C ap i tol o _ I
1 INTRO POLIMERI I materiali plastici sono considerati materiali artificiali, anzi «i» materiali artificiali per eccellenza. In realtà sono sostanze organiche che hanno origine da risorse naturali - carbone, sale comune, gas e, per la parte più consistente, petrolio - trattate attraverso processi industriali fino ad ottenere, per sintesi molecolare, polimeri sintetici. La chimica è dunque impiegata per trasformare la sostanza originaria nella materia prima lavorabile (granuli, polveri, filamenti). Le sedimentazioni millenarie che hanno generato il petrolio - frutto della decomposizione di animali e vegetali vissuti milioni di anni fa - possono condurre ad una lettura dei materiali plastici del tutto opposta a quella consueta: la loro artificialità è data dalle operazioni di trasformazione necessarie per il loro impiego, non dalla loro natura. Alla stessa famiglia delle plastiche appartengono i polimeri naturali, di cui noi non ci occuperemo, di derivazione animale e vegetale che però, a differenza di quelli sintetici, sono rinnovabili e possono essere impiegati senza processi chimici. I materiali polimerici di sintesi hanno vastissime applicazioni e sono insostituibili anche nella vita di tutti i giorni. Pongono comunque un problema ambientale, legato alla rinnovabilità delle loro fonti e al loro riciclo e smaltimento .
3
C ap i tol o _ I
CENNI STORICI
1832 Berzelius conia il termine “polimerico” per indicare due composti chimici caratterizzati dalla stessa formula empirica, ma diverso peso molecolare.
I materiali polimerici sono materiali relativamente recenti che devono la loro comparsa allo sviluppo della moderna chimica di sintesi a partire dal XVIII secolo.
1963
/// POLIMERI
1843 Charles Goodyear scoprì la VULCANIZZAZIONE: aggiungendo zolfo al lattice gomma seguita da riscaldamento maggior resistenza ai solventi e elasticità.
1954 Ziegler e Natta ottengono il PREMIO NOBEL per la chimica come riconoscimento dei loro studi sui polimeri.
4
1839
Charles Goodyear e Charles Machintosh scoprirono l’EBANITE: la vulcanizzazione prolungata della gomma naturale in presenza di eccesso di zolfo produceva
il chimico tedesco Karl Ziegler sintetizza il polietilene PE
1855 feziona la sintesi della NITROCELLULOSA
1939 viene prodotta la prima FIBRA POLIESTERE, il TERYLENE e sintetizzato il POLIURETANO da William Hanford e Donald Holmes.
1861 Hilaire Bernigaud inventò il RAYON: partendo dalla cellulosa nitrata produsse delle si otteneva un tessuto che aveva la stessa lucentezza della seta.
caratterizzata da un elevato potere dielettrico
1941
1953 il chimico italiano Giulio Natta produce il POLIPROPILENE ISOTATTICO (commercializzato con il nome MOPLEN)
1845
1863 Alexander Parkes utilizzando il nitrato di cellulosa (scoperto da 1845) preparò la PARKESINA primo polimero sintetico venduto su scala industriale in fogli.
1935 viene sintetizzato etilene (o PTFE, commercializzato come TEFLON nel 1950)
George Eastman inventò la PELLICOLA FOTOGRAFICA che sostituì la lastra di vetro
J.Wesley Hyatt inventò la CELLULOIDE, prima materia plastica sintetica.
Frederick Walton produsse il LINOLEUM partendo da olio di lino e estratti di resine vegetali.
venivano stesi in precedenza un preparato di gelatina e sali d’argento.
1928 W. Carothers (DuPont) produce l’esametilendiammina (NYLON)
1888
1869
1926 viene inventato il polistirene PS e il polietilene PE e il polimetacrilato PMMA
1907 il processo di produzione del PVC, polivinilcloruro.
Leo H. Baekeland inventò la BACHELITE usando il fenolo e la formaldeide. La Bachelite è una sostanza dura e resistente ai solventi.
Il termine ‘polimero’ (dal greco poly-, molte, e méros, parte) vuol dire ‘costituito di molte par- ti’, ed è stato usato in elaborate dalla Commissione di nomenclatura macromolecolare dell’Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC), di cui l’Au- tore ha fatto parte per alcuni anni (Metanomski 1991). Un polimero è una sostanza composta da molecole, caratterizzate dalla ripetizione multipla di unità strutturali chimiche, costituite da una o più specie di atomi o gruppi di atomi legati tra loro (unità costituzionali, nella terminologia IUPAC), in modo da formare catene. I primi studi sui polimeri sintetici si devono a Henri Braconnot nel 1811, il quale ottenne dei composti derivati dalla cellulosa. Poi le scoperte dell’inglese Alexander Parkens - padre della Parkesina - e dell’americano Charles Goodyear che inventò il processo di vulcanizzazione della gomma naturale, segnarono nel giro di due anni (1839 - ’40) l’avvio dell’industria delle plastiche e degli elastomeri che portò ad all’ebanite - e alla conseguente invasione di bambole, penne, pettini, bottoni, dentiere, maniglie, realizzate con questi
da Leo Baekeland, considerato il padre della plastica, che riuscì dove molti altri avevano fallito prima di lui: ottenere una ma- teria per sintesi partendo da componenti chimici semplici. Era nata la Bakelite, che inaugurò l’era moderna dell’industria delle plastiche di sintesi. I pochi decenni che ci separano dalle scoperte di Charles Goodyear, di Leo Baekeland, dal Moplen di Giulio Natta, l’estraneità dei processi di policondensazione e polimerizzazione, i nomi così ostici dei materiali sintetici e, più in generale, i timori più o meno fondati che accompagnano la loro produzione, rendono le
2 STRUTTURA CHIMICA
C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
POLIMERIZZAZIONE
FORMA DELLE MOLECOLE
La polimerizzazione è una reazione chimica per cui più molecole di uno stesso uniscono per formare una molecola più grande (polimero) a peso molecolare più alto. 109,7°
La polimerizzazione addizione semplicemente per somma delle molecole del monomero a formare un polimero (per esempio nel caso del polietilene dall’etilene); POLIMERIZZAZIONE PER ADDIZIONE
H
H
H
H
H
H
H
C
C
C
C
C
C
C
H
H
H
H
H
H
H
Etilene
Polietilene oppure per condensazione detta policondensazione le molecole del monomero è accompagnata da eliminazione di molecole
INIZIO POLIESTERE
HO
H
H
C
C
H
H
glicole etilenico (alcol bifunzionale)
OH
HO
O
H
O
C
C
C
H acido malonico (acido bicarossilico)
OH
HO
H
H
C
C
H
H
O O
C
Gruppo alcolico
le molecole assumono forme complicate.
O
C
C
OH
HO 2
Gruppo acido
109,7° interagisce con il gruppo acido del poliestere o con un acido malonico che catena si allunga per l’accrescimento del polimero. Il grado di polimerizzazione indica il numero medio di monomeri presenti nella molecola di un polimero. Per le materie plastiche il grado di polimerizzazione va riferito al peso molecolare medio numerico(Mn) oppure al peso molecolare medio ponderale (Mw) delle macromolecole che costituiscono la miscela polimerica. Il grado di polimerizzazione è il
xn= 8
/// POLIMERI
M M0 9
C ap i tol o _ I
STRUTTURA DEI POLIMERI Le catene polimeriche sono solitamente costituite da molecole organiche i cui principali componenti sono carbonio e idrogeno Polimero a catena lineare
Le catene polimeriche sono e si originano dal concatenamento di monomeri mediante legami covalenti. Il numero di unità monomeriche in una catena polimerica è generalmente compreso fra 1000 e 10 000.
le unità monomeriche o semplicemente monomeri. Si parla di omopolimero ripete lo stesso monomero). Si parla invece di copolimero
Omopolimero
Copolimero
LEGAME COVALENTE
Legame covalente
Un legame covalente è un legame chimico in cui due atomi mettono in comune delle coppie di elettroni spaiati. Ciò avviene perché gli atomi
molecola.
POLIMERI SINTETICI
C
C
H
C
H H H H
H
H
H
H
C
C
C
H
H
H
C
Proteine, i Polisaccaridi ed i polimeri Termoplastici e Termoindurenti . Di Uno degli aspetti che maggiormente distingue una macromolecola sintetica da una semplice molecola organica è l’impossibilità di assegnare un peso molecolare esatto al polimero naturale:durante la reazione di polimerizzazione si formano catene polimeriche di diversa lunghezza (cioè polimero è sempre allo stato solido, aumentando la temperatura si rompono le forze attrattive (legami intermolecolari) tra le macromolecole e il sistema,
H
C
C
H
C C
PROTEINE POLISACCARIDI
H
H
H
ELASTOMERI
H H
TERMOPLASTICI TERMOINDURENTI
H
C
H
H
C
H
NATURALI
I polimeri possono poi essere di origine naturale o sintetica.
H
H
H
11
C ap i tol o _ I
AMORFO Copolimeri alernati
Catene disposte senza nessun ordine reticolare
Copolimeri random SEMICRISTALLINO
Copolimeri a blocchi
Zone amorfe e catene disposte secondo un ordine tridimensionale a lungo raggio.
Copolimeri a innesto
Per capire la struttura dei polimeri allo stato solido è necessario valutare la disposizione spaziale delle catene polimeriche nel loro insieme. Allo stato solido i polimeri possono avere una struttura amorfa o semicristallina. Nella struttura amorfa la disposizione delle catene è casuale,non ha cioè un ordine tridimensionale a lungo raggio. Nella struttura semicristallina,invece, le zone amorfe si alternano con zone ordinate. Nelle zone ordinate, chiamate lamelle, si realizza una disposizione ordinata di segmenti di catene che risultano essere planari. Una stessa catena può entrare per ripiegamento in una lamella di cui è parzialmente parte o far parte di una lamella distinta. I segmenti di catena nello spazio interlamellare sono caratterizzati da una disposizione casuale e costituiscono la zona amorfa. Una catena polimerica, tuttavia, non è caratterizzata solo dalla sua composilunghezza e l’architettura. La lunghezza delle catene polimeriche può essere espressa mediante due parametri: -numero di unità monomeriche presenti nella singola catena (grado di polimerizzazione), -massa molecolare M.
CATENE NON RETICOLATE
In un polimero però non tutte le catene hanno la stessa lunghezza, pertanto Un polimero avente massa molecolare M1 comprende anche catene con
Omopolimero lineare
catene lineari
valore medio M1. In termini di architettura diverse categorie: CATENE NON RETICOLATE (polimeri termoplastici)
CATENE RETICOLATE
: segmenti di catene si dipartono dalla principale -catene lineari : non ci sono segmenti che partono dalla principale CATENE RETICOLATE ponte fra le catene.Le catene reticolate sono generalmente ottenute mediante reazioni chimiche che avvengono durante la fase di polimerizzazione pere il legame chimico fra due atomi e si misura in Kcal/mole.
-
Omopolimerio reticolato
13
C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
3 CLASSIFI CAZIONE
14
/// POLIMERI
15
C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
POLIMERI AMORFI
vetro
9
10
gomma Applicazioni non strutturali
6
10 E
Vetroso
T
Gommoso
Liquido
Tg
Andamento del modulo E con l’aumento della Temperatura per un polimero amorfo
Come già visto in precedenza, i presentano una struttura disordinata allo stato solido,cioè priva di ordine e regolarità a lungo raggio nella disposizione spaziale delle catene molecolari. Da un punto di vista termico,essi sono caratterizzati da una sola temperatura,denominata temperatura di transizione vetrosa Tg. A temperature inferiori alla transizione vetrosa il materiale è detto vetroso ed è vetrosa (T>Tg) il materiale è gommoso
9
10 10
6
nello spazio; delle catene che costituiscono il polimero, ma conserva il disordine strutturale caratteristico dello stato amorfo.
E
traduce in una dipendenza della rigidità del materiale, ossia nel suo modulo elastico E, dalla temperatura. A seconda che la temperatura di transizione vetrosa di un polimero sia
Tg Tg+20°
T
vetro
9
gomma
10
Applicazioni strutturali
6
10 E
Tg-20° Tg
T
Campo d’utilizzo dei polimeri (termoplastici) -20° prima di Tg il materiale è vetroso,strutturale -20° dopo Tg il materiale è gommoso,non strutturale
9
10
6
10 E
T
vetro
gomma
Applicazioni strutturali
Applicazioni strutturali
Tg-20° Tg+20° Tg
Campo d’utilizzo dei polimeri
vetroso o gommoso. Il polistirene (PS),il polimetacrilato (PMMA) il polivinilcloruro (PVC) il policar-
- Per T<<Tg (materiale vetroso) il materiale ha un comportamento fragile, associato a uno snervamento per crazyng: modulo e resistenza elevata e deformazione a rottura modesta; sizione vetrosa (T<Tg, materiale vetroso), il materiale tende a snervare per scorrimento: aumenta la deformazione rottura ma la resistenza si riduce, a indicare un attenuazione del comportamento fragile del materiale; - Per temperature superiori alla T>Tg (materiale gommoso) si osserva un modeformazioni a rottura ancora più elevate,ma la resistenza è molto modesta.
-20° prima di Tg il materiale è vetroso,strutturale -20° dopo Tg il materiale è gommoso,strutturale
di un materiale amorfo vetroso il recupero dalla deformazione sarà totale; all’avvicinarsi della temperatura alla Tg il recupero sarà parziale; mentre per un polimero amorfo gommoso il reupero dalla deformazione sarà completo solo nel caso di un polimero reticolato.
POLIMERI AMORFI NON RETICOLATI L’impiego dei strutturali ratura di transizione vetrosa Tg, (T<Tg)
(termoplastici) in applicazioni -
plicazione di un carico anche per tempi prolungati. Questo campo “inizia” a e tende a fratturarsi. A temperature superiori alla Tg i polimeri termoplastici possono essere usati ma per applicazioni non strutturali forma sotto l’applicazione di un carico.Il campo è limitato a alte temperature
della lunghezza delle catene (massa molecolare).La massa molecolare è diretPOLIMERI AMORFI RETICOLATI
tra le catene. Il grado di reticolazione di un polimero reticolato è correlato con il numero dei legami intermolecolari. Un aumento dei legami comporta un aumento del modulo E (diminuisce l’elasticità,aumenta la tenacità) a temperature superiori alla temperuta di transizione vetrosa, in relazione a una diminuzione di
L’impiego dei
in applicazioni strutturali è invece temperature superiori alla Tg.
intermolecolari. Aumentando la temperatura in corrispondenza delle temperature di transizioCome già accennato, la dipendenza del modulo di un materiale dalla temperatura è un aspetto particolare di una più generale dipendenza del suo comportamento meccanico dalla temperatura stessa: la risposta meccanica di un In generale, per i
16
/// POLIMERI
si osservano i seguenti comportamenti:
17
C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
Fattori che possono ostacolare la cristallizzazione di un polimero
POLIMERI SEMICRISTALLINI
FATTORE
ESEMPIO
MOTIVO
Polipropilene atattico vetro
9
gomma
fluido
10
6
10 E
T
Tg
Tm
Andamento del modulo E con l’aumentare della temperatura per un polimero semicristallino.
Temperatura di fusione (Tm) Temperatura alla quale i polimeri semicristallini passano dallo stato di solidi cristallini a uno di
Mancanza di stereoregolarità
I polimeri semicristallini sonocostituiti da due fasi distinte: una fase amorfa e una cristallina. La fase amorfa, è caratterizzata dalla temperatura di transizione vetrosa Tg La fase cristallina è invece caratterizzata da temperatura di fusione, indicata con Tm, rappresentativa di un passaggio di stato, da uno stato ordinato, il solido cristallino, a uno stato
H CH3 H CH3 H H H CH3
H H
H
H
H CH3 H
Polipropilene delle catene
All’aumentare della temperatura non si ha più distinzione tra le due fasi (T>Tm). Per temperature inferiori alla temperatura di transizione vetrosa della fase amorfa, il modulo elastico ha valori alti. Per temperature comprese tra la Tg e la temperatura di fusione, il modulo ela-
Monomeri diversi
(copolimero statistico)
Polipropilene atattico
Irregolarità di
H
Irregolarità di costituzione e
Irregolarità di costituzione
a seconda della percentuale di cristallinità presente nel materiale. Per tempe-
vetro
9
gomma
fluido
10
Per costituzione regolare si intende la presenza di un ordine con gli atomi o gruppi, di atomi, si ripetono lungo la catena. Questa condizione è sempre omopolimeri ne: la disposizione di atomi e gruppi atomici nello spazio deve ripetersi con regolarità la cui unità ripetitiva è simmetrica come nel polietilene. Qualora l’unità ripetitiva fosse asimmetrica, come per il polipropilene, esistono dei catalizzatori che assicurano in fase di sintesi del polimero l’ottenimento di una catena
Applicazioni strutturali
6
10 E
T
Tg
Tm
Campo di temp. di utilizzo di un polimero semicristallino. 1-prima di Tg il materiale è vetroso e fragile 2-dopo Tg il materiale è tenace,con deformazioni possibili elevate prima di arrivare a rottura
polimerica, mentre nel polimero sindiotattico ha una disposizione alternata. stereoregolare.
COMPORTAMENTO MECCANICO A TRAZIONE DI UN POLIMERO SEMICRISTALLINO AL VARIARE DELLA TEMPERATURA. A temperatura superiore alla temperatura di transizione vetrosa il polimero ha comportamento tenace,con deformazioni elevate prima della rottura. La sua rigidità diminuisce progressivamente all’aumentare della temperatura e poi diminuisce rapidamente alla Tm (temperatura di fusione) dove,infatti,A temperature inferiori alla Tg, il materiale è rigido,con modulo E elevato e tende a snervare per crazing,mostrando in tal caso un comportamento fragile. La temperatura massima è determinata dalla temperatura di fusione,mentre la temperatura minima è pari o inferiore alla temperatura di transizione vetro-
lini.
ad esmpio, il caso del PP atatttico, che possiede regolarità di costituzione ma
impedendo la cristallizzazione.
18
/// POLIMERI
19
C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
Principali meccanismi si snervamento dei polimeri
PROPRIETA’ MECCANICHE
IL CRAZING Il crazing comporta la formazione di apparenti piccole fessure dette crazes.
CRAZING
la frattura del materiale è istantanea. successo dei polimeri sono la leggerezza,la capacità di isolamento, l’inerzia La densità gerezza: i polimeri hanno una densità pari a circa 1g/cm
Il materiale ha perciò un comportamento fragile.
-
LO SCORRIMENTO
La conducibilità elettrica e la conducibilità termica sono proprietà che
Nel caso dello snervamento per scorrimento si ha la formazione di una strizione che,con l’aumento della deformazione imposta può propagarsi lungo tutto
I polimeri sono, in generale, materiali chimicamente inerti,pertanto virtual-
S
solventi,alle radiazioni solari ecc.. anche se ciascuna famiglia di polimeri pre-
D 5
20
de prima della rottura. Il materiale ha perciò un comportamento tenace
-
polimeri che snervano per crazing
Uno dei vantaggi dell’impiego dei polimeri risiede nell’economicità e nella versatilità dei processi produttivi (analizzati in seguito). Come sopra accennato, l’utilizzo dei polimeri nella creazione di manufatti ha molti vantaggi, a sfavore però gioca il basso valore del modulo elastico E,
SCORRIMENTO
Va tenuto presente che la rigidità di un materiale polimerico dipende dalla temperatura. IL MODULO ELASTICO E Il modulo di elasticità è la grandezza caratteristica di un materiale che esprime il rapporto tra tensione e deformazione nel caso di condizioni di carico mono-
40
come il rapporto tra lo sforzo applicato e la deformazione che ne deriva; con il -
20 S D5
20
polimeri che snervano per scorrimento
vincolari.
20
/// POLIMERI
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C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
TERMOPLASTICI/TERMOINDURENTI/ELASTOMERI
vetro
9
gomma
10
Applicazioni elastomeri
6
10 E
60
t-indurente t-plastico
40
elastomeri
S D2
60
8
Fragile
40 S
Il comportamento meccanico può essere molto diverso a seconda della tipologia del polimero.In generale si riscontrano tre comportamenti: termoindurenti termoplastici elastomeri
- elastico (fragile) - elasto-plastico - altamente elastico
RESINE TERMOPLASTICHE Rispondono ad un aumento di temperatura con una diminuzione di viscosità riformarli un numero
Duttile
uso comune sono termoplastici.
Gomma
Sono un gruppo di materie plastiche che, dopo una fase iniziale di rammollimento dovute al riscaldamento, induriscono per effetto della reticolazione
D2
8
LDPE - Polietilene a bassa densità HDPE - Polietilene ad alta densità PET - Polietilenereftalato (es. Bottiglie per alimenti) PVC - Polivinilcloruro (es. Tubi, isolanti elettrici) PP - Polipropilene (es. Siringhe) PE - Polietilene (es. Sacchetti per la spesa e per surgelati) PC - Policarbonato PS - Polistirene (es. Bicchieri di plastica)
Tg
Campo d’utilizzo degli elastomeri -prima di Tg il materiale è vetroso, -20° dopo Tg il materiale è nel suo campo di utilizzo
macromolecole che hanno al loro interno numerosi legami chimici che danno luogo ad una struttura reticolata. Le resine termoindurenti non fondono perchè le macromolecole non possono scorrere le une sulle altre. Solo ad una certa temperatura i legami si rompono ed il materiale si decompone.
Transizione vetrosa Tg Temperatura alla quale i polimeri vetroso allo stato gommoso per
In chimica, solitamente si indica con questo termine la temperatura a cui sta avvenendo una reazione. Se non viene indicato quale sia, il più delle volte si sottintende che la reazione avviene in condizioni standard SATP, ossia alla temperatura di 298,15 K (25 °C)
I polimeri termoindurenti sono utilizzati soprattutto come matrice di materiali compositi. RESINE TERMOINDURENTI
sono essere sia termoplastici che termoindurenti. Sono polimeri sintetici o naturali che possiedono un’elasticità caratteristica -
1Kg
reticoli a maglie larghe ( groviglio di catene molecolari) che anche se tese, RESINE TERMOINDURENTI Resine fenoliche
stato iniziale.
P
-
Tg< Tamb e caratterizzati da un recupero totale e istantaneo della deformazione dopo rimozione del carico applicato. Questo tipo di comportamento può essere ottenuto con due tipi di struttura chimica differente: (gomme termoplastiche).
ELASTOMERI RETICOLATI CHIMICAMENTE evidente che la temperatura di transizione vetrosa limita inferiormente il camriori aTg , infatti, il materiale diventa vetroso e progressivamente sempre più rigido riducendo la sua deformazione a rottura. Per reticolazione chimica si intende l’insieme di reazioni chimiche che portano alla formazione di legami covalenti tra le diverse catene polimeriche. Il processo di reticolazione comporta la trasformazione di un polimero costituito da catene singole, in un polimero in cui le singole catene non sono più ne ostacola lo scorrimento tra le catene e comporta la scomparsa della zona temperatura. Uno dei più comuni metodi di reticolazione è il così detto processo di vulcanizzazione delle gomme utilizzato per la reticolazione dei polimeri insaturi che contengono doppi legami nella catena molecolare, come ad esempio nel poliisoprene (la gomma naturale). La vulcanizzazione comporta il riscaldamento del polimero in presenza di zolfo: si rompono i doppi legami e si formano ponti zolfo tra due catene distinte.
PROPRIETÀ MECCANICHE DEGLI ELASTOMERI Resistenza all’abrasione e resistenza alla lacerazione sono le proprietà comunemente usate per differenziare fra loro i polimeri elastomerici in temini di comportamento meccanico.
Resine poliestere Resine epossidiche Resine poliuretaniche
Gli elastomeri termoindurenti
Prova di abrasione
Resine ureiche Resine melamminiche
Gli elastomeri termoplastici entrano nel mercato nei tardi anni settanta, sono prodotti per stampaggio ed estrusione e hanno la facoltà di poter essere fusi ancora dopo la prima lavorazione.
tinatura della carta, schiuma stampata (lattici sintetici).
Temperatura ambiente Tamb
materiali vengono riscaldati dopo l’indurimento non ritornano più a rammolTERMOPLASTICHE
T
ELASTOMERI
Prova di lacerazione
La resitenza all’abrasione è misurata mediante un provino cilindrico di di-
22
/// POLIMERI
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C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
una certa forza. Il rullo ruota avelocità costante e il provino viene fatto muoveprovino viene pesato prima e dopo la prova, in modo tale che, la variazione di
MISCELE
La resistenza alla lacerazione invece,è misurata dal livello di carico necessa-
Consideriamo i due tipi di monomero (A e B) di diversa composizione chimica. La polimerizzazione del monomero A dà luogo all’omopolimero “poli A”, contenente nella sua catena solo unità monomeriche di tipo A. Lo stesso accade per la polimerizzazione del solo monomero B. Se, invece, i due monomeri sono fatti polimerizzare insieme si ottene un copolimero contenente nella catena unità monomeriche sia di tipo A, sia di tipo B.
tirati in direzione opposta. alcune: resistenza massimo sforzo che il materiale può sostenere senza danneggiarsi fragilità rottura improvvisa del materiale senza evidente alterazione di forma.
I due omopolimeri “poli A” e “poli B” possono essere mescolati per ottenre una miscela (“poli A + poli B”).
rigidità modulo elastico E
“poli B” sono miscibili oppure non miscibili. Nel caso di miscibilità, il materiale risultante è omogeneo, cioè è costituito
tenacità capacità di dissipare energia prima della rottura
due omopolimeri, come intermedie sono in generale tutte le proprietà della miscela. Nel caso di immiscibilità il materiale risultante è disomogeneo e presenta è una fase dispersa ( detta rinforzo) costituita dal secondo omopolimero. La miscela. Un copolimero casuale è sempre un materiale omogeneo, omofasico, con una sola Tg. Nel caso di copolimeri a blocchi o a innesto si distinguono due casi, analogamente alle miscele, a seconda che gli omopolimeri “poli A” e “poli B”, originati dalle due unità monomeriche presenti nel copolimero, siano o non
PRINCIPALI PROPRIETÀ DEGLI ELASTOMERI RETICOLATI CHIMICAMENTE
Nome completo
Resistenza
Poliisoprene
Polibutadiene
SBR Polistirene
SI Silicone
Discret a
Discret a
Ottima
Solventi
Discret a
Discret a
Discret a
Ottima
Abrasion e
Ottima
Ottima
Buona
Scarsa
Lacerazione
Ottima
A idrocarburi
Scarsa
Scarsa
Scarsa
Discreta
Ossigeno,ozono
Scarsa
Scarsa
Scarsa
Ottima
Massima temperatura d’impiego Tg (C°)
PB
Discret a
UV Resistenza
GN
100
-7 0
-8 0
Scarsa
100
-5 5
Ottima
100
intermedie ai due omopolimeri e una sola Tg.
in percentuale minore.
Scarsa
300
MISCELA Monomero A
24
/// POLIMERI
€/Kg
1,10
0,95
Poli A miscibile con Poli B
1fase 1Tg
Proprietà intermedie fra quelle di Poli A e Poli B
Poli A non miscibile con Poli B
2fasi 2Tg
Le proprietà dipendono dalla struttura di A e B
Miscela Poli A + Poli B
-100
Monomero B
PREZZO
Poli A
Poli B
25
/// POLIMERI
SILICONE
amorfo amorfo
ANTIADERENZA
CAPACITA’ DI TRASPARENZA
COLORABILITA’
LUCENTEZZA
INERZIA CHIMICA
DUREVOLEZZA
IMPERMEABILITA’
IGROSCOPICITA’
ISOLAMENTO ELETTRICO
ISOLAMENTO TERMICO
FUSIBILITA’
DUTTILITA’
MALLEABILITA’
RESISTENZA MECCANICA
DILATABILITA’ TERMICA
RESISTENZA AL CALORE
ELASTICITA’
TENACITA’
DENSITA’
Bakelite
A+B
cristallino cristallino
RIGIDITA’
MEDIOCRE
SUFFICIENTE
BUONO
PERFETTO
POLIMERI NON PERVENUTO
LEGENDA:
delle operazioni di preparazione e formature del manufatto che possono av-
26
TERMOPLASTICI
I polimeri più comunemente usati come matrici sono i termoplastici e i termoindurenti.
Tg< Tamb) miscelati con opportuni agenti reticolanti. Sotto determinate condizioni (ad esempio con l’aggiunta di un catalizzatore) ha luogo una reazione di reticolazione che trasforma il materiale in solido
A+B ACETALICHE
ecc..). Che di solito hanno dimensioni molto ridotte. La fase dispersa ha il ruolo di irrigidire il materiale, limitandone le deformazioni. La matrice dà invece compattezza al materiale e aiuta a ripartire i carichi
DUREZZA
Un materiale composito è costituito da due fasi: Una fase continua, detta matrice; Una fase dispersa, detta rinforzo. Un materiale polimerico costituisce sempre la matrice, mentre la fase dispesr-
I polimeri termoindurenti sono ottenuti a partire da una miscela di polime-
ELASTOMERI POLIURETANICHE
MATERIALI COMPOSITI A MATRICE POLIMERICA I materiali polimerici presentano caratteristiche meccaniche inferiori rispetto guarda le applicazioni strutturali. I materiali compositi a matrice polimerica nascono con lo scopo di incrementare le proprietà meccaniche dei materiali polimerici preservando le loro prin-
cristallino
Le proprietà dipendono dalla struttura di A e B
cristallino
2fasi 2Tg
cristallino
Poli A non è miscibile con poli B
PROPRIETA’
AAAAAAAAAAAAAAA B B B B B B B B B B B B
ABS
A innesto
Monomero B
A+B+C
Pro rietà intermedie fra Proprietà r ue e dii Poli Po i A e Po quelle Polii B
PU
1 1fase 1Tg 1T
A+B
Polii A è miscibile mi i i con on poli oli B
POM
A AAAAAABBBBBBAAA AAAA B
A+A
A blocchi
PTFE Teflon
Proprietà intermedie fra quelle di Poli A e Poli B
PESSIMO
}
1fase 1Tg
ACRILONITRILE - BUTADIENE - STIRENE
Copolimero Poli A, Poli B
BAABBABBAABBAABA
FLUORURATE
Casuale
INADATTO
Monomero A
TERMOINDURENTI
B).
COPOLIMERO
FENOLICHE
Innesto: da una catena principale costituita solo da unità monomeriche di un
A+A
Si distinguono tre differenti tipi di copolimero: Casuale: disposizione casuale dei monomeri A e B; Blocchi
SCARSO
TERMOINDUR. \ TERMOPLAST.
COPOLIMERI
EVA
C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
C ap i tol o _ I
4
PRODU
ZIONE
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/// POLIMERI
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PRODUZIONE DELLA PLASTICA GREGGIO
TRASFORMAZIONE DEI POLIMERI TERMOPLASTICI
La plastica si ottiene dai monomeri che normalmente si trovano allo stato gassoso (metano petrolio) nel greggio (crudo). Basti pensare che nel mondo il 4% del greggio designato ai prodotti della chimica secondariaviene utilizzato nella produzione delle plastiche. polimerizzazione) viene effettuata in opportuni impianti chimici. Spesso pertanto vengono miscelati con opportune sostanze dette additivi in un’operazione chiamata generalmente compounding. La seconda fase,nota come trasformazione,consiste nel trasformare il polimero commerciale (normalmente proposto in granuli o polvere) detto pellet, omogeneizzazione, la formatura ecc.. Al termine del suo ciclo di vita utile il manufatto prodotto viene dismesso mediante smaltimento in discarica, incenerimento o riciclo.
POLIMERIZZAZIONE Reazione chimica che può avvenire secondo diversi meccanismi di cui i principali sono la poliaddizione e la policondensazione.
Poliaddizione Consiste nello scatenamento di una reazione a catena molto rapida che avviene senza la formazione di sottoprodotti (motivo per cui è relativamente economica)
TECNOLOGIA
Iniezione Stamp. espansi Estrusione Rotazione Termoform.
N° MIN PZ
10 000 >1000 1000 >300 100 100
Valori indicativi di produttività minima per diverse tecnologie di trasformazione
La trasformazione dei polimeri termoplastici (non reticolati) implica diverse fasi: -riscaldamento ido -raffreddamento per consolidare la forma ottenuta. Le principali tecnologie utilizzate per la trasformazione dei polimeri termoplastici sono essenzialmente due: -processi continui (ad esempio estrusione) -processi dicontinui (ad esempio stampaggio a iniezione,stampaggio rota-
La forma del manufatto rappresenta uno dei fattori da valutare nella tecnologia da impiegare,insieme al materiale impiegato e a considerazioni di natura economica. zioni di serie per la convenienza economica del processo. Ad esempio,l’elevato valore relativo allo stampaggio a iniezione è determinato dagli elevati costi d’investimento per la produzione dello stampo e delle presse. Per la termoformatura e lo stampaggio rotazionale i costi delle attrezzature sono invece modesti e così i valori di produttività minima richiesta
Policondensazione Più simile ad una reazione chimica classica, con formazione di sottoprodotti,come l’acqua,da cui trae origineA il nome di reazione di condensazione.Ha tempi e costi molto più elevati rispetto alla prima.
ESTRUSIONE La tecnologia dell’estrusione copre circa il 50 % della produzione mondiale dei manufatti polimerici. -
LE FASI LA NOMENCLATURA 3 continuino ad essere indicati attraverso la nomenclatura tradizionale.
Polivinilcloruro (PVC)
di riciclo del materiale stesso.
fuso) estruso, ossia costretto a passare attraverso la testa di estrusione (foro sagomato che riproduce la sezione del manufatto) raffreddato a velocità controllata 4) nel caso in cui sia importante la precisione dimensionale nel manufatto durante il raffreddamento viene fatta una fase di calibrazione L’estrusore è costituito da un cilindro munito di piastre riscaldate e al suo esterno. Il cilindro è alimentato con il materiale polimerico che è introdotto in forma
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STAMPAGGIO A INIEZIONE
LINEA DI ESTRUSIONE Tramoggia Cilindro
Piastre riscaldate
Testa
ne mondiale di manufatti polimerici. é una tecnologia idonea alla produzione di manufatti di forma complessa in grande serie (sopra i 10 000 pezzi) a causa degli elevati costi di ammortamento di presse e stampi.
mento
-
di granuli o polvere attraverso la tramoggia.La rotazione della vite all’interno di trasporto. Il progressivo riscaldamento del materiale, dovuto all’attrito con le pareti del cilindro e al calore delle piastre riscaldate fa si che il materiale La pressione generata dalla rotazione della vite costringe il fuso ad attraversare la testa di estrusione. A valle dell’estrusore sono poste le apparecchiature La forma della testa di estrusione determina la geometria del manufatto.
spessore omogeneo,allo scopo di limitare distorsioni durante il raffreddamento. La plastica si ottiene dai monomeri che normalmente si trovano allo stato gassoso (metano petrolio) nel greggio (crudo). Basti pensare che nel mondo il 4% del greggio designato ai prodotti della chimica secondariaviene utilizzato nella produzione delle plastiche. polimerizzazione) viene effettuata in opportuni impianti chimici. Spesso pertanto vengono miscelati con opportune sostanze dette additivi in un’operazione chiamata generalmente compounding. La seconda fase,nota come trasformazione,consiste nel trasformare il polimero commerciale (normalmente proposto in granuli o polvere) detto pellet, omogeneizzazione, la formatura ecc.. Al termine del suo ciclo di vita utile il manufatto prodotto viene dismesso mediante smaltimento in discarica, incenerimento o riciclo.
/// POLIMERI
iniettando il materiale nello stampo attraverso un piccolo canale: l’ugello. Lo stampo viene tenuto chiuso mediante una pressione o di tipo meccanica o idraulica. Per manufatti di grandi dimensioni la forza ecessaria per tenere chiusi gli paggio a iniezione è generalmente limitato a manufatti di piccole dimensione LE FASI: 1) iniezione: la vite si sposta in avanti come un pistone e spinge il fuso nello stampo. post pressione: la vite avanza ulteriormente mantenendo costante la pres-
La forma del manufatto dipende inoltre da: Velocità d’estrusione Temperatura del fuso Presenza di una fase di stiro del manufatto a valle dell’estrusione Realizzazione di estrusione con formatura.
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fuso) -il fuso è iniettato a velocità elevata nello stampo dove il raffreddamento avviene a velocità relativamente elevata. - La pressa è costituita da un cilindro munito di una vite rotante e traslante. Il materiale in granuli o polvere è trasportato dalla rotazione della vite e riscaldato dall’attrito con le pareti del cilindro e dal calore trasmesso dalle piastre riscaldanti posizionate sopra il cilindro. Il materiale fuso si accumula
ridurre al minimo le variazioni dimensionali del manufatto dovute al raffreddamento per contatto con le parti dello stampo. Quest ultimo viene infatti ido refrigerante. raffreddamento: mentre il manufatto completa la fase di raffreddamento 4) apertura dello stampo e estrazione del pezzo: contemporaneamente all’apertura dello stampo e all’estrazione del pezzo, la vite riprende a ruotare per preparare la dose di materiale che sarà iniettata nel ciclo successivo. PRESSA A INIEZIONE Apertura
Polimero Fuso
Stampo
Piastre riscaldate
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C ap i tol o _ I
STAMPAGGIO ROTAZIONALE
TERMOFORMATURA to a caldo su lastre polimeriche ( solitamente estruse) e consente di ottenere Materiale in granuli
manufatti con cavitĂ aperte.
impiegato prevalentemente per produrre prodotti cavi e per alcuni semplici componenti aperti. LE FASI:
investimento per le attrezzature e, se automatizzata, consente di raggiungere -
1) riempimento dello stampo riscaldamento dello stampo posto in rotazione
LE FASI: 1) preriscaldamento della lastra: il materiale viene portato a temperature di poco superiori alla temperatura di transizione vetrosa, Tg (gommoso) nel
CARICAMENTO
4) apertura dello stampo estrazione del manufatto
fusione, Tm nel caso di polimeri semicristallini.
VANTAGGI
formatura: la lastra di materiale riscaldata viene formata sullo stampo per applicazione di vuoto, forza meccanica e pressione idrostatica. La deformazione della lastra avviene grazie alla depressione formata allâ&#x20AC;&#x2122;interno dello
- parti molto grandi con spessori di parete costanti - assenza di linee di giunzione - scarti limitati
RISCALDAMENTO
Piastra riscaldante
raffreddamento dello stampo mantenuto in rotazione
. - elevata automazione del processo
SVANTAGGI - non adatto per spessori di parete inferiori a 0,75 mm - non adatto per forme complesse e spigoli vivi
Stampo
RAFFREDDAMENTO
Lastra di materiale
SFORMATURA
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C ap i tol o _ I
SOFFIAGGIO dell’aria contro le pareti di uno stampo freddo. Il processo è particolarmente adatto per la produzione di manufatti di piccolo spessore aventi cavità chiuse.
ESTRUSIONE/SOFFIAGGIO
-
intende produrre, esso viene chiuso in uno stampo, che riproduce la forma La chiusura comporta una saldatura del parison nella sua parte terminale ( tranciatura). forma. Una volta terminato il raffreddamento il manufatto viene estratto dallo ta linea di giunzione sul fondo. INIEZIONE/ESTRUSIONE -
diante stampaggio a iniezione del materiale.
-
preforma si espande aderendo alle pareti dello stampo, a contatto con le zione sul fondo in corrispondenza nel punto dell’iniizezione della preforma. deformata in senso trasversale è deformata anche in senso longitudinale (
STAMPAGGIO A INIEZIONE DELLA PREFORMA
preforma
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riscaldamento e aria a pressione
raffreddamento e estrazione
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5 RICICLO
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CRUDO
Il consumo annuale di materie plastiche in Italia si aggira intorno ai 7 milioni di tonnellate. Più del 50% delle materie plastiche impiegate comprende solo 4 tipi di polimeri: Polietilene (PE) Polipropilene (PP) Polivinilcloruro (PVC) e Polistirene (PS). Questi vengono chiamati polimeri di massa proprio per il loro impiego massivo nei settori industriali.
Largo spazio quindi a bottiglie, buste della pasta, flaconi dei prodotti utilizzati per le pulizie,
TRASPORTO E SMISTAMENTO
LE TECNICHE Il riciclo meccanico
omogeneo plastica selezionata, cioè suddivisa per tipo e porta alla formazione - Il riciclo meccanico eterogeneo, invece, riguarda le materie plastiche non selezionate e ha lo scopo di produrre nuovi materiali. POLIMERI
ADDITTIVAZIONE (compounding)
STABILIZZANTI COADIUVANTI STABILIZZANTI FUNZ. MODIFICANTI
POLIMERI COMMERCIALI
Il riciclo chimico ha lo scopo di spezzare le catene dei polimeri in modo da ricavare materie prime da poter riutilizzare e si effettua nei seguenti modi: - pirolisi riscaldamento sotto vuoto in modo da ottenere una energia e presenta notevoli costi. - idrogenazione: riscaldamento in presenza di idrogeno con forriscaldamento in difetto di aria con produzione - chemiolisi: trasformazione chimica e ottenimento delle materie prime originarie. Il riciclaggio energetico esempio dall’emissione di sostanze dannose ( acido cloridrico e diossine tossiche).
MANUFATTO
/// POLIMERI
sia i produttori di materia plastica che le aziende trasformatrici di
Una volta smistato il materiale plastico viene triturato, lavato e trasformato in granuli pronti per essere fusi nuovamente. Dalla plastica riciclata si possono ottenre, maglioni di pile, imbottiture, vasi per i fiori, sacchi per la spazzatura, arredi, arredi urbani.
LAVORAZIONE
vaschette del gelato, cassette e retine di frutta e verdura, vasetti dello yogurt e ancora incarti trasparenti di brioches e caramelle. Non differenziate invece nella plastica tutti quei rifiuti che presentano residui di materiali organici. Ad esempio il cibo che potrebbe fermentare nel cassonetto, o residui di sostanze pericolose come vernici e colle. Ricordate sempre che tutti i contenitori devono essere puliti, svuotati e schiacciati. Togliete le eventuali etichette di carta e nel caso dei vasetti di yogurt lavateli prima di inserirli nel sacchetto della plastica.
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PET
PE-HD
PVC
PE-LD
PP
PS
O
I codici di riciclaggio sono dei codici numerici
-
alla media europea, dato il ruolo ancora dominante delle discariche. Nel nostro paese le attività di recupero sono disciplinate dal
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Tra tutti i materiali che è possibile riciclare, la plastica è tra quelli che maggiormente si prestano a un riciclo completo.
MONOMERI
PLASTICA
POLIMERIZZAZIONE
7 milioni di tonnellate corrisponda a una lastra avente spessore 7m e lunghezza e larghezza di 1km. Più del 40% del volume totale di materie plastiche è utilizzato
COME FARE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA
internazionali che il produttore è obbligato ad aggiungere all’interno del simbolo di riciclaggio oltre che una sigla alfanumerica da apporre sotto tale emblema per permettere di riconoscere in modo chiaro ed immediato il tipo di materiale del quale è costituito l’oggetto riciclabile.A
1 PET - POLIETILENE TEREFTALATO O ARNITE bottiglie, flaconi etc.. 2 HDPE - POLIETILENE AD ALTA DENSITA’: flaconi, sacchetti... 3 PVC - CLORURO DI POLIVINILE: contenitori per alimenti... 4 LDPE - POLIETILENE A BASSA DENSITA’: sacchetti cibi surgelati, pellicola... 5 PP - POLIPROPILENE O MOPLEN: bottiglie di ketchup, buste della pasta... 6 PS - POLISTIRENE O POLISTIROLO: piatti, bicchieri e posate monouso, vaschette e imballaggi... 7 O - TUTTE LE ALTRE PLASTICHE
IL CICLO DEL RICICLO
IL RICICLO DELLA PLASTICA
La plastica è un derivato del petrolio, materia risultante dalla stratificazione e sedimentazione di organismi vegetali ed animali. Il 90% dei contenitori di prodotti liquidi è in plastica, che diventa all’incirca 5 milioni di tonnellate annue di rifiuti.
RACCOLTA
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