N. 45 - 2019 | LUGLIO, Gienneci Studios Editoriale. www.gienneci.it
N.45 - 2019 Luglio
www.giroinfoto.com
LA CORSA DELLE BOTTI NIZZA MONFERRATO
ANTICHE BOTTEGHE GENOVA Band of Giroinfoto
NORDLINGER RIES BAVIERA Di Barbara Tonin
VAL THURAS BORGHI FANTASMA Band of Giroinfoto Photo cover by Laura Stratta
WEL COME
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la redazione | Giroinfoto Magazine
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Giroinfoto magazine
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da un lungo e vasto background professionale del fondatore, nasce l’idea di un progetto editoriale aggregativo, dove chiunque appassionato di fotografia e viaggi può esprimersi, condividendo le proprie esperienze con un pubblico interessato all’out-door, alla cultura e alle curiosità che svelano le infinite locations del nostro pianeta. È così, che Giroinfoto magazine©, diventa una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle belelzze del mondo e dalle esperienze offerte dai nostri Reporters professionisti e amatori del photo-reportage. Una lettura attuale ed innovativa, che svela i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, con l’obiettivo di essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la valorizzazione del territorio. Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Uno largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e informazioni utili. Una raccolta di molteplici idee, uscite fotografiche e progetti di viaggio a cui partecipare con il puro spirito di aggregazione e condivisione, alimentando ancora quella che è oggi la più grande community di fotonauti. Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti
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LA RIVISTA DEI FOTONAUTI Progetto editoriale indipendente
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ANNO V n. 45
giroinfoto magazine
15 Luglio 2019 DIRETTORE RESPONSABILE ART DIRECTOR Giancarlo Nitti CAPO REDAZIONE Paolo Buccheri SEGRETERIA DI REDAZIONE E RELAZIONI Margherita Sciolti
Milano - 20086 Motta Visconti. hello@giroinfoto.com DISTRIBUZIONE: Gratuita, su pubblicazione web on-line di Giroinfoto.com e link collegati.
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CONTATTI email: redazione@giroinfoto.com Informazioni su Giroinfoto.com: www.giroinfoto.com hello@giroinfoto.com
REDATTORI Giancarlo Nitti Redazione Barbara Tonin Reporter Sergio Agrò Reporter Adriana Oberto Reporter Monica Gotta Redazione
Questa pubblicazione è ideata e realizzata da Gienneci Studios Editoriale. Tutte le fotografie, informazioni, concetti, testi e le grafiche sono di proprietà intellettuale della Gienneci Studios © o di chi ne è fornitore diretto(info su www. gienneci.it) e sono tutelati dalla legge in tema di copyright. Di tutti i contenuti è fatto divieto riprodurli o modificarli anche solo in parte se non da espressa e comprovata autorizzazione del titolare dei diritti.
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LAYOUT E GRAFICHE Gienneci Studios PER LA PUBBLICITÀ: Gienneci Studios, Via G.Borgomaneri, 135 Giroinfoto Magazine nr. 45
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INSIDE
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Indice 10
LA CORSA DELLE BOTTI Nizza Monferrato
Band of Giroinfoto
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KINDERDIJK HOLLAND A cura di Sergio Agrò
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L'EREMO ABBANDONATO Urbex A cura di Urbex Team Old Italy
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VAL THURAS Borghi fantasma Band of Giroinfoto
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ANTICHE BOTTEGHE GENOVA Band of Giroinfoto
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NÖRDLINGER RIES Romantische Straße A cura di Barbara Tonin
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FOTO EMOZIONI Questo mese con: Paolo Gentili Lucio Bertani Ludovico Balena Adriana Oberto Tino De Luca
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WORLD PRESS PHOTO 2019 Skira Editore
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
Giancarlo Nitti Photography a cura di Adriana Oberto
LA CORSA DELLE BOTTI NIZZA MONFERRATO
Nelle giornate del 8 e 9 giugno Nizza Monferrato ha presentato due manifestazioni sempre più complementari, legate ad un discorso di tradizione gastronomica e ad un evento sportivo dalle forti connotazioni agonistiche e spettacolari. La Corsa delle Botti è una vera e propria gara che avviene su un tracciato cittadino ricavato dalle vie del centro storico, dichiarato facente parte del patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco.
Monferrato in Tavola concilia la tradizione gastronomica del territorio con le eccellenze esposte. Tra gli eventi più importanti del basso astigiano attira un pubblico eterogeneo sia per provenienza, sia per aspettative, al fine di trascorrere un fine settimana all’insegna dell’enogastronomia e della rievocazione storica. La manifestazione si rivolge a chi proviene non solo dalle regioni italiane confinanti con il Piemonte ma anche
con la partecipazione di @ig_lombardia
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dalla vicina Svizzera e sempre di più, anche dalla Francia, dalla Germania e dai paesi nordici, destando molta attenzione nei turisti stranieri che stanno scoprendo questa bellissima regione italiana.
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
Con la Corsa delle Botti si è voluto recuperare una parte di storia di fine ottocento – primi del novecento, che, sebbene relativamente recente, narra di una società profondamente diversa da quella attuale: una società fatta soprattutto di artigiani e contadini. Si tratta di due manifestazioni che, anche se utilizzando due metodologie diverse, insieme ed in maniera coordinata, presentano il territorio, la sua cultura, la sua storia, i suoi prodotti e la sua gente.
Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
IL MESTIERE DEL BOTTAIO L’industria delle botti e dei fusti per il trasporto del vino si è sviluppata intorno alla fine dell’Ottocento ed è andata scomparendo dopo gli anni Cinquanta. Lo sviluppo maggiore, per l’attività fiorente dell’industria vinicola, si ebbe nell’Astigiano e nel Monferrato: nei centri di Nizza Monferrato e di Canelli si è maggiormente affermata la fabbricazione delle botti. Inizialmente i fabbricanti di botti (fusti – secchi – mastelli – bigonce – tini…) erano semplici operai di umili origini e privi d’istruzione che con forza, abilità e precisione sono diventati veri Bottai; questo era un «mestiere da dannati», ma per i buoni guadagni era classificato un lavoro ambito e redditizio. I bottai, che hanno saputo sfruttare le favorevoli condizioni di mercato, lavoravano spesso a cottimo per 4/5 giorni la settimana, senza orario ed in condizioni disumane fra i rumori dei martelli, la polvere di tannino, la fatica ed il contatto con il fuoco. II diventare «Bottaio» non era facile: l’apprendista si doveva limitare ad assistere l’operaio specializzato
Adriana Oberto Photography
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LA CORSA DELLE BOTTI
NIZZA MONFERRATO
ed imparare. Il mestiere costituiva una conquista lunga e difficile, oltre per l’impegno tecnico che si poteva incontrare, soprattutto per la gelosia ed i segreti del mestiere custoditi dagli anziani. Bisognava «rubare» il mestiere e così il tutto si tramandava di padre in figlio. La consegna delle botti a domicilio veniva affidata ai giovani garzoni (ghersonèt) i quali, facendole rotolare per le vie cittadine, facevano a gara per arrivare prima a destinazione. Il rumoroso carosello è cessato con l’aumento del traffico nelle vie e con la diminuita richiesta delle botti. La tradizione è stata però ripristinata a Nizza Monferrato con la «Corsa delle Botti» per le contrade cittadine. È una gara di forza e di abilità che consiste nello spingere botti pesanti oltre un quintale per le strette vie della città.
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
Scila Mazzoleri Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
Laura Stratta Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
LE TIPOLOGIE DI BOTTI La botte è il più grosso recipiente a doghe maneggiabile da un solo uomo e usata per il trasporto del vino su carri. Generalmente veniva usato il legno di rovere e raramente il legno di castagno. La sua capacità è di 12/14 brente, pari a 600/700 litri.
LA VASSELLA
, grossa botte da oltre 16 brente, rimaneva fissa in cantina poggiando su dei sedili di legno o di mattoni.
IL CARATELLO,
di forma ovale, conteneva da 15 a 30 brente e veniva usato per il trasporto del vino su carri.
LA FALSA BOTTE,
con una misura fuori norma: da 9 a 11 brente.
IL FUSTO,
di media grandezza, maneggevole: da 2 a 8 brente.
IL FUSTINO,
piccolo recipiente dalla capacità di 1-2 brente.
IL BARILETTO
, di rovere, tradizionalmente piemontese, da 5 a 9 litri. Veniva pure destinato a custodire la riserva familiare dell’aceto. Il falso bariletto conteneva oltre i 10 litri (barilòt). Le botti usate nella corsa pesano circa un quintale e vengono controllate, pesate e marchiate la sera prima della gara per garantire che questa si svolga nel rispetto delle regole.
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NIZZA MONFERRATO
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
OPERAZIONI PRELIMINARI
DI GARA
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NIZZA MONFERRATO
Alle ore 20.30 del sabato, nella piazza del Municipio e sotto il caratteristico Campanon (la torre municipale), un’apposita commissione procede a formare l’ordine di partenza delle gare di qualificazione.
Una per una, le botti vengono prima pesate; il loro perso si aggira, in media, un po’ sopra al quintale – attorno ai 110 Kg – e non deve in ogni caso essere inferiore ai 100 Kg.
L’ordine viene stabilito tenendo conto dei tempi di qualificazione ottenuti nel precedente anno ed ordinati in modo che la squadra che ha ottenuto il tempo più lento parta per prima e quella con il miglior tempo per ultima. Le altre squadre vengono organizzate con lo stesso criterio.
Non ci devono inoltre essere cerchi e/o chiodi fermacerchi sporgenti. Dopo la pesatura vengono marchiate a fuoco e a questo punto ogni squadra prende il via per la prova di qualificazione, che ha un percorso limitato rispetto a quello della domenica e che serve a stabilire le teste di serie e la composizione delle batterie della semifinale.
In caso di squadre che non abbiano partecipato nella precedente edizione (squadre appartenenti ad una nuova cantina) queste partiranno per prime – in caso di più squadre secondo ordine alfabetico. Prima della partenza del giro di qualificazione le botti vengono pesate e marchiate. Una pesa ed un braciere vengono portate in piazza, dove sono radunate le botti. Quest’anno le squadre erano undici.
Alessio Battilomo Photography
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Alla fine della corsa di qualificazione le botti vengono raggruppate, legate e custodite in piazza Garibaldi fino al giorno successivo al fine di evitare manomissioni.
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Debora Branda Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Scila Mazzoleri Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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| PRATI LA CORSA DELLE R E P OBOTTI RTA G - E NIZZA MONFERRATO STABILI
Giancarlo Laura Stratta Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
IL PERCORSO
E LA GARA LA CORSA DELLE BOTTI
NIZZA MONFERRATO
La Corsa si svolge lungo i seguenti percorsi: Prove di qualificazione il sabato sera: partenza in Piazza Martiri D’Alessandria – Via Pistone – Piazza XX Settembre – Via Carlo Alberto – Via Santa Giulia – Via Pio Corsi – Via Balbo con arrivo in Piazza Martiri D’Alessandria Batterie delle semifinali e finale la domenica: Partenza in Piazza Garibaldi – Via Carlo Alberto – Piazza Martiri D’Alessandria – Via Pistone – Piazza XX Settembre – Via Carlo Alberto – Via Santa Giulia – Via Pio Corsi – Via Balbo – Via Carlo Alberto con arrivo in Piazza Garibaldi.
La botte viene spinta da un solo concorrente per volta; le squadre sono composte da tre o al massimo quattro concorrenti, che si danno il cambio lungo il percorso. Questi devono eseguire il cambio nel più breve tempo/tratto possibile avendo cura di non ostacolare in alcun modo la squadra avversaria; lo spingitore che viene sostituito deve immediatamente uscire dal tracciato della corsa. Vedere il cambio di concorrente è una cosa moto interessante ed avvincente. Massima attenzione viene prestata all’andamento regolare e leale della manifestazione. A tale scopo, oltre a custodire le botti la notte precedente la gara, viene controllato che durante la stessa non ci sia sul tracciato la presenza di persone estranee alla corsa e riconducibili ad una squadra in gara, che possano ostruirne o rallentarne lo svolgimento, che creino rallentamenti o danneggino le squadre avversarie o che creino pericoli per sé e per gli altri. In caso di irregolarità la giuria può sanzionare una squadra da 2 e fino a 15 secondi sul tempo finale della manche, o arrivare a richiedere un prelievo a campione per verificare che gli atleti non abbiano assunto sostanze o medicinali in grado di migliorare le prestazioni sportive. Quest’anno è stato un trionfo ripetuto per gli “spingitori” della squadra dei Viticoltori di Castelnuovo Calcea. Il terzetto formato da Roberto Guastello, Davide Lovisolo e Gian Piero Lovisolo ha vinto per la seconda volta la Corsa delle Botti, tagliando il traguardo in testa alla gara, con discreto distacco rispetto agli altri concorrenti. La squadra di Castelnuovo Calcea si è così portata a casa, per la seconda volta consecutiva, lo stendardo della manifestazione – lo stesso che è rappresentato Giroinfoto Magazine nr. 45
sulla locandina. Questo viene assegnato ogni anno alla squadra vincitrice e rimesso in palio l’anno successivo, a meno che una squadra non vinca per tre anni consecutivi, nel qual caso si aggiudica il privilegio di conservarlo. Lo stendardo attuale è del 2009; l’autore è Massimo Ricci, pittore nicese. La classifica finale ha visto riproporsi la stessa posizione della partenza: secondi sul podio le Cantine d’Incisa, terzi la Bottega del Vino di Calamandrana, quarti la “new entry”, Aresca Vini di Mombercelli. A seguire Ca’ de Lion di Canelli e i Produttori Bazzanesi, da Mombaruzzo. Piuttosto combattute anche le semifinali, nel primo pomeriggio di domenica, mentre nel calore estivo facevano capolino di tanto in tanto alcune gocce di pioggia – che non hanno, per fortuna, disturbato la gara. Nella prima batteria di semifinali sono stati ottimi, e molto ravvicinati l’uno all’altro, i risultati della Bottega del Vino di Calamandrana (4:08:07) e di Aresca Vini di Mombercelli (4:08:83): utili a condurre entrambe le squadre in finale a scapito delle Tre Cascine di Nizza Monferrato (4:58:42) e dei Produttori Sanmarzanesi (5:03:92). Le Cantine di Incisa, dal canto loro, si erano distinte nella semifinale (4:05:06), staccando nettamente i Produttori Bazzanesi (4:30:09), i Viticoltori Associati di Vinchio e Vaglio Serra (4:58:10) e l’Azienda Pierangelo Iglina di Bruno (5:18:72). Infine il tempo migliore delle semifinali era già stato quello dei Viticoltori di Castelnuovo Calcea (3:46:96), che hanno sfidato nella batteria Ca’ de Lion (4:28:38) e i Produttori Mongardinesi (5:10:70). Premio Gigi Morando, in memoria dello storico presidente della Pro Loco di Nizza Monferrato, assegnato a “Le Tre Cascine”.
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Adriana Giancarlo Oberto Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
Barbara Lamboley Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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LA CORSA DELLE BOTTI - NIZZA MONFERRATO
DURANTE
LA MANIFESTAZIONE LA CORSA DELLE BOTTI
NIZZA MONFERRATO
Il Monferrato in Tavola
Sfilate, manifestazioni e concorrenti in erba
Il Monferrato in Tavola è una manifestazione enogastronomica che si svolge in Piazza Garibaldi in concomitanza con la corsa delle botti. Il grande ristorante all’aperto ospita le 11 pro loco che preparano alcuni tra i piatti della ricca tradizione locale, accompagnati dai vini delle aziende vinicole che partecipano in qualità di concorrenti alla Corsa delle Botti.
Alcune manifestazioni accompagnano il pubblico nei momenti alternativi alla Corsa delle Botti; si tratta di spettacoli musicali e di animazione che rendono ulteriormente piacevole la permanenza in città.
Il turista ha così la possibilità di gustare le specialità monferrine preparate e cucinate secondo le ricette tradizionali (per quanto possibile preparate e cotte sul momento), utilizzando le materie prime locali, con una varietà di scelta non riscontrabile in un unico ristorante. Per poter acquistare i piatti occorre utilizzare i “Carlini”, un’apposita moneta metallica (in tre tagli: ½ carlino, 1 carlino e 3 carlini) il cui valore nominale è pari all’Euro (cioè 1 carlino = 1 euro). Gli euro vengono scambiati in carlini presso i punti cassa su piazza Garibaldi, luogo della manifestazione.
La mattina di domenica si sono svolte la VII edizione di Vespagiro e la Camminata di Solidarietà a cura dell’associazione Projeto Corumbà. In piazza Garibaldi si è tenuto il Mercatino dell’Artigianato e dell’Antiquariato, mentre la Tre Giorni d’Arte esponeva sculture e quadri al Foro Boario. Durante tutta la manifestazione ci sono stati due spettacoli musicali in diversi punti della città, oltre alla sfilata dei giovani sbandieratori ed al concerto offerto dalla banda della città di Nizza Monferrato. Si è inoltre svolta una piccola gara dei giovanissimi “spingitori”, organizzata tramite progetto scolastico, che ha coinvolto alcuni studenti della scuola primaria e media, a cura di Attiva-mente sport: hanno partecipato Umberto, Giulia, Federico, Christian, Mohammed, Giulio, Amanda, Melissa, Alice, Michele e la “mascotte” Tommy di soli 4 anni.
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CORSA DELLE BOTTI
8 e 9 MAGGIO 2019
LA CORSA DELLE BOTTI
a cura di Marco Lovisolo Assessore alle Manifestazioni, Turismo e Promozione e Sviluppo del Territorio CITTÀ DI NIZZA MONFERRATO (AT) La Corsa delle Botti 2019 è stata un’edizione grandiosa per la straordinaria partecipazione di pubblico che ha seguito con interesse e coinvolgimento la Corsa, dalle prove di qualificazione, alle semifinali e alla finale. La tradizionale manifestazione sportiva della Città del Campanòn ha visto partecipe, a partire dal sabato sera in piazza del Municipio, un numeroso pubblico che ha assistito alla pesatura delle botti (dal peso minimo di 100 Kg, fino ai 110 Kg di quella più pesante) e alla successiva marchiatura a fuoco. Le 11 squadre si sono sfidate, in notturna, lungo un percorso di 800 metri per le vie del centro storico cittadino. Nel pomeriggio di domenica si sono invece svolte le semifinali e la finalissima alla cui griglia di partenza si sono schierate le prime due squadre che hanno ottenuto il miglior tempo nella semifinale.
NIZZA MONFERRATO
La finale è stata vinta dalla squadra dei viticoltori di Castelnuovo Calcea, alla quale è stato consegnato lo Stendardo per il secondo anno consecutivo. Se dovesse replicare la vittoria anche il prossimo anno, quindi per la terza volta consecutiva, come previsto dal regolamento della corsa, lo stendardo rimarrebbe di proprietà della squadra. La corsa è uno sport a tutti gli effetti e richiede una specifica preparazione e tanto allenamento, infatti gli spingitori si allenano per l’intero anno. Ora tutti sono già al lavoro per l’edizione 2020 che si svolgerà il 13 e 14 giugno. Le ditte vinicole e/o cantine stanno già opzionando gli spingitori migliori per formare le squadre 2020. L’Assessorato alle manifestazioni sta già lavorando per l’edizione 2020 con nuove idee e migliorie.
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HOLLAND - IL PAESE CHE NON C'È
Kinderdijk il paese che non c'è
A cura di Sergio Agrò
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o sempre visto belle foto dall'Olanda: paesaggi fiabeschi, case curate nei minimi particolari, i campi di tulipani e i famosi mulini a vento che ricordano tanto i romanzi letti ai tempi delle scuole. Come al mio solito individuo nella mappa i luoghi da visitare, pianifico il tour e parto in autonomia. La mia prima sorpresa è nel fatto che l'”Olanda” tecnicamente non esiste. Lo stato si chiama Paesi Bassi, in inglese Netherland, a sua volta è organizzato in tante regioni e non esiste una regione chiamata “Olanda”, ma esistono due regioni con il nome di “Olanda Settentrionale” e “Olanda Meridionale”, l'ultima stranezza geopolitica è Amsterdam, che nonostante sia la capitale dei Paesi Bassi non è il capoluogo di regione dell'Olanda Settentrionale, che è Haarlem. Questa non è l'unica sorpresa dell'Olanda, la più sorprendente è quella che riguarda i suoi famosi tulipani, che a breve racconterò.
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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
HOLLAND - IL PAESE CHE NON C'È
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HOLLAND - IL PAESE CHE NON C'È
Archiviato il “pippone” scolastico, dedichiamoci alla fotografia e alla scoperta di luoghi. La prima tappa del mio tour è la parte nord orientale del paese dove esistono infiniti campi di tulipani.
Arrivato nella piccola città di Marknesse, mi sorprende il fatto che non ci siano turisti, l'unica macchina straniera che girava era la mia, così come ero l'unico a fotografare quei bellissimi campi di tulipani. Non immaginavo mai di poter trovare una quantità così esagerata di colori; i campi erano ben organizzati, in ordine e tenuti benissimo sembravano quasi finti, alcuni erano talmente vasti che si perdevano quasi all'orizzonte. Sono rimasto fino al tramonto a scattare e non mi sono perso neanche le prime luci dell'alba sui campi di tulipani. Avevo già individuato dalla sera prima i campi migliori per l'alba e dopo la sveglia alle 5:30 mi sono piazzato con il treppiede e ho aspettato lo spettacolo della natura. I campi erano davvero tanti e tutti ben fioriti, in quel momento mi è venuto un dubbio: questi tulipani non saranno usati come
“fiori” da regalare, sapevo essere dei fiori poco durevoli ed era impossibile poterli raccogliere e distribuire in tutto il mondo. I miei dubbi sono stati poi risolti a colazione quando ho chiesto alla signora del Bed&Breakfast, ricordo ancora la sua espressione “ma che domanda mi fai? perché non lo sai?” La signora mi spiegava che quei fiori erano usati come “compost”, il vero business dei tulipani sono i bulbi, che dopo la fioritura vengono raccolti e venduti in tutto il mondo. Allora riguardando gli scatti, notavo come quel semplice fiore fucsia nel campo di tulipani gialli in realtà non era un semplice tulipano ma un tulipano eroe! Aveva resistito alla precedente raccolta dei bulbi.
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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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ZAANSE SCHANS Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Il mio tour prosegue, la prossima tappa sono i famosi mulini a vento che non avevo ancora visto.
Attraverso così una strada incredibile in mezzo al mare, dove a destra ho un livello del mare e alla mia sinistra un altro più basso, ecco spiegato l'origine del nome Paesi Bassi: terre “rubate” all'acqua, in certe zone si è davvero sotto il livello del mare, senza neanche accorgersene. Questo particolare si può notare meglio a Zaanse Schans. Inizialmente non volevo fermarmi in questa località, non avevo mai visto così tanta gente prendere d'assalto un luogo turistico, quindi ho fatto un piccolo ragionamento: vado nel B&B, relax e poi torno all'ora del tramonto quando i pullman hanno già portato via i turisti, anche perchè Zaanse Schans è un luogo libero aperto 24h.
Devo dire che il tramonto a Zaanse Schans è davvero qualcosa di fiabesco: le casette piccole, i mulini a vento e le nuvole colorate rendono lo scatto davvero magico. Contento dell'esperienza del tramonto non mi faccio scappare neanche l'alba, essere l'unica persona a scattare mi ha regalato momenti unici. Oggi riguardando gli scatti dell'alba noto la differenza del livello dell'acqua che in quel momento non avevo per nulla notato. La magia dell'alba a Zaanse Schans viene interrotta quando ad un certo punto ho iniziato a notare l'arrivo in massa dei primi turisti, beh allora dietro front e via.
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ZAANSE SCHANS Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Proseguo il mio tour e la mia intenzione era quella di arrivare a Lisse e fotografare i tulipani del parco botanico di Keukenhof. Purtroppo in un luogo dove ogni giorno arrivano fino a cinquecento pullman, senza contare le auto e le bici, questo non può più essere considerato viaggiare. Non mi fermerò mai in un posto del genere. Invece la piacevole sorpresa arriva dal mare, ed in particolare da Scheveningen, una zona della città de L'Aia che si affaccia sul Mare del Nord. La spiaggia di Scheveningen è davvero immensa, qui si possono fare passeggiate infinite aspettando le luci del tramonto, persino a cavallo. Caratteristiche sono le attrazioni turistiche che si trovano sull'enorme pontile riconoscibile dalla grandissima ruota panoramica. Quel giorno purtroppo avevo deciso di passare la serata ad Haarlem, quindi mi sarei perso il tramonto sul mare, ma era solo rinviato l'appuntamento con il tramonto.
SCHEVENINGEN Sergio Agrò Photography
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Non avevo mai visto nessuna foto della città di Haarlem, decido di arrivare in centro e lì scoprire i luoghi perfetti per gli scatti al tramonto, inizio a girare per i canali a scoprire gli angoli della città, i ponti levatoi e le caratteristiche case: piccole e una attaccata all'altra, ma rimasi folgorato dal vecchio mulino sul canale, ho pensato: all'ora del tramonto le acque in genere si fermano e quindi riuscirò ad avere dei riflessi sull'acqua notevoli, le prime luci accese e le nuvole colorate faranno da cornice al mio scatto; e così è stato, grazie alle mie fotografie conservo un bellissimo ricordo di Haarlem.
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HAARLEM Giancarlo Nitti Photography Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Il mio viaggio in quella “Olanda” non finisce qui, le belle sorprese nelle fiabe arrivano in genere alla fine, e anche qui il finale fiabesco è stato garantito dalla bellissima città di Rotterdam e dei suoi mulini di Kinderdijk. Visitare una città così grande in un solo giorno è davvero da incoscienti, merita una mini vacanza dedicata, ma se ci si muove a piedi si posso ammirare tanti piccoli particolari che appagheranno il nostro viaggio. Seguo il consiglio di un mio caro amico e parcheggio l'auto nel nuovo ed incredibile Market Hall, qui bisogna giocare d'anticipo sui turisti e nell'attesa dell'apertura vado a visitare le caratteristiche “Case cubiche” di Piet Blom. Da fotografare sono incredibili quanto lo è la loro struttura, basta pensare che al loro interno i muri hanno davvero quella forma cubica e che i mobili sono fatti solo su misura. Sorprendente è anche il Market Hall, una struttura a semicerchio formata da appartamenti e al loro interno un caratteristico street market, con tantissimi banconi curati e ben in ordine, qui mi sono fermato per gustare le buonissime patatine fritte olandesi, davvero deliziose.
HOTEL NEW YORK Sergio Agrò Photography
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Ma la parte romantica e fiabesca della città di Rotterdam arriva dopo, mi incammino e attraverso il grandissimo ponte di Erasmo (detto anche Ponte del Cigno Bianco), qui si è aperto un cassetto della memoria scolastica: il famoso filosofo e teologo Erasmo da Rotterdam, che trova anche una citazione nel film “Il nome della rosa”, chiudiamo il cassetto e andiamo avanti. La mia destinazione è l'Hotel New York. La storia è breve ma molto emozionante, questo era l'hotel utilizzato dai migranti olandesi prima di partire per l'America, l'ultimo luogo della loro nazione prima del lungo viaggio della speranza verso l'America. Chissà quante storie ed aneddoti in quel piccolo hotel. Oggi conserva tutte le sue caratteristiche di allora ed è in netto contrasto con i grattacieli moderni che lo circondano. Lo scatto che mi ha regalato l'Hotel New York è tanto fiabesco quanto romantico, con una nuvola a forma di cuore nel cielo.
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CASE CUBICHE Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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MARKET HALL Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Il tour in “Olanda” sta quasi per finire e come in tutte le fiabe
che si rispettano ci vuole un gran bel finale, un nome tra tutti: Kinderdijk. Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, Kinderdijk è davvero il luogo più magico dove concludere il tour, una serie di mulini a vento in sequenza lungo i canali, che regalano riflessi colorati al tramonto. Questo luogo sintetizza un po' tutta l'”Olanda”, Kinderdijk è un mix di poesia, magia e natura, ecco perché secondo me l'”Olanda” è il paese che non c'è, un po' come l'isola della fiaba di “Peter Pan”.
SERGIO AGRÒ
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Sergio Agrò Photography
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Grazie alla sua posizione a cavallo del Monte Buriasco, che domina lo stretto imbuto attraverso il quale le acque della Stura e le principali vie di comunicazione raggiungono la pianura. Lanzo rappresenta storicamente il punto di coordinamento di un vasto territorio costituito da alcune valli incuneate tra quella di Susa, a sud, e quella dell’Orco, a nord. Sede dal XIV secolo di una castellania sabauda, anche in età moderna continuò a svolgere una funzione di raccordo politico-feudale come centro del marchesato costituito nel 1577 da Emanuele Filiberto per la figlia Maria e il genero Filippo d’Este e solo nel 1621, col pagamento di 4000 ducati, le comunità soggette acquisirono per la prima volta una serie di importanti autonomie nei suoi confronti.
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Nel 1723, sotto Vittorio Amedeo II, il marchesato fu infine smembrato per soddisfare le mire nobiliari della ricca borghesia. Lanzo restava, comunque, l’unico centro “cittadino” di un territorio montano, collocato in una posizione marginale rispetto alle grandi vie di traffico. Le fucine erano ancora di�use nelle medie e basse valli, anche se le risorse minerarie si andavano via via esaurendo, mentre alpeggi e transumanza erano la ricchezza di quelle alte. Ma la situazione generale dell’economia e della società non volgeva al bello.
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Non passarono cinquant’anni, ed arrivarono i camaldolesi (1661). Non è un dato trascurabile, l’a�ollarsi di presenze cenobitiche, per un territorio che nel medioevo non aveva conosciuto insediamenti monastici di rilievo. Le nuove fondazioni segnavano con la loro imponenza il paesaggio, secondo le finalità propagandistiche tipiche del barocco: il convento dei cappuccini sovrastava il borgo medioevale (ne rimane il chiostro, inglobato nel massiccio edificio ottocentesco del collegio salesiano); il santuario di Sant’Ignazio dominava la bassa valle e gl’imbocchi delle valli superiori; la chiesa dell’eremo, scenograficamente collocata «in mezzo alla collina» e alla corona di montagne, s’imponeva alla vista di chiunque salisse in direzione delle valli.
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L'eremo fu costruito su progetto dell'ingegnere Francesco Lanfranchi a partire dal 1661 dal conte Gaspare Graneri della Rocca di Ceres. Una volta terminato, assieme al terreno circostante di 175 ettari, fu donato all'ordine camaldolese. Il progetto lanfranchiano prevedeva la costruzione di una grande chiesa con la facciata rivolta verso Torino, grandi porticati nel retro della stessa sui quali affacciavano gli spazi di clausura, i parlatori, la foresteria, il chiostro, l'infermeria e i giardini. Le celle erano strutturate come piccole casette indipendenti con un giardino cintato disposte in file di quattro.
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Si narra che la congregazione camaldolese di Piemonte, sorta agli inizi del XVII secolo per opera di Alessandro Ceva, monaco d’origine piemontese e confessore del duca di Savoia Carlo Emanuele I, in ringraziamento per la cessazione della peste del 1599, volle edificare nel 1602 l’eremo dedicato al Salvatore a Pecetto, in una splendida posizione sulle colline di Torino. A questa che sarebbe divenuta la Casa madre dei Camaldolesi di Piemonte, nel corso del Seicento nei territori ducali al di qua delle Alpi si sarebbero affiancati i monasteri di Belmonte presso Busca nel 1614, di Santa Maria in Selvamaggiore a Cherasco nel 1618 (rifondato nel 1675) e di Lanzo Torinese nel 1661. Attivi fino alla Rivoluzione francese, furono soppressi nel 1801, tranne quello di Lanzo, dove furono gli stessi monaci ad assicurare pur tra mille difficoltà
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finanziarie la sopravvivenza dell’istituzione, proseguendo a proprie spese l’esperienza cenobitica e monastica e vivendo anche di elemosina. Di fatto, i Camaldolesi di Piemonte nascono a seguito della rottura di Alessandro Ceva con la Casa madre di Arezzo, diramazione riformata dell’Ordine Benedettino, ma in assoluta continuità con la regola dettata dal suo fondatore San Romualdo all’inizio dell’anno Mille (1012). Ceva fu abile, in tal senso, ad incontrare la disponibilità e l’interesse di Casa Savoia nel favorire la nascita di un ordine religioso di propria fiducia e quindi parzialmente autonomo da Roma, tanto che la storia dei Camaldolesi di Piemonte si legherà fortemente con quella del massimo Ordine cavalleresco di Casa Savoia, l’Ordine Supremo della Santissima Annunziata, facendone la fortuna per due secoli.
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La ricchezza degli arredi sacri dei monasteri camaldolesi di Piemonte non ha infatti eguali. Tornando a Lanzo, fu la ricchissima famiglia borghese dei Graneri e nello specifico quello che è considerato il suo capostipite Gaspare Graneri che nel 1661 finanziò la costruzione dell’Eremo. Arricchitisi con le miniere di ferro e la lavorazione del ferro, i Graneri si nobiliteranno con l’acquisizione prima del feudo di Mercenasco e poi con quello de La Roche in Francia divenendo Graneri della Roccia con il titolo di marchesi e costruttori tra l’altro del celebre Palazzo Graneri di via Bogino a Torino, un tempo sede del Circolo degli Artisti e oggi del Circolo dei lettori (fu il figlio di Gaspare, Marco Antonio, a volerne l’edificazione).
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Nel 1802, in seguito alla Rivoluzione francese, l'eremo venne chiuso e riconsegnato ai camaldolesi solo nel 1815 con l'avvento della Restaurazione. Nel 1836, vista la soppressione della famiglia camaldolese, l'eremo venne dato in affidamento ai carmelitani scalzi, che gestirono l'eremo fino alla soppressione degli ordini religiosi. Passato in mano demaniale (Ente Casa ecclesiastica), nel 1918 venne convertito della Croce Rossa Italiana in sanatorio per i reduci di guerra e poi per la cura della tubercolosi femminile; negli anni '60 del Novecento venne edificato, all'interno del parco, un edificio adibito ad ospedale. L'ospedale "Eremo di Lanzo" venne riconvertito in RSA nel 1995 e venne definitivamente chiuso nel 2013.
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Da sei anni l'imponente struttura giace abbandonata a se stessa. La strada che porta all’eremo è chiusa e completamente dissestata: la vegetazione si sta riprendendo i suoi spazi. Gli accessi, nonostante i tentativi di chiusura, sono sfondati e chiunque può entrare nell’Eremo senza troppe difficoltà. Dentro non è rimasto più nulla di prezioso : i muri cadono letteralmente a pezzi, le porte non esistono più, i lucchetti sono stati scardinati, il vecchio archivio è stato distrutto con le cartelle cliniche dei vecchi ospiti sparse ovunque, vetri rotti, quadri elettrici divelti, infiltrazioni d'acqua dai tetti e, naturalmente, anche qualche pezzo mancante, come la statua della Madonna portata via dalla vecchia chiesa.
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Tra il 2009 e il 2010, la Società Italiana di Conservazione tentò di promuovere una campagna per il restauro e la valorizzazione della chiesa dell’Eremo dei Camaldolesi con pieno sostegno di enti e società come Società Storica delle Valli di Lanzo, Lions Club, Ministero per i beni e attività culturali, Comune di Lanzo. Purtroppo, sembra che il progetto sia rimasto tale. U R B E X T E A M O L D I T A LY Instagram urbexteam_olditaly
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È LEGALE L’URBEX? CHIARIAMOLO IN 10 PUNTI
Tratto da www.ascosilasciti.com
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Lo Stato in cui si trova l’immobile. Inteso come la nazione in cui si trova. Ognuna con le sue lingue, le sue culture e soprattutto… le sue regole! Esiste un’enorme differenza di conseguenze legali se la stessa azione viene svolta in Lituania o in Italia. Aldilà delle leggi che possono tutelare e condannare, ricordiamo bene che in alcuni Stati, prima di uscire vincitori da una causa legale e le pubbliche scuse dell’accusa, si rischia di passare da un bel “servizio educativo” della polizia locale. Non sempre negli Stati più monarchici avrete la detenzione assicurata e in quelli più democratici, la certezza di farla franca. Non avendo tempo nè risorse sufficienti per affrontare la questione di ogni singola Nazione, ci concentreremo a sviscerare il, già complesso, codice del nostro Bel Paese.
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Accessi aperti. Mancanza di recinzione, porte spalancate o inesistenti, grosse aperture nei muri perimetrali, insomma tutti i varchi aperti sono “amici dell’urbex”. Tutto cambia se per accedere a un luogo abbandonato, proverete ad aprire porte chiuse o scavalcare muri (la questione cambierebbe anche per ogni metro di altezza dei perimetri…), il che costituisce violazione di domicilio privato. Crearsi entrate con forza o manomettendo recinzioni, è sufficiente invece perchè l’accusa diventi una frizzantissima “effrazione con scasso”. Giroinfoto Magazine nr. 45
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Lo stato in cui versa l’immobile, ma questa volta intesa come condizione. Finestre rotte, muri crepati, tetti squarciati, muffa e vegetazione incontrollata, porte spalancate, sono tutti segni di chiaro abbandono che potrebbero tutelare l’esploratore. L’attenuante di “immobile in chiaro stato di abbandono” non è da sottovalutare, per quanto non vi sia nulla di codificato. In un’alta percentuale dei casi può però assolvere l’esploratore da accuse di violazione di domicilio.
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Cartelli e avvertimenti. Controllare l’eventuale presenza di cartelli di monito non sarebbe troppo sbagliato (proprietà privata o divieto di accesso). La loro assenza o illeggibilità (magari pioggia e vento hanno fatto arrugginire il ferro dell’affisso o marcire il legno del manifesto) potrebbero comportare buoni sgravi di responsabilità. Insomma, un’ulteriore attenuante, che male non fa’…
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Non toccare nulla. Per chi non lo conoscesse, il comandamento dell’Urbex “prendi solo foto, lascia solo impronte” è un promemoria anche di tutela legale. I souvenir, fosse anche un sasso del muro di un manicomio abbandonato, non sono contemplati come legali.
Strumenti che portate con voi. Conosciamo tutti, o almeno immaginiamo, il rischio di entrare in un edificio abbandonato, potenzialmente abitato da malviventi. Purtroppo no…non basta questo pretesto per portarsi un machete, nemmeno con l’altruistico fine di accettare l’incolto prato della magione. Ma attenzione, anche con un bastone da trekking, o altri strumenti apparentemente innocui, potrebbero scattare l’aggravante di “arma bianca”. Nessuna arma da difesa, all’infuori del cavalletto o di un ramo trovato sul posto, si può….accettare!
Avvisi e permessi. Torniamo al tema clou. Anche a costo di passare come noiosi genitori apprensivi, sconsigliamo sempre di esplorare questi posti. Se proprio doveste sentirne l’irrefrenabile impulso, avvisate le autorità competenti, nel caso di edifici comunali/statali, o i proprietari/ guardiani per ottenere il permesso ad entrare. Anche a costo di creare allarmismi. Oppure rivolgetevi ad alcune associazioni che operano tramite quest’ultimi. Diffidate dalle organizzazioni che si disinteressano della questione legale e vi fanno clandestinamente introdurre in pericolosi edifici abbandonati.
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Anzi, sarebbe meglio prendere solo foto (nel senso di scattarle, ovviamente, non di rubare gli album di famiglia sul comò impolverato) e non lasciare alcuna impronta. Come mai? Udite-udite, per creare il giusto setting alle proprie foto, basta solo spostare gli oggetti e gli arredi, ed essere colti sul fatto, per una bella “accusa di tentato furto”.
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Non scappare e collaborare sempre con le autorità. Se avete seguito i consigli sopra citati, potete sentirvi tranquilli. Motivo per cui, mostratevi per quello che siete e avete fatto. E’ sempre buona norma collaborare enunciando le proprie intenzioni. Così facendo sarete fuori dai guai nel 90% dei casi.
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Rispettare tutti gli 8 punti. La somma delle probabilità di non passare guai seri, che viene fuori rispettando gli 8 punti, vi assolve al 99,9%, parlando dal punto di vista penale. Più complessa diviene la questione civile, che dipende maggiormente dalla volontà del proprietario di volervi eventualmente punire, denunciandovi.
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Incertezza. L’incertezza, purtroppo, rimane l’unica certezza. Tranquilli al 100% non lo sarete mai. Unico modo per sentirvi realmente tutelati è di ascoltare il consiglio enunciato al punto 7. Odiate da molti, poiché danno in pasto alcuni luoghi abbandonati al grande pubblico, queste Associazioni (solo quelle che operano tramite mezzi legali) sono in realtà le uniche a tutelare i luoghi abbandonati in tre modi: si rivolgono ai proprietari ottenendo i permessi di visita; danno visibilità ad alcuni posti altrimenti destinati a marcire nell’indifferenza; scelgono come meta per i loro viaggi solitamente luoghi già devastati dal tempo e dai vandali, per non esporre al turismo di massa gli edifici ancora intatti, accelerandone il declino. Intanto, l’unica certezza è che, come scriveva il romantico François-René de Chateaubriand, tutti gli uomini hanno una segreta attrazione per le rovine. Giroinfoto Magazine nr. 45
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A pochi passi da Torino, nell'alta Valle di Susa, sotto il comune di Cesana Torinese si apre la Val Thuras. Partendo da Bousson la valle si sviluppa in direzione nord-ovest e sud-est. Delimitata ad ovest dal confine con la Francia e ad est con la Valle Argentera termina a sud al Col Thuras che la collega con il Queyras francese.
Barbara Tonin Photography
A CURA DI FLORIANA SPERANZA E CLAUDIA LO STIMOLO
Adriana Oberto Barbara Tonin Cinzia Carchedi Claudia Lo Stimolo
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Domenico Gervasi Fabrizio Rossi Giancarlo Nitti
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BAND OF GIROINFOTO WORKGROUP TORINO Immersi nella natura della Val Thuras, a pochi km dal confine francese ci siamo lasciati affascinare dallo scenario misterioso dei borghi semi abbandonati che presidiano la zona in un itinerario colmo di sorprese e piacevoli panoramiche. Ognuno, con le proprie interpretazioni fotografiche, ha dato forza al gruppo e ai suoi obiettivi, per valorizzare il territorio di una valle quasi sconosciuta, ma che offre una moltitudine di percorsi per godere della natura locale.
Una volta parcheggiata l'auto nei pressi della frazione Thures, la piÚ grande delle borgate della Valle, ci siamo inoltrati nel piccolo villaggio inserito in un ambiente naturale ancora incontaminato, di particolare fascino, con ampi spazi silenziosi, splendide fioriture estive di ogni varietà alpina e numerose specie di animali selvatici. Alcuni dettagli e particolari di questo villaggio ci riportano indietro nel tempo e ci danno spunti per approfondire qualche episodio storico. Ad esempio scopriamo che il territorio fu sotto dominio francese fino al 1713 quando passò sotto il regno di Sardegna con il trattato di Utrecht. I segni del precedente dominio francese si possono ancora osservare nelle incisioni presenti sul bordo della fontana, nel centro del paese, rappresentanti il
giglio, simbolo della Francia, e nei pressi della quale si trova l'accogliente Rifugio "La fontana del Thures". Addentrandoci nel borgo possiamo osservare l'alternarsi di case dirute ed in parte crollate, a costruzioni recentemente ristrutturate, come la chiesa di Santa Maria Maddalena, a cui si affianca un campanile che ancora mostra le sua vecchia struttura in muratura con eleganti bifore e al di sotto di esse la meridiana. Particolarmente interessanti sono gli edifici ed il materiale utilizzato. Essi infatti sono caratterizzati da costruzioni in pietra sovrastate da imponenti strutture in legno e da coperture realizzate con scandole di larice, legno tipico del territorio e quindi facilmente utilizzabile.
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Ritornando sui nostri passi, scendiamo verso il bivio che ci fa imboccare l'ampia sterrata che ci porta verso Rhuilles, la prima delle “borgate fantasma” che incontriamo e che caratterizzano tutto il percorso. Essa è una piccola borgata alpina, con le caratteristiche baite ad uso agricolo in legno e pietra,conosciute con il nome di "grange". La borgata, che si trova a monte del torrente Thuras, conta oggi pochissimi residenti, ma si ripopola in parte quando i villeggianti ritornano alle case durante il periodo estivo. Nel paese, come in tutte le borgate limitrofe, è presente un antico forno in pietra per la panificazione ed una chiesetta seicentesca con una ben conservata pala lignea. Il suo nome sembra derivi dal termine "ruggine" ed è dovuto alla presenza di alcune sorgenti di acqua ferruginosa.
Cinzia Carchedi Photography Floriana Speranza Photography
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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Domenico Gervasi Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Fabrizio Rossi Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Ci incamminiamo lungo la strada e davanti a noi si apre la val Thuras, che come le valli circostanti, formatasi durante le glaciazioni dell'era quaternaria e il successivo periodo di disgelo, ha la tipica conformazione ad “U”, con versanti piuttosto scoscesi ed un'ampia vista del fondo valle. Il territorio davanti ai nostri occhi è ampio e panoramico e in estate si ammanta dei colori vivaci dei fiori che ricoprono le praterie alpine, del verde intenso dei boschi circostanti, delle acque color azzurro ghiaccio del torrente Thuras, e del dolce suono che il suo incessante scorrere produce.
Adriana Oberto Photography
Il torrente che nasce tra il Colle di Thuras e la punta Ramiere si dirige verso nord-ovest continuando il suo percorso a valle delle Grange di Thuras fino a sbucare poco a monte della Borgata Rhuilles. Quest'ultimo tratto è caratterizzato da una stretta gola che si allarga nuovamente a fondo valle. Il torrente riceve acqua da diversi affluenti durante il suo viaggio verso valle, il principale, nei pressi di Rhuilles, è il Torrente Chabaud. Nel proseguo del suo percorso piega gradualmente verso nord fino ad andare a confluire nella Ripa a Bousson.
Claudia Lo Stimolo Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Siamo giunti a metà del nostro percorso, stiamo costeggiando il torrente, meta di molti villeggianti e luogo ideale dove trascorrere le afose domeniche estive. I boschi di pino uncinato tipici del luogo permettono di riposarsi alla loro ombra e per chi lo desidera si può trovare qualche grande roccia, levigata dalle acque del fiume, su cui fermarsi per prendere il sole. In alcuni punti si formano delle polle in cui è possibile pescare.
Claudia Lo Stimolo Photography
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Le sponde del fiume risultano essere un luogo ideale anche per fermarsi a fare qualche scatto, cimentandosi con i tempi lunghi per ottenere l'effetto seta, o anche solo per immortalare l'ampia valle. Al termine ritorniamo sulla strada attraversando splendidi prati ricoperti di fiori.
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Invece di proseguire lungo la sterrata torniamo indietro, fino ad un piccolo crocevia, e decidiamo di risalire la mulattiera che ci porta alla borgata "Lause" e da qui, procedendo a mezza costa lungo i pendii erbosi ridiscendiamo alla borgata Thures, incontrando nel frattempo altre borgate fantasma quali Thures Gorlier e Rif la Chenal. Il percorso da noi fatto è conosciuto come "il sentiero delle borgate fantasma", così denominato appunto per la ormai scarsa presenza dell'uomo.
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Nonostante qua e là ci siano case in via di ristrutturazione o già ristrutturate, qualche macchina parcheggiata ed animali da fattoria che brucano l'erba, il luogo sembra immerso in un surreale silenzio, che evoca memorie di un passato vivace ma ormai dimenticato, un luogo quasi fiabesco, fermo nel tempo, come le fotografie di epoche ormai scomparse.
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Ci soffermiamo ancora per qualche tempo a Rif la Chenal per ammirare il paesaggio sottostante, infine riprendiamo il cammino per ritornare a Thures, che ad una certa distanza da noi lo vediamo immerso fra alberi di pino. Raggiungiamo le prime case e scendiamo lungo le piccole vie tra esse per tornare al punto di partenza, il Rifugio, ottimo ed accogliente punto di appoggio per ristorarsi al termine dell’escursione.
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WORKING GROUP 2019
BAND OF GIROINFOTO La community dei fotonauti Giroinfoto.com project
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Progetto editoriale indipendente che si fonda sul concetto di aggregazione e di sviluppo dell’attività foto-giornalistica. Giroinfoto Magazine nr. 45
STORIES
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COME FUNZIONA Il magazine promuove l’identità territoriale delle locations trattate, attraverso un progetto finalizzato a coinvolgere chi è appassionato di fotografia con particolare attenzione all’aspetto caratteristico-territoriale, alla storia e al messaggio sociale. Da un’analisi delle aree geografiche, si individueranno i punti di forza e di unicità del patrimonio territoriale su cui si andranno a concentrare le numerose attività di location scouting, con riprese fotografiche in ogni stile e l’acquisizione delle informazioni necessarie per descrivere i luoghi. Ogni attività avrà infine uno sviluppo editoriale, con la raccolta del materiale acquisito editandolo in articoli per la successiva pubblicazione sulla rivista. Oltre alla valorizzazione del territorio e la conseguente promozione editoriale, il progetto “Band of giroinfoto” offre una funzione importantissima, cioè quella aggregante, costituendo gruppi uniti dalla passione fotografica e creando nuove conoscenze con le quali si potranno condividere esperienze professionali e sociali. Il progetto, inoltre, verrà gestito con un’ottica orientata al concetto di fotografia professionale come strumento utile a chi desidera imparare od evolversi nelle tecniche fotografiche, prevedendo la presenza di fotografi professionisti nel settore della scout location.
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CHI PUÒ PARTECIPARE
Davvero Tutti. Chiunque abbia la voglia di mettersi in gioco in un progetto di interesse culturale e condividere esperienze. I partecipanti non hanno età, può aderire anche chi non possiede attrezzatura professionale o semi-professionale. Partecipare è semplice: Invia a events@giroinfoto.com una mail con una fototessera, i dati anagrafici, il numero di telefono mobile e il grado di preparazione in fotografia. L’organizzazione sarà felice di accoglierti.
PIANIFICAZIONE DEGLI INCONTRI PUBBLICAZIONE ARTICOLI Con il tuo numero di telefono parteciperai ad uno dei gruppi Watsapp, Ad ogni incontro si affronterà una tematica diversa utilizzando diverse dove gli incontri verranno comunicati con minimo dieci giorni di anticipo, tecniche di ripresa. tranne ovviamente le spedizioni complesse in Italia e all’estero. Tutto il materiale acquisito dai partecipanti, comprese le informazioni sui Gli incontri ufficiali avranno cadenza di circa uno al mese. luoghi e i testi redatti, comporranno uno o più articoli che verranno pubbliGli appuntamenti potranno variare di tematica secondo le esigenze cati sulla rivista menzionando gli autori nel rispetto del copyright. editoriali aderendo alle linee guida dei diversi progetti in corso come per esempio Street and Food, dove si andranno ad affrontare le tradizioni La pubblicazione avverrà anche mediante i canali web e socialnetwork gastronomiche nei contesti territoriali o Torino Stories, dove racconteremolegati al brand Giroinfoto magazine. le location di torino e provincia sotto un’ottica fotografia e culturale.
SEDE OPERATIVA La sede delle attività dei working group di Band of Giroinfoto, si trova a Torino. Per questo motivo la stragrande maggioranza degli incontri avranno origine nella città e nel circondario. Fatta eccezione delle spedizioni all’estero e altre attività su tutto il territorio italiano, ove sarà possibile organizzare e coordinare le partecipazioni da ogni posizione geografica, sarà preferibile accettare nei gruppi, persone che risiedono in provincia di Torino. Nel gruppo sono già presenti membri che appartengono ad altre regioni e che partecipano regolarmente alle attività di gruppo, per questo non negheremo la possibilità a coloro che sono fermamente interessati al progetto di partecipare, alla condizione di avere almeno una presenza ogni 6 mesi.
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NÖRDLINGER - RIES
Il Nördlinger Ries a cura di Barbara Tonin e Fabrizio Rossi
Capita a tutti, nei viaggi itineranti, quando i luoghi da visitare sono tanti e i giorni a disposizione sono pochi, di programmare fin nei minimi dettagli le varie tappe che si vogliono raggiungere. Si acquista una guida o si cercano, nei vari siti turistici informazioni sulle località che più ci interessano. Come quella volta che abbiamo scelto di percorrere la famosa Romantische Straße, la Strada Romantica in Baviera.
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Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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La Romantische Straße è una delle strade più antiche della Germania. Un percorso ricco di storia, arte e cultura, lungo quasi 370 chilometri, in cui si susseguono uno dopo l’altro meravigliosi castelli fiabeschi, città con le case a traliccio, antichi monasteri, chiese barocche e gotiche. Da Nord a Sud, dalla dolce valle del Meno intorno a Würzburg fino al maestoso panorama delle Alpi bavaresi vicino a Füssen, valli fluviali, terreni agricoli e pascoli rigogliosi lasciano via via il posto a boschi e montagne.
Percorse le prime tappe, in un momento di relax, leggiamo gli opuscoli raccolti durante la prima parte del viaggio e un luogo “fuori programma” attira la nostra attenzione: la città di Nördlinger e il Nördlinger Ries. Facciamo un salto indietro nel tempo, “esattamente” 14,5 milioni di fa. L’odierna foresta del Giura si mostrava con dolci colline, selve ricche di querce e carpini e boschi con le più diverse specie di latifoglie. Ma tutto, in pochi minuti, sta per cambiare. Con una velocità di oltre 70.000 km/h, due corpi cosmici puntano dritto verso il bucolico paesaggio e lo cambiano per sempre. Un asteroide del diametro di circa 1 km e il suo satellite di 150 m di diametro impattano contro l’altopiano del Giura e danno origine a due enormi crateri: il Nördlinger Ries del diametro di 25 km e profondo 4,5 km e lo Steinheimer Becken del diametro di 4 km. Nel raggio di oltre 100 km, la vita scompare e lo scenario assume un aspetto lunare.
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L’urto è talmente violento che la pressione raggiunge parecchi milioni di bar e la temperatura supera i 20.000˚ C. I due corpi cosmici e il terreno roccioso sottostante vengono polverizzati e si fondono tra loro. L’onda d’urto però non si ferma e si propaga anche fra gli strati sottostanti, li modifica e provoca la formazione di minerali di alta pressione come la coesite, la stishovite e il diamante. Contemporaneamente, il materiale roccioso eiettato dall’impatto forma una coltre compatta di masse detritiche di rocce differenti (che arriva fino 50 km di distanza) e una nube incandescente che viene proiettata dal cratere nell’alta atmosfera. In pochi secondi, il fondo del cratere viene risucchiato verso la superficie e le masse rocciose sul bordo franano. Ora il cratere, imploso su sé stesso, è più largo e meno profondo. Allo stesso tempo, anche la nube incandescente collassa e si deposita all’interno del cratere e nelle zone adiacenti.
L’elevatissima temperatura e velocità di fusione della nube incandescente dà origine a una massa rocciosa, spessa parecchie centinaia di metri, chiamata suevite. La suevite (dal latino “suevia”, Svevia) è una roccia detritica (breccia) composta prevalentemente da frammenti di graniti e gneiss (basamento) e da brandelli di basamento fuso. Le altre masse detritiche espulse dal cratere vengono chiamate “brecce colorate” e sono formate da frammenti di rocce di colore differente e di dimensioni molto diverse tra loro. Si possono distinguere frammenti di colore grigiorosso (graniti, gneiss, anfiboliti) provenienti dal basamento cristallino ovvero il più profondo, frammenti rocciosi del Triassico superiore (formazione di Trossingen e Burgsandstein) di colore rossastrogrigio chiaro, rocce del Giurassico (argille grigio-scure, arenarie ferruginose beige, calcari chiari) e sabbie del primo Terziario.
STRATIFICAZIONE MINERARIA
SUEVITE
MASSA DI SPOSTAMENTO
Il cratere ora presenta un anello poco profondo, delimitato dal bordo originario e dal bordo esterno in cui sono presenti i mega-blocchi originati dalle frane, e un bacino profondo delimitato da una parete cristallina. Essendo senza sbocchi ed immissari e a causa degli spostamenti d’acqua periodici da una parte all’altra del bacino (sesse), gradualmente si depositano nel cratere scisti bituminosi e argille, che lo trasformano in un lago salato ricco di sostanze nutritive.
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Sulle sponde e sulle acque basse della parete cristallina, invece, si sviluppano scogliere dolomitiche di alghe verdi, sedimenti calcarei da sorgente e sabbie calcaree. A poco a poco il lago offre un habitat ideale per piccole lumache d’acqua salata, larve d'insetto, gamberi di mare e ostracodi, come nei laghi odierni, ma solo dopo 2 milioni di anni potrà dare ospitalità a mammiferi e uccelli.
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Con il passare dei secoli, il lago è scomparso e il bacino del Ries è rimasto quasi privo di alberi.
“bombe di vetro” (Flädle), ovvero rocce del basamento completamente fuse.
Le ampie aree fertili tra i fiumi, i torrenti e le zone umide vengono utilizzate per l’agricoltura, mentre i prati calcarei aridi ricchi di ginepri sul bordo sud, est ed ovest con una vegetazione che riflette le caratteristiche del terreno, sono dedicate alla pastorizia itinerante.
In questa roccia, infatti, sono stati trovati i minerali coesite, stishovite e i diamanti, che sono modificazioni del quarzo dovute all’alta pressione tipiche delle rocce da impatto.
Un ulteriore elemento importante per l’economia bavarese è la suevite. Utilizzata da artisti e scalpellini, sia nei tempi antichi che ai giorni nostri, è molto apprezzata come materiale da costruzione e per il restauro di edifici. In ambito industriale, invece, per sue proprietà viene aggiunta alla mescola del cemento e della malta per migliorarne la qualità. Le brecce colorate (calcari e argille), invece, vengono impiegate come materiale di base per i mattonifici e le fabbriche di calce e cemento. L’importanza della suevite, però, non si limita all’aspetto economico. Fu proprio grazie a questa che, nel 1960, fu scoperta l’origine del Ries. Una caratteristica distintiva della suevite sono le
Questi minerali di alta pressione sono considerati le “impronte digitali” dei corpi cosmici. L’area del Ries assunse un tale livello d’interesse, che nell’agosto del 1970, la NASA decise di inviare gli astronauti delle missioni dell’Apollo 14 e 17 nel cratere del Ries per familiarizzare con le particolari formazioni rocciose dei crateri da impatto. L’addestramento fu utile per il riconoscimento e il campionamento delle rocce lunari e per il prelevamento mirato dei campioni. A ringraziamento dell’addestramento con i geologi del Ries, fu donata una pietra lunare che tutt’ora è conservata presso il Rieskratermuseum di Nördlingen. Al cratere, inoltre, è stato dedicato un asteroide, il 4327 Ries.
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Il Centro di ricerca sul cratere del Ries e sull’impatto ZERIN (Zentrum für Rieskrater- und Impaktforschung) di Nördlingen è una sezione distaccata del Museo di Scienze Naturali di Berlino. Quest’ultimo ospita la più grande collezione di meteoriti della Germania, oltre 6.000 campioni provenienti da spedizioni di ricerca in 50 crateri da impatto di tutti i continenti, ed è frequentato da ricercatori di tutto il mondo per lo studio sui meteoriti e sui crateri d’impatto. La pianura fertile del Ries fu ambiente favorevole all’insediamo già a partire dalla Preistoria. Numerose furono le culture che vide susseguirsi nelle varie ere. Celti, Romani, Alemanni e Franchi, fino alle civiltà moderne, hanno lasciato molteplici testimonianze del loro vissuto. Tutt’ora il territorio è ricco di suggestivi borghi, castelli, monasteri e chiese. Tra i siti più interessanti e importanti, troviamo le antiche “libere città imperiali” di Nördlingen e Donauwörth e la città di Harburg con la sua fortezza. Citata in un documento ufficiale del 898 d.c. come dominio carolingio donato alla diocesi di Ratisbona, Nördlinger fu fondata da Federico II che la elevò al grado di città imperiale. Divenne un importante area commerciale, essendo in posizione intermedia tra Norimberga e Ulma, e le sue fiere furono molto frequentate.
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La “Battaglia di Nördlingen” del 1634, combattuta durante la celebre guerra dei Trent'anni nei pressi del villaggio di Alerheim, portò ad una forte diminuzione della popolazione e alla conquista della città da parte dell'esercito imperiale asburgico comandato dall’italiano Mattia Galasso (germanizzato Matthias Gallas), che segnò la fine del periodo di prosperità. Nel 1803, tramite un atto di mediazione, venne assegnata alla Baviera. Nördlingen si distingue dalle altre città per la sua cinta muraria, completamente percorribile con un camminamento protetto. Costruita a partire dal 1327, al posto della precedente cinta del 1215, è lunga 2,6 km ed è intervallata da cinque porte con torri di accesso, undici altre torri e due bastioni. La torre campanaria (detta "Daniel") della chiesa di S. Giorgio (1427-1505) ci guida verso il centro, la Piazza del Mercato. I 350 gradini del campanile, alto 90 metri, ci portano in cima per poter ammirare la cittadella in tutta la sua interezza e la piana del Ries. Lungo la salita ci si può soffermare a vedere un’antica ruota di legno a pedali, con cui il guardiano della torre (ma anche custode della città e “vigile del fuoco”) poteva far salire tutto ciò di cui aveva bisogno.
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Nella Piazza del Mercato si possono visitare la Casa da ballo (Tanzhaus) e la Casa Alta (Hohen Haus), entrambe del XV° secolo. Nördlingen è sede di molti musei, tra cui il Museo Bavarese della Ferrovia, ed è anche nota per la Scharlachrennen, un torneo a cavallo celebrato per la prima volta nel 1463, la Stabenfest, ovvero la Festa degli Scolari di inizio maggio nata nel Cinquecento, e il mercatino che si ripete dal lontano 1639. L’originalità della pianta di Nördlingen e l’architettura
delle case hanno colpito anche la fantasia di molti registi. Il più conosciuto probabilmente è Mel Stuart, che ha deciso di girare alcune scene di “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato” (1971) nel centro storico e la scena finale dell’ascensore volante proprio sopra i suoi tetti colorati. Negli ultimi anni la città è diventata famosa anche in Giappone, grazie al fumettista giapponese Hajime Isayama che l’ha presa come modello per il suo popolare manga “L’attacco dei Giganti”.
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Proseguendo verso sud sulla Strada Romantica, troviamo Harburg. Costruita sul pendio del monte Burgberg e chiusa dal fiume Wörnitz, è caratterizzata da colorate case medievali a traliccio e da edifici barocchi a timpano. Degni di nota sono la chiesa protestante di Santa Barbara (1612), l’ex casa pastorale (Pfarrhaus), il Municipio, la Piazza del Mercato e il bellissimo ponte in pietra del 1712.
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Harburg
A sovrastare il piccolo borgo, vediamo uno dei più imponenti e antichi castelli della Germania: la fortezza di Harburg. Nominato in documenti ufficiali del 1150, apparteneva all’imperatore degli Hohenstaufen, che lo fece erigere a difesa della via commerciale Augusta-Norimberga. Un secolo più tardi, la proprietà passò come pegno ai conti di Oettingen, a cui tuttora appartiene. Il castello è protetto da alte mura di cinta, con cammini di ronda e un barbacane doppio. Il portone d’ingresso conserva ancora la saracinesca di legno con le punte di ferro. Sull’ampio cortile interno si affacciano la cantina, una struttura con la sala delle feste, l’edificio dei principi, la chiesa di S. Michele e la Torre della Fame (Hungerturm) che fungeva da battifredo, la parte più antica del castello. Circostanza curiosa è che durante la sua lunga storia secolare, la fortezza non ha mai subito un assedio.
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A pochi chilometri da Harbug, dove il Wörnitz confluisce con il Danubio (Donau), un’altra città si affaccia sul Ries: Donauwörth. Fondata su un piccolo isolotto nel Wörnitz col nome Ried nel 500 da una piccola comunità di pescatori, grazie alla sua posizione sulla via commerciale, divenne rapidamente un importante centro commerciale. Eletta città nel 1193, rimase libera città imperiale dal 1301 al 1607. Il centro storico è percorso dalla Reichstrasse, che nel Medioevo faceva parte della via del commercio. Costeggiata da case borghesi con facciate variopinte in stile svevo-bavarese accompagna i visitatori dal Municipio alla Fuggerhaus. I Fugger di Augsburg era una delle più importanti famiglie di mercanti e banchieri d’Europa e rapidamente si trasformò in una dinastia nobiliare molto ramificata, imparentata con numerosissime casate della vecchia nobiltà tedesca, austriaca e italiana.
Donauwörth
Numerosi sono i castelli, i palazzi e le case commerciali dei Fugger in Germania, Austria e Italia. Poco oltre alla Fuggerhaus, in Heilig Kreutz Strasse, è possibile visitare la chiesa di Santa Croce in stile tardo-barocco con la sua cupola rococò, edificata nel 1722 in un complesso conventuale. Tornando sulla Reichstrasse, incontriamo la chiesa parrocchiale di Liebfrauenmünster del 1467, anch’essa in stile tardo-gotico, nella cui torre si trova la più grande campana sveva, detta “Pummerin”. Alla fine della via il Municipio, edificato nel 1236, cattura l’attenzione per la sua doppia scalinata e una serie di campanelle sulla facciata. Ogni giorno dalle 11 alle 16, le piccole campane suonano la melodia “Il sole deve splendere”, tratta dall’opera “Il violino magico” del compositore Werner Egk (1901-1983), originario di Donauwörth. Proseguiamo fino al Wörnitz e oltrepassiamo la vecchia cinta muraria attraverso la Porta Riedertor. Tramite un piccolo ponte con la statua di S. Nicola, accediamo all’Isola di Ried, l’insediamento originario. La piccola piazzetta è racchiusa tra il Wörnitz e le case dai colori vivaci, tra le quali poco oltre è possibile visitare la vecchia Casa del Pescatore, ora museo della storia di Donauwörth. Per gli appassionati di Geologia e Mineralogia, il Ries è sicuramente un territorio singolare per le sue cave e le creazioni naturali di grande valore didattico. Tuttavia, le sue particolari origini, la bellezza del paesaggio, gli antichi castelli e le colorate città lo rendono una meta ancora più interessante e ricca di attrattiva anche per chi ama viaggiare. Giroinfoto Magazine nr. 45
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2019, 19 x 24,5 cm, 240 pagine 170 colori e b/n, brossura ISBN 978-88-572-4037-4 www.skira.net
John Moore, Stati Uniti, Getty Images / World Press Photo Foto dell’Anno 2018 1° premio Spot News La piccola Yanela Sánchez, originaria dell’Honduras, si dispera mentre lei e la madre Sandra Sánchez vengono arrestate da agenti della polizia di frontiera statunitense a McAllen, Texas, Stati Uniti, il 12 giugno. Giroinfoto Magazine nr. 45
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2019 La nuova edizione del più famoso premio internazionale di fotogiornalismo Dal 1955, il concorso annuale World Press Photo rappresenta l’eccellenza del giornalismo visivo. Il libro World Press Photo 2019 presenta i vincitori dell’ultima edizione, autori degli scatti più singolari, delle storie più avvincenti e delle produzioni più significative del 2018. Selezionate tra 78.801 immagini realizzate da 4738 fotografi di 129 paesi, a cui si aggiungono 300 produzioni del Concorso di Narrazione Digitale, le opere vincitrici sono riunite in un appassionante documento che presenta il meglio del giornalismo visivo dello scorso anno. Destinato a tutti i fotografi e i fotoamatori, World Press Photo 2019 è un documento storico che permette di rivivere gli eventi cruciali del nostro tempo e insieme fonte di informazione, ispirazione e riflessione sul mondo contemporaneo.
Brent Stirton, Sudafrica, Getty Images / 1° premio Ambiente Petronella Chigumbura (30 anni) della squadra antibracconaggio Akashinga, composta da sole donne, perfeziona le tecniche di appostamento e mimetizzazione nel parco naturale di Phundundu, Zimbabwe. Giroinfoto Magazine nr. 45
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Pedro Pardo, Messico, Agence France-Presse / 3° premio Spot News Migranti del Centro America scavalcano la barriera di confine tra Messico e Stati Uniti nei pressi del posto di frontiera di El Chaparral a Tijuana, Baja California, Messico, il 25 novembre.
Diana Markosian, Russia/Stati Uniti, Magnum Photos / 1° premio Storie d’attualità Pura percorre le strade del suo quartiere in una decappottabile rosa degli anni cinquanta all'Avana, Cuba, mentre il vicinato si raduna per celebrare il suo quindicesimo compleanno.
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Jasper Doest, Paesi Bassi / 2° premio Natura Un fenicottero dei Caraibi osserva le sue calze improvvisate, realizzate per favorire la guarigione delle gravi ferite ai piedi, presso il centro Fundashon Dier en Onderwijs Cariben a Curaçao.
Olivia Harris, Regno Unito / 1° premio Storie d’attualità Aidan prega insieme a un prete, dopo essersi confessato, in cima al monte sacro Croagh Patrick nella Contea di Mayo. Questa montagna è una popolare meta di pellegrinaggi, frequentata anche da un gruppo di uomini antiabortisti.
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Catalina Martin-Chico, Francia/Spagna, Panos / 2° premio Storie d’attualità Yorladis è alla sua sesta gravidanza, dopo che le prime cinque sono state interrotte negli anni in cui ha fatto parte delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Ha raccontato che era riuscita a tenere nascosta la quinta gravidanza al suo comandante fino al sesto mese, indossando abiti ampi.
Bénédicte Kurzen e Sanne De Wilde, Francia, NOOR e Belgio, NOOR / 1° premio Ritratti Due gemelle in piedi una accanto all’altra.
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Luisa Dörr, Brasile / 3° premio Ritratti Lola (10 anni) è nata in Etiopia ed è stata adottata da una famiglia di Valencia. Ha iniziato a portare l’abito da fallera all’età di due anni. Realizzati principalmente in pizzo e seta, i costumi da fallera sono i protagonisti di uno dei festival di strada più importanti della Spagna.
Sarah Blesener, Stati Uniti / Il richiamo a casa 4 aprile 2016 – 17 novembre 2018 1° premio Gilbert (13 anni) si esercita nella perquisizione di una casa con i Cadetti dell’esercito del Wisconsin ad Appleton, Wisconsin, Stati Uniti.
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Ingo Arndt, Germania, per “National Geographic” / 3° premio Natura Giovane puma femmina nel parco Torres del Paine, nella Patagonia cilena, dove si pensa ci sia la concentrazione di puma più alta del mondo.
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GENOVA - BOTTEGHE STORICHE
Testi di Monica Gotta Un sabato dedicato alla fotografia, alla storia e alla scoperta delle botteghe storiche di Genova e dei caruggi o vicoli de La Superba con il nuovo gruppo genovese di Giroinfoto insieme a quello di torino. Perché? Perché Genova e Torino condividono alcune particolarità, tra le quali una tradizione antica sulla fabbricazione del cioccolato. Pare che a Torino nasca nel 1560 quando, per festeggiare il trasferimento della capitale ducale da Chambéry a Torino, Emanuele Filiberto di Savoia servì simbolicamente alla città una fumante tazza di cioccolata. Ma fu un genovese a portare il cacao in Europa, Cristoforo Colombo. Così, a fine ‘800 Genova contava ben 45 aziende cioccolatiere.
WORKGROUPGENOVA Adriana Oberto Barbara Lamboley Barbara Tonin Cinzia Carchedi Fabrizio Rossi Giancarlo Nitti Isabella Nevoso
Laura Stratta Monica Gotta Paolo Carrera Patrizia Ragno Silvia Petralia Stefano Zec
WORKGROUPTORINO
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Barbara Lamboley Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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GENOVA - BOTTEGHE STORICHE
PER CAPIRE MEGLIO GENOVA secondo i migliori esperti di “lingua genovese” la parola giusta è caruggi anche se troviamo spesso la stessa parola scritta con 2 “r” e si trova anche una serie di curiose varianti, tutte ampiamente giustificate. L’etimologia della parola nasce dal latino antico popolare quadrivium, da distinguere dalla crêuza che spesso indica una struttura viaria piccola con massima pendenza, una mulattiera che scende ripidamente a valle. Se la si trova vicino al mare diventa una crêuza de mä come cantava Fabrizio De Andrè e, per proporre un esempio conosciuto ai più, le troviamo a Boccadasse. La caratteristica principale della crêuza è la pavimentazione, mattoni rossi al centro mentre ai lati troviamo ciottoli tondi, di forma convessa studiata per permettere un drenaggio laterale adeguato. Anche sull’etimologia di questa parola esistono fantasiose teorie che vanno dall’origine celtica della parola per via del colore della pavimentazione, al latino, al francese e provenzale ed altri dialetti italiani. Oggi però entriamo nei caruggi dove sono collocate le mete del nostro giro! Nel vocabolario italiano caruggio significa "stretta via cittadina tra alti palazzi" tipica di città e paesi della Liguria. Ma quando si parla di caruggi oppure di vicoli immancabilmente si pensa a Genova.
CARUGGI Paolo Carrera Photography
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GENOVA - BOTTEGHE STORICHE
BOCCADASSE Giancarlo Nitti Photography
BOTTEGHE STORICHE DI GENOVA La Camera di Commercio e le Associazioni di Categoria hanno creato un elenco delle botteghe storiche. Alcune sono nate come fenomeno della borghesia tra l’800 e il ‘900. Sono anche espressione di identità urbana cittadina, genovese. Non possono essere chiamate “monumenti”, ma sono inequivocabilmente un patrimonio da conservare perché contengono arredi, elementi architettonici, documenti, fotografie, macchinari e strumenti che sono e fanno la storia della città di Genova. Nasce pertanto l’Albo delle Botteghe Storiche per entrare nel quale bisogna avere almeno 70 anni di attività e possedere almeno tre dei cinque elementi essenziali identificati dagli Enti sopra citati. Ad oggi sono 39 le botteghe riconosciute come tali, testimonianza del passato legato al presente, come un sottile filo che segna la via da ieri a oggi. Alcune botteghe sono nel cuore del centro storico genovese, altre nel levante e nel ponente cittadino, ossia nella Genova nata con l’annessione di comuni limitrofi. Inizialmente le botteghe si distinguevano anche per la collocazione geografica nell’area cittadina. Non bisogna infatti dimenticare la lunga storia di Genova nel commercio e nel commercio marittimo. Il porto era il naturale sfogo delle merci provenienti via strada da diverse direzioni così come punto di arrivo per i prodotti “esotici” in arrivo da svariate parti del mondo conosciuto. Era una “porta sul mare” ed una collocazione strategica.
Patrizia Ragno Photography
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GENOVA - BOTTEGHE STORICHE
Quest’anno, in occasione della Terza Biennale D’Arte di Genova, nelle 39 botteghe sono state esposte opere d’arte unendo così l’arte contemporanea nelle sue diverse sfaccettature a luoghi iconici della città: l’arte del presente sposa l’arte del passato. L’itinerario che abbiamo percorso era a tema “dolce”, un “Sweet Saturday”… per i Reporters di Giroinfoto che ha unito storia, architettura, cibo, curiosità e persone. L’intento è anche quello di valorizzare la città di Genova e fare in modo che venga conosciuta più profondamente dal turismo nell’ottica della valorizzazione del territorio e per le botteghe ed altri esercizi, nell’ottica della valorizzazione commerciale.
Patrizia Ragno Photography
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Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Pasticceria Liquoreria Marescotti
Cavo Prima tappa, Via di Fossatello, la Pasticceria Liquoreria Marescotti – Cavo, fondata nel 1780, con il nome di Cioccolateria Cassottana. Cambia il suo nome in Marescotti nel 1906. La pasticceria è ospitata nella duecentesca Loggia di Palazzo Gattilusio, famiglia di prim’ordine a Genova. La pasticceria fonde due aziende e unisce la storia di due famiglie, la famiglia Marescotti e la famiglia Cavo. La famiglia Cavo iniziò a fare pasticceria alla fine dell’800. Iniziano l’attività a Genova dal 1924. Nel 1960 la famiglia Cavo inizia a rifornire la Pasticceria Marescotti che, in quel momento, aveva diminuito la sua capacità produttiva. Nel 1979, con la morte di Irma Marescotti, la famiglia decide di non continuare la gestione, preferendo tenere chiuso il locale piuttosto che cederlo senza garanzie che gli arredi e la tradizione della pasticceria trovassero la giusta persona che se ne prendesse cura. Sarà Alessandro Cavo, quinta generazione di pasticceri, che realizzerà questo sogno dando nuovamente vita alla bottega. Entrando, dopo 29 anni di chiusura, trova il locale perfettamente intatto. Dopo un intervento di ristrutturazione, la bottega riapre il 18 Aprile 2008. Della tradizione della famiglia Cavo fanno parte i famosi “Amaretti di Voltaggio”, marchio registrato, che troverete esposti nel locale. Gli amaretti, creati seguendo una ricetta tramandata da generazioni, hanno avuto svariati riconoscimenti, sono prodotti ancora oggi in modo artigianale scegliendo le migliori materie prime. Questo amaretto, dall’involucro croccante e l’interno morbido, a base di mandorle, è prodotto con un macchinario con dei rulli in pietra risalente al 1922, una raffinatrice, che fa sì che l’impasto rimanga morbido e chiaro, non ossidato. Altri prodotti della pasticceria sono prodotti tipici del Basso Piemonte e del genovese quali canestrelli, pinolate, baci di Alassio, pandolce genovese friabile o lievitato, baci di dama, brutti ma buoni.
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Laura Stratta Photography
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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Pasticceria Liquoreria Marescotti
Cavo Entrando nel locale siamo stati calorosamente accolti dal personale, tra cui Maurizio che si è reso disponibile a rispondere alla prima raffica di domande. Al piano superiore si trovano ancora gli arredi originali, perfettamente conservati, che donano al locale un’atmosfera accogliente, con colori caldi, sedie imbottite, marmi, pezzi di antiquariato a testimonianza del collegamento con il passato che si affaccia con la sua bellezza nei giorni nostri. Chi si siede al piano superiore a gustare una delle innumerevoli dolcezze del locale può godere anche di un tipico scorcio dei vicoli, un patrimonio unico della città di Genova. Ringraziati coloro che ci hanno accolto, proseguiamo verso la nostra seconda tappa, una cioccolateria storica: Romeo Viganotti in Vico dei Castagna.
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Isabella Nevoso Photography
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Romeo Viganotti Cioccolateria Storica
«Mamma diceva sempre: la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita», così Forrest Gump inizia a raccontare la sua storia alla fermata dell’autobus, mentre in mano ha proprio i cioccolatini per la sua innamorata. Il negozio, nel cuore del centro antico della città, conserva il pavimento originale così come il bancone, gli scaffali e le credenzine in legno con ante in vetro. E’ piccolo, un gioiello d’altri tempi, in cui entrare con riverenza per poter osservare ogni minuscolo dettaglio e ogni prodotto esposto con cura. Ma entrare nel laboratorio artigianale di Romeo Viganotti significa fare un ulteriore viaggio nel tempo, nel passato. Qui il tempo si è fermato. La lavorazione avviene con macchine e stampi d’epoca, perfettamente funzionanti come quando sono stati creati. E’ una storia che inizia nel 1866 con il capostipite Domenico. Uno dei figli, Romeo, si appassiona all’attività di famiglia. Negli anni ’60, attraverso legami familiari, l’attività passa nelle mani di Roberto Pastorino e la sorella Maria che danno continuità all’attività commerciale. Negli anni ’90 un incontro tra appassionati fece sì che Alessandro Boccardo diventasse titolare dell’attività. Oggi siamo stati accompagnati nella storia della cioccolateria da Eugenio Boccardo che ci ha raccontato la storia di questa famosa bottega, dei suoi prodotti e delle sue ricette con grande passione.
Giancarlo Nitti Photography
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Barbara Lamboley Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Paolo Carrera Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Romeo Viganotti Cioccolateria Storica
Dal suo racconto traspare l’interesse nel mantenere salde le tradizioni ma anche il desiderio di eccellere in quest’arte, seguendo antiche ricette tramandate da generazione senza peraltro escludere la sperimentazione di nuovi sapori ed abbinamenti come già fecero i predecessori della famiglia. Infatti, da qualche anno, dopo l'uscita di un noto film sul tema cioccolato, la pratica di aromatizzare il cioccolato con vari tipi di spezie è diventata più comune. Cremini, liquorosi, cremosi di zucchero, frutta candita, gourmet di sfere, nocciole, croccante e noisettes, medaglioni, pasta di mandorle, spalmabili, tavolette e nocciolato, dragées, prodotti stagionali sono parte della vasta produzione di questa bottega. Da Viganotti troviamo quindi prodotti che hanno il sapore di una ricetta di 150 anni fa, nati dalla passione per questo lavoro, creati con macchine, stampi e recipienti che risalgono a quell’epoca. Arrivati nel cuore del laboratorio, vediamo come viene svolto il lavoro nella bottega. Le antiche macchine vengono avviate per permetterci di vedere come funzionano. Assistiamo alla pressatura delle mandorle. Nel mentre le macchine girano Eugenio ci espone il loro funzionamento mentre vediamo come le mandorle vengono ridotte in crema.
Monica Gotta Photography
Continua il racconto, continua il viaggio nel mondo del cioccolato. Le praline, prodotto storico, frutto di una lunga e curata lavorazione manuale. Si distingue tra praline francesi e le praline italiane, prodotte in due modi diversi, anzi opposti in effetti. Per creare una pralina francese viene prima prodotto l’involucro, solitamente lucido colorato. Una volta pronti gli involucri essi possono essere riempiti con ripieni di vario genere. La pralina italiana nasce dalla creazione del ripieno per poi essere fasciata nel suo involucro. Spiegando il procedimento di produzione delle praline, ci viene spiegato anche l’uso del burro di cacao, quali effetti ha sul prodotto finale e le sue caratteristiche intrinseche. Nasce dalle fave di cacao, ha caratteristiche aromatiche gradevoli, ha un punto di fusione piuttosto alto e rende brillanti e luminose le preparazioni di cioccolato.
Silvia Petralia Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Romeo Viganotti Cioccolateria Storica
Per rendere più semplice la comprensione della produzione del cioccolato veniamo invitati a partecipare ad un piccolo esperimento.
Avete presente 65%, 70, 72%, 80% e così via? Solitamente pensiamo che più è alta la percentuale più il cioccolato dovrebbe essere scuro.
Ad alcuni volenterosi viene fornito un mortaio genovese di marmo con pestello e una manciata di fave di cacao. L’invito era di schiacciare le fave fino a trasformarle in una crema uniforme. Ed è stato necessario un buon impegno per arrivare a questo risultato. Fatto ciò si è aggiunto lo zucchero e si è pestato ancora il composto. Finito questo lavoro siamo stati invitati ad assaggiare la pasta che era nei mortai. Cos’era stato creato? Qualcosa simile al cioccolato grezzo, qualcosa di simile al cioccolato di Modica.
Non corrisponde a verità, dipende dal tipo di fave di cacao come dimostrano alcuni cioccolatini che abbiamo assaggiato. E dalle fave dipende anche il gusto del cioccolato. Assaggiati due cioccolatini di colore diverso creati con fave provenienti rispettivamente dal Perù e dall’Africa abbiamo scoperto quanto possa cambiare il sapore.
La cosa interessante è questa: ho assaggiato il prodotto di alcuni mortai e tutti avevano un gusto diverso. Era stato aggiunto più o meno zucchero, il composto era più o meno grezzo o liscio, insomma è stato un esercizio illuminante sul sapore e quanto questo dipenda da una lunga serie di variabili. Ma prima di iniziare l’esperimento Eugenio aveva fatto una piccola introduzione sul cacao, sulle fave e come si tostano. Infatti qualcuno del gruppo è stato ingaggiato nella tostatura! C’è una varietà straordinaria di tipi di cacao. Qui si selezionano con cura le fave di cacao con le quali producono il cioccolato. Anche che il colore del cioccolato fondente non dipende da quella che si chiama percentuale.
Isabella Nevoso Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
L’indicazione è stata “fateli sciogliere in bocca, non masticate”. Abbiamo seguito fedelmente le indicazioni e ciò che si è sviluppato sulle papille gustative, mano a mano che il cioccolatino si scioglieva, è stato come fare un viaggio in due mondi diversi. Almeno così è stato per me! Uno aveva un gusto intenso, caldo, che si assaporava nella sua completezza. L’altro, all’inizio più delicato, mano a mano che si scioglieva cambiava gusto continuamente passando dal leggermente amaro allo speziato e diventava leggermente fruttato. Un’informazione segreta… Non ci crederete ma, in alcuni cioccolatini, c’è una piccola parte di sale. Questa bella esperienza volge al termine, salutando Eugenio ci dirigiamo alla terza bottega, a poca distanza dalla cioccolateria.
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Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Pietro Romanengo fu Stefano Confetteria Piazza Soziglia Accolti da un’esperto della bottega, Paolo, ci appassioniamo immediatamente al racconto che stiamo ascoltando. Antonio Maria Romanengo, originario di Voltaggio, iniziò l’attività a fine settecento aprendo un negozio di droghe e coloniali in Via della Maddalena. Due dei figli aprirono poi due negozi in Campetto e un laboratorio per la produzione di frutta candita e di confetti – secondo i canoni dell’antica tradizione genovese – oltre che per le novità francesi di cioccolateria. La ditta viene iscritta alla Camera di Commercio ed Arti nel 1929 con il nome di “Pietro Romanengo fu Stefano”, l’attuale nome che tutti i genovesi conoscono. Nel corso dell’Ottocento la ditta Romanengo divenne molto nota, non solo a Genova, ma anche fuori dalla città ligure, per l’ottima qualità dei prodotti e per la cura nel confezionamento degli stessi in carta blu introdotto da Pietro. Note famiglie genovesi come i Doria, i Grendi e la
Giancarlo Nitti Photography
Giroinfoto Magazine nr. 45
Duchessa di Galliera iniziarono ad ordinare i prodotti della ditta. La notorietà si espanse anche ad importanti personalità di fuori regione, come la duchessa di Parma e Giuseppe Verdi. Quest’ultimo scrisse una lettera al suo caro amico Arrivabene, sui canditi genovesi, conservata oggi presso il Teatro della Scala di Milano, dove elogia i Romanengo in quanto in grado di “condire tanto squisitamente ogni sorta di frutta”.
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Laura Stratta Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Cinzia Carchedi Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Pietro Romanengo fu Stefano Confetteria La bottega di Soziglia, presente dal 1814, è un vero gioiello, restaurato e abbellito a metà Ottocento. La facciata monumentale è adornata con putti che sorreggono una guantiera di frutta candita, vi è rappresentato Mercurio con il suo elmo e tra le due vetrine è presente una cornucopia traboccante di fiori e frutta. Pur risalendo a tempi che furono, vediamo rappresentato un ananas che ci indica come già fiorissero in città commerci con paesi considerati esotici. Il negozio vanta struttura e arredi originali: pavimento in marmo policromo, soffitto affrescato su seta nel vano principale e soffitto decorato a stucchi nel salottino retrostante, lampadari, scaffalature e banconi in legno intarsiato, specchi e un bel lavandino in marmo a forma di conchiglia. Ci sono anche attrezzature antiche e un interessante archivio. Importante ricordare che questa struttura opera con la stagionalità dei prodotti in modo da garantire materie prime eccellenti e soprattutto di provenienza naturale. Dopo un’esaustiva presentazione della bottega e della famiglia che la gestisce, Paolo ci invita nel salottino retrostante per un assaggio dei prodotti. Questo salottino è stato concepito per ospitare in privato i facoltosi clienti che in passato venivano a comprare i prodotti di Romanengo. Troviamo cioccolata, cioccolatini, confetti, gocce ripiene di liquori, frutta candita e ghiacciata sapientemente esposti su un antico tavolo e con un ordine ben preciso. La degustazione avviene in modo guidato, per gusto, per fare in modo che i sapori di un prodotto non inficino l’assaggio di quello successivo. Il primo assaggio sono i confetti genovesi, diversi da quelli che comunemente vengono definiti “da cerimonia” e che solitamente siamo abituati a gustare. Hanno un assortimento di “anime” confettate diverse: mandorle “Avola” di Sicilia, pinoli, pistacchi di Bronte, gusti vari al rosolio, scorze di arancio candito, fili di cannella. Sono tutti dal gusto delicato e allo stesso tempo, croccanti. Come assaporarli? Morderli dolcemente per rompere l’involucro e poi gustare la fusione con l’anima del confetto.
Monica Gotta Photography
Stefano Zec Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Pietro Romanengo fu Stefano Confetteria
Successivamente si passa a degustare uno spicchio di mandarino sapientemente lavorato. La peculiarità di questo frutto ci viene spiegata prima di avere il piacere di assaggiarla. Sarà come gustare un mandarino appena sbucciato, con il frutto morbido e succoso e la scorza più dura. E così è stato! Questo risultato sorprendente avviene con una lavorazione naturale operata solo qui. Questo processo, la ghiacciatura, è un antico processo di canditura di origine orientale che, con grande sapienza, conservava con lo sciroppo di zucchero la fragranza della frutta fresca. Il processo è semplice che si ottiene riducendo l’acqua nel frutto con dello zucchero. Il procedimento, svolto in modo artigianale, può essere molto lungo ma conserva le componenti aromatiche dei frutti. In una confetteria si lavora secondo l’antica tradizione dove la frutta, i fiori, le spezie e gli aromi vengono lavorati con lo zucchero. È l’arte di conservare i prodotti della natura e di imitarne l’aspetto e il gusto con sapienti lavorazioni di zucchero,
LA GHIACCIATURA Monica Gotta Photography
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conosciuto allora come “sale indiano”. Il metodo, giunto qui dall’oriente ai tempi della Prima Crociata, cambiò il modo di conservare la frutta e altri alimenti in quanto in Europa si usavano il miele oppure succhi di frutta molto concentrati. Furono gli Arabi a scoprire la canna da zucchero in Mesopotamia e capirne l’importanza portando questo metodo di conservazione sulle rive del Mediterraneo durante la loro espansione militare. Mercanti genovesi, veneziani e pisani la portarono nei nostri porti e si sviluppò così questo ramo della conservazione dolciaria, prima chiamati “spreciarii” e di seguito “confettieri”. Un’arte che portò nel 1487 alla creazione di una corporazione di 67 confettieri con un proprio statuto e regole rigide. Nel Rinascimento furono infine di cuochi francesi a portare l’arte della confetteria ad un ulteriore raffinatezza. Passiamo a gustare un prodotto ben conosciuto di questa bottega.
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Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Pietro Romanengo fu Stefano Confetteria
Piccole gocce fatte di zucchero, di colore diverso a seconda dell’aroma che contengono. Questa sottile gemma contiene una goccia di rosolio con aromi diversi, dall’acqua amara, alla marasca, anice, curacao, caffè, menta, viola. Risultano delicate al palato e lasciano una rara sensazione di dolcezza. Infine non possiamo fare a meno di chiudere questa degustazione con dei cioccolatini fondenti incartati. Anch’essi prodotti all’antica maniera utilizzando ingredienti di prima qualità e miscele di cacao pregiato. Non rimane che confermare che la degustazione guidata in questo ordine sapiente ha fatto sì che si potesse apprezzare ogni singolo sapore, ogni singolo pezzo creato nella sua unicità. Associata al racconto della bottega, dei suoi fondatori e il percorso lungo la storia, dal commercio alle antiche tradizioni e gli antichi processi di creazione di questi prodotti, si è rivelata essere un altro viaggio entusiasmante lungo la strada delle antiche tradizioni approdate a Genova.
Isabella Nevoso Photography
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Paolo Carrera Photography
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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Profumo Pasticceria Villa 1827 Domenico Villa inizia la sua attività di vendita di “droghe e coloniali” nelle ex scuderie di Palazzo Lercari Parodi nel 1827. Avviene nel tempo una trasformazione naturale in rivendita con un laboratorio di produzione. Si sviluppa così un mercato di raffinata pasticceria che, fino ai primi del ‘900, era prerogativa delle famiglie nobili. Viene gestito dai Villa fino al 1957, successivamente dal nipote Enrico e infine viene ceduto, nel 1968 a Marco Profumo, formatosi alla Horvath, fabbrica ungherese di cioccolato e zuccherini. Ormai da tempo Marco Profumo conduce e sviluppa l’attività. Infatti nel 2006 nasce la gelateria vicina alla famosa pasticceria. Conoscere Marco Profumo ci ha permesso di ascoltare il racconto della sua famiglia, di come il nonno si sia
Laura Stratta Photography
Giroinfoto Magazine nr. 45
formato in quest’arte ai suoi tempi, di come abbia approfondito la formazione nella produzione di dolci e di come fu aperta la prima pasticceria Profumo, ci ha permesso di leggere tra le righe quanta passione riponga in quest’attività. Osservando con quanta cura interagisce con gli ospiti e con quanto riguardo ed accuratezza prepara i prodotti per i clienti, non si può far altro che intuire il sentimento che fa di questa bottega un gioiello di Genova. Visitando la bottega vediamo che dietro una tenda viene nascosta l’entrata alle scuderie di Palazzo Lercari, testimonianza di quanto racconta la storia di questo luogo. Nel negozio ci sono altre testimonianze della sua appartenenza alla storia genovese.
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Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Silvia Petralia Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Profumo Pasticceria Villa 1827 Gli arredi, costituiti da scaffalature, credenze in legno con vetrine, banconi in legno e vetro, sono originali della prima metà dell’Ottocento, così come il pavimento in marmo e il soffitto con volte a crociera affrescato a motivi floreali. Durante la visita ho avuto il piacere di leggere una poesia di un cliente, ora incorniciata in bottega, che lascia trasparire la soddisfazione del cliente che la scrisse e testimonia il valore di questo esercizio. Anche la Pasticceria Profumo segue la stagionalità dei prodotti. Durante i mesi freddi si trovano torte e paste a base di creme, mentre la produzione estiva è incentrata principalmente sulla frutta fresca di stagione. La confetteria offre una vasta gamma di prelibatezze. Dai confetti per cerimonia a quelli al cioccolato che sfoggiano una vasta gamma di colori, praline e cioccolatini. Ciò che attira l’attenzione è una lunga esposizione di polpe di frutta ossia gelatine di frutta, con un vasto assortimento sapientemente disposti e presentati.
Monica Gotta Photography
Barbara Lamboley Photography Giroinfoto Magazine nr. 45
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Dalle conversazioni con i nostri interlocutori delle botteghe storiche si evidenzia un interesse comune. Far conoscere le botteghe e permettere che queste fioriscano con le loro attività per conservare una lunga ed affascinante storia, importante per la città di Genova. Sono un valore inestimabile per la valorizzazione del territorio e Genova deve riscoprire il suo passato dolciario. Le botteghe storiche contribuiscono a fare del Centro Storico Genovese quel luogo ricco di interessi e cose da scoprire unico al mondo. Vi state chiedendo come le potete scoprire? Niente GPS, solo a piedi e con il naso per aria. Le cose più belle le scoprirete perdendovi nei vicoli! Per finire e concludere la giornata nel cuore di Genova abbiamo cenato nella Trattoria Vegia Zena in Vico del Serriglio di fronte a Piazza Caricamento e all’Acquario. In un locale con volte di mattoni e in tipico stile marinaro, siamo stati cordialmente seguiti. Il cibo, tipico della cucina genovese, dalle trofie al pesto ai pansoti in salsa di noci e al primo piatto con frutti di mare si è rivelato di ottima qualità. Particolarmente apprezzata da tutti è stata l’orata alla ligure. Saremo lieti di ritornare alla prossima occasione!
RINGRAZIAMENTI Ringraziamo per averci accolto: Pasticceria e Liquoreria Marescotti - Cavo Cioccolateria Romeo Viganotti e il Sig. Eugenio Boccardo Pietro Romanengo fu Stefano e il Sig. Paolo De Vita e la Sig.ra Enrica Ottonello Pasticceria Profumo e il Sig. Marco Profumo
Adriana Oberto Photography
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Curiosità (vere o false) sul cioccolato Il nome che fu dato inizialmente alla pianta del cacao era “cibo degli Dei”. Gli antichi popoli del Centro America, Olmechi, Aztechi, Maya coltivavano e utilizzavano le piante di cacao per farne delle bevande. Inoltre i semi di cacao venivano utilizzano come moneta di scambio e venivano offerti come sacrificio agli dei.
Adriana Oberto Photography
Proprietà del cacao / cioccolato l’amico del cuore e del buon umore.
Ha proprietà energizzanti ed un elevato potere antiossidante, a cui vengono attribuite anche virtù antidepressive, grazie alla presenza di serotonina, sostanza coinvolta nella regolazione dell’umore. Ricco di vitamine e minerali, il cacao contiene flavonoidi che influiscono sui livelli di colesterolo e arreca benefici anche per la salute cardiovascolare.
Isabella Nevoso Photography
Chi portò il cacao in Europa I semi arrivarono in Europa dopo il quarto viaggio di Cristoforo Colombo, un genovese. Soltanto dopo tempo fu avviata la vera e propria importazione ad opera di un conquistatore spagnolo, Hernan Cortes.
Patrizia Ragno Photography
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Portovenere Autore: Paolo Gentili Luogo: Portvenere (SP) Giroinfoto Magazine nr. 45
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Picchio Rosso Maggiore Autore: Lucio Bertani
Il picchio rosso maggiore è un picchio di medie dimensioni con il piumaggio bianco e nero e una macchia rossa sulla parte bassa dell'addome. I maschi e i giovani presentano anche macchie rosse sul collo o sulla testa. Ăˆ diffuso in gran parte dell'Europa e in alcune aree del Nordafrica. Giroinfoto Magazine nr. 45
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Milan Fades Away
Autore: Ludovico Balena Luogo: Belvedere al 39° piano di Palazzo Lombardia, Milano
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Tramonto ad Albi
Autore: Adriana Oberto Luogo: Albi, Tarn, Occitanie Giroinfoto Magazine nr. 45
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L'essenza della quiete
Autore: Tino De Luca Luogo: Lago di Garda. LocalitĂ Punta san Vigilio.
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ARRIVEDERCI AL PROSSIMO NUMERO in uscita il 15 Agosto 2019
www.giroinfoto.com Giroinfoto Magazine nr. 45
Conoscere il mondo attraverso un obbiettivo è un privilegio che solo Giroinfoto ti può dare veramente.
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