N. 46 - 2019 | AGOSTO, Gienneci Studios Editoriale. www.giroinfoto.com
N.46 - 2019 Agosto
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GENOVA
ON THE WALL Il progetto di Street-Art che trasformerà Certosa in una galleria d'arte a cielo aperto.
BELLINZONA NON SOLO PONTI Band of Giroinfoto
LAKEMEUP LAGO SIRIO Band of Giroinfoto
DODECANESO TURCHIA E GRECIA Di Maddalena Bitelli Photo cover by Monica Gotta
WEL COME
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la redazione | Giroinfoto Magazine
Benvenuti nel mondo di
Giroinfoto magazine
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Novembre 2015,
da un lungo e vasto background professionale del fondatore, nasce l’idea di un progetto editoriale aggregativo, dove chiunque appassionato di fotografia e viaggi può esprimersi, condividendo le proprie esperienze con un pubblico interessato all’out-door, alla cultura e alle curiosità che svelano le infinite locations del nostro pianeta. È così, che Giroinfoto magazine©, diventa una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle belelzze del mondo e dalle esperienze offerte dai nostri Reporters professionisti e amatori del photo-reportage. Una lettura attuale ed innovativa, che svela i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, con l’obiettivo di essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la valorizzazione del territorio. Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Uno largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e informazioni utili. Una raccolta di molteplici idee, uscite fotografiche e progetti di viaggio a cui partecipare con il puro spirito di aggregazione e condivisione, alimentando ancora quella che è oggi la più grande community di fotonauti. Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti
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LA RIVISTA DEI FOTONAUTI Progetto editoriale indipendente
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ANNO V n. 46
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20 Agosto 2019 DIRETTORE RESPONSABILE ART DIRECTOR Giancarlo Nitti
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CONTATTI email: redazione@giroinfoto.com Informazioni su Giroinfoto.com: www.giroinfoto.com hello@giroinfoto.com Questa pubblicazione è ideata e realizzata da Gienneci Studios Editoriale. Tutte le fotografie, informazioni, concetti, testi e le grafiche sono di proprietà intellettuale della Gienneci Studios © o di chi ne è fornitore diretto(info su www. gienneci.it) e sono tutelati dalla legge in tema di copyright. Di tutti i contenuti è fatto divieto riprodurli o modificarli anche solo in parte se non da espressa e comprovata autorizzazione del titolare dei diritti.
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LAKE ME UP Lago Sirio Band of Giroinfoto - Torino
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VILLA ARTOM Urbex A cura di Urbex Team Old Italy
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MONCALIERI La residenza Reale Band of Giroinfoto - Torino
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BELLINZONA Non solo castelli Band of Giroinfoto - Milano
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LAKE ME UP
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IL DODECANESO Turchia e Grecia DI Maddalena Bitelli GENOVA LA SUPERBA LA TORRE GRIMALDINA E LE CARCERI Band of Giroinfoto - Genova
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LA TORRE GRIMALDINA
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ARTE PUBBLICA PER IL TERRITORIO
CERTOSA GUARDA IN ALTO Il progetto Street Art che trasformerà Certosa in una galleria d'arte a cielo aperto
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Un progetto per la rivalutazione del tessuto urbano e per riportare il sorriso sui volti degli abitanti del quartiere di Certosa e della città di Genova. Sarà realizzata anche una maratona decorativa delle saracinesche sparse nel quartiere.
Capo servizio, Monica Gotta - Redattori e fotografi, Monica Gotta, Stefano Zec e Sara Morgia Giroinfoto Magazine nr. 46
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Il crollo del Ponte Morandi Martedì 14 Agosto 2018 – ore 11.36
Crolla la sezione del ponte insieme ad uno dei piloni che sovrasta la zona industriale e fluviale di Campi provocando 43 morti. Conseguenza del crollo anche la necessità di evacuare, per motivi precauzionali, molti residenti sotto altre sezioni del viadotto. Viene interrotto il traffico autostradale e quello ferroviario al di sotto del Ponte Morandi. Per chi, come me, vive a Genova quel momento ha significato incredulità, stupore e a seguire, una miriade di emozioni difficili da descrivere. Poi la mente ti gioca degli scherzi incredibili. Ma c’era qualcuno che conosco sul ponte al momento del crollo? Così inizi a pensare a chi sarebbe potuto passare sul ponte a quell’ora quel giorno. Io ci sono passata ben 2 volte solo 2 giorni prima della tragedia. Non ho potuto fare a meno di rabbrividire sapendo che i miei genitori ci sono passati sopra il giorno prima che crollasse pensando a quale caso fortuito si deve la decisione di andare via il lunedì e non il martedì. Conosco una persona che, per motivi altrettanto casuali, come un ritardo di 5 minuti sulla tabella di marcia, è arrivata all’imbocco del ponte quella manciata di secondi dopo che era accaduto rimanendo bloccata lì, ma in salvo. Per Genova è una tragedia incomprensibile, poco dopo iniziano le polemiche, le teorie su come si sarebbe potuto evitare, discussioni politiche, controversie e attacchi alle istituzioni. Il 18 Agosto 2018 è stata decretata giornata di lutto nazionale e si sono svolti i funerali di Stato alla Fiera di Genova per una parte delle vittime della tragedia. Sono poi iniziati gli interventi volti a fornire alloggi alle persone sfollate a causa del crollo. Da qui si sono susseguite proteste e ogni genere di polemica per come è stata gestita l’emergenza. Il crollo del ponte ha tagliato la città a metà, i disagi sono stati forti e continuano ad esserlo. Il 28 Giugno 2019 sono state fatte implodere le pile 10 e 11 del ponte decretando la fine del viadotto. Si era detto che il ponte sarebbe stato ricostruito a tempi di record, probabilmente entro Dicembre 2019 ma, al momento, questa sembra una possibilità ancora da verificare. 11 mesi dopo – Prende vita On The Wall
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ON THE WALL - CERTOSA GUARDA IN ALTO che prende forma negli spazi pubblici, strade, muri e stazioni, a volte luoghi abbandonati. Nella concezione più attuale vengono espressamente predisposti degli spazi dedicati. In passato, a volte ancor oggi, questo tipo di arte prende forma attraverso atti illegali.
On The Wall è un progetto del Comune di Genova in collaborazione con l’Associazione Linkinart. La presentazione sul sito del Comune di Genova non potrebbe essere più esaustiva… “La tragedia del ponte Morandi ha evidenziato la precarietà della vita nei quartieri genovesi siti nella Valpolcevera, afflitti nel passato da un’industrializzazione scriteriata e in seguito abbandonati proprio da quelle stesse industrie che ne avevano colonizzato il territorio, distorcendone l’urbanistica. Il progetto On The Wall Project ha come obiettivo la rivalutazione delle vie, degli edifici e delle superfici comunali o private attraverso l’opera dei più famosi “writers” italiani e internazionali...” (segue). L’obiettivo è quello di rivolgere nuovamente lo sguardo verso l'alto come lo esprime l'ashtag #certosaguardainalto, in un quartiere fortemente coinvolto e straziato dalle vicende dell’ultimo anno. L’impatto urbanistico di questo progetto mira a modificare positivamente la percezione dello spazio abitativo da parte dei suoi abitanti, immergendoli in una nuova e dinamica fruizione degli spazi urbani. Per la città di Genova è un intervento unico grazie al quale il quartiere sta diventando un museo a cielo aperto fruibile da tutti senza bisogno di “pagare l’ingresso”. E’ anche un modo per riprendersi la tragedia, creare percorsi emozionali ispirati dall’arte e guardare al futuro in un’ottica rinnovata di consapevolezza artistica, culturale e sociale.
La Street Art si è evoluta dalla Pop Art e dalla Graffiti Art sviluppando tematiche più profonde. Molti “writers”, raggiunta la maturità artistica, sono passati a questa fantastica arte di strada. Si potrebbe far risalire l’origine della Street Art agli anni ‘70 nella città di New York, denotata da alcuni eventi particolari. L’effettivo interesse pubblico per “l’arte urbana” si può dire sia esploso intorno al 2000, grazie anche agli stencil di Banksy.
Il 13 Luglio 2019 iniziano a prendere forma le prime opere del progetto. Sono presenti artisti di primo piano della scena internazionale come Zedz e lo storico protagonista dell’arte urbana Ozmo. Accanto a loro artisti giovani e talentuosi ma già affermati come Agostino Iacurci, Gola Hundun, Geometric Bang, Rosk & Loste, Greg Jager, Caktus & Maria, Antonello Macs. Importante la presenza degli artisti genovesi coinvolti nel progetto, come Christian Blef, Tiler e la crew BDS. Il progetto sarà di forte impatto visivo ed estetico, il Leitmotiv sarà la gioia. Questo progetto riveste un importante ruolo sociale, vuole riportare l’attenzione su un quartiere in difficoltà e trascurato. L’arte e la bellezza di ciò che sta nascendo sono tesi a riportare la gioia e il sorriso sui volti degli abitanti del quartiere. Sarà anche una rivalutazione urbanistica, un sostegno al territorio, queste opere saranno il simbolo dell’impegno di persone che hanno deciso di donare la loro arte e il loro tempo per un’evoluzione positiva ed utile. Questa iniziativa sta suscitando grande interesse negli abitanti oltre che nell’opinione pubblica. Certosa è diventata un museo a cielo aperto, anzi è diventata un luogo di incontro dove si stanno riscoprendo le cose più semplici della vita: parlare con chi si incontra per strada, apprezzare il contatto umano, ascoltare le opinioni e le idee su ciò che sta accadendo. Ciò che appare immediatamente evidente è che tutti sorridono contenti di veder riportare il colore nelle vie del quartiere.
Street Art Per capire meglio questo progetto è necessario prendere confidenza con la definizione di Street Art. Si presenta come espressione artistica
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Ad oggi questo tipo di arte è diventato un fenomeno socio-culturale e ha ormai guadagnato, tramite le sue influenze sulle arti visive e sulla pubblicità, rilevanza nel panorama della creatività contemporanea.
Per portare un esempio, diverso da On The Wall, ma decisamente creativo, faccio riferimento ad un progetto lanciato dalla National Literacy Trust e intitolato “Panchine Letterarie”, panchine a forma di libro che rappresentano ciascuna un’opera letteraria dei maggiori autori inglesi e mondiali, atte a creare così un percorso culturale le cui tappe conducono alla scoperta dell’importanza letteraria della capitale inglese. Nel 2010 anche il Museo d’Arte Urbana di Torino aveva lanciato un progetto analogo in Italia, scegliendo dieci panchine dei giardini pubblici di Piazza Moncenisio, in Borgo Campidoglio e facendole reinterpretare dall’artista itinerante torinese Vito Navolio. Navolio ha dato vita a 10 incredibili panchine d’arte, dedicandole ai principali maestri dell’arte contemporanea, tra cui Andy Warhol, Piet Mondrian, Jackson Pollock, Joan Mirò, Niki De Saint Phalle, Keith Haring e Pablo Picasso. Insomma… vi è mai capitato di vedere e/o toccare un capolavoro da vicino? Torniamo a On The Wall, a Certosa, scopriamo chi sono gli artisti e le loro opere.
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Stefano Zec Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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@instazedz www.zedz.org Il primo muro ad essere completato è quello di Zedz, artista olandese di fama internazionale. Zedz ha frequentato la Art Academy di Amsterdam e ha iniziato a lavorare come designer e artista indipendente ponendo attenzione nella continua evoluzione del suo stile e delle sue caratteristiche personali. Il suo visual output si è evoluto diventando sempre più grafico ed astratto e, nel suo linguaggio visuale, sono sempre più presenti ritmo, armonia, volume e profondità. I suoi lavori hanno come obiettivo l’interazione con il pubblico. L’obiettivo nascosto della sua arte è coinvolgere gli spettatori a diventare parte dell’opera stessa. Infatti uno dei principali interessi di Zedz è la ricerca con la coerenza sociale e l’obiettivo di creare un collegamento tra il disegno statico e la realtà fisica, ossia un’esperienza fisica del disegno. Per il progetto On The Wall, Zedz ha lavorato sulla cabina di E-Distribuzione lungo il torrente Polcevera. Un’opera che si distingue per i forti colori, un impatto visivo notevole. Il suo lavoro si può ammirare distintamente dalla collina Coronata che domina la piana di Campi e l’ultimo tratto del Polcevera ma, vedendolo da vicino, si viene coinvolti nell’opera stessa. In questo punto lo spazio di osservazione non è molto ampio quindi è inevitabile avvicinarsi a quest’opera e osservarla nei dettagli. Le geometrie si susseguono, sono evidenziate dal cambio di colore e dal contrasto creato dai colori scelti dall’artista. Avvicinandosi al muro si entra nella geometria della superficie dell’opera stessa, i mattoni che creano altre linee nelle linee del disegno. Che si guardi il dettaglio oppure che si osservi la complessità dell’opera ciò che succede è che ci si immerge nel colore, nella superficie e nella semplice complessità dell’opera. Quasi 600 mq, la più grande opera muraria presente a Genova fino ad ora. Il pensiero dell’artista è stato di … “creare un’opera astratta, come un pezzo musicale jazz, ma di natura prettamente visual…”. Così apre un confronto tra due diverse arti, la musica e la pittura, due strumenti espressivi che toccano il nostro senso estetico e le nostre emozioni. Il jazz è dotato di espressività e di un ritmo inconfondibile, la pittura esprime gli stessi concetti attraverso i tratti ed i colori. I colori sono stati scelti per creare qualcosa di gioioso e luminoso. Portare l’arte sulle strade per Zedz significa che la gente possa fruire l’arte sulla strada e non dover entrare in museo. In questo modo l’arte diventa patrimonio di tutti. Concetto in linea con l’obiettivo di On The Wall, un museo a cielo aperto. Giroinfoto Magazine nr. 46
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@tilerart www.tilerart.com Arrivando a Certosa un sabato mattina, l’opera di Tiler è finita ed esposta nel quartiere. Sapendo che Tiler difficilmente si mostra in pubblico, curiosiamo su Instagram e leggiamo il post scritto dall’artista relativo a quest’installazione. Tiler ha scoperto un mondo fatto di persone stupende, un paese per meglio dire, non solo un quartiere. La piazza scelta dall’artista è un piccolo micromondo pieno di vita, un ritrovo dove le persone hanno subito espresso pareri positivi su questa novità coloratissima. Contravvenendo al suo stesso Diktat, Tiler ha fatto la spesa, ha parlato con i negozianti. Venendo da fuori si potrebbe vedere solo il cemento, il grigio, ma entrando nel quartiere si trova tutt’altro, come scrive Tiler, “angoli che sanno d’amore”. Abbiamo chiesto a Tiler di raccontarci come ha creato l’opera di Certosa, l’idea, il messaggio che vuole trasmettere al quartiere e il suo contributo a On The Wall. Gli abbiamo chiesto come ha iniziato a creare le sue opere, perché ha scelto di non mostrare il suo viso in pubblico, quale è la sua formazione artistica, come è nata l’ispirazione e l’idea per On The Wall e di “raccontarci” la sua opera, se ha avuto modo di confrontarsi con gli abitanti del quartiere in merito alla sua opera e se questo progetto di riqualificazione urbana avrà gli effetti desiderati. Ecco le sue risposte alle nostre domande, che riporto senza modifiche in quanto mettono evidenza una grande sensibilità artistica ed umana. “In queste storie non c'è mai un inizio, ma solo una persona che cerca di esprimersi in un modo che le sole parole non possono spiegare. Creo immagini da sempre, trasformo i miei sogni in realtà creando mondi in cui in qualche modo ho vissuto. Le piastrelle sono state una scelta semplice, una soluzione trovata dopo anni di ricerca. Una sera è bastato farmi una domanda, cosa sta meglio su un muro? Così sono diventato Tiler”. “Il mio viso non ha importanza, potrei mostrartelo adesso ma non cambierebbe quello che faccio, non ti piacerei di più o di meno. Tiler può essere per ognuno quello che la fantasia suggerisce che io sia, un uomo, una donna, un ragazzo o un vecchio. Potrei essere un gruppo di persone o una sola ma la realtà, quello che conta, è quanto riuscirò a stupire, quanto il mio lavoro potrà far nascere pensieri in chi osserva”. “Ho studiato gli stili del passato per non correre il rischio di essere l'emulatore di qualcuno, non ho fatto studi artistici in senso stretto, ma ho alle spalle tanti anni di sperimentazione che mi hanno permesso di diventare una persona in grado di esprimere quello che provo. Potrebbe essere un metodo discutibile ma, ciò che conta, è condividere le mie emozioni con chi le sa capire e, a sua volta, ha voglia di condividerle con me.” “Rispetto a On The Wall non è stato l'evento a farmi scegliere l'opera, è stato il muro. Mi innamoro del cemento, degli intonaci Giroinfoto Magazine nr. 46
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Monica GottaPhotography rovinati, dei mattoni logori... sono i muri a scegliere le opere e il muro che ho scelto a Certosa è un muro bellissimo che affaccia su una piazza piena di vita”. “I miei lavori sono quasi sempre un fermo immagine di una realtà fantastica che nasce dal mio viaggiare di sogno in sogno. Si potrebbero chiamare fantasie, ma sono convinto che chiunque di noi racconti una storia, per quanto questa possa essere bizzarra, da qualche parte i personaggi di quella storia prendono vita e con loro il mondo che li ospita. Noi siamo creatori di universi stupendi. Nel pezzo di Certosa si possono ammirare delle bestie simili ai nostri cavalli, ma di grande delicatezza. Il loro mondo è scaldato da una stella simile al nostro Sole ma più vecchia, le radiazioni sarebbero letali ma quegli strani quadrupedi hanno imparato a vivere in simbiosi con le nuvole. La loro vita è sempre una corsa in direzione del vento per evitare di rimanere scoperti. Bestie strane, in un mondo letale ma molto colorato”. “Inizialmente, per poter installare la mia opera, ero andato di notte a fare il lavoro ma, nonostante le ore di appostamento, per la prima volta in anni di lavori per strada, ho dovuto rinunciare per via delle frequentazioni della piazza in orario notturno. Così mi sono dovuto esporre di giorno e ho scoperto una Certosa che non conoscevo. Un paese, fatto di bella gente, negozi con negozianti educati,
chiacchiere sulle panchine, insomma di giorno sembrava di stare in un altro posto. Qualcuno mi è venuto a salutare, persone che seguono il mio lavoro, qualcun'altro si è venuto ad informare e tanti si sono fermati a scattare fotografie per poi mandarmele. Possiedo un album in cui conservo i selfie delle persone davanti ai miei lavori. E’ stata una bella esperienza!” “Se bastasse colorare qualche muro per riqualificare e sollevare dal degrado un quartiere... le città sono fatte di persone e le persone sono la chiave per migliorare le cose. Bisogna lottare e dare il buon esempio. Sarò sincero. Genova gioca a imitare le grandi città all'estero, posti dove l'arte è anni luce avanti ed è un mestiere di cui vivere e che muove milioni di euro. La nostra città si presterebbe a vestirsi dei colori dei grandi dell'arte, bisognerebbe solo attirarli nel modo giusto, mostrare loro i nostri muri, i nostri panorami, la nostra storia. Forse manca la conoscenza e la voglia di investire in un campo che non viene compreso completamente nel suo complesso.” Ci siamo seduti anche noi nella piazzetta, sulla panchina davanti all’opera di Tiler, sotto un albero, e abbiamo osservato la vita del quartiere. Concordiamo che questo spazio è un luogo di ritrovo dove la gente chiacchiera e si confronta e, ora, lo si farà guardando anche il muro vicino alla pescheria che ha cambiato aspetto dopo l’intervento di Tiler. Giroinfoto Magazine nr. 46
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@caktusemaria caktusemaria.blogspot.it
Dal 1998 Vincenzo e Maria operano in coppia componendo il duo “Caktus & Maria” e unendo 20 anni di attività artistica ed umana. Per realizzare l’opera di Certosa ed elaborare l’idea grafica, i due artisti hanno fatto delle ricerche sul quartiere di Certosa per comprenderne il contesto sociale ed ambientale, aspetti imprescindibili dall’opera in sé stessa e dalla sua composizione finale. L’area in questione vive in una situazione di emergenza da più di un anno a causa della riduzione dei collegamenti fruibili con il resto del territorio cittadino, questione che ha anche intaccato le relazioni socio-economiche. Consci che il loro “contributo artistico” non possa modificare le condizioni emergenziali che devono sopportare i cittadini delle zone più colpite dal crollo del ponte, i due artisti sono certi che le facciate dipinte possano rappresentare uno strumento di apertura e reciproca conoscenza con gli abitanti di un quartiere vivo e pulsante. La speranza è quella che l’arrivo del nuovo ponte possa in qualche modo rimarginare la ferita nel tessuto sociale e che l’arte a cielo aperto favorisca il sostegno economico attraverso la presenza di nuovi visitatori. Si sono ispirati al pezzo del cantautore Fabrizio De André – “Le acciughe fanno il pallone” – pezzo dal quale prende il titolo l’opera di Certosa. Maria ha realizzato la figura femminile e Caktus ha creato la palla dei pesci che circondano il viso. Il significato di quest’opera è spiegato nelle note del pezzo musicale. “Le acciughe fanno il pallone”: … ”così si usa dire in Liguria quando le acciughe inseguite dal tonno alalunga scappano verso la superficie. Nelle giornate senza vento si possono vedere dalla riva saltare a migliaia fuori dall'acqua a formare scintillanti semisfere”… (cit. https://it.wikipedia.org/wiki/Anime_salve).
La figura femminile al centro dell’opera si rifà ad una leggenda ligure, anch’essa narrata nel pezzo di De André. Un tempo le acciughe erano stelle. Fu la luna, invidiosa della loro luminescenza, a farle cadere in mare. Dal punto di vista grafico-pittorico la figura femminile simboleggia Selene, la Dea della Luna, rappresentata con uno spicchio di luna crescente nella chioma. Le acciughe, tuttavia, ogni qual volta vedono la luna – ossia le lampare dei pescatori - tornano in superficie e tornano a brillare, diventando così preda dei pescatori di acciughe, chiamati anche pescatori di stelle. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Giancarlo StefanoNitti Zec Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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Creare una massa uniforme in natura è un comportamento innato quando si desidera proteggere i propri componenti dai predatori, pur sacrificando parte del branco per salvaguardare la propria specie. Questo comportamento tende a disorientare gli aggressori e a farsi ingannare dalla nuvola di prede. I tonni e le acciughe in realtà sono la stessa cosa, rappresentazione dei contrasti che spesso si trovano in natura e nei rapporti umani, contrasti che forse andrebbero vissuti con più distacco. Il messaggio intrinseco dell’opera è “l’unione fa la forza”. A compimento di quest’opera ciò che appagato i due artisti è stato il fatto che le persone abbiano ringraziato dopo aver visto la loro opera conclusa. Il rapporto con il quartiere è stato immediato, si sono sentiti parte della famiglia, hanno ricevuto sostegno, calore e anche generi alimentari. Da parte degli artisti un ringraziamento va a tutti gli organizzatori, i volontari e gli abitanti di Certosa per il loro entusiasmo, l'affetto e la pazienza che hanno loro dedicato. Una dimostrazione di ciò che suscitano queste opere, emozioni allo stato puro. Per dare un’interpretazione del tutto personale gli occhi della donna guardano distante, al futuro, come Certosa guarda al suo futuro protetta da tutti i suoi abitanti che si sono stretti in cerchio per risollevare le sorti del quartiere con uno sforzo comune e con l’aiuto degli artisti che hanno partecipato a On The Wall.
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@antonello_macs www.aboutmacs.it Un messaggio diverso lo trasmette il dipinto di Antonello Macs. Antonello, dopo aver terminato la sua opera a Certosa, racconta dei suoi prossimi progetti che sono indirizzati a alcuni piccoli paesi abruzzesi, regione nella quale è nato. Ma da dove nasce l'idea di quest'opera genovese? Antonello ha in mente una serie di disegni con un labirinto come soggetto principale. Il concetto è ... il labirinto è una cosa complicata, non si può sapere dove si va e ci si può perdere. Considerando che, per il progetto genovese, un labirinto poteva essere un concetto troppo complicato, l’artista trasla l’idea del “perdersi” in una nuova immagine. Un'immagine più leggera e spensierata per trasformare la tragedia del ponte in qualcosa di positivo. Due ragazzi su una macchina decidono di partire ma … per andare dove? Scatta qualcosa nella mente dell’artista e nella mente dei due personaggi. Il ricordo di un lungo periodo senza cellulare si trasforma nell’opera di Antonello a Certosa. Così i due ragazzi in macchina buttano via il cellulare che si infrange a terra e buttano via la mappa geografica che dovrebbe orientarli. Ora sono liberi di perdersi come dice la sua opera. Non sapere dove si va è così destabilizzante? Pare di no, anzi dà forza al concetto di vivere ogni minuto con consapevolezza. Antonello ci mette al corrente anche di un episodio inconsueto. All'inizio del lavoro, abbozzando le prime linee in nero e segnando il muro con delle croci come punti di riferimento per condurre a termine il dipinto, gli è stata posta una domanda singolare. 40 croci nere su un muro vicino al luogo del crollo del ponte Morandi. Simboleggiavano forse le persone decedute nel crollo, anche se effettivamente erano 43? Senza volere l'inizio della sua opera ha connesso il tragico accadimento con l'evento in corso. Ora le croci non sono più visibili, erano solo le ancore per realizzare un’opera di gioia. Ora si vede solo un disegno colorato con due persone spensierate pronte a vivere un'avventura senza inizio e senza fine. Per il quartiere invece è l'inizio di una nuova era. Le persone sorridono guardano le opere degli artisti con gratitudine. Certo che tutti ricorderanno sempre che sono nate per via di una tragedia ma gli artisti hanno dato il via ad una nuova vita. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Giancarlo Monica Gotta Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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@blef www.souline.it C’è chi opera nel sociale anche per lavoro. Christian, vigile del fuoco genovese e writer, ha partecipato a On The Wall accompagnato dalla moglie e dalla figlia. Essendo un vigile del fuoco il suo obiettivo è sempre e comunque aiutare le persone e, sostenuto dalla famiglia, ha voluto portare anche questo valore nel quartiere. Realizzare quest’opera significa stare vicino alle problematiche della città, delle persone comuni. Ha utilizzato lettere e font per far uscire il suo nome dal muro, talmente tante e combinate che le persone osservano il muro e cercano di leggerci qualcosa. Ha creato quest’opera per poter ricordare di aver contribuito al dare gioia a questo quartiere, ha creato un simbolo che mette in contatto l’artista con l’opera, con il quartiere e con le persone. La sua opera si “legge” partendo dal centro, infatti osservando il punto centrale del muro man mano si inizia a leggere il suo nome. E’ la sua firma, la sua presenza per abbracciare Certosa. Questo nuovo disegno è stato per lui una nuova sfida dopo un problema di salute occorsogli l'anno scorso. Sente di portarne ancora i segni in alcune sue manifestazioni e considera questo disegno un auto ritratto. Questa è una delle sue prime opere e così racconta che... “quest'opera differisce un pò dalle altre, forse perché è parte di un grande progetto, forse perché è sul muro di un palazzo”. Christian soppesa “l’ante e il post infortunio” sulle sue mani ancora colorate di vernice e mima il suo desiderio di portare “questo prima e dopo” a ricongiungersi in unico sé, in una manifestazione della sua arte che sia il ricongiungersi di due persone per arrivare al nuovo sé stesso con un'arte rinnovata e pregna delle esperienze vissute in quest'ultimo periodo. Ovunque sul muro, in diversi colori, si vedono le lettere che compongono il suo nome. Tanto colore, sprazzi di bianco e nero adornano il muro del palazzo e si intersecano creando le lettere. Guardando attentamente si vede come quest'opera porti al centro di sé stessa ossia al centro dell'artista. Christian è molto disponibile e solare, parla in modo appassionato della sua arte perché l’arte fa parte del suo essere più intimo. Probabilmente affermare sé stesso in maniera così importante è frutto anche della sua esperienza perché si è ritrovato appeso alla vita da un momento all'altro, senza alcuna avvisaglia. La frustrazione e il senso di impotenza nel non poter essere stato d'aiuto nella tragedia del Ponte Morandi, per lui vigile del fuoco, sembra confermare la necessità di affermarsi nuovamente come artista ma anche come uomo tramite la sua arte. Vedendo ciò che ha creato su questo muro si direbbe che è già giunto al processo di osmosi che dice sia in corso d'opera. Giroinfoto Magazine nr. 46
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@golahundun www.golahundun.com Troviamo nel dipinto di Gola Hundun un concetto decisamente diverso dalle altre opere di Certosa. Nei suoi dipinti Gola Hundun rappresenta sovente il rapporto tra esseri umani e la biosfera. La sua formazione al liceo artistico e successivamente all’Accademia di Bologna ne fanno l’attuale artista impegnato a rappresentare la natura e la spiritualità nelle sue opere di Street Art. Il suo lavoro lo ha portato a viaggiare e visitare molti paesi dove ha creato le sue opere. Oggi mette a disposizione di Certosa la sua sensibilità artistica. Assistiamo alla posa della base sul muro. Preparare il muro è fondamentale per l’artista e soprattutto impegna una buona parte del tempo. Ciò che è emozionante in questo contesto, più di ogni altra cosa, è sentire come gli artisti vivono le loro opere, quelle che stanno prendendo forma sotto i nostri occhi. Gola Hundun la “sente” così questa montagna. E’ lì dietro, l’impulso è di andare verso di lei. Dopo aver visto il muro bianco ora si vede tutt’altro, la montagna e l’albero che l’abbraccia. La prima cosa alla quale ho pensato, per associazione di idee, è l’albero della vita. Dopo aver guardato gran parte delle opere di Gola Hundun ho realizzato che l’albero è il protagonista delle sue creazioni. Il concetto dell’albero della vita è un simbolo mondialmente conosciuto, è un simbolo che alberga nell’immaginario comune, un simbolo ancestrale, pagano, quasi una cosa che vive dentro gli essere viventi e noi come esseri umani lo viviamo. Riferendosi ai colori che utilizza per questo dipinto Gola Hundun afferma che senza verde non si vive, mentalmente e fisicamente. Sono i polmoni della vita, sono nate prima loro, le piante. Il verde è il suo colore preferito, è come un’esigenza per lui. A livello della Gestalt e di teoria della percezione il verde è un colore che dona calma. Infatti, afferma l’artista, nelle città è fondamentale prevedere aree verdi per gli abitanti, luoghi dove si possa percepire il contatto con la natura. Tutti i colori del muro danno un senso di pace di calma. Ognuno ci mette il suo personale sentire e interpreta a suo modo l’impatto del colore sulla propria persona. La maggior parte delle persone crea un’associazione di idee con la natura quando pensa al verde. Come il camice dei chirurghi è verde per rilassare il paziente. Il blu per Gola Hundun è più legato alla mente, alle astrazioni mentali. Il blu si associa all’infinito, al cielo, al mare anche se non è molto presente in natura. Pittura una parete di blu e questa smetterà di essere insignificante, non a caso. La montagna dà l’idea di qualcosa di irraggiungibile, crea il desiderio di arrivare fino in cima, ma è davvero così irragiungibile? Giroinfoto Magazine nr. 46
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@geometricbang www.geometricbang.com Si vede l’inizio del lavoro di Geometric Bang, il quale, nella sua opera per Certosa ha voluto creare “qualcosa” che ricordasse le persone che vivono in un quartiere. Sono figure geometriche miscelate con elementi più astratti come da suo uso, ma che ricordano la vita delle persone. Colorate per dare gioia e non pensare a ciò che è successo, insomma personaggi che rappresentano la vita quotidiana. Ha iniziato a fare questo lavoro a 13 anni. Si è appassionato, ha iniziato coi graffiti in modo illegale, è stato colto sul fatto e ha smesso per qualche anno. La passione per questo tipo d’arte era grande, così ha ripreso a dipingere da circa 6 anni. Ha lavorato nel mondo della grafica e dell’illustrazione, ma quest’arte è diventata gran parte del suo lavoro e allo stato attuale, non saprebbe cos’altro fare se non facesse questo. Per arrivare a questo livello c’è voluto molto impegno, sono tanti gli artisti con i quali si lotta per emergere e per non farsi copiare le idee. Essere riconoscibile riveste importanza e poter lasciare un’impronta nel panorama della Street Art è diventato uno degli obiettivi dell’artista. Infatti ha partecipato ad altri progetti di riqualificazione come ad esempio a Bari e l’anno scorso a Genova alle lavatrici di Prà nel quartiere di San Pietro. Preferisce lavorare in quartieri vivi dove le persone hanno più bisogno di stimoli, più che in musei o centri città. Cita infatti il crescente fenomeno dei festival di Street Art che stanno diventando fine a sé stessi e dove gli artisti disegnano e spariscono. In Italia negli ultimi 5 anni c’è stato il boom dei festival. E’ diventato di moda ma l’iniziativa incomincia a funzionare nell’ottica della conoscenza della Street Art. La cosa importante è scegliere l’intervento che si fa e con chi si collabora. Dare respiro e riqualificare quartieri diventa un impegno sociale, l’arte diventa uno strumento, è la scusa per stare con i vicini di casa, guardarsi in faccia e commentare, creare situazioni, è la cosa più importante come portare il tutto all’attenzione di un pubblico più vasto come sentire i commenti dei passanti e degli abitanti, incuriositi su come vengono create queste opere. Anche per l’opera di Geometric Bang ci sono voluti circa 2 giorni per creare lo sfondo bianco uniforme. Con ciò si alfabetizza la gente e la si avvicina a questo argomento, a questo mondo sconosciuto ai molti. L’obiettivo - invece - personale dell’artista è che tutto ciò porti qualche giovane ad avvicinarsi a questo tipo di arte. E lui sarebbe molto felice se qualcuno, ispirandosi al suo lavoro, iniziasse a sperimentare. La creatività è la cosa più bella e qualcuno potrebbe scoprire la sua vena artistica, al di là di saper disegnare, bisogna provare e mettere in opera qualche idea. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Chiedendo come sta vivendo la creazione dell’opera Geometric Bang afferma che l’idea cambia in corso d’opera, per questo non traccia nulla. La sua idea iniziale è una e, alla fine, sarà leggermente diversa. E’ un’opera che nasce, si sviluppa, cambia, vive e vive in autonomia mentre la si sta creando. Quando lui arriva al muro, ne comprende le dimensioni reali, imposta l’idea, sale e capisce cosa fare. E’ una questione di proporzioni, di vedere l’opera nell’insieme e non è facile. Alcuni artisti proiettano la bozza sul muro per iniziare a disegnare. Geometric Bang non lo fa, non si sentirebbe completamente artista in questo caso. E’ un approccio diverso a seconda dell’artista. Naif, dice, … “vado faccio capisco”... resta quindi di estrema importanza la sperimentazione, per non sentirsi in difetto ed essere consapevole di essere lui ad averlo creato. Sono quindi molti e diversi i metodi di approccio al muro e di dare forma ad un’opera. Usare i propri strumenti adattandosi e adattandoli alla propria arte significa piegarli alla propria arte e creare la propria idea.
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@greg.jager www.grejager.com Un muro diverso dai precedenti sta nascendo grazie a Greg Jager. Greg inizia nel 1997 a 14 anni facendo graffiti. Studia arti visive e grafica, inizia ad evolvere il suo linguaggio partendo dalla tecnica del graffito, lavorando in larga scala e unendo i suoi studi sulle avanguardie e sul Bauhaus. Visual artist di Roma, Greg Jager trasformerà una scuola di Certosa con la sua arte. Greg spiega cosa intende fare su questa superficie di quasi 600 mq. Lavora unicamente con l’astrattismo geometrico e quindi ispirandosi al movimento artistico del Bauhaus e, in generale, all’avanguardia del ‘900 dai quali prende riferimenti, ha creato l’idea per la scuola di Certosa. Il Bauhaus nacque come scuola in Germania nel 1919. Per facilitarne la comprensione potremmo dire che l’obiettivo ultimo del Bauhaus era realizzare oggetti di ogni tipo, sfruttando discipline di ogni tipo per arrivare a costruire «l’edificio del futuro». Tra gli insegnanti di questa scuola troviamo insigni nomi quali Paul Klee e Wassily Kandinsky. Nel 2019, centenario del Bauhaus, Greg Jager continua a raccontare la sua esperienza artistica. Il dialogo tra grafica, segno grafico e architettura è molto presente nella sua opera, anche nei pezzi piccoli prodotti in studio. Il lavoro che sta svolgendo a Certosa è un lavoro coerente con la sua ricerca che ha avuto modo di esplorare meglio entrando nell’architettura stessa. Lo definisce intermuralismo, un discorso che attraversa in qualche modo l’architettura, che non si limita ad essere una patina, ma un qualcosa che crea un dialogo a più livelli, anche se molto minimale e quasi privo di segno. L’opera che sta creando è un anamorfismo, ossia la lettura e la restituzione prospettica dell’opera la si ha solo osservandola da un preciso punto. Ci si sono infatti disegni che ingannano l’occhio e questo è ciò che sarà quest’opera. Maestro dei lavori moderni di anamorfismo è Felice Varini che opera dagli anni ’60 / ’70 su grandi architetture. Ingannare e restituire una prospettiva piatta su un edificio che ha delle inclinazioni non è immediato lavorando anche sulle intercapedini, colonne e finestre. L’intento è anche quello di dare un messaggio, per mettere i ragazzi della scuola media di fronte all’arte in modo che siano indotti a porsi dei quesiti sul futuro. Greg vede una similitudine tra l’anamorfismo e ciò che è successo nel quartiere di Certosa, vedere le cose da un punto di vista diverso e trovare una soluzione, quindi non da una prospettiva piatta. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Gli è stato chiesto di creare un’opera che possa aver a che fare con il quartiere e questa è stata la sua risposta. Mettere l’osservatore di fronte a questa crisi in modo che possa cambiare la sua prospettiva. Il suo lavoro pone in essere una sorta di filtro visivo per attivare dei meccanismi mentali. Se guardi l’opera dal punto di osservazione giusto essa si rivela in tutta la sua essenza, ma anche guardata frontalmente è altrettanto bella perché si nota l’aberrazione del lavoro. Dai terrazzi di fronte si può osservare il cerchio frontalmente che, in questo modo appare decostruito. Dalla strada si vede una porzione del muro trasformato da Gola Hundun e una porzione della scuola con parti di colore già abbozzate da Greg. Sotto la scuola, di fronte al muro dipinto da Caktus & Maria, blu, giallo, rosso e nero sono i colori iniziano a formare geometrie. Greg ha dipinto a terra una freccia gialla, il punto di osservazione giusto dal quale guardare la sua opera finita nel modo corretto. Dallo stesso punto di vista si vedono anche muri dipinti da altri artisti.
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Un’interconnessione percettiva, artistica e urbana in grado di permettere all’osservatore di calarsi all’interno del progetto stesso. Anche se non ha ancora scelto il nome di quest’opera avrà sicuramente a che fare con le parole decostruzione / costruzione perché l’esito finale sarà appunto il fatto di vederla ricostruita da prospettive diverse. E’ il suo primo lavoro anamorfico così grande. Qual è il vero messaggio e quale è l’approccio decorativo - artistico sulle facciate dei palazzi di Certosa? Con questo intervento intende scarnificare il messaggio perché le città sono attualmente sommerse di messaggi, lasciando parlare solamente i colori attraverso l’architettura. Per Greg Jager On The Wall Greg si potrebbe definire “comunicazione”. Anche se l’arte non ha potere assoluto, può attivare dei meccanismi sul territorio in termini di aggregazione, modifica della routine e promozione di un “qualcosa” da cui possa nascere un esito positivo.
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@ozmone www.ozmo.it Ozmo si forma all’Accademia di Belle Arti di Firenze e nei primi anni Novanta esordisce nel mondo del fumetto passando poi a concentrarsi sulla pittura e sul writing. A Milano l’artista svolge attività in galleria e lavora nello spazio pubblico come Ozmo. A partire dal 2004 compare in contesti istituzionali, documenta con immagini e fotografie la Street Art italiana in un libro. Seguiranno mostre e riconoscimenti e, ad oggi, Ozmo ha creato opere in tutto il mondo. L’opera che ha creato per Certosa fa riflettere da diversi punti di vista. In prima battuta perché non è disegnata su un’unica parete ma su due, dando all’opera una prospettiva non comune. Il che costringe l’osservatore a spostarsi fin quando non si trova il punto giusto da cui osservarla nella sua completezza. Abbiamo domandato ad Ozmo, nel rispetto di ciò che è stato invitato a fare per il quartiere, come è nata l’idea della sua opera. Quando pensa agli interventi Ozmo li pensa “site specific” ossia cerca di lavorare nello specifico per un contesto specifico in modo che l’opera non approdi on site senza una ragione d’essere e possa essere dislocata ovunque, ma che si relazioni a quella che è la realtà di quel luogo oppure il punto di vista dell’audience. Essendo stato chiamato ad intervenire a Certosa per via della tragedia del Ponte Morandi quest’opera vuole essere una nota positiva e l’intento è di creare una commemorazione dalla quale possa scaturire ottimismo, gioia e dia una spinta al voltare pagina. L’idea è di realizzare un simbolo, un angelo alato, che si contrapponesse al moto discendente di questa struttura – il Ponte Morandi che cade - e causa uno shock da molti punti di vista. Per Ozmo è stato ottimale ispirarsi alla scultura del Canova perché rappresenta un angelo che sostiene e quindi inverte il moto da discendente ad ascendente e al tempo stesso simboleggia un abbraccio, la protezione, una trasformazione in positivo di questa tragedia avvenuta quasi 1 anno fa. La riqualificazione o rigenerazione urbana è un uso strumentale dell’arte in quanto l’arte ha un senso a prescindere e Ozmo ama lavorare site specific. In pratica questa rigenerazione, comunque si evolva al termine di questo progetto, è già avvenuta. L’alchimia dello spazio, del posto è già cambiata. Basta camminare nel quartiere per percepire un’energia e una forza diversa. Il punto è … verrà strumentalizzata o lo è già stata? Chi saranno coloro che maggiormente beneficeranno di questo intervento artistico? Ozmo vede che gli abitanti del quartiere già ne beneficiano e questa è la cosa più importante. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Ci sono stati tantissimi commenti alla sua opera da parte dei passanti in corso d’opera anche se avrebbe preferito che aspettassero la fine per poterne capire fino in fondo il significato. La maggior parte ha parlato del colore, che è scuro, hanno chiesto perché non ci sono colori come in altre opere. Ciò che si evidenza maggiormente è che è stato fatto grande uso di colori sgargianti, mentre Ozmo ha utilizzato tonalità più adatte a far risaltare le figure umane. Il suo è un monumento dipinto, un monumento alla
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tragedia e in questa prospettiva l’identità è annullata. Il punto focale di Amore e Psiche nella composizione scultorea del Canova è il delicato abbraccio dei due personaggi, nell’opera di Ozmo è un sempre un abbraccio, un ricongiungimento, un abbraccio al quartiere, alle vittime, a chi rimane per cui la forza del simbolo e del mito è potente perché può essere interpretata a tantissimi livelli. Un’interpretazione che avviene attraverso il linguaggio simbolico, attraverso il mito e che comunque lascia spazio all’interpretazione di tutti coloro che ammireranno il lavoro di Ozmo a Certosa. Questo è l’obiettivo del suo lavoro.
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@agostinoiacurci www.agostinoiacurci.com Agostino Iacurci è un artista di origini italiane che attualmente risiede in Germania. Professionalmente parlando dipinge da ormai 10 anni. Le sue opere abbracciano una vasta gamma di stili come la pittura, l’opera murale, la scultura, il disegno e le installazioni. Elemento distintivo di Agostino è una composizione chiara eseguita con colori brillanti, che sfuma i confini tra la figurazione e l'astrazione. Il suo linguaggio artistico tende a superare i limiti della pittura e trasformare così la percezione di un determinato ambiente. Ha esposto in numerose mostre e festival worldwide: in Europa, Stati Uniti, Brasile, Russia, India, Indonesia, Messico, Australia, Corea, Giappone e Taiwan. Per Certosa ha creato un’opera che rispondesse a determinati parametri presenti nella città di Genova. Documentandosi sulla città è rimasto colpito dalla moltitudine di facciate dipinte in città che riguardano la tradizione stessa di Genova di mimare i materiali. In passato era uso comune dipingere dei trompe l'oeil, un genere di pittura murale con funzione prevalentemente decorativa che ha come obiettivo l'inganno dell'occhio. Così a Genova si vedono finestre, capitelli, marmi, porte creati con decorazioni illusive che fanno parte di un'antica cultura genovese iniziata verso la fine del ‘400 dalle famiglie più ricche e in vista della città di Genova, arte che da Genova ha finito con l'espandersi lentamente in tutta la regione soprattutto a Levante. Agostino lavora molto sulla storia, sulla memoria e sull’architettura del passato, quindi ha abbracciato l’idea di ispirarsi a questo principio. E’ partito da una serie di references, di disegni di alcune facciate presenti a Genova e sulla costa ligure, principalmente finestre, balaustre, nicchie. Ha colto alcuni di questi elementi ricorrenti sulle facciate e li ha reinterpretati in chiave contemporanea, fuori scala. Non c’è vera corrispondenza tra il dentro e il fuori come invece c’è sempre nella tradizione dove questi dipinti servivano a mimare quello che mancava. Pertanto usa una tavolozza contemporanea mirata a creare un ponte tra passato e presente in chiave artistica. I colori li ha scelti rifacendosi sempre alla tradizione, il verde o l’azzurro delle persiane, il bordeaux e i rosa delle facciate. E’ quindi partito dai colori della facciata, ha scelto un rosso brillante e per le finestre ha scelto l’azzurro per creare maggiore contrasto. Anche le figure umane sono da ricondurre ai temi delle facciate e delle nicchie presenti nella tradizione della città. Pur lavorando isolato al di sopra del piano strada, Agostino ha riscontrato grande entusiasmo per l’evento. L’accoglienza è stata calorosa, gli artisti sono stati aiutati da tutti per facilitare la realizzazione delle opere. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Per quanto una decorazione e un intervento artistico possano essere effimeri, si vengono a creare momenti di socialità e Agostino crede nella forza di questo tipo di progetto e, di questo progetto in particolare. Lavorando anche all’estero, Agostino afferma che ogni progetto ha una sua specificità, come del resto la ha On the Wall e soprattutto per il momento in cui si sta svolgendo. Intervenire sul quartiere penalizzato fortemente dal crollo del ponte ha un valore simbolico e catartico.
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Per contestualizzare il lavoro di Agostino sveliamo una curiosità sulle persiane di Genova. In città sono spesso chiamate “gelosie”. Il che non ci riporta alla lingua, ma al vissuto quotidiano. Si riferisce infatti proprio alla gelosia che anticamente indusse i mariti genovesi a chiudere le proprie mogli dentro le case per impedire loro di essere guardate da occhiate inopportune!
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@roskloste www.roskeloste.com Maurizio e Mirko vengono dalla Sicilia, dalla provincia di Caltanissetta. Vivono attualmente a Palermo e come duo, lavorano ormai da 17 anni. L’arte è diventata il loro lavoro e si dedicano a questo in modo totale. L’opera di Certosa è nata coinvolgendo gli artisti per via di quanto è successo l’anno scorso. Hanno voluto costruire qualcosa che ricordasse ma non ricordasse, allo stesso tempo, l’evento del Ponte Morandi. Così hanno scelto un’icona, Paolo Villaggio, persona del posto, però trasformato e rappresentato con la sua maschera di Ugo Fantozzi, che simboleggia un po' l’italiano nella sua semplicità. Sarà un volto un po' indignato, imbronciato, dovuto ad un contesto percepito da una persona qualunque quale può essere Fantozzi. Lo sguardo della figura infatti è rivolto proprio nella direzione del ponte crollato, lo sguardo di una persona che purtroppo non ha modo di cambiare la situazione ma solo di accettarla, come succedeva spesso nei film a questo personaggio iconico a cui gli artisti vogliono anche dedicare un omaggio. Peraltro questo volto è anche familiare a tutta l’Italia quindi potrà sicuramente attirare attenzione su di sé. Gli artisti però non desiderano inserire messaggi politici, non vogliono raccontare il disagio patito dalla città in modo esplicito, basta suscitare emozioni. Rosk & Loste hanno aderito alla realizzazione di questo progetto con entusiasmo, perché è fondamentale per loro dare colore – dare voce – ad un’iniziativa volta alla rinascita del quartiere. E’ degno di nota lavorare su un quartiere che non sia centrale, per creare attenzione e flusso turistico dove prima non ci sarebbe stato. Rispetto alle loro esperienze artistiche avvenute nel sud della nostra penisola ci sono stati cambiamenti, si parla di riqualificazione anzi di qualificazione come è avvenuto in un rione napoletano dove hanno prestato la loro opera. Sono stati recentemente anche a New York, ospitati da un quartiere che fino a 15 anni fa non era sicuro visitare. Oggi Bushwick, quartiere operario nella parte settentrionale di Brooklyn, attraverso la Street Art è diventato una meta turistica da visitare. Quindi il compito di un artista non è solo costruire il bello, è ciò che si costruirà intorno al bello, il loro compito è dare un input. Poi sta a chi vive il quartiere continuare a costruire. La loro opera, finita, è da osservare attentamente. Riporta una quantità di dettagli e sfumature così realistici che si stenta a credere che ciò sia possibile. Complice sicuramente la loro grande creatività ed esperienza in questo tipo di arte. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Peraltro, osservando gli ultimi dettagli, da una posizione laterale, con il sole che la illumina, i colori scelti dagli artisti hanno creato delle meravigliose e brillanti sfumature di colore dorato che donano a questo lavoro una prospettiva non solo nella sua interezza ma anche nel dettaglio.
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I componenti della crew sono: Dower, Love2, PakoShen e Web3 L’”equipaggio” ha per la Graffiti Art un particolare approccio che li ha portati ad esprimere e potenziare le proprie qualità artistiche all’interno di un gruppo organizzato. Dal 2007 hanno partecipato a numerosi eventi e progetti a livello locale e nazionale, come la riqualificazione di Via San Bernardo ideata assieme ai suoi negozianti e sviluppatasi attraverso la realizzazione di serrande dipinte e personalizzate a seconda dei diversi esercizi commerciali. Attraverso l’aiuto del Comune di Genova hanno organizzato un meeting con i più importanti writers del Nord Italia per dipingere alcuni muri di contenimento nel quartiere delle Lavatrici e Begato. L’intreccio di lettere e figurativi realizzati su muri e pannelli sono la particolarità di questa crew di giovani artisti che fanno della propria passione un divertimento e una forma d’arte da non relegare esclusivamente sui muri ma per portare questo movimento anche nel mondo dell’arte come già avviene nel resto del mondo. Questo è come si definiscono sulla loro pagina Facebook Giovanni, Paolo, Alfonso e Andrea. Abbiamo parlato con loro per conoscerli meglio e per entrare nel dettaglio della loro arte, per comprendere come lo fanno e perché lo fanno e, soprattutto, come vedono l’intervento a Certosa e la loro partecipazione a questo evento fuori dal comune. In particolare dopo una chiacchierata con la crew mentre predisponevano il materiale per iniziare il lavoro, abbiamo parlato anche con colui che opera da più anni in questo settore artistico. BDS è un acronimo di cui si mantengono segrete le parole originali e Giovanni dice che il loro nome, più che altro, lo fa ridere e fa ridere perché nasce da una sana dose di ironia o di sana autoironia. Così nacque e così hanno deciso di tenerlo. A seguito della richiesta di non divulgare cosa vuole effettivamente dire BDS, promettiamo di non divulgare l’informazione! Resterà un segreto tra noi e la crew. Sono stati chiamati a partecipare a On The Wall per ridisegnare il muro della scuola che avevano già adornato 8 anni fa, nel 2011 attraverso un altro evento che si chiamava “Strada Viva” che collegava Certosa con un evento dedicato ai bambini, al basket e alla pallavolo nelle strade del quartiere. Coinvolti nel nuovo progetto On The Wall, hanno scelto di cambiare volto al muro pensando al fatto che, nel 2011, hanno dovuto svolgere il loro lavoro in una sola giornata. Ora, hanno potuto pensare e scegliere dei soggetti più adatti alla location della scuola, precisamente il campetto visibile appena si esce dalla metro di Brin. Giroinfoto Magazine nr. 46
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In quest’occasione hanno scelto di fare un disegno più colorato, usando colori brillanti, cosa che ha piacevolmente coinvolto da subito i bambini, i ragazzi della palestra, gli educatori e gli abitanti del quartiere. I soggetti dipinti sul muro fanno parte del mondo dei cartoon, divertenti, scherzosi e colorati per strappare un sorriso a tutti coloro che passano lì davanti e volgono lo sguardo verso il muro. Il figurativo del leone è stato scelto perché nel logo della UISP, come mascotte, compare proprio questo animale. Di conseguenza nasce un’altra figura non umana sul muro, una lucertola per la precisione. Il tutto è stato pensato per uscire dai canoni comuni, per rendere la cosa “meno seria” nel rispetto del tema di On The Wall – la gioia. Giovanni dipinge dal 1997 ossia da 22 anni. Si è appassionato ai graffiti perché, in primo luogo, adora disegnare e, in seconda battuta in quanto, ai tempi dell’inizio della sua attività di writer, c’era una forte connessione tra l’arte dei graffiti e alcuni generi musicali. Ricorda la sua prima volta … “è stato amore al primo spruzzo”. In effetti Giovanni è il fondatore di altre crew ma non di BDS. In un ambiente così specifico è facile conoscersi,
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quindi è stato semplice entrare in contatto con gli attuali membri della crew e con l’effettivo fondatore della BDS nel 2007. Hanno iniziato a dipingere insieme, all’inizio nei week end e da lì è nata l’amicizia che li porterà a creare la crew attuale. Sono in 4, Giovanni, Paolo, Alfonso e Andrea. Andrea - Web è molto ferrato nelle arti figurative e non è stato presente a Certosa in quanto impegnato in un evento internazionale in Polonia, Meeting of Styles. Pur lavorando da 22 anni, Giovanni ama il fatto di continuare ad apprendere, sia come artista che come individuo. Ad oggi Giovanni ed Alfonso si stanno avvicinando alla scuola dei graffiti 3D, più recente rispetto a quella del graffito canonico. Si tratta di disegnare lettere ma elevando le linee, lavorando su luci, ombre e piani. La lettera diventa un oggetto, un oggetto da toccare. Lo stile 3D è stato un altro amore a prima vista e, con impegno e sperimentazione, Giovanni è arrivato a dominare questa tecnica innovativa insieme ad Alfonso. Ne scaturisce che è il gruppo che fa la forza, le intuizioni non sono solo di uno, sono condivise, diventano materia e sperimentazione del gruppo in sé stesso. Il lavoro eseguito a Certosa, come gli altri, sta creando curiosità nelle persone che si fermano ad ammirare un dipinto che sta nascendo anche su questa parete.
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Ciò che abbiamo notato e che si evidenzia maggiormente dal contatto con gli artisti e dal contesto di On The Wall è che vengono promossi molti concetti e valori importanti.
Greg Jager promuove l’idea di diffondere maggiormente la cultura dell’arte e far sì che le persone interagiscano con l’arte stessa, concetto valorizzato anche da Zedz.
La complicità di una coppia di artisti nel lavoro e nella vita come Caktus & Maria così come la perfetta sincronia ed intesa di Rosk & Loste. Un gruppo come BDS la cui forza risiede nel fondere le loro competenze e condividere le tecniche con tutti i membri della crew.
Agostino Iacurci sottolinea l’importanza di scoprire la cultura e le tradizioni nelle quali ognuno di noi si cala quando si interagisce con un luogo in veste di “straniero”, quindi non solo per gusto accademico ma per farsi contaminare dalla cultura stessa. Ozmo ha creato un ponte tra mito, scultura e contesto mettendo così in risalto l’opportunità di dare libero sfogo alla sensibilità, che essa sia personale oppure collettiva.
Antonello Macs dà valore alle relazioni umane non mediate dalla tecnologia ed alla spensieratezza che deve far parte della nostra vita per darci gioia. Blef ricorda la voglia di superare le difficoltà, un artista che ritorna alla sua passione e un quartiere che si rialza dalle problematiche connesse all’evento del ponte. Gola Hundun sottolinea l’importanza di salvare le città attraverso la natura, la necessaria integrazione di spazi verdi nelle giungle di cemento. Geometric Bang abbraccia la teoria che nella vita non tutto può essere definito a priori, bisogna essere in grado di improvvisare ed adeguarsi in corso d’opera…anche davanti a muri tanto grandi…
Quindi ci domandiamo…ma cosa fa la Street Art? Anzi che tipo di febbre scatena la Street Art? Quale è la magia e l’alchimia che riesca a creare semplicemente per il fatto di essere pubblica, a disposizione di tutti, fruibile nel modo più semplice che esiste al mondo? E’ la magia di essere Street, on site anzi in site, o forse ancor meglio inside, dentro l’arte, dentro gli artisti, dentro le persone comuni, dentro le emozioni, dentro i sorrisi di chi l’ammira, dentro lo sguardo curioso dei profani e degli addetti ai lavori. Ora, hanno potuto pensare e scegliere dei soggetti più adatti alla location della scuola, precisamente il campetto visibile appena si esce dalla metro di Brin.
È INSIDE ON THE WALL Progetto realizzato da: Comune di Genova Curate da Associazione Linkinart – Walk The Line Ringraziamenti: Emanuela Caronti - Architetto e curatrice urbana Tutti volontari che hanno dato il loro prezioso aiuto agli artisti e alla realizzazione del progetto Sponsor – Enel Energia, Iren, Fiumara, Slam Partners - AMT, Conservatorio Niccolò Paganini, Maccio' Luigi & Figlio, Carrozzeria Torino, E-distribuzione, Genova Liguria Film Commission, Filse Partners tecnici - Colori Tassani, Kobra Spray Art Technologies, Nacanco Nove Mediapartner Associazione Culturale Sintesi Giroinfoto magazine - UCI Cinemas Giroinfoto Magazine nr. 46
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LAGO SIRIO Un luogo magico con 8 artisti musicali che hanno reso l'attesa della luna nascente un momento indimenticabile.
CHIAVERANO 13 LUGLIO 2019
TESTI Cecilia Mirandoli, Giancarlo Nitti FOTOGRAFIE Silvia Petralia, Nadia Laboroi, Adriana Oberto, Barbara Tonin, Fabrizio Rossi, Manuel Monaco, Mariangela Boni, Giancarlo Nitti Giroinfoto Magazine nr. 46
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Silvia Petralia Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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È’ un evento musicale nato dalle costole del festival di musica indipendente internazionale A Night Like This che si è’ svolto per 6 edizioni a Chiaverano borgo medioevale vicinissimo a Ivrea ( To ) organizzato dall’Associazione milanese omonima è dal Comune di Chiaverano . Per l’esattezza Lake me up! consisteva inizialmente , negli unplugged sulla piattaforma del Lago Sirio una delle location del festival principale . Quest’anno gli organizzatori hanno pensato di potenziare questo piccolo gioiello sviluppandone il format e ampliando la proposta musicale. Si tratta di un evento unico nel suo genere in quanto gli artisti si esibiscono a pelo d’acqua in una cornice magica : un lungo molo appoggiato sulle verdi acque del Lago Sirio, ai piedi della Serra Morenica , immerso nel verde e nella natura incontaminata del Canavese. Unico dei 5 laghi della Serra di origine glaciale ad essere alimentato da una sorgente sotterranea e pertanto balneabile e pulitissimo. L’evento si è’ tenuto sabato 13 luglio dal tramonto al sorgere della luna quasi in plenilunio, seguendo musicalmente lo scorrere del tempo e della luce del giorno e della notte. Il palco sull’acqua ha visto suonare 8 tra le novità più interessanti del panorama indie italiano: dal cantautorato al folk fino all’elettronica e al synt pop , il tutto accompagnato dalle birre artigianali e dai prodotti tipici del territorio in modo che il pubblico sdraiato sul prato potesse godere dei colori e delle note in totale relax e armonia. Il camping dei laghi immerso nel bosco alle spalle della location per i più sportivi, o le strutture convenzionate hanno consentito di pernottare a chi arrivava da più lontano o semplicemente a chi ha poi completato il week end in questo territorio bellissimo e ancora intatto che è il Canavese.
Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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Mariangela Boni Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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LA LOCATION Nella regione alpina a cavallo tra i comuni di Ivrea e Chiaverano si trova il Lago Sirio, anticamente conosciuto come San Giuseppe, dall'omonimo convento che si trova su un’altura che domina il lago stesso. Insieme al Lago Nero, il Lago Pistono, il Lago San Michele e il Lago di Campagna, questo lago fa parte dei Cinque Laghi della Serra di Ivrea, di origine glaciale, ma l’unico ad essere alimentato da una sorgente sotterranea. Intorno a questo incantevole specchio d’acqua vivono diverse specie animali e vegetali, tipiche degli ambienti acquatici come le raganelle, le rane, i germani reali e le gallinelle d’acqua.
Sul perimetro del lago, corre una strada pedonale che lo rende percorribile con passeggiate tra piccole spiagge, di cui una libera, ed alcuni locali tipici del posto. Il lago, grazie alla sua pulizia, è balneabile attraverso l'area della Marina di Ivrea, ben attrezzata per la stagione estiva. Resort turistici, campeggi, alberghi, ristoranti, agriturismi, campi da tennis e da calcetto, completano i servizi per i turisti che nel periodo più caldo dell’anno arrivano al lago.
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Manuel Monaco Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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IL PALINSESTO ARTISTICO A differenza dalle 6 edizioni di A Night Like This – Independent Music And Arts Festival, che hanno visto esibirsi sul palco più di 180 gruppi per oltre 220 ore di musica, LAKEMEUP è voluto essere un evento più contenuto ma diverso da tutti i precedenti. Quest'anno si presenta con un palinsesto nuovo e variegato, composto da 8 proposte di artisti e band diversi. Ecco che sul pontile galleggiante del Lago Sirio, al calare della luce ed al sorgere della luna si scatena un'atmosfera magica e rilassante sulle note musicali e le voci di:
Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
Fadi Ginevra Her Skin On Off Man PINHDAR Sonars Tropea
R E P O R TRAE G P EO R|T AHOLLAND G E | LAKEMEUP - IL PAESE CHE - LAGO NON SIRIO C'È
Giancarlo Giancarlo Nitti Nitti Photography Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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Fabrizio Rossi Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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A C U R A D I U R B E X T E A M O L D I T A LY
IL CHIOSSETTO La villa che presentiamo ha dell’incredibile. La sua storia risale al 1700 quando ne fece la sua residenza una delle famiglie più famose d’Italia: la famiglia Artom. Una famiglia di origine ebraica che tanto ha dato non solo al Piemonte, ma anche alla scienza e alla Nazione, anche quando ancora era in embrione e si chiamava Regno Sardo-Piemontese. Gli Artom erano una famiglia di scienziati, diplomatici, bottegai, giuristi, economisti e scrittori.
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Il primo Artom noto per aver contribuito all’unità d’Italia accanto a Camillo Benso Conte di Cavour fu Isacco, l’Ebreo, figlio di Raffaele e di Benedetta Segre, nato il 31 dicembre 1829.
così il vero artefice di quella che passò alla storia come “La breccia di Porta Pia” (che sancì la fine delle guerre di indipendenza e realizzò l’unità d’Italia con Roma capitale del Regno).
Isacco fece le elementari a Vercelli, il ginnasio e il liceo a Milano, iniziò l’Università a Pisa che però interruppe frettolosamente. Si laureò in diritto pubblico all’Università di Torino nel 1853. Isacco Artom (1829/1900) fu il più valido e fidato dei collaboratori di Camillo Benso Conte di Cavour ed in questa veste partecipò all’elaborazione di tante delle tele che hanno reso famoso il “Tessitore”, ma fu anche ambasciatore e Ministro Plenipotenziario nelle trattative della Pace di Vienna del 1866 e fu ancora lui che ebbe l’incarico di convincere l’imperatore Francesco Giuseppe a non intervenire in caso di ingresso in Roma da parte degli Italiani, rivelandosi
Ma non è tutto; in quella villa, visse anche Alessandro (1867/1927), forse il più noto degli Artom, l’inventore, tra l’altro, del radiogoniometro ed a cui è intestato l’Istituto Tecnico Industriale Statale cittadino, che devolvette allo Stato ogni compenso per tutti i suoi innumerevoli brevetti meritandosi per questo dal re Vittorio Emanuele III il titolo di Barone, di cui ancora oggi possono fregiarsi i suoi discendenti.
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Alessandro Artom fu un grande personaggio della storia, inventore del radiogoniometro, figlio di Enrichetta Ottolenghi, respirò l'aria dell'Unità d'Italia alla quale aveva contribuito lo zio Isacco Artom. Artom si diploma nel 1889 alla Scuola di Applicazione per Ingegneri di Torino e nel 1896 consegue il diploma di perfezionamento in elettrotecnica al politecnico di Torino, sotto la guida di Galileo Ferraris. Scelto come suo assistente, iniziò la carriera nelle applicazioni radiotelegrafiche a seguito delle scoperte di Guglielmo Marconi e dei suoi studi sulle onde elettromagnetiche e sulle comunicazioni senza filo. Nel 1907 costruì le prime antenne chiuse triangolari, da questi studi sulla dirigibilità delle onde gettò le basi della radiogoniometria: creò il radiodireziometro, così si chiamava il radiogoniometro a lettura diretta che fu realizzato solo dopo la sua morte.
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Artom elaborò anche un piano che, grazie all'uso di antenne direzionali, assicurava la relativa segretezza delle comunicazioni costiere e navali, dando alla marina militare durante la Prima Guerra Mondiale, la possibilità di individuare la posizione delle navi in caso di nebbia e di controllare l'invasione nemica in mare contribuendo alla difesa radiotelegrafica nell’Adriatico. Le antenne radio direzionali sono oggi alla base dei sistemi di telecomunicazione radiofonica e televisiva, di navigazione marittima, aerea e spaziale, di radioastronomia e radarastronomia. Artom s'interessò anche a fenomeni atmosferici, alla protezione dalle scariche (brevettò nel 1920 un tipo di parafulmine radioattivo) e alla formazione e prevenzione della grandine.
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La Villa viene spesso citata anche da uno degli ultimi Artom, Guido (1906/1982), nel suo libro “ I giorni del mondo” : "La sera del pranzo di Pasqua, in famiglia si auguravano a vicenda 'questo altr'anno a Gerusalemme' (...) Ma in realtà ogni volta che Raffaele ritornava al Chiossetto (...) sentiva che la sua terra era quella, che il paesaggio di collina, tagliato dalle anse lente del fiume, era quello in cui avrebbe voluto trascorrere la sua vita, i giorni, le notti". Questo libro racconta dell’emancipazione della comunità ebraica, in parallelo con l’indipendenza dell’Italia e s’intreccia con le vicende della famiglia dello scrittore negli anni del Risorgimento. Oltre alla Villa del Chiossetto, la collina dove si erge fu ricca di eccellenze storiche; Fu la collina del premio
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nobel Rita Levi Montalcini, sfollata qui durante la guerra: la collina della sua giovinezza. Un po’ più in là, risiede la casa a mezza costa dove Manzone dipingeva, dove lui e il grande Guglielminetti si incontravano. Più in alto, ex conventi, poi proprietà di famiglie ebree segnate dai cedri del Libano, come sentinelle che scrutano la valle. Entrare al Chiossetto è come immergersi in diversi capitoli della storia d’Italia. Le emozioni sono tante e la ricchezza intellettuale della casa è tangibile. In ogni stanza risiede qualche cenno del passato pieno di significato storico. Lasciare all’abbandono un tale tesoro è davvero un grande peccato; vale a cancellare una parte del patrimonio culturale italiano.
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È LEGALE L’URBEX? CHIARIAMOLO IN 10 PUNTI
Tratto da www.ascosilasciti.com
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Lo Stato in cui si trova l’immobile. Inteso come la nazione in cui si trova. Ognuna con le sue lingue, le sue culture e soprattutto… le sue regole! Esiste un’enorme differenza di conseguenze legali se la stessa azione viene svolta in Lituania o in Italia. Aldilà delle leggi che possono tutelare e condannare, ricordiamo bene che in alcuni Stati, prima di uscire vincitori da una causa legale e le pubbliche scuse dell’accusa, si rischia di passare da un bel “servizio educativo” della polizia locale. Non sempre negli Stati più monarchici avrete la detenzione assicurata e in quelli più democratici, la certezza di farla franca. Non avendo tempo nè risorse sufficienti per affrontare la questione di ogni singola Nazione, ci concentreremo a sviscerare il, già complesso, codice del nostro Bel Paese.
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Accessi aperti. Mancanza di recinzione, porte spalancate o inesistenti, grosse aperture nei muri perimetrali, insomma tutti i varchi aperti sono “amici dell’urbex”. Tutto cambia se per accedere a un luogo abbandonato, proverete ad aprire porte chiuse o scavalcare muri (la questione cambierebbe anche per ogni metro di altezza dei perimetri…), il che costituisce violazione di domicilio privato. Crearsi entrate con forza o manomettendo recinzioni, è sufficiente invece perchè l’accusa diventi una frizzantissima “effrazione con scasso”. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Lo stato in cui versa l’immobile, ma questa volta intesa come condizione. Finestre rotte, muri crepati, tetti squarciati, muffa e vegetazione incontrollata, porte spalancate, sono tutti segni di chiaro abbandono che potrebbero tutelare l’esploratore. L’attenuante di “immobile in chiaro stato di abbandono” non è da sottovalutare, per quanto non vi sia nulla di codificato. In un’alta percentuale dei casi può però assolvere l’esploratore da accuse di violazione di domicilio.
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Cartelli e avvertimenti. Controllare l’eventuale presenza di cartelli di monito non sarebbe troppo sbagliato (proprietà privata o divieto di accesso). La loro assenza o illeggibilità (magari pioggia e vento hanno fatto arrugginire il ferro dell’affisso o marcire il legno del manifesto) potrebbero comportare buoni sgravi di responsabilità. Insomma, un’ulteriore attenuante, che male non fa’…
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Non toccare nulla. Per chi non lo conoscesse, il comandamento dell’Urbex “prendi solo foto, lascia solo impronte” è un promemoria anche di tutela legale. I souvenir, fosse anche un sasso del muro di un manicomio abbandonato, non sono contemplati come legali.
Strumenti che portate con voi. Conosciamo tutti, o almeno immaginiamo, il rischio di entrare in un edificio abbandonato, potenzialmente abitato da malviventi. Purtroppo no…non basta questo pretesto per portarsi un machete, nemmeno con l’altruistico fine di accettare l’incolto prato della magione. Ma attenzione, anche con un bastone da trekking, o altri strumenti apparentemente innocui, potrebbero scattare l’aggravante di “arma bianca”. Nessuna arma da difesa, all’infuori del cavalletto o di un ramo trovato sul posto, si può….accettare!
Avvisi e permessi. Torniamo al tema clou. Anche a costo di passare come noiosi genitori apprensivi, sconsigliamo sempre di esplorare questi posti. Se proprio doveste sentirne l’irrefrenabile impulso, avvisate le autorità competenti, nel caso di edifici comunali/statali, o i proprietari/ guardiani per ottenere il permesso ad entrare. Anche a costo di creare allarmismi. Oppure rivolgetevi ad alcune associazioni che operano tramite quest’ultimi. Diffidate dalle organizzazioni che si disinteressano della questione legale e vi fanno clandestinamente introdurre in pericolosi edifici abbandonati.
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Anzi, sarebbe meglio prendere solo foto (nel senso di scattarle, ovviamente, non di rubare gli album di famiglia sul comò impolverato) e non lasciare alcuna impronta. Come mai? Udite-udite, per creare il giusto setting alle proprie foto, basta solo spostare gli oggetti e gli arredi, ed essere colti sul fatto, per una bella “accusa di tentato furto”.
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Non scappare e collaborare sempre con le autorità. Se avete seguito i consigli sopra citati, potete sentirvi tranquilli. Motivo per cui, mostratevi per quello che siete e avete fatto. E’ sempre buona norma collaborare enunciando le proprie intenzioni. Così facendo sarete fuori dai guai nel 90% dei casi.
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Rispettare tutti gli 8 punti. La somma delle probabilità di non passare guai seri, che viene fuori rispettando gli 8 punti, vi assolve al 99,9%, parlando dal punto di vista penale. Più complessa diviene la questione civile, che dipende maggiormente dalla volontà del proprietario di volervi eventualmente punire, denunciandovi.
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Incertezza. L’incertezza, purtroppo, rimane l’unica certezza. Tranquilli al 100% non lo sarete mai. Unico modo per sentirvi realmente tutelati è di ascoltare il consiglio enunciato al punto 7. Odiate da molti, poiché danno in pasto alcuni luoghi abbandonati al grande pubblico, queste Associazioni (solo quelle che operano tramite mezzi legali) sono in realtà le uniche a tutelare i luoghi abbandonati in tre modi: si rivolgono ai proprietari ottenendo i permessi di visita; danno visibilità ad alcuni posti altrimenti destinati a marcire nell’indifferenza; scelgono come meta per i loro viaggi solitamente luoghi già devastati dal tempo e dai vandali, per non esporre al turismo di massa gli edifici ancora intatti, accelerandone il declino. Intanto, l’unica certezza è che, come scriveva il romantico François-René de Chateaubriand, tutti gli uomini hanno una segreta attrazione per le rovine. Giroinfoto Magazine nr. 46
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Moncalieri è un comune italiano della Città metropolitana di Torino, in Piemonte, a soli 5 km sud-ovest dal capoluogo piemontese. È il primo comune della città metropolitana per popolazione dopo Torino, nonché il quinto del Piemonte per numero di residenti, superando in questa graduatoria alcuni capoluoghi di provincia della Regione. È considerato un comune d'interesse storico-culturale, sia per la presenza del Castello sabaudo, sia per l'antico appellativo di "Città del Proclama" dal nome del celebre documento che fu episodio del Risorgimento italiano.
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A CURA DI ADRIANA OBERTO
Adriana Oberto Elisabetta Cabiddu Barbara Tonin Fabrizio Rossi
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Alberto Ottaviani Mariella Vola Giancarlo Nitti
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BAND OF GIROINFOTO IN GIRO PER MONCALIERI
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Adriana Oberto Ph
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Nel quadro delle incessanti manovre di supremazia fra il Papato e l'Impero, si fecero largo le Signorie come la Casa Savoia, prima ducale e infine reale. Il Castello, simbolo di Moncalieri e patrimonio UNESCO, nasce come fortificazione a difesa del crocevia di strade, del porto fluviale, del ponte verso Torino e della ricca comunità mercantile e agricola. L'edificio venne via via trasformato, fra il 600 e il 700, in grande residenza alla maniera dei castelli delle Case regnanti di tutta Europa. Fu residenza estiva di Vittorio Emanuele II, primo Re d'Italia. Le vicende storiche, il patrimonio architettonico, la posizione paesaggistica, la collina ricca di ville signorili e giardini di particolare bellezza, la prossimità con Torino - prima capitale d'Italia - hanno fatto di Moncalieri uno dei luoghi più belli dei dintorni. Passeggiando per il centro storico si incontrano l'imponente Castello Reale e la piazza Vittorio Emanuele II, sulla quale si affacciano la gotica chiesa
In effetti la città, ha quasi duemila anni di storia. Nel primitivo insediamento di Testona passarono Romani, Longobardi e Franchi. Le lotte fra le vicine Asti e Chieri per il possesso di traffici e mercati determinarono, dall'inizio del XIII secolo, lo sviluppo dell'abitato fortificato sulle pendici della collina, a sbarramento dell'ansa del fiume Po. Il controllo del passaggio sul ponte era gestito dai Templari.
Fabrizio Rossi Ph
di Santa Maria della Scala (che custodisce le reliquie del patrono, il Beato Bernardo di Baden), il Palazzo Civico e i bei palazzi che appartennero alle famiglie medievali più importanti. Al fondo della piazza, la via Carlo Alberto è chiusa maestosamente dalla facciata neoclassica del Real Collegio, inaugurato dal Re Carlo Alberto nel 1838. Si possono quindi percorrere le vie del nucleo urbano più antico, apprezzando le eleganti facciate dei palazzi aristocratici, le chiese, i conventi, i cortili, gli stretti vicoli, i portici, scoprendo testimonianze che vanno dal gotico al rinascimento e al barocco. I percorsi panoramici sulla collina, giungendo sino alla località di Revigliasco e al Colle della Maddalena, svelano scorci e paesaggi indimenticabili sui colli e sull'intera linea delle vette alpine. Nel 2016 l'intero territorio CollinaPo ha ottenuto il riconoscimento Riserva della Biosfera MAB UNESCO.
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MONCALIERI IL CASTELLO SABAUDO Il castello reale, che domina dall'alto la città di Moncalieri, è testimonianza storica e documento delle diverse fasi costruttive che, anno dopo anno, ne hanno modificato l'aspetto. Basti pensare alla imperiosa facciata tra i due torrioni quadrangolari barocchi al cui centro sono state incorporate le due torri medievali rotonde. Il Castello Reale è una delle Residenze Sabaude del Piemonte che sono iscritte dal 1997 nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, in quella che viene definita la "Corona di Delizie", destinata allo svago e alla caccia. Il castello fa quindi parte di un circuito culturale, storico, architettonico e ambientale unico, che ha un valore universale eccezionale e che merita la tutela a beneficio di tutta l'umanità. Oggi il castello reale è in parte sede del I° Reggimento Carabinieri "Piemonte". La parte rimanente fa parte di un percorso museale che è purtroppo chiuso dal’inizio dell’anno. E’ grazie al I° Reggimento Carabinieri “Piemonte” che è attualmente possibile accedere a parte delle aree da loro occupate.
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MONCALIERI PIAZZA MAGGIORE Le fondazioni originarie sono di natura difensiva per la posizione dominante dall'alto di un colle. Fin dall'epoca medievale vi era una roccaforte presso la quale trovarono rifugio le genti di Testona quando, a causa delle lotte tra Asti e Chieri, le loro case furono rovinate. Nel 1277 Tommaso III di Savoia, detto Tommasino, fece costruire una torre e una porta merlata. Nella seconda metà del Quattrocento Jolanda di Valois ordinò la costruzione di ben quattro torrioni circolari poi inglobati nei successivi rifacimenti. Dopo la pace di Cateau Cambresis nel 1559, riparati i danni causati dalle lotte tra Carlo V di Spagna e Francesco I di Francia, la prima Madama Reale trasformò l'antica fortezza in dimora regale arricchendo altresì il parco di circa duecento alberi.
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Le sale interne, fastosamente arredate, divennero la sede di continue grandiose feste. Da allora i lavori di abbellimento furono continui e il castello si impreziosì di capolavori d'arte e di mobili preziosi.
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MONCALIERI IL CASTELLO SABAUDO La presenza di architetti di grande valore da Castellamonte a Benedetto Alfieri fino al messinese Francesco Martinez nel 1775 finì col coinvolgere anche la struttura abitativa circostante con edifici di pregio. Durante la dominazione francese del 1798 il castello fu usato anche come ospedale e carcere. Con la restaurazione la vita all'interno del castello riprese e l'edificio passò di nuovo ai Savoia. In epoca fascista divenne sede dei rappresentanti gerarchi e poi dei nazisti; fu infine usato come rifugio per gli sfollati rimasti senza dimora. Dal 1948 il castello è sede del I° Reggimento "Piemonte" dell'Arma dei Carabinieri. Gli appartamenti reali sono stati restaurati e aperti al pubblico nel 1991. Il 5 aprile del 2008 il torrione sud est del Castello è stato colpito da un violento incendio che ha reso necessaria la chiusura del percorso di visita e un nuovo ciclo di restauri. Adriana Oberto Photography
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Dall' 11 novembre 2017, terminati i restauri per il recupero degli ambienti, il Castello è stato nuovamente visitabile dino alla fine del 2018.
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MONCALIERI PIAZZA MAGGIORE L'antica Piazza Maggiore, oggi piazza Vittorio Emanuele II, su cui si affacciano le dimore delle più importanti famiglie nobili, è stata più volte allargata fino all'attuale dimensione, che risale al 1629; poco dopo Moncalieri acquisì il titolo di città e lo stemma con lo scudo sabaudo. L'acciottolato è del 1825, mentre la guida in pietra è del 1898. La piazza è porticata su tre lati a partire da fine del Settecento, seguendo l'esempio del Palazzo del Comune, già della famiglia Duch e ristrutturato a portici nel 1788, quando davanti alle sue quattro arcate viene collocata la statua del Nettuno, detto il Saturnio, posta sull'antico pozzo pubblico, ora fontana. Risale al 1888, per mano dell'architetto Enrico Mottura, l'attuale sistemazione sia interna che esterna del palazzo comunale. Adriana Oberto Photography
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Il lato sinistro della piazza, le cui facciate rivelano antiche costruzioni medioevali, termina con la Chiesa di San Francesco. Sul lato destro della piazza, dopo il palazzotto della banca CRT, edificato nel 1936-'37 su una curiosa casa a colonne, l'ottocentesco albergo "Casa delle bambole", si succedono alcuni palazzi quasi unificati dai portici scalari, tra cui l'interessante Palazzo Arduino (al n. 7), con la bella meridiana che campeggia sulla facciata, fino all'imponente Palazzo Duch, costruito su un precedente edificio medievale, nel corso del '500, per il banchiere Duch e poi rimaneggiato nei secoli. Importante la sistemazione settecentesca, con i portici in muratura al posto di quelli lignei e l'apertura del grande cortile porticato; l'edificio, di recente restaurato, costituisce il punto di maggior attrazione della piazza, insieme con la Collegiata di Santa Maria della Scala.
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MONCALIERI COLLEGIATA SANTA MARIA DELLA SCALA Il monumento dall'imponente facciata rimaneggiata nel XIX secolo con l'inserimento del rosone e della balaustra, è stato costruito in stile romano-gotico nella prima metà del Trecento e successivamente stato modificato più volte nei secoli all'interno, dove era ricoperto d'affreschi. La Collegiata è caratterizzata da tre navate con absidi terminali; la quarta navata fu opera di un successivo inserimento di cappelle sepolcrali di nobili famiglie. Un recente restauro ha ripristinato la struttura originaria, con le navate divise da pilastri a fascio e coperta da volte a crociera.
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Numerose sono le opere d'arte, quali lo splendido Compianto sul Cristo morto, gruppo di statue in arenaria dipinta del XV secolo, gli stalli lignei del coro, opera di G. Antonio Riva (1749), le quattro storie della Vita della Vergine, realizzate dal Milocco, l'Assunzione della Vergine di C. F. Beaumont e G. D. Molinari (1766), la Madonna col Bimbo e Santi del Moncalvo, l'assorta Maria Clotilde di Savoia in preghiera, opera scultorea di Pietro Canonica (1912).
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BAND OF GIROINFOTO La community dei fotonauti Giroinfoto.com project
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Progetto editoriale indipendente che si fonda sul concetto di aggregazione e di sviluppo dell’attività foto-giornalistica. Giroinfoto Magazine nr. 46
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COME FUNZIONA Il magazine promuove l’identità territoriale delle locations trattate, attraverso un progetto finalizzato a coinvolgere chi è appassionato di fotografia con particolare attenzione all’aspetto caratteristico-territoriale, alla storia e al messaggio sociale. Da un’analisi delle aree geografiche, si individueranno i punti di forza e di unicità del patrimonio territoriale su cui si andranno a concentrare le numerose attività di location scouting, con riprese fotografiche in ogni stile e l’acquisizione delle informazioni necessarie per descrivere i luoghi. Ogni attività avrà infine uno sviluppo editoriale, con la raccolta del materiale acquisito editandolo in articoli per la successiva pubblicazione sulla rivista. Oltre alla valorizzazione del territorio e la conseguente promozione editoriale, il progetto “Band of giroinfoto” offre una funzione importantissima, cioè quella aggregante, costituendo gruppi uniti dalla passione fotografica e creando nuove conoscenze con le quali si potranno condividere esperienze professionali e sociali. Il progetto, inoltre, verrà gestito con un’ottica orientata al concetto di fotografia professionale come strumento utile a chi desidera imparare od evolversi nelle tecniche fotografiche, prevedendo la presenza di fotografi professionisti nel settore della scout location.
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CHI PUÒ PARTECIPARE
Davvero Tutti. Chiunque abbia la voglia di mettersi in gioco in un progetto di interesse culturale e condividere esperienze. I partecipanti non hanno età, può aderire anche chi non possiede attrezzatura professionale o semi-professionale. Partecipare è semplice: Invia a events@giroinfoto.com una mail con una fototessera, i dati anagrafici, il numero di telefono mobile e il grado di preparazione in fotografia. L’organizzazione sarà felice di accoglierti.
PIANIFICAZIONE DEGLI INCONTRI PUBBLICAZIONE ARTICOLI Con il tuo numero di telefono parteciperai ad uno dei gruppi Watsapp, Ad ogni incontro si affronterà una tematica diversa utilizzando diverse dove gli incontri verranno comunicati con minimo dieci giorni di anticipo, tecniche di ripresa. tranne ovviamente le spedizioni complesse in Italia e all’estero. Tutto il materiale acquisito dai partecipanti, comprese le informazioni sui Gli incontri ufficiali avranno cadenza di circa uno al mese. luoghi e i testi redatti, comporranno uno o più articoli che verranno pubbliGli appuntamenti potranno variare di tematica secondo le esigenze cati sulla rivista menzionando gli autori nel rispetto del copyright. editoriali aderendo alle linee guida dei diversi progetti in corso come per esempio Street and Food, dove si andranno ad affrontare le tradizioni La pubblicazione avverrà anche mediante i canali web e socialnetwork gastronomiche nei contesti territoriali o Torino Stories, dove racconteremolegati al brand Giroinfoto magazine. le location di torino e provincia sotto un’ottica fotografia e culturale.
SEDE OPERATIVA La sede delle attività dei working group di Band of Giroinfoto, si trova a Torino. Per questo motivo la stragrande maggioranza degli incontri avranno origine nella città e nel circondario. Fatta eccezione delle spedizioni all’estero e altre attività su tutto il territorio italiano, ove sarà possibile organizzare e coordinare le partecipazioni da ogni posizione geografica, sarà preferibile accettare nei gruppi, persone che risiedono in provincia di Torino. Nel gruppo sono già presenti membri che appartengono ad altre regioni e che partecipano regolarmente alle attività di gruppo, per questo non negheremo la possibilità a coloro che sono fermamente interessati al progetto di partecipare, alla condizione di avere almeno una presenza ogni 6 mesi.
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Bellinzona NON SOLO CASTELLI a cura di Sergio Agrò e Stefano Scavino
A pochi giorni dalla nascita di Giroinfoto Milano, ci siamo subito organizzati per un'uscita fotografica del neo gruppo. L'uscita numero Zero doveva essere qualcosa di originale e in men che non si dica abbiamo organizzato un tour speciale vicino Bellinzona. Quest'anno è il "Cinquecentenario Leonardesco", avevo sentito parlare di una copia davvero incredibile dell'"Ultima Cena" vicino Bellinzona, a questo abbiamo unito il famoso ponte tibetano di Carasc ed ecco servita la nostra uscita numero Zero di Giroinfoto Milano.
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La copia dell'"Ultima Cena" si trova presso la chiesa di Sant'Ambrogio in un paesino fuori Bellinzona. Trovarla non è stato difficile. Questa copia è stata dipinta intorno all'anno 1550 quindi poco dopo la copia originale di Leonardo. E' stata attribuita ad un anonimo leonardesco della bottega di Bernardino Luini. Dalla precisione dei soggetti dipinti e dai particolari che si possono osservare, di sicuro sono stati utilizzati i disegni originali del Maestro. Avevo visto diverse volte la copia di Leonardo ed anche in questa si resta fermi in silenzio ad osservarla con stupore. Non solo per la dimensione del dipinto ma soprattutto sono i colori accesi e vivaci che ci colpiscono. Le tecniche delle due opere sono decisamente diverse e ci si chiede perché Leonardo abbia utilizzato quella tecnica mista, qui si notano i particolari: quelli che ti aspetti e quelli con non ti aspetti di vedere. Il primo tra tutti sono i piedi del Cristo, che nella copia originale sono stati distrutti per far posto ad una porta (no comment).
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Si notano gli oggetti e il cibo sulla tavola, altro particolare che in questo dipinto di possono osservare sono i nodi alla tovaglia, in realtà è la firma di Leonardo da Vinci. Ma il particolare che non ti aspetti di vedere è nella figura femminile accanto al Cristo. Femminile perchè ha un particolare che nella copia originale non è più visibile e che qui si nota benissimo: parliamo di un indumento intimo, è l'unica figura nel dipinto ad indossarlo, tale indumento era già noto a quei tempi. Allora la domanda è: chi è quella persona rappresentata? È davvero Giovanni? Se Giuda a quei tempi non era degno di essere raffigurato e di questo ne parleremo anche più avanti in un altro dipinto, allora chi è la persona accanto a Gesù? Con questo dubbio ma soprattutto con tanta meraviglia continuiamo il nostro tour fotografico.
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Stefano Scavino Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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Michela e Stefano ci accompagnano a vivere un’avventura davvero emozionante: il ponte tibetano di Caracs. Un’esperienza decisamente adrenalinica e in grado di far vivere un'esperienza speciale. Di seguito ci raccontano come raggiungerlo e ci daranno preziosi consigli. Lascio loro la parola... "Questa estate siamo stati a Bellinzona ma non per scoprire la città e i suoi bellissimi castelli bensì per un sentiero a pochi chilometri dalla città che offre un passaggio mozzafiato su un ponte tibetano, il ponte tibetano Carasc, che collega i comuni di Monte Carasso (300 m slm) e Sementina (273 m slm). Si tratta di un percorso immerso nella natura, completamente gratuito ed accessibile come qualsiasi altro sentiero di montagna, ma in grado di regalare un pizzico di brivido e adrenalina con scorci fotografici veramente interessanti. Il ponte tibetano di Bellinzona è un ponte sospeso lungo 270 m e posto ad un’altezza di 130 m dal fondovalle, che consente di attraversare l’impervia Valle di Sementina, la valle che divide i territori montani dei comuni di Monte Carasso e di Sementina, zone ricche di presenze storiche, enogastronomiche e naturali.
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Esistono 3 possibilità per raggiungere il ponte: La prima è la più “comoda” che permette di percorrere meno strada grazie alla funivia che da Monte Carasso porta a Mornera passando da Curzùtt (consiglio di prenotare la salita) il sentiero parte da Curzùtt, prosegue verso il ponte tibetano, prosegue poi con l’attraversamento del ponte stesso verso il comune di Sementina e per poi terminare di nuovo a Monte Carasso. La seconda consiste nel prendere un bus navetta: in funzione da aprile a fine ottobre con partenza e arrivo a Monte Carasso, il punto di partenza è presso l'Infopoint in Via el Cunvént 3. Partenze ogni 45 minuti. All'Infopoint di Monte Carasso si trova la biglietteria sia per il bus navetta, sia per la funivia di Mornera. La terza possibilità è anche la più faticosa che consiste nel percorrere l’intero percorso a piedi, percorrendo un anello che parte da Monte Carasso e torna a Monte Carasso oppure da Sementina e torna a Sementina. Il sentiero è della durata di circa 3 ore e mezza/quattro.
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Dopo aver attraversato il ponte a circa a metà discesa non perdetevi la chiesa romanica di San Bernardo della fine dell’XI secolo. La chiesa dedicata a San Bernardo, patrono degli alpinisti e celebre per aver dato il nome al passo anche alla famosissima razza canina. La struttura della chiesa è il pregevole risultato di numerose modifiche ed ampliamenti avvenuti nel corso dei secoli. L'ala più antica è quella centrale e risale al XI, XII secolo: l'ingresso avveniva dalla piccola porta sul fianco dove, all'esterno è ben visibile una rappresentazione di San Cristoforo. Una volta entrati ci si ritrova immersi in un esplosione di colori ,gli affreschi realizzati nel corso dei secoli occupano quasi interamente tutte le superfici dell'edificio e sono una fenomenale rappresentazione di storia dell'arte religiosa passando dalla pittura Medioevale (Madonna del Latte e san Cristoforo risalenti al trecento) fino al gusto barocco degli ultimi interventi (il coro con la bella Crocefissione e la rappresentazione degli Evangelisti e dei Dottori della chiesa).
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I santi rappresentati con la classica iconografia, sono numerosissimi, molto interessante è l'ultima Cena, attribuita a Cristoforo da Seregno, con gli Apostoli indicati in caratteri gotici e la tavolata ricca di particolari insoliti per una cena ebraica. Molte sono le particolarità discordanti: in centro alla tavola spicca un maialino arrosto che è cibo proibito, i gamberi di fiume che per l'ebraismo rappresentano Giuda, le ciliegie il sangue di Gesù sulla croce. L'artista non era pazzo mettendo sia i gamberi che il maiale entrambi proibiti per il popolo ebraico ha voluto rappresentare la Pace tra le religione ebraica e quella cattolica. Osservando le figure si notano 11 apostoli con i sandali ai piedi ed una figura scalza in ginocchio difronte alla tavola raffigurante Giuda, in questo dipinto è evidente come l'apostolo Giuda non era degno di poter sedere al tavolo con Gesù e gli altri Apostoli, tanto che la figura di Giuda risulta essere stata rovinata volutamente dai fedeli della Chiesa.
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Stefano Scavino Photography Barbara Lamboley Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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Nel proseguire la visita, la guida locale ci ha spiegato che visto lo spostamento degli abitanti di Curzùtt verso valle, la chiesa fu dimenticata e per parecchi anni divenne una stalla. Durante il restauro, coperti da uno strato di umidità e sporcizia, iniziarono a comparire gli affreschi, si decise per un restauro conservativo, furono consolidate le pareti e la chiesa ed inizio' letteralmente ad asciugarsi. Proprio grazie al turismo portato dal ponte tibetano ora la chiesa è aperta sempre più spesso e prendendo aria tutti i colori, essendo pigmenti naturali e preziosi stanno tornando ad i colori originali proprio come è successo anche per la cappella degli scrovegni a Padova. Un esempio tra tutti è la rappresentazione della piccola cappella di S.Nicola in cui ora stanno riapparendo le stelle in foglia d'oro che solo l'anno scorso non erano visibili, ed il cielo dipinto con polvere di lapislazzuli sta tornando al suo splendore originale. Davvero incredibile! Proseguendo per pochi minuti dalla chiesa si trova poi l’antico Borgo di Curzùtt un pittoresco nucleo dell’antico comune di Monte Carasso a quota circa 600 m slm con case di sasso, orti e terrazzamenti. Qui si trovano anche un ostello e un ristorante. Per percorrere il sentiero consigliamo vivamente scarpe da trekking e una borraccia da caricare d’acqua alle varie fontanelle presenti lungo il percorso." Sinceramente dopo una giornata così, la stanchezza inizia a farsi sentire, ma siamo tutti contenti che la Natura e la Cultura hanno fatto da sfondo a questa uscita fotografica numero Zero di Giroinfoto Milano. Stefano Scavino Photography
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SUL CAICCO TRA TURCHIA E GRECIA A cura di Maddalena Bitelli
CHE COSA SONO I CAICCHI? Il Caicco, imbarcazione di origine turca, era un tempo utilizzato per la pesca e il trasporto di merci. Oggi i caicchi si sono trasformati in piccoli “hotel galleggianti” con ogni comodità. Hanno uno scafo totalmente in legno di mogano, navigano principalmente a motore ma possono navigare anche a vela. Esistono tre tipologie di caicco: i Gulet, i più diffusi; gli Aynakic, di dimensioni più grosse che permettono di ospitare un maggior numero di passeggeri; infine, vi sono i Tirhandil, che rappresentano la tipologia più vicina ai caicchi di un tempo e possono ospitare fino a 10 persone. Tutti i caicchi possiedono cabine doppie per i passeggeri, con bagno privato e aria condizionata.
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La giornata tipo in un viaggio sul Caicco è scandita dai pasti a bordo condivisi con gli altri passeggeri (colazione, pranzo e cena), rigorosamente a base di cibi e pesce freschissimi. Nell’arco della giornata si alternano momenti di navigazione per raggiungere le diverse tappe, momenti di esplorazione del territorio in cui si approda e bagni in spiagge e calette cercate appositamente dal capitano. Vi sono diverse tipologie di viaggio, che variano per durata, destinazioni e tipologia dell’imbarcazione. Due anni fa, io e la mia famiglia abbiamo scelto le isole del Dodecaneso Sud (Kos, Nysiros, Rodi, Symi e Knidos), con partenza da Bodrum (Turchia).
Kos
Bodrum Symi
Nysiros
Knidos
Rodi
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BODRUM Bodrum, anticamente Alicarnasso, in greco Αλικαρνασσός, è una città della Turchia che si affaccia sul Mar Egeo, a ridosso delle isole greche. Fu fondata intorno al 900 a. C. dai Dori e divenne presto un importante centro commerciale, grazie alla posizione strategica del suo porto e alla fertilità della regione. Nel 540 a. C. cadde sotto il dominio dei Persiani e del re Mausolo, che dotò la città di porti, templi e mura e la fece diventare una delle più grandi città del mondo di allora. Venne poi conquistata e distrutta dall’esercito macedone guidato da Alessandro Magno, cui seguirono dal II secolo a. C. la dominazione Romana, la conquista da parte dei turchi nel 1071 d. C. e la riconquista da parte dell’esercito cristiano durante le crociate. In quel periodo il castello venne dedicato a San Pietro e denominato in greco “Petronium”. Infine, nel 1522, la città venne conquistata da Solimano il Magnifico e dagli Ottomani, che cominciarono a chiamarla con il nome del castello; tuttavia, le difficoltà di pronuncia fecero sì che il nome originario “Petronium” si trasformasse con il tempo in “Bodrum”. I simboli di Bodrum sono le case bianche e i mulini a vento. Resti degli antichi mulini a vento, visibili anche dal mare, si trovano in cima alla collina di Gumbet; tale collina è uno dei principali punti di interesse turistico per il suggestivo panorama sulla baia di Salmakis che offre. Un altro simbolo della città è il
Castello di San Pietro, costruito intorno alla metà del 1400 dai Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme. Entrando dalla porta principale, presso cui sono state costruite delle statue che rappresentano i personaggi principali della città (es. Mausolo), ci si ritrova in un giardino al cui centro è situata la cappella del castello, composta da una navata e l’abside; oggi al suo interno si trova un modello in scala della poppa di una nave tardo-romana, dove i visitatori possono stare al timone, passeggiare sui ponti e scendere sotto-coperta dove veniva trasportato il carico di anfore da vino. Seguendo il percorso, si giunge alle torri del castello: la Torre Francese con la Sala della Principessa di Caria, la Torre Inglese e la Torre Gatineu. Da quest’ultima si scende alle prigioni sotterranee, sulla cui porta spicca la scritta “Inde Deus abest” (“Qui Dio non esiste”), per indicare l’utilizzo del luogo per l’isolamento e la tortura dei prigionieri. A Bodrum non può mancare la visita delle rovine del Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo antico, la Giroinfoto Magazine nr. 46
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tomba monumentale che Artemisia fece costruire per il marito e fratello Mausolo intorno al 350 a. C. Ad oggi si può solamente immaginare la grandezza e la magnificenza del Mausoleo, grazie anche alle descrizioni degli scrittori del tempo come ad esempio quella di Plinio il Vecchio; in tale testo la tomba viene descritta come alta circa 42 metri, con un perimetro di circa 130 metri circondato da colonne e chiamato pteron, sui cui si innalzava una piramide in cima alla quale vi era una quadriga di marmo scolpita e che oggi è conservata al British Museum di Londra.
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Asclepieion Asclepio era il Dio greco della medicina e della guarigione, figlio di Apollo. Asclepieion (Askσκληπιεῖον) è il principale sito archeologico di Kos, un santuario costruito intorno al II secolo a. C. e costituito da porticati, diversi templi, colonnati e altari su tre livelli, collegati tra loro da scalinate. Appena entrati, sulla sinistra, si possono ammirare le antiche terme romane; successivamente, nel corso della visita, si incontrano i resti del tempio ionico, le colonne del tempietto corinzio e all’ultimo livello l’altare del tempio principale in stile dorico. Alcune di queste strutture avevano una funzione religiosa, altre invece venivano utilizzate in ambito medico per la cura dei pazienti. La storia, in particolare, narra che le cure mediche venivano eseguite seguendo le indicazioni dei pazienti ai quali era apparso Asclepio in sogno. La magia del luogo è data anche dal meraviglioso panorama che si stende sotto gli occhi dei visitatori una volta arrivati nel punto più alto.
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NYSIROS L’isola di Nysiros è una piccola isola rotonda (8 km di diametro) a pochi chilometri da Kos. Di origine vulcanica, si è formata a causa di eruzioni avvenute negli ultimi 150.000 anni. Il vulcano di Nysiros è il “più giovane vulcano dell’Egeo”: la caldera ha solamente quindicimila anni e al suo interno si trovano sei crateri principali, oltre a svariati sfiatatoi da cui esce vapore caldo (tra i 100° e i 200°), per cui è consigliato visitarla con scarpe sportive e robuste. Dopo la visita alla caldera, merita una sosta il villaggio di Nikia, con le sue case bianche con porte e finestre colorate, da cui si gode di una splendida vista panoramica sul vulcano.
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RODI Rodi è la più grande tra le isole del Dodecaneso, conosciuta anche come “Isola delle Rose”. Se si arriva dal mare e si vuole fare un giro alla scoperta delle spiagge più belle, consiglio di noleggiare un’auto o uno scooter. Il mare a Rodi è stupendo e cristallino, da Nord a Sud. Diversamente da altre città greche, la città di Rodi è conosciuta anche per la sua struttura medievale, eredità della dominazione dei Cavalieri di San Giovanni che abitarono l’isola dal 1309 al 1522 e della dominazione italiana nella prima metà del Novecento. All’interno delle mura, la città si suddivide in una zona residenziale, dove si trovava la fortezza e in una zona commerciale. Di grande impatto la Via dei Cavalieri che attraversa la città, una lunga strada ciottolata in stile tardo-gotico sulla quale si affacciavano gli Ostelli delle Lingue, le diverse residenze dove i cavalieri si ritrovavano, divisi per nazionalità. Per la sua particolare bellezza, la Città Vecchia di Rodi è stata dichiarata Patrimonio Culturale dell’Umanità dall’UNESCO.
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SYMI Symi si trova nella parte meridionale dell’arcipelago del Dodecaneso, a soli 5 chilometri dalla Turchia. È famosa per essere il luogo di nascita delle Tre Grazie. La città principale, Symi, è divisa in due parti: la zona del porto, Gialos, e la zona alta, Chorio. Il porto di Gialos si trova all’interno di una baia; particolari le case in stile neoclassico dipinte con colori pastello e la torre dell’orologio del 1800, situata nel punto nord da cui arrivano le navi. Merita una passeggiata sulla collina di Chorio, per poter ammirare il paesaggio sulla baia al tramonto.
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KNYDOS Le rovine di Knidos si trovano sulla punta estrema della penisola di Datca e si possono raggiungere via mare. Il visitatore rimane ammaliato dal teatro greco situato in riva al mare; nei pressi del teatro è possibile visitare anche i resti del tempio di Dioniso. Se avete organizzato una vacanza in caicco e siete nella baia di Knidos, consiglio di passare la notte sul ponte dell’imbarcazione: la lontananza dalle città , le poche luci e il silenzio vi regaleranno uno spettacolo celeste mozzafiato.
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TORRE GRIMALDINA E LE CARCERI
Genova, una città dai tanti segreti. Cosa nasconde la Torre Grimaldina nel pieno centro genovese? Siamo a Palazzo Ducale in Piazza De Ferrari e la Torre svetta sopra di noi, invitandoci a scoprirne i segreti. In alto sventola lo stendardo della città di Genova, la Croce di San Giorgio. Raggiungiamo il suo ingresso entrando a Palazzo Ducale e ci dirigiamo alla sinistra del porticato. Si può salire in ascensore oppure percorrere a piedi il camminamento quasi elicoidale che ci porta in alto sulla terrazza. Da questa la si può ammirare più da vicino, stagliata contro il cielo della città. Una vista “sotto sopra” come si suol dire. Monica Gotta Photography
Capo servizio, Monica Gotta - Fotografi, Monica Gotta, Stefano Zec e Sara Morgia
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Stefano Zec Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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Sara Morgia Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
GENOVA - LA TORRE E LE CARCERI
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GENOVA LA SUPERBA Scegliamo l’ascensore e percorriamo l’ultimo tratto per arrivare all’ingresso delle carceri. Prima di accedere ai locali delle carceri e alle celle, si deve indossare un elmetto giallo in stile “cantiere”. Si rivelerà estremamente utile in quanto i soffitti e i passaggi attraverso le celle sono molto bassi e scontrare la testa contro una volta è decisamente facile… ed è accaduto! Senza contare macchina fotografica e cavalletto ai quali si deve prestare altrettanta attenzione negli angusti passaggi. Nel locale dove vengono consegnati gli elmetti, un locale con travi di legno che è anche l’accesso all’inizio della visita, si può assistere ad una presentazione video, proiettata su un muro della Torre che racconta la storia di Genova. Le carceri furono inaugurate a Marzo 2008 con un nuovo allestimento della Torre e delle carceri stesse. La Torre apparteneva al Palazzo di Alberto Fieschi che fu acquistato alla fine del 1200 dalla Repubblica di Genova e qui furono insediate le magistrature principali del governo. Quindi possiamo affermare che questi muri racchiudono realmente la storia della città.
Stefano Zec Photography
Monica Gotta Photography
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GENOVA - LA TORRE E LE CARCERI
Cenni storici
GENOVA LA SUPERBA La Torre e le carceri si possono visitare in autonomia oppure godere di una visita guidata, per scoprire le tracce dell’età medievale e una narrazione secolare, un percorso tra arte e storia. Naturalmente, oltre alla storia, non mancano certo leggende, aneddoti, racconti e curiosità su Palazzo Ducale e la Torre Grimaldina tra cui storie di fantasmi! Le potrete leggere in un libro che raccoglie queste suggestive storie dove si raccontano non solo le leggende millenarie che da sempre accompagnano la storia ufficiale di Genova, ma anche quelle metropolitane.
Palazzo Ducale è stato completamente restaurato a cura dell'architetto genovese Giovanni Spalla. In questa fase sono state valorizzate le basi architettoniche del ‘500. Un esempio di questo è l'atrio voltato e il prospetto su Piazza De Ferrari. Terminato il restauro Palazzo Ducale è stato aperto al pubblico per ospitare eventi e mostre essendo adibito a location museale e palazzo della cultura. Il palazzo nacque dal raggruppamento di alcuni edifici medievali. Si ingrandì nel corso dei secoli con la costruzione di nuove parti fino ad arrivare ad un’estensione di 35.000 metri quadrati. Le diverse facciate e gli stili eterogenei testimoniano questa graduale crescita fino ai giorni nostri. La sua posizione, al limitare del centro storico, lo mette in evidenza, come se fosse una porta che apre l’accesso ad altre curiosità. Due sono gli ingressi: l'ingresso principale su Piazza Matteotti con la sua facciata neoclassica e l’ingresso su Piazza De Ferrari. Due dei palazzi medievali connessi a Palazzo Ducale sono quelli adiacenti a Salita dell’Arcivescovado, ossia il Palazzo degli Abati e il palazzo di Alberto Fieschi con annessa la Torre Grimaldina. Da questo lato tra Salita dell’Arcivescovado e Via Tommaso Reggio sono visibili due ponti sospesi. Questi avevano la funzione di connettere gli appartamenti del doge a Palazzo Ducale con il Palazzetto Criminale e con la cattedrale. In questo modo il doge e altri funzionari del palazzo potevano spostarsi senza aver bisogno di scendere in strada. Palazzetto Criminale ha recentemente ospitato i rolli originali, esposti al pubblico per la prima volta durante i Rolli Days di Ottobre 2017. Chiamata nel Trecento “Torre del Popolo”, la Torre Grimaldina, si innalza al di sopra della Loggia degli Abati.
Sara Morgia Photography
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Simbolo tangibile del potere politico, la sua datazione precisa è incerta. Ristrutturata all’inizio del XX secolo potrebbe risalire ad un’epoca compresa tra la fine del 1200 e inizio 1300.
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Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 46
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GENOVA LA SUPERBA Altre ipotesi la farebbero risalire all’antica cinta muraria del X secolo. Probabilmente la torre faceva già parte di Palazzo Fieschi e il suo nome, Grimaldina, potrebbe derivare dal nome di una delle celle che si trovavano al suo interno.
A questi due livelli si apre una quadrifora, una finestra divisa verticalmente in quattro aperture divise da colonnine o piccoli pilastri. Al quarto piano, in mattoni a vista come i successivi, troviamo una trifora, una finestra divisa in tre aperture con le stesse caratteristiche della precedente.
La torre conta sette piani, i primi quattro compresi in Palazzo Fieschi mentre i tre superiori si innalzano al di sopra del palazzo. Il primo piano presenta il bugnato, una lavorazione muraria caratterizzata da blocchi di pietra sovrapposti e in file sfalsate.
A partire dalla metà del quinto piano, sul quale si apre una monofora – una finestra sormontata da un arco con una singola e stretta apertura, la torre si staglia libera dalla struttura del palazzo.
Questa lavorazione pare fosse di origine funzionale, dedita allo sgocciolamento dell’acqua piovana. Il secondo piano e quello superiore mostrano lo stesso motivo con una decorazione a strisce bianche e nere.
Il sesto piano, mostra una grande monofora da un lato e sugli altri tre lati una bifora, coronato da tre serie di archetti pensili, elemento architettonico con file di archi ciechi. Fin dal Medioevo l'ultimo piano della torre ospitava una cella campanaria e l’ultima fu fusa durante la seconda guerra mondiale. Nel 1980 fu installata una nuova campana.
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GENOVA - LA TORRE E LE CARCERI
GENOVA LA SUPERBA
La torre Grimaldina e le carceri Costruita in pietra di colore rosso mattone, si distingue in modo evidente dall’attuale architettura di Palazzo Ducale. Attira l’attenzione di chi guarda in su, antica contro un palazzo ristrutturato per le Colombiadi del 1992 in modo sapiente e con la massima cura verso la conservazione dell’originale. Sulla base delle antiche mura carolingie che risalgono al IX secolo d.C. è stata costruita una parte della Torre Grimaldina. A Genova c’era sempre poco spazio e quindi si costruiva sempre sull’esistente. I piani superiori e i locali adiacenti furono utilizzati come carceri dai tempi della Repubblica fino alla Resistenza durante la seconda guerra mondiale, attive fino al 1930. Un episodio del 1435 fa ipotizzare che a quel tempo esistesse già una cella detta Grimaldina, da cui prese poi il nome l'intera torre.
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Si narra che ciò deriverebbe dalla battaglia di Ponza e pare che, nell'elenco dei prigionieri condotti a Genova da destinare a diverse carceri, accanto ad alcuni nomi fu indicata la lettera G che potrebbe significare appunto Grimaldina. Pare che queste fossero tra le carceri più temute di quei tempi, dove i reclusi vivevano in condizioni estreme. Solo pochi sono sopravvissuti e solo uno – si dice – è riuscito a scappare, calandosi con una corda. Le carceri erano infatti “blindate” da griglie antievasione, sia i muri che la pavimentazione. Alle celle di detenzione furono dati nomi stravaganti come Paradiso, Superbia, Luna, Strega, Volpe ed altri la di cui provenienza resta velata di mistero. Le carceri occupavano parte del sottotetto al di sopra dell'appartamento del Doge. Questo faceva sì che le celle fossero meno umide di quelle solitamente collocate nei piani più bassi, ma erano più soggette alle intemperie e ai rigori del clima. Le celle sopra l'appartamento dogale erano piccole e buie, provviste di doppie porte e con spesse grate in ferro inserite all'interno dei muri e dei pavimenti, per impedire ogni tentativo di fuga.
Queste celle erano destinate ai prigionieri comuni o politici. Il piano superiore del pontino aereo dell'appartamento del Doge permetteva di mettere
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in contatto direttamente le carceri con il vicino Palazzetto Criminale. Le celle situate nella torre, più grandi e luminose, erano destinate ai detenuti provenienti da famiglie importanti o a nemici stranieri trattenuti in attesa di un riscatto. I prigionieri spesso lasciavano sui muri delle celle scritte o disegni a testimonianza delle proprie pene. Nella cosiddetta "cella degli artisti", nella torre, sono presenti disegni di vari soggetti come navi da guerra, soldati, dame e cavalieri e una mongolfiera. Tra i prigionieri illustri delle carceri è possibile ricordare un corsaro ottomano, un doge e il nobile genovese Domenico Dalla Chiesa, imprigionato per volere del fratello senatore e famoso per essere riuscito a
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fuggire raggiungendo la cella campanaria e poi calandosi sulla terrazza sottostante grazie alla bandiera situata in cima alla torre. Molti altri seguirono accusati di diversi crimini, dal complotto contro Genova, alla lesa maestà e omicidio. Ricordiamo, per strappare un moto di stupore, il musicista Nicolò Paganini che su accusato di aver sedotto una ragazza! Alcune celle sono anguste e scarsamente illuminate. Non è semplice muoversi all’interno delle celle specie se si è di statura medio-alta. Altre e la cella degli artisti, di metratura più ampia, sono invece illuminate dalla luce del giorno e di più facile accesso. Restiamo un pò titubanti per quanto riguarda l’ultimo tratto, la parte superiore
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che dovrebbe permettere l’accesso al terrazzo sul tetto.
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Ne è vietato l’accesso, la scala di legno, stretta e ripida, non invita a tentare l’arrampicata, anche ai più temerari! Non presenta danneggiamenti ed è ben conservata, ma vale la pena rischiare? Però la curiosità di salire per vedere cosa nasconde il piano superiore della terrazza è grande, anzi è una curiosità tentatrice. Sarebbe sicuramente un’ottima attrattiva per invogliare altri turisti e anche i genovesi a visitare la Torre Grimaldina per godere di una vista privilegiata a 360° su Genova, in particolare sul cuore pulsante di Genova, il centro storico, il fulcro urbanistico della Superba. La Torre e le carceri fanno ormai parte di un sistema di valorizzazione turistica e storica della città, possono rappresentare un “punto di vista privilegiato”, straordinario e particolare, sulla città. Visitiamo Genova, genovesi, forestieri e stranieri! Rimarrete stupiti di quante cose ci sono da scoprire in questa città tra beni e patrimoni, opere e curiosità. A voi mettere la puntina sulla mappa e iniziare a il percorso “alla scoperta di…”.
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TORRE GRIMALDINA
E LE CARCERI
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