Giroinfoto magazine 48

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N. 48 - 2019 | OTTOBRE Gienneci Studios Editoriale. www.giroinfoto.com

N.48 - 2019 Ottobre

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CHEESE 2019

NATURALE È POSSIBILE

MOKBA UN AMORE RITROVATO Sergio Agrò

MAREMMA TOSCANA IL PARADISO IN UN PARCO Di Claudia Lo Stimolo

LA TORCHE BRETAGNA Di Barbara Lamboley Photo cover by Sergio Agrò


WEL COME

48 www.giroinfoto.com OTTOBRE 2019


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la redazione | Giroinfoto Magazine

Benvenuti nel mondo di

Giroinfoto magazine

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Novembre 2015,

da un lungo e vasto background professionale del fondatore, nasce l’idea di un progetto editoriale aggregativo, dove chiunque appassionato di fotografia e viaggi può esprimersi, condividendo le proprie esperienze con un pubblico interessato all’out-door, alla cultura e alle curiosità che svelano le infinite locations del nostro pianeta. È così, che Giroinfoto magazine©, diventa una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle belelzze del mondo e dalle esperienze offerte dai nostri Reporters professionisti e amatori del photo-reportage. Una lettura attuale ed innovativa, che svela i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, con l’obiettivo di essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la valorizzazione del territorio. Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Uno largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e informazioni utili. Una raccolta di molteplici idee, uscite fotografiche e progetti di viaggio a cui partecipare con il puro spirito di aggregazione e condivisione, alimentando ancora quella che è oggi la più grande community di fotonauti. Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti

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LA RIVISTA DEI FOTONAUTI Progetto editoriale indipendente

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ANNO V n. 48

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20 Ottobre 2019 DIRETTORE RESPONSABILE ART DIRECTOR Giancarlo Nitti SEGRETERIA DI REDAZIONE E RELAZIONI Margherita Sciolti REVISIONE E CURATORE TESTI Mariangela Boni CAPI SERVIZIO Giancarlo Nitti Monica Gotta Sergio Agrò Adriana Oberto REDATTORI Giancarlo Nitti Redazione Sergio Agrò Redazione Cinzia Carchedi Reporter Claudia Lo Stimolo Reporter Adriana Oberto Reporter Barbara Lamboley Reporter Mari Mapelli Reporter

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C O N T E N T S

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CHEESE 2019

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R E P O R TA G E

56 LA TORCHE

URBEX

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VILLA CONCHIGLIA

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BALMA BOVES

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MOCKBA

Un amore ritrovato

Di Sergio Agrò

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CHEESE 2019 Bra Band of Giroinfoto

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VILLA CONCHIGLIA Urbex Urbex Team Old Italy

56

LA TORCHE Bretagna Di Barbara Lamboley

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BRUCO Brunate e Como Band of Giroinfoto


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R E P O R TA G E

10 MOCKBA

R E P O R TA G E

FOTOINDUSTRIA Tecnosfera Mast Bologna

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BALMA BOVES La borgata museo Di Adriana Oberto e Laura Stratta

84

SIGURTÀ Cosplay Di Sergio Agrò

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BERNARDO BELLOTTO 1740 Viaggio in Toscana Fondazione Ragghianti MAREMMA TOSCANA Il paradiso in un parco Di Claudia Lo Stimolo IN PRINCIPIO FU GRETA Friday For Future Di Giuliano Guerrisi

114

MAREMMA TOSCANA

106 114 124

R E P O R TA G E

98 SIGURTÀ

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BRUNATE COMO

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A cura di Sergio Agrò

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UN AMORE RITROVATO Guardando fuori dal finestrino dell'aereo pensavo che il mio primo viaggio a Mosca è stato nel 1998; ero molto più giovane ed in autonomia avevo organizzato una piccola vacanza di dieci giorni alla scoperta della città. Adesso mi trovavo su un volo low-cost, mentre ai tempi c'era solo il volo di linea. L'unica cosa che non è cambiata è la burocrazia per ottenere il visto d'ingresso. Oggi, tramite agenzie dedicate, si ottiene facilmente la lettera d'invito, l'assicurazione medica, e sono loro a gestire tutti i documenti da presentare al Consolato, ma nel 1998, dove quasi nessuno usava le email e Google non aveva ancora iniziato a fare le prime ricerche, non era stato facile ottenere il visto e prenotare l'hotel con il fax.

Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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Osservavo le persone sul volo e notando tutte le "diavolerie elettroniche" che avevano, pensavo che Mosca doveva essere una città molto moderna e di sicuro non quella che avevo trovato ventuno anni fa. La curiosità aumentava man mano che le luci fuori dal finestrino erano sempre più numerose e luminose. Tutta quella luce mi aveva subito colpito quando sono arrivato a Mosca di notte, è stato incredibile; osservando i particolari mi sono accorto che la città era davvero completamente cambiata. Non ho scelto di prendere il treno veloce che collega l'aeroporto al centro, perché non volevo avere un impatto immediato con la città. In pochi minuti e tramite una App sul telefono, mi ritrovo su un'auto in direzione centro, dove avevo l'hotel. Pulizia, ordine nelle strade, automobili nuove, palazzi moderni e illuminati con giochi di luce a led catturano la mia attenzione: arrivare a Mosca dall'Italia è quasi come fare un viaggio nel futuro. Arrivando in centro e svoltando per le strade, dall'auto intravedo le cupole della Cattedrale di San Basilio, la famosa chiesa simbolo della città che si trova in Piazza Rossa; sono davvero emozionato, ecco Mosca: finalmente sono arrivato! La voglia di prendere il telefono e scattare una foto è tanta ma avrò tutto il tempo per farlo in questi giorni.

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Sergio Agrò Photography

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Sergio Agrò Photography

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Il giorno dopo inizio il mio tour, le nuvole e la pioggia favoriscono l'uso della metropolitana. Nel 1998 Mosca non era una città bella da girare in solitaria, specie di notte e in metropolitana, oggi invece non è così, controlli ovunque, telecamere e polizia ad ogni angolo rendono i mezzi molto sicuri e piacevoli da usare e visitare, sì perché bisogna proprio dirlo che la metropolitana di Mosca è la più bella del mondo e non si esagera dicendo che ogni stazione, diversa dalle altre, è un piccolo museo della storia sociale di Mosca e della Russia. Non ci si deve meravigliare se sulla linea 5 (marrone) si trovano le guide turistiche con gli ombrellini e intorno decine e decine di turisti a fotografare gli angoli della stazione. Peccato che la gente visita solo questa linea quando invece andando sulle altre 13 linee si trovano delle fermate molto meno affollate e con un fascino tutto loro. Chi dice che in altri paesi c'è la stazione metropolitana più bella del mondo è perché non ha mai visto la metropolitana di Mosca, ma della sua efficienza, pulizia e storia ne parlerò in un prossimo articolo.

LA METRO Sergio Agrò Photography

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LA METRO Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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Nei giorni successivi ho voluto visitare la Mosca classica e quella moderna e notarne i contrasti. In molti siti ho visto immagini legate al nuovo quartiere della città, moderno e futuristico, il suo nome è "Moscow City" e qui si respira il lato contemporaneo della città proiettata al futuro. Il "Moscow International Business Centre" è situato lungo il fiume Moscova ed è un complesso di 15 grattacieli con forme e geometrie moderne, è inutile dire che il "fusillone" colpisce subito l'attenzione, lo scatto che ho dedicato a questo luogo è durante la blue-hour quando i palazzi vengono illuminati da diversi giochi di luce. In contrasto al "Moscow City" per storia ed architettura, sono le "Sette sorelle" di Mosca. Sono quei grattacieli in stile socialista-classico che si trovano in città. Questi edifici sono stati costruiti in 10 anni, dal 1947 al 1957. Esisterebbe anche una "ottava sorella" ma è stata costruita cinquant'anni dopo le altre.

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Oggi le "sette sorelle" sono destinate a diversi usi, da Ministeri a Hotel di lusso, ad abitazioni private sino all'Università. Ed è proprio a quest'ultimo che ho dedicato i migliori scatti fotografici. L'edificio che è sede dell'Università statale di Mosca è anche il più alto di tutti: 240 metri e 36 piani, quasi ad essere un messaggio di come l'istruzione sia davvero importante in Russia. Le geometrie riflesse nella fontana e i colori del tramonto hanno reso lo scatto davvero unico, per tipologia sembrava quasi come il classico scatto che viene fatto in India al Taj Mahal ma la differenza enorme stava nel fatto che c'era solo una fotocamera a scattare quella bellissima scena e non centinaia di fotografi. Devo dire che in quel momento ho sentito la filosofia di questo magazine: la scout location!


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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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Ma dove si può trovare la bellezza della storia Russa e dove i turisti stranieri sono pochissimi è nel grandissimo centro denominato ВДНХ, queste lettere traducono "Esposizione delle conquiste dell'economia popolare" si tratta di un centro espositivo composto da ben 59 padiglioni dedicati agli stati membri della Repubblica russa e alla sua economia. Dopo l'imponente porta d'ingresso si nota il padiglione centrale, con tutto il suo sfarzo in puro stile socialistaclassico, con i particolari esaltati dal colore oro ed è qui ho letto per la prima volta la scritta completa

"союз советских социалистических республик" ovvero CCCP, tradotto: Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, purtroppo noi siamo cresciuti con l'idea che fosse CCCP ma in realtà in lettere latine sarebbe stato SSSR e personalmente mi vergogno di quel "comico" italiano che ha diffamato questo acronimo. I padiglioni si alternano a giardini curatissimi e a fontane con dei giochi di luce e acqua molto piacevoli.

Del resto gli ultimi scatti li ho fatti durante un bellissimo tramonto. Ma il vero cuore pulsante della città di Mosca è la Piazza Rossa: Immensa. Magnifica. Unica. Se vogliamo dare una dimensione alla sua grandezza dobbiamo prendere 14 campi di calcio! La Piazza Rossa è davvero il simbolo della storia e della cultura della città, si resta subito colpiti dalla bellezza della Cattedrale di San Basilio con le sue coloratissime cupole e dalla sua leggenda. Sempre nella piazza troviamo il Cremlino: una volta cittadella degli Zar e oggi residenza della Presidenza della Repubblica, il Mausoleo di Lenin, e per chi vuole fare shopping c'è il GUM. Una volta erano i magazzini generali sovietici, oggi il GUM è un centro enorme composto da tre corridoi a tre piani pieno di negozi curatissimi e dalle firme più prestigiose. Qui, data la mia golosità, ho preso un ottimo мороженое, un gelato particolare prodotto con insufflazione di aria.

CENTRO ESPOSIZIONI Sergio Agrò Photography

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Purtroppo tre giorni di tour volano e devo dire che tornare a Mosca è stato un po' come incontrare un ex partner: può passare tanto tempo dall'ultimo incontro, possono essere cambiate le abitudini, possiamo essere cambiati fisicamente ma bastano pochi secondi per ritrovare gli aspetti che ci hanno fatto innamorare. Tornare a Mosca per me è stato così; ho apprezzato il suo cambiamento, il suo essere moderna e tecnologica, ma ogni volta che ritornerò, cercherò sempre tutti quegli aspetti che mi hanno fatto innamorare la prima volta che l'ho vista. A presto Mockba!

Sergio Agrò

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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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CHEESE 2019 - NATURALE è POSSIBILE

A cura di Cinzia Carchedi

Incastonato tra le colline del Roero, terra di rocche e vigneti, si trova Bra, piccolo gioiello del Piemonte, terra di cibo squisito, ottimi vini e patria del movimento Slow Food, con eccellenze note oltre confine. Cinzia Carchedi Domenico Gervasi Adriana Oberto

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E' qui che si è svolta la 12° edizione della biennale manifestazione dedicata ai formaggi a latte crudo e latticini; il tema di questo grande evento internazionale è stato : 'Naturale è possibile' tematica affrontata sì per formaggi, ma anche per salumi, vini, pane e molto altro.


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Domenico Gervasi Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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CHEESE 2019 - NATURALE è POSSIBILE

Adriana Oberto Photography

I formaggi d'eccellenza, provenienti da ogni parte del mondo, sono stati quindi i protagonisti di questo appuntamento; dislocati tra le vie della città, in diverse aree come il mercato dei formaggi, la casa della biodiversità, la gran sala dei formaggi, l'enoteca, il percorso a tappe sulla filiera lattiero-casearia e il mondo dell'allevamento;

Questa manifestazione è stata dedicata non solo alle grandi aziende produttrici ma, soprattutto, ai piccoli produttori, ad aziende a conduzione familiare che lavorano in modo artigianale il latte crudo, molto spesso dei propri allevamenti, producendo formaggi dai sapori sublimi che stuzzicano anche il palato più sopraffino ed esigente. Giroinfoto Magazine nr. 48


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CHEESE 2019 - NATURALE è POSSIBILE

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Come resistere ad un parmigiano reggiano da vacche rosse invecchiato 30 mesi, ad una burrata delle Murge con il suo morbido cuore di sfilacci di pasta filata e panna, un pecorino sardo della Barbagia di Ollolai, ad un gorgonzola talmente morbido e cremoso da mangiare con il cucchiaio e perché no, un cannolo siciliano rigorosamente con ricotta di pecora e pistacchi?

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Cinzia Carchedi Photography

Tutto ciò senza dimenticare i deliziosi prodotti oltralpe francesi, svizzeri, sloveni, spagnoli, olandesi, bulgari, austriaci, portoghesi, inglesi, per citarne alcuni e ancora oltre, fino agli Stati Uniti! La manifestazione ha lasciato spazio anche a conferenze, laboratori, appuntamenti didattici, così come a vari spazi enogastronomici: la Fucina Pizza e pasticceria, La Piazza del Gelato, le cucine di strada, la piazza della birra, i Food Trucks. In giro per le piazze della città non è mancato il divertimento: 'Spakka il kilo' per provare ad indovinare il peso di una punta di Parmigiano o la marchiatura in diretta del Bettelmatt, un formaggio prodotto esclusivamente in alcuni alpeggi estivi, tutti oltre i 1800 mslm siti nell'Ossola superiore, lo SpaccaRavioles, una sfida a suon di ravioles, musici, saltimbanchi, aree per i più piccini...insomma un villaggio globale internazionale sotto il cielo di Bra dove i visitatori hanno avuto la possibilità di scoprire esperienze, incontrare culture e mestieri, godere del cibo e non solo. Giroinfoto Magazine nr. 48

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CHEESE 2019 - NATURALE è POSSIBILE

È stato curioso scoprire che c'è chi per fare la pizza, in apparenza un cibo semplice, ordinario e che troviamo spesso sulle nostre tavole, si cimenti in tecniche tra tradizione e innovazione, ponendo grande attenzione alle materie prime, studiando quotidianamente gli alimenti, quali i grani teneri, integrali , multicereali e senza glutine, il lievito madre per ottenere il massimo dal prodotto e che per il condimento usa anche il conciato romano: un formaggio antico, anzi il più antico, prodotto già dai tempi dei Sanniti, forte, penetrante, affinato in anfore di terracotta e condito con olio e aceto.

Cinzia Carchedi Photography

Si tratta del primo Presidio Slow food della provincia di Caserta da provare, ma non per tutti, per il suo odore e sapore forte a cui non tutti sono abituati, che per valore e intensità può essere paragonato al tartufo bianco. La mia personale grande sorpresa è stata ritrovare tra gli espositori un caseificio calabrese dove - da ragazzina durante le vacanze estive - spesso e volentieri andavo a comprare la ricotta ancora calda da mettere nel panino per fare colazione sulla strada del mare e chiedere "ma siete proprio voi? quelli con il negozio vicino al cavalcavia?". Domenico Gervasi Photography Giroinfoto Magazine nr. 48


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Cheese, Slow Food a tutto tondo, tra degustazioni, laboratori, attività educative, attività aperte alle scolaresche come l'incontro con il mestiere, per far conoscere mestieri nobili che rischiano di sparire, attività per le famiglie, workshops per imparare a gustare e abbinare cibo a vini e birre artigianali, ma anche gelati ai gusti robiola con crema di lamponi e mascarpone, miele e noci... eh si! il formaggio anche nel gelato, che delizia!. L'evento è stato un'occasione per lasciarsi stuzzicare anche da un interesse architettonico della città di Bra con le sue piazze, la facciata tondeggiante del palazzo comunale, la chiesa della Trinità e la chiesa di Santa Chiara, la centrale Via Cavour luogo di ritrovo e di locali storici e caffè, dove lo scrittore Giovanni Arpino amava trascorre le sue giornate, o La Zizzola il simbolo della città. Un salto per un "Mac 'd Bra" ossia l'unione delle eccellenze gastronomiche del luogo in un panino con pane a lunga lievitazione con lieviti naturali, farina prodotta direttamente dai panificatori e 15 ore di lievitazione che lo rendono particolarmente digeribile e profumato e farcito con la tipica Salsiccia di Bra di carni magre di bovino piemontese e pancetta di suino sia in versione cruda che cotta alla piastra, il formaggio gustoso e tenero di alpeggio (Bra DOP) e insalata degli orti braidesi, innaffiato da un calice di buon Dolcetto d'Alba o Nebbiolo ma anche un Barbera d'Alba. Il nome del "Mac 'd Bra" è un gioco di parole tra il famoso panino tipico da fast food e la traduzione dal piemontese, ovvero 'solo di Bra'. Insomma, non c'è stato che da sbizzarrirsi e ora non resta che attendere il prossimo appuntamento del 2021. Bra vi sta aspettando!

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A C U R A D I U R B E X T E A M O L D I T A LY

Oggi vi portiamo in un piccolo paese del Piemonte. Vicino ad abitazioni del tutto comuni, in fondo ad un viale sterrato, è rimasta la struttura imponente di Villa Conchiglia, nome dato dalla scala interna che la caratterizza, ma in realtà il nome storico è un altro e identifica la frazione in cui risiede. È una delle ville più maestose e spettacolari mai viste, o almeno, quello che ne rimane… Agli abitanti del paese non veniva mai permesso, tranne alla famiglia dei custodi, entrare nella Villa, né tantomeno utilizzare il parco circostante, che al suo interno custodiva un incantevole giardino in parte danneggiato dopo la seconda guerra mondiale.

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Un discorso a parte merita il viale iniziale, visto che fino a pochi anni fa era fiancheggiato da imponenti pioppi che sono stati abbattuti nel 1996 perché malati. Il viale è stato per tanto tempo il luogo ideale per giocare, fare una passeggiata o riposarsi d'estate, al fresco.

Tale edificio, forse una vecchia casaforte medioevale con torre, risultava rimaneggiato in forme seicentesche con alcuni cascinali attorno. La proprietà di questo complesso rurale è attestata nella prima metà del secolo XVII alla nobile famiglia dei conti di Valperga.

Villa Conchiglia ha ospitato alcune famiglie che sono state fra le protagoniste delle vicende del paese. I suoi muri e il suo parco non sono solo carichi di sensazioni ma anche di storia. Storia che, date le condizioni attuali della villa, da anni disabitata e abbandonata, non le ha reso la giustizia che merita.

Poi dal 1643 al marchese Gaspare Graneri della Rocca (Graner de la Roche) famiglia di origine savojarda, emigrata a Torino al seguito della corte sabauda.

Tra i secoli XV e XVI nella documentazione presente in vari archivi pubblici e privati è attestata l’esistenza di un piccolo castello in prossimità della riva destra del torrente.

Gaspare Graneri, ministro delle finanze della corte sabauda, fu autore di un primo rifacimento che impose alla villa la sua struttura attuale, ancora visibile nella facciata che guarda verso nord, cioè verso il giardino con laghetto.

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Sul soffitto della facciata antica si può notare il monogramma di Gaspare e lo stemma della famiglia Graneri, una spiga di grano con sopra un castello che simboleggia la rocca di La Roche, una città dell'alta Savoia. Tra il 1722 ed il 1727 in questo castello venne costretto, da una sentenza del Senato del Regno di Sardegna, ad una specie di residenza coatta il proprietario Maurizio Ignazio Graneri della Rocca. Il marchese Gian Luigi Graneri, discendente del precitato Maurizio Ignazio, geniale edificatore dell'attuale Villa, affidò l'incarico di un secondo rifacimento all'architetto Francesco Valeriano Dellata di Beinasco (Torino 1731-1803), un celebre artista che lavorò soprattutto a Torino: fu a Roma nel 1763; venne poi nominato architetto regio nel 1772 e membro del congresso degli edili di Torino nel 1773. L'intervento riguardava esclusivamente la facciata che dava sul viale, l'entrata di servizio divenuta, con gli anni, facciata principale e che risente dello spirito neoclassico dell'epoca. Villa Conchiglia è una delle prime opere (17691779) di questo architetto dopo il soggiorno romano intrapreso e voluto al fine di studiare arte.

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La struttura è un nitido e pieno esempio di neo barocco. Lo stile personalistico, può parteggiare ad un neoclassicismo di alta scuola. La particolarità più famosa di questa villa è la maestosa scala con base a forma di conchiglia che risiede al suo interno. Dalla costruzione vera e propria si allunga un bel parco fino alla riva del Torrente. Quest’ultimo venne anche rettilineato per oltre un chilometro onde poterlo navigare con barche da diporto durante le feste organizzate nella villa. Vennero infatti modificati il giardino, piantato originariamente all'italiana e divenuto all'inglese, e la vasca delle ninfee.

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E' di questo periodo una regata organizzata dal Marchese Giuseppe Luigi Graneri che si tenne, per divertire la Real Corte, sul torrente appositamente preparato. In occasione di questo avvenimento, l'incisore Ignazio Sclopis realizzò due vedute che rappresentano la facciata ed il parco della villa. La cappella edificata sul fianco sinistro della Villa era officiata da un cappellano nominato e pagato dai proprietari. Nel periodo 1805 - 1828 la cappellania era stata data a don Luigi Verani, ex minore riformato, originario di Pigna, di anni 59 e residente nel paese confinante. Alla fine del '700 la proprietà della dimora passò al Conte Giuseppe Maria Gerbaix de Sonnaz, marito di Enrichetta Graneri. Questa famiglia raccolse molte opere d'arte, tra cui pregevolissime terrecotte, ceramiche e mobili di grande valore.

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I figli, nel 1868, vendono la villa all'avvocato Enrico Marenco che nel 1869 la rivende all'ingegner Vitale Rosazza. Entrambi gli atti di vendita non parlano di mobili e altre suppellettili, segno che molti degli splendidi arredi della villa erano già stati venduti dai de Sonnaz. Dopo la Guerra 1915-18 la villa passa alla famiglia Rossi di Montelera. Passata poi in mano ad altri proprietari, viene smembrata della maggior parte delle terre, finché nel 1939 viene venduta così come è oggi, dal pittore Alfredo Chicco, al Conte Theo Rossi di Montelera che la restaura, con grande impegno di pittori, stuccatori e giardinieri e la abita fino al 1959. Dal 1959 Villa Conchiglia, proprietà di una anonima società Svizzera, è disabitata e priva di arredo. Da alcuni anni è stata dichiarata Monumento Nazionale.

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URBEX - VILLA CONCHIGLIA


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È LEGALE L’URBEX? CHIARIAMOLO IN 10 PUNTI

Tratto da www.ascosilasciti.com

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Lo Stato in cui si trova l’immobile. Inteso come la nazione in cui si trova. Ognuna con le sue lingue, le sue culture e soprattutto… le sue regole! Esiste un’enorme differenza di conseguenze legali se la stessa azione viene svolta in Lituania o in Italia. Aldilà delle leggi che possono tutelare e condannare, ricordiamo bene che in alcuni Stati, prima di uscire vincitori da una causa legale e le pubbliche scuse dell’accusa, si rischia di passare da un bel “servizio educativo” della polizia locale. Non sempre negli Stati più monarchici avrete la detenzione assicurata e in quelli più democratici, la certezza di farla franca. Non avendo tempo nè risorse sufficienti per affrontare la questione di ogni singola Nazione, ci concentreremo a sviscerare il, già complesso, codice del nostro Bel Paese.

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Accessi aperti. Mancanza di recinzione, porte spalancate o inesistenti, grosse aperture nei muri perimetrali, insomma tutti i varchi aperti sono “amici dell’urbex”. Tutto cambia se per accedere a un luogo abbandonato, proverete ad aprire porte chiuse o scavalcare muri (la questione cambierebbe anche per ogni metro di altezza dei perimetri…), il che costituisce violazione di domicilio privato. Crearsi entrate con forza o manomettendo recinzioni, è sufficiente invece perchè l’accusa diventi una frizzantissima “effrazione con scasso”. Giroinfoto Magazine nr. 48

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Lo stato in cui versa l’immobile, ma questa volta intesa come condizione. Finestre rotte, muri crepati, tetti squarciati, muffa e vegetazione incontrollata, porte spalancate, sono tutti segni di chiaro abbandono che potrebbero tutelare l’esploratore. L’attenuante di “immobile in chiaro stato di abbandono” non è da sottovalutare, per quanto non vi sia nulla di codificato. In un’alta percentuale dei casi può però assolvere l’esploratore da accuse di violazione di domicilio.

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Cartelli e avvertimenti. Controllare l’eventuale presenza di cartelli di monito non sarebbe troppo sbagliato (proprietà privata o divieto di accesso). La loro assenza o illeggibilità (magari pioggia e vento hanno fatto arrugginire il ferro dell’affisso o marcire il legno del manifesto) potrebbero comportare buoni sgravi di responsabilità. Insomma, un’ulteriore attenuante, che male non fa’…


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Non toccare nulla. Per chi non lo conoscesse, il comandamento dell’Urbex “prendi solo foto, lascia solo impronte” è un promemoria anche di tutela legale. I souvenir, fosse anche un sasso del muro di un manicomio abbandonato, non sono contemplati come legali.

Strumenti che portate con voi. Conosciamo tutti, o almeno immaginiamo, il rischio di entrare in un edificio abbandonato, potenzialmente abitato da malviventi. Purtroppo no…non basta questo pretesto per portarsi un machete, nemmeno con l’altruistico fine di accettare l’incolto prato della magione. Ma attenzione, anche con un bastone da trekking, o altri strumenti apparentemente innocui, potrebbero scattare l’aggravante di “arma bianca”. Nessuna arma da difesa, all’infuori del cavalletto o di un ramo trovato sul posto, si può….accettare!

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Avvisi e permessi. Torniamo al tema clou. Anche a costo di passare come noiosi genitori apprensivi, sconsigliamo sempre di esplorare questi posti. Se proprio doveste sentirne l’irrefrenabile impulso, avvisate le autorità competenti, nel caso di edifici comunali/statali, o i proprietari/ guardiani per ottenere il permesso ad entrare. Anche a costo di creare allarmismi. Oppure rivolgetevi ad alcune associazioni che operano tramite quest’ultimi. Diffidate dalle organizzazioni che si disinteressano della questione legale e vi fanno clandestinamente introdurre in pericolosi edifici abbandonati.

Anzi, sarebbe meglio prendere solo foto (nel senso di scattarle, ovviamente, non di rubare gli album di famiglia sul comò impolverato) e non lasciare alcuna impronta. Come mai? Udite-udite, per creare il giusto setting alle proprie foto, basta solo spostare gli oggetti e gli arredi, ed essere colti sul fatto, per una bella “accusa di tentato furto”.

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Non scappare e collaborare sempre con le autorità. Se avete seguito i consigli sopra citati, potete sentirvi tranquilli. Motivo per cui, mostratevi per quello che siete e avete fatto. E’ sempre buona norma collaborare enunciando le proprie intenzioni. Così facendo sarete fuori dai guai nel 90% dei casi.

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Rispettare tutti gli 8 punti. La somma delle probabilità di non passare guai seri, che viene fuori rispettando gli 8 punti, vi assolve al 99,9%, parlando dal punto di vista penale. Più complessa diviene la questione civile, che dipende maggiormente dalla volontà del proprietario di volervi eventualmente punire, denunciandovi.

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Incertezza. L’incertezza, purtroppo, rimane l’unica certezza. Tranquilli al 100% non lo sarete mai. Unico modo per sentirvi realmente tutelati è di ascoltare il consiglio enunciato al punto 7. Odiate da molti, poiché danno in pasto alcuni luoghi abbandonati al grande pubblico, queste Associazioni (solo quelle che operano tramite mezzi legali) sono in realtà le uniche a tutelare i luoghi abbandonati in tre modi: si rivolgono ai proprietari ottenendo i permessi di visita; danno visibilità ad alcuni posti altrimenti destinati a marcire nell’indifferenza; scelgono come meta per i loro viaggi solitamente luoghi già devastati dal tempo e dai vandali, per non esporre al turismo di massa gli edifici ancora intatti, accelerandone il declino. Intanto, l’unica certezza è che, come scriveva il romantico François-René de Chateaubriand, tutti gli uomini hanno una segreta attrazione per le rovine. Giroinfoto Magazine nr. 48


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POINTE DE LA TORCHE

A cura di Barbara Lamboley

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BRETAGNE Pointe de la Torche o “Beg an Dorhen”, in bretone, significa “la punta della collinetta”. La costa è caratterizzata da un affioramento roccioso di granito con un masso prominente vicino all'estremità chiamato “le rocher du corbeau” (la roccia del corvo).

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POINTE DE LA TORCHE

A nord del promontorio, la spiaggia del comune di Tréguennec si estende per diversi chilometri attorno alla Baie d'Audierne fino a Plozevet. A sud-ovest, si trova la spiaggia di PorsCarn (parte del comune di Penmarc'h), che si estende fino al villaggio di Saint-Guénolé. Durante l'attuale era geologica, il promontorio è stato a volte circondato da dune facendolo diventare un'isola e per questo sono state installate barriere protettive per impedire che venga nuovamente tagliato dal mare, cosa che altrimenti sarebbe nuovamente accaduta con la naturale movimentazione delle acque. L'area e dintorni mostrano prove di presenza umana dal quinto millennio avanti Cristo, come si può notare all'estremità superiore dove si trova il Dolmen Pointe de la Torche, un tumulo contenente diversi dolmen semisepolti, resti di una tomba a passaggio megalitico a più camere. Il sito è stato registrato come sito del patrimonio nazionale nel 1960. Diversi altri scavi archeologici hanno avuto luogo nel sito, ma la prima testimonianza dell'attività umana a Pointe de la Torche è un monolitico nascosto sul lato nord-est, costituito principalmente da conchiglie, con alcuni pesci e ossa di bestiame. Il luogo di sepoltura fu costruito nel periodo neolitico con cinque camere, quattro delle quali disposte simmetricamente e una via di accesso che forma un angolo ed era coperta nel tardo Neolitico. All'interno sono stati scoperti reperti di diverse epoche, sia nelle camere che nel corridoio e grazie ad una combinazione ottimale di chimica del suolo, il sito è stato il terzo in Bretagna a restituire resti umani dell'era preistorica in numero significativo.

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Nel periodo preistorico, il livello del mare era più basso di circa 10 metri estendendo il promontorio lungo l'attuale baia. Tuttora, il mare restituisce ancora resti di pareti di forma rettangolare e circolare, probabilmente provenienti da antiche costruzioni, mentre nella parte delle dune sabbiose si rinvengono saltuariamente reperti come asce, spade, pugnali e ceramiche dell'età del bronzo, parti di scheletri umani e detriti alimentari risalenti al dopo insediamento celtico nella seconda metà del primo millennio avanti Cristo. I menhir sono stati trovati nelle dune e nella cava di Kerharo. Il Musée de la Préhistoire finistérienne (Museo della Preistoria del Finistère) a Pors Carn, Penmarc'h, espone questi reperti documentando anche il ritrovamento dei resti di oltre 100.000 persone, al cimitero di Saint-Urnel, indicato per essere un cimitero medievale associato ad una cappella ed un insediamento che furono abbandonati nel XVI° secolo, quando le dune invasero il luogo. Fu dichiarato monumento storico nel 1929.

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POINTE DE LA TORCHE

dalla Germania nazista tra il 1942 e il 1944, lungo la costa dell'Europa continentale e della Scandinavia come difesa contro un'attesa invasione alleata dal Regno Unito. Una di queste strutture è stata occupata abusivamente dai senzatetto fino agli anni '80 ed è ora una stazione di salvataggio. La parola bretone per tumulo, “dochen”, fu tradotta con la parola La Torche (torcia in francese), dando origine al nome del promontorio anche se una vecchia leggenda narra che questo nome fu dato al luogo in quanto la gente del posto attirava le navi sulle rocce di notte con le luci.

Durante la seconda guerra mondiale i tedeschi costruirono fortificazioni e bunker a Pointe de la Torche. Queste costruzioni facevano parte delle “mura atlantiche” , “Atlantikwall“ e costituivano un vasto sistema di difesa costiera con fortificazioni costruite Giroinfoto Magazine nr. 48

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POINTE DE LA TORCHE

Pointe de la Torche è accessibile da un percorso pedonale. La spiaggia di La Torche è arcinota in Francia come spot per surfisti, body boarder, kitesurf, wind-surf, waveski e land yachter ed è stato il sito di numerosi campionati tra cui il campionato del mondo. A La Torche, risiedono numerose delle migliori scuole di surf in assoluto e sia nel periodo estivo come d’inverno, la spiaggia è frequentata da numerosi surfisti provenienti da tutto il mondo. La località è anche un luogo per la pesca del branzino e del pesce piatto, senza dimenticare le enormi coltivazioni di tulipani che ricordano l'Olanda. Nonostante la bellissima spiaggia che si estende per chilometri, il bagno è sconsigliato per via delle grosse onde. In primavera, la punta è coperta da tulipani multicolore offrendo uno spettacolo mozzafiato ai visitatori!

Barbara Lamboley

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Photoreporters: Mari Mapelli Sergio Agrò Stefano Scavino Giancarlo Nitti

BRUCO BR UN AT E - COMO

Testi di Mari Mapelli

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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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VISTA DA BRUNATE Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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In una calda domenica d’estate, sotto un cielo capriccioso di nuvole basse, la band di Giroinfoto Milano si ritrova nel capoluogo lariano. Como, un nome che oggi evoca un’idea di dolcevita che si dà appuntamento nelle splendide ville storiche, dalle suggestive darsene, emergenti come perle sull’acqua del lago. Famosa anche per le sue sete e il suo operoso artigianato, da sempre via di comunicazione coi territori d’oltralpe. Un marchio di fabbrica, un brand targato “ComoLake” che richiama vip hollywoodiani e esponenti del jet set internazionale, capi di stato, premi nobel e massimi rappresentanti delle istituzioni e dell’economia del pianeta, folle di turisti, affamati di voyeurismo e di bellezza, desiderosi di assaporare il profumo del lusso e del potere; o semplicemente di godersi la città e dedicarsi allo shopping. Purtuttavia Como è anche molto altro! Città di antiche origini, ricca di stratificazioni storiche, di arte e fucina di sorprese e ricchezze inaspettate, ha dato i natali a numerose personalità diversamente celebri, dai due Plinio, il Vecchio, e il Giovane – il cui ritratto in trono campeggia riccamente scolpito sulla facciata principale del Duomo -, ad Alessandro Volta a Bruno Munari, per citarne solo alcuni noti al grande pubblico.

Stefano Scavino Photography

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BRUNATE - COMO

Punto di partenza del nostro giro è lo strategico autosilo Valduce, moderno e notevole esempio di servizio funzionale e valorizzazione culturale, si eleva che su sette piani sopra i resti ben recuperati e visibili delle terme della Como romana, vasto complesso risalente al I secolo d.C. Volendo, nell’uscire da questo comodissimo parcheggio, è possibile ammirare senza impegno i resti degli scavi, attraverso un ottimo percorso di passerelle che consentono la visita ravvicinata alle strutture rinvenute e ai reperti più significativi.

A poche centinaia di metri, si erge candido e algido l’edificio simbolo di Giuseppe Terragni, la ex Casa del Fascio (1936), oggi sede del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, massima espressione del Razionalismo italiano e meta di pellegrinaggio di studenti di architettura e professionisti del settore da ogni parte del mondo. La sua pura geometria dialoga bene con gli elementi circostanti, tutti obiettivi del nostro itinerario di visita. Dirimpetto, al di là della strada, la mole della cattedrale volge le spalle con la curva della sua

abside e l’imponente cupola progettata da Filippo Juvarra. Sulla destra, si intravede il luccichio del lago con i suoi pontili e i suoi chioschi all’aperto. Alle spalle, incombe la montagna di Brunate. Sembra tutta qui la città, anche se sappiamo che c’è molto altro; ma abbiamo selezionato un tragitto rappresentativo e vogliamo gustarcelo fino in fondo percorrendolo a piedi.

EX CASA DEL FASCIO Mari Mapelli Photography

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IL DUOMO Stefano Scavino Photography

Così, superato il trafficato attraversamento, appena oltre l’elegante Teatro Sociale, magicamente l’atmosfera cambia, si fa intima eppur vivace: ricca di pietra che profuma di antico, di acciottolato in pavé calpestato da fiumane di turisti discreti, di belle facciate decorate e di bei locali con invitanti dehors, di attraenti vetrine alla moda.

Il Duomo (XIV-XVIII) incanta con la morbidezza del marmo locale di Musso venato di giallo e di grigio, con la fresca tricromia del rosso, del bianco e del nero del contiguo Palazzo del Broletto (fondato nel 1215) e con i ricami scultorei sulle facciate che evocano i Maestri Comacini. Cavatori di pietra e al contempo muratori e scultori e decoratori e architetti, i Magistri Comacini rimasero individualmente nell’anonimato ma divennero celeberrimi come forza corale. In epoca remota - correvano i secoli VII/ VIII e si susseguivano le dinastie dei re

longobardi di cui divennero le maestranze edili ufficiali – salvarono le mirabili tecniche costruttive romane andate quasi perdute con il crollo dell’Impero, sviluppando uno stile peculiare noto come romanico lombardo; portarono la loro attività anche in tutta Italia e oltre confine sino alla valle del Reno. La loro maestria e la loro bravura si fecero leggenda, e tramandate nel tempo si possono riscontrare tutt’oggi nelle squadre di muratori comaschi, bergamaschi, bresciani, la cui fama è arrivata ovunque nel mondo.

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Giunti sul lungolago, percorriamo la lunga passeggiata sino alla Diga Foranea Piero Caldirola, ormeggio per le imbarcazioni da diporto, in un variopinto pullulare di folla e lingue: famigliole con bimbi festanti e cani al seguito, artisti di piazza, coppiette di ogni etĂ , comitive, viaggiatori disabili, backpackers e intellettuali da guida blasonata. Nei Giardini a Lago ci soffermiamo intorno al Monumento alla Resistenza Europea (1983), emozionante memoriale dedicato alle vittime del secondo conflitto mondiale, opera complessa dello scultore Gianni Colombo che raccoglie pietre provenienti dai campi di sterminio nazisti e da Hiroshima. E poi, ripercorrendo i Lungolago Trento e Lungolago Trieste, approdiamo alla stazione della funicolare per Brunate, definita col simpatico acronimo BruCo, disponendoci con pazienza dietro a una coda inaspettatamente lunga.

Mari Mapelli Photography

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Brunate è un piccolo comune autonomo della provincia di Como nonché lezioso borgo posto in posizione panoramica che gli ha fatto guadagnare l’appellativo di “Balcone sulle Alpi”.

Ebbe uno straordinario impulso al turismo quando, nel 1894, fu inaugurata la funicolare, mezzo di comunicazione allora innovativo che rese possibile il collegamento veloce con Como, prima di allora assicurato solo da una impervia mulattiera. Arrivando in questo paesino si compie un salto temporale e ci si ritrova in piena atmosfera fin de siècle. Nostalgia e romanticismo sono i sostantivi che meglio ne illustrano l’ambiente. A fine Ottocento, alberghi lussuosi, ville con giardini all’inglese e ricche dimore di

LA FUNICOLARE BRUCO Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

vacanza, tutti all’insegna del gusto liberty ed eclettico imperanti, trasformano il borgo rurale in una meta di villeggiatura dei ceti più elevati, ambita dalla buona borghesia, milanese prima, internazionale poi. Qui pose prematuramente fine ai suoi giorni il grande poeta bulgaro Pencio Slavejkov, cui nel 2007 è stato dedicato un monumento commemorativo, con pregevole busto scultoreo opera dell’artista Valentin Startchev.


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LA SCALA DEL FARO VOLTIANO Stefano Scavino Photography

L’elemento più noto di Brunate è certamente però il Faro Voltiano, posto sulla vetta del Monte Tre Croci per celebrare il centenario della morte di Alessandro Volta, scienziato passato alla storia per l’invenzione della pila e per la scoperta del metano.

Esso consta di una torre ottagonale, con scala a chiocciola interna di 143 gradini, che si eleva per 29 metri sopra un paesaggio mozzafiato, che ripaga ampiamente della fatica dell’ascensione!

Sergio Agrò Photography

Da questa postazione è possibile rimirare la città sottostante e la pianura che si perde in lontananza, l’arco alpino occidentale, la bellezza del ramo comasco del lago che si incunea come un fiordo tra le Prealpi e le sue sponde punteggiate di Ville famose e paesi leggiadri. L’epoca felice ed elitaria per Brunate perdurò sino agli albori del secondo conflitto mondiale, al termine del quale cominciò un lento declino. Ora resta una frequentatissima ed amata meta turistica popolare, meta ideale per gite fuori porta.

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Da uno dei punti panoramici ben segnalati restiamo a lungo ad ammirare dall’alto la città murata, ordinata sul suo percorso rigoroso di antico castrum, in cui si staglia nitida la sagoma del Duomo, ma col dedalo di viuzze di sentore medioevale che convergono verso il suo sbocco naturale, il morbido bacino del lago e del porto.

Nel cielo prossimo al tramonto si levano voli repentini di rapaci, probabilmente poiane ipotizziamo, specie protetta ancorché molto presente nella ricca natura circostante.

La poesia picchia forte, ma si sta facendo tardi ed è il momento di scendere a valle, assieme alla quantità di visitatori che si accalcano in stazione per prendere una delle ultime corse del BruCo.

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Giancarlo Nitti Photography

E’ pressoché impossibile imprigionare in uno scatto i loro liberi e folli voli fatti di volteggi roteanti, brevi picchiate e brusche risalite, approfittando delle correnti ascensionali.


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PANORAMICA DA BRUNATE Stefano Scavino Photography

Prima di ripartire, però, la bella Como ci fa un ultimo dono, regalandoci un meraviglioso tramonto nei toni più accesi e nelle sfumature più variegate che il colore rosa può concepire, mentre si stende come una coperta amorevole a ricoprire il lago. E con questa immagine sognante, ci lasciamo alle spalle la suggestiva città.

Mari Mapelli

Giancarlo Nitti Photography

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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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MAST - FOTOINDUSTRIA

LISETTA CARMI Santa Maria della Vita Genova, Italsider. La colata dell’acciaio © Lisetta Carmi. Courtesy of Martini & Ronchetti, Genova

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Tecnosfera Dal 24 ottobre al 24 novembre 2019 si terrà la quarta edizione della Biennale di Fotografia dell’industria e del lavoro organizzata e promossa dalla Fondazione Mast, con dieci esposizioni nel centro storico di Bologna e una presso il Mast di Via Speranza, 42.

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Protagonista di Foto/Industria 2019 è il tema del costruire: un‘azione cruciale, intimamente radicata nella natura della specie umana che viene qui esplorata a tutto tondo, dalle sue radici storiche e filosofiche agli inevitabili risvolti scientifici. È questa attività che dà forma alla tecnosfera: l’insieme di tutte le strutture che gli esseri umani hanno costruito per garantire la loro sopravvivenza sulla terra.

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MAST - FOTOINDUSTRIA

ANDRÉ KERTÉSZ Fondazione Carisbo Casa Saraceni American Viscose Corporation, Marcus Hook, Pennsylvania, 1944 Donation André Kertész, Ministère de la Culture (France), Médiathèque de l’architecture et du patrimoine, diffusion RMN-GP

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MAST - FOTOINDUSTRIA

Con un peso stimato di 30 miliardi di miliardi di tonnellate, questo strato artificiale al di sopra della crosta terrestre è stato definito Tecnosfera dal geologo Peter Haff. La Fondazione MAST ha affidato la direzione artistica a Francesco Zanot per portare avanti il progetto della Biennale iniziato nel 2013 da François Hébel. La Fondazione MAST rinnova il suo impegno nel coinvolgere la città e la comunità in questo progetto culturale che permette attraverso la forza narrativa delle immagini di moltiplicare gli sguardi sul mondo.

YOSUKE BANDAI Museo della Musica Senza titolo 2016 © Yosuke Bandai. Courtesy of TARO NASU, Tokyo

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MAST - FOTOINDUSTRIA

Le 11 mostre ospiteranno i lavori di:

Albert Renger-Patzsch Pinacoteca Nazionale

André Kertész

LUIGI GHIRRI Palazzo Bentivoglio Costa Crociere, 19891990 © Eredi di Luigi Ghirri

Fondazione Carisbo – Casa Saraceni

Luigi Ghirri

Palazzo Bentivoglio

Lisetta Carmi Genus Bononiae - Santa Maria della Vita

Armin Linke

Biblioteca Universitaria di Bologna - BUB

David Claerbout

Spazio Carbonesi – Palazzo Zambeccari

Matthieu Gafsou

Palazzo Pepoli Campogrande

Stephanie Syjuco

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Yosuke Bandai

Museo Internazionale e Biblioteca della Musica

Delio Jasse

Fondazione del Monte – Palazzo Paltroni

Edward Burtynsky, Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier

+ INFO www.fotoindustria.it

(MAST)

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BALMA BOVES - BORGATA MUSEO

| BALMA BOVES | L A

B O R G A T A

M U S E O

A CURA DI ADRIANA OBERTO

La Borgata Museo Balma Boves è un caratteristico insediamento ricavato nell’anfratto di una grande roccia, abitato fino agli anni Sessanta del secolo scorso, esempio di vita contadina, a cui si accede percorrendo a piedi, tra castagni secolari, i sentieri del Monte Bracco. FOTO Adriana Oberto e Laura Stratta

Laura Stratta Photography

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BALMA BOVES - BORGATA MUSEO

| BALMA BOVES | MOMBRACCO Il Monte Bracco è un piccolo massiccio montuoso che si protende verso la pianura cuneese ed è separato dal resto della catena alpina dalla Colletta (609 m), il basso valico stradale che mette in comunicazione Barge con Paesana.

Il massiccio sale in modo graduale da ovest verso est con pendii coperti da prati e boschi e precipita poi bruscamente verso Envie e la pianura con balze rocciose incise da canaloni scavati dall'erosione. La zona sommitale comprende una lunga serie di elevazioni ed è ben individuabile anche da lontano; dalla cima il panorama è vastissimo; anche per questo è molto amato e frequentato dagli abitanti della zona circostante. Il Mombracco è conosciuto anche come la Montagna di Leonardo, perché questi la menziona in quanto sede di cave di quarzite “…biancha come marmo di carrara senza machule che è della dureza del porfido...” (Leonardo Da Vinci – Manoscritto B).

Il Monbracco è disseminato di balme, strutture che sfruttano la roccia come protezione naturale. Si tratta di case isolate, piccoli luoghi di ricovero e a volte intere borgate.

Laura Stratta Photography

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BALMA BOVES - BORGATA MUSEO

RMA

LA BA

Siamo nel comune di Paesana, in provincia di Cuneo, in quella che è la Valle Po. A quota 652 metri, tra le frazioni di Rocchetta e Robella, si trova il caratteristico insediamento di Balma Boves, che gli abitanti del luogo chiamano “la Barma”: un piccolo villaggio adagiato sotto un enorme tetto di roccia, che rappresenta un microcosmo agricolo autonomo perfettamente funzionante e conservato: ricovero per il bestiame, deposito degli attrezzi agricoli, forno per la cottura del pane e lavatoio. Il tutto ispirato alla più ferrea regola di economizzazione dello spazio. La balma fu probabilmente abitata già dall’età de bronzo; terminò di esserlo stabilmente nel 1961 quando l’ultimo abitante, Giuseppe Elne, se ne andò; da allora venne frequentata solo in estate, nel periodo del pascolo. Recentemente le strutture della balma sono state acquistate dal comune di Sanfront, che ne ha curato la ristrutturazione e la conservazione, in modo che diventassero fruibili al pubblico; ora la borgata è un ecomuseo gestito dall’Associazione Vesulus e ci svela il segreto degli antichi abitanti di questo villaggio: lo stretto contatto con la natura, l’autosufficienza, la cura ed il saggio sfruttamento delle risorse naturali come l’acqua, la pietra, i frutti della terra. Balma Boves è facilmente raggiungibile a piedi dalla frazione Rocchetta con circa mezz'ora di cammino. Arrivare alla Balma ha in sé qualcosa di speciale. Immersi in un ambiente di castagni secolari, dopo aver seguito alcune mulattiere selciate e delimitate da muretti a secco con lose conficcate verticalmente nel terreno (per renderli più resistenti e duraturi) si arriva ad una cascata; questa parte dalla roccia nuda e compie un salto di più di 20 metri. Al di là, e dopo una leggera svolta, ci si ritrova immersi in un microcosmo agricolo che, con le sue costruzioni e gli ambienti di vita e di lavoro, proietta il visitatore in un’epoca ormai lontana. Qui sorge l’abitato.

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BALMA BOVES - BORGATA MUSEO

LA BA MA Una balma o barma (in lingua occitana baume) è un tipo particolare di grotta antropizzata presente in aree alpine e prealpine, spesso creata dal crollo di un costone o dal distacco di un masso erratico dalla particolare struttura: è un riparo al quale la roccia fa da tetto, usato fin dall'epoca preistorica come rifugio, dapprima dagli animali e successivamente dagli uomini primitivi che ne fecero le loro prime abitazioni. E’ una cavità naturale delle rocce sotto le quali è possibile trovare copertura. Solitamente consiste in un unico vano scavato sotto un grosso masso che funge da tetto e chiuso sui lati da uno o più muri a secco.

Veniva utilizzata a bassa quota per il ricovero degli animali, del foraggio o della lettiera, a maggiore altezza si usa come ricovero di emergenza in caso di maltempo. Generalmente la balma è priva di porta, l'accesso è libero. Il termine è probabilmente di origine pre-celtica, in particolare ligure, oppure deriverebbe dal celtico “bal-men”, ossia pietra alta. Tale termine è attestato in un’area che si estende dalla Penisola iberica al Tirolo e a nord fino alla Vallonia, ma la radice celtica “balm”, ancora in uso nel cornico, irlandese e bretone, assume il significato di pozzo, miniera.

Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 48


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Laura Stratta Photography Giroinfoto Magazine nr. 48


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Si tratta di alcune strutture abbarbicate alla roccia e da essa protette, con muri in pietra e tetti piani su cui venivano ricavati i fienili. Ci sono case, stalle e cantine a volta. Ancora oggi gli attrezzi, le abitazioni, le stalle, i fienili, gli essiccatoi per le castagne, le fontane e l’antico forno ci raccontano di un tempo in cui questi luoghi furono testimoni della cosiddetta “civiltà del castagno”. Il fieno si falciava sui campi terrazzati e in estate gli armenti si trasferivano nei pascoli sospesi tra le rupi. Sulle rocce e sulle lose è ancora visibile il nero fumo: indica la presenza dei secou, gli essiccatoi per le castagne, che raccontano del sapiente utilizzo di questo frutto, fonte di sostentamento essenziale per gli abitanti del luogo.

Laura Stratta Photography

Laura Stratta Photography

Adriana Oberto Photography

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BALMA BOVES - BORGATA MUSEO

LA CIVILTÀ DEL CASTAGNO Fino a qualche decennio fa il castagno rappresentava per le famiglie contadine, e in particolar modo per le zone rurali, un importante risorsa alimentare ed economica, tanto da far parlare di “civiltà del castagno”. Il castagno è un albero maestoso e la sua diffusione è tipicamente mediterranea: nell’Europa meridionale, nell’Asia occidentale e nel nordafrica la tradizione vuole che il suo nome derivi dalla città del Ponto “Kastanus”, dove è particolarmente diffuso. Lo sfruttamento del castagno cominciò nell’Alto Medioevo; questa pianta è da sempre vissuta in simbiosi con l’uomo; dove c’era il castagno, lì è giunto l’uomo e dove non c’era l’uomo lo ha piantato. La coltura del castagno è stata un elemento indispensabile alla vita delle popolazioni delle zone montane. Il Mombracco è caratterizzato da castagneti secolari racchiusi da muri di pietra a secco, i

cosiddetti bouschet. Essi costituivano in passato la principale fonte di reddito della gente del posto. Del castagno nulla andava sprecato. Oltre ad essere nutrimento, le foglie secche cadute in autunno venivano usate come lettiera per gli animali al posto della paglia, che costava di più ed era difficile da trovare. Il legname degli alberi non più produttivi veniva usato come combustibile o per costruire oggetti e infissi. I polloni più lunghi e vigorosi (i lunghi rami cresciuti dopo il taglio di altri rami) diventavano manici per gli attrezzi o pali di sostegno nei frutteti. Alla fine della stagione della raccolta, gli scarti venivano raccolti e lasciati a marcire nel bosco in modo da ricavarne “compost”, oppure venivano bruciati per farne del fertilizzante.

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Il frutto della pianta, la castagna, nonostante sia un frutto secco, ha problemi di conservazione a lungo termine. Per poterle conservare, le castagne venivano essiccate nei secou, i locali destinati a tale uso: venivano posate in strati di 30-50 cm sopra la cheia, un graticcio di rami di nocciolo o castagno intrecciati. La cheia era un po’ come il soffitto del secou. Al di sotto veniva acceso un fuoco di legna verde che bruciava poco a poco e sprigionava molto fumo. Il processo durava dai due ai tre mesi, e il fuoco veniva mantenuto sempre acceso. Su un terreno pianeggiante, le castagne venivano battute, per separare il frutto dalle bucce, e poi setacciate con lou val, un setaccio costruito con vimini di salice. Alla fine si buttavano i frutti marci o bacati. La castagne così pronte si conservavano fino ai primi caldi di giugno. Le castagne adatte all’essicazione erano delle varietà tampurive, marioune e pougnente. Invece le ciapastroune, che sono tipiche del Mombracco e di dimensione maggiore, erano destinate al mercato fresco e costituivano un’importante fonte di reddito per le famiglie dei montanari della zona. [da “Le vie del Mombracco – la montagna di Leonardo” di Mattia Bianco e Cristian Mustazzu]

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Gli strumenti attestano alla faticosa vita dei montanari, come le lese (slitte), le cabase e i gherbioun (due tipi di gerla). Il borgo è stretto attorno alla fontana, il forno e le aie, cioè gli spazi comuni che riportano alla solidarietà necessaria alla sopravvivenza di un nucleo di famiglie in un ambiente così difficile. Nel leggere attentamente gli indizi di questa borgata non è difficile tornare indietro di cinquanta, cento, anche mille anni e immaginare quale fosse la vita dei suoi abitanti. La rinascita del sito di Balma Boves ha favorito la riqualificazione anche del territorio circostante: il mantenimento dei castagneti da frutto, l’apicoltura per la produzione del miele, allevamenti caprini e ovini e anche la coltivazione di alcuni frutti. E si sono così ristrutturate case che forse sarebbero andate in rovina, e che invece rappresentano angoli molti caratteristici e piacevoli. Il sito di Balma Boves è gestito dall’associazione Vesulus ed è aperto da Pasqua ad ottobre nei fine settimana e nei giorni festivi, con un ricco calendario di eventi. Per info: www.balmaboves.it Adriana Oberto Photography

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WORKING GROUP 2019

BAND OF GIROINFOTO La community dei fotonauti Giroinfoto.com project

ITALIA

ORINO ALL AMERICAN

REPORT

Progetto editoriale indipendente che si fonda sul concetto di aggregazione e di sviluppo dell’attività foto-giornalistica. Giroinfoto Magazine nr. 48

STORIES

GIROINFOTO MAGAZINE


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COME FUNZIONA Il magazine promuove l’identità territoriale delle locations trattate, attraverso un progetto finalizzato a coinvolgere chi è appassionato di fotografia con particolare attenzione all’aspetto caratteristico-territoriale, alla storia e al messaggio sociale. Da un’analisi delle aree geografiche, si individueranno i punti di forza e di unicità del patrimonio territoriale su cui si andranno a concentrare le numerose attività di location scouting, con riprese fotografiche in ogni stile e l’acquisizione delle informazioni necessarie per descrivere i luoghi. Ogni attività avrà infine uno sviluppo editoriale, con la raccolta del materiale acquisito editandolo in articoli per la successiva pubblicazione sulla rivista. Oltre alla valorizzazione del territorio e la conseguente promozione editoriale, il progetto “Band of giroinfoto” offre una funzione importantissima, cioè quella aggregante, costituendo gruppi uniti dalla passione fotografica e creando nuove conoscenze con le quali si potranno condividere esperienze professionali e sociali. Il progetto, inoltre, verrà gestito con un’ottica orientata al concetto di fotografia professionale come strumento utile a chi desidera imparare od evolversi nelle tecniche fotografiche, prevedendo la presenza di fotografi professionisti nel settore della scout location.

Impara Condividi Divertiti Pubblica

CHI PUÒ PARTECIPARE

Davvero Tutti. Chiunque abbia la voglia di mettersi in gioco in un progetto di interesse culturale e condividere esperienze. I partecipanti non hanno età, può aderire anche chi non possiede attrezzatura professionale o semi-professionale. Partecipare è semplice: Invia a events@giroinfoto.com una mail con una fototessera, i dati anagrafici, il numero di telefono mobile e il grado di preparazione in fotografia. L’organizzazione sarà felice di accoglierti.

PIANIFICAZIONE DEGLI INCONTRI PUBBLICAZIONE ARTICOLI Con il tuo numero di telefono parteciperai ad uno dei gruppi Watsapp, Ad ogni incontro si affronterà una tematica diversa utilizzando diverse dove gli incontri verranno comunicati con minimo dieci giorni di anticipo, tecniche di ripresa. tranne ovviamente le spedizioni complesse in Italia e all’estero. Tutto il materiale acquisito dai partecipanti, comprese le informazioni sui Gli incontri ufficiali avranno cadenza di circa uno al mese. luoghi e i testi redatti, comporranno uno o più articoli che verranno pubbliGli appuntamenti potranno variare di tematica secondo le esigenze cati sulla rivista menzionando gli autori nel rispetto del copyright. editoriali aderendo alle linee guida dei diversi progetti in corso come per esempio Street and Food, dove si andranno ad affrontare le tradizioni La pubblicazione avverrà anche mediante i canali web e socialnetwork gastronomiche nei contesti territoriali o Torino Stories, dove racconteremolegati al brand Giroinfoto magazine. le location di torino e provincia sotto un’ottica fotografia e culturale.

SEDE OPERATIVA La sede delle attività dei working group di Band of Giroinfoto, si trova a Torino. Per questo motivo la stragrande maggioranza degli incontri avranno origine nella città e nel circondario. Fatta eccezione delle spedizioni all’estero e altre attività su tutto il territorio italiano, ove sarà possibile organizzare e coordinare le partecipazioni da ogni posizione geografica, sarà preferibile accettare nei gruppi, persone che risiedono in provincia di Torino. Nel gruppo sono già presenti membri che appartengono ad altre regioni e che partecipano regolarmente alle attività di gruppo, per questo non negheremo la possibilità a coloro che sono fermamente interessati al progetto di partecipare, alla condizione di avere almeno una presenza ogni 6 mesi.

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SIGURTÀ IN COSPLAY

P A R C O

G I A R D I N O

SIGURTÀ a cura di Sergio Agrò

VALEGGIO SUL MINCIO Domenica 1° settembre presso il Parco Sigurtà si è svolta una manifestazione di Cosplay, ammetto la mia ignoranza, fino ad allora non avevo mai partecipato ad un evento Cosplay e non conoscevo il loro mondo. Ottenuto l'accredito come fotografo ufficiale dell'evento, vado alla scoperta del mondo dei Cosplay.

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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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Guardando le foto sui social non avevo avuto una buona impressione su questo fenomeno e quindi ho cercato informazioni sul mondo dei Cosplay. Iniziamo dalla parola: "Cosplay". Si tratta di una parola composta da due parole: costume & play. Quindi lo possiamo definire come un "giocare con i costumi", ovvero in particolari manifestazioni, la persona indossa il costume del suo personaggio che lo rappresenta e in quel momento è il personaggio ad impossessarsi della persona che si atteggia e si comporta proprio come il personaggio del costume. Un piccolo esempio: indosso il costume di Spiderman e da quel momento sono il personaggio di Spideman, ma non perché metto il vestito ma perché sento il personaggio dentro di me, nei miei movimenti ed espressioni. Non bisogna confondere il Cosplay con il Carnevale solo perché mancano le frittelle e i coriandoli, credo

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che fare un'affermazione del genere durante un evento Cosplay possa mettere a rischio la vostra salute! Il Cosplay è davvero tutto un altro mondo e al Parco Sigurtà ho potuto vedere realmente dei seri professionisti del Cosplay. Procedendo con ordine, l'origine di questo fenomeno non è in Italia ma negli Stati Uniti e solo di recente c'è stata un'esplosione del fenomeno in tutto il mondo. L'esigenza di essere un personaggio ha coinvolto tutte le generazioni in tutto il mondo, basta fare una ricerca scoprendo manifestazioni importanti a livello nazionale ed internazionale. Quella a cui ho partecipato è sicuramente una delle più importanti a livello nazionale. La curiosità di entrare a scattare fotografie in questo ambiente di fantasia aumenta sempre di più.

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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48

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Arrivo al parco Sigurtà, siamo a sud del lago di Garda, in provincia di Verona. Il parco è davvero grande e la biodiversità che si riesce ad incontrare è notevole. Sbrigata la fase di accredito si entra nel Magico mondo dei Cosplay. Una volta dentro decido di non girare il parco senza una meta, ma di trovare qualche punto per piazzare il mio set fotografico con la luce giusta in base all'ora, cercando eventualmente, l'ausilio dei flash, luce continua a led o il pannello riflettente.

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Comunque devo dire che tutte le persone incontrate sono state ben disponibili e i loro costumi erano davvero impressionanti per manifattura e realismo nei dettagli. Incredibili. Perfetti. Inoltre è stato interessante scambiare qualche parola e scoprire che per loro, essere Cosplay è molto di più che indossare un costume di un personaggio e che sono molto attivi sui social e durante gli eventi Cosplay in Italia e all'estero. Ho avuto modo di conoscere persone che si presentavano con un "QR code" da scansionare con il telefono, oppure con un "ashtag #", per la vecchia generazione sono le parole con anteposto il cancelletto.

Non ricordo neanche quante persone sono riuscito a fermare, quante principesse, geishe, personaggi dei fumetti, onestamente molti neanche li conoscevo ma questo è per mia ignoranza. Uno dei più simpatici sicuramente è stato "Tà" la mascotte del parco Sigurtà che si è messo in posa regalando degli scatti divertenti.

Sergio Agrò Photography

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SIGURTÀ IN COSPLAY

Ero davvero contento di aver fatto questa esperienza fotografica e non solo per aver fatto nuove conoscenze ma soprattutto per essermi confrontato con un modo diverso dal mio che alla fine mi ha solo arricchito. Le fotografie proseguivano e scatto dopo scatto, anche il caldo si è fatto sentire, devo dire che, in un parco del genere mi sarei aspettato tantissimi punti di refill di acqua e non punti dove vendono l'odiosa e poco ecologica bottiglietta di plastica, comunque è stato simpatico fare una coda di venti minuti in mezzo ai personaggi Cosplay, non capita tutti i giorni di essere in fila tra un personaggio manga e un guerriero con un'ascia enorme. Anche questo è il Magico mondo dei Cosplay. Arriva l'ora di rientrare e mentre sistemavo le mie macchine fotografiche e le luci, pensavo che magari un giorno anch'io diventerò Cosplay, ma devo ammetterlo purtroppo con c'è la taglia del costume del personaggio che vorrei essere! Dimenticavo #smile #sigurtaincosplay

Sergio Agrò

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Sergio Agrò Photography Giroinfoto Magazine nr. 48


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BERNARDO BELLOTTO 1740

VIAGGIO IN TOSCANA La mostra dell’autunno della Fondazione Ragghianti di Lucca, dedicata all’eccelso pittore veneziano Bernardo Bellotto (1722-1780), nipote di Canaletto, è al contempo un grande evento espositivo e una mostra di studio, presentandosi come un’occasione unica per ammirare alcune opere preziosissime e rare mai viste insieme, tra cui il più importante dipinto della storia avente come soggetto la città di Lucca, capolavoro di Bellotto, e cinque suoi disegni, sempre di soggetto lucchese, prestati straordinariamente dalla British Library. Un nuovo raggiungimento significativo per l’istituzione lucchese diretta da Paolo Bolpagni e presieduta da Alberto Fontana, che sta offrendo una programmazione sempre più ricca e originale nel panorama italiano.

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Jacopo Valentini Photography


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La mostra, realizzata con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e grazie al supporto di Banco BPM come main partner, vuole illustrare il viaggio di Bernardo Bellotto in Toscana, uno dei temi più affascinanti del vedutismo settecentesco. L’artista ricevette infatti la propria formazione nello studio di Canaletto quando quest’ultimo era al culmine della sua fama, alla fine degli anni Trenta del Settecento. Bellotto assorbì i modelli e le tecniche compositive dello zio con una capacità di emulazione tale da ingannare gli stessi contemporanei. L’eredità del maestro è alla base di tutta la sua opera, ma non appena il giovane Bellotto iniziò a viaggiare fuori da Venezia – e il soggiorno in Toscana è il primo e fondamentale a questo riguardo – sviluppò il proprio stile espressivo in maniera originale, accentuando il rigore prospettico e il realismo della rappresentazione.

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I più recenti studi archivistici hanno permesso di datare questo viaggio di Bellotto al 1740, due anni prima rispetto a quanto si ritenesse, evidenziandone così l’importanza come manifesto della precocità artistica del pittore, allora diciottenne. La documentazione riscoperta consente anche di vedere in lui il pioniere della pittura di veduta a Firenze e a Lucca, al servizio dell’aristocrazia toscana.

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BERNARDO BELLOTTO 1740

Jacopo Valentini Photography

Il focus di questa mostra, curata da Bożena Anna Kowalczyk, tra i maggiori studiosi di Canaletto e Bellotto, è il nucleo di vedute di Lucca, con il dipinto che raffigura piazza San Martino proveniente dalla York City Art Gallery e i cinque disegni di diversi luoghi intorno alla cattedrale e alla chiesa di Santa Maria Forisportam eccezionalmente concessi dalla British Library. Questo gruppo di opere, mai esposte insieme – i disegni, incollati in un album del primo Ottocento già di proprietà del re Giorgio III d’Inghilterra, e poi di Giorgio IV, saranno per la prima volta staccati – fornisce una documentazione straordinaria della città di Lucca nel Settecento. Accanto alle opere di soggetto lucchese sono inoltre presentate alcune delle vedute conosciute di Firenze realizzate da Bellotto durante e a seguito della sua visita in Toscana, come Piazza della Signoria, Firenze Giroinfoto Magazine nr. 48

e L’Arno dal Ponte Vecchio fino a Santa Trinità e alla Carraia, entrambe del 1740, provenienti dal Szépmúvészeti Múzeum di Budapest; L’Arno verso il Ponte Vecchio, Firenze e L’Arno verso il ponte alla Carraia, Firenze, ambedue del 1743-1744, provenienti dal Fitzwilliam Museum di Cambridge; e il disegno a penna e inchiostro Capriccio architettonico con un monumento equestre del 1764, dal Victoria & Albert Museum di Londra, che documenta la visita di Bellotto a Livorno. Sono inoltre esposti anche altri magnifici dipinti di Luca Carlevarijs, Giuseppe Zocchi e di alcuni anonimi ma talentuosi artisti che, a Lucca, eseguirono copie dell’eccezionale veduta di piazza San Martino realizzata da Bellotto, a testimonianza della ricaduta che la presenza fondamentale di quest’opera ebbe in città.


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Altro manufatto di eccezionale valore e interesse per i visitatori è la camera ottica in legno, vetro e specchio usata da Canaletto e concessa in prestito dal Museo Correr di Venezia. Il viaggio di Bellotto fu patrocinato dal conoscitore e antiquario veneziano Anton Maria Zanetti di Girolamo (1680-1767), che era in stretto contatto con i più importanti collezionisti toscani. Bellotto ebbe peraltro occasione di vedere a Lucca quattro magnifiche vedute di Venezia di suo zio Canaletto, commissionate nel 1725 dal nobile mercante Stefano Conti (1654-1739). Questa fitta rete di relazioni artistiche, che assicurò il successo del giovane pittore, è illustrata in mostra da una serie di documenti originali dell’epoca: libri, lettere, ricevute di pagamento per commissioni di opere, provenienti dalla Biblioteca Statale di Lucca.

Alla fine del percorso della mostra saranno esposti i loro lavori, realizzati negli stessi luoghi che Bellotto vide nel 1740. L’allestimento della mostra, raccolto e prezioso, con una sala nei toni del blu di Prussia dove ammirare la splendida opera di Bellotto e i disegni della British Library, è a cura della nota architetta veneziana Daniela Ferretti. Accompagna la mostra un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale ed Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’arte, a cura di Bożena Anna Kowalczyk, con saggi sull’artista e sulla sua produzione in Toscana, nuove e inedite ricerche storiche e archivistiche svolte per questa esposizione, nonché i risultati delle analisi più innovative riguardanti la tecnica e i procedimenti utilizzati da Bellotto per la realizzazione dei suoi dipinti e disegni, qui per la prima volta confrontati.

Per avere uno sguardo contemporaneo sul celebre quadro di Bellotto su piazza San Martino sono stati chiamati due giovani fotografi selezionati grazie alla collaborazione con il Photolux Festival di Lucca (16 novembre - 8 dicembre 2019): Jakob Ganslmeier (Monaco, 1990) e Jacopo Valentini (Modena, 1990), ospitati “in residenza” estiva alla Fondazione Ragghianti. Giroinfoto Magazine nr. 48


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BERNARDO BELLOTTO 1740

Jakob Ganslmeier Progetto fotografico per la mostra Bernardo Bellotto 1740. Viaggio in Toscana Fondazione Ragghianti, Lucca 12 ottobre 2019 - 6 gennaio 2020

La poetica del frammento

Le opere di Bernardo Bellotto raffiguranti le piazze di Lucca e di Firenze sono sempre ben bilanciate dal punto di vista prospettico. Inoltre le immagini sembrano essere dipinte in una luce ideale, per ottenere uno sguardo d’insieme perfetto. La reinterpretazione fotografica che Jakob Ganslmeier propone delle opere di Bellotto prende le mosse dalla finalità di opporre a questa visione complessiva molti piccoli momenti, còlti in differenti situazioni luminose. Ciò produce l’effetto di un mosaico di frammenti, che dànno vita, nella somma di minuti dettagli, a una “nuova” grande immagine contemporanea di queste città della Toscana.

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Jakob Ganslmeier Photography


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Jakob Ganslmeier Photography Jakob Ganslmeier, nato a Monaco di Baviera nel 1990, vive e lavora a Berlino. Ha studiato alla Ostkreuz School of Photography di Berlino, dove si è diplomato con Sybille Fendt. Lavora come fotografo freelance e i suoi lavori sono stati esposti in Germania e all’estero (House of Photography Deichtorhallen di Amburgo, Fondation Calouste Gulbenkian di Parigi, Nobel Peace Center di Oslo, Brandenburgisches Landesmuseum für moderne Kunst di Cottbus, Centre d’art Passerelle di Brest…) e hanno ricevuto premi e riconoscimenti internazionali, tra cui lo European Photo Exhibition Award, il Lotto Foundation Young Talent Artprize, l’Aenne Biermann Award e il German Youth Award. Il suo interesse si concentra su progetti a lungo termine, che esplorano i diversi aspetti del contemporaneo. Nel 2014 è stato tra i cofondatori di FOG, una piattaforma che lavora per dare visibilità ai progetti documentari sulle riviste cartacee e online.

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Jacopo Valentini Progetto fotografico per la mostra Bernardo Bellotto 1740. Viaggio in Toscana Fondazione Ragghianti, Lucca 12 ottobre 2019 - 6 gennaio 2020 TO HIDE AND EXTENDING Jacopo Valentini ha avviato questo progetto a seguito dell’invito della Fondazione Ragghianti a svolgere un lavoro in residenza su alcune opere di Bernardo Bellotto, il quale, nel 1740, realizzò vedute di Lucca: era allora un giovanissimo pittore, aveva soltanto diciotto anni. La città toscana è, dal punto di vista di Valentini, difficilmente fotografabile, in quanto molto connotata. Da qui l’idea di andare ad analizzare l’approccio di Bellotto. Come si relazionò con la città? A che altezza si pose? Jacopo Valentini ha pensato di utilizzare un punto di vista alternativo, sia fisico sia di contenuto. I “trittici” Ogni veduta si compone di tre fotografie verticali, che vanno a comporre una veduta orizzontale, come quelle di Bellotto. A Valentini interessano l’approccio orizzontale di Bellotto e la sua metodologia di accostare diverse inquadrature per giungere al risultato finale. Guardando le sue opere, si rimane colpiti dalla frammentazione: sembrano scomponibili in aree più piccole; così Valentini ha pensato di realizzare una frammentazione a livello di forma e di contenuto.

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Le sue fotografie sono realizzate da un unico punto di vista, scelto in base allo sviluppo della città e tenendo conto dello sguardo di Bellotto. In seguito, tramite un’ottica decentrabile, rimanendo fermo in un punto Valentini ha potuto dialogare con i limiti che il suo apparecchio fotografico gli poneva. Il punto di vista scelto è quello al livello del terreno, e la decisione non è causale. Bernardo Bellotto soggiornò a Lucca ed ebbe a disposizione mezzi e tempistiche differenti. Jacopo Valentini ha quindi pensato che fosse interessante dialogare con ciò che aveva a disposizione, trovando interessante riflettere su che cosa si veda ad altezza d’uomo all’interno di una fotografia.

Jacopo Valentini (1990) vive tra Modena e Milano. Nel 2017 ottiene due lauree rispettivamente allo IUAV di Venezia e all’Accademia di Architettura di Mendrisio. Nello stesso anno vince la “101ª Collettiva Giovani Artisti” alla Fondazione Bevilacqua La Masa. Nel 2019 è selezionato per “Giovane Fotografia Italiana #07”, all’interno del circuito ufficiale di Fotografia Europea a Reggio Emilia. Jacopo Valentini ha esposto in istituzioni e spazi privati sia in Italia sia all’estero: Chiostri di San Domenico a Reggio Emilia, La Triennale di Milano, Centro per l’Arte Contemporanea Pecci di Prato, Museo Fattori di Livorno, RIBA di Londra, Fondazione Fabbri di Treviso, Campo Space di Roma, Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, Politecnico di Milano, Centro Culturale San Fedele di Milano, Museo Navile di Bologna. Collabora con l’artista fotografo Stefano Graziani, per cui svolge il ruolo di assistente presso l’ISIA di Urbino.

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MAREMMA TOSCANA

Esiste un luogo magico dove le spiagge non sono affollate e passeggiando si può incrociare lo sguardo sfuggente di qualche animale. Un ambiente “wild” circondato da distese di sabbia desertiche e pinete che si estendono per kilometri. Il paradiso incontaminato racchiuso nel Parco della Maremma Toscana si estende per 9800 ettari lungo costa, dal paese di Principina a Mare fino a Talamone.

L’inizio di questo viaggio ci ha portati ad Alberese, un piccolo borgo intriso di storia e situato nel cuore della Maremma, in provincia di Grosseto, da cui si raggiunge la più conosciuta spiaggia del parco che, nonostante la sua notorietà mantiene sempre il caratteristico aspetto puro e selvaggio, grazie anche ad un ingresso a numero chiuso ed un assiduo controllo da parte dei guardiaparco.

A cura di

Claudia Lo Stimolo

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Claudia Lo Stimolo Photography Giroinfoto Magazine nr. 48


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Claudia Lo Stimolo Photography

Per raggiungerla si percorre una strada che passando all’interno della riserva permette di ammirare diversi animali tenuti allo stato brado. Tra i più caratteristici e simbolici abbiamo incontrato un magnifico esemplare di bovino, dal colore chiaro tra il bianco ed il grigio: il toro maremmano. Elemento distintivo di questo bovide sono le sue lunghe corna color avorio dalla punta nera che, negli adulti, possono anche superare il metro di lunghezza. Durante la traversata abbiamo osservato che le mandrie di vacche e vitelli erano controllate, nei loro spostamenti, da cowboy italiani in sella a cavalli maremmani. Nella tradizione toscana sono chiamati “butteri", abbigliati con calzoni di fustagno, cosciali, giacca di velluto e cappello nero e con in mano la caratteristica mazzarella, un bastone impiegato per stimolare buoi e cavalli. Quest’ultimi, anch’essi nati e cresciuti allo stato brado, sono caratterizzati da un mantello scuro e una corporatura robusta: la razza viene ancora oggi utilizzata per rincorrere e marchiare il bestiame.

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| MAREMMA R E PROERPTOARGTEA G| E ASTI 2019 - DOPPIO TOSCANA PALIO

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Vi sono innumerevoli ed affascinanti itinerari per raggiungere la spiaggia: percorsi di trekking, traversate con le canoe negli specchi d’acqua, mountain-bike, cavallo. Tutti consentono di valicare la natura selvaggia che costeggia un mare unico e cristallino, sperimentando sempre nuove emozioni. Per apprezzare al meglio la tranquillità , abbiamo deciso di sfruttare le prime ore del mattino per fare una passeggiata. Lungo il litorale, che si estende per circa 5 km, abbiamo notato delle capanne dall'aspetto primitivo, costruite con tronchi e rami dal caratteristico color bianco, effetto di una prolungata esposizione al sole, al tempo e all'acqua del mare. Camminando, tra le ampie dune sabbiose, abbiam potuto osservare le tracce degli animali transitati durante la notte: dalle impronte di daini e volpi fino alle orme del lupo. All'interno del Parco sono presenti varie specie di ungulati, come daini, caprioli e cinghiali, e predatori importanti come il lupo e il gatto selvatico, quest'ultimo recentemente tornato a popolare il territorio toscano.

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Dalla costa svettano le torri, presenti lungo l’intero litorale; furono costruite in funzione anti corsara, dislocate sui vari promontori per offrire una visibilità maggiore in difesa del territorio. Nel nostro percorso abbiamo raggiunto il sentiero che conduce fino alla torre di Collelungo da cui si può godere di un panorama mozzafiato sul mare e sulle isole dell’arcipelago toscano. Volgendo lo sguardo più a nord, in direzione della Bocca dell’Ombrone, l’ambiente muta. Le dune di sabbia lasciano spazio ad un paesaggio palustre, ricco di stagni e paludi. Queste aree umide rappresentano un’ importantissima area di svernamento per numerose specie di uccelli acquatici che si possono osservare da vari punti

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dedicati all'attività di birdwatching. Abbiamo proseguito il nostro viaggio spostandoci a sud dei monti dell’Uccellina, dove sul promontorio dell’antica rocca, sorge Talamone, piccolo borgo abitato ancor oggi dai pescatori che si affaccia sul bellissimo Golfo dell’Argentario. Si narra che il nome Talamone derivi dall’omonimo eroe greco che approdò su queste coste al ritorno dalla Calabria e che alla sua morte fu sepolto proprio sotto la rocca. Alcuni ritrovamenti, portano le origini ai tempi del Neolitico ma per certo si sa che furono prima gli etruschi e in seguito i romani ad abitare il promontorio.

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Claudia Lo Stimolo Photography

Salendo in cima alla rocca si può ammirare uno dei paesaggi più emozionanti di questo tratto del Mar Tirreno. Le acque si tingono di colori brillanti, dal blu scuro al verde smeraldo, mostrando in trasparenza un fondale ricco di fauna marina. La nostra attenzione è stata catturata da una caletta di ghiaia circondata da speroni rocciosi, all'interno della quale sorge il caratteristico “Bagno delle donne” che racchiude una storia di altri tempi: fino agli anni '50, ai single dell'epoca, sia uomini sia donne, non era consentito frequentare la stessa spiaggia. Così il tratto di mare antistante, separato dagli scogli e definito ancora dagli abitanti del paese “il salotto”, rappresentava un luogo di incontro “segreto” dove gli sguardi si potevano incrociare.

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IN PRINCIPIO FU GRETA

I N P R I N C I P I O F U G R E TA A cura di Giuliano Guerrisi

Tutto cominciò con Greta. Era il 20 agosto 2018 quando la studentessa svedese Greta Thunberg decise di non frequentare la scuola fino alle elezioni del 2018 in Svezia, come forma di protesta in relazione alle ondate di calore anomale e agli incendi scoppiati in Svezia.

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Iniziò a manifestare davanti al Parlamento con un cartello che recitava Skolstrejk för klimatet (Sciopero scolastico per il clima). Ciò che chiedeva al governo svedese era di portare avanti delle azioni concrete al fine di ridurre le emissioni di anidride carbonica, in base all'Accordo di Parigi. Dopo le elezioni decise di manifestare ogni venerdì, coniando lo slogan Fridays For Future. Il suo urlo di protesta, contro coloro che stanno rubando il futuro di Greta e quello di tutti gli abitanti del pianeta, ebbe un eco mondiale. Grazie alla sua determinazione, nel dicembre 2018 fu invitata alla Conferenza sul clima COP24 di Katowice in Polonia, dove tenne un discorso che fece il giro del mondo. Nel 2019 è stata invitata a partecipare a diversi forum internazionali: i suoi discorsi sono sempre pieni di accuse contro i leader mondiali. Greta è diventata un vero fenomeno social. Un fenomeno fortemente positivo e capace di richiamare in questa battaglia, contro l'inerzia dei governanti di fronte agli evidenti fenomeni causati dai cambiamenti climatici, milioni di giovani studenti come lei, ma non solo.

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Ispirate dall’attivismo di Greta iniziarono ad affiorare diverse manifestazioni, sparse per tutto il mondo. I primi due scioperi mondiali sono stati il 15 marzo e il 24 maggio del 2019. Venerdì 27 settembre 2019, terzo sciopero globale per il clima: Friday For Future.

partecipanti con scritte colorate, ironiche e goliardiche: “Ci avete rotto i polmoni”, “Non esiste un pianeta B”, “Fate l’amore, non la CO2”.

Hanno aderito alla manifestazione 27 paesi nel mondo, in Italia più di 160 città si sono rese protagoniste. Torino è stata una delle città più attive, persino Greta ha voluto postare sul suo profilo Instagram una foto che raccontava il flusso di persone che affollava via Cernaia. Il centro città è stato invaso da un fiume di persone: un corteo pacifico che si è snodato da piazza Statuto e ha percorso tutta via Cernaia e via Po, per poi terminare in piazza Vittorio Veneto.

L’aria che si percepiva era di speranza e di voglia di far sentire la propria voce contro un futuro che sembra già scritto se non si attuano al più presto azioni concrete e immediate di fronte ai cambiamenti climatici.

Protagonisti della manifestazione sono state le persone di ogni fascia di età, dai bambini accompagnati dai genitori, agli studenti di scuole medie e superiori in grandissimo numero, fino alle persone più adulte. Migliaia di cartelloni e striscioni sono stati esposti dai Giroinfoto Magazine nr. 48

Persone, colori, cartelloni, slogan, musica, canti… speranza.


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I cambiamenti climatici sono una realtà che sta minacciando l’intero pianeta e continuerà a farlo. Il riscaldamento globale, causato dalle emissioni di gas serra avranno effetti catastrofici: come l’innalzamento del livello del mare, l’incremento delle ondate di calore e dei periodi di intensa siccità, le alluvioni, l’aumento, per numero e intensità, delle tempeste e degli uragani. Questi fenomeni avranno un impatto su milioni di persone, danneggeranno la produzione alimentare, e minacceranno specie di importanza vitale, habitat ed ecosistemi. Il legame tra i cambiamenti climatici e la salute globale è intenso e scientificamente dimostrato: l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che i cambiamenti climatici causeranno ulteriori 250.000 morti all’anno entro il 2030. Per mitigare l'effetto dei cambiamenti climatici, dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni, o meglio ancora eliminarle del tutto. Nonostante ci sia, nella comunità scientifica, un consenso pressoché unanime sul fatto che i cambiamenti climatici siano in atto, e che essi siano causati principalmente dalle emissioni di gas serra prodotti dalle attività antropiche, i governi e le aziende stanno rispondendo con colpevole lentezza.

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L’urlo disperato di Greta è stato solo il primo piccolo grande passo verso un percorso lungo e difficile, che l’intera umanità deve inevitabilmente compiere: “…io ho imparato che non sei mai troppo piccolo per fare la differenza. Se alcuni ragazzi decidono di manifestare dopo la scuola, immaginate cosa potremmo fare tutti insieme, se solo lo volessimo veramente” (dal discorso di Greta Thunberg alla Conferenza sul clima COP24 del 2018 di Katowice, Polonia).

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