaria, il Castello di Moncalieri, il Castello di Rivoli, la Basilica di Superga e la Riserva di caccia di Stupinigi.
GUSTAVO ADOLFO ROL Wikipedia
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52 In base a queste osservazioni la stessa configurazione della città sabauda sembra conservare in sé un significativo alone di mistero ed esoterismo. Torino sarebbe da considerarsi quindi magica a partire dalla sua collocazione: è situata infatti sul 45° parallelo, segnato dall’obelisco posto in piazza Statuto, esattamente alla metà del nostro emisfero, in una posizione che la porrebbe proprio al di sopra di un nodo energetico, centro sacro di energie telluriche, dato dal punto d’incontro del Po, fiume dalle caratteristiche “maschili” e della Dora Riparia, fiume invece dalle caratteristiche “femminili”. Non solo, la città sarebbe anche posta al vertice di due triangoli di città antitetici. Si tratta dei famosi triangoli esoterici della magia bianca e di quella nera. Si ha infatti da un lato il cosiddetto “triangolo bianco” con vertici nelle città di Praga, Lione e Torino e dall’altro il “triangolo nero” avente come vertici le città di Londra, San Francisco e Torino. È da notare come il triangolo bianco si estenda verso l’Oriente, dove nasce il sole, mentre quello nero
verso l’Occidente, dove tramonta il sole e calano le tenebre. Una sorta di raffigurazione di dove sorge il bene e il male, non credete? La città sabauda risulta quindi posta al centro dei due triangoli esoterici e viene da molti considerata come il fulcro in cui forze benigne e maligne confluiscono e reagiscono. Sul suolo cittadino si troverebbero quindi dei luoghi caratterizzati da un’aurea positiva, il cui epicentro è in Piazza Castello, accanto ad altri che si contraddistinguono per un alone più negativo il cui fulcro sarebbe da individuarsi in Piazza Statuto. Torino si sviluppa quindi sull’incontro del bianco e del nero, che la coincidenza vuole siano i colori appartenenti all’universalmente nota squadra cittadina. Di seguito verranno presentati alcuni luoghi che secondo la tradizione sarebbero legati a fenomeni relativi alla magia bianca, mentre per leggere di quelli connessi alla magia nera bisognerà aspettare l’articolo sul prossimo numero.
Secondo gli esperti di esoterismo sono molteplici i luoghi ed i simboli esoterici legati a fenomeni di magia bianca presenti in città. Questi si caratterizzerebbero per rispettare particolari leggi di costruzione ed orientamento imposte da queste “esigenze esoteriche”. Se siete appassionati di esoterismo o semplici curiosi di queste leggende e dei posti ad esse collegati, in seguito vi verranno presentati alcuni luoghi, spesso classiche attrazioni turistiche di Torino, descritti però sotto una luce un po’ diversa e misteriosa.
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ANGELI Davide Tagliarino photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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La Gran Madre di Dio La chiesa della Gran Madre di Dio è uno dei luoghi di culto cristiano più importanti della città. Situata nella piazzetta omonima, si trova ai piedi della collina torinese, immediatamente prospiciente al Ponte Vittorio Emanuele I e alla centrale piazza Vittorio Veneto; questi insieme al Monte dei Cappuccini, completano uno dei panorami più famosi e suggestivi della parte orientale del centro torinese.
interamente lasciando esposti, oltre al volto ed alle mani, il piede sinistro che calza lo stesso tipo di sandalo dell’altra statua, la Religione.
La chiesa fu realizzata per volontà dei Decurioni della città, per festeggiare il ritorno del re Vittorio Emanuele I di Savoia il 20 maggio 1814, dopo la ritirata degli eserciti di Napoleone. Sul timpano della chiesa infatti si legge l’iscrizione «ORDO POPVLVSQVE TAVRINVS OB ADVENTVM REGIS» («La nobiltà e il popolo di Torino per il ritorno del re»), coniata dal latinista Michele Provana del Sabbione. Secondo un’interpretazione esoterica, l’Ordo taurinus farebbe riferimento a un Ordine Taurino, risalente al popolo celtico che viveva in queste terre prima dell’arrivo dei romani. La costruzione della chiesa iniziò nel lontano 1818 sotto Carlo Felice di Savoia e la sua inaugurazione la si ebbe tredici anni più tardi, nel 1831, con il suo successore Carlo Alberto.
La Religione, sulla destra, è sempre rappresentata da una donna con lungo abito chiuso da un nastro, mentre un manto la ricopre interamente. Impassibile, ha lo sguardo rivolto verso l’orizzonte e sembra non accorgersi del giovane che le sta inginocchiato affianco, e che le tende due tavole di pietra bianche. Con la mano destra la donna sostiene una grossa croce latina e sembra non faccia alcuna fatica nel sorreggerla. Gli esoteristi affermano che la statua della Fede nasconda un messaggio criptico che ha lo scopo di indicare a pochi iniziati dove sia celato il Santo Graal, il sacro calice utilizzato da Gesù durante l’Ultima cena. Un’ulteriore versione vorrebbe addirittura che il Santo Graal sia sepolto proprio ai piedi della stessa.
Il sito riveste tutt’ora una particolare importanza per la città, per via della sua storia e della sua forma che l’architetto Ferdinando Bonsignore ideò ispirandosi a quella del Pantheon romano. Molti esperti di esoterismo ritengono che la Gran Madre sia uno dei luoghi più importanti della magia bianca presenti in città. Secondo la tradizione, infatti, sorgerebbe nel medesimo luogo dove un tempo le primitive popolazioni avevano eretto un tempio in cui si celebrava il culto della dea Iside, chiamata anche Grande Madre. Diverse leggende circolano anche sulle due statue poste ai lati della rampa di accesso alla chiesa, rappresentanti la Fede e la Religione opera di Carlo Chelli. La Fede, sulla sinistra avendo alle spalle il Po, è rappresentata da una donna con un nastro intrecciato sul petto, recante un manto che la ricopre
All’altra statua è invece associata la credenza che il suo sguardo rivolto lontano in realtà indicherebbe il cammino da seguire per ritrovare la sacra reliquia. Secondo uno studio condotto dal Politecnico di Torino, lo sguardo della statua sarebbe rivolto in direzione di Palazzo di Città dove dovrebbe quindi essere sepolto il Graal. Ancora, uno studioso ha fatto notare come la statua della Religione abbia ai suoi piedi una tiara, il copricapo papale simbolo della sovranità della Chiesa. Questo indicherebbe un’associazione tra la possibile fine dell’istituzione ecclesiastica con la città di Torino. Teoria questa, alquanto funesta, tuttavia ricollegabile a una delle profezie di Nostradamus secondo la quale “il potere secolare della chiesa cadrà partendo da una città bagnata da due fiumi”. Che si tratti proprio di Torino?
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Con la mano destra regge la Bibbia, mentre la sinistra è alzata verso il cielo con un calice. Alla sua destra, si trova un piccolo angelo alato seminudo che tiene un bastone nella mano destra, mentre la sinistra è rivolta verso la donna.
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GRAN MADRE Lorena Cannizzaro photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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GRAN MADRE Francesca Scimenes photography
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GRAN MADRE Davide Tagliarino photography
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MOLE ANTONELLIANA Stefano Tarizzo photography
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La Mole Antonelliana Il simbolo della città di Torino, l’opera più conosciuta dell’architetto Alessandro Antonelli, la Mole Antonelliana è un altro dei simboli esoterici di magia bianca del capoluogo piemontese.
i suoi studi milanesi a Brera, dove seguì gli insegnamenti del Bonsignore, l’architetto che per altro progettò un altro dei monumenti simbolo di Torino: la Gran Madre di Dio.
Il nome deriva dal fatto che all’epoca della sua realizzazione (1863-1889) era la costruzione in muratura più alta d’Europa. Con un’altezza di 167,5 metri, per anni fu l’edificio più alto di Torino, ma ad oggi, dopo la costruzione del Grattacielo della Regione Piemonte, risulta il secondo in ordine di altezza, tuttavia resta ancora l’edificio più alto del solo profilo centrale urbano della città.
“Sono passato vicino alla Mole Antonelliana, l’edificio più geniale che è stato forse costruito per un assoluto impulso verso l’alto – non ricorda nient’altro se non Zarathustra. L’ho battezzato Ecce Homo e l’ho circondato nel mio spirito con un immenso spazio libero”. (Friedrich Nietzsche)
Dall’anno 2000 inoltre al suo interno ha sede il Museo Nazionale del Cinema. Il suo inserimento nell’affascinante contesto dei monumenti misteriosi della città magica, è dovuto soprattutto alla sua forma bizzarra che richiama alla mente una fusione tra una pagoda allungata e una piramide.
MOLE ANTONELLIANA E GRAN MADRE Mariangela Boni photography
Intorno alla Mole aleggia tuttora un’aura di mistero; molti si chiedono ancora oggi perché l’estroso architetto, ormai sessantacinquenne, si fosse impegnato in un’impresa così difficile e con soluzioni architettoniche tanto ardite. Qualche risposta è stata data: pazzia e megalomania, hanno risposto alcuni; fini magici e occulti hanno sentenziato altri. Secondo alcuni esperti di esoterismo si tratterebbe, infatti, di una enorme antenna che tende al cielo e che irradierebbe l’energia positiva acquisita dal sottosuolo sull’intera città di Torino. Probabilmente l’idea alla base della sua realizzazione dovrebbe essere ricercata nel fatto che l’Antonelli, come tutti i più grandi architetti, volle vincere la legge di gravità, i limiti della materia, il cui peso ci costringe a terra, e trovare, attraverso linee e forme ardite, una soluzione architettonica che fosse un simbolo di elevazione spirituale. Molto probabilmente quest’idea la maturò durante
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Piazza Castello
L’ingresso al “cuore” di Torino si trova in Piazza Castello ed è protetto e sorvegliato dalle statue equestri dei Dioscuri, Castore e Polluce.
nel 1688 dagli scultori Falconi e Carlone, la quale rappresenta un gruppo mitologico con tritoni e nereidi.
I due cavalieri furono disegnati da Abbondio Sangiorgio e fusi dal Giovanni Battista Viscardi nel 1846; di notevole bellezza è anche la cancellata in ferro fuso, opera realizzata su progetto di Palagio Palagi nel 1855.
Secondo alcuni sarebbe da individuare proprio in questa fontana l’epicentro dell’energia positiva della città. Questo perché la zona dove sorge il palazzo segnerebbe il confine tra la città bianca e quella nera. In particolare la cancellata del Palagio Palagi, con le due statue dei Dioscuri, Castore e Polluce, indicherebbe proprio tale confine che separa la zona est da quella ovest, la parte delle tenebre dove nell’antica Roma venivano sepolti i morti e crocifissi i condannati.
Ci si interroga sul perché furono scelti i due mitici gemelli a guardia di quella che viene definita “l’isola sacra” della città che si compone dei due centri di massimo potere spirituale e temporale, il Duomo e il Palazzo Reale. Si potrebbe supporre che il primo dei due gemelli equestri, quello “luminoso”, sia a guardia dell’aspetto spirituale: la Chiesa; mentre il secondo, quello “oscuro”, fosse la divinità posta a guardia della Corona. E fu proprio il re Emanuele Filiberto, nel 1584, a voler affiancare il proprio centro di potere temporale a quello spirituale ordinando la costruzione del Palazzo Reale adiacente alla Cattedrale.
Molto interessanti e suggestive sono inoltre le statue del XVII-XVIII secolo che coronano il parco, il Palazzo e il Giardino Reale ancora oggi visibili. Tra queste spiccherebbe inoltre la statua rappresentante un misterioso templare, il quale potrebbe ricollegarsi all’Ordine del Tempio che portò la Sindone in Europa.
La corte interna del Palazzo ospita il Giardino Reale, ispirato al modello di Versailles. Al suo interno ospita la Fontana dei Tritoni, realizzata
CASTORE Manuel Monaco photography Giroinfoto Magazine nr. 36
POLLUCE Manuel Monaco photography
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IL TEMPLARE Adriana Oberto photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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REAL CHIESA DI SAN LORENZO Giancarlo Nitti photography
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Real Chiesa di San Lorenzo La chiesa di San Lorenzo è situata sul lato nordoccidentale di piazza Castello, tra Via Palazzo di Città ed il Palazzo Chiablese. La sua dedicazione è legata alla vittoria riportata da Emanuele Filiberto I del Ducato di Savoia insieme al cugino Filippo II di Spagna durante la battaglia di San Quintino in Francia, il 10 agosto 1557, giorno di San Lorenzo. Entrambi i duchi infatti avevano fatto voto, in caso di vittoria, di costruire una chiesa consacrata al celebre santo. Il duca sabaudo rientrato gloriosamente a Torino dopo la pace di Cateau-Cambrésis, nel 1562, fece ristrutturare una piccola chiesa preesistente, l’antica cappella ducale di Santa Maria ad Presepae, già Madonna della Neve, dedicandola San Lorenzo. Ed è proprio questa la chiesa che ospitò la prima ostensione della Sindone del 1578, a cui seguì la messa solenne celebrata dall’arcivescovo milanese Carlo Borromeo del 10 ottobre.
di luce, indicanti gli elementi della natura. Poi a livello delle quattro loggette a serliana, si incontra la prima luce. Arrivando al tamburo si può notare come la cupola diventi sempre più lucente. Questa risulta caratterizzata da una struttura ad archi incrociati che formano un fiore a otto petali. Sui quattro pennacchi sono raffigurati gli Evangelisti, con l’inizio di ciascun Vangelo. La calotta della cupola, sostenuta dalle colonne delle serliane, viene quindi illuminata da otto finestroni ellittici, ed attraversata da un sistema di nervature che formano una stella a otto punte e al cui centro vi è un ottagono regolare. I finestroni, visti dal basso, compongono quella che oggi viene ironicamente soprannominata il “volto del diavolo”, mentre le linee e le aperture dei relativi mascheroni formano un pentagono rovesciato.
L’attuale struttura barocca è opera di Guarino Guarini e fu eseguita tra il 1666 e il 1687. Sebbene il Guarini ne progettò anche la facciata, questa non venne mai realizzata. La chiesa infatti, si presenta stranamente senza una facciata decorata e, a parte la cupola, nulla lascerebbe intuire la presenza di un edificio religioso. La facciata infatti venne sacrificata per preservare la simmetria di Piazza Castello e pertanto, si cercò di mantenere la continuità delle forme dell’adiacente Palazzo della Regione. Il Guarini, nel 1667, intervenne sull’originaria pianta a croce latina facendola divenire a pianta centrale, realizzando un grande spazio ottagonale contenuto da una forma quadrata. Il tutto fu concepito con il numero quattro e soprattutto, con il numero otto, molto diffuso nei battisteri cristiani e indicante la vittoria e la resurrezione del Cristo. Numerose, inoltre, sono le indicazioni simboliche nascoste. Partendo dal basso, si percepisce uno spazio scuro, simbolo della vita mortale. Salendo con lo sguardo, si incontrano quattro livelli
REAL CHIESA DI SAN LORENZO Adriana Oberto photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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REAL CHIESA DI SAN LORENZO Cinzia Marchi photography
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Il Duomo
Il Duomo sorge in uno dei punti più ricchi di storia della città, a pochi passi dall’area archeologica della Porta Palatina e praticamente adiacente al Teatro Romano dell’antica Julia Augusta Taurinorum.
L’area sacra, anticamente, era composta da tre chiese paleocristiane, probabilmente edificate sulla base di edifici pubblici o templi pagani preesistenti, dedicate a San Salvatore, a Santa Maria di Dompno e a San Giovanni Battista. Le tre chiese vennero in seguito abbattute tra il 1490 e il 1492, mentre il campanile voluto dal vescovo Giovanni di Compeys e dedicato a Sant’Andrea del 1469, non venne demolito e resta ancor oggi visibile a fianco del duomo nei suoi primi 63 metri di altezza. Il 22 luglio 1491 la reggente di casa Savoia, la vedova di Carlo I, Bianca di Monferrato, posò la prima pietra del nascente duomo dedicato a San Giovanni: la sua costruzione, voluta fortemente sia dal duca sia dal vescovo, Domenico della Rovere, venne affidata ad Amedeo de Francisco da Settignano, detto anche “Meo del Caprino”, che vi lavorò fino alla sua morte nel 1501. I lavori del duomo terminarono nel 1505 e il 21 settembre dello stesso anno si ebbe la consacrazione con una messa solenne. Con il tempo il Duomo fu oggetto di diverse modifiche, in particolare si ricorda la realizzazione della cupola su progetto del Guarini del 1698. L’architettura del Duomo, se osservata con attenzione, svela alcuni possibili segreti esoterici. La forma della cupola ottagonale che si innalza all’altezza del transetto, nasconderebbe un simbolismo numerico molto particolare: l’ottagono è il simbolo che rappresenta la figura intermedia tra il cerchio e il quadrato. Per il simbolismo cosmico la forma quaternaria è in rapporto con i quattro punti cardinali, e per ottenere la forma ottagonale è necessario considerare anche i quattro punti intermedi. Punti, questi, che corrispondono, per tradizione sacra, al mondo che collega il piano divino al piano terrestre. Interdetto l’accesso alla cupola dal lontano 1990, dal mese di settembre 2018 è possibile accedere
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nuovamente al capolavoro barocco realizzato dal Guarini e designato quale Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Rispetto a quanto accadeva per le visite effettuate fino al 1990, l’accesso di visita alla Cappella non avverrà più attraverso le scale del Duomo di Torino, ma dai Musei Reali, di cui entrerà a far parte integrante nel futuro e definitivo percorso di visita. Si tratta di un importante ritorno filologico alle origini sabaude: la Cappella della Sindone, infatti, si trovava alla stessa altezza del primo piano di Palazzo Reale, dove vi erano gli appartamenti del re. La corte vi accedeva attraverso un portale dalla cosiddetta Galleria della Sindone, che tuttora i visitatori percorrono in tutta la sua lunghezza per raggiungere la Galleria Sabauda dal Salone delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale. La Cappella tuttavia non conterrà più la Sindone, ma sarà restituita ai visitatori, ai turisti e ai Torinesi nella sua straordinaria struttura architettonica, così come immaginata a fine Seicento dal Guarini. Sul fianco della struttura è presente anche una curiosa meridiana con i segni zodiacali.
LA MERIDIANA Nadia Laboroi photography
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IL DUOMO Angelo Bianchi photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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CUPOLA DEL DUOMO Adriana Oberto photography
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PIAZZA SAN CARLO Davide Tagliarino photography
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Piazza San Carlo In pochi sanno che una delle principali piazze torinesi presenta alcune particolari iconografie sindoniche “nascoste in bella vista”. Si tratta di Piazza San Carlo, il “salotto di Torino”, il capolavoro architettonico opera di Carlo di Castellamonte risalente al XVII secolo, caratterizzato dalla presenza del Caval ëd Brons, il monumento equestre raffigurante Emanuele Filiberto, e dalle due scenografiche chiese gemelle dedicate a San Carlo Borromeo e Santa Cristina. Se si guarda con attenzione i portici di Piazza San Carlo all’angolo con via Alfieri e con via Santa Teresa, si possono notare due affreschi, circondati da una cornice in intonaco che si mimetizza con gli altri fregi presenti sulle facciate. Questi dipinti murari raffigurano la Sacra Sindone contemplata dalla Vergine e da due frati. Gli affreschi in questione erano in origine quattro, posti uno per ogni angolo della piazza, purtroppo due di questi, quelli posti all’angolo con via Maria Vittoria, con via Giolitti e via Santa Teresa angolo via Roma, andarono distrutti nel corso dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. In realtà non è un caso la loro presenza in Piazza San Carlo Borromeo. Il santo arcivescovo di Milano ebbe infatti per la Sindone una particolare devozione, e durante un’epidemia di peste fece voto di recarsi a piedi
in pellegrinaggio a Chambery dove si trovava la Sindone. Così nel 1578 Emanuele Filiberto decise di abbreviare il viaggio dell’arcivescovo milanese, facendo trasportare la Sindone a Torino, accorciando in questo modo il pellegrinaggio a soli cinque giorni di cammino. Particolare attenzione bisogna ancora porla alle due chiese di San Carlo e di Santa Cristina, che pur non facendo parte del “cuore” della città, sembrano sorgere contrapposte ai Dioscuri di Piazza Castello, poste ognuna su un lato di via Roma, a guardia del lato meridionale della città. Guardando da piazza Castello la chiesa di Santa Cristina occupa il lato sinistro e la chiesa di San Carlo il lato destro. Oltre all’indiscussa importanza artistica - la facciata della prima è opera di Filippo Juvarra -, i due luoghi sacri sono alquanto significativi in quanto sembrano rivestire un ruolo simbolico simile a quello dei Dioscuri, in quanto chiudono un quartiere e sono la simbolica porta d’accesso a un’altra zona della città. In base a questo un’ulteriore ipotesi esoterica sosterrebbe che metaforicamente la chiesa di San Carlo rappresenti l’aspetto maschile, attivo, solare, mentre quella di Santa Cristina l’aspetto femminile, passivo e lunare. PIAZZA SAN CARLO Giulia Migliore photography
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SAN CARLO E SANTA CRISTINA Giancarlo Nitti photography
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Piazza Solferino
Uno dei simboli esoterici più conosciuti di Torino è sicuramente la Fontana Angelica di Piazza Solferino, di ispirazione fortemente massonica.
Inaugurata nel 1929, si compone di quattro imponenti gruppi di statue rappresentanti le quattro stagioni. Fu voluta dal sindaco Riccardo Cattaneo su progetto dello scultore Giovanni Riva, e venne realizzata grazie al finanziamento per legato testamentario del ministro di Casa Savoia, il Grand’Ufficiale Paolo Bajnotti (1842-1919), che destinava “L. 150.000 per la costruzione, entro trenta mesi dalla morte del testatore, di una bella fontana monumentale, da denominarsi “Angelica”, e portante un’iscrizione a memoria dei genitori del testatario stesso, Tommaso Bajnotti e Angelica Cugiani”.
SOLFERINO Francesca Scimenes photography
Inizialmente si pensò di posizionare la fontana davanti al Duomo, in Piazza San Giovanni, ma successivamente si optò per Piazza Solferino a causa dell’opposizione della Chiesa. Le figure delle quattro stagioni avrebbero infatti molteplici valenze simboliche, massoniche e mitologiche, non gradite dalla comunità ecclesiastica. La Primavera, statua femminile sul lato inferiore orientale esterno, rappresenterebbe infatti l’amore sacro, la virtù, ed è raffigurata con in grembo un nido
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di uccellini e un bimbo che lancia in aria uno stormo di rondini. L’Estate, invece, la statua femminile sul lato inferiore occidentale esterno, riprodurrebbe l’amore profano, il vizio, e tiene in grembo delle spighe, con un bimbo che regge una ghirlanda di frutti. L’Autunno, la statua maschile posta a oriente ma che guarda verso occidente, sarebbe Boaz, uno dei sostenitori delle Colonne d’Ercole, mentre l’Inverno, la statua centrale a occidente ma che guarda verso oriente, sarebbe la raffigurazione di Jaquim, l’altro sostenitore delle Colonne d’Ercole. La fontana, ricca di simbolismi, sembrerebbe così avere un significato più profondo dedicato agli iniziati massonici. L’interpretazione più accreditata è quella che la fontana ricostruisca il percorso interiore dell’iniziato per arrivare alla vera conoscenza. In particolare le due figure dei giganti Boaz e Jaquin, metaforicamente rappresenterebbero il primo step che l’iniziato dovrebbe compiere per completare il percorso massonico. Infatti l’Inverno volge lo sguardo verso Est, dove sorge il sole, simbolo di energia positiva e l’acqua che viene versata dagli otri, che rappresentano i segni zodiacali dell’Acquario e dell’Ariete, raffigura proprio la conoscenza data agli uomini.
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SOLFERINO Stefano Tarizzo photography
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PIAZZA SOLFERINO Lorena Cannizzaro photography
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VIA BONELLI 11 Max Calligaris photography
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Angeli e guerrieri Girando per Torino e guardandosi bene attorno, potrebbe succedere di imbattersi in diverse figure alate, tra cui diversi angeli e cherubini posti a fianco a vari mostri, demoni e gargoyles che decorano le facciate di molti palazzi cittadini. Accanto a questi angeli protettori, Richi Ferrero ha concepito una triade di guerrieri aventi il compito di vegliare dai tetti la città di Torino. Si tratta di tre sculture luminose, alte, sottili, armate di lance, frecce, dardi, a piedi e a cavallo, che con la loro luce ridisegnano il profilo della notte. L’autore li descrive come: “Una triade di guerrieri veglia la città dai suoi tetti. Li ho concepiti in modo che ciascuna opera, di giorno, si disegni sul cielo della città come un segno di matita su un foglio, mentre al tramonto un particolare rivestimento combinandosi con la luce che li investe, li restituisce alla visione come se emettessero luce propria. I miei guerrieri non sono né invasori né conquistatori, ma vedette del territorio mentale”. Si tratta nello specifico delle opere denominate: Grande Guerriero, Sagittaurus e Equinox. Il Grande Guerriero, collocato nel 2006 al piano più alto di uno stabile di corso Matteotti, rappresenterebbe uno dei primi abitanti dell’area in cui è sorta la città, che non poteva che essere un cacciatore-guerriero primitivo rappresentato nell’atto di scagliare una lancia.
Dal 2015 al Guerriero si è affiancato il Sagittaurus, posto in Corso Massimo d’Azeglio all’angolo con Corso Vittorio. L’opera coniuga le figure del guerriero armato di arco e frecce, con il Toro, richiamando alla mente il popolo dei Taurini, antichi abitanti delle foreste tra i tre fiumi Po, Dora e Stura, dove è poi sorto il presidio romano, primo nucleo della città di Torino. Infine nel 2016 un’ulteriore figura veglia sul capoluogo piemontese, si tratta di Equinox, un guerriero a cavallo armato di balestra collocato sull’attico di un palazzo del ‘600, posto all’angolo tra le vie Lagrange e Giolitti.
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n altro elemento molto interessante, si trova in via Alfieri 19, vicino a Piazza Solferino.
Un grande portone ligneo su cui è possibile vedere chiaramente tutta una serie di simboli massonici come la squadra, il compasso, il goniometro. Si dice che il palazzo fu proprio costruito dai Massoni, ma a di là di questo è davvero una grandiosa opera di artigianato da ammirare. Di fatto la Massoneria e i suoi membri, aderiscono ad una segreta associazione di mutuo appoggio e di evoluzione morale e spirituale, mirata al perfezionamento della razza umana. Questo concetto, nei secoli di storia è mutato ed è stato interpretato con mille sfaccettature e discrepanze, anche notevoli, tra mito, realtà, legenda e quotidianità.
VIA ALFIERI 19 Davide Tagliarino photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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PORTONE VIA ALFIERI Giulia Migliore photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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SINDONE Manuel Monaco photography
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La Sindone
Gli antichi Greci chiamavano sindone il tessuto fatto di lino. Più tardi sappiamo che negli antichi rituali funerari ebraici, i cadaveri venivano avvolti prima della sepoltura in un drappo che il Nuovo Testamento designa con il vocabolo sidon, che venne italianizzato in sindone.
La Sacra Sindone, secondo l’ipotesi religiosa è il lenzuolo nel quale il corpo di Gesù venne avvolto dopo la deposizione dalla croce, da Giuseppe d’Arimatea con il consenso di Ponzio Pilato, per poi essere collocato nel Sepolcro. La Sindone sarebbe pertanto, secondo la tradizione, la testimonianza della passione di Cristo, portando i segni della flagellazione, della corona di spine e delle mortali ferite. È chiaro che tutto questo non può provare con certezza che l’uomo della Sindone fosse realmente Gesù Cristo, tuttavia le discussioni su questo reperto, nonostante le analisi di laboratorio effettuate, sono ancora oggi più aperte che mai. L’odissea di questa reliquia e allo stesso modo un mistero: nel 1147, come risulta dalle fonti storiche, Ludovico II, re di Francia, vede e venera la Sindone a Costantinopoli dove si dice fosse stata conservata dal VII secolo. Nel 1204 Costantinopoli viene occupata dai Crociati ed è probabilmente in questo momento che l’Ordine del Tempio, la santa milizia ordinata da San Bernardo di Chiaravalle, entra in possesso della Sindone.
Alcuni esoteristi sostengono che la Sindone “racchiude in sé i quattro elementi che compongono l’Universo: Terra, Fuoco, Aria e Acqua. È nata infatti dalla Terra come un fiore di lino, è stata tessuta dall’uomo, ha viaggiato attraverso l’Acqua, attraverso l’Aria, ossia il tempo, mentre il Fuoco è Cristo medesimo, è la luce, la conoscenza.
LA CUPOLA DEL DUOMO Cinzia Carchedi photography
I Templari la portano quindi in Europa, forse prima in Germania, sotto la protezione dei Cavalieri Teutonici, e successivamente in Inghilterra. Dopo un lungo periodo in cui se ne perdono le tracce: la Sindone riappare con Goffredo di Charnay che la consegna nel 1356, alla chiesa francese di Lirey. Poi, nel 1452 Margherita di Charnay dona il Sacro Lino ad Anna di Lusignano, moglie di Ludovico di Savoia. A Chambery, sede del casato sabaudo, viene quindi allestita una cappella per custodirla. Nel 1532, un terribile incendio divampa distruggendo la cappella, e la Sindone; questa pur salvata dalle fiamme, riporta alcuni danni che verranno in seguito riparati dalle monache Clarisse. Successivamente Emanuele Filiberto, con la scusa
di abbreviare il pellegrinaggio di San Carlo Borromeo che la voleva venerare, nel 1578 la fa trasferire a Torino. Nel 1694, ultimata la cupola del Guarini, la Sindone viene deposta nel Duomo, dove vi rimane fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, momento in cui si decise di preservarla dai bombardamenti e di trasferirla nella abbazia di Montevergine, in Campania. Nel 1946 la reliquia ritornò di nuovo a Torino. Il destino della Sindone sembra essere tuttavia segnato dagli incidenti. Oltre all’incendio del 1532, ci fù anche quello della cupola del Duomo di Torino avvenuto nella notte dell’11 aprile 1997, durante il quale il Sacro Lino venne strappato alle fiamme dal coraggioso intervento della prima squadra dei Vigili del Fuoco della città.
TORINO BIANCA
Fondazione egizia
Una leggenda vuole che Torino sia stata fondata attorno al III secolo a.C. nei pressi della posizione attuale dai Taurini, popolazione celto-ligure dell’Italia settentrionale, probabilmente con il nome di Taurasia. Il luogo e il suo orientamento secondo alcuni non furono scelti in modo casuale, bensì furono seguiti determinati fattori magico-religiosi. Uno di questi era dato dalla confluenza tra due fiumi il Po e la Dora Riparia che ancora oggi formano un anello di acque attorno alla città. La tradizione esoterica sosterebbe che il Po rappresenti il Sole e il sacro Nilo, mentre la Dora la Luna e Iside, e da questa unione nacque la città di Torino. Secondo tale tradizione, Torino avrebbe un’antichissima origine egizia, mito citato nel libro Historia della Augusta città di Torino, uscito nel 1679 e scritto da Emanuele Thesauro, uno storico del Seicento della corte di Madama Reale Maria Cristina, che venne ulteriormente rafforzato con il ritrovamento durante degli scavi di una stele con sopra incisa un’iscrizione dedicatoria alla dea egizia Iside. Secondo la leggenda riportata dal Thesauro, il capoluogo piemontese fu fondato da un principe egizio, chiamato Eridano. Questi visse all’epoca del regno di Amenophi I. Il testo spiega che il principe dovette lasciare la patria natia a causa di alcuni dissidi con la casta sacerdotale. Quest’ultimi infatti, conservatori, seguivano il culto del dio Amon e non vedevano di buon occhio il nascente culto del dio Aton, divinità del sole, di cui il Eridano era fervente seguace e sostenitore. Questi si mosse dunque in cerca di nuovi territori da popolare e nel 1523 a.C., insieme ad un nutrito numero di persone al seguito, arrivò sulle coste italiane. Prima approdò in Liguria dove lasciò suo figlio Ligurio, che diede il nome alla regione e poi si spostò più a nord, per poi decidere di fermarsi in un territorio dove vi era un fiume che gli ricordava il Nilo. Qui, il principe egizio fondò una città, Eridania, il primo nucleo leggendario di Torino, prendendo
successivamente contatti con le popolazioni autoctone dei liguri e taurini. Eridano successivamente introdusse il culto del dio Api, raffigurato come un toro, da cui deriverebbe, secondo la leggenda, il nome stesso della città di Torino. Al principe Eridano e al culto del dio-toro Api si dovrebbe quindi la tradizionale simbologia taurina molto presente in città. Il principe inoltre avrebbe fatto erigere un grande tempio dedicato al culto di Iside dove attualmente sorge la Chiesa della Gran Madre. Il principe Eridano non ebbe però sorte felice, morì infatti affogando nel fiume Po durante una corsa di bighe il cui punto di via è tradizionalmente collocato nel Valentino, precisamente dove oggi si trova la Fontana dei Dodici Mesi. Da quel momento, per omaggiare il principe scomparso il fiume venne chiamato Eridano, nome che mantenne per diversi secoli fino all’arrivo dei Celti che lo rinominarono Padam, per i numerosi pioppi che si trovavano sulle rive, per poi prendere il nome latino di Padus ed infine dalla contrazione del latino Po. Quella di Eridano è ovviamente una leggenda, non si possiedono ulteriori fonti al riguardo oltre a quella del Thesauro, tuttavia non è il solo legame che il capoluogo piemontese mantiene ancora oggi con l’antica cultura sorta sulle rive del Nilo, basti pensare al famoso Museo Egizio di Torino, il secondo più importante al mondo dopo quello de Il Cairo, una liaison questa per molti magica, che a quanto andrebbe avanti da secoli.
MUSEO EGIZIO Mariangela Boni photography
Corpo, l’esperienza essenziale della nostra vita. Negli ultimi anni il nostro festival fotografico ha trattato diversi argomenti tra cui l’infanzia, il nutrimento, l’immigrazione, quest’anno tratteremo la “Corporeità”,derivato da “corporeo”, il termine indica l’avere un corpo e anche l’essere corpo. Questa polarità è centrale nell’analisi del concetto di corpo elaborata dalla riflessione fenomenologica, la quale mira a sottolineare il carattere di esperienza vissuta proprio della corporeità, la sua capacità di costituirsi come presa di coscienza del nostro essere nel mondo. L’esperienza vissuta del ‘corpo proprio’ investe uno dei nodi essenziali della psicopatologia e costituisce uno dei problemi più appassionanti dell’indagine antropofenomenologica. Abbiamo scelto delle mostre di fotografi che hanno sottolineato alcuni aspetti della vita che ci lega al nostro corpo dai disturbi legati all’alimentazione influenzando negativamente il nostro corpo come il meraviglioso lavoro “Odi et amo” di Tatiana Mura, e anche Thánatos, L’enigma della morte, come descritto e trattato da Pietro Collini sui misteri della morte come lui stesso scrive; La fotografia ci può portare in mondi preclusi ai più, come quello di una sala settoria e dei suoiriti. La Notte, artificialmente evocata dalla massiccia presenza del nero, è la madre della Morte e con essa dell’ineluttabile destino degli esseri umani. Arrivando ad un argomento purtroppo attuale come la prostituzione “The Body in Crisis” realizzato in Grecia da Gianmarco Maraviglia, vuole documentare le conseguenze di una situazione del genere sul corpo umano, come massima espressione della sfera intima e personale. Sostenere queste attività culturali “TrapanInPhoto” alimenta la sensibilità, attenzione nonché la speranza di crescita culturale di questa nostra città.
Arturo Safina
Direttore Artistico TrapanInPhoto
PROGRAMMA
TRAPANINPHOTO 2018
Venerdì 19 Ottobre
ore 9.30-12.30/15.30-17.00 Letture ore 17.00-18.45 Riunione giuria ore 19.00 Premiazione portfolio - 1° premio CanonM100 EF-M 15-45mm Lettori: Orietta Bay, Franco Carlisi, Pietro Collini, Sandro Iovine, Gianmarco Maraviglia, Pippo Pappalardo, Fabio Savagnone, Chiara Oggioni Tiepolo. Auditorium Chiesa di Sant’Agostino.
ore 18.30 Presentazione del libro Il valzer di un giorno di Franco Carlisi a cura di Pippo Pappalardo; sarà presente l’autore. Museo d’Arte Contemporanea San Rocco ore 21.30 Apertura mostre: Thanatos di Pietro Collini, Odi et Amo di Tatiana Mura, The body in crisis di Gianmarco Maraviglia, I pescatori di Portopalo di Stefano Biserni (primo classificato concorso “S. Margagliotti 2017” La tradizione della pesca. Dal pescato alla trasformazione), Corpi in movimento, mostra collettiva dei soci ICDV. Presenta Vittoria Adriana Abbenante; seguirà evento musicale “Il corpo risuona” percorsi sonori su partiture fotografiche con Alfredo Giammanco (Live Electronics), Giovanni Balistreri (Sassofono) e Luca Valenza (Percussioni) a cura del Conservatorio Antonio Scontrino di Trapani. Auditorium Chiesa di Sant’Agostino.
Sabato 20 Ottobre
ore 9.30-12.30 Paesaggio, incontro con Pippo Pappalardo. Saluti del Dir. del Polo Museale Arch. Luigi Biondo e Marilena Galia Pres. ICDV. Polo museale Agostino Pepoli ore 17.30-20.00 Conversando di fotografia! Incontro con Augusto Pieroni e Pippo Pappalardo. Saluti del Dir. del Museo d’Arte Contemporanea San Rocco Don Liborio Palmeri. Consegna Premio per la Cultura Fotografica 2018 “Salvatore Margagliotti” ad Augusto Pieroni Museo d’Arte Contemporanea San Rocco. Domenica 21 Ottobre Lettura portfolio ore 9.00 Accoglienza partecipanti
Lunedì 22 Ottobre
ore 21.00 La storia oltre l’immagine incontro con Gianmarco Maraviglia Museo d’Arte Contemporanea San Rocco.
Giovedì 25 Ottobre
ore 21.00 Presentazione del libro RACCONTI JAZZ - Incontri fotografici in 7/8 di Pino Ninfa a cura di Vincenzo Fugaldi; sarà presente l’autore. Museo d’Arte Contemporanea San Rocco
Sabato 27 Ottobre
● ore 17.30-20.00 Lectio Magistralis con Mauro Galligani a cura di Giacomo Di Girolamo. Saluti del Dir. del Polo Museale Arch. Luigi Biondo e Marilena Galia Pres. ICDV. Polo museale Agostino Pepoli
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#INSTA
WALK
MILANO18
Uno degli appuntamenti più importanti che rafforzano i rapporti tra i membri della community, ora ancora più grande grazie alla partnership con Giroinfoto magazine. Quest’anno si è scelto di incontrarci a Milano, città di grande ispirazione fotografica e logisticamente vicina a tutte le rappresentanze regionali del Nord Italia. Il 7 Ottobre 2018, le regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Triveneto ed Emilia Romagna si sono riunite in una piacevole e soleggiata giornata per conoscersi di persona riguardo le news entry della community e per discutere delle attività in programma per il 2019. Nelle prossime pagine, alcuni scatti effettuati da parte dei partecipanti all’INSTAWALKMILANO2018.
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HANNO PARTECIPATO BAND OF GIROINFOTO Giancarlo Nitti Captain Swat Giulia Migliore Barbara Lamboley Lorena Cannizzaro Sergio Agrò IG WORLDCLUB Isabella Meloncelli Scila mazzoleri Beatrice Obertini Adriana Oberto Cecilia Miradoli Christian Zini Mirko Serradura Alessio Battilomo Mattia Gregoroni Riccardo Berton COOKIN ITALIA Giacomo Flisi Jiee Wang LOVES BOLOGNA Michael Ieranò Enrico Chiari
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@chriizi
Christian Zini photography
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@alessio_gump
Alessio Battilomo photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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@goingmattos
Michael Ieranò photography
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Mirko serradura photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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Riccardo Berton photography
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@_.vegvisir._
Lorena Cannizzaro photography
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@giuliamigl
Giulia Migliore photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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@sm.turandot
Scila Mazzoleri photography
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MERCI E PERSONE IN MOVIMENTO IMMAGINI DALLA COLLEZIONE DI FONDAZIONE MAST
BOLOGNA
DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019
In occasione dei 5 anni di apertura dell’omonimo Centro culturale multifunzionale, la FONDAZIONE MAST espone una selezione di opere dalla propria collezione di fotografie e immagini in movimento sul tema Industria e Lavoro. Oltre 250 immagini storiche e contemporanee di 65 artisti di tutto il mondo mostrano la genialità e l’energia che negli ultimi due secoli hanno spinto gli uomini a progettare mezzi e infrastrutture per muovere merci, persone e dati.
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MERCI E PERSONE IN MOVIMENTO La nuova mostra, a cura di Urs Sthael, allestita negli spazi espositivi della PhotoGallery, propone una riflessione, a più voci, sul tema della velocità che caratterizza l’attuale società globale. Il pendolo simboleggia questo moto perenne del mondo e dei suoi abitanti nello spazio e nel tempo. Il suo oscillare è sinonimo di cambiamenti improvvisi d’opinione, di convinzioni che si ribaltano nel loro esatto contrario. Inoltre, la sua immagine evoca il traffico pendolare, i milioni di persone che la mattina presto per lavoro raggiungono il centro delle città e la sera tornano stanche ai loro quartieri dormitorio. Ma il pendolo è anche un simbolo valido per i traffici in genere, per quel perenne scambio di merci a fronte di altre merci, di denaro, di promesse. A questo dinamismo incessante si contrappone un fenomeno di segno opposto come spiega Urs Stahel: “Da decenni si continua ad aumentare il ritmo e la velocità: la crescente accelerazione dei processi economici e sociali è iniziata ai primordi della rivoluzione industriale fino a toccare oggi livelli vertiginosi. Il solo fenomeno che ci spinge a rallentare il passo, a cercare persino di fermare tutto, è quello delle migrazioni. Le uniche barriere esistenti sono quelle che frenano i perdenti locali e globali della modernità.” La mostra illustra visivamente le energie contrastanti e diametralmente opposte che si sprigionano da questi due fenomeni: da una parte la forza prorompente dei motori, l’enorme accelerazione, i mezzi di trasporto trasformati in feticcio del nostro tempo e dall’altra il rallentamento, la brusca, violenta frenata, il blocco dei flussi di persone che migrano.
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DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019
Sonja Braas
Container, 2015, dalla serie “Un eccesso di Prudenza” / from the series “An Abundance of Caution”, 2014-2017 Stampa a pigmenti / Pigment print, 176 x 144 cm © Sonja Braas
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DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019
Ugo Mulas
Alfa Romeo Pirelli, c. 1970 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print, 26,7 x 36 cm Fotografie Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli
Psychomotor di Rémy Markowitsch, le fotografie che Robert Doisneau ha dedicato agli stabilimenti Renault e il Paint Shop della BMW ritratto da Edgar Martins, le auto da corsa di Ugo Mulas e il monumentale trittico in onore del feticcio-automobile di Luciano Rigolini impattano contro le complesse installazioni di Ulrich Gebert e Xavier Ribas sul tema della migrazione e del nomadismo allestite sulle pareti della PhotoGallery. I container di Sonja Braas, l’epopea dei truckers di Annica Karlsson Rixon, la serie di Yto Barrada sui manovali narrano con immagini forti e suggestive il trasporto di merci e il trasferimento di persone costrette a muoversi per lavoro.
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DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019
Nei suoi intensi ritratti quasi in bianco e nero, Helen Levitt fotografa i pendolari nelle metropolitane degli anni settanta e ottanta, ne indaga gli stati d’animo, gli umori, mentre David Goldblatt, con le sue immagini scure, cupe, documenta la fatica di affrontare quattro ore di viaggio in autobus per recarsi al lavoro e lo sforzo ancora maggiore necessario a percorrere il tragitto inverso dopo un turno di dieci ore. Nella sua video installazione Jacqueline Hassink ritrae i pendolari moderni in sette città del nostro mondo globalizzato e mostra come ognuno di loro si muova i due modi: prima di tutto verso la propria destinazione, il posto di lavoro, e contemporaneamente in un perenne viaggio virtuale con il telefono cellulare o il tablet su cui tutti, senza eccezione, tengono gli occhi puntati.
Helen Levitt
N.Y. (metropolitana), dalla serie “Metropolitana” / N.Y. (subway), from the series “Subway”, 1975 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print, 19,4 x 29,4 cm © Film Documents LLC, courtesy Galerie Thomas Zander, Cologne Giroinfoto Magazine nr. 36
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DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019
Jacqueline Hassink
London 32, video stills from the installation iPortrait / fotogrammi dall’installazione iPortrait, 2010-2017 Courtesy of the artist Lorena Cannizzaro photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019
Edgar Martins
Paint shop, BMW Group Plant Munich (Germany), 2015 © Edgar Martins
Richard Mosse associa il commercio globale alle migrazioni: nell’opera lunga sette metri dal titolo Skaramaghas centinaia di container occupano un’area portuale. Lungo il margine sinistro dell’immagine la sua termocamera, uno strumento ottico in grado di rilevare differenze di calore a trenta chilometri di distanza, fotografa il trasporto di merci lungo le rotte mondiali, mentre sulla destra, gli stessi container sono impiegati come abitazioni per i migranti. Individui rimasti bloccati, persone che non possono andare avanti né tornare indietro e che temono il momento in cui sapranno se hanno ottenuto il permesso di proseguire il viaggio o se invece verranno reimbarcate verso il paese d’origine. Un’unica immagine che condensa tutto il sistema. Giroinfoto Magazine nr. 36
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Robert Häusser
Strada per la fabbrica / Road to the Factory, 1980 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print, 29,5 x 41 cm © Robert Häusser – Robert-Häusser-Archiv / Curt-EngelhornStiftung, Mannheim
URS STAHEL, CURATORE DELLA PHOTOGALLERY E DELLA COLLEZIONE MAST Il mondo di oggi è una sfida alla memoria e alla forza di gravità. Tutto sembra essere in movimento. Allo sviluppo segue la produzione, poi il trasporto, la vendita, la diversificazione, la cessione, la riacquisizione, il cambiamento di nome, la delocalizzazione, la sostituzione di quadri e dirigenti e infine la fusione. E poi il gioco ricomincia da capo, con velocità doppia, rischio più elevato e migliori potenzialità di profitto.
Ogni business plan vede la luce già provvisto della data di scadenza. Maggiore è la distanza tra il luogo della produzione e quello della vendita e maggiore sarà in genere il profitto. E tra questi due punti fanno la spola gigantesche navi da carico che solcano le onde in un viavai continuo, città galleggianti fatte di container che, per il semplice fatto di coprire tratte tanto lunghe, trasformano il lavoro di sarti pagati 2 euro in abiti che ne costano 2.000. Giroinfoto Magazine nr. 36
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DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019 Se la merce è deperibile, si allestiscono rotte aeree e catene del freddo. E mentre è ancora in viaggio, si scommette in Borsa pro o contro le navi e il loro carico come se il mondo fosse un gioco, una corsa che pare non voler mai finire. È un ciclo ininterrotto, una gara cui partecipiamo tutti, gli uni realizzando profitti o subendo perdite, gli altri percorrendo tragitti lunghi e faticosi per recarsi al lavoro. In entrambi i casi, da decenni si continua ad aumentare il ritmo e la velocità: la crescente accelerazione dei processi economici e sociali è iniziata ai primordi della
O. Winston Link
rivoluzione industriale fino a toccare oggi livelli vertiginosi. Il solo fenomeno che ci spinge a rallentare il passo, a cercare persino di fermare tutto, è quello delle migrazioni. Le uniche barriere esistenti sono quelle che frenano i perdenti locali e globali della modernità. Sappiamo infatti quanto forti siano il potere seduttivo della pubblicità e l’eco degli abusi del colonialismo e come la prospettiva di margini di profitto riesca a imprimersi a fondo nella mente di tutti a qualsiasi latitudine
Licenza al treno a doppia trazione / Highball for the Double Header, 1959 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print, 39 x 48,8 cm © O. Winston Link, courtesy Robert Mann Gallery
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Jakob Tuggener
Treno espresso a La Napoule, Costa Azzurra / Express train at La Napoule, Côte d’Azur, 1960 © Jakob Tuggener Foundation, Uster
Il pendolo simboleggia il passare del tempo. Il suo oscillare è anche sinonimo di cambiamenti improvvisi d’opinione, di convinzioni che si ribaltano nel loro esatto contrario. Inoltre, evoca il traffico pendolare, intendendo i milioni di persone che la mattina presto raggiungono il centro delle città e la sera tornano stanche ai loro quartieri dormitorio. Ma il pendolo è anche un simbolo valido per i traffici in genere, per quel perenne scambio di merci, a fronte di altre merci, di denaro, di promesse. Nel 1851, il fisico Léon Foucault riuscì a dimostrare la rotazione della Terra in modo sorprendentemente semplice: per mezzo di un pendolo sospeso a gran-
de altezza e libero di oscillare pian piano in tutte le direzioni. “Eppur si muove!”, pare avesse esclamato Galileo, ma la Terra non ruota solo intorno al sole come lui e Copernico avevano dimostrato, bensì anche intorno al proprio asse, e Foucault era stato in grado di provarlo. Ruotare intorno al proprio asse è un’azione che, in sostanza, implica un enorme dinamismo, lo stesso che da due, tre secoli gli esseri umani producono sulla Terra con i loro congegni, strumenti e macchinari.
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La mostra “Pendulum – Merci e persone in movimento. Immagini dalla collezione di Fondazione MAST” illustra visivamente, avvalendosi di fotografie storiche e contemporanee della collezione MAST, la forza che impieghiamo in questo moto perpetuo e la genialità con cui abbiamo progettato navi, automobili, camion, ferrovie, aerei e autostrade digitali per conquistare il mondo e
Mimmo Jodice
porre al centro della nostra esistenza l’economia, il commercio, la produzione, la vendita e il trasporto. Ma descrive anche il nostro ruotare senza posa su noi stessi, una piroetta a velocità supersonica che finirà per conficcarci nel terreno o farci toccare il cielo.
Napoli, Manifestazione a Piazza Garibaldi / Naples, Demonstration in Piazza Garibaldi, 1967 Stampa ai sali d’argento / Gelatin silver print, 19,3 x 29 cm © Mimmo Jodice
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Urs Stahel
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DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019
Alexey Titarenko
Stazione della metropolitana Vasileostrovskaya (Variante Folla 2), dalla serie “Città delle ombre” / Vasileostrovskaya Metro Station (Variant Crowd 2), from the series “City of Shadows”, 1992 © Alexey Titarenko, courtesy of Nailya Alexander Gallery, New York
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DAL 4 OTTOBRE 2018 AL 13 GENNAIO 2019
Rudolf Holtappel
Condotto di gas d’altoforno (Regione della Ruhr) / Furnace Gas Pipe (Ruhr Area), 1958-1962 Stampa ai sali d’argento / gelatin silver print, 34,5 x 34 cm © Estate of Rudolf Holtappel
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MAST.
via Speranza 42, Bologna 4 ottobre 2018 – 13 gennaio 2019 www.mast.org Ingresso gratuito Orari di apertura Martedì - Domenica 10.00 - 19.00
E.O. Hoppé
King George V’s Docks, London, England, 1934 © 2018 Curatorial Assistance, Inc. / E.O. Hoppé Estate Collection
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SAVERNE A CURA DI PIERLUIGI PEIS Per motivi di lavoro, alla fine di luglio, mi ritrovo a dover andare in Francia, in una piccola cittadina in Alsazia che non avevo mai sentito nominare e che si rivelerĂ una piacevole scoperta.
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Case a graticcio, castelli e rovine al confine tra Alsazia e Lorena.
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Al confine tra le regioni storiche dell’ Alsazia e della Lorena si trova la cittadina di Saverne, a ovest del dipartimento del Basso Reno e lungo il tracciato della Route Nationale 4 che collega Strasburgo a Parigi. Si trova a circa quaranta chilometri da Strasburgo, capoluogo del dipartimento della regione e con Bruxelles, del Parlamento europeo. La città è attraversata dallo Zorn e dal Canale Marna-Reno. Lungo i bordi di questo canale passa l’itinerario ciclabile che collega Londra a Brindisi passando anche per Roma. Saverne ha sempre occupato una posizione strategica perchè nelle vicinanze il “Col de Saverne” si apre un grande passaggio naturale tra l’altopiano della Lorena e la piana d’Alsazia, attraverso il Massiccio dei Vosgi, la catena montuosa che si estende lungo il lato occidentale della valle del Reno in direzione nord-ovest.
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La cittadina è molto carina e richiama uno stile architettonico centro europeo più tedesco che francese ma dopotutto qui siamo in Alsazia, regione più volte contesa tra la Germania e la Francia. Passeggiando tra le vie vicino all’ hotel, mi colpiscono molto le case a graticcio, che formano un insieme urbanistico tipico che caratterizza il centro storico della cittadina. Le case a graticcio sono costituite da una serie di travi in legno disposte orizzontalmente, verticalmente e obliquamente, le travi rimangono a vista nella facciata dell’edificio dandone un particolare e caratteristico stile.
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La grande piazza del centro cittadino si apre sul bellissimo castello Rohan, con la sua stupenda facciata neoclassica, costruito alla fine del XIII secolo e restaurato nel XVIII secolo su iniziativa di Napoleone III, questo ex castello episcopale antica sede dei principi vescovi che elessero Saverne sede diocesana destinata a perdurare centinaia di anni, ospita oggi un museo, una associazione culturale, un ostello della gioventù e una scuola. Poco lontano si staglia verso il cielo, attaccata al antico castello “Oberhof”, anch’esso ex residenza vescovile, la torre “Cagliostro”, alta e affusolata, in arenaria rossa, coronata da un tetto con quattro lati, dove Cagliostro, personaggio italiano misterioso e tormentato che viene ricordato soprattutto per le sue truffe, essendosi stabilito a Saverne su invito del Principe di Rohan, si sarebbe impegnato in oscuri esperimenti, più vicini all’alchimia che alla scienza. Il principale santuario della chiesa cattolica di Saverne è “Notre Dame en sa Nativité” un maestoso edificio in stile romanico, caratterizzato da una magnifica torre-portico romanico risalente al XII secolo, e dallo stile gotico, di cui una navata del XV secolo. Ora è la chiesa parrocchiale della città ed è stata elencata come monumento storico dal 1977.
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SAVERNE Fuori dalla città si alzano le rovine del castello di Haut-Barr, soprannominato “L’occhio di Alsazia” è costruito su tre grandi rocce collegate tra loro da una passerella, chiamata “Ponte del Diavolo” e una rete di scale che conducono alle parti più alte del castello dove si apre una vista spettacolare sulla pianura alsaziana e i Vosgi. Tra le rovine si trova una struttura che ospita un ristorante. Dell’edificio originale costruito nel XII secolo, restano ancora una loggia signorile e una cappella romanica dedicata a San Nicola. Il castello è stato restaurato e ampliato nel XVI secolo, come testimoniano le mura e i bastioni.
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Fantastiche rovine e un paesaggio mozzafiato si possono trovare a Lutzelbourg. Un altro castello in rovina su un promontorio roccioso di un altra piccola cittadina a pochi chilometri da Saverne, sempre lungo il canale Marna-Reno e la valle del Zorn. Classificato monumento storico nel 1930. E’ ancora possibile ammirare una grande torre quadrata costruita nel XII secolo, di 24 metri di altezza e varie pareti e altre porte.
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YPRES
IL CORAGGIO DELLA LIBERTÀ
FIANDRE A cura di Katia Albertoni
Dal diario di due camperisti. Quest’estate la nostra curiosità di viaggiatori combinata a quella di fotografi appassionati ci ha portato verso il nord Europa. Dalla Normandia al Belgio i posti visitati sono fantastici, ma hanno in comune un doloroso passato di guerre sanguinose e di grande distruzione. La città di Ypres, a pochi chilometri dal confine Francese, mi impressiona per la sua storia che include oltre 40 anni di ricostruzione fedele degli edifici storici totalmente rasi al suolo durante la prima guerra mondiale. Ricostruzione finanziata con i fondi tedeschi del risarcimento (Wiedergutmachung).
BELGIO
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BAR KLEIN STADTHUIS Katia Albertoni photography Giroinfoto Magazine nr. 36
130 GROTE MARKT Katia Albertoni photography
Un “lieto” fine che dimostra una volta di più l’inutile fardello causato dalle guerre. Il centro storico con gli edifici ricostruiti di maggiore interesse sono ubicati sulla Grote Markt (piazza del grande mercato). La posizione strategica di Ypres, sulla strada che porta da Bruges a Lilla, ne ha segnato lo sviluppo durante i primi anni del 1200: da piccolo paese di provincia è diventata capitale, insieme a Bruges, della produzione e commercio dei tessuti, con un mercato annuale a raggio d’interesse Europeo. Durante il XII secolo fu costruito il Lakenhalle (mercato del tessuto) che è rimasto il simbolo della città a tutt’oggi con il suo Beffroi di 70 metri d’altezza. Il suo maggior splendore lo raggiunse nel XIV secolo quando in città arrivavano lane pregiate su battelli che risalivano i fiumi Yser e Ieperlee (oggi non più navigabili) dalla costa, dove venivano allevate le pecore. I suoi drappeggi e tessuti fiamminghi erano molto ricercati e la popolazione di Ypres crebbe fino a raggiungere le 40’000 unità: più di Parigi e Londra insieme nello stesso periodo. Il declino della città fu causato da diverse traversie occorse nel corso dei secoli: dalla concorrenza delle lane inglesi e olandesi, alle guerre, alla carestia e per finire la peste nera che ne dimezzò la popolazione e ne minò definitivamente la fama nell’artigianato dei tessuti pregiati.
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BEFFROI DELLA LAKENHALLE Katia Albertoni photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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YPRES Il Lakenhalle è uno dei più grandi edifici civili del Medioevo, un capolavoro dell’architettura gotica, che fa parte della lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Oggi vi è ubicato il Museo dei Campi Fiamminghi che riporta alla memoria fatti e studi sulla prima guerra mondiale. Il Municipio (Stadhuis) che sorge sul fianco destro del Mercato dei Tessuti, è un grazioso edificio rinascimentale costruito nel 1619 e interamente rifatto nel 1966.
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La Cattedrale di San Martino è stata la chiesa principale della diocesi di Ypres importante centro religioso fino al 1801. L’edificio, eretto in stile Gotico brabantino nel XIII secolo è stato ricostruito fedelmente ad eccezione della guglia del campanile che è notevolmente più alta dell’originale e tocca i 100 metri d’altezza.
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Durante gli anni del primo conflitto mondiale la città di Ypres, che era situata proprio nel centro della prima linea tra i tedeschi e le forze alleate, ha subito le sorti di quattro battaglie che si sono susseguite dal 1914 al 1918.
Ci sono poco meno di 55’000 nomi su questi muri. Se penso che ogni nome rappresenta una giovane vita stroncata mi si stringe il cuore.
Con l’ultima di queste battaglie gli alleati hanno liberato il Belgio dall’occupazione. La libertà ha avuto un alto prezzo: la città fu ridotta in macerie e le sue campagne furono trasformate in una gigantesca necropoli con più di 170 cimiteri militari. Si accede al centro cittadino passando sotto un memoriale; una immensa porta in marmo bianco (Menin Gate, costruito nel 1921) su ogni parete sono scolpiti i nomi di tutti soldati dispersi e senza tomba, Inglesi e del Commonwealth, che hanno combattuto a Ypres durante la prima guerra mondiale.
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Ogni sera, alle 8.00 in punto, si tiene una toccante cerimonia.
Un segno di riconoscenza che perdura e si rinnova senza sosta dal novembre 1929.
Un appuntamento ricorrente nel quale viene bloccato il traffico stradale e gli abitanti e i curiosi si radunano in silenzio sotto l’arco in ascolto dei trombettieri che suonano le note de “Il Silenzio� in ricordo di tutti coloro che persero la vita per difendere e liberare il paese dagli oppressori.
Nonostante la vista di questo centro cittadino ridente, sotto un cielo completamente sgombro dalle nuvole e il sole splendente superi di gran lunga le nostre attese, questi mesti eventi lasciano una sensazione di tristezza nel nostro animo.
Gli omaggi floreali all’interno del memoriale sono innumerevoli.
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MENENSTRAAT Katia Albertoni photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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Torniamo verso il nostro camper cercando di immaginarci i tempi bui del quale rimane traccia unicamente nella memoria dei musei.
per acquistare l’autocollante di Ypres in ricordo della visita, ci fa incontrare un personaggio che parla curiosamente inglese.
Non lo sapremo mai, figuriamoci i nostri figli che sono così lontani nel loro vivere quotidiano da queste realtà così remote! Questa visita ci rende consapevoli della fortuna di essere liberi e di quanto il sacrificio di tutte queste giovani vite abbia cambiato il nostro presente.
Veniamo a sapere che è originario della Nuova Zelanda, un “figlio” della seconda guerra mondiale come tanti discendenti di soldati polacchi, inglesi e canadesi che ormai hanno preso dimora qui.
Katia Albertoni
L’ultima puntatina all’interno di un negozietto
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CROCI COMMEMORATIVE AL MENIN GATE Katia Albertoni photography
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LAKENHALLE katia Albertoni photography Giroinfoto Magazine nr. 36
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PRIME LUCI IN BRIANZA Autore: Sergio Agrò Luogo: Piccolo Santuario ad Airuno (Lecco)
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