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MODEL & INFLUENCER Mia Regan @mimimoocher
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n.15
2021/05.06 READ ON
glamouraffair.vision RIVISTA BIMESTRALE DI FOTOGRAFIA, ARTE E DESIGN BIMONTHLY REVIEW OF PHOTOGRAPHY, ART AND DESIGN
Registrazione al Tribunale di Milano n° 27 del 14/02/2019 Registration at the Law Court of Milan n° 27 of 14/02/2019
Cover Credits © PIERO GEMELLI - Anna Mosca, Vogue, Milano 1986
Editorial Staff Direttore responsabile | Editor in Chief ALESSIO GILARDI Direttore artistico | Art Director FLAVIO TORRE - satisfystudio photo Direttore digitale | Digital Director STEFANO GILARDI
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Publisher QUADRIFOLIUM GROUP Srl P.zza XX Settembre, 40 23900 Lecco - Italy www.quadrifoliumgroup.com info@quadrifoliumgroup.com © 2021 - All rights reserved
Printer G&G srl Via Redipuglia, 20 35131 Padova
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ELOPEMENT editorial PIERO GEMELLI interview KAOHSIUNG CENTRE FOR ARTS public architecture ADRIATIC COAST landscape PEGGY LE POULEN painter CARL COREY portfolio CRAZY PIANOS CLUB entertainment design MRS. WHITE PHOTOART surreal photography SERGIO FERMARIELLO italian artist W HOTEL OSAKA hotel design ARTHUR DAMASCENO artistic photography CHENG CHENG YI art exhibition GOLDEN MILE interior design NEJA singer ANTONELLO MORI project DOSSIER 03/2021 community selection
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ELOPEMENT 4
UN’ELEGANTE ALTERNATIVA AL MATRIMONIO TRADIZIONALE
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In passato i giovani che vivevano un amore proibito ed ostacolato dalle famiglie fuggivano via per sposarsi in segreto e poter ufficializzare la propria unione, proprio a questo antico gesto di ribellione e coraggio dobbiamo l’Elopement Wedding meravigliosa alternativa al matrimonio tradizionale. “To elope” in inglese vuol dire proprio “scappare senza voltarsi indietro” ma nell’uso più attuale, significa fuggire per vivere il giorno del matrimonio in modo più romantico e intimo. L’Elopement infatti, ha in sé quell’elemento di “fuga dalla realtà” che lo caratterizza profondamente: si fugge dalla propria realtà per sposarsi in un luogo da sogno, un luogo importante capace di grandi suggestioni. Sempre più sposi si rendono conto di quanto sia stressante e veloce il giorno del loro matrimonio e per questa ragione organizzano matrimoni intimi in cui la cerimonia torna ad essere centrale e tutto assume un clima esclusivo. Oggi si cominciano ad abbandonare le convenzioni e si tende a dare la priorità a ciò che si vuole davvero; organizzare una fuga d’amore significa decidere di fare le cose a modo proprio restando lontano dagli stereotipi del matrimonio classico, concentrandosi su se stessi, avendo libertà totale e pieno controllo su tutto.
In the past, young people who lived a forbidden love and hindered by families fled to get married in secret and be able to formalize their union. We owe the Elopement Wedding, a wonderful alternative to traditional marriage, to this ancient gesture of rebellion and courage. “To elope” in English really means “running away without looking back” but in the most current usage, it means running away to experience the wedding day in a more romantic and intimate way. In fact, Elopement has that element of “escape from reality” that deeply characterizes it: one flees from one’s own reality to get married in a dream location, an important place capable of great suggestions. More and more spouses realize how stressful and fast their wedding day is and for this reason they organize intimate weddings in which the ceremony returns to be central and everything takes on an exclusive atmosphere. Today we are beginning to abandon conventions and we tend to give priority to what we really want; organizing a romantic getaway means deciding to do things your own way, staying away from the stereotypes of classic marriage, focusing on yourself, having total freedom and full control over everything.
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L’Elopement è un concetto nuovo in Italia, mutuato dai paesi anglosassoni ma che stiamo rielaborando grazie al nostro magnifico territorio e soprattutto alla nostra ricchezza artistica, peculiarità che tutto il mondo ci invidia. I nostri sposi infatti, non hanno bisogno di fuggire all’estero, ma hanno la possibilità di scegliere tra città d’arte, borghi medievali, isole e spiagge da sogno, rifugi d’alta quota o palazzi e dimore storiche, in cui scambiarsi le solenni promesse e vivere un’esperienza incredibile anche a pochi passi da casa. Ed è proprio questo il focus del progetto fotografico: in un mondo, quello del matrimonio italiano, che per molti aspetti sembra fermo al dopoguerra, dare voce ad una realtà in grado di risvegliare l’interesse di chi non si riconosce nell’ordinario. La fuga d’amore all’italiana diventa così un matrimonio intimo e senza tempo, espressione di sobrietà e buon gusto, che vuol dire prediligere luoghi come Villa Cramer Tassera, in cui storia e bellezza si intrecciano al fascino elegante della decadenza, scegliere abiti sartoriali dove la definizione di “su misura” ritrova autenticità e infine preferire un’estetica coerente con i broccati, le sete e i velluti degli interni anche nel decoro floreale e nell’allestimento della tavola.
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Elopement is a new concept in Italy, borrowed from Anglo-Saxon countries but which we are reworking thanks to our magnificent territory and above all to our artistic wealth, a peculiarity that the whole world envies us. In fact, our spouses do not need to flee abroad, but have the possibility to choose between cities of art, medieval villages, islands and dream beaches, high altitude refuges or palaces and historic homes, in which to exchange their solemn promises and live an incredible experience even a few steps from home. And this is precisely the focus of the photographic project: in a world, that of Italian marriage, which in many respects seems to have stopped after the war, to give voice to a reality capable of awakening the interest of those who do not recognize themselves in the ordinary. Thus, an Italian-style escape of love becomes an intimate and timeless marriage, an expression of sobriety and good taste, which means prefer places like Villa Cramer Tassera, where history and beauty are intertwined with the elegant charm of decadence, choose tailored suits where the definition of “taylor made” finds authenticity and finally prefer an aesthetic consistent with the brocades, silks and velvets of interiors also in the floral decoration and in the setting of the table.
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CREDITS Fotografia: GRADISCA PORTENTO - @gradiscaportentofotografica Stylist: CRISTINA COLLI - @_il_soffio_ Abito Sposa: SILVIA VALLI - @silviavalli_ Abito Sposo: SANVENERO - @sanvenero1880 Mua: ROBERTA ANZALDI - @roberta_anzaldi_makeup Gioielli: MARIA GRAZIA LOPEZ - @mariagrazia_lopez Fedi: ROCAWOOD - @rocawood Location: VILLA CRAMER - @villacramertassera Modelli: CATHERINE CABÒ - @catherine_cabo ANDREA TARULLI - @andreatarulli28
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PIERO GEMELLI
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Tatjana Patitz, Vogue Italia, NYC 1986 - © Piero Gemelli - Provini di stampa eseguiti dall’Autore (Stampa unica, collezione privata)
“Non ritraggo una persona, ma ciò che quella persona fa vivere in me” 15
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Kasia Smutniak - Grazia, Roma, 2017 - © Piero Gemelli
ELEONORA ANNA BOVE: Hai affermato che la bellezza, per te, è un “punto di equilibrio tra due imperfezioni”. Come sei giunto a questa conclusione e come si è evoluto, mediante la tua ricerca, il concetto di bellezza attraverso gli anni? PIERO GEMELLI: Io credo che la contrapposizione degli opposti generi energia: è cosi che il pensiero si evolve, da contrapposizione di idee si generano nuove idee. Così particolari, caratteristiche, estetiche, ma non solo, che potrebbero apparire come imperfezioni o difetti, “non belli” comunque; quando entrano in relazione gli uni con gli altri e trovano un giusto punto di equilibrio e dialogo questi generano un canone diverso, di bellezza anch’esso. E’ quel punto di equilibrio che va cercato, inseguito e vissuto. Ho fotografato persone, modelle, cose, luoghi, paesaggi. Tutto ciò è sempre considerato bello, fotografabile, da ricordare per quella supposta perfezione. Ma la bellezza perfetta è staticità e dopo il primo o secondo diretto contatto con essa, che stupisce e affascina, è noia. È sempre staticamente e dialetticamente ferma, immobile, morta. In ognuna di quelle bellezze io cercavo ed ero attratto dalle piccole imperfezioni che lì, erano la chiave di quella bellezza che mai stanca e che mai è sempre la stessa. Un angolo della bocca un po’ storto, un labbro appena irregolare, un occhio leggermente angolato diverso, un’espressione istintiva e non composta o perfettamente controllata possono divenire elementi unici e interessanti. E nel “costruire” la bellezza, come spesso per il mio lavoro mi sono felicemente trovato a fare, in uno still life o in un ritratto, l’errore, il difetto può essere creato ad arte, perché il bello del soggetto o dell’idea possa, da quello, essere esaltato e incorniciato. ELEONORA ANNA BOVE: You said that beauty, for you, is a “point of balance between two imperfections”. How did you come to this conclusion and how has the concept of beauty evolved through your research over the years? PIERO GEMELLI: I believe that the juxtaposition of opposites generates energy: this is how thought evolves, from the juxtaposition of ideas new ideas are generated. So particular, characteristics, aesthetic, but not only, that could appear as imperfections or defects, “not beautiful” anyway; when they enter into a relationship with each other and find the right balance and dialogue, they generate a different canon, one of beauty too. It is that point of balance that must be sought, pursued and experienced. I photographed people, models, things, places, landscapes. All this is always considered beautiful, photographable, to be remembered for that supposed perfection. But perfect beauty is stillness and after the first or second direct contact with it, which amazes and fascinates, it is boredom. It is always statically and dialectically still, immobile, dead. In each of those beauties I was looking for and was attracted by the small imperfections that there were the key to that beauty that never tires and is never always the same. A slightly crooked corner of the mouth, a slightly irregular lip, a slightly different angled eye, an instinctive and not composed or perfectly controlled expression can become unique and interesting elements. And in “building” beauty, as often for my work I happily found myself making, in a still life or in a portrait, the error, the defect can be artfully created, because the beauty of the subject or of the idea can, from that, be exalted and framed. EAB: Un aspetto frequente nei tuoi progetti è sicuramente la compenetrazione degli spazi, ma anche la coerenza tra le parti. Cosa accomuna l’architettura, la scultura e il design alla tua fotografia? Cosa, invece, la fotografia ti consente di esplorare rispetto le altre arti? PG: Essere architetto non è semplicemente una professione, è una “forma mentis”: un modo di essere, di vedere, di pensare e di IMMAGINARE. L’immaginazione come diceva Munari è il mezzo per visualizzare ciò che la fantasia, la creatività e l’invenzione pensano. Sapere immaginare permette di generare il nuovo, dare concretezza ad una visione personale, corpo ai sogni, raccontarsi. Cosi io ho usato la fotografia come un mezzo, uno dei tanti possibili per raccontare dei miei sogni, dei miei “momenti desiderati“ e immaginati. In questo modo persone, oggetti, paesaggi diventano strumenti interpretati, usati per raccontare, di loro, la mia personale visione.
Still life, Milano, 2020 - © Piero Gemelli
Alejandra Alonso, Milano, 2015 - © Piero Gemelli
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Annette - Lei, Milano, 1990 - © Piero Gemelli Tanja Colleridge - Vogue Italia, Milano, 1986 - © Piero Gemelli Sacha - Vogue, Milano, 1990 - © Piero Gemelli 18
EAB: A frequent aspect in your projects is certainly the interpenetration of spaces, but also the coherence between the parts. What do architecture, sculpture and design have in common with your photography? What, on the other hand, does photography allow you to explore compared to other arts? PG: Being an architect is not simply a profession, it is a “mindset”: a way of being, of seeing, of thinking and of IMAGINING. Imagination, as Munari said, is the means to visualize what fantasy, creativity and invention think. Knowing how to imagine allows us to generate the new, give substance to a personal vision, body to dreams, express ourselves. So I used photography as a means, one of the many possible to tell about my dreams, my “desired moments” and imagined. In this way people, objects, landscapes become interpreted tools, used to tell my personal vision about them. EAB: È interessante l’utilizzo dei fili di ferro nelle tue opere. Da dove nasce la necessità di quest’applicazione? Come mai hai rinunciato alla possibilità dell’utilizzo di effetti? PG: La mia fotografia costruita, piegata ad una visione e costruzione del soggetto personale è comunque giocata sull’ambiguità e l’illusione di essere documento inoppugnabile di un evento realmente accaduto. Per questo motivo, non ho mai amato gli effetti fotografici o interventi “non reali e non tangibili” in una mia immagine. Ho sempre disegnato molto e la linea della matita sulla carta racconta spesso molto più di una frase scritta. Mi sono chiesto come potessi portare una linea grafica, di un mio schizzo di lavoro e preparatore di una immagine che andavo a realizzare, in una foto senza ricorrere a stratagemmi fotografici diversi; ho scelto il fil di ferro perché offriva duttilità, essenzialità e pulizia della sua linea e risolveva problemi statici per le mie costruzioni. Va detto, inoltre, che per fedeltà al vero, tutte le mie foto sono state realizzate “in piedi”, ancora una volta senza alchimie e trucchi fotografici. Se qualcosa sembra in equilibrio, lo è. Perché io non ho mai voluto realizzare una fotografia di una costruzione finta, aleatoria, fatta per la foto e finita di esistere subito dopo lo scatto. Volevo, invece, costruire delle opere tridimensionali che restassero come pietre di una mia ricerca personale e fossero per sempre lì con me. Anche le sculture, quindi, erano modelli soggetto e non oggetti ai miei occhi. Così, il filo di ferro è diventata la mia linea grafica nello spazio e con il tempo da ruolo di gregario ha acquisito un ruolo da protagonista diventando scultura e spesso co-attore nel racconto in una mia fotografia. EAB: The use of iron wires in your works is interesting. Where does the need for this application come from? Why did you give up the possibility of using effects? PG: My constructed photograph, bent to a vision and construction of the personal subject is in any case played on ambiguity and the illusion of being an irrefutable document of a real event. For this reason, I have never loved photographic effects or “not real and intangible” interventions in one of my images. I’ve always drawn a lot and the pencil line on paper often tells a lot more than a written sentence. I wondered how I could bring a graphic line, of my working sketch and preparer of an image that I was going to make, in a photo without resorting to different photographic stratagems; I chose the wire because it offered ductility, essentiality and cleanliness of its line and solved static problems for my constructions. It must also be said that for fidelity to the truth, all my photos were taken “standing”, once again without alchemy and photographic tricks. If something seems in balance, it is. Because I never wanted to take a photograph of a fake, random construction, made for the photo and ceased to exist immediately after the shot. Instead, I wanted to build three-dimensional works that would remain like stones of my personal research and were forever there with me. Even the sculptures, therefore, were subject models and not objects in my eyes. Thus, the iron wire has become my graphic line in space and over time from being a follower it has acquired a leading role, becoming a sculpture and often co-actor in the story in one of my photographs.
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Valerie le Fort - Amica, Milano, 1988 - © Piero Gemelli
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Sayyora - Vogue, Milano, 2007 - © Piero Gemelli
Geidre - Black Book, NYC, 1999 - © Piero Gemelli
EAB: Che rapporto instauri con gli oggetti che ti ritrovi a fotografare? Cosa lo differenzia dal momento in cui ritrai modelle e soggetti? Quanto conta l’utilizzo dei sensi? PG: La fotografia mi ha permesso di trovare una chiave per entrare in relazione con soggetti terzi, con la modella o il soggetto di un ritratto; dialoghi, cerchi di far capire cosa vuoi fare, cosa vedi, cosa trovi di “unico” in loro, perché e come vuoi raccontarla. E intanto lo studi, cerchi di capirne i lati che ti attraggono o ti respingono, usi i sensi per amplificare ciò che provi. Io adoro toccare, anche solo sfiorando una spalla, una mano, oppure semplicemente utilizzo uno sguardo, per capire per sentire il mio soggetto. E cosi ci si racconta vicendevolmente. Ma anche gli oggetti parlano se sai ascoltarli e, più che con una persona, devo usare tutti i sensi; la vista sicuramente serve per guardarlo in ogni angolo, il tatto per coglierne le sensazioni di diversi materiali e superfici, e poi “l’odore”. In questo modo il soggetto piano piano si ritaglia un ruolo quale attore in un mio mondo e di una mia visione, diventando speciale per me. Lo porto pian piano dentro quel ruolo, in un processo tutto mio, e al momento giusto…”CLICK!”, ed eccolo Immagine, e quell’attimo, quel sentimento che non è mai esistito prima, è lì ora ad esistere per sempre, invece, per me. EAB: What relationship do you establish with the objects you find yourself photographing? What differentiates it from the moment you portray models and subjects? How important is the use of the senses? PG: Photography allowed me to find a key to enter into a relationship with third parties, with the model or the subject of a portrait; you dialogue, you try to make people understand what you want to do, what you see, what you find “unique” in them, why and how you want to tell it. And in the meantime you study
it, try to understand the sides that attract or repel you, you use your senses to amplify what you feel. I love to touch, even just touching a shoulder, a hand, or I simply use a look, to understand in order to feel my subject. And so we tell each other. But objects also speak if you know how to listen to them and, more than with a person, I have to use all the senses; the sight is certainly used to look at it in every corner, the touch to grasp the sensations of different materials and surfaces, and then “the smell”. In this way the subject slowly carves out a role as an actor in my world and my vision, becoming special for me. I bring it slowly into that role, in a process of my own, and at the right time... “CLICK!”, And here it is: Imagine, and that moment, that feeling that has never existed before, is there now to exist forever, instead, for me. EAB: Inconscio e fotografia: come si intrecciano? A tal proposito, la mostra di “Interior Life” rappresenta un tentativo di integrazione del lavoro fotografico all’interno di un discorso interiore. In quale direzione avete lavorato e qual è stato, invece, il vostro punto di partenza? PG: Credo che ogni cosa si faccia, si pensi, si cerchi trova origine nel profondo del nostro lago interiore sul cui fondo sono depositate tutte le sensazioni e le vicende della nostra vita, coscienti e incoscienti, ricordate o, apparentemente, dimenticate. Lì attingiamo per vivere le emozioni. Lì pesca la nostra fantasia o le nostre visioni notturne. Lì cerco idee per ciò che fotografo o creo; lo stimolo per far affiorare un’altra sensazione lo danno i soggetti delle mie foto, ecco perché cerco di capire ciò che provo, relazionandomi, con tutti i sensi, se possibile, a loro. Da quell’incontro, in uno spazio e un tempo che non c’è, nasce tutto e la fotografia o l’oggetto d’arte nascono per restare e raccontare, affiorato da quella trasparente oscurità.
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Still life, Ritratto surrealista, Milano 1987 - © Piero Gemelli
Still life, Lips, Milano 1987 - © Piero Gemelli
“An Interior Life” è stata una mostra nata dal sentimento di Maria Vittoria Baravelli, curatrice e artsharer ed è stata il primo passo di analisi del mio lavoro e avrà presto seguito in una mostra museale. “An Interior Life” mette in relazione il mio privato sentimento, “interior”, con il prodotto del mio lavoro, che spazia dalle fotografie al progetto e alla riqualificazione di interni: “interior” appunto, passando dalla grafica e la scultura con il fil di ferro o quanto colleziono tra quadri grafiche e piccoli oggetti vari. Poi, talvolta, gli oggetti che raccolgo e “rinascono” in ready-made, diventano soggetti di fotografie essi stessi; tutto insieme è legato da un Fil Rouge che dà ragione alle singole cose e dà senso alla storia della propria vita e lavoro.
opment of interiors: “interior” in fact, passing from graphics and sculpture to fil of iron or what I collect between graphic paintings and small various objects. Then, sometimes, the objects that I collect and “reborn” in ready-mades become subjects of photographs themselves; all together is linked by a Fil Rouge that gives reason to individual things and gives meaning to the story of one’s life and work.
EAB: Unconscious and photography: how are they intertwined? In this regard, the “Interior Life” exhibition represents an attempt to integrate photographic work within an interior discourse. In which direction did you work and what was your starting point instead? PG: I believe that everything you do, think, look for has its origin in the depths of our inner lake on the bottom of which all the sensations and events of our life are deposited, conscious and unconscious, remembered or, apparently, forgotten. There we draw to experience the emotions. There our imagination or our nocturnal visions search. There I look for ideas for what I photograph or create; the stimulus to bring out another sensation is given by the subjects of my photos, which is why I try to understand what I feel, relating, with all my senses, if possible, to them. From that meeting, in a space and a time that does not exist, everything is born and photography or the object of art are born to remain and tell, emerged from that transparent darkness. “An Interior Life” was an exhibition born from the feeling of Maria Vittoria Baravelli, curator and artsharer and it was the first step in the analysis of my work and will soon be followed up in a museum exhibition. “An Interior Life” relates my private feeling, “interior”, with the product of my work, which ranges from photographs to the design and redevel-
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EAB: Estetica ed etica. Come si incontrano? Che ruolo assumono nel tuo tentativo di ricerca di equilibrio personale? PG: L’estetica esiste, bisogna saperla capire, controllare e guidare affinché lei ci ispiri. L’etica dovrebbe essere altrettanto fondamentale nella nostra pratica di vita perché le scelte che si compiono (anche creative, ludiche e lavorative) rispettino una regola non scritta di correttezza e coerenza, così da evitare ingiustizie, immotivate ragioni o scelte stilistiche che non siano altro che stupidi manierismi. EAB: Aesthetics and ethics. How do they meet? What role do they play in your quest for personal balance? PG: Aesthetics exist, you need to know how to understand, control and guide them so that they inspire us. Ethics should be equally fundamental in our life practice so that the choices we make (even creative, playful and working) respect an unwritten rule of correctness and consistency, so as to avoid injustices, unmotivated reasons or stylistic choices that are nothing else what stupid mannerisms.
Interview by Eleonora Anna Bove Translation by Carlo De Marchi
WEBSITE | pierogemelli.com INSTAGRAM | @pierogemelli FACEBOOK | Piero Gemelli PHOTO CREDITS | © Piero Gemelli
Monica Bellucci - Village, Parigi, 1996 - © Piero Gemelli
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NATIONAL KAOHSIUNG 24
MECANOO
CENTRE FOR THE ARTS 25
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Il National Kaohsiung Center for the Arts simboleggia la trasformazione di Kaohsiung, un tempo importante porto internazionale, in una città moderna e diversificata con un ricco clima culturale. Il progetto si trova su un ex terreno militare ed è parte integrante dell’adiacente parco subtropicale, così da avere un miglior impatto sociale sui residenti di Kaohsiung, la cui popolazione conta quasi 3 milioni di abitanti. La forma aperta e protettiva del baniano locale diventa un elemento di slancio per la progettazione. Le loro iconiche e ampie fronde forniscono riparo dal sole e dalla pioggia e sono una perfetta espressione dell’atmosfera umida di Kaohsiung. L’ampia area riparata dell’edificio diventa il Banyan Plaza, un generoso spazio pubblico, protetto e parzialmente chiuso. Progettata pensando al clima subtropicale, la struttura aperta consente al vento rinfrescante di soffiare liberamente attraverso Banyan Plaza. Tra le quattro sale per spettacoli, che formano i “tronchi” che sostengono il tetto ondulato, una topografia che sale dal livello del suolo a più cinque metri diventa parte del paesaggio del parco. I residenti possono passeggiare qui giorno e notte, praticare il Tai Chi o esibirsi in spettacoli di strada lungo i marciapiedi e in spazi informali. Un teatro all’aperto si annida sul tetto dove la struttura curva verso terra, con il parco circostante che fa da palcoscenico. Il flusso continuo tra interno ed esterno crea opportunità per incroci tra performance formali e informali. La vasta struttura ondulata è composta da una pelle di copertura e collega una vasta gamma di funzioni. La struttura in acciaio curvato è stata costruita in collaborazione tra un costruttore navale locale e uno olandese. L’iconico baldacchino del Centro – una struttura architettonica simile a una placca tettonica - costituisce il fondamento concettuale del progetto. Questo tetto ondulato è una meraviglia dell’ingegneria strutturale, con un lato scavato per formare un bellissimo anfiteatro paesaggistico per una miriade di spettacoli all’aperto. Sette ettari di paesaggio, in equilibrio tra un paesaggio duro e morbido, ospitano spazi per eventi e percorsi di accesso, creando un gradiente di verde verso il vicino parco Weiwuying. All’interno, le pareti curve si espandono e si contraggono come i rami di un albero di baniano, creando spazi organici per giocare, fare, vedere arte e assistere a spettacoli. La scala del progetto è praticamente senza precedenti, ma il carattere di ogni spazio rimane accogliente e accessibile. Diversi teatri come la Concert Hall di 1981 posti e il Teatro dell’Opera da 2236 posti si trovano nei cinque nuclei o “gambe” dell’edificio dove la struttura incontra il suolo. I nuclei sono collegati tra loro tramite foyer nel tetto e un piano di servizio sotterraneo che ospita l’area del backstage di ogni teatro. La Concert Hall ha la forma di un vigneto a gradini con un palco al centro, con terrazze a diverse altezze che lo circondano. Con posti a sedere su tutti i lati del palco, il pubblico è molto vicino allo spettacolo stesso. Il Teatro dell’Opera è organizzato a forma di ferro di cavallo con balconate. Questo teatro è adatto per l’opera occidentale, con un’orchestra di oltre settanta musicisti. Le sedute sono rivestita con tessuti rossi e viola caratterizzati da motivi di fiori taiwanesi, in contrasto con le pareti più scure. La Recital Hall da 434 posti ha l’atmosfera più intima delle quattro. Con la sua composizione asimmetrica e le sedute su due livelli, è progettato per musica da camera e recital. I sedili della Recital Hall hanno lo stesso tessuto dorato della Concert Hall e le pareti rivestite in legno di quercia. La parte superiore di questa sala è racchiusa da un cerchio di tende fonoassorbenti, che consentono di adattare il tempo di riverbero all’interno dello spazio a specifici tipi di performance. La Playhouse, con 1210 posti a sedere, è progettata per ospitare una varietà di spettacoli di teatro e danza. La flessibilità è l’elemento centrale nella progettazione di questo spazio multifunzionale. Nella Playhouse, il layout è adattabile e può essere modificato da un tipico palco del boccascena con il pubblico davanti, a un palco di spinta con il pubblico su tre lati.
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The National Kaohsiung Centre for the Arts symbolizes the transformation of Kaohsiung, once a major international harbour, into a modern, diverse city with a rich cultural climate. The design is located on a former military terrain, as an integral part of the adjacent subtropical park to have a positive social impact on the residents of Kaohsiung, whose population counts almost 3 million. The open, protective shape of the local banyan tree becomes a springboard for the design. Their iconic, wide crowns provide shelter against sun and rain and are a perfect expression of Kaohsiung’s humid atmosphere. The building’s expansive sheltered crown becomes the Banyan Plaza, a generous, sheltered, partially enclosed public space. Designed with the subtropical climate in mind, the open structure allows the cooling wind to blow freely through Banyan Plaza. Between the four formal performance halls, which form the ‘trunks’ that support the undulating roof, a topography rising from ground level to plus five metres becomes part of the park’s landscape. Residents can wander through here day and night, practise Tai Chi or stage street performances along walkways and in informal spaces. An open-air theatre nestles on the roof where the structure curves to the ground, with the surrounding park forming the stage. The seamless flow between interior and exterior creates opportunities for crossovers between formal and informal performances. The vast, undulating structure is composed of a skin and roof and connects an extensive range of functions. The curved steel structure was built in cooperation between a local and a Dutch shipbuilder. The Centre’s iconic canopy — a billowing plane of architectural fabric akin to a tectonic plate — forms the conceptual foundation of the project. This undulating roof is a marvel of structural engineering, with one side scooped out to form a beautifully landscaped amphitheatre for a plethora of outdoor performances. 7 hectares of landscape, balanced between hard and soft landscaping accommodate event spaces and logistical access while creating a gradient of green towards the neighbouring Weiwuying park. Inside, curving walls expand and contract like the branches of a banyan tree, creating organic spaces for playing, making, viewing art and taking in performances. The scale of the project is virtually unprecedented, yet the character of each space remains welcoming and accessible to its inhabitants. Different theatres such as the 1981-seat Concert Hall and 2236-seat Opera House are located in the five cores or ‘legs’ of the building where the structure meets the ground. The cores connect with one another via foyers in the roof and an underground service floor which houses the backstage area of each theatre. The Concert Hall is shaped like a stepped vineyard with a stage at its centre, with terraces at different floor heights encircle the podium. With seating on all sides of the stage, the audience is in close proximity to the performance itself. The Opera House is arranged in the form of a horseshoe with three circled balconies. This theatre is suitable for Western opera, with an orchestra of over seventy musicians. The seating is upholstered in a mixture of red and purple fabrics with a pattern of Taiwanese flowers, contrasting with the darker walls. The 434-seat Recital Hall has the most intimate atmosphere of the four. With its asymmetrical composition and seating across two levels, it is designed for chamber music and recital performances. The seats in the Recital Hall have the same golden fabric as the Concert Hall and oak lines the walls. The upper part of this hall is enclosed by a circle of sound-absorbing curtains, allowing for the reverberation time within the space to be tuned to specific types of performance. The Playhouse, with 1210-seats, is designed to host a variety of drama and dance performances. Flexibility is the core element in the design of this multifunctional space. In the Playhouse, the layout is adaptable and can be changed from a typical proscenium stage with the audience in front, to a thrust stage with the audience on three sides.
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MECANOO Mecanoo, fondata ufficialmente a Delft nel 1984, è composta da uno staff altamente multidisciplinare di professionisti creativi provenienti da 25 paesi. Il team comprende architetti, interior designer, urbanisti, paesaggisti, tecnici architettonici e personale di supporto. Mecanoo è guidato dal direttore creativo / socio fondatore, Francine Houben e dal direttore / partner design e ricerca Dick van Gameren. Mecanoo ha una vasta esperienza nella progettazione e realizzazione di edifici eccezionali che soddisfano le ambizioni dei clienti creando spazi vivaci per gli utenti finali. Ogni progetto risponde alla nostra filosofia di Persone, Luogo e Scopo: alle esigenze del cliente e alle esigenze dell’utente (Persone); il contesto fisico, il clima e la cultura (Luogo); e il potenziale attuale e previsto della funzione di un edificio (Scopo). Il risultato sono soluzioni uniche per ogni diversa situazione, in cui le discipline dell’architettura, dell’urbanistica, del paesaggio e degli interni si combinano in modo non tradizionale. “Negli anni abbiamo imparato che le funzioni cambiano inevitabilmente. Pertanto, dobbiamo creare edifici preparati per cambiamenti (non) prevedibili. La sostenibilità è un aspetto intrinseco del nostro approccio al design, che alimenta l’ambizione di creare una nuova identità in un mondo di globalizzazione, che si traduce in luoghi stimolanti e autentici, socialmente rilevanti per le persone e le comunità. Siamo concentrati non da un focus sulla forma, ma sul processo, la consultazione, il contesto, la scala urbana e le strategie di progettazione sostenibile integrata, lo studio crea edifici culturalmente significativi con un tocco umano.”
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TECHNICAL SHEET Location: Kaohsiung City, Taiwan Client: Ministry of Culture Architec: Mecanoo architecten, Delft, the Netherlands Local partner: Archasia Design Group, Taipei, Taiwan Partner in charge: Francine Houben Project architect: Nuno Fontarra Project director: Friso van der Steen Design Team: Aart Fransen, Bohui Li, Ching-Mou Hou, Danny Lai, Frederico Francisco, Jaytee van Veen, Joost Verlaan, Leon van der Velden, Magdalena Stanescu, Nicolo Riva, Rajiv Sewtahal, Reem Saouma, Sander Boer, Sijtze Boonstra, Wan-Jen Lin, Yuli Huang, William Yu, Yun-Ying Chiu. Site supervision: Archasia Design Group, Taiwan WEBSITE | mecanoo.nl INSTAGRAM | @mecanoo_ FACEBOOK | Mecanoo Courtesy of v2com-newswire.com
Mecanoo, officially founded in Delft in 1984, is made up of a highly multidisciplinary staff of creative professionals from 25 countries. The team includes architects, interior designers, urban planners, landscape architects as well as architectural technicians and support staff. Mecanoo is led by Creative Director/Founding Partner, Francine Houben and Design and Research Director/Partner Dick van Gameren. Mecanoo has extensive experience designing and realising exceptional buildings which serve client ambitions while creating vibrant end-user spaces. Each project responds to our philosophy of People, Place and Purpose: to the client’s requirements and the user’s needs (People); the physical context, climate and culture (Place); and the current and predicted potential of a building’s function (Purpose). The result is unique solutions for each varying situation, in which the disciplines of architecture, urban planning, landscape and interior combine in a non-traditional way. “Over the years we have learned that functions inevitably change. Therefore, we must create buildings that are prepared for (un)predictable change. Sustainability is an inherent aspect of our design approach, feeding into an ambition to create a new identity in a world of globalization, resulting in inspiring and authentic places, socially relevant for people and communities. Preoccupied not by a focus on form, but on the process, consultation, context, urban scale and integrated sustainable design strategies, the practice creates culturally significant buildings with a human touch.”
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ADRIATIC COAST
Lorenzo Papadia
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La costa adriatica è dove miti e leggende si intrecciano nel corso dei secoli a creare un flusso unico tra la storia e le onde che solcano il mare. Dagli Argonauti ai Saraceni, da Enea a Diomede, fino a Cassandra e Medusa, ogni roccia è in grado di raccontare una storia e farla tornare a galla come avviene nel mito di Diomede. In queste acque, dove a improvvise tempeste seguono lunghi silenzi, nasce una luce scura che ricorda la notte. Una quiete espressa dalle forme e dalle strade adiacenti al mare, che alle volte si accende e altre si affievolisce, plasmandosi attraverso la luce. L’Adriatico è un regista che filma la vita per secoli, pieno di segni pronti a riemergere: guerrieri che si trasformano in uccelli, profezie, voci inascoltate. Un ordine che precede il caos che dà vita ad un nuovo caos.
The Adriatic coast is where myths and legends intertwine over the centuries to create a unique flow between history and the waves that plow the sea. From the Argonauts to the Saracens, from Aeneas to Diomede, up to Cassandra and Medusa, each rock is able to tell a story and make it come back to the surface as happens in the myth of Diomede. In these waters, where sudden storms are followed by long silences, a dark light is born that recalls the night. A quiet expressed by the shapes and the streets adjacent to the sea, which at times lights up and at others fades, molding itself through the light. The Adriatic is a director who films life for centuries, full of signs ready to re-emerge: warriors who turn into birds, prophecies, unheard voices. An order that precedes the chaos that gives life to a new chaos.
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Lorenzo è un fotografo italiano, vive a Lecce, una piccola città del sud Italia. Fotografa oggetti comuni, ambienti interni e luoghi urbani. Lorenzo cerca di ordinare il grande caos generato dalla velocità dei giorni contemporanei, che di solito si traduce in immagini troppo elaborate. Pensa che il fotografo dovrebbe fornire agli osservatori tutti gli strumenti per scoprire i dettagli, quelli che di solito vengono ignorati perché la nostra vista viene catturata da altre distrazioni. L’architettura è una connessione tra ciò che è reale e ciò che è invisibile e irreale, come un’eco del pensiero metafisico che porta alla presenza dell’ombra e della luce. Il fotografo crede nella forte evanescenza delle cose, oltre l’apparenza in cui tutto cessa di essere “vero”. Architetture e colori sono pieni di mistero e segretezza. Nel maggio 2012 il suo lavoro è stato esposto a Bruxelles, al Parlamento Europeo. In ottobre ha vinto l ‘“Impossible Talent Prize” durante il festival fotografico ISO 600, a Milano. Nel 2015 il suo lavoro è stato menzionato ai Sony Photography Awards e nel 2019 ha esposto a Les Rencontres de la fotografie ad Arles con l’opera “La marée de la memoire”. Nel 2021 il suo lavoro “Riviera Adriatica” viene pubblicato da Leica Camera Italia. Espone nella sua galleria Classic Camera a Lecce e nella Sakura Galerie a Parigi
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Lorenzo is an Italian photographer, he lives in Lecce, a little city in south of Italy. He shoot at common objects, indoor environments and urban places. Lorenzo tries to order the great chaos generated by fast contemporary days, which usually results in overelaborated pictures. He thinks the photographer should give to the observers all the instruments to discover details, those which are usually ignored as our sight is catched by other distractions”. The architecture is a connection between what is real and what is invisible and unreal, like an echo of metaphysical thinking leading to the presence of shadow and light. The photographer believe in the strong evanescence of things, beyond the appearance of which everything ceases to be “true.” Architectures and colors are full of mystery and secrecy. In May 2012 his work was exhibited in Bruxelles, at the “European Parliament”. In October, he won the “Impossible Talent Prize” during the ISO 600 photo-festival, in Milan. In 2015 his work was mentioned in Sony Photography Awards and in 2019 he exposed in Les Rencontres de la fotografie in Arles with the work “La marée de la memoire”. In 2021 his work “Adriatic Coast” is published by Leica Camera Italia. He exhibited in his Classic Camera Gallery in Lecce, and Sakura Galerie in Paris
WEBSITE | lorenzopapadia.com INSTAGRAM | @lorpapadia FACEBOOK | Lorenzo Papadia
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PEGGY
THREE ELEMENTS, acrylic on canvas, 40 x 50 cm (details)
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LE POULEN
WEBSITE | peggylepoulen.com INSTAGRAM | @peggylepoulen FACEBOOK | Peggy Le Poulen Courtesy of ARTZGALLERY, Shanghai www.artzspace.art | @artzgallerysh
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CENTRAL EMBROIDERY, acrylic on canvas, embroidery, 30 x 39,5 cm
SUPERIMPOSED ELEMENTS, acrylic on canvas, 100 x 100 cm
Peggy ha lavorato in Francia come designer tessile nel settore dei tappeti di arredamento. Ha scoperto il suo slancio e la sua passione per la creazione artistica attraverso la ceramica e la scultura e l’installazione / collocazione delle sue opere in spazi definiti. Arrivata a Shanghai nel 2006, si è dedicata alla pittura e ha sperimentato una vasta gamma di tecniche e materiali applicati a diversi supporti. Il suo stile è eclettico e vario e si è evoluto cambiando nel corso degli anni. L’arte di Peggy segue due percorsi che si incontrano ad un certo punto: • Iniziando dai quadri con ricami si potrebbe pensare a quadri semplici, ma osservando bene si noterà che i ricami e le trame create dalla pittura acrilica regalano effetti visivi unici ed affascinanti. Si crea un gioco ottico di ripetizione del punto, mostrando quindi il rapporto tra ricamo e pittura. Non si capisce se si sta guardando un ricamo o un dipinto o se fa parte di un tutto, un universo di riflessione unico. • I suoi quadri acrilici sono forme geometriche dai movimenti spontanei che possono dare l’impressione di sculture che si intersecano, si intrecciano e si sovrappongono. Le trame presenti nella sua pittura sono influenzate dalle tecniche di smaltatura che ha appreso durante le sue lezioni di ceramica. E anche dalla tessitura, che da sempre l’ha affascinata per l’accostamento di materiali e trame create dalla mescolanza di qualità diverse di fili e tecniche. La vista dello spettatore è esacerbata, rapita dalla spontaneità, dalla profusione, dalla ricchezza dei colori presenti nella sua pittura, che danno una sensazione di gioia, benessere ed energia. Continua ad essere affascinata dall’effetto di materiali diversi, intrecciando vari fili e punti di ricamo. Tutte queste tecniche miste influenzano e hanno un impatto sulla sua creazione. La sua passione per la ceramica, la scultura e le tecniche tessili hanno decisamente influenzato il suo lavoro, che continuerà a sviluppare nelle future creazioni.
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SERIES ELEMENTS, acrylic on canvas, 50 x 60 cm
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THREE ELEMENTS, acrylic on canvas, 40 x 50 cm
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SUPERIMPOSED ELEMENTS, acrylic on canvas, 100 x 100 cm
Peggy worked in France as a textile designer in carpet furnishings. She discovered her impetus and her passion for artistic creation through ceramics and sculpture, and the installation / location of her works in defined spaces. Arrived in Shanghai in 2006, she went into painting and experimented with a wide range of techniques and materials by adding more diverse media. Her style is eclectic and varied, and has evolved and changed over the years. Peggy’s art follows two paths which, eventually meet at some point: • First of all, the paintings with embroidery, you could think of simple paintings, but on closer inspection, you will notice the embroidery and the textures created by acrylic paint give unique and fascinating visual effects. An optical play of repetition of the stitch appears, positioning between embroidery and painting is then noted. We no longer know if we look at embroidery or a painting, or if it is part of a whole, a unique universe of reflection. • Her acrylic paintings are geometric shapes from spontaneous movements that can give the impression of some sculptures that intersect, intertwine and overlap. The textures present in her painting are influenced by the enamellings effects she learned during her ceramic lessons. And also by weaving, which has always fascinated her for the juxtaposing of materials and textures created by the mixture of different qualities of threads and techniques. The viewer’s sight is exacerbated, hooked by spontaneity, profusion, the richness of the colors present in her painting, which give a feeling of joy, well being and energy. She continues to be fascinated by the effect of different materials, weaving various threads and embroidery stitches. All these mixed media influence and have an impact on her creation. Her passion for ceramics, sculpture and textile techniques have definitely influenced her work, which she will continue to develop in future creations.
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CENTRAL EMBROIDERY, acrylic on canvas, embroidery, 30 x 39,5 cm
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CARL COREY 48
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Geneva On The Lake, Ohio
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Danbury, Ohio
Bay City, Michigan
Duluth, Minnesota
Manistee, Michigan
Sono un “Great Laker” di nascita, essendo nato e avendo vissuto i miei primi 35 anni a Chicago. I miei primi anni di vita sono stati intrecciati con il Lago Michigan, che ha proiettato su di me la sua influenza ricreativa, topografica e culturale sin dalla nascita. Mi sono goduto le giornate estive a Rainbow Beach, le passeggiate lungo la riva di Grant Park e le gite ai piccoli pescherecci dell’estremo South Side per cena. Ho realizzato il mio primo documentario nel 1972 mentre ero al liceo e mi sono concentrato sulla questione ambientale di un lago Michigan allora molto inquinato, una situazione che è notevolmente migliorata negli anni successivi grazie al Clean Water Act. A partire dal 2017 ho impiegato quasi tre anni per fotografare lungo le 4.851 miglia di costa dei Grandi Laghi Americani. Guidando casualmente con un piccolo camper Winnebago e soffermandomi nelle aree di interesse, sono stato attratto da quelle comunità secondarie e rurali lungo i litorali, dalle piccole città e paesi che vivono di una specifica attività, che si tratti di turismo, agricoltura, produzione, spedizione o vendita
al dettaglio. Ho mangiato innumerevoli ciotole di spaghetti ramen e lattine di sardine. Ho fatto 2.768 fotografie. Ho incontrato persone fantastiche e ho studiato le storie delle comunità lungo la strada. Ho imparato molto. La costa lungo i Grandi Laghi degli Stati Uniti è più lunga delle East and West Coast messe insieme; L’84 per cento della fornitura di acqua dolce del Nord America è nei Grandi Laghi; 30 milioni di americani risiedono lungo queste rive (60 milioni se si considera l’intera regione); i Grandi Laghi ospitano la grande cintura dell’industria pesante manifatturiera; e, cosa più importante, la costa è in fase di transizione. Questa serie non è una retrospettiva storica o una guida turistica, ma piuttosto la mia impressione di come sono oggi queste comunità. Non è mia intenzione fare dichiarazioni ma, piuttosto, condividere osservazioni soggettive. Spero che questo corpus di opere serva da artefatto storico per le generazioni future e crei riflessione e pensiero sulla nostra cultura americana.
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I am a Great Laker by birth, being born and having lived my first 35 years in Chicago. My early life was intertwined with Lake Michigan, which projected its recreational, topographic, and cultural influence upon me from birth. I enjoyed summer days at Rainbow Beach, walks along Grant Park’s shore, and trips to the little fisheries on the far South Side for dinner. I made my first documentary in 1972 while I was in high school and focused upon the environmental issue of a then badly polluted Lake Michigan - a situation that vastly improved over the following years thanks to the Clean Water Act. Starting in 2017 I took almost three years to photograph along the 4,851 miles of shoreline of the American Great Lakes Strand. Casually driving the little Winnebago camper and lingering in areas of interest, I was drawn to those secondary and rural communities along the Strand, to the the small cities and towns supporting a unique industry, be it tourism, agriculture, manufacturing, shipping, or
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retail trade. I ate countless bowls of Ramen noodles and cans of sardines. I made 2,768 photographs. I met great folks and investigated the histories of communities along the way. I learned much. The shoreline (Strand) along the U.S. Great Lakes is longer than the East and West Coast shorelines combined; 84 percent of North America’s fresh water supply is in the Great Lakes; 30 million Americans reside along the shore of the Great Lakes (60 million if you consider the entire region); the Great Lakes are home to the great industrial Rust Belt; and, most importantly, the Strand is in transition. This series is not a historical retrospective or tourist guide but, rather, my impression of what these communities are like today. It is not my intention to make statements but, rather, to share subjective observations. I hope this body of work serves as a historical artifact for future generations and creates reflection and thought about our American culture.
Gladstone, Michigan
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Buffalo, New York
Milwaukee, Wisconsin
Watertown, New York
Carl Corey è un “Guggenheim Fellow” in fotografia e ha ricevuto oltre 100 premi dalle comunità della fotografia e dell’editoria, tra cui National INDIE Book Publishers Best Photography Book, The Crystal Book Award, Midwest Publishers Gold Book Award, New York Art Directors Club, Communication Arts, Print Annual e USA National Best Book Awards. Il lavoro di Carl è stato presentato in alcuni dei periodici di fotografia più prestigiosi, tra cui Camera Work Bicentennial Edition, Communication Arts, Columbia Journalism Review e Visual Communication Quarterly. Carl espone a livello internazionale ed è presente in molte delle principali collezioni d’arte. Le fotografie di Corey sono state oggetto di tre monografie tra cui “The Tavern League: A Portrait of the Wisconsin Tavern” (The Wisconsin Historical Society Press, 2011), “Rancher” (BunkeR Hill / GalleryPrint, 2007) e “For Love and Money: A Portrait of the Family Business” (WHS Press, 2014). È un fotografo di primo piano in “Fotografia contemporanea a New York City”, a cura di Marla Hamburg Kennedy (Rizzoli, 2011). Il suo attuale libro “The Strand - A Cultural Topography of the American Great Lakes”, è ora disponibile in un’edizione rilegata a mano di 500 pezzi.
Carl Corey is a Guggenheim Fellow in Photography and the recipient of over 100 awards from the photography and publishing communities including National INDIE Book Publishers Best Photography Book, The Crystal Book Award, Midwest Publishers Gold Book Award, New York Art Directors Club, Communication Arts, Print Annual and USA National Best Book Awards. Carl’s work has been featured in many of photography’s most prestigious periodicals, including Camera Work Bicentennial Edition, Communication Arts, Columbia Journalism Review and Visual Communication Quarterly. Carl exhibits internationally and is many major art collections. Corey’s photographs have been the subject of three monographs including The Tavern League: A Portrait of the Wisconsin Tavern (The Wisconsin Historical Society Press, 2011), and Rancher (BunkeR Hill / GalleryPrint, 2007) and For Love and Money: A Portrait of the Family Business (WHS Press, 2014). He is a featured photographer in Contemporary Photography in New York City, edited by Marla Hamburg Kennedy (Rizzoli, 2011). His current Book “The Strand” ~ A Cultural Topography of the American Great Lakes, is now available in an archival hand bound edition of 500.
WEBSITE | carlcorey.com INSTAGRAM | @carlcoreyphotographer FACEBOOK | Carl Corey
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Bad Axe, Michigan
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EL EQUIPO CREATIVO
CRAZY PIANOS CLUB
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Il Crazy Pianos è senza dubbio un club diverso. Invece di un DJ, due pianoforti rossi intrattengono la cena e il bere, finché non invitano a far ballare il pubblico intorno a loro. La trasformazione del noto club musicale Crazy Pianos segna l’inizio di una nuova tappa nella sua storia. Il nuovo design spinge la nuova strategia commerciale: puntare a un pubblico più esigente da una fascia di età più ampia, senza perdere l’essenza del progetto originale. Il briefing è stato chiaro: un luogo pazzo, diverso e sensuale. La risposta è stata un design ricco di dettagli e spazi, pieno di riferimenti cinematografici e piccole storie: un’atmosfera che invita a lasciarsi trasportare e perdere la testa. Generare esperienze e interazioni innovative è uno degli obiettivi del progetto. Il design cerca di rivelare tutte le potenzialità dello spazio per creare nuove situazioni. Non un progetto da guardare, ma da vivere e sperimentare. Con questo principio in mente, il nostro team ha concepito questo spazio come la sequenza di un film surreale, che viene gradualmente scoperto entrando nel locale. Il layout è organizzato da aree chiaramente differenziate che circondano il punto focale della stanza: i due pianoforti su un piccolo palco. Ogni area è pensata come una nuova scenografia all’interno di questo film, a partire dal
“Ticket Carrousel” alla “Art Gallery” fino alle “VIP Cages”. Più intimo o sociale, più comodo o attivo, ogni cliente può trovare il proprio spazio ideale in base allo stato d’animo della propria notte. Le piattaforme leggermente rialzate assicurano che tutte le aree possano vedere il palco, mentre le loro forme organiche invitano i clienti a muoversi e socializzare. Con l’avanzare della notte, i tavoli intorno ai pianoforti scompaiono rendendo questa zona una vivace pista da ballo. Gli architetti vedono i bar come due diversi poli energetici che bilanciano i pianoforti. Con una personalità avvincente e differenziata, il loro design sorprende i clienti invitandoli all’interazione. Progettato con le scale alle due estremità, il “Catwalk Bar” è letteralmente trasformato in un palcoscenico sopraelevato, dove il personale e i clienti diventano improvvisati “gogos” della notte. Sul lato opposto, il “Blow Bar”, un piccolo e intimo bar circolare, con il suo aspetto sexy e l’atmosfera festosa, invita i clienti ad avvicinarsi, bere e chiacchierare. I motivi dall’aspetto organico sulle pareti e sui tappeti, insieme alle pedane sinuose, ci aiutano a creare uno spazio fluido con una romantica sensazione di giardino. D’altra parte, mobili colorati e oggetti simbolici con un tocco surreale, ci invitano a giocare e lasciarci prendere la mano.
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Crazy Pianos is undoubtedly a different club. Instead of a DJ, two red pianos entertain dinner and drinks, until they get the public dancing around them. The reform of the well-known Crazy Pianos music club was the beginning of a new stage in its history. The new design should push their new commercial strategy: aiming for a more demanding audience from a wider age range without losing the essence of the original project. The briefing was clear: a crazy, different and sexy venue. The response was a design rich in details and spaces, full of cinematographic references and little crazy stories: an atmosphere that invites to get carried away and lose your mind. Generating innovative experiences and interactions is one of the goal of the project. The design is trying to reveal all the potential of the space to create new situations. It is not a design to look at but to live and experience. With this in mind, our team conceived this space as a cinematographic sequence of a surreal film, which is gradually discovered when entering the venue. The layout is organized by clearly differentiated areas surrounding the focus point of the room: the pianos on a small stage. Each area is designed as a new scenography within this film,
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starting from the “Ticket Carrousel” to the “Art Gallery” to the “VIP Cages”. More intimate or social, more comfortable or active, each client can find their ideal space according to the mood of their night. Slightly elevated platforms ensure that all areas can see the stage, while their organic shapes invite customers to move and socialize. As the night moves forward, the tables around the pianos disappear making this area a lively dance floor. The architects see the bars as two different energy poles that balance the pianos. With a compelling and differentiated personality, their design surprises clients while inviting for interaction. Designed with stairs at both ends, the “Catwalk Bar” is literary converted into an elevated stage, where staff and clients become improvised “gogos” of the night. At the opposite side, the “Blow Bar”, a small and intimate circular bar, with its sexy look and festive atmosphere, invites clients to get closer, drink and chat. The organic-looking patterns on the walls and carpets together with the curvy platforms, help us create a flowing space with a romantic garden feeling. On the other hand, colourful furniture pieces and symbolic objects with a surreal touch invite us to play and get carried away.
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FLOOR PLAN AND CROSS SECTION 63
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EL EQUIPO CREATIVO Gli architetti Oliver Franz Schmidt, Natali Canas del Pozo e Lucas Echeveste Lacy formano EL EQUIPO CREATIVO, uno studio con sede a Barcellona e specializzato nella progettazione di interni di spazi gastronomici, commerciali e di ospitalità. Dal 2010 lavorano per alcuni degli chef più prestigiosi del mondo, come Ferran e Albert Adrià, e il loro design include quattro ristoranti stellati Michelin. I loro progetti sono stati riconosciuti in più di 40 premi internazionali di design. The architects Oliver Franz Schmidt, Natali Canas del Pozo, and Lucas Echeveste Lacy form EL EQUIPO CREATIVO, a studio based in Barcelona and specialized in the interior design of gastronomic, commercial, brand and hospitality spaces. Since 2010, they have worked for some of the most prestigious chefs in the world, like Ferran and Albert Adrià, and their designs include four Michelin star restaurants. Their projects have been recognized in more than 40 international design awards.
TECHNICAL SHEET Location: Strandweg 21, Den Haag, Netherlands Client: Crazy Pianos Floor Area: 990 m2 Interior Design: EL EQUIPO CREATIVO Completed: 2019 Photographer: Adrià Goula WEBSITE | elequipocreativo.com INSTAGRAM | @elequipocreativo FACEBOOK | El Equipo Creativo Courtesy of v2com-newswire.com
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A SENCE OF EMPTINESS
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MRS. WHITE PHOTOART 66
Anja Rösgen, alias Mrs. White Photoart, è una fotografa autodidatta tedesca. Ama inventare storie oscure per poi realizzarle attraverso le sue foto. L’aspetto umano è la parte più importante di questo processo. I suoi personaggi sono spesso messi in scena in un ambiente deserto, senza volto o alienati, a volte afflitti dal loro vuoto interiore. Per tutta la vita è stata affascinata da storie che sono cupe ed evocano sentimenti di solitudine e malinconia. Il suo focus è sulla fotografia concettuale e surreale. Ogni dettaglio è meticolosamente pianificato, dall’idea all’immagine finale: l’obiettivo corretto della fotocamera, l’impostazione della luce, il luogo, l’angolo giusto e gli oggetti di scena migliori. Anja Rösgen, aka Mrs. White Photoart, is a German self-taught photographer. She loves to invent dark stories and then make them come true through her photos of her. The human aspect is the most important part of this process. Her characters are often staged in a deserted, faceless or alienated setting, sometimes plagued by their inner emptiness. Her all her life she has been fascinated by stories that are dark and evoke feelings of loneliness and melancholy. Her focus is on conceptual and surreal photography. Every detail is meticulously planned, from the idea to the final image: the correct camera lens, the light setting, the place, the right angle and the best props.
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JUST MILK
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TEMPTATION
NOW THE DEVIL KNOWS MY NAME
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THE QUIET ROOM
BREAK THE SILENCE
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PIONEERS IN AVIATION
CAUGHT IN YOUR WORLD
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THE LEFT BEHINDS
THE ATTRACTION OF LIGHT
I WILL WAIT FOR YOU UNTIL THE END OF TIME
INSTAGRAM | @mrs_white_photoart FACEBOOK | Mrs White Photoart
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Photo: Francesco Squeglia
FONDAZIONE “MADE IN CLOISTER”. Naples, 2020
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SERGIO FERMARIELLO GALERIE ADRIANO RIBOLZI - Principato di Monaco 4 June 2021 75
Chi è Sergio Fermariello? Se siete fra coloro che non lo conoscono vi invidio, perché state per ammirare dei prodotti che rappresentano il sunto della produzione artistica italiana contemporanea. Se invece siete tra coloro che già lo conoscono, mi fermo e faccio un passo indietro, per farvi entrare nella mostra che la Galleria Ribolzi dedica al grande artista napoletano. Parlo quindi per il primo gruppo e vi dico solo che quando mi sono trovato davanti alle opere del Fermariello è sorto spontaneo un problema di definizione. Si tratta di sculture? Di quadri? Forse dei bassorilievi e da che parte vanno guardati? Infatti le sue opere non solo sono esteticamente potenti sul fronte, ma hanno un retro curioso e interessantissimo, in cui si vede tutta la tecnica e il lavoro artistico-concettuale-artigiano che li sostiene. Sì perché stiamo assistendo all’arrivo del cammino artistico di questo personaggio incredibile. Sergio Fermariello è stato una luminosa scoperta di Lucio Amelio. Tramite lui Warhol è arrivato a Napoli e ha dipinto la furia del Vesuvio. Fermariello ha fatto attivamente parte della scena artistica dagli anni ’80 e ‘90, vivendo tutti i cambiamenti e le riflessioni dell’arte contemporanea, italiana e internazionale. Ha studiato Capogrossi, Consagra, Fontana, e Pomodoro, li ha vissuti, ma è stato dall’arte delle prime incisioni rupestri e dalle figure arcaiche di guerrieri, che ha nutrito la sua ispirazione. Il suo guerriero stilizzato, cifra stilistica, e caratteristica predominante è la sua firma, perché, come direbbe Paul Klee: “la linea è un punto che
è andato a fare una passeggiata” e Sergio Fermariello cammina tramite lui sulle superfici e sulle dimensioni. Non importa quale sia il mezzo, l’importante è il fine. Non importa la superficie, l’importante è quello che comunica, che lascia allo spettatore. Sergio Fermariello è stato tutto: un esponente della land art, un artista concettuale, un uomo delle caverne, uno scultore e al tempo stesso un grande regista di tutte queste operazioni assieme. Presso la Galleria Ribolzi assistiamo all’installazione (H)EAR, proposta prima a Napoli presso la Fondazione Made in Cloister, che si presenta come un campo di spighe di grano, ma in realtà sono piccole orecchie in bronzo dorato in ascolto. Un omaggio a Van Gogh e alla natura, ma anche alla spiritualità e a tutto ciò che di potente c’è nell’ascolto, nello studio e nell’analisi delle proprie passioni, pulsioni e paranoie. Il resto della produzione invece è composto dai suoi ultimi lavori sulla figura del guerriero: grandi e medi formati, ma a volte anche piccolissimi, che riproducono l’immagine rupestre, con e senza cavallo, in un intreccio che nulla ha da invidiare all’horror vacui dei bassorilievi epici romani, come agli ambienti di Keith Haring. A tutto questo sottende la linea, di cui Fermariello è incontrastato maestro e fautore. Seguiamola, perdendoci fra campi di grano, spiagge, porti, alcune stradine inerpicate del centro di Napoli e guerrieri pronti all’azione.
METROPOLITANA. Napoli, 2000
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Rosa Fasan
XLV BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA. Venezia, 1993
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CASTEL DELL’OVO. Napoli, 1999
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Who is Sergio Fermariello ? If you are among those who do not know him I envy you, because you are on the verge of admiring works that represent the heart of Italian contemporary artistic production. If on the other hand you are among those who know him already, I stop and go one step back, in order to let you enter this exhibition that Gallery Ribolzi dedicates to the great Neapolitan artist. I therefore speak for the first group and I tell you only that when I found myself in front of Fermariello’s works a spontaneous problem of definition arose. Are we in front of sculptures? of paintings? Maybe bas-reliefs and from which side shall we look at them? As a fact his works are not only aesthetically strong on the front, but they have a curious and very interesting back, where one sees the technique and the artistic conceptual artisanal work that supports them. Yes because we are assisting to the arrival of the artistic path of this incredible artist. Sergio Fermariello has been a luminous discovery by Lucio Amelio, through whom Warhol arrived in Naples and painted the fury of the Vesuvio. Fermariello took active part in the artistic scene of the 80’s and 90’s, living all the changes and reflexions of contemporary Art, Italian and International. He studied Capogrossi, Consagra, Fontana and Pomodoro, he lived them,but it was from the art of the first rock engravings and from the archaic figures of warriors that he nourished his inspiration. His stylized warrior, stylistic code, and predominant characteristic are his signature, since, as Paul Klee would say, «
the trait is a point that went for a walk » and Sergio Fermariello walks on surfaces and dimensions through it. The means are not important, the end is important, surfaces are not important, what he communicates, what he leaves to the spectator is important. Sergio Fermariello is everything : an exponent of Land Art, a conceptual artist, a cave man, a sculptor and at the same time a great director of all these operations together. At Gallery Ribolzi we assist at the installation H(EAR), shown first in Naples at the Foundation Made in Cloister, that represents a field of ears of wheat but in reality they are very small gilt bronze listening ears. An homage to Van Gogh and to nature, but also to spirituality and to everything potent that there is in hearing, in the study and analysis of one’s own passions, pulsions and paranoia. The rest of the production is composed by his latest works on the figure of the warrior : large and medium formats, but sometimes also very small, that reproduce the rock image with and without horse, in an intertwining that has nothing to envy to the empty horror of the epic roman bas-reliefs as in Keith Haring’s environments. Behind all this we find the trait of which Fermariello is undoubtedly the master and creator. Let’s follow it, losing ourselves in fields of wheat, beaches, harbours, some perched narrow streets of the centre of Naples and warriors ready to act.
Rosa Fasan
“ANTENATO”. Litorale Domitio, 2014
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UNTITLED, 2021. Oil on canvas, 24 x 24 cm
UNTITLED, 2021. Aluminum and stainless steel, 160 x 180 cm
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Sergio Fermariello was born in Naples on April 29, 1961. After the high school he attended courses in natural sciences at the University of Naples. At the age of twenty he decided to devote himself exclusively to Art. His research started from a retrieval of models, of familiar memories later extended to a more deep investigation of universal archaic in the recovery of a collective unconscious memory. In 1989, he won the “Saatchi and Saatchi International Prize for Young Artists” the first time it was awarded, at the Palazzo delle Stelline in Milan .The same year he exhibited his work for the first time in a solo show at the Lucio Amelio Gallery, in Naples. Afterwards he staged several one-man shows, including one at the Capricorno Gallery in Venice in 1990 and at the Galerie Yvon Lambert in Paris 1992. His work was also shown at a number of international events, such as the Metropolis exhibition at the International Kunstausstellung in Berlin in 1991 and the exhibition Les pictographs at the Musée de l’Abbaye Sainte-Croix in Les Sables-d’Olonne. In 1993, at the age of thirty-two, he was invited by Achille Bonito Oliva to take part in the 45th Venice International Biennal Exhibition of Art, with a solo room in the Italian Pavilion. In 2009 he was in Brazil with a solo exhibition at the MAC Niteroi Museum. Besides his solo exhibitions Fermariello is interested in land art and he created some installations among which “Avviso ai naviganti” (performed in Naples in 1999 and at Pier 17 in New York in 2004) and “La Terra di Nessuno” in Cuma (Naples) in 2014. In February 2017 after his show in Capodimonte Museum, his work “Guerrieri” has been acquired by the Madre Museum of Naples. In the exhibition “ Hear” that took place at Made in Cloister Foundation in 2020 the iconic warrior of Fermariello, with his spear and shield, comes back more noisy then ever, as a reminder of our roots, our enemies and our goals. Fermariello’s works are permanently shown in several public collections: Capodimonte Museum in Naples; Terrae-Motus Foundation, Royal Palace Caserta; Museo Madre, Naples; Building One, Canary Wharf, London; Barilla Collection; Mart Museum, Rovereto; BAG Bocconi Art Gallery, Bocconi University, Milan; Capodichino Airport, Naples.
Photos: Francesco Squeglia
UNTITLED, 2019. White canvas on steel, 160 x 180 cm
Sergio Fermariello è nato a Napoli il 29 aprile 1961. Dopo la maturità scientifica ha frequentato i corsi di scienze naturali presso l’Università degli Studi di Napoli. A vent’anni decide di dedicarsi esclusivamente all’arte. La sua ricerca è partita da un recupero di modelli, di memorie familiari successivamente estese ad un’indagine più profonda dell’arcaicità universale nel recupero di una memoria inconscia collettiva. Nel 1989 vince il ““Saatchi and Saatchi International Prize for Young Artists” al Palazzo delle Stelline di Milano. Nello stesso anno espone per la prima volta in una personale al Lucio Amelio Gallery, a Napoli. Successivamente ha allestito diverse mostre personali, tra cui una alla Galleria Capricorno di Venezia nel 1990 e alla Galerie Yvon Lambert a Parigi 1992. Il suo lavoro è stato anche esposto in una serie di eventi internazionali, come la mostra Metropolis all’International Kunstausstellung a Berlino nel 1991 e la mostra Les pictographs al Musée de l’Abbaye SainteCroix a Les Sables-d’Olonne. Nel 1993, all’età di trentadue anni, è invitato da Achille Bonito Oliva a partecipare alla 45a Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, con una sala personale nel Padiglione Italia. Nel 2009 è in Brasile con una mostra personale al MAC Niteroi Museum. Oltre alle mostre personali Fermariello si interessa di land art e realizza alcune installazioni tra cui “Avviso ai naviganti” (eseguita a Napoli nel 1999 e al Pier 17 di New York nel 2004) e “La Terra di Nessuno” a Cuma (Napoli) nel 2014. Nel febbraio 2017, dopo la sua mostra al Museo di Capodimonte, la sua opera “Guerrieri” è stata acquisita dal Museo Madre di Napoli. Nella mostra “Hear” che si è svolta alla Fondazione Made in Cloister nel 2020 l’iconico guerriero del Fermariello, con la sua lancia e lo scudo, torna più rumoroso che mai, a ricordo delle nostre radici, dei nostri nemici e dei nostri obiettivi. Le opere del Fermariello sono esposte permanentemente in diverse collezioni pubbliche: Museo di Capodimonte a Napoli; Fondazione Terrae-Motus, Reggia di Caserta; Museo Madre, Napoli; Building One, Canary Wharf, Londra; Collezione Barilla; Museo Mart, Rovereto; BAG Bocconi Art Gallery, Università Bocconi, Milano; Aeroporto di Capodichino, Napoli.
WEBSITE | sergiofermariello.it INSTAGRAM | @sergiofermariello FACEBOOK | Sergio Fermariello
Courtesy of GALERIE ADRIANO RIBOLZI Monaco - Principato di Monaco WEBSITE | adrianoribolzi.com INSTAGRAM | @ribolzigallery
BOCCONI UNIVERSITY. Milan, 2008
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W HOTEL OSAKA 82
Situato su Midosuji Boulevard, un nuovo grattacielo di 27 piani, progettato da Nikken Sekkei e con una facciata supervisionata da Tadao Ando, è la sede del primo W Hotel del Giappone. Non lasciarti ingannare dal suo semplice design nero monolitico: dentro si nasconde un mondo di stravaganza! I suoi interni si ispirano alle molteplici sfaccettature della città, accogliendo gli ospiti per vivere Osaka attraverso gli occhi di concrete.
Situated on Midosuji Boulevard, a new 27-story landmark high-rise, designed by Nikken Sekkei and with a Tadao Ando supervised facade, is the home of Japan’s first W Hotel. Don’t be deceived by its simple black monolith design – inside hides a world of extravagance! Its interior is inspired by the many facets of the city, welcoming guests to experience Osaka through the eyes of concrete.
Il vero spirito di Osaka Ogni W Hotel è progettato specificatamente per il luogo, con designer stranieri invitati a offrire le nuove prospettive di un estraneo. Per il primo W Hotel in Giappone, concrete ha assorbito i luoghi, i suoni, i sapori e le emozioni di Osaka. Dalla semplice bellezza dei fiori di ciliegio e degli alberi di ginkgo che fiancheggiano il Midosuji Boulevard alle vivaci e affollate strade al neon del quartiere della vita notturna di Osaka Dotonburi. concrete ha trovato ispirazione sia nel semplice che nel tradizionale, così come nel moderno, ossessivo e stravagante e ha creato un concetto di design di originale semplicità, celebrando il vero spirito della città.
The true spirit of Osaka Every W Hotel is designed for its specific location – with foreign designers invited to offer the fresh perspectives of an outsider. For W’s first hotel in Japan, concrete absorbed the sites, sounds, flavors and thrills of Osaka. From the simple beauty of the cherry blossoms and gingko trees lining the Midosuji Boulevard to the vibrant neon and busy streetscape of Osaka’s nightlife district Dotonburi. Concrete found inspiration in both the simple and traditional, as well as the modern, obsessive and extravagant and created a design concept of extravagant simplicity celebrating the true spirit of the city.
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L’arrivo L’esperienza “wow” inizia quando si entra nel lungo tunnel di arrivo dall’ingresso principale del Midōsuji Boulevard. Ispirati dai fiori delicati e dalla raffinata arte dell’origami, più di 3000 cerchi sono stati tagliati al laser in metallo robusto e piegati in modo casuale. Le luci dietro i fiori astratti cambiano colore con le 4 stagioni e cambiano di intensità dal giorno alla notte, creando un portale ultraterreno nel mondo di W Osaka. L’esperienza di Osaka procede nella hall degli arrivi. Qui, il motivo asanoha è stato l’ispirazione dietro al soffitto, il pavimento e le scale. Un soffitto semplice, ma audace, utilizza una versione 3D in scala di questo motivo geometrico tradizionale, che si riflette nel motivo sul pavimento in granito, in 6 tonalità di grigio scuro. Il cuore sociale - soggiorno e bar In un hotel standard, la prima cosa che gli ospiti vedono è il banco del check-in. All’uscita dall’ascensore, invece, gli ospiti del W Osaka vedono subito il bar, cuore sociale dell’hotel. Per connettere e separare gli spazi che servono gli ospiti del W Osaka su questo piano - come un infinito schermo shoji - una tenda bianca e trasparente continua con pieghe taglienti in stile origami scorre da un lato all’altro e ancora intorno. Gli ospiti sono invitati a rilassarsi (e osservare la gente) nel soggiorno dell’hotel, metà all’interno e metà all’aperto. Sopra il salone interno galleggia una selvaggia nuvola di lampade rettangolari, sospese verticalmente e orizzontalmente, a varie altezze. Le luci “neon” bianche a zigzag brillano attraverso le forme acriliche traslucide, in un omaggio allo scenario della vita notturna elettrica di Osaka. È come se i colori del neon fossero gocciolati sopra i mobili e fossero disposti dal viola al rosa, all’arancio, al giallo, al blu al verde. Ristorante oh.lala ... Il design degli interni di questo bistrot-tavola calda a tema francese si ispira alle tradizionali pentole e padelle in rame, così come alla tipica camicia a righe blu e bianca bretone. Lungo la parete, su scaffali in acciaio inossidabile si trovano oggetti in porcellana unici decorati con punti blu, che combinano forme e colori tradizionali francesi con l’ossessione del cerchio di W Osaka. Ad aggiungere brillantezza dall’alto, sono le nuvole di piccole luci a sospensione a sfera, sospese a diverse altezze tra le onde delle tende. Il WET deck, bar & courtyard Ispirata dall’amore giapponese per la natura, l’area WET è caratterizzata da pareti lisce e angoli arrotondati. La linea infinita dell’orizzonte è la più semplice astrazione della natura. Questa linea diventa un elemento giocoso che collega tutti gli spazi di questo piano, mentre un orizzonte cromato scorre lungo le pareti. Ogni area ha il proprio carattere codificato a colori nei toni del verde, grigio, blu o rosa - che definisce la funzione dello spazio. Aperto alle intemperie, con vista sul cielo, il cortile WET del W Osaka è un’oasi, con piante vive che scendono lungo le pareti dell’atrio. Dalla sua posizione elevata sulla linea dell’orizzonte, la piscina fa da sfondo blu a quest’area. Direttamente adiacente al cortile, gli ospiti possono prendere un cocktail al bar WET.
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Le camere degli ospiti Il tema cromatico delle camere si alterna per piano, tra il rosa sakura e il blu, consentendo agli ospiti di scegliere il colore che preferiscono. Le camere sono composte da un open space, con il soggiorno, la zona notte e il bagno separati da un moderno paravento in vetro shoji. Le finestre dal pavimento al soffitto portano la luce naturale e una vista straordinaria della città. Una parete fatta di specchi di colore grigio nasconde una funzione di illuminazione di “fuga”. Quando è acceso, trasforma la stanza con drammatiche strisce diagonali rosa o blu, ispirate ai neon di Osaka. Un’altra sorpresa è racchiusa dietro le ante in noce degli armadi. Famosi per la pixel art dei loro giocatori, i grafici di eBoy hanno creato un “pixorama” di Osaka, pieno fino all’orlo dei famosi monumenti della città in pieno colore pixellato. Bagno: Avere un bagno semiaperto offre agli ospiti il livello di privacy che preferiscono - con la possibilità di chiudere il bagno dalla zona notte - utilizzando il contemporaneo schermo shoji. L’intero bagno è rivestito in marmo grigio. Gli ospiti possono godersi un buon bagno caldo nella vasca bianca e indipendente o utilizzare la doccia separata, situata dietro le porte in vetro colorato di grigio. Zona notte: Al centro della stanza, il pavimento in noce delimita la zona notte. Un’estensione del pavimento attraversa la parete, estendendosi nel soggiorno. Questa accoglie il letto matrimoniale, comodini e lampade a cono nere - così come il divano del soggiorno. Dietro il cornicione, una morbida illuminazione verso l’alto illumina un muro di gesso bianco. Una lampada rotonda in carta di riso, ispirata ai fan giapponesi, brilla delicatamente sul muro. Ai piedi del letto c’è un grande pouf in tatami. Soggiorno: La terza area, il soggiorno, è definita da un morbido tappeto con un motivo sfumato che va dal rosa (o blu) al grigio. Ogni camera dispone di un divano, due sgabelli da bar e un cocktail bar in noce, che può anche fungere da scrivania. Lo scopo principale del bar è ovviamente godersi i cocktail! Il bar si estende in una nicchia rivestita con pellicola dicroica riflettente color arcobaleno, con alzatina a specchio. Suite EWOW In alto sopra Osaka, al 27° piano, la suite Extreme Wow si affaccia - e oltre - sullo skyline della città. Ispirata alle case tradizionali giapponesi, la suite è stata progettata in una sequenza di cinque stanze divise da profondi portali in rovere con schermi shoji scorrevoli che possono essere utilizzati per chiudere o aprire i diversi ambienti. Il design complessivo si basa sulla dualità di semplicità e stravaganza, consentendo agli ospiti di cambiare l’atmosfera della suite. Sia che desiderino un ambiente intimo e personale, sia che vogliano creare un ambiente più estroverso per intrattenere.
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The arrival The “wow” experience begins as you enter the long arrival tunnel from the main Midōsuji Boulevard entrance. Inspired by delicate blossoms and the fine art of origami, more than 3000 circles were laser cut into sturdy metal and folded randomly. The lights behind the abstract blossom change colors with the 4 seasons and shift in intensity from daytime to night – creating an otherworldly portal into the world of W Osaka. The Osaka experience proceeds in the arrival lobby. Here, the asanoha pattern was the inspiration behind the ceiling, flooring and staircase. A simple yet bold ceiling uses a scaled-up, 3D version of this traditional geometric pattern – which is reflected in the pattern on the granite flooring, in 6 dark grey shades. The social heart - living room & bar In a standard hotel, the first thing guests see is the check-in counter. Instead, when exiting the lift, W Osaka guests immediately see the bar, the social heart of the hotel. To connect and separate the spaces that serve the W Osaka guests on this floor – like an endless shoji screen – a continuous white, sheer curtain with sharp origami-style pleats flows from here to there and around again. Guests are welcome to relax (and people-watch) in the hotel’s Living Room – half indoors, and half outdoors. Above the indoors lounge floats a wild cloud of rectangular lamps, hanging vertically and horizontally, at various heights. White zigzag “neon” lights shine through the translucent acrylic forms, in a desaturated homage to Osaka’s electric nightlife scenery. It’s like the colors of the neon have dripped on top of the furniture, and are arranged from purple to pink to orange to yellow to blue to green. Restaurant oh.lala… The interior design for this French themed bistro-diner draws its inspiration from traditional copper pots and pans, as well as the typical Breton blue and white striped shirt. Along the wall stainless steel shelves are styled with unique porcelain objects decorated in blue dots – combining traditional French shapes & colors with the circle obsession of W Osaka. Adding sparkle from above, are clouds of small ball pendant lights, suspended at different heights within the waves of the curtain. The WET deck, bar & courtyard Inspired by the Japanese love for nature, the WET area is characterised by smooth walls and round corners. The endless line of the horizon is the simplest abstraction of nature. This line becomes a playful element connecting all the spaces on this floor, as a chrome horizon flows along the walls. Each area has its own character – color-coded in shades of green, grey, blue or pink tiling – defining the space’s function. Open to the elements, with views of sky, W Osaka’s WET courtyard is an oasis, with live planting trailing down the walls of the atrium. From its elevated position on the horizon line, the pool forms a blue backdrop to this area. Directly adjacent to the courtyard, guests can grab a cocktail at the WET bar.
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The guest rooms The color theme of the guest rooms alternates per floor, between sakura pink and blue – allowing guests to choose the color they prefer. The rooms consist of an open plan, with the living room, sleeping zone and bathroom separated by a contemporary glass shoji screen. Floor-to-ceiling windows bring in natural light and amazing views of the city. A wall made of grey tinted 2-way mirrors conceals an ‘escape’ lighting feature. When turned on, it transforms the room with dramatic pink or blue diagonal stripes, inspired by Osaka’s neon. Another surprise is locked away behind the walnut doors of the closets. Famous for their gamer’s pixel art, eBoy graphic designers created a “pixorama” of Osaka, filled to the brim with the city’s famous landmarks in full pixilated color. Bathroom: Having a semi-open bathroom offers guests the level of privacy they prefer – with the option of closing off the bathroom from the sleeping area – using the contemporary shoji screen. The entire bathroom is clad in grey marble. Guests can either enjoy a good hot soak in the white, freestanding tub – or use the separate shower, located behind grey tinted glass doors. Sleeping zone: In the center of the room, walnut flooring demarcates the sleeping zone. A walnut ledge runs across wall, extending into the living room. This holds the king bed, bedside tables and black cone lamps – as well as the living room sofa. Behind the ledge, soft uplighting illuminates a white plaster wall. A round, rice paper lamp, inspired by Japanese fans, subtly glows on the wall. At the foot of the bed is a large tatami pouf. Living room: The 3rdarea, the living room, is defined by soft carpet in a gradient pattern running from pink (or blue) to grey. Each room has a sofa, 2 bar stool and a walnut cocktail bar, which can also serve as a desk. The main purpose of the bar is enjoying cocktails of course! The bar extends into a niche lined with reflective, rainbow colored dichroic film, with a mirror backsplash. EWOW suite High above Osaka, on the 27thfloor, the Extreme Wow suite looks out over – and beyond – the skyline of the city. Inspired by traditional Japanese homes, the suite was designed in a sequence of 5 rooms divided by deep, oak portals with sliding shoji screens that can be used to close off or open up the different rooms. The overall design is based on the duality of simplicity and extravagance, allowing guests to change the atmosphere of the suite. Whether they desire an intimate and personal ambiance, or want to create a more extraverted setting for entertaining.
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W HOTELS WORLDWIDE Nato dall’atteggiamento audace e dalla cultura 24 ore su 24, 7 giorni su 7 di New York City, W Hotels, parte di Marriott International, Inc., ha rivoluzionato e ridefinito la scena dell’ospitalità per oltre due decenni. Avventurandosi in tutto il mondo, con oltre 55 hotel, W sta sfidando le aspettative e infrangendo le norme del lusso tradizionale ovunque arrivi l’iconica insegna W. Con la missione di alimentare il desiderio di vita degli ospiti, W accende il desiderio ossessivo di assorbirlo, viverlo e ripetere. Il design provocatorio del marchio, il servizio iconico di Qualunque / Ogni volta e i vivaci Living Room creano un’esperienza che viene spesso copiata ma mai eguagliata. Innovativa, stimolante e contagiosa, l’energia super carica del marchio celebra l’infinito appetito degli ospiti per scoprire cosa c’è di nuovo in ogni destinazione, per vedere di più, sentire di più, andare più a lungo, rimanere più tardi. Born from the bold attitude and 24/7 culture of New York City, W Hotels, part of Marriott International, Inc., has disrupted and redefined the hospitality scene for over two decades. Trailblazing its way around the globe, with more than 55 hotels, W is defying expectationsand breaking the norms of traditional luxury wherever the iconic W sign lands. With a mission to fuel guests’ lust for life, W ignites an obsessive desire to soak it in, live it up and hit repeat. The brand’s provocative design, iconic Whatever/Whenever service and buzzingLiving Rooms create an experience that is often copied but never matched. Innovative, inspiring and infectious, the brand’s super-charged energy celebrates guests’ endless appetite to discover what’s new/ next in each destination, to see more, feel more, go longer,stay later.
CONCRETE Dal 1997 concrete sviluppa concetti in architettura, interior design, sviluppo urbano e sviluppo del marchio. Lavoriamo con un team di 50 creativi multidisciplinari per aziende e istituzioni. Accanto a W Osaka, i progetti includono W Hotels a Londra e Verbier, hotel citizenM in tutto il mondo, Zoku Lofts, Virgin Voyages Scarlet Lady, Mongkok Skypark, Andaz Munchen e altro ancora. Since 1997 concrete develops concepts in architecture, interior design, urban development and brand development. We work with a team of 50 multidisciplinary creatives for corporations and institutions. Next to W Osaka, Projects include W Hotels in London and Verbier, citizenM hotels worldwide, Zoku Lofts, Virgin Voyages Scarlet Lady, Mongkok Skypark, Andaz Munchen and more.
TECHNICAL SHEET Project: W Osaka Client & ownership: Sekisui House Hotel operator: Marriott International Project location: Osaka designer: concrete Project team: Rob Wagemans, Bart de Beer, Julia Hundermark, Sofie Ruytenberg, Cathelijne Vreugdenhil, Femke Zumbrink, Marlou Spierts, Sylvie Meuffels, Rene Kroondijk, Erik van Dillen, Valentina Venturi, Petra Moerbeek, Minouk Balster WEBSITE | concreteamsterdam.nl INSTAGRAM | @concreteamsterdam FACEBOOK | concrete architectural associates Courtesy of v2com-newswire.com
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ARTHUR DAMASCENO
Sono Arthur Damasceno, fotografo e artista brasiliano. Quando avevo 17 anni mio padre mi comprò una fotocamera digitale e da allora non ho mai smesso di scattare fotografie. In realtà non ho mai pianificato di essere qualcos’altro. Fin da bambino sono stato sempre indirizzato a sviluppare alcune abilità legate all’arte e alla creazione. Ho sempre voluto essere libero. Faccio questo “viaggio” da più di 10 anni ed è stata un’esperienza costante alla scoperta di nuovi luoghi, persone, conversazioni e momenti impagabili. L’arte è stata una grande conseguenza di questo processo. Ora trovo la mia ispirazione nell’arte rinascimentale per comporre i miei scenari e per impostare l’illuminazione nei ritratti. I protagonisti del mio lavoro sono le persone raffigurate e la luce divina che risplende su di loro, nient’altro. Ho deciso di fare arte quando ho capito che nient’altro poteva farmi sentire me stesso e la fotografia artistica è sempre stata il linguaggio che utilizzo correntemente, anche più delle parole. Una buona opera d’arte mi lascia con tonnellate di domande senza risposta. Un’immagine potente è un punto di partenza delle discussioni e non l’ultima stazione. I’m Arthur Damasceno, brazilian photographer and artist. When I was 17 my dad bought me a digital camera and ever since I never stopped taking pictures. I actually never planned to be something else. Since I was a little boy I was always assured about developing some skills related with art and creations. I always wanted to be free. I’m on this journey for more than 10 years and it had been a constant experience of discovering new places, people, conversations and priceless moments. Art has come as a great consequence on this process. I now find my inspiration in renaissance art to compose my scenarios and how to set lighting in those portraits. The main character in my work are the people who are in them and the divine light that shine on them, nothing else. I decided for art making when I realized that nothing else could make me feel like myself and fine art photography has always been the language I speak fluently, even more than words. A good art work leaves me with tons of unreplied questions. A powerful picture is a start point of discussions and not the final station.
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WEBSITE | arthurdamasceno.com.br INSTAGRAM | @arthurdamasceno FACEBOOK | Arthur Damasceno
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CHENG CHENG YI 100
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DOUBLE SWALLOW, 2021. Acrylic on canvas, 60 x 80 cm
La Dorothy Circus Gallery di Londra è orgogliosa di presentare al suo pubblico Misterioso, prima mostra personale britannica dell’artista cinese Cheng Cheng Yi, che presenta per l’occasione una serie inedita di 6 acrilici su tela ispirati alle più recenti tendenze dell’avanguardia asiatica contemporanea. La mostra sarà visitabile al pubblico a partire dall’11 giugno 2021 fino al 30 luglio 2021 presso la sede di Connaught Street, 35, W2 2AZ, Londra. La Private View dell’evento si terrà su invito il 10 giugno 2021. Vicino in termini di ricerca e influenze all’iconografia legata all’Anime e al Manga, Cheng Cheng Yi sta ormai affermandosi sul mercato internazionale e asiatico grazie alla palette brillante e lucente e ai soggetti accattivanti delle sue tele, che in questa particolare circostanza sembrano aver deposto la caratteristica matita in favore della compagnia di splendidi personaggi animali, rappresentati quasi con maggiore vividezza e realismo dei caratteri umani. Ancora una volta, la Dorothy Circus Gallery si rende protagonista nello scouting di talenti orientali di spessore, ciascuno distinto dalla propria destrezza manuale ma al contempo influenzato da quelli che sono i capisaldi dell’arte contemporanea nipponica, Studio Ghibli primo fra tutti. In contraltare rispetto all’occidentale e statunitense cultura disneyana infatti, l’influenza del lavoro incredibile svolto da titani della letteratura cinematografica contemporanea come lo Studio Ghibli si rivela fortissima in molti contemporanei orientali, con tentacolari diramazioni valoriali insinuatosi fortissime anche nelle generazioni dei giovani europei e non solo. Grazie ai caratteri fantastici e spirituali dei suoi personaggi, in grado di condurre il loro osservatore in un ricchissimo viaggio nell’animismo e spiritualismo nipponici, l’immaginario proposto dallo Studio Ghibli ha formato una generazione di artisti stupefacenti, la cui tecnica e i cui contenuti rispecchiano la propria natura poliedrica di Oriente e Occidente che si incontrano. È così che nella serie inedita di Misterioso, il fruitore ritrova quegli stessi elementi che hanno caratterizzato la fama ed il successo dello Studio e poi ancora del Manga, dalle sfumature romantiche contaminate dalla cinematografia francese fino al valore educativo e formativo dei suoi messaggi, rivolti ad un pubblico di qualunque età. Da Moonbeam a Funky Monkey e Double Swallow, solo per citarne alcuni, Cheng Cheng Yi ancora una volta gioca sulla plasticità di forme ed elementi che, in totale controtendenza con la natura in vece introspettiva dei suoi personaggi, e della loro evidente vicinanza a Madre Natura - come è possibile evincere anche in Treasure - non dimentica la componente folkloristica e culturale della propria terra di appartenenza, la Cina, con i simboli, le leggende e la millenaria storia che la caratterizzano. Con l’augurio che il visitatore possa lasciarsi conquistare da questa peregrinazione artistica nella terra del Sol Levante quindi, attraverso quelle che sono le più avanguardistiche delle sua tendenze figurative, la Dorothy Circus Gallery presenta al pubblico Misterioso sperando che la sua anima orientale lo avvolga tra le soffuse note della stessa musica dei Thelonious Monk Quartet che ne ha ispirato la creazione.
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FLOWERS AND DREAM, 2021. Acrylic on canvas, 100 x 50 cm
FUNKY MONKEY, 2021. Acrylic on canvas, 100 x 0 cm
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MOONBEAM, 2021. Acrylic on canvas, 100 x 50 cm
DRAGON PUNCH, 2021. Acrylic on canvas, 80 x 100 cm
Dorothy Circus Gallery London is proud to present to its public Misterioso, the first British solo-show for Chinese artist Cheng Cheng Yi. For this occasion, the artist presents a new series of 6 acrylics on canvas inspired by the latest trends in the contemporary Asian avant garde. The exhibition will inaugurate from the 11th of June 2021 until the 30th of July 2021 at Dorothy Circus Gallery in London at 35 Connaught Street, W2 2AZ. The Private View for the event will take place via invite on the 10th of June 2021. Similarly, in terms of research and influences to iconography linked to Anime and Manga, Cheng Cheng Yi has now established himself in the international and Asian market, thanks to his use of captivating colours and the portrayal of his subjects. For this particular new series, the characters are accompanied by splendid animal characters, depicted with more extraordinary vividness and realism than human characters. Once again, Dorothy Circus Gallery is the protagonist in the scouting of talented parti cipants of Asian contemporary. Each artist distinguished by their manual dexterity and in fluenced by the cornerstones of Japanese contemporary art, Studio Ghibli, to name one, can be considered a relevant inspiration. In contrast to the Western and American Disney cul ture, the influence of the incredible work by titans of contemporary film literature, such as Studio Ghibli, reveals itself to be potent in many Asian contemporaries, also relevant in today’s generations.
Thanks to the fantastic and un-worldly features of the characters, they can lead the viewer on a rich journey into Japanese animism and spiritualism. The imagery proposed by Studio Ghibli has formed a generation of incredible artists whose technique and contents reflect its multifaceted nature of East and West meeting. In the new series Mysterious, the viewer finds those same elements that have characterised the fame and success of the Studio and Manga. From the romantic nuances contaminated by French cinema to its messages’ educational and formative value, aimed at an audience of any age. From Moon Beam to Funky Monkey and Double Swallow, to name a few, Cheng Cheng Yi once again plays with the flexibility of different forms and elements, which does not forget the folkloristic and cultural component of the artist’s origin, China. Particularly with its po tent symbols, legends and millennial stories. The characters contrast with their rather intro spective nature and their evident proximity to Mother Nature, particularly apparent in his artwork Treasure. Hoping that the visitor can let himself be conquered by this artistic pilgrimage in the land of the Rising Sun, therefore, through the most avant-garde of its figurative tendencies. Dorothy Circus Gallery presents Mysterious to the public, hoping that its Asian soul will envelop it the soft notes of the same music of the Thelonious Monk Quartet that inspired its creation.
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TREADURE, 2021. Acrylic on canvas, diam. 80 cm
Dorothy Circus Gallery 35 Connaught St, St George’s Fields London, United Kingdom
Nato nel 1985, Cheng Cheng Yi è un giovane artista contemporaneo originario di Pechino. Sin dalla sua laurea alla prestigiosa Anhui Normal University nel 2011, Yi ha costantemente affinato la sua tecnica e il suo stile, che si è evoluto attraverso l’utilizzo di pennellate morbide e colori tenui fino alla sua attuale estetica unica ed elaborata, in un connubio di forma e toni audaci e accattivanti. Eseguendo sapientemente e meticolosamente i suoi lavori con la massima cura e attenzione per le forme e per le Silhouette, Cheng Cheng Yi gioca con i codici e le forme geometriche citando le opere di Damien Hirst e Yayoi Kusama. La figura di un ragazzo, il suo stesso ritratto, spesso di spalle in un ambiente urbano, racconta l’adolescenza maschile e i sogni dei ragazzi di oggi. Attraverso una palette primaria su fondi monocromatici, le sue immagini trasmettono la sua idea di giovane uomo che si rapporta e cresce nella società contemporanea. Ha esposto in Cina dal 2011 con numerose mostre in grandi città quali Pechino e Shanghai e per la prima volta in Europa con La DCG.
Born in 1985, Cheng Cheng Yi is a Chinese contemporary artist from Beijing. Since his graduation from the prestigious Anhui Normal University in 2011, Yi has been constantly honing his technical skills and style, from gentle brush strokes and soft colours to his cur rent unique and elaborate aesthetic, a mix between shape and bold, captivating tones. Skillfully and meticulously executing his works with utmost care and attention to every de tail, Yi plays with codes, geometric shapes and silhouettes that remind us of Damien Hirst and Yayoi Kusama, placing the figure of a boy – his own self-portrait – in an urban envir onment. His characters tell stories about adolescence and the dreams of the young genera tion. With the use of a primary palette and monochromatic backgrounds, the artist conveys his vision of the individual living in contemporary society. He has exhibited extensively in China since 2011, with numerous sold out shows in major cities such as Beijing and Shanghai, and in Europe with Dorothy Circus Gallery.
INSTAGRAM | @cheng_cheng_yi GALLERY: dorothycircusgallery.uk | @dorothycircus
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Maxim Kashin Architects
GOLDEN MILE
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MAXIM KASHIN ARCHITECTS Dal 2013, Maxim Kashin Architects ha creato interni per molti marchi e aziende: bar e ristoranti, uffici e spazi pubblici, padiglioni espositivi e installazioni e ha anche completato interni residenziali creativi. Lo studio mira a creare spazi funzionali, in cui c’è un posto per una nuova prospettiva sulla forma. Maxim Kashin si ispira molto al Suprematismo e intreccia le sue idee con le ultime tendenze del design e l’approccio all’architettura moderna. L’obiettivo principale del suo lavoro è l’uso del colore e delle forme per creare interni immersivi. Since 2013, Maxim Kashin Architects has created interiors for many brands and companies: bars and restaurants, offices and public spaces, exhibition pavilions and installations, and also completed creative residential interiors. The studio aims to create functional spaces, in which there is a place for a new perspective on the form. Maxim Kashin is inspired a lot by Suprematism and weaves its ideas with the latest design trends and modern architecture approach. The main focus of his work is the use of color and shapes to create immersive interiors.
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Ispirato alle avanguardie russe. Il colore bianco, il colore dello spazio infinito nei dipinti suprematisti, si è evoluto all’interno, creando un volume geometrico dell’intero spazio. È autosufficiente e fa anche da sfondo agli elementi principali degli interni: sculture geometriche dominanti. L’idea principale del suprematismo (dal latino “supremes” - il più alto) si basa sulla superiorità della geometria e del colore puri sulla percezione esistente delle forme e dello spazio. Quindi, questo interno è uno sfondo bianco per le sculture metalliche geometriche lineari, costituite dai piani geometrici semplici, che si collegano nelle composizioni monumentali tridimensionali. Il suprematismo ha tre fasi di nero, colore e bianco. Il primo un quadrato e forme di base: cerchio, linea, croce. Secondo: complicate composizioni suprematiste. Il terzo è bianco su bianco. I seguenti lavori di Kazemir Malevich sono chiari esempi di questi passaggi: Black Square, Supremus № 56, The White Cross. Nel concetto di interni, Maxim ha voluto collegare queste tre fasi dello sviluppo del popolare movimento artistico russo d’avanguardia del XX secolo creando l’installazione tridimensionale, l’interno, che lo immerge nel mondo dello spazio bianco infinito, colore e geometria.
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Inspired by the Russian avant-garde. White colour, the colour of endless space in the suprematist paintings, has evolved in the interior, creating a geometric volume of the whole space. It is self-sufficient and also a background for the interior’s main elements – geometric dominating sculptures. The main idea of suprematism (from Latin “supremes” – highest) is based on the superiority of pure geometry and colour over the existing perception of forms and space. Thus, this interior is a white background for the linear geometric metal sculptures, consisting of the simple geometry planes, connecting in the three-dimensional monumental compositions. Suprematism has three steps of black, colour, and white. The first one – a square and basic shapes: circle, line, cross. Second – complicated suprematist compositions. The third one is white on white. The following works of Kazemir Malevich are clear examples of these steps – Black Square, Supremus № 56, The White Cross. In the interior concept, Maxim wanted to connect these three stages of the 20th century’s popular Russian avant-garde art movement development by creating the three-dimensional installation, the interior, that is submerging one’s into the world of the endless white space, colour and geometry.
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TECHNICAL SHEET Official Project Name: Golden Mile Location: Moscow, Russia Architects/designers: Maxim Kashin Project completion year: 2020 Gross Built Area: 70 sq meters Photographer: Dmitry Chebanenko Video credits: Bricktake Production WEBSITE | maximkashin.com INSTAGRAM | @kashinarchitect FACEBOOK | Maxim Kashin Courtesy of v2com-newswire.com
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NEJA
Interview by Monica Landro “I don’t know whywe’re so restless, I know youyouthat’sit’strue”, ditemi chi non lo ha letto cantando Restless, il brano dance di Neja, che dal 1998 ad oggi non ha mai smesso di suonare in radio, meno ancora in ogni discoteca del mondo! Da 25 anni Neja, al secolo Agnese Cacciola, calca palchi di discoteche e rilascia interviste per raccontare il suo lavoro. Neja è molto più che dance anni ’90. Ha una cultura musicale molto vasta e la sua carriera, prima di approdare alla dance, è iniziata con il mondo del Gospel e del Jazz, che in questi anni non ha mai abbandonato. Oggi l’artista esce con un nuovo singolo pop dance I’M ALIVE che nasce dalla collaborazione con “Watt e Jack” a loro volta artisti e produttori di successo da molti anni e che viene realizzato sotto l’etichetta New Music International che le portò fortuna con Restless e con molti brani a seguire come The Game che vinse il Disco per L’estate o Fairytale, ballata che le diede la consacrazione internazionale.
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‘I don’t know why...’ I’ll bet you read that in the tune of ‘Restless’, the hit single by Neja, which has been played on radios and in clubs all over the world since 1998. For 25 years, Neja (real name Agnese Cacciola) has appeared on stages and in interviews to talk about her work. Neja is much more than just a 90s dance star; she has a wide musical culture and began her career with Gospel and Jazz, genres which she has never completely abandoned. Now the artist has released a new pop dance single I’m Alive in collaboration with Watt and Jack, successful producers in their own right. The song was released on the New Musical International label, the home of Neja’s previous successes such as the afore-mentioned Restless and The Game, which won Summer Fairytale Record in 1999, and Fairytale, the ballad which brought her to international attention.
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Photo: PAOLO RANZANI
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Photos: PAOLO RANZANI
Monica Landro: Come sta andando il singolo I’m alive? Neja: Sono molto soddisfatta. Ci vuole tempo ma le radio di riferimento importanti lo hanno capito, apprezzato e lo stanno sostenendo. Mi sembra di essere tornata a 23 anni fa, quando era uscito Restless, è partito dalle radio piccole e piano piano si è conquistato un posto nelle classifiche dei network… ma bisogna convincerli. Non osano ... Monica Landro: How is the single I’m Alive doing? Neja: I’m very happy. It took a little time but the most important radio stations have understood and are giving it a lot of support. It feels like 23 years ago, when Restless first came out and only the smaller stations picked it up at first, then slowly it found its way into the networks. They need to be convinced... ML: Hai fatto moltissima strada artistica in questi 23 anni: provi sempre le stesse emozioni quando senti un tuo pezzo in radio? N: Sì, Provo ancora più emozione. Restless, Shock e The game sono degli “Evergreen” ormai. Mi stupisco quando sento anche gli altri, magari quelli più acustici e jazz … Poi gli amici mi aggiornano sempre quando passano un mio pezzo per radio! ML: You’ve come a long way in 23 years. Do you still get the same emotions when you hear one of your songs on the radio? N: Yes, it’s still very emotional. Restless, Shock and The Game have become evergreens. But it amazes me when I hear my other songs, particularly the more jazzy stuff. And my friends always let me know when they hear one of my songs on the radio! ML: Quando scrivi un pezzo, come ti poni davanti al foglio? pensi a cosa vorresti dire, a cosa potrebbe funzionare? N: Dipende molto dal brano, sono una melodista e un’autrice molto istintiva e se la musica mi trasmette un’emozione mi arriva quasi subito la melodia, difficilmente mi accanisco perché se non sgorga subito, vuol dire che non ha quella magia che mi conquista… Per il testo dipende… A volte è fatto più con la testa, a volte è più uno sfogo del cuore. Sono sempre e comunque situazioni molto personali. Storie mie o di persone che mi hanno colpita. ML: How do you go about writing a song? N: It depends on the song. I prefer the tune and I’m an instinctive writer. If the music gives me some kind of emotion then I get a melody very quickly. Otherwise I don’t go on; there’s no point in insisting if I don’t feel something. It means the song doesn’t have that magic... The lyrics sometimes come from the head, sometimes from the heart. But they are always personal stories, things which have happened to me or to people I know. ML: Neja è molto più che “artista dance”. Ci racconti la tua esperienza con gli altri generi musicali che tratti? N: Sono approdata alla dance per caso, perché cantavo e ascoltavo musica totalmente diversa, jazz, pop, rock, ora anche la new classic. Per questo motivo quando il successo dell’italo dance è scemato, sono tornata su progetti più vicini al mio background. C’è da dire che anche nei miei brani dance, si sente molto l’influenza degli altri generi. Li eseguo anche solo con pianoforte o chitarra e voce. Quando la struttura regge, l’arrangiamento è semplicemente un “vestito” che cuci addosso e può essere credibile anche in altri stili. ML: Neja is much more than a dance artist. What other musical experience do you have? N: I came to dance by accident. I began singing and listening to very different things such as jazz, pop, rock and new classical. That’s why, when the dance thing faded, I went back to my roots. I think that even in the dance music I do you can hear the influences of the other genres. Particularly in the versions I do with just piano or guitar and voice. If the song is good, the arrangement is just the clothing. It will sound good whatever you do to it.
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ML: Cosa è cambiato da quando hai iniziato a fare i tuoi primi concerti, ad oggi? N: Discograficamente tutto, infatti mi trovo a dover imparare nuove tecnologie e strumenti di promozione che ignoravo. Per i concerti direi che l’entusiasmo per la musica anni ’90 è sempre molto alto. Ora mi auguro di aprire una nuova pagina, di musica pop, più matura ed entrare in altri ambiti. Io invece sono sempre la solita sognatrice, ma meno “restless”, inquieta, più stabile e consapevole. ML: What has changed since you started doing concerts? N: In the sense of the record company: everything. I find myself having to deal with new technology and means of promotion which I never had to do before. For the live side, the enthusiasm for 90s dance music is still very high. Now I’m hoping to write a new chapter by moving into more mature pop music. Personally, I’m still the same dreamer, not quite so ‘restless’ but a bit more stable and aware. ML: Come hai gestito il tuo lavoro di artista in questo anno di pandemia? N: Crescendo mia figlia da sola, ho avuto non poche difficoltà, ma ho trovato le risorse per non abbattermi. Dopo un primo periodo di scoraggiamento, nell’apprendere che per il governo la mia “categoria” (come diverse altre) è tristemente considerata superflua e sacrificabile, ho tirato fuori il carattere e la voglia di esprimere a maggior ragione quello che penso e quello che per me è importante. Abbiamo bisogno di arte, cultura, bellezza per elevarci e mai come in questo momento per superare le difficoltà di questa realtà. Se ci arrendiamo, è finita! ML: How have you managed in this year of the pandemic? N: As a single mother I’ve had some difficulties but luckily I’ve found the resources to keep carrying on. The first period was very discouraging, when we understood that for the government my category (amongst others) was sadly considered superfluous and expendable. But I found my real personality and the desire to express what I think and what is important for me. We need art, culture and beauty more than ever to help us through these difficult times. If we give up, it’s game over! ML: Cambi spesso immagine: è una richiesta legata al lavoro o una tua personale esigenza? N: È un po’ nel mio carattere, come nella musica mi piace sperimentare e giocare, per questo motivo grazie anche al mio amico fotografo da sempre Paolo Ranzani e ad un’altra bravissima fotografa Monimix, ho svelato nel tempo diverse versioni di me… perché in fondo, sono tutte particelle dell’infinito che risiede in me come in ognuno di noi! ML: You often change your image. Is this for work or is it from a personal need? N: It reflects my character, as with my music I like to experiment and play. I’m also lucky to have a personal friend as a photographer, Paolo Ranzani, as well as another great photographer Monimix, with whom I’ve been able to reveal different versions of myself over time. In the end they are all particles of the infinite which live inside me and each of us! I’m Alive è disponibile su tutte le piattaforme digitali di streaming e download e va ad arricchire il repertorio già molto vasto di Neja, alla quale auguriamo altri lunghi anni di carriera artistica e di felicità. Segui Neja su Intastagram, Facebook e TikTok! I’m Alive is available on all digital platforms for streaming or download, and enriches the already vast repertoire of Neja. We wish her a long career and many more years of happiness. Follow Neja on Instagram, Facebook and TikTok!
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Photos: MONIMIX
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Photos: PAOLO RANZANI
WEBSITE | neja.it INSTAGRAM | @neja.official FACEBOOK | Neja TIKTOK | neja.official
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CATWOMAN’s foggy ANTONELLO MORI
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shadow
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Like the view? It’s the only thing you’ll be catching tonight
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That’s part of the rule. Never quit. Never see you are hurt, never let them see you cry, NEVER. 127
Freedom is power. To live a life untamed and unafraid is the gift that I’ve been given, and so my journey begins 128
Cats come when they feel like it, not when they are told
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Photographer: ANTONELLO MORI - @antonello_mori Model: ANOUK - @callmeanouk Make up: ALLA MAKE-UP - @allamakeup_it Brand: MAISON CATANZARO - maisoncatanzaro.com
“You are a catwoman, every sight, every smell, every sound, incredibly heightened. Fierce independence, Total confidence, inhuman reflexes” 130
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presenta
VISIONI.beyond art! Esposizione Collettiva d’Arte 01-02-03 luglio 2021 Decor Lab • Emporio 10 • Via Tortona 31, Milano Tel. +39 02 84108499 • www.decorlab.it
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Dossier 03/2021 133
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Il pubblico, il terzo pugile, combatte il suo match con la vita attraverso la rabbia, le paure ed i colpi degli atleti; inconsapevoli rappresentanti spettacolari di un linguaggio primordiale.
Attimi di un corpo a corpo, di Patrizia Todisco (@petrix.tod)
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