Globalfishing # 11 2014

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DRIFTING

SARAGHI IN CORRENTE

SURF

QUANDO TUTTO CAMBIA SQUID CATCH

PRENDIAMOLI A TRAINA


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5 Editoriale 6 Global@mail 16 Colmare il Gap 20 Quando tutto cambia 24 Vertical: perchÊ non funziona? 28 Prendiamoli a traina 32 Saraghi in corrente 36 Tecnologia Chirp: 40 Un pesce al mese: il grongo 44 Corsa verso l’abisso di U. Simonelli

La posta dei lettori

di D. Craveli

di D. Limone di D. Craveli

di M. Prezioso

di M. Prezioso

di U. Simonelli di D. Limone

di U. Simonelli



Editoriale

I

n questo editoriale vorrei spendere, in prima battuta, due parole su un argomento molto scottante che riguarda la pesca, soprattutto il mare. Parliamo della pesca con le reti derivanti e di una campagna, lanciata da APR (Associazione Pescatori Ricreativi), a sostegno dell’abolizione totale di questa tecnica. Troverete in queste pagine una locandina, linkata al sito dove con un click potrete unirvi a coloro i quali hanno già speso solo una manciata di secondi per sostenere una causa veramente importante. Vorremmo quindi sensibilizzare la coscienza di ognuno di noi ad unirsi per una azione comune presso la Comunità Europea. Abbiamo ancora un po’ di tempo per aggiungere il nostro nome a quello di altri mille e più. Ma perché è così rilevante fermare questa pesca? E’ importante perché questo tipo di reti è veramente tutt’altro che selettivo e, oltre a catturare le specie pelagiche, uccide esseri marini che nulla hanno a che fare con la pesca, come tartarughe e delfini. E non pensiamo solo alle grandi spadare o alle ferrettare di cui spesso si sente parlare, che pescano oltre le acque territoriali. Sono derivanti anche le reti in uso a un certo tipo di piccola pesca per intercettare le giovani ricciole che, in Italia, hanno misure minime di imbarco veramente ridicole. E’ un’attività che, è vero, rappresenta un indotto commerciale che sostiene molti pescatori, ma che presto, se così condotta, sterminerà definitivamente molte specie del Mediterraneo, con un danno incalcolabile per tutti. Ed è la verità, credeteci. Potrebbe essere un bel regalo di Natale quello di far crescere la nostra consapevolezza. E, a proposito di regali, poi possiamo parlare anche di un’altra novità: quella dell’aumento delle quote tonno di circa il 20%, concesse dall’ICCAT e da raggiungere nei prossimi 3 anni. In assoluto una buona notizia; primo perché ciò sta a confermare che le azioni di protezione (malgrado la pesca stessa, la pesca illegale e la “dannosissima pesca ricreativa”) hanno raggiunto lo scopo voluto. In secondo luogo, buona notizia, perché, forse.. chissà.., magari.. qualche briciola in più potrebbe toccare anche a noi, sebbene vediamo molto remota la possibilità di raggiungere l’obiettivo di almeno un tonno per tutti. E, sempre a proposito di regali e di desideri, potrebbe essere proprio questo quello da esprimere (oltre alla canna nuova n.d.r.): una nuova legge che cambi le cose e che, soprattutto, riordini le regole della pesca ricreativa, conferendole l’importanza economica e sociale che merita. Visto che, per l’appunto, siamo a Natale, vorremmo esprimere qualche desiderio anche noi. Ci piacerebbe tanto che i pescatori cambiassero e il nuovo anno magicamente riuscisse a far vedere loro la pesca in un altro modo, non solo con l’ottica di un atto predatorio. Ci piacerebbe che a commento delle foto di inguardabili razzie non ci fossero più frasi come “spedizione punitiva” o “una giornata memorabile” e che finissero gli entusiasmi incensanti per le inguardabili foto di un vagone di inutili pescetti nel lavandino di cucina. Ma vorremmo vedere più rilasci e più senso etico. E’ questo l’augurio che ci facciamo e Vi facciamo, oltre a quello di un sereno Natale, di un Nuovo Anno prosperoso, e non solo di pesci. Di cuore e non solo perché si usa..

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Controrotanti? Sto finalmente concludendo la risistemazione di uno scafo d’occasione, che ho acquistato di recente e che aveva subito dei danni durante il trasporto. Ora sono al punto di installare la doppia motorizzazione. Ed è qui che inizia il mio piccolo dramma. Infatti, ho reperito, sempre nel mercato dell’usato, ben due motori 4 T della stessa marca, dello stesso anno, con ore di moto quasi uguali e quotazioni molto interessanti. Ma, purtroppo, sono entrambi destrorsi e non so come fare, perché l’occasione è davvero irripetibile. Dovrei sostituire uno dei due piedi ma il costo è davvero enorme. Cosa posso fare? Fausto

Carissimo Fausto, da quello che leggo dalla tua mail, della quale, per ovvi motivi di spazio, riportiamo un condensato, mi rendo conto del grosso lavoro di recupero che hai eseguito. Hai reperito uno scafo eccellente davvero, al top di gamma dei fisherman made in USA. Ora, il problema della motorizzazione non è da sottovalutare, perché la soluzione controrotante è a dir poco obbligatoria per garantirsi le performance che si possono ottenere da questa barca. Il fatto che le eliche girino in modo controrotante garantisce otre che una corretta presa d’acqua anche la migliore andatura dello scafo e la capacità di seguire rotte dritte senza aggiustamenti importanti; infatti, la rotazione inversa delle due eliche compensa gli effetti evolutivi. In pratica, con moto in avanti, l’elica destrorsa tende a far accostare la poppa a sinistra e la sinistrorsa a destra. In caso di eliche controrotanti gli effetti si annullano vicendevolmente. Quando si accoppiano motori le cui eliche ruotano nello stesso verso, gli effetti evolutivi diventano molto più evidenti. Si può rimediare regolando la barra di accoppiamento dei motori in modo che i flussi delle eliche risultino appena convergenti tra loro; sistemazione che poi deve essere fatta con successivi aggiustamenti con prove in navigazione. Pertanto puoi optare per questa soluzione e poi, un po’ più in là, affrontare la spesa di un nuovo piede. Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Ausiliario ed entrofuori Prima di tutto vorrei rivolgere un saluto a tutta la Redazione e vorrei ringraziarvi per la possibilità che ci offrite con GlobalFishing che, molto sinceramente, ritengo una delle migliori riviste di pesca. Vorrei sfruttare la vs competenza per sottoporvi un quesito. Ho letto l’articolo sui metodi per controllare la velocità di Umberto Simonelli e a lui vorrei sottoporre il mio problema. Vorrei riuscire ad accoppiare il piccolo ausiliare, che ho montato sulla spiaggetta di poppa, alla barra della timoneria che muove il piede poppiero, che però è posizionata internamente, nel vano motore. La timoneria è idraulica e l’ho appena installata in sostituzione di un vecchio sistema meccanico. Il tecnico che me l’ha installata dice che è un lavoro che non si può realizzare. Come posso fare? Ugo Grazie davvero per gli apprezzamenti; un riconoscimento che ci fa capire di essere andati lungo la strada giusta e che ci sprona a continuare. Cercheremo di continuare, allora, dandoti un’idea e una buona soluzione al tuo problema. Ebbene, se avessi mantenuto la timoneria meccanica allora sì che sarebbe stato molto complicato, ma, comunque, non impossibile. Con il sistema idraulico, invece, è tutto più semplice, sebbene ci voglia un po’ di pratica e di ingegno. Dovrai installare sull’ausiliario un cilindro idraulico adeguato e connetterai le due tubazioni a quelle del cilindro del piede con due rubinetti deviatori. Si dovrà aggiungere la quantità di olio sufficiente a riempire il nuovo impianto e spurgare dall’aria con cura il tutto. E con (relativamente) poca spesa e poco lavoro potrai guidare l’ausiliario. Basterà porre entrambi i deviatori nella posizione di far confluire il flusso dell’olio dal cilindro del piede poppiero al cilindro dell’ausiliario e vice versa; ed il gioco è fatto. Con il modello di timoneria che hai installato non avrai problemi per reperire quel che serve con assoluta facilità; questa azienda italiana, leader nel settore, dispone di un ufficio tecnico molto attento alle esigenze dei clienti al quale potrai rivolgerti tranquillamente. Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Perché slamo? Mi sono trasferito da poco a Civitavecchia, dove finalmente mi potrò dedicare durante l’inverno alla pesca ai calamari, cosa che fino a quando abitavo a Viterbo mi costava molti sacrifici e mi concedeva poche soddisfazioni. Ho una domanda da rivolgere a Michele Prezioso, che so essere un maestro di questa pesca. Il mio problema, pescando a traina, è che sebbene abbia molti attacchi ho anche una montagna di slamate. Spesso perdo il calamaro sotto la barca o in fase di recupero. A volte trovo sugli spilli proprio i pezzi del calamaro. Tutti mi dicono che sbaglio a tirarli; sta di fatto che qualche sera fa, ho avuto 10 strike e sono tornato a casa con soli quattro animali; anche belli devo dire, ma purtroppo pochi. Cosa devo fare ? Giancarlo V.

La perdita dei calamari, nel tuo caso, penso sia dovuta alla velocità di traina; devi impostare una velocità minima di 1,4 fino ad un massimo di 2,5 nodi. E’ vero che trainare più velocemente da più chance di ferrata, perché alcuni artificiali in velocità hanno un nuoto molto adescante per i nostri cefalopodi, oltre al fatto di poter sondare più mare. Ma purtroppo ogni medaglia ha il suo rovescio e nel nostro caso, causa la velocità, soprattutto su animali di taglia, la sottile corona di spilli, riesce a lacerare la delicata carne del calamaro. Quindi il mio consiglio è quello di provare artificiali aventi una paletta meno pronunciata che quindi consente andature più lente e con la doppia corona. La maggior densità di spilli riduce la rottura perché aumenta la superficie su cui penetrano. Posso suggerire ancora di far uso di canne più morbide, per ammortizzare lo strike ed il recupero. Se le prede sono grandi, poi, è bene ridurre la velocità mantenendo costante quella di recupero fino al guadino. Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL Che fine han fatto le mormore? Mi chiamo Vittorio e vi scrivo da Napoli. Uno dei quesiti che vi volevo porre è quello che riguarda la quasi scomparsa delle mormore sui nostri litorali. Non me lo spiego perché non è un pesce oggetto di pesca professionale, eppure il suo stock pare in netto ribasso. Anni fa bastava una modesta canna da lancio, un vermetto mandato a poche decine di metri da riva, e il gioco era fatto. Oggi invece i cappotti sono troppo frequenti e nei negozi spesso si parla proprio di questo, ossia della mancanza di questo pesce che ha fatto la storia del surf in Italia. Vittorio da Napoli

Vittorio, qualche anno fa, le mormore pascolavano tranquillamente nel gradino di risacca e bastava un piombo leggero per mandare un’arenicola a venti metri dalla battigia e il carniere, anche con grossi esemplari, era fatto. Oggi le cose sono radicalmente cambiate e per prendere qualche bel pesce servono doti balistiche di lancio non indifferenti; canne in 3 pezzi che permettono di raggiungere oltre quota “100” con mulinelli caricati con fili sottili, e soprattutto arenicola di prima qualità, magari quella nostra la “napoletana”, divenuta quasi introvabile. La pesca si effettua quasi esclusivamente in notturna, mentre prima anche memorabili pescate diurne erano frequenti… e poi i serra, che disturbano notevolmente l’attività trofica di questi sparidi, hanno fatto il resto! Dario Limone


GLOBAL@MAIL Il rotante è meglio? Amici di GF, Vedo sempre di più surfcaster pescare con il mulinello rotante al posto del fisso, ed a sentire loro non esiste soluzione migliore. Effettivamente se si ha a che fare con grosse prede magari sì, ma possibile che anche sul lancio e su tutta la gestione di pesca sia migliore? Grazie Domenico

Carissimo Domenico, i rotanti oltre ad avere caratteristiche meccaniche e di resistenza superiori al fisso, sono anche più leggeri e compatti e non sbilanciano la canna. Poi, fattore non di poca importanza, è la fuoriuscita del filo in linea con la bobina e la possibilità di essere imbobinati anche con nylon di diametro superiore alla media (0.30/0.35 ad esempio), senza che le distanze di lancio vengano penalizzate. Effettivamente è anche vero che con grosse prede la gestione del combattimento è più agevole E poi, vogliamo parlare delle bruciature al dito in fase di stacco? Con il round questo non accade! Però posso anche dirti che un ottimo fisso è sempre in grado di dire la sua. Dario Limone


GLOBAL@MAIL Vertical nel freddo Tutti dicono che l’esercizio del vertical trova le migliori soddisfazioni durante il periodo invernale: vorrei capire il perché a patto che, in effetti, sia veramente così. E, soprattutto, vorrei capire se questo effetto “inverno” si spalma su tutte le prede o si riferisce solo a dentici e ricciole che, purtroppo, dalle mie parti hanno una bassa densità. E quindi, in soldoni, vorrei capire cosa poter pescare durante la stagione fredda e le profondità consigliate. Filippo da Anzio

Filippo, abbiamo più volte argomentato su quando il vertical diventa una tecnica la cui efficacia dipende dai fattori termici e quindi di stratificazione dell’acqua. Infatti, se consideriamo che spesso un predone, per aggredire un jig, deve risalire la colonna d’acqua, è facile intuire che in presenza di termoclino, o comunque di correnti fredde di profondità tipiche dei mesi caldi, le catture potrebbero essere praticamente nulle. Ecco perché il Vj è una tecnica molto stagionale. Diversamente, bisogna provare a pescare sui banchi lontani dalla costa, sulle depressioni di fondale, o nelle acque isolane, dove la presenza di correnti ascensionali rimescolano appunto l’acqua. In inverno è possibile catturare di tutto e, oltre ai pesi massimi, come dentici, cernie e ricciole, ci sono altissime probabilità, magari alleggerendo le attrezzature, di catturare pagelli di taglia xxl, prai, san pietro, gallinelle, palamite. La stagione fredda impone spesso pesca profonda, ma il vj non ha limiti, e con un po’ di pratica non è difficile pescare a quote importanti, comprese tra i 60 ed i 150 metri. Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL Nylon o Fluoro Carbon? Staff di Globalfishing, vi scrivo per avere un chiarimento sull’uso o meno del fluorocarbon. Pesco a traina con il vivo, e saltuariamente a vertical, e mi chiedevo se è vero tutto quello che sento dire sul fatto che il nylon può essere soppiantato appunto dal FC, sia nei terminali che come leader. A quanto ho capito, i vantaggi sono molteplici e le controindicazioni quasi a zero. E’ davvero così? Luca da Napoli

Gentilissimo Luca, non so se la tua domanda vuole essere provocatoria, o se i dubbi che riporti sono reali. Il dilemma sull’uso del nylon o del fluorocarbon è un qualcosa che perseguita ogni appassionato, anche perché l’offerta è talmente vasta da disorientare anche un pescatore esperto. Qualche anno fa, c’erano aziende di riferimento per le canne, altri per i mulinelli.. e altre per il filo. Oggi tutti hanno tutto, perché importano dall’oriente e, malgrado il marchio diverso, può accadere di comprare materiali assolutamente identici. Dal punto di vista tecnico, esistono diverse scuole di pensiero. Personalmente, ho abbandonato l’uso del fluorocarbon da almeno due anni e, sia innescando pesci che cefalopodi, in traina con il vivo non sento il bisogno di percorrere altre strade. Le abboccate statisticamente non sono diminuite, forse qualche pesce ha abraso il terminale, ma ho guadagnato in affidabilità sui nodi, mobilità del vivo e longevità delle montature. Il FC tende a rovinarsi dopo l’uso e, come leader, non mi piace l’effetto molla che assume quel materiale quando è raccolto in bobina. Sulla visibilità e sulla rifrazione della luce potremmo parlare per ore, ma chi ti scrive usa spesso terminali neri anche di giorno, ed i pesci ci vanno uguale. Ultimamente ho fatto qualche ritorno al passato e non me ne pento ma, ripeto, oggi le soluzioni sono tante e non esistono soluzioni assolute. Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL Attaccati al fondo Ciao Michele, sono un pescatore molto appassionato ma molto inesperto. Purtroppo il mio cruccio è il poco tempo che frena la mia passione. E per questo motivo che leggo avidamente la vostra rivista e tutto ciò che trovo sulla traina. Ho una serie di dubbi e perplessità, ma quella che più mi tormenta è la distanza dell’esca dal fondo. E’ mai possibile che se l’esca non passa radente il fondo, e parlo della seppia in particolare, esca che uso regolarmente, gli attacchi dei dentici siano molto rari ? Addirittura c’è chi mi dice che pesca quasi a scarroccio per affondare meglio. Io ho qualche difficoltà nel rimanere attaccato al fondo, spesso incaglio e poi si rovina la seppia. E’ un mio trip o effettivamente l’esca deve quasi strusciare. Perché accade questo e che consigli mi dai in merito? Devo fare un guardiano molto corto o basta quello di un metro e mezzo che uso regolarmente? Adriano Caro Adriano, il fatto che tu legga la nostra rivista con avidità mi inorgoglisce e ti posso garantire, e non per presunzione, che tra le righe dei nostri articoli troverai sempre dei consigli preziosi, sinceri e leali su tutte tecniche di pesca e sulle astuzie che abbiamo messo appunto in anni di passione. Per tornare al dentice posso garantirti che per insidiarlo la soluzione migliore e con il maggior ratio di catture è quella di trainare le esche rasente il fondo, senza ovviamente farle toccare. E’ un gioco semplice e difficile allo stesso tempo, quello di tenere la massima profondità possibile senza arroccare piombo e esca. Ma è una sensibilità che si acquisisce con la pratica e con molte “incaramate” come diciamo noi napoletani. Gli incagli fanno parte del gioco. Vedrai che poco a poco capirai dove sta il piombo senza neanche accorgertene. Il guardiano da un metro e mezzo va benissimo; tienilo un po’ più alto, circa 2 metri dal fondo e non avrai problemi; considera anche che l’esca soprattutto se è una seppia viva ha un suo affondamento e non segue in modo rettilineo la traiettoria del guardiano. Il dentice segue l’esca e sebbene generalmente attacchi sul fondo, può farlo anche molto più in altro. Piuttosto usa trecciati sottili per affondare con meno piombo possibile, usando terminali non più lunghi di 12-15 m fluorcarbon compreso e traina a velocità moderate comprese tra 0,8 e 1,5 knt . Pescare leggero frutta di più e ti fa incagliare molto meno. Michele Prezioso



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TRAINA

COLMAR

di Domenico Craveli

S

equel dell’articolo “Un giorno normale” del mese scorso, dove abbiamo parlato di come non

bisogna mortificarsi di fronte ai tanti cappotti che la traina con il vivo riserva specialmente a chi va poco a pesca, “Colmare il gap” vuole essere invece come il diavoletto sulla spalla opposta a quella dell’angelo e mettervi una pulce nell’orecchio. Perché in ogni caso, chi cattura mediamente di più, a prescindere dal numero di uscite, evidentemente una marcia in più ce l’ha! FATTI CHE CAPITANO Una giornata come tante, nel nostro mare: tantissime barche, forse troppe, una miriade di trainisti che portano a spasso, tutti nello stesso modo, spesso con le stesse attrezzature, le stesse esche. Poi arriva il.. fortunato di turno, e nello stupore di tutti, in mezzo a tutti, dopo pochi minuti ha già


RE IL GAP il pesce in canna, quasi sempre un pesce grosso. Se questo capita una volta tanto, l’evento si mette a carico I risultati passano spesso per strade meno complesse di quello che potrebbe sembrare. Chi prende più pesci adotta schemi semplici e lineari, senza eccedere nelle sofisticazioni che servono a poco.

del fattore “C”; ma se la cosa succede sistematicamente, i dubbi, che quel pescatore possa fare qualcosa di “magico”, incominciano a prendere forma. E poco servirà chiedergli i segreti, perché quasi sicuramente ci racconterà quel che già sappiamo.. Sincero? Bugiardo? Magari ci sta dicendo sul serio la verità? Allora dove sbagliamo? PENSIERO FISSO Esistono prede che in alcuni periodi sono facili da catturare, come i dentici con i calamari ad esempio, e ci fanno sopravvalutare le nostre reali capacità piscatorie. Uno degli errori più comuni, è quello di attribuire alla qualità delle attrezzature l’esito di una pescata. Canna e mulinello sono fondamentali nelle situazioni al limite, ma nella quasi totalità delle circostanze anche Esistono prede che in alcuni periodi sono facili da catturare, come i dentici con i calamari ad esempio, e ci fanno sopravvalutare le nostre reali capacità piscatorie.

una lenza a mano basterebbe. Ed allora quale è il primo fattore ad incidere sulla riuscita della pescata? Nella traina

è fondamentale la conoscenza dello spot, e soprattutto avere il coraggio di non passare proprio sulle rocce, ma gestire passaggi radenti ad esse, specialmente per i dentici (cernie brune a parte naturalmente). Uno degli errori che facciamo, infatti, è quello di reiterare le rotte di traina passando sulla sommità delle scogliere sommerse, quando sarebbe più opportuno dedicare maggiore tempo a far passare le esche nel fango adiacente alle rocce, anche se l’eco non segna nulla. Quante volte avete notato che il fortunato di turno ferra i pesci vicino a voi, ma leggermente spostato o verso il largo o verso terra? E magari sulla vostra esca giunge soltanto qualche cerniotta o qualche tanuta?


TRAINA

ARARE IL FONDO

Le ricciole.. pesci straordinari che ti segnano per la vita

Uno dei crucci che affliggono maggiormente il trainista, è sul perché taluni catturano ricciole con relativa facilità, mentre egli stesso non riesce a farle mangiare anche se le vede nitidamente sull’eco. E qui si entra in paranoia. Le grandi ricciole sono pesci che hanno imparato a distinguere le insidie e, non di rado, una volta individuate, più ci si gira sopra, e più diventano imprendibili. Quasi mai vogliamo accettare il fatto che un pesce che sta proprio sotto la nostra barca, nonostante attrezzature ed esche al top, potrebbe non mangiare. In questi casi converrebbe andare via e tornare in una condizione di marea differente. Insistere.. diventa frustrante e non porta a nessun risultato. Per quel che riguarda invece il complesso pescante, continuiamo a trainare con l’assetto classico da guardiano, quando proprio una spezzata ben fatta, o l’affondatore, soluzioni che fanno pescare la lenza lontano da poppa, ed un’andatura più allegra, potrebbero risolvere la situazione. Tutti lo sanno.. ma pochi credono davvero che un cambio di atteggiamento possa davvero sistemare le cose. Questo ci porta a pensare che ogni trainista ha in se il bagaglio per gestire anche gli scenari più complessi, ma quasi sempre per pigrizia, si rimane ancorati alla soluzione “guardiano da 500gr + mediano da 18 metri + terminale classico da 2 metri a 1,2 nodi” , e non sempre ciò paga. Anzi, forse non paga più.


PIGRIZIA Il pescatore che solitamente ottiene più risultati rispetto agli altri, è un soggetto positivo in quello che fa, dinamico, e soprattutto determinato fino alla fine della battuta. Questo perché la maggior parte delle volte a determinare il risultato, è l’atteggiamento complessivo nei confronti della disciplina. Naturalmente la materia prima ci deve essere, perché niente e nessuno potrà far materializzare un pesce che non c’è, ma tra questo.. e il non portare risultati spesso, ma troppo spesso, ce ne passa. E poi, ricordiamo che, ogni zona ha le sue potenzialità alieutiche, che vanno sapute cogliere.

La testardaggine che ci porta ad insistere fino all’ultimo istante, è quella sorta di consapevolezza che qualcosa può accadere da un momento all’altro e sistemare la giornata… o l’intera stagione!


SURFCASTING

Quando tu

di Dario Limone

I

l surfcasting è una tecnica che è legata al mare mosso, poiché è quella la condizione in cui si ha la sua massima espressione. Ma ultimamente, le bizze del clima sono decisamente più imprevedibili, e spesso, non sono solo le onde a modificare le spiagge e il fondale che conosciamo, ma anche detriti e fango che arrivano dalla terraferma dopo i nubifragi. Questo apre nuovi scenari di pesca, più complicati, ma con qualche possibilità in più, anche se diversa e imprevedibile.

Un acquazzone improvviso, una bomba d’acqua, come la chiamano i meteorologi, e il nostro spot, forse non sarà mai più come prima


utto cambia Spot in mutazione

Una burrasca improvvisa è in grado di scaricare oggi, la quantità di acqua che solitamente precipitava in una intera stagione, e ogni canale di scolo, ogni torrente, una volta insignificanti, diventano capaci di alterare con acqua dolce e detriti una ampia porzione di mare. Quindi, dati i tempi, prima di pescare, è bene effettuare un “sopralluogo” visivo dello spot, per capire se ci sono le condizioni per lanciare un ‘esca, e soprattutto che tipo di esca, anche quando le acque sono color del cioccolato.

La spigola è la regina del torbido, il pesce che non teme le basse concentrazioni saline, anzi, ci si trova a proprio agio a predare i piccoli pesci di cui si nutre, magari in difficoltà, per via delle onde, dei detriti, e della bassa visibilità

Probabilmente, i piccoli ecosistemi sono le sentinelle di mutazioni climatiche a livello globale, certamente accelerate dall’attività dell’uomo; e quindi, senza porci troppo interrogativi su situazioni più grandi di noi, per praticare la nostra passione, dovremo prepararci ad una nuova adattabilità. Dovremo impostare la pescata, secondo le condizioni del momento, che, non avendo come prerogativa la stabilità, potrebbero comunque cambiare in modo significativo nel giro di qualche ora. Per scandagliare la zona di pesca, si può usare una canna potente, con filo in bobina almeno dello 0,25 ed un piombo da 125 gr. Dalla nostra posizione effettueremo dei lanci a raggiera a varie Quando il mare è un tumulto di detriti e schiuma, sugli ami può capitare di tutto

distanze. Nell’azione di recupero, col piombo areremo il fondo, memorizzando gli eventuali ostacoli, i canaloni e le buche. Anche la diversa tonalità dell’acqua sarà da indizio. Cercheremo di mandare le esche sempre nelle zone più chiare: è lì troveremo sia i predatori che i grufolatori.


SURFCASTING

Esche & terminali Esche aromatiche e visibili la differenza in condizioni di complicate

fanno pesca

Pescando su un fondale “sporco“ di

detriti,

bisognerà

sicuramente

mantenere le esche in sospensione. E’ indispensabile flotterare i braccioli. Il monoamo è da preferire ai travi multi snodo, per ridurre la possibilità d’incaglio. Useremo terminali robusti, dallo 0,25 allo 0,35, infatti la battuta di pesca non sarà impostata alla ricerca dei pesci di tutte le taglie, ma a quella dei pesi massimi.

Orate e saraghi, le prede tipiche da onde ed acqua ossigenata, possono essere catturati nel torbido. L’orata è eurialina, il sarago un po’ meno, ma entrambi sono attratti dai detriti portate dalle acque piovane

Per le esche, sono valide tutte quelle corpose e particolarmente aromatiche, perché saranno soprattutto gli odori e i sapori a guidare i pesci nelle acque torbide e impenetrabili e quindi sarà meglio anche rafforzare la componente visiva con i tranci dei cefalopodi. Non dimentichiamo la sardina, il trancio di muggine, e le fasolare. Un’altra esca che in alcune situazioni si è dimostrata molto interessante è il lombrico, che viene trascinato in mare quando il dilavamento dovuto alle forti piogge è elevato e che rappresenta un gustoso boccone la cui presenza è naturale, in queste situazioni.



JIGGING

PERCHE ’ NON FUNZ IONA? Di Domenico Craveli

T

ecnica brutale, massacrante, ma che è in grado di regalare emozioni davvero forti, il vertical è fatto di eccessi, dove tutto sembra semplice e scontato quando arrivano i pesci, e dove si rischia di andare in psicoanalisi se le cose non vanno per il verso giusto. L’inizio spesso è

traumatico proprio per questo motivo e quasi sempre servono stagioni intere, per capire i meccanismi e i segreti che sono il motore di questa disciplina.


All’inizio Quando iniziammo le “prime jerkate” , affrontando questa tecnica rivoluzionaria per il nostro modo di intendere la pesca con gli artificiali dalla barca, ci siamo trovati di fronte ad un mondo inesplorato e pieno di interrogativi, anche pratici, di non facile risoluzione; una realtà di pesca consolidata oltreoceano da decenni, ma che in mediterraneo era tutta da scoprire e sperimentare.

Le attrezzature light hanno rivoluzionato una tecnica già di per se innovativa, permettendoci così di essere più incisivi, nell’azione di pesca, su pesci sempre più disinteressati ai jig tradizionali

Le prime performance in pesca, spesso adottando attrezzature di fortuna e modificate, erano sicuramente da censurare; movimenti promiscui e scomposti di braccia, gambe, bacino, testa e chi più ne ha più ne metta. In pratica un metodo sicuro per mettere a rischio muscoli e articolazioni, dopo poche ore di pratica. Ma anche un bel sistema per farci scambiare in poveri “tarantolati” da chi ci incrociava in mare e assisteva a quelle frenetiche movenze. Ricordo ancora con simpatia, quando un ignoto signore mi girò 3 volte intorno per vedere quello che stavo facendo e, mettendosi le mani nei capelli, andò via con chissà quale interrogativi. Comunque, da quel giorno, che sembra apparentemente così remoto, ma dal quale ci separano solo pochi anni, di strada se ne è fatta. E i pesci… e che pesci, sono arrivati con incoraggiante frequenza, permettendoci di interpretare la disciplina in modo più classico. Insomma… il Vertical funziona, e funziona ancora; basta adeguare attrezzatura e strategia alle potenzialità specifiche del proprio mare; senza standardizzare nulla e senza lasciarsi condizionare nell’uso di metodi adatti a zone molto diverse dalle nostre. Attrezzarsi in equilibrio

Jig piccoli, abbinati ad attrezzature leggere, permettono lunghe sessioni di pesca senza affaticarci eccessivamente. Forse ci siamo dimenticati quando per guadagnarci uno strike di jerkava anche per 6/8 ore di fila..

Uno dei primi problemi che un neofita si trova ad affrontare è la scelta di canna e mulinello.


JIGGING

Sottovalutare questo aspetto, pensando solo alla potenza e non all’equilibrio, penalizzerà le future battute di pesca. Partendo dalla considerazione che la canna ideale non esiste, ci si dovrà orientare su una che gestisca jig almeno fino a 150 grammi e che sia abbastanza leggera e maneggevole da non sfiancarci subito Con una pratica assidua, si riuscirà comunque ad instaurare un buon rapporto con l’attrezzo, riuscendo così a far fronte alle molteplici situazioni che ci si presenteranno durante il “marionettare” dei jig. Tutta l’azione deve essere un’armonia di equilibri dinamici, finalizzati ad esaltare il comportamento in acqua del jig. Per il mulinello la prima scelta da fare è tra fisso e rotante (occhio anche alla canna che dovrà essere adatta per l’una o l’altra soluzione), e successivamente si deciderà il budget da investire. Un mulinello specifico da jigging, deve essere leggero, con ingranaggi robusti, e soprattutto con un freno frizione molto progressivo e potente. La maneggevolezza di canna e mulinello stanno alla base della fluidità d’azione… e quindi dell’efficacia dell’azione stessa.

Ogni predatore è una potenziale preda, ma le regole d’aggressione, seppur simili, differiscono da specie a specie. Sta al pescatore adeguare la velocità di recupero per sedurre il pinnuto di turno

Se l’affaticamento arriva troppo presto, è inevitabile perdere l’incisività e potrebbe essere questa la causa per cui lo strike non arriva.


Anatomia di un’aggressione Partiamo dal presupposto che non esiste pesce che sia immune al “ferro”, sia esso predatore che grufolatore. La composta frenesia dei nostri movimenti, obbligati dal tipo di esca, ripetuta per ore, ci fa capire che il jigging è una tecnica che necessita di una condizione mentale ben precisa, perché solo se ben interpretata, con determinazione, è in grado di portarci allo strike. Strike che non sarà mai casuale. Al di là del ritmo stesso, imposto da uno short jerk frenetico, da un long un po’ più lento, o magari passando ad uno speed “alla mia maniera”, è di fondamentale importanza far calare il jig nel punto più promettente. Perché a differenza della traina, dove con correzioni di rotta si passa più volte sul fatidico punto “X”, nel vj la “cala” riveste una importanza forse superiore al recupero stesso. Se un predatore avvista il jig, l’attacco, di regola, sarà la logica conseguenza di una azione impostata in modo corretto. La botta è tremenda, la ferrata deve essere reattiva, iniziando un recupero entusiasmante dove tutte le attrezzature dovranno lavorare al massimo. Insomma il vertical funziona.. ancora.. ed eccome, ma bisogna davvero crederci!


SQUID CATCH

Pre nd iamol

L

a stagione fredda, sebbene non amata da molti, in mare, porta tantissime novitĂ . Tra tutte la presenza costante

dei cefalopodi ed in particolare dei calamari che sono la nostra passione. Pescarli è qualcosa che va oltre l’atto del prelievo, è un confronto con una preda dal comportamento bizzarro ed elusivo; un folletto che a volte si concede rendendo tutto semplice ed a volte ci fa impazzire. Ma quando sul filo si avverte la trazione pulsante delle sifonate potenti la magia si avvera..


l i a trai na di Michele Prezioso

La traina Tra tutte le tecniche di pesca possibili, la traina

è

quella

che

maggiormente

può

darci soddisfazione nella stagione fredda. La possibilità di sondare molto territorio ed effettuare più passate sui posti buoni , assicura una maggiore opportunità di catture. Ma non è che basta andarsene a zonzo per il mare per catturare calamari. Non è difficile ne bisogna avere un’esperienza ultra decennale ma è indispensabile saper quel che c’è da fare, dove farlo e soprattutto come. Dove Saranno le zone a fondale misto le protagoniste della nostra pesca. Sceglieremo infatti le batimetriche del sottoscosta che andranno dai 3 ai 20 e più metri, caratterizzate dalla presenza di scoglio, sabbia e posidonia. L’area di pesca sarà comunque un punto dove sarà presente abitualmente corrente e pesce foraggio. Infatti il calamaro è un forte predatore e si spinge fino a terra per cacciare le sue prede costituite dai piccoli pesci


SQUID CATCH

PRIMA DI TUTTO

Anche delle canne da spinning telescopiche possono fare al nostro caso

Avere

un’

attrezzatura

all’altezza della situazione è indispensabile, ma ciò non vuol dire necessariamente acquistare canne specifiche e

per

giunta

Saranno questa

costose.

sufficienti, disciplina,

per delle

canne da traina costiera leggere, tra le 4 e le 6 lbs lunghe sui 2 metri , o delle canne da spinning, con casting di 40/80 gr, equipaggiate di piccoli mulinelli rotanti , imbobinati con del multi da 0,19, al quale connetteremo, con una piccola girella un pre-terminale dello 0,30 lungo circa 4 metri. La terminalistica Una volta armate le canne completeremo la preparazione connettendo al nailon una ulteriore girella del 14 alla quale annoderemo il terminale vero e proprio in fluor carbon dello 0,26 al quale applicheremo un piccolo moschettone da spinning. Lo svolazzo sarà lungo circa 3 metri. Per garantirci un sufficiente affondamento potremo realizzare più soluzioni. La prima quella di applicare un piccolo piombo guardiano, sulla prima girella, o un piombo a sgancio rapido o, addirittura un piombo a oliva scorrevole montato in linea. Quest’ultima soluzione ci assicura di non perdere mai la zavorra, ma ci obbliga ad un recupero a mano dell’ultimo tratto di lenza, mentre le altre due ci consentono di recuperare con la canna fino sotto bordo e variare il piombo . Poiché useremo almeno due canne ci avvarremo di due zavorre di diverso peso; schematicamente ci orienteremo da i 50 gr su una e i 100 e più sull’altra per far lavorare gli artificiali a profondità diverse. Ciò non toglie che le grammature possano essere variate per aumentare gli affondamenti.

Il recupero è un momento delicato, ma anche pericoloso.. una bella sifonata d’acqua non ce la toglie nessuno, ma anche uno schizzo di nero può essere in agguato!


Gli artificiali Gli artificiali per la traina sono commercializzati da diverse aziende; tra i più usati ci sono i Rapala Squid da 9 e 11 cm, i Princess Yamashita da 10 cm, i minnow 148 Seika e gli Yo-Zuri . Non è detto che altri modelli e marchi non abbiano anch’essi ottime capacità catturanti, ma per esperienza i marchi citati sono una vera e propria garanzia. Le colorazioni sono tute da provare ed il riscontro varia da zona in zona e di situazione in situazione. Certamente nella nostra bag non potranno mancare le colorazioni naturali, viola, blu, nero, giallo fluo, rosa fluo e arancio.

I calamari sono animali dalle abitudini molto complesse e la scelta dell’artificiale è importantissima e solo alternando colori e misure si arriva a determinare il più catturante, ma ben presto potrebbe cambiare il loro gradimento e allora si ricomincia..

Andiamo a pesca Se possibile l’assetto consigliato è con 3 canne , una per murata ed una a galla, in posizione centrale, con soli 10 gr di piombo posizionati

a 5 metri dall’artificiale mollato in scia a 12-15 m dalla poppa. Per la canne laterali molleremo in acqua circa 20 metri dal piombo , per quella più leggera e 28 per quella più pesante, ricordandoci sempre di virare solo dalla parte della lenza più pesante. Non dimentichiamo di applicare uno star light sulla cima di ogni canna; sarà indispensabile per segnalarci le abboccate. I momenti migliori sono il calasole e l’ alba, ovvero i cambiamenti di luce, durante i quali l’attività dei cefalopodi si intensifica; sebbene anche durante la notte si possono alternare momenti di stasi a momenti di attività. Le serate migliori sono quelle con la luna piena, mentre con la luna in fase calante è più propizia l’alba e in fase montante il cala sole. Anche la marea è importante e se si riesce a pescare due ore prima del colmo e due ore dopo le opportunità di cattura aumentano. Velocità consigliata intorno a 1,5/1,8 nodi con accelerate anche fino a 2,5 per simulare dei guizzi e stimolare gli attacchi

Animale misterioso e bellissimo, il calamaro è capace di cambiamenti continui e rapidissimi di colore ed in acqua sembra emettere lampi di luce..


BOLENTINO

SARAGHI.. IN

di Michele Prezioso

I

l drifting è una disciplina veramente versatile; anzi potremo definirla l’arte del richiamo. Una sottile scia di odori e sapori che può richiamare i pesci da distanze enormi. Ma questa volta non ingannerà i grandi pelagici, ma pregiatissimi sparidi. Sparidi di fondo, sospettosi, volubili

e combattivi, come i saraghi maggiori, che insidieremo con attrezzi leggeri e con la tecnica del light drifting e con le esche più comuni in assoluto, le sarde. Lo spot Prima di iniziare la nostra virtuale sessione di pesca, spendiamo due parole sulla scelta dello spot. Non tutti i fondali ospitano saraghi di taglia interessanti per questa pesca; perché, tra le altre cose, cercheremo la massima selettività in quanto saremo alla ricerca di pesci grandi. Allora i fondali che dovremo ricercare sono misto sabbia scoglio, o meglio grotto e anfratti sparsi tra le posidonie, con batimetriche dai 12 ai 25-30metri, antistanti spiagge, calette e moli frangiflutti. Posti ricchi di corrente insomma, e di mangianza. Si pesca dall’alba al tramonto, meglio se dopo una buona scaduta, con


N CORRENTE acqua leggermente torbida. Cielo plumbeo e magari una “fastidiosa” pioggerella, completeranno lo scenario migliore. Occhio alla marea, i saraghi entrano in attività a cavallo della fase di alta, e nelle prime due ore di inversione dei flussi verso la bassa. Universale sardina

L’autore intento in una minuziosa attività di brumeggio: la parte più importante nel drifting

Per una battuta di mezza giornata, sono necessarie 2/3 casse di sarde; alcuni chili di esse, utilizzate per l’innesco, saranno mantenute

nel

ghiaccio

durante

la

pescata per mantenerle sode, ed evitare che i bocconi si sfaldino. Le utilizzeremo a tocchetti, oppure intere senza testa. Per la pasturazione dovremo operare in modo tale da creare una scia omogenea, ed in assenza di sistemi automatici come il sardamatic, dovremmo essere noi, ad intervalli di 2/3 minuti, a gettare in mare la quantità opportuna per evitare che i pesci si disperdano e stazionino invece ad una distanza ottimale dalla barca per pescarli sul filo della corrente. Con pesci in frenesia, si diminuirà man mano l’intensità della pasturazione stessa per non saziarli. L’armamento.. E’ indispensabile usare sarde freschissime, molto più catturanti ma che soprattutto assicurano un’ottima tenuta sull’amo

Gli attrezzi saranno composti da canne da 3,50 m a 5 m, con vettini sensibilissimi ed equipaggiate con mulinelli 4500-5500 tipo vertigo, luis rioby,camria o lybra tica con nylon in bobina dello 0,22-0,24, dicroico. Il terminale, in fluorocarbon dello 0,22/0,26, si monterà in linea con la madre, tramite una girellina a tre metri dall’amo che potrà essere ad esempio un Tubertini 5180 n. 2-4, la cui dimensione sarà relazionata al size del boccone: solitamente il 4 è per il tocchetto, il 2 per la sarda intera o per il filetto.


BOLENTINO

Considerando che in caso di corrente media o sostenuta dovremo zavorrare la

nostra

equipaggiarci

montatura, con

dovremo

piombo

tenero

spaccato a palline del peso di 1gr, per poter gestire piombature di peso complessivo fino a 5 gr. In Azione

Bello a vedersi, divertente da combattere e ottimo da mangiare..

L’azione

di

pesca

si

effettuerà

rigorosamente con barca ben ancorata. Fileremo in mare l’esca a seguire la corrente, ossia in rilascio. Ad archetto aperto daremo filo man mano che il boccone tenderà a “tirare” , fino a toccare fondo a volte anche a 50 metri dall’imbarcazione. La mangiata del sarago sarà inconfondibile, tocche secche e potenti, e il combattimento successivo,

sarà

gratificante.

Occhio,

divertente che

e

anche

qualche oratona potrebbe capitare più spesso di quanto pensiamo.

E’ proprio il caso di dirlo, con il drifting le sorprese possono essere “d’orate”..



ARGOMENTI

TECNOLOGIA

CHIRP: un “cinguettio” tutto nuovo di Umberto Simonelli

L

a prima generazione di ecoscandagli portatili, installabili nelle imbarcazioni da diporto, ha rappresentato una vera rivoluzione copernicana. La possibilità di sondare il fondo, misurarne la profondità e tracciarne il profilo ha consentito una svolta epocale per i pescatori di canna,

oltre che per i subacquei. Dai vecchi scandagli, così detti rotanti, che segnalavano la profondità grazie ad una flebile lucina lampeggiante o da quelli scriventi che disegnavano il profilo del fondo con un pennino elettrico su una speciale carta, di acqua ne è passata sotto le nostre barche. Da lì a scandagli con schermi catodici e poi a quelli a con display sempre più brillanti il passo è stato breve. Ma l’evoluzione continua a ritmi sempre più veloci e oggi, un “chirp”, un cinguettio tutto nuovo, ha nuovamente sconvolto il mercato. Nuova tecnologia Sebbene di immagini ricostruite interpretando uno o più echi che tornano dal fondo si tratti, questa nuova tecnologia consente visioni del fondo e dei bersagli (pesci) non solo con straordinaria chiarezza ma, soprattutto, senza perdersi nulla di quello che c’è o passa sotto il trasduttore. La logica di funzionamento non è intuitiva da capire e solo gli addetti ai lavori possono apprezzarne la sostanza tecnologica. Ai pescatori basti sapere che finalmente potranno avvalersi di uno strumento con cui la ricerca del pesce non sarà solo più casuale. Insomma un sistema, il CHIRP, che affonda le sue radici in usi ben più seri che quelli per la pesca ricreativa e già ampliamente usato nella tecnologia radar, sonar ed anche in alcuni tipi di laser. Possiamo anticipare che il segreto sta in un’emissione acustica, da parte del trasduttore, molto complessa e articolata, fatta di più frequenze che, se potessimo


ascoltarla, suonerebbe come un cinguettio, che da bassa tonalità cresce e diventa acuta o viceversa. Un passo indietro

Tra gli scandagli che si avvalgono della tecnologia CHIRP, il DrangonFly è quello che per primo si è affacciato sul mercato

Per capire il futuro è bene aver chiaro il passato; e su questo concetto penso che siano d’accordo tutti. Quindi, facciamo qualche passo indietro e con qualche esempio, più o meno calzante, vediamo di capire da dove siamo partiti e dove stiamo andando. Riepilogando molto semplicisticamente, partiamo col dire che lo scandaglio tradizionale emette un segnale, il così detto PING; un segnale acustico, quindi un suono o, meglio, un ultrasuono con caratteristiche di intensità, frequenza e durata note. Come ogni suono di buona famiglia, il nostro “ping” si propaga lungo la colonna d’acqua e rimbalza su quel che incontra e ritorna nella direzione opposta. Il trasduttore lo riascolta, l’elettronica lo decodifica ed il software lo elabora trasformandolo in informazioni numeriche e grafiche.

Ecco come si visualizzerebbero le emissioni acustiche del segnale di uno scandaglio: sotto il ping classico con una singola frequenza, sopra il segnale CHIRP, meno potente ma composto da tantissime frequenze, cosa che permette delle elevatissime prestazioni

In soldoni, quel che siamo abituati a vedere è una sorta di ombra cinese del fondo, con tutti i limiti di definizione di un’immagine riflessa, sebbene oggi così finemente elaborata da proporci ecogrammi precisissimi. E non solo, perché con questa scansione grossolana del fondo, strada facendo, ci perdiamo echi confusi che vengono trascurati perché considerati rumore di fondo. Con il CHIRP questo limite viene superato perché trasmetteremo non più un impulso mono frequenza ma multi frequenza, in grado di leggere fondo e prede in modo molto più completo Come funziona Per rifarsi sempre un po’ al passato, stiamo assistendo oggi a quello che successe molti anni fa,


ARGOMENTI

Questa è l’ecogramma tradizionale di probabili pesci , rappresentati da macchie ampie e poco interpretabili

quando

le

trasmissioni

radiofoniche

passarono

dalle

onde

medie

alla

modulazione di frequenza. Chi di voi se lo ricorda, quello

che

segnò

il

cambiamento fu proprio la

pulizia

del

segnale

e la qualità dei suoni, decisamente gradevole

molto e

più

completa.

Ebbene, con il CHIRP siamo passati alla modulazione di frequenza in tutti i sensi, perché il nuovo segnale è modulato in frequenza come una sorta di fischio che diventa più acuto. In questo modo, il segnale emesso dura molto di più e proprio per questo trasferisce in acqua molta più energia di un sistema tradizionale, pur erogando una potenza minore.

Questa è la stessa schermata precedente ma frutto di un segnale CHIRP, le macchie rosse si sono “trasformate” in pesci singoli in quota, molto vicini tra loro, oltre ad uno in prossimità del fondo

Comunque, questa emissione multifrequenza consente cose straordinarie, come una elevatissima discriminazione dei pesci attaccati al fondo dal fondo stesso. Addirittura, l’effetto “nuvola” causato da pesci foraggio vicini tra loro sarà un ricordo e addirittura potranno essere evidenziati anche predatori che invece, prima, potevano nascondersi “nel mucchio”. Così come potranno essere visti quei pesci prima invisibili perché celati in un limbo costituito dal rumore, ovvero quegli echi confusi e trascurati di cui parlavamo prima.



SURFCASTING

un pesce al me

I

di Dario Limone l serpentone della spiaggia è lui, il signore delle tenebre. Ingiustamente bistrattato, e considerato una preda di ripiego, rappresenta invece una bella sfida per il surf caster, specie se di mole importante. Il suo valore agonistico non è secondo a nessuno, ed anche a tavola, fa una degna figura nonostante l’aspetto.

HABITAT ED ABITUDINI Dove c’è roccia, davanti ad un litorale sabbioso, c’è il grongo. Di giorno preferisce poltrire nella sua sicura tana, mentre di notte si trasforma in un temibile cacciatore e non disdegna di fare lo spazzino del fondo. Col calar del sole inizia l’accostamento a riva e vi rimane per svariate ore, specie se nei pressi c’è la foce di un fiume ad intorbidire l’acqua ed a richiamare minutaglia. In natura non ha molti nemici. Le tenebre avanzano, una spiaggia a grana grossa, un fondale ricco di formazioni rocciose: un vero hot spot per il grongo.. La sua bocca possente e dura, è armata di piccoli denti con cui ghermisce la preda. Per dilaniare


ese: IL GRONGO una carogna o una preda di taglia,

una

volta

addentata

effettua delle torsioni su se stesso per strappare i pezzi di carne. La ricerca del cibo viene fatta più con l’olfatto, che con la vista. Arriva fino al sottoriva; la zona migliore per insidiarlo va dai 40 mt agli 80 mt. Una sua caratteristica è quella di possedere una coda in grado di farlo insabbiare velocemente; infatti appena allamato bisogna recuperare subito ed in modo costante; altrimenti si arrocca sul fondo. Preferisce la condizione di mare calmo o poco mosso.

Le tenebre avanzano, una spiaggia a grana grossa, un fondale ricco di formazioni rocciose: un vero hot spot per il grongo..

Sicuramente le fredde notti sono sue alleate. Quando il termometro arriva ai 5 gradi e c’è un simpatico vento da nord, l’incontro si fa più che possibile! TRAVI E TERMINALI I

calamenti

devono

essere

essenziali e con un solo bracciolo; questo perché useremo esche corpose e di un certo peso. Il grongo viene insidiato sia con piombo scorrevole, che fisso. La nostra preferenza, come al solito, va al fisso, per la convinzione della efficienza dell’auto-ferrata. Lo short basso od un minitrave sono le soluzioni più indicate. Il bracciolo deve essere lungo dagli 80 cm al 1,50 mt. Il suo diametro varia dallo 0,35 allo 0,50; a volte per esemplari XXL è necessario mettere circa 20 cm di treccia d’acciaio da 30 lb. Il filo nel mulinello deve


SURFCASTING

avere un buon carico di rottura, perché una volta allamato il grongo tende ad impuntarsi parecchio, con una forte resistenza passiva; per tale motivo va bene anche uno 0,35 mm. Gli ami possono essere sia del tipo Aberdeen, che beak. Dovranno avere punta affilata chimicamente ed essere a filo medio-grosso, altrimenti possono aprirsi sotto le sfuriate di un peso massimo.

le ESCHE

Le esche principali sono il filetto di sardina ed il trancio di calamaro. Il filetto, può essere flotterato o rovesciato; mentre il trancio, può essere usato da solo o in un misto col filetto. Catture sono effettuabili anche con fasolare, americano, verme di Rimini ed altri anellidi o bivalvi. Alcuni pescatori sostengono che aggiungere all’esca delle perline fosforescenti possa portare qualche vantaggio; ogni pescatore ha le sue convinzioni e provare non ha controindicazioni, sebbene le esperienze dirette non abbiano premiato le soluzioni “luminose”.



PESCA DALLA BARCA • BOLENTINO DI PROFONDITA’

corsa vers E’

proprio l’inverno il periodo migliore per insidiare le prede del profondo, quei pesci che vivono nell’abisso, dove luce e calore non arrivano, dove l’acqua non cambia mai di temperatura, le correnti possono essere fortissime e la lotta per la vita una sfida continua. Parleremo di una pesca che, a pieno titolo, possiamo definire abissale, dove i fondali da raggiungere andranno anche oltre i 600 metri, dove tecnologia, sapienza nautica ed alieutica si devono fondere per raggiungere obiettivi ambiziosi. Una sfida che può dare molte, incredibili soddisfazioni.


so l’abisso

di Umberto Simonelli


PESCA DALLA BARCA • BOLENTINO DI PROFONDITA’

Un gioco lontano

Le doti di navigazione devono essere più che eccellenti per far fronte a imprevisti cambiamenti del mare e lunghe navigazioni

U

na delle problematiche di questa pesca, che per molti rappresenta anche un limite, è la lontananza delle poste. Infatti, salvo alcune eccezioni, rappresentate dalle coste liguri, calabre e di pochi altri spot, le batimetriche di pesca sono molto lontane dalla costa. Le

barche che possono dedicarsi a questa pesca sono, quindi, solo quelle capaci di affrontare navigazioni lunghe ed impegnative, con prerogative di velocità e tenuta al mare molto buone. Dotazioni di bordo

Profondità molto impegnative per scandagli senza compromessi!

Premessa l’indiscussa sicurezza di navigazione, la barca deve essere equipaggiata di un cartografico molto efficiente e, soprattutto, di uno scandaglio di provata funzionalità, cosa che sta a significare la necessità di uno strumento con una potenza efficace di almeno 600W, meglio se di 1000, con un trasduttore adeguato e montato in modo ineccepibile. Usando muli elettrici, sarà importante poter usufruire di punti di alimentazione a 12v, capaci di erogare un bel po’ di ampere; vale a dire che dovremo avere delle belle batterie o pescare con il motore in moto per tutto il tempo. Perché se i pesci collaborano, di corrente se ne consuma molta e rischiare di non ripartire non è una buona idea.


QuEl che serve

La tipologia di canna è una scelta personale, ma devono essere condizioni irrinunciabili robustezza, potenza e capacità di segnalare le tocche

Poiché l’attrezzatura, una volta acquistata, ci seguirà nel tempo e alla fine il suo costo non supera di molto quello di un’ottima attrezzatura da tonno, sarà bene orientarci su prodotti noti e, come al solito, le cineserie andranno lasciate là dove sono. Quindi, come diceva il nonno, è meglio affogare nel mare grande, acquistando attrezzi di provata qualità. Anche le canne dovrete sceglierle tra le migliori, tanto vogliate usare quelle con anelli piuttosto che con carrucole. Qui la scelta è ampia, lasciando alle abitudini personali la preferenza di canne lunghe piuttosto che corte, anellate o carrucolate. Il pezzo forte Il mulinello è il pezzo più importante dell’attrezzatura e dovrà possedere alcune peculiarità indispensabili: in primis la capienza della bobina, che dovrà accogliere una bella quantità di multifibre almeno da 80lb, per raggiungere anche i 600 e più metri. Non sono moltissime le case che distribuiscono muli elettrici e sicuramente, tra i migliori, possiamo citare i Kristal Fishing, i Ryobi distribuiti da Tubertini, i Command della Mija oltre ai DendouMaru della Shimano. Il consiglio è di preferire leggerezza, capienza e affidabilità, mettendo in secondo piano le varie sofisticherie elettroniche.


PESCA DALLA BARCA • BOLENTINO DI PROFONDITA’

I terminalI Qui non andremo per il sottile, perché arroccare è facile e le bocche di alcuni pesci, come gli sciabola, i naselli o le cernie

sono

in

grado

di rompere terminali di tutto rispetto. Esistono prodotti già pronti che, I mulinelli devono essere di qualità e affidabilità garantita, un guasto con una preda profonda in canna può essere un problema

come al solito, dovranno essere verificati, perché non tutti sono all’altezza.

Spesso l’autocostruzione è la soluzione migliore. La geometria di costruzione è classica, a non più di 6 ami, possibilmente circle, con braccioli medio-corti e soprattutto in grado di ruotare su se stessi e sul piano orizzontale, con pochi attriti. Ciò è indispensabile perché per calare e salpare ci vuole moltissimo tempo, a volte anche 15/20 minuti a tratta; e durante questi lunghi voli esche e pesci sbandierano vorticosamente, con il rischio di staccarsi le une e slamarsi gli altri. Quindi, sono indispensabili snodi scorrevoli e moschettoni di aggancio robusti. Le zavorre saranno importanti, anche oltre il kg, e sarà bene che vengano applicate al terminale con fili più sottili, in grado di rompersi per scongiurare irrisolvibili incagli.

Soprattutto con catture multiple, le forze che sollecitano i terminali sono elevatissime e gli snodi devono funzionare

Gli accessori Oltre alla minuteria, come girelle e moschettoni, che dovranno essere di elevata robustezza, per confrontarsi


con le situazioni veramente impegnative degli alti fondali non potrà mancare qualche luce di profondità, indispensabile per richiamare specie molto sensibili alle sorgenti luminose come le cernie. Esche & prede

Il bolentino di profondità può offrire sorprese impensabili e regalare bellissime prede come questo nasello.. non solo occhioni

La sarda è la protagonista di questa pesca: intera o a tranci e assicurata agli ami con qualche giro di filo elastico, riuscirà a sedurre gli abitanti del profondo. Eccellenti anche i tranci di calamaro o i graditissimi cappellotti, come i tentacoli di polpo sbiancati. Queste prelibatezze attireranno gli occhioni, le prede per antonomasia del bolentino di profondità, i naselli, i sugheri di profondità, le cernie, le gallinelle, gli scorfani e molte altre specie.



Copertina parlante Angler : Giuseppe Craveli Preda : Dentice ( Dentex DenteX ) Periodo di pesca : Novembre 2014 Ora della cattura : 12:30 LocalitĂ : Capo Vaticano (Vibo Valentia) Tecnica: Surf Casting Esca : Striscia di calamaro Terminale: 0,25 Fondale : sabbia, sassi, roccia

FOTO: Fotocamera : Nikon D70 Esposizione : Manuale Tempo di scatto : 1/300 sec Diaframma : F/8 Modo di misurazione: Multi-zona – Matrix Obiettivo: VR 18-70mm F/3.5-5.6 G Lunghezza Focale: 18mm



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