2017
Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea
la rivista on-line della pesca in mare ARGOMENTI LA MEMORIA DEI PESCI
DRIFTING 10 PUNTI SUL TONNO
TECNICA INNESCHI FACILI
TRAINA RICCIOLE DI BRANCO
www.globalfishing.it
Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste
Anno VIII - Numero 6
IN QUESTO NUMERO..
GlobalFishing magazine Anno VII Numero 6 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone, Aldo Benucci. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web
5
Editoriale
6
Global@mail
di U. Simonelli
La posta dei lettori
16
TRAINA Ricciole di branco
18
DRIFTING Dieci punti sul tonno
24
VERTICAL Inchiku per ripartire
28
TRAINA La mia prima ricciola
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ARGOMENTI La memoria dei pesci
38
SPECIALE SURF
58
Copertina parlante
di D. Craveli
di A. Benucci
di D. Craveli
di M. Prezioso
di U. Simonelli
Editoriale
I
n una parabola evangelica, uno che di pesci se ne intendeva, perché li moltiplicava, addirittura senza pescarli, pare abbia glorificato gli ultimi, perché sarebbero stati i primi a entrare nel regno dei Cieli…. Senza voler assolutamente essere blasfemo, un po’ di questa verità la possiamo ribaltare nella pesca. Immagino che chi mi sta leggendo si stia arrovellando per capire dove andrò a parare. Ve lo spiego subito. La pesca al tonno ha aperto una manciata di giorni fa e ben presto le esili quote saranno raggiunte, lasciando ”gli ultimi” e i meno furbi anche quest’anno a bocca asciutta. Ed ecco qui chi sono i nostri ultimi. Sono coloro i quali non potranno portarsi a casa un tonno, e magari uno soltanto, perché ce ne è solo per i primi … I nostri ultimi non saranno poi tanto beati perché potranno salvarsi solo con molta pazienza e determinazione dalle tentazioni … e solo così potranno meritarsi il paradiso. Quello dei pescatori beninteso. I tonni quindi non sono per tutti. Sono in primis per quelli senza scrupoli per i quali la pesca è aperta tutto l’anno. Sono per chi si fa trovare pronto alla partenza e per chi lo è tutti i giorni così da non perdere l’occasione. E chi va a lavorare, non ha la barca in acqua perché può farlo solo quando andrà in vacanza o perché gli sarà possibile magari solo in inverno cosa farà? E cosa farà delle sue attrezzature? Nelle quali ha investito fior di euro e nelle quali investirebbe ancora se non dovesse ritrovarsi a poter, forse, fare solo un improbabile catch &release concesso fino alla fine dell’anno? Esclusi coloro i quali fanno del bracconaggio una attività commerciale usuale, per i quali non ho pietà, devo riconoscere, senza voler giustificare nessuno, che una norma miope e inadeguata come l’attuale, è una vera istigazione a delinquere. Premessa l’evidente disparità di considerazione di cui “soffre” il comparto ricreativo, rispetto a quello professionale, c’è da aggiungere che non si può tollerare una regola concepita come l’attuale. Se partiamo da un concetto di protezione e controllo del prelievo di una specie a rischio perché ne consentiamo il prelievo di un esemplare al giorno? Il che vuol dire che una sola persona può catturare in più giorni consecutivi un numero di tonni pari al numero delle sessioni di pesca. Ora ditemi cosa se ne fa un diportista di qualche centinaio di kg di carne rossa facilmente deperibile. Ovvio che tenta di monetizzarla. Parliamo poi del fatto che chiunque di noi esperti di pesca sa che la nostra apertura della pesca coincide con il periodo riproduttivo, in cui i tonni non mangiano le esche e durante il quale non li dovrebbe proprio pescare nessuno. Nella caccia ad esempio, i periodi riproduttivi della selvaggina sono super protetti e rispettati. Ma a parte la sensibilità biologica c’è da considerare che, in questo modo, la finestra temporale di pesca si accorcia automaticamente di circa 45 giorni il che vuol dire che su circa quattro mesi ne rimangono “pescabili” solo due e mezzo. Forse sarebbe bene cambiare le regole, il che non vuol dire dare il libera tutti, ma svincolare definitivamente la pesca ricreativa dalle regole di quella professionale. Perché ricreativi e professionisti, impattano in modi diversi, quantità diverse su stock diversi. Le regole sbagliate hanno sempre portato conseguenze gravi, perché è improbabile che un pescatore si fermi sempre ai fatidici 5 kg, ad un solo pesce, quando quello è il suo giorno; il giorno che riscatta un anno di aspettative e di soldi spesi per quella vacanza. Vanno cambiate le regole e chi le fa. La pesca è un gioco serio e come tale deve essere considerato, un comparto che catalizza gli sforzi economici, gli investimenti e le aspettative di tutti gli appassionati. Che non possono immaginare di non poter lanciare un’esca qualche metro più in là perché tramagli illegali sbarrano una spiaggia, dopo aver macinato km, comprato attrezzature e investito in costosissime esche. O trovare mari desertificati da circuizioni fatte su bassi fondi di posidonia. Aree marine protette in cui fioccano multe per disposizioni mai comunicate, o dove non si può pescare, malgrado il permesso, con un piombo guardiano, quando sono ammessi i più devastanti tramagli professionali. Per non parlare del divieto di pesca, sempre nelle stesse aree, con il saltarello coreano, perché alloctono. Il legislatore che emette questi provvedimenti ci fa venire grossi dubbi riguardo le sue competenze, quando tutti sanno che il povero coreano è un verme di acqua dolce, per sua sfortuna gradito ai pesci di mare, che in acqua salata tira subito le cuoia e non si può ibridare con nessun altro verme. Sarà difficile far digerire un divieto a chi non potrà pescare il suo tonno, quando il vicino di barca ne ha già fatto man bassa e le cianciole ne pescano migliaia che, chiusi nelle gabbie e portati a Malta, finiranno sulle tavole Giapponesi. Umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL OCCHIONI MON AMOUR Una domanda per Michele Prezioso. Vorrei un chiarimento sul bolentino di profondità e, in particolare, sugli occhioni che sono la mia passione, sia in pesca che a tavola. Il mio quesito riguarda gli ami ed i richiami luminosi. Volevo quindi sapere se, secondo il suo parere, i terminali ad occhioni è bene vengano realizzati esclusivamente con i circle o con i normali ami tipo beack, che trovo in alcuni calamenti già confezionati. Ad esempio sono molto tentato di provare gli ami Marafuji della Tubertini, perchè mi piace l’idea di un amo che si muove. E volevo sapere anche quanto conta, e se fa la differenza, secondo lui, la presenza di perline fluorescenti
o
addirittura di piccole sorgenti Volevo
luminose. anche
dire
che le mie pescate si svolgono a profondità tra i 190 e i 250 mt.. Grazie Alberto T.
Le
fonti
luminose
da
sempre
hanno
invogliato i predatori di profondità, perché la di
bioluminescenza alcuni
organismi
abissali è un forte richiamo. Però, nella preparazione dei terminali da occhioni, credo che sia inutile eccedere con troppi fronzoli, quando una perlina fluo di qualità per ogni bracciolo può bastare: magari si possono montare quelle grandi lungo il trave per maggiore incisività. Riguardo gli ami, i circle, a mio avviso, sono i più indicati perché meglio si adattano al caso e non sarà necessario ferrare ad ogni attacco e il pesce si allamerà bene semplicemente con la sua stessa fuga. Riguardo i Marafuji della Tubertini ritengo che siano ami formidabili, di cui apprezzo le peculiarità anche in discipline più impegnative. Il fatto che siano equipaggiati di una piccola girella e quindi capaci di oscillare e girare ritengo che proprio nel bolentino profondo abbiano una marcia in più. Oltre che a scaricare le torsioni, ottimizzano il lavoro di infissione del circle.
Michele Prezioso
GLOBAL@MAIL PAGURI DOVE Carissimo Sig. Michele Prezioso, leggo da sempre avidamente i suoi articoli su GlobalFishing e mi entusiasmo molto seguendo i suoi consigli che, posso testimoniare a tutti i lettori, sono veramente efficaci. Spesso, nel bolentino Lei usa i paguri come esche, ma non ho capito come posso fare a procurarmeli. Vivo in Toscana e dalle mie parti è difficile reperirli, salvo quando se ne trova qualcuno rarissimo, facendo snorkeling tra gli scogli dell’antimurale del porto. Mi può dare qualche informazione su come pescarli o su cosa usare di alternativo ma altrettanto catturante? Yuri
Ciao Yuri, in effetti al sud è più facile reperire i paguri e si trovano, sebbene a caro prezzo, perché se ne fa un largo impiego anche per gli inneschi professionali. Puoi cercare di procurarteli dai pescatori che mollano i tramagli o le nasse. Li puoi conservare in una nassa legata sotto alla barca dandogli da mangiare qualche sarda e avrai così sempre esche pronte per pagelli e orate. In alternativa, si può usare anche il murice, altrimenti detto sconciglio. Questi sono gasteropodi che si proteggono con una bellissima conchiglia, al contrario dei paguri che si stabiliscono nelle conchiglie di altri animali. Sono buoni anche da mangiare ed in antichità venivano usati per ricavare il rosso porpora. E possono essere conservati in nassa con facilità. L’interno è molto sodo e assai gradito agli sparidi di pregio e come, se non di più, del paguro.
Michele Prezioso
GLOBAL@MAIL AMI CON LA GIRELLA Non sono un pescatore che segue le mode e in genere, quando ho trovato un assetto di pesca che funziona, siccome sono anche piuttosto pigro, difficilmente cambio. Però ogni tanto mi viene la tentazione di fare qualche innovazione e stavo pensando di cambiare il classico schema di connessione filo-terminale col moschettone (che mi ha appagato per tantissimi anni) passando agli ami con girella, che vedo essere molto diffusi. Mi serve quindi qualche dritta per regolarmi su come realizzare il nuovo terminale e, soprattutto, su quale marca di ami comprare. Grazie, Renato
Ciao Renato. Il tuo sistema l’ho usato anche io per molti anni ed è stata una soluzione efficiente che ha segnato la storia del drifting. Quando, 35 anni fa, ho iniziato a pescare i tonni in , tutti si usava il raddoppio di lenza chiuso con un nodo “bimini” con girella e moschettone, al quale si applicava un terminale di circa due metri con amo Mustad. Oggi le cose sono molto cambiate. La giunzione tra filo del mulinello e terminale si è evoluta, per rendere il tutto più lineare. Il sistema col moschettone spesso si ingarbugliava con la lenza madre, oltre ad essere un punto di manutenzione importante. Io uso esclusivamente la giunzione fatta con il knotter e uso dai 13 ai 15 mt di terminale al quale applico un amo dotato di girella. La girella è necessaria perché debbono essere scaricate le inevitabili torsioni che si creano con le rotazioni dell’esca a causa della corrente. In commercio si trovano diverse marche di ami già pronti con la girella applicata; a me piace usare gli ami made in U.S.A. della Eagle Claw che modifico personalmente montando girelle con cuscinetto da 150 lb.
Aldo Benucci
GLOBAL@MAIL TONNI ALLA PICCA Pensavo che pescare i tonni fosse una cosa relativamente facile; da domenica scorsa mi sono ricreduto perché effettivamente fino ad allora mi ero confrontato con tonni che non mi avevano fatto capire sul serio cosa significasse la forza di questi pesci. Purtroppo, dopo uno strike al tritolo, non sono riuscito a frenare la fuga di un vero big e per ben più di tre ore ho combattuto quasi sempre un tonno alla picca, con un tira e molla in cui io recuperavo 20 metri e ui se ne riprendeva 21 …. Alla fine ha il tonno ha vinto perché il nodo dell’amo è esploso ed è andata come forse era scritto che andasse, ma un po’ di amaro in bocca rimane per non averci capito quasi nulla .. So che in queste situazioni forse c’è sempre poco da fare, ma mi piacerebbe sapere da Aldo Benucci cosa avrebbe fatto un pescatore esperto come lui. P.S. Sono attrezzato con una canna Normic 50 lb ed un mulinello Alutecnos con Ande rosa Luigi
L’incollaggio
dei
bigattini
va
solo
quando,
eseguito
pescando
in
bolognese
o
a feeder, li si debba far restare più tempo possibile in prossimità del fondo, in modo che la colla, man mano che si scioglie a contatto con l’acqua, liberi le larve in corrente poche alla volta. In questo modo i pesci risalgono la scia di pastura fino a trovare il nostro amo innescato. L’incollaggio dovrà
essere
funzione
di
graduato
in
profondità
e
corrente, ed essere tanto più forte quanto maggiore sarà la velocità della corrente. Oltretutto, per raggiungere meglio il fondo è possibile addizionare i bigattini con della ghiaia per appesantire il tutto. Anche aggiungere della pastura può incrementare la funzionalità del brumeggio, giocando sull’aspetto olfattivo che si diffonde in acqua più velocemente. Al contrario, se la pesca è sospesa nelle prime fasce d’acqua, si pasturerà con bigattini liberi sul filo della corrente.
Aldo Benucci
GLOBAL@MAIL IMPIANTO ELETTRICO Sono in procinto di effettuare un refitting completo della mia barca, un fisherman made in USA di circa 7 metri, cuddy cabin. Tra i vari lavori debbo affrontare quello impegnativo dell’impianto elettrico che mi preoccupa non poco perché ho visto già che in questi scafi non sono previsti passaggi per i cavi e quant’altro. Oltretutto, sono molto perplesso su che tipologia di conduttori e interruttori è bene utilizzare, visto che vorrei fare un lavoro durevole e affidabile. La mia domanda è rivolta ad Umberto Simonelli. Mario G.
In alcune imbarcazioni americane
è
vero
che
si
tiene
in
non
considerazione
l’opportunità
della
sostituzione di alcune parti
impiantistiche,
come se non dovessero guastarsi
mai.
In
realtà, gli scafi sono molto più longevi degli impianti che, al contrario, non sempre sono straordinari e che quindi, prima o poi, dovranno essere sostituiti. E’ evidente che sia necessario prima di tutto trovare i passaggi giusti e quindi, in funzione di questo, capire che tipo di lavoro fare. I conduttori migliori sono quelli con la treccia di rame stagnata e isolamento in gomma. Difficili da reperire e soprattutto non proprio economici, spesso sono di costruzione americana o sono acquistabili solo presso forniture industriali molto specializzate. Anche on line è possibile trovare del materiale specifico per la nautica. Ma l’impegno economico è sostenuto. In alternativa, è possibile usare anche ottimi cavi gommati standard, maggiorando le sezioni per migliorare le superfici di contatto, proteggendo le parti terminali con guaine termorestringenti dotate di un materiale termoplastico interno che con il calore sigilla la connessione, impedendo all’umidità di penetrarvi. Esistono anche i capicorda dotati di questa prerogativa e sono molto efficaci. E’ importante prevedere passaggi dove acqua di mare e condensa non sostino. Viti e connessioni è bene siano ben protette da spray specifici come il CRC Long Life, che genera un velo protettivo per molto tempo. Per quanto riguarda gli interruttori, i Carling Switch sono i migliori in assoluto, sia per quando riguarda gli interruttori semplici che quelli automatici.
Umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL CANNE IN PESCA Caro Dario Limone, ho un quesito da sottoporle. Vedo sempre più spesso in spiaggia amici che usano i treppiedi, mentre io sono ancora un cultore del picchetto. Mi chiedo se esistono dei vantaggi sull’uso di un sistema o dell’altro, anche perché vorrei sapere da un pescatore navigato dove finisce la necessità ed inizia la moda. Matteo
Caro Matteo, ho risposto spesso a questo quesito e il ragionamento finisce sempre per non dare risposte assolute. Il tripode nasce in Inghilterra dove, per l’incalzante e rapida salita della marea, anche di svariati metri, i surfmen erano costretti a delle rapide ritirate, portando tutta l’attrezzatura con sé. In effetti, tra i pregi del tripode c’è quello di poter spostare contemporaneamente due canne, grazie all’appoggio stabile, senza problemi. A favore dei picchetti posso dire, ed è una condizione che preferisco, che avere le canne distanziate tra loro consente una maggiore possibilità di girare intorno e anche di posizionare la serbidora nel modo più opportuno. E, se c’è bisogno di sollevare più in alto le canne per la presenza di onde, è possibile impilare un picchetto nell’altro. I picchetti a bicchiere danno alle canne una stabilità unica. A sua volta, il tripode permette di impiantare le canne anche su terreni particolarmente duri, imperforabili con i picchetti; sono regolabili in altezza e, quindi, possono essere messi sempre in piano ed hanno un alloggiamento integrato per la serbidora. Però la notte, per lavorare intorno al tripode, bisogna stare attenti a non inciampare nelle sue gambe divergenti. Io ne posseggo molti e di vario genere, ma solitamente le mie canne pescano inserite nei più semplici picchetti.
Dario Limone
GLOBAL@MAIL TERMINALI LUNGHI.. ANZI EXTRA Carissimo Dario, Leggendo i tuoi scritti su Globalfishing, ho notato che le soluzioni “super long arm”, sono una tua consuetudine e che spesso risolvono situazioni di stallo con pinnuti sospettosi. So di una pescata in Calabria, ad esempio, fatta con tuoi amici, dove avete preso orate con terminali di oltre i 3 metri, nello stupore generale. Adesso ti chiedo, senza “veli”, una illuminazione appunto su questi braccioli extra lunghi, con tanto di snodi adatti allo scopo, e di come lanciarli, per evitare di portare a riva la solita “matassa”. Grazie e complimenti per la rivista. PS: Lo speciale che state portando avanti con Domenico Craveli è davvero interessante. Ciao Giuseppe, a volte un terminale lungo è più efficace di uno sottile. Ma tutto deve essere “pulito”, con meno punti di appiglio possibile. Mai ad esempio interporre “girelline”
lungo
il
terminale come molti consigliano. crea
Questo
un’interruzione
negativa,
perchè
durante il lancio si crea uno sbandieramento asincrono,
dovuto
alle
girelle.
stesse
Un terminale lungo 5 mt, lanciato con uno stacco deciso, si allineerà in aria, parallelamente allo shock leader, non avendo locus di minor resistenza. Altro fattore da non trascurare è che sempre le girelline poste lungo il terminale, non scaricano nessuna torsione del bracciolo, specie sotto trazione. Meglio quindi, come dicevamo prima, una lenza più “pulita” che si distenda in corrente in maniera fluida ed armonica. I terminali extra long sono molto indicati per le orate, e questo, è il momento dell’anno più propizio per tentare il colpaccio.
Dario Limone
GLOBAL@MAIL GRANDI RICCIOLE IN SOLITARIO Cari amici di Globalfishing, volevo fare una domanda al vostro Domenico Craveli. Pesco spesso in solitario e volevo capire se una persona con non molta esperienza come me possa ambire a catturare una ricciola gigante senza “equipaggio”. Posseggo una piccola barca, una open di 6 metri, proprio come Domenico, al quale chiedo consigli in merito. Saluti. Giovanni
Caro Giovanni, Ti rispondo volentieri, anche perché sono tra quelli che per motivi lavorativi si ritrova ad andare a mare senza quasi mai riuscire a pianificare un’uscita con un compagno. Diciamo che lo strike di una grande ricciola, considerando tale un pesce over 20, non deve mai generare ansia, anche perché le nostre attrezzature sono in grado di gestire il pesce senza particolari problemi anche se non si può manovrare bene la barca durante il recupero. Dopo lo strike, a meno che la barca non vada a puntare sugli scogli della costa, si può pensare di combattere il pesce anche procedendo al minimo ad andatura di traina. La cosa più importante è non contrastare assolutamente la prima fuga e, successivamente, pompare con energia quando il pesce è passivo, bloccando il mulinello con la mano poiché dovremo lasciare la frizione abbastanza aperta per consentire alla ricciola di nuotare e quindi di stancarsi. Se eccessivamente trattenuta, tenderà a puntare il fondo con insistenza, mettendosi in verticale sotto la barca, e questo, con la quasi impossibilità a manovrare, può pregiudicare la conclusione positiva del confronto. Gestire in modo soft le sfuriate della preda, forzando solo quando è necessario, allunga di qualche minuto il recupero, ma permette di portare il pesce sfinito sotto bordo senza quasi mai toccare timone ed acceleratore.
Domenico Craveli
GLOBAL@MAIL SGANCI DA GUARDIANO Sono alle prime armi della traina con il vivo e un problema che mi pongo è quello di individuare un sistema efficiente e sicuro per sganciare il piombo guardiano. Attualmente uso legare con un finto nodo il filo sulla girella come ho visto fare in alcuni video. Rapido da levare non lo è altrettanto da realizzare. In alternativa ho visto che ci sono degli sganci fatti a posta. Ma mi fiderei di più di un vostro consiglio. Matteo
Ciao Matteo, quello del sistema di sgancio del piombo guardiano è un argomento ancora oggi molto dibattuto e molti dei nostri “colleghi” pescatori, anche più navigati di te, non hanno ancora trovato pace. Fiocchi, meccanismi e astuzie varie, sono tutte più o meno valide, sebbene poi io sia del parere che la semplicità paghi sempre. Il fiocchetto forse è l’unico di bassissima affidabilità che non adopererei mai. Il mio consiglio è quello di usare un semplice moschettone dritto, con girella del modello più economico in commercio, di quelli bruniti o dorati. Basta lasciarlo aperto e infilarlo nell’anellino della girella dal lato del preterminale per non impedire la rotazione. Non lo perderai mai e qual ora succedesse perderesti solo pochi centesimi, invece di qualche euro per i seppur più articolati sganci commerciali. Lo levi con una sola mano e quando si rovina lo getti. Sono anni che lo adoperiamo e malgrado li abbiamo collaudati tutti ci sembra sempre la soluzione più adatta. In alternativa ci sono piccoli agganci ad “U” con un anellino a cui applicare il filo, in uso nel surf che potrebbero risultare validi. Ma ti consiglio fi provare con i moschettoni e non te ne pentirai.
Umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL MULINELLI DA INCHIkU Gentilissimo Domenico Craveli, Ho iniziato a fare inchiku con attrezzature di “fortuna” riciclate dal bolentino, ma adesso ho la necessità di dotarmi di un corredo pescante adeguato. Il mio dubbio più grande è quello relativo alla scelta del mulinello rotante: sono mancino e, francamente, non mi so regolare più di tanto. Potresti aiutarmi in questa amletica scelta? Alessandro
Carissimo Alessandro, la scelta del mulinello è sempre un bel dilemma; anche se oggi la possibilità di documentarsi opportunamente, o vedere dei video di prova sul web, aiuta non poco. Personalmente ritengo il mulinello l’investimento più importante da fare: l’usura da stress in queste tecniche è notevole e un” giocattolo” rischierebbe di diventare inutilizzabile nel giro di poco tempo. All’inizio anche io ho utilizzato prodotti nati per altri usi… ma i primi pesci seri mi hanno obbligato ad aprire il portafogli. Personalmente uso il Daiwa Ryoga e il Revo Toro Winch. Ma da Accurate ad Okuma, passando per Avet e Shimano, le possibilità di scelta non mancano di certo.
Domenico Craveli
TRAINA
RICCIOLE DI BRANCO Di Domenico Craveli
e’
il più grande carangide del mediterraneo, un
pesce
superbo,
potente,
scaltro,
probabilmente il più entusiasmante da
pescare. Catturare le ricciole con continuità significa pensare ed agire in modo speculare al loro, anticiparle negli spostamenti, comprenderne le abitudini al variare degli stadi di crescita e delle stagioni… E’ questo è il momento di quelle di branco, pesci tra i 5 e i 10 chili, pesci molto divertenti da pescare. PerCorso Di CreCita Dagli alti fondali verso il sottocosta, la limoncina di
Una ricciola di circa 5/6kg in caccia sulla posidonia su 17 mt di fondo
pochi etti, insieme ad un gran numero di sorelline tutte della stessa taglia, giunge sugli stessi ciuffi di posidonia, che furono la nursery anche delle generazioni precedenti. Ma chissà perché, malgrado la presenza di miglia e miglia di prateria di alghe apparentemente tutte uguali, queste baby ricciole ritornano sui medesimi punti, anno dopo anno, quasi come se fossero dei salmoni? Li, in quell’ambiente così soleggiato e ricco di vita, dove ricciole in caccia su un banco di minutaglia sulla posidonia su 17 mt di fondo
banchettano continuamente a spese di piccole acciughe,
iniziano a capire quando sia complicato, per un predatore all’apice della catena alimentare nel suo elemento, porre freno al proprio istinto aggressivo, che le porta inesorabilmente a cadere vittima di piccole insidie di pescatori senza scrupoli. Fortunatamente con l’aumentare della taglia, la piccola ricciola inizia a diventare più scaltra e, anche se spesso i suoi spostamenti sono prevedibili, l’abitudine di stazionare nei pressi di aree ricche di ostacoli ne rende più complicata la cattura con metodi professionali. Oramai hanno già qualche chilo e la livrea somiglia sempre di più a quella delle sorelle maggiori. anatomia Di Un PreDatore Quando raggiungono gli i 5/10kg, ritornano sui bassi fondi dove sono nate e iniziano a diventare delle vere macchine da guerra. Colonizzano
ampi
tratti
di mare e pattugliano gli spot spostandosi al variare dei flussi di marea. Con il picco di risalita (da 2 ore prima del culmine) iniziano l’attività predatoria, per poi imbrancarsi nei momenti di stanca delle correnti. La ricciola di branco è imprevedibile, riesce a solcare ampi tratti di mare in breve tempo ed è praticamente onnivora. Mangia di tutto pur di dare tregua al suo eterno appetito. Nei momenti di attività, alba e tramonto, sono in cerca di carne fresca, e cadono spesso vittima delle esche vive trainate veloci. BoCConi irresistiBili Escludendo volutamente proprio i cefalopodi, nella scala di gradimento prenderemo in considerazione i pesci esca maggiormente efficaci. In testa alla lista del menù, poniamo sgombri, lanzardi e lecce stella. Esche vivacissime, che difficilmente non vengono attaccate se le ricciole sono in zona. A seguire alacce, aguglie, sugheri e boghe. Un buon terminale dello 0.50, armato con un bel circle del 4/0 5/0 completerà la nostra montatura. E’ opportuno trainare lontano dalla barca quindi un buon leader da 25 mt dello 0.52 è l’ideale. Considerando che pescheremo alti, 250/300 gr di piombo, possono bastare per affrontare fondali di 25/30mt, tenendo i pesci sopra la mezz’acqua, o nel taglio termico che già inizia ad esserci in molte zone
la leccia stella. Un’esca irresistibile per le ricciole di media taglia
DRIFTING
Dieci punti sul tonno
L
Di Aldo Benucci a pesca in drifting del tonno, grazie alle efficaci politiche di protezione, è tornata prepotentemente alla ribalta, con un seguito di appassionati decisamente straordinario. Perché chi ha provato, una volta nella vita, l’emozione del gigante rosso in canna rimane
stregato da una straordinaria magia. Vogliamo dedicare questo articolo, quindi, a chi si avvicina per la prima volta a questa pesca, facendo il punto sugli elementi base della tecnica, che cercheremo di focalizzare in dieci punti. NEOFITI AI BOX Una premessa importante non può mancare. La pesca del tonno è un “gioco” serio, perché il confronto con pesci di taglia molto importante è sempre dietro l’angolo e fare tira e molla con cento e più kili di pura forza mette a dura prova, attrezzature e pescatori. Gli stress meccanici a cui sottoponiamo tutto il complesso pescante, compresi noi stessi, non sono uno scherzo e questo vuol dire non prendere mai alla leggera la qualità dei materiali e delle attrezzature. Il rischio di farsi male è molto reale. UN POSTO NON VALE L’ALTRO Le poste dove provare a praticare la pesca al tonno rosso, variano in modo considerevole in base alle caratteristiche e alle profondità dei fondali che frequenteremo. Pescando nell’alto e medio Adriatico, per riuscire a trovare le profondità minime indispensabili per la presenza dei tonni, saremo costretti
a navigare per almeno 15 miglia. Man mano che si scende verso la Puglia, la strada da percorrere sarà sensibilmente ridotta, fino ad arrivare addirittura a tre miglia dalla costa, nelle zone estreme della penisola dove la presenza di tonni è già abbondante. Per quanto concerne il Tirreno, in Liguria le batimetriche sono da subito importanti e la pesca si svolge abbastanza a ridosso della costa, così come nelle acque Calabre. In Toscana, nel Lazio ed in Campania, invece, la pesca viene praticata a circa 6 miglia dalla costa, perchè i fondali degradano in modo più progressivo. Ma le zone specifiche di pesca, in genere, non sono sempre legate a particolari conformazioni dei fondali, ma più spesso alla concentrazione di pesci foraggio o alle rotte che i tonni percorrono. Oltre che alle abitudini; infatti i pesci ritornano negli anni sulle coordinate dove si sono nutriti. Per individuare dove recarsi a pescare le indicazioni degli appassionati locali sono la soluzione più appropriata
Uno spot da tonni oltre ad essere tale per particolare vocazione, in funzione della presenza naturale di foraggio, di variazioni batimetriche o scogli isolati sul fondo, può esserlo anche perché punto in cui i pescherecci che strascicano puliscono le reti e la pasturazione del drifting, ripetuta nel corso degli anni, non fa che aumentarne la potenzialità: i tonni hanno una memoria molto sviluppata ..
LA BARCA Se si pesca in adriatico, oltre all’allestimento della barca saranno importanti le doti di navigazione. In quei mari le poste sono lontane e velocità e tenuta al mare sono prioritarie, quando si deve far fronte ad improvvisi cambiamenti meteo marini. Quando invece le distanze sono minori, ci si può avventurare con scafi meno importanti a patto comunque di avere gli spazi adatti per svolgere
DRIFTING
l’azione di pesca. Per quanto concerne le attrezzature, invece, il fatto indispensabile è la presenza di un buon numero di porta canna di qualità e soprattutto installati in modo solido, posizionati su entrambe le murate. E’ di vitale importanza poter passare le canne da una murata all’altra quando cambiano venti e correnti. Ottimi quelli di ultima generazione girevoli, ad inclinazione variabile; ma andranno bene anche dei buoni porta canna ad incasso. La cosa fondamentale è la tenuta, perché allo strike le forze in gioco sono importanti. Pericoloso fidarsi di montaggi precari con attrezzi di scarsa qualità. Se si ha la possibilità, un’ottima soluzione è anche quella di attrezzarsi con un “rocket” soprattutto se barca è un semicabinato e il cambio di murata è complicato. L’ATTREZZATURA DI BASE Se siamo alle prime armi è bene limitarsi all’uso di sole due canne in pesca; quando avremo capito i tempi e la logica della tecnica potremo aumentare gli attrezzi a tre o quattro o più. Canne entro le 50 lb con relativi muli e fili equilibrati, saranno sufficienti a combattere gli attuali pesci che Una barca così è decisamente l’ideale per questa pesca, soprattutto quando si tratta di raggiungere poste lontane. Ma non è l’imbarcazione bella che fa prendere i pesci ! E’ la barca pratica e ben attrezzata..
potremo trovare nelle nostre acque anche di taglie rispettabili. Inutile
adoperare
“cannoni”
che non faranno altro che rendere l’azione di pesca molto più complicata. Quel che non dovrà mancare saranno due accessori fondamentali: una buona cintura da combattimento e poi un raffio, se deciderete di effettuare un prelievo. Per chi invece, come chi vi scrive, effettua solo rilasci un attrezzo per taggare e dei tag, sono una valida alternativa ALL’ANCORA O IN DERIVA? Pescare all’ancora o in deriva è cosa del tutto soggettiva. Consigliamo di pescare in deriva fino a un massimo di scarroccio che non superi 0.6/0.8 noi. Altrimenti è meglio pescare all’ancora. Ovviamente dovremo attrezzarci con tutto ciò che serve. In caso volessimo pescare in deriva con vento sostenuto useremo una ampia ancora flottante, ma se vento e corrente sono sostanziosi, ci vuole un ancora con almeno una lunghezza di cima sottile di due volte e mezza la profondità.
Pezzi piccoli, alternati a qualche boccone più grande, assolutamente cadenzati e senza esagerare, per creare un richiamo che porti i pesci sulle esche e che non deve essere mai interrotto per tutta la pescata, anche durante uno strike, se si vuole continuare a pescare
LA PASTURAZIONE La pasturazione deve essere continua e costante. Si deve creare come una specie di autostrada dove inserire nel mezzo le nostre esche. Ma senza esagerare per non saziare i pesci, validi i sacchi di pastura pronta o i supporti meccanici, come trita sarde e getta sarde. Ma anche una cadenzata pasturazione manuale è efficace e sufficiente allo scopo. TERMINALI & AMI Consigliamo di usare terminali lunghi 13/15 metri uniti al filo del nostro mulinello con una legatura effettuata con il knotter. Si può usare del florocarbon e del buon nylon. Anche questa scelta è soggettiva. Se si desidera avere più invisibilità del terminale, per le lenze meno profonde, si può usare del florocarbon, ma ricordatevi che in questo caso, a parità di sezione, si perderà in carico di rottura e in naturalezza dell’esca a causa della maggiore rigidità del filo. Al contrario la maggior resistenza all’abrasione è utile per combattimenti impegnativi. Per ciò che concerne gli ami, consigliamo tassativamente ami circle equipaggiati girella. Ami sicuri ed efficaci e non lesivi, se si vuole rilasciare. Terminali con filo tra le 80 e Un terminale ben concepito che lavori sul filo della corrente in modo naturale sarà l’inganno perfetto!
le 100 lb , ami dal 6/0,7/0 in su. LENZE IN PESCA È determinante il riuscire a mettere le nostre esche il più possibile nella scia della pastura, in modo che il tonno, in frenesia alimentare, non si accorga del diverso assetto in acqua del boccone . Se si pesca all’ancora avremo una scia creata solo dalla corrente
del mare e non dallo scarroccio. In questo caso di solito è meglio avvicinare le nostre esche alla barca in quanto la pastura tenderà ad affondare più rapidamente, mentre in deriva dovremo allontanarle. L’uso di boe o palloncini ci consentirà di sospendere le esche a profondità diverse. Il consiglio è quello di contenere al massimo il peso delle zavorre, per avere una messa in corrente più naturale. GLI INNESCHI Gli inneschi da usare sono molteplici e le soluzioni sono più o meno equivalenti; spesso è un fatto di affezione al metodo o frutto di ragionamenti approfonditi. Di fatto poi ogni pescatore è convinto di fare il migliore. Si possono innescare sarde sane, a pezzi, a ciuffo, con la teste in su o in giù. In effetti tutti possono funzionare. Noi preferiamo innescare una alaccia senza testa e coda, praticamente un tocchetto di circa 8 centimetri. Strike!
Quando si sente il rumore del cicalino
DRIFTING
del nostro mulinello, dobbiamo cercare di levare le altre canne in pesca il più velocemente possibile cosi da evitare che la lenza con il tonno allamato, si incroci con le altre lenze. Poi senza perdere la calma, mentre il pesce compierà le sue fughe, indosseremo la cintura e solo dopo daremo luogo al recupero. Se le frizioni sono ben tarate, il tonno si produrrà in un paio di filate lunghe e potenti, poi si fermerà e da questo momento in poi non dovremo dargli tregua. Conducendo il combattimento senza chiudere la frizione ma facendo lavorare la canna. Chiuderemo e forzeremo solo quando il tonno sarà stanco. NORMATIVE E AUTORIZZAZIONI E’ bene ricordare che la pesca al tonno rosso può essere praticata dal 16 giugno fino al 15 ottobre (almeno che non vengano raggiunte le quote concesse ai pescatori ricreativi, caso in cui
la
chiusura può essere anticipata) solo dopo aver conseguito la autorizzazione obbligatoria, rilasciata dalla Capitaneria di appartenenza.
Sua maestà il tonno, un confronto che ha sempre toni epici … la gestione del combattimento è determinante per l’esito della pescata e va condotto con precise regole
A raggiungimento quote o a chiusura di stagione, si potrà effettuare solo il “catch e release”, fino al 31 dicembre. Oltre è’ concessa una deroga esclusiva per le attività sportive di allenamento o di competizione sotto il patrocinio FIPSAS. Ricordiamo che durante il periodo di apertura le catture potranno essere solo di una al giorno per imbarcazione, di misura non inferiore ai 30kg o 115 cm e che è obbligatoria la comunicazione dell’avvenuta cattura alla Capitaneria di porto, come da procedura allegata all’autorizzazione.
Rilasciare un pesce è di per se emozionante, ma rilasciare un tonno lo è ancora di più..
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VERTICAL
INCHIKU… PER RIPARTIRE di domenico Craveli
L
e stagioni di mezzo, con il mare che rifiorisce, sono il periodo in cui le tecniche verticali possono regalarci grandi soddisfazioni. I primi pelagici di piccola e media taglia accostano, i dentici hanno già finito il montone e le cernie iniziano a fare capolino fuori dalle loro tante.
Senza considerare i pregiati in rosa, come fragolini, anche di mole e paraghi, che intensificano la loro attività trofica di caccia. Quindi… quale miglior occasione per avvicinarci all’inchiku? Vediamo insieme come attrezzarci per “ripartire” con questa tecnica, in grado ancora di regalare grandi risultati. Dalla barca come dal kayak… non ci sono limiti! L’inchiku è una tecnica dove la giusta ottimizzazione del corredo pescante permette di affrontare ogni tipo di situazione senza eccessive difficoltà. Inoltre, dotarsi di attrezzature in linea con il proprio scenario medio di confronto, aiuta a non sperperare soldi in prodotti che posso rivelarsi inadeguati. Passiamo notti insonni a valutare l’artificiale più adatto, trascurando spesso la rimanente parte dell’attrezzatura che ha un ruolo forse superiore a quello dell’esca stessa.
InChIku’s Rod
Le canne da inchiku sono di solito oggetti specifici. All’inizio ci siamo arrangiati anche con attrezzi da bolentino, ma un corredo pescante bilanciato aiuta non poco nella pescata. L’animazione dell’esca è fondamentale ai fini del risultato
A meno di esigenze particolari, una canna da inchiku che abbia una buona gestione di artificiali tra gli 80 e 130gr , e regga freni frizione nell’ordine dei 3kg, può sicuramente fare al caso nostro nel 90% dei casi. Solo chi andrà a cernie in modo mirato o tenterà grandi sparidi in aree con fondale particolarmente roccioso, oppure cercherà le ricciole quando queste gradiscono solo l’inchiku, dovrà salire di potenza. Infatti, sovradimensionare l’attrezzatura è un grave errore che fa perdere sensibilità nell’animazione dell’esca. Solitamente, con una canna leggera, si riesce comunque a gestire una preda grossa ed imprevista, ma il gap di pescare “scomodi”, con attrezzi troppo potenti, condizionerà negativamente ogni fase di pesca non dedicata all’ “animale col peso a doppia cifra”. Dalle 150 alle 450 euro la “forchetta” di scelta dell’investimento. MuLInELLI… oGGETTI dEL dEsIdERIo
un piccolo rotante e non ci sono limiti a quello che può succedere.. Il piccolo “abu revo” della foto, si è confrontato senza problemi con dentici, cernie e ricciole anche XXL
A seconda dei gusti, il mulo potrà essere fisso o rotante. L’optimum si avrà con questa seconda
soluzione
per
una
maggiore ergonomia in pesca e soprattutto per un controllo migliore di tutte le fasi di animazione dell’artificiale. I rotanti hanno a loro sfavore il prezzo. Per un buon “conventional” siamo su cifre prossime ai 250/300 euro. Esistono modelli anche a costi più abbordabili, da consigliare solo a chi non pesca in modo intensivo. Portare un mulinello di fascia medio bassa a pesca 2 volte a settimana, per una media di 4 ore alla volte, significa “distruggerlo” in meno di una stagione.
Gli irrinunciabili del fisso invece, avranno dalla loro una marea di scelte anche sotto le 100 euro. Con
questo attrezzo, in senso assoluto, si perde un po’ di sensibilità durante le jerkate e la fase di rilascio,
VERTICAL
ma un pescatore abituato , difficilmente percepirà il gap. Comunque, i risultati arrivano lo stesso… MuLTIfIbRE
E’ l’elemento sul quale non bisogna lesinare. Per una “ricarica” da 270 metri, il budget da considerare è dalle 45 euro a salire. L’ideale nella maggior parte dei casi è un buon 20lbs, che fa poco attrito in discesa ed ha la resistenza per portare in barca anche pesci importanti. Il 30lbs è consigliabile solo se si pesca prevalentemente in zone molto impervie e rocciose e bisogna strappare i pesci di forza. Per evitare sprechi, quando inizia ad usurarsi, lo si può capovolgere nel mulinello, oppure è possibile eliminare i metri consumati e giuntarne quanto ne occorre. I nodi per il trecciato sono un problema superabile, la perdita di carico è relativa. Personalmente mi sono trovato a pescare anche con 2 giunzioni su 200 metri di braided.
ACCEssoRI
I complementi da portarsi appresso sono molto essenziali, di seguito un elenco tabellare di quello che non deve mai mancare nella bag: 1) 1 Bobina di 0.40 (anche in Fluorocarbon) per realizzare leader relativamente leggeri 2) 1 Bobina di 0.50 (anche in Fluorocarbon) per realizzare leader per ambienti rocciosi 3) Qualche spezzone di nylon dello 0.80, utile per fare dei rinforzi lunghi 20cm in fondo al leader se si incontrano sciabola 4) Confezioni di Snap da usare per agganciare al leader gli inchiku 5) Bobina di trecciato di riserva (non è raro incagliare profondo e perdere molto multifilo in mare) 6) Forbice in grado di recidere con facilità il trecciato 7) Pinza a becchi 8) Flaconcino di colla Loctite (tipo super Attack). Risolve molti imprevisti 9) Octopus di ricambio, cordino per assist e ami specifici
TRAINA
La mia prima ricciola Di Michele Prezioso
i
nutile dire che la ricciola è l’icona della traina con le esche vive, il pesce più rappresentativo di questa tecnica: è il sogno di tutti i pescatori e l’ossessione di ogni neofita. Ed è proprio ai nostri amici meno esperti che vogliamo dedicare questo articolo, che riassume
i punti più importanti su come cercare e affrontare questo nobile pesce. Un Pesce intelligente Prima di entrare nel merito dei tecnicismi, è bene spendere due parole sulla ricciola. Diciamo che è importante tracciarne “il profilo” per impostare al meglio la nostra pescata. La ricciola è un vero “runner” del mare perché la sua vita da pelagico, le abitudini alimentari e le esigenze riproduttive le impongono una vita erratica, percorrendo miglia e miglia di mare, ma sempre con schemi ben precisi. Questi schemi ci aiuteranno nella ricerca e saranno veri e propri appuntamenti. Ma dobbiamo ricordare anche che ci confronteremo con un animale scaltro e intelligente, capace di leggere le esche e capirne il pericolo; in grado di approntare strategie difensive non indifferenti e, in alcuni casi, anche di liberarsi dalla cattura. Insomma, è un pesce dove il confronto non è solo un gioco di forza ma anche un gioco di destrezza e astuzia.
ArMi in con una buona canna, capace di leggere le vibrazioni dell’esca quando è incalzata dalla ricciola, in grado di smorzare le sfuriate del pesce ma anche di mostrare il nerbo quando si tratta di forzare si è già a metà dell’opera
sPAllA E’ vero che le catture dei neofiti sono, il più delle volte,
assistite
da
una
fortuna quasi sfrontata, ma la domenica non dura per sempre e quindi è bene andare preparati. Il che non vuol dire spendere miliardi, ma semplicemente equipaggiarsi con quel che serve. Dovendo scegliere una canna, il consiglio è di orientarsi su un modello tra le 12 e le 16 libbre ad azione parabolica, di lunghezza prossima ai due metri, un mulinello da 16 lb con multi da 40 lb. Se la qualità sarà quella giusta, questa attrezzatura ci accompagnerà per molto tempo, assicurandoci grande divertimento. Oltretutto, se vi sentite preparati, potrete attestarvi sul libbraggio più basso, con il vantaggio di una maggior versatilità dell’attrezzo, utile quindi anche per la ricerca del dentice.
Un pozzetto sufficientemente agibile e ben organizzato è molto utile, per muoversi liberamente e in sicurezza
TRAINA
in bArcA Anche qui non servono fisherman da un miliardo di dollari, ma barche ben attrezzate, che, quindi, non vuol dire grandi, ma solo equipaggiate e capaci di raggiungere le poste interessanti. Una buona vasca del vivo sarà indispensabile per accogliere tutti i tipi di esca, dalle aguglie agli sgombri. Così come serviranno degli ottimi porta canna, meglio se orientabili per collocare le canne in modo da essere il più parallele alla superficie e limitare al massimo le oscillazioni, che si ripercuotono in modo dannoso anche sull’esca, rendendola meno credibile. La nostra imbarcazione dovrà garantire manovrabilità e perfetto controllo della velocità: molto spesso il combattimento può farsi difficile e incerto e la gestione della barca è un fattore primario. Anche questo aspetto non vuol dire solo tecnologia, ma soprattutto organizzazione e praticità, che, tradotto, vuol dire che il sistema in fin dei conti non è fondamentale, ma lo è la fluidità e la praticità senza intoppi. A zonzo Dove andiamo a cercare i nostri pescioni? Ovvio, dove vanno a mangiare. Il che vuol dire molti posti. Sicuramente le secche isolate, i promontori con rapide scadute, i fondali estesi e pianeggianti di misto, con forti variazioni di morfologia del fondale: tutti posti “che fanno mangianza” e che rappresentano l’ideale per un predatore. Ma anche un singolo scoglio in mezzo al nulla può essere un punto di incontro. La pesca gli sgombri e le cavalle sono bocconi ghiotti che se ben presentati, sono irresistibili per le ricciole
non sarà improntata a ricerca meticolosa come quando si va a dentici. La nostra sarà una pesca “pelagica” fatta di rotte ampie e esplorazioni di zone dove il predone può passare. A volte i
pesci di media taglia sono in gruppo lontano dalle zone calde verso le quali faranno le loro spedizioni in momenti precisi, decisi dalla marea e dal punto d’acqua. I pesci adulti, invece, sono solitari e, arrivando da punti profondi, pattugliano la costa e le secche: un incontro che, se capita, dura per tutta la vita. i terMinAli Quando si innescano i pesci un buon circle è la soluzione ideale. Usando i cefalopodi la soluzione classica a due ami, fissi o scorrevoli, è assolutamente valida. Importante anche la lunghezza del complesso pescante. Un’idea di massima è quella di un pre-terminale di almeno 15 metri o più e di un terminale di 2
Premesso che nella stagione calda il consiglio è di innescare pesci, la montatura sarà all’insegna della semplicità: un solo amo circle sarà l’ideale per innescare le esche migliori come sgombri, lecce stella e piccoli tunnidi, mentre se non si resisterà ad innescare un bel calamaro, la montatura
scorrevole sarà d’obbligo, anche se una del tipo fisso, realizzata “on demand”, avrebbe il suo perché, garantendo anche al trainante la massima capacità di penetrazione. lA strAtegiA Se riuscirete a resistere alla tentazione di pescare sul fondo, perché così potrebbe abboccare anche un dentice, e terrete le vostre esche a mezz’acqua, sarete già a metà dell’opera. Tracceremo passate seguendo canaloni o pareti che degradano, seguiremo il perimetro esterno delle secche, taglieremo le punte che cadono nel blu, o incroceremo sui banchi a profondità uniforme con rotte che ne coprano tutta l’estensione, facendo attenzione alla corrente, perché i grandi carangidi mangiano le loro esche a favore.
le ricciole mangiano di tutto, ma veramente di tutto e non bisogna pensare che un’esca sia mai troppo grande o, a volte, troppo piccola. in questo caso la ricciola ha aggredito questo alletterato in un sol boccone, malgrado l’apparente sproporzione tra preda e predatore …
QUAnDo ArrivA il MoMento Pescando a mezz’acqua, possiamo tenere la frizione al minimo dello slittamento, per far sì che la ricciola avverta meno resistenza possibile; alla partenza dovremo avere pazienza e aspettare che si fermi per poi ripartire. Solo dopo, quando la fuga sarà costante, chiuderemo la frizione gradualmente se useremo i circle o assesteremo una bella ferrata con terminali classici. In ogni caso, la prima manovra sarà di assecondare le fughe, poi si cercherà di anticipare il pesce, cercando di girarle la testa, cosa che le farà perdere la trazione e la sbilancerà. Soprattutto, dovremo portarci rapidamente in acque profonde, per evitare disastrose fughe sul fondo, il cui epilogo sarà sempre la rottura del terminale a prescindere dal suo diametro.
ARGOMENTI
La memoria dei pesci
Di Umberto Simonelli
E’
convinzione comune attribuire ai pesci una capacità cognitiva modesta. Anzi, molti pescatori hanno in scarsa considerazione la loro intelligenza, relegandoli nella fascia degli animali meno furbi. In realtà, il nostro rapporto con i pesci è reso complicato dal fatto che
il loro mondo è poco conosciuto e, soprattutto, dal fatto che il loro aspetto è profondamente diverso da qualsiasi altra specie terrestre, eccezion fatta per i rettili e gli insetti verso i quali siamo piuttosto diffidenti, per la medesima ragione. Il fatto, poi, di essere muti, freddi, inespressivi e coperti di squame non ha fatto crescere il loro gradimento. Eppure, per noi che di pesci andiamo a pesca, se ne valutassimo anche altri aspetti, che non siano solo esche preferite, profondità, i posti migliori dove insidiarli o gli attrezzi adatti, ne ricaveremmo di certo qualche vantaggio.
Le lampughe sono animali in cui la memoria è più apprezzabile. Imparano la pericolosità di un artificiale in pochissimo tempo e poi non lo curano più
I PESCI RICORDANO? Fino a qualche tempo si pensava che
la
memoria
dei
pesci
durasse pochi secondi e che il
ricordo dell’accaduto svanisse
quasi
subito senza lasciare traccia.
Studi
successivi
hanno
dimostrato,
invece,
che la permanenza dei ricordi dura anche qualche
settimana.
Le nostre esperienze di assidui pescatori ci fa pensare che I pesci ricordano eccome … come potrebbero altrimenti ritornare metodicamente negli stessi punti di predazione di anno in anno?
la
memoria
dei
pesci
sia
più
performante
e
molto durevole.
Sicuramente, per alcuni pesci più di altri, le facoltà cognitive sono più importanti che per altri, ma la pratica ci ha fatto considerare delle situazioni che certificano che i pesci non solo ricordano ma che imparano anche. Il che vuol dire che il ricordo viene elaborato e trasformato in vissuto e successivamente in esperienza. GLI ARTIfICIALI Quella con gli artificiali è la pesca più praticata in assoluto e nella collezione di artificiali di ognuno di noi ce ne sono alcuni che sicuramente hanno catturato di più di altri per poi smettere improvvisamente e non destare più interesse. Mentre, invece, un nuovo “pesce finto” saliva alla ribalta di micidiale mattatore, per poi diventare di nuovo privo di attrattiva.
Nell’altura c’è sempre la ricerca dell’artificiale di ultima generazione, quello che fa la differenza: una durata che spesso non va oltre la stagione
I pesci, inspiegabilmente per noi, imparano a riconoscere l’inganno e a non cadervi vittime. Ma basta cambiare colore e misura per avere nuove chances. La prova provata di quanto detto la offrono le lampughe; e se per i tunnidi o le palamite magari ci vuole una stagione, per queste ultime basta il tempo di qualche strike. Basta che un paio di esemplari venga salpato a bordo che i coloratissimi pesci seguiranno le esche senza più attaccare. Sarà necessario trovare un altro inganno. Quel che è bello è che gli artificiali perderanno attrattiva per sempre, neanche i pesci comunicassero tra loro.
Per rendere gli artificiali sempre nuovi, si ricorre
ARGOMENTI
anche a contaminazioni e invenzioni; ecco l’accoppiata di due tipologie diverse già di per se catturanti
COL vIvO Con le esche vive, che dovrebbero sollecitare l’appetito dei predatori, avviene
la
medesima
cosa.
Le
aguglie, esche micidiali agli albori della tecnica, ora non vanno più di moda e si pesca poco o nulla, se parliamo di dentici e ricciole. I barracuda, e un po’ i serra, ne rimangono ancora degli estimatori, anche se non sempre convintissimi. Poi è stato il turno dei sugheri, anch’essi oramai quasi invisibili per i pesci più pregiati. Seppie e calamari, dal valore nutritivo elevato, ancora tengono banco, ma le seppie vengono attaccate molto meno dai dentici e per lo più da quelli di piccola e media taglia, meno esperti e voraci. LA PESCA SUbACqUEA
Nei predatori di fondo la capacità di imparare è oramai una fatto assodato. Ed è per questo che le solite seppie, trasportate avanti e indietro, non sempre funzionano, soprattutto con gli esemplari più grandi e smaliziati
Se vogliamo citare un esempio di memoria e intelligenza, il sarago è il migliore. Capace di riconoscere un pescatore subacqueo da un sub disarmato, o, meglio, capace di riconoscere un fucile da un bastone: segno evidente che i saraghi percepiscono il pericolo, lo analizzano e lo associano all’attrezzo. E, secondo noi, viene quasi da pensare che si contino per valutare i superstiti.. Segno evidente che le specie Una volta la pesca subacquea era una pesca che si
più insidiate percepiscono il fatto e elaborano
svolgeva cercando il pesce, nelle spaccature degli
strategie difensive.
scogli. Oggi i pesci hanno imparato che intanarsi è pericoloso.. in presenza di esseri pinnuti armati di fucile..
ESChE DI fERRO
Altro esempio di memoria, analisi e sintesi? Il vertical è l’ennesima prova delle capacità dei pinnuti. In poco tempo l’apparente infallibilità dei jig è svanita; il metodo che sembrava fosse imbattibile e semplice, che colpiva sfruttando territorialità e aggressività dei predatori, compresi i più insospettabili, in pochi anni ha perso ogni pericolosità grazie alla memoria.
Il vertical appena apparso è sembrato un sistema di pesca miracoloso, tanto da essere demonizzato come un’arma di distruzione di massa. Timore infondato perché i pesci hanno imparato ben presto, evitando quindi il pericolo
LA MEMORIA GENETICA Accade negli uomini, nei cani ed in altri mammiferi
che
le
abilità
acquisite
si
trasmettano per linea di sangue, o, forse, sarebbe meglio dire per via genetica. Questo nei pesci è sicuro avvenga in una generazione e si trasmetta alle seguenti, con le dovute eccezioni, per esempio con i tonni che si fanno ripescare un sacco di volte nella loro vita. Altri pesci, forse più evoluti, non si fanno più ingannare dall’ennesima seppietta trainata su e giù per la stessa rotta. Segno
In alcuni periodi dell’anno, con la traina profonda con i minnow,
che se i pesci son furbi e di memoria lunga,
è possibile effettuare catture interessanti, ma spesso questo
noi dobbiamo adeguarci.
periodo corrisponde con quello di frega, quando gli animali sono nervosi e attaccano ogni cosa. Allora anche i classici delle esche artificiali ritornano in auge
SURFCASTING
SURF
lo speciale Atto finale
• La grande preda • Nella calma piatta • Predoni nella kalura • Surf in viaggio
Editoriale S
i chiude.. giunti alle porte dell’estate, questo speciale a tappe che ci ha accompagnato durante gli ultimi cinque mesi. Abbiamo cercato di condividere il nostro pensiero sul surf, con l’idea di proporre spunti didattici ai meno esperti e di riflessione ai più navigati. La pesca,
in fondo, è crescita collettiva, una passione, di cui ci si tramandano come un testimone, i piccoli segreti e le astuzie, che ognuno di noi ha appreso da qualcuno, magari arricchendoli delle proprie esperienze. Concludiamo questo ciclo con articoli emozionali, che mettono la grande preda all’apice dell’ambizione. Sia quando questa è cercata in maniera spasmodica che quando arriva solo per caso. E poi.. l’estate, quasi una pausa di riflessione, che farà anche da accumulatore inerziale per la stagione che verrà. Sognando i pesci nel freddo e nelle onde.. o, magari, trascinandoci verso uno shopping compulsivo alla ricerca di nuove e filosofali attrezzature. Buona estate a chi sfiderà di notte la calda umidità e le zanzare, a chi troverà un angolino lontano da bagnanti e moto d’acqua e si godrà un’alba alla ricerca dell’orata. Buona estate a chi.. sperando in Eolo.. magari si troverà ad avere a che fare con qualche promettente libecciata di stagione. Alla prossima avventura!
Domenico e Dario
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LA GRANDE PREDA
Lo aspetti per anni, lo cerchi in modo smanioso. Lo sfiori, lui ti sfiora, e poi, quanto tutto sembra andare storto, quando proprio non riesci ad allineare questi maledetti pianeti… arriva la piegata della vita, quella che ti blocca il cuore in gola, quella che ricorderai per sempre. Le nostra postazione è allestita come sempre, non importa come mille altre volte, ma l’aria oggi è diversa. Si è sempre in attesa del grande incontro e, spesso, il grande incontro viene rimandato. Ma oggi, stanotte, tutto tace… e nel silenzio si controllano gli inneschi e si rinnovano le insidie, come da sempre si è fatto, ma nulla, ma niente, calma assoluta: un altro cappotto, un altro sogno rinviato. La mente vaga, l’ozio prende il sopravvento e magari ci si allontana… quando improvvisamente la canna si flette paurosamente, attimi di panico e di smarrimento, mentre a difficoltà la si leva dal picchetto; una decisa ferrata e le poderose testate
che
si
materializzano
dall’altro lato della lenza… è lei… una grossa e scalpitante preda che si dimena dall’altro capo del filo.
Una grande orata catturata in Sardegna. Una preda cercata giorno e notte, nelle splendide acque dell’isola. Arrivata dopo una sessione impegnativa di pesca e di attesa, dal tramonto all’alba, che ha regalato al surfcaster un combattimento al cardiopalma. Un ricordo indelebile che ha marchiato a fuoco per la vita del pescatore
SURFCASTING
INCOMINCIANO LE DANZE Superata l’incredulità iniziale, e se l’amo è penetrato in maniera efficace nelle fauci del pesce, si incomincia a valutare in maniera quasi istantanea cosa fare e soprattutto cosa non fare. Anni di esperienza e di attesa che si sintetizzano in azioni che sembrano essere automatiche.
Il mare… in quello stato che… sa regalare il pesce della vita
Su un fondale piatto e sabbioso si potrebbero assecondare le potenti sfuriate iniziali con la frizione, ma non sempre è così, perché specie nelle pocket beach, qualche ostacolo sul fondo c’è e concedere troppi metri potrebbe essere molto pericoloso. In queste concitate fasi si rivela utilissimo l’antiritorno del mulinello, in quanto ci permetterà di controllare la fuga con maggiore precisione e, non appena il pesce si fermerà, lo si potrà forzare senza “slittamenti” che potrebbero farci perdere quell’istante che potrebbe significare inesorabilmente slamata. Ma occhio, non è cosa da tutti. Sicuramente non è semplicissimo ruotare la manovella in senso opposto a quello usuale, calibrando il movimento con quello del pesce (attenti alle parrucche), ma con un po’ di pratica tutto dovrebbe diventare automatico. Provare magari ad utilizzare questo particolare metodo anche con prede minori, in modo da acquisire maggiore dimestichezza e confidenza nella gestione dell’attrezzatura, può essere un utile palestra.
TORNANDO A NOI… Con pompate brevi ma rapide e, se ce ne la possibilità, anche indietreggiando, si recupererà senza interruzioni fino a portare la preda nell’acqua bassa, dove darà sfogo alle ultime energie nel tentativo di liberarsi dall’amo. A questo punto continueremo e gestire le testate a canna leggermente inclinata per avere maggiore raggio di azione, camminando parallelamente alla battigia cercheremo di fiaccare le ultime forze residue. Attenderemo con pazienza il momento di portare la preda in secca, abbassando la canna stessa e magari facendoci aiutare da una provvidenziale onda. Se la conformazione della spiaggia non lo permette,un bel raffio sarà la nostra soluzione, ma se saremo soli… la sfida sarà afferrarla con decisione a mani nude, possibilmente dalle branchie, facendo attenzione agli opercoli se è una spigola. E’ bene considerare, sempre e comunque, che la nostra sicurezza non ha prezzo e muoversi con attenzione nei pressi della battigia è un obbligo. “Accecati” dall’emozione della cattura, si può abbassare la soglia della prudenza e ritrovarsi in un bel guaio; la premura può giocare brutti scherzi, anche a chi è particolarmente esperto. Ma alla fine, la preda è lì! Vinta ma non umiliata. Siamo senza fiato, con le gambe che ci tremano… in fondo era ciò che cercavamo!
Una grande spigola… in un mare bello, ed in un periodo inaspettato. Nella foto una preda da trofeo, arrivata nella stagione di mezzo, mentre si insidiavano sparidi su fili sottili.
SURFCASTING
CALMA PIATTA
Nel surfcasting puro, a mettere in frenesia i pesci provvede madre natura col moto ondoso, che rimescola il fondo, diffondendo odori e nutrienti; ma quando il mare è calmo dobbiamo pensarci noi, specialmente nei mesi caldi, quando le mareggiate latitano ed il mare rimane fermo per settimane. Vi prego… per favore non chiamatelo Feeder… è un’altra cosa! Parlare di pasturazione, per chi pratica la pesca dalla spiaggia, potrà sembrare un’eresia ma, se il nostro scopo è quello di prendere i pesci, allora sarà bene, in alcune situazioni, rivedere le posizioni
Una accurata pasturazione effettuata con metodo
più integraliste e ragionare sul concetto della
aveva fatto la differenza ed il segreto stava nell’uso del
pasturazione.
pasturatore e della “odiata” larva.
ESpERIENZA E TECNICA In una sessione di pesca presso la foce del Coghinas, in Sardegna, alcuni anni fà dopo una notte assolutamente priva di qualsiasi risultato, al danno si aggiunse la beffa di incontrare un altro gruppo di pescatori che, armati di canne da ledgering, avevano un carniere incredibile di mormore e spigole; ci sentimmo come Napoleone a Waterloo, soprattutto dopo aver scoperto che tanto ben di Dio era il frutto dell’esca più odiata da noi surfmen, il bigattino.. .
L’ARTE DEL RIChIAMO Molti sono i sistemi di pasturazione, dal lancio di palle di pastura al sacco di iuta pieno di sarda tritata, posto in corrente nelle prime fasce d’acqua e bloccato da un paletto o, addirittura, il sofisticato metodo di legare due o tre capi d’esca, col filo elastico, intorno al piombo e, senza terminali, effettuare una serie di lanci sempre nello stesso punto, tanto da creare un pascolo dove poi far pescare i nostri inganni. Tra tutti, però, il migliore è quello che consente di mantenere la pastura a ridosso degli ami, ed il pasturatore risulta la scelta vincente. COM’è FATTO Il pasturatore è un contenitore, generalmente di plastica, con una serie di fori, che viene riempito di bigattini o pastura. Alcuni, grazie ad un meccanismo, consentono di controllare la velocità di uscita del contenuto. Possono essere piombati o galleggianti, fissi o scorrevoli e di diverso volume. I pescatori più esigenti sono usi autocostruirli o
modificare
quelli
esistenti adattandoli a esigenze specifiche. Quando ancora erano pasturatori commerciali, opportunamente
in
commercio,
le
adattati alle esigenze del lancio e della
pellicole con i loro
tecnica
contenitori, o le piccole bottiglie in plastica, opportunamente forati, potevano diventare
pasturatori efficientissimi in
grado, con pochi lanci, di creare un richiamo irresistibile. COMpLESSO pESCANTE
L’autocostruzione molto spesso trova soluzioni personalizzate che rispondono perfettamente alle nostre esigenze
L’uso del pasturatore, prevede una buona conoscenza delle correnti e del fondo dello spot in cui si pesca. Perché lo scopo non è solo il richiamo ma favorire la permanenza dei pesci in zona, senza però saziarli, mantenendo alta la frenesia alimentare. Quando l’esca è il bigattino, usare terminali in fluorocarbon sottilissimi, dello 0,12-0,14, non è un’eccezione e lo stesso dicasi per le misure dell’amo, tassativamente con punta a spillo, che può arrivare tranquillamente ad un n° 18 e più.
SURFCASTING Un “grappolo” di bigattini: spesso sono la soluzione per stimolare pesci che non sono attratti dalle esche tradizionali
La lunghezza del terminale deve essere tale da non deve portare l’esca troppo lontano dal pasturatore, quindi lo limiteremo a 1-1,20 mt. Il pasturatore potrà essere fisso o scorrevole, sebbene sia consigliabile iniziare con un montaggio scorrevole e lenza madre in bando per non creare sospetti nei pesci. Appena si innesca la frenesia alimentare passeremo alla soluzione fissa e canna in mano, per velocizzare l’azione di pesca. FACCIAMO IL pUNTO SULL’ESCA Sull’amo possiamo innescare un singolo bigattino oppure 2 o più. Il modo di inserire il bigattino sull’amo a volte può essere determinante, come insegnano gli appassionati
Un semplice contenitore per pellicole ed il gioco
della bolognese e dell’inglese. Un’esca richiama un
è fatto …
pesce per le caratteristiche organolettiche, come odore e sapore, ma anche per colore e movimento. Consideriamo anche che il richiamo olfattivo, emesso ad esempio dagli effluvi di un anellide, si estingue rapidamente, mentre la motilità di un bigattino dura decine di minuti. Per incrementare
il richiamo delle vibrazioni possiamo integrarlo con quello olfattivo, tenendo le larve insieme a sardine e gamberi di cui assorbiranno gli odori o trattandoli con specifici sfarinati. NON SOLO bIGATTINI Non è detto si debba pasturare solo con i bigattini e le variabili da considerare sono molteplici e tra richiamo ed esca si possono creare sinergie incredibili. Quindi, la sperimentazione è di rito ed il limite è la fantasia.
Ad esempio, un mix di gamberi, bivalvi sminuzzati, pezzettini di anellidi e bigattini, il tutto mescolato con sabbia bagnata, che farà da collante e da peso per il lancio, ha fruttato più volte risultati da non credere.
Stimolare l’olfatto dei pesci è un’azione di richiamo molto valida
Un mix decisamente particolare con cui riempire il pasturatore, cefalopodi, gamberi e pesce : irresistibile !
SURFCASTING
PREDONI NELLA KALURA L’estate, fino all’autunno inoltrato, è un periodo in cui l’attività della minutaglia è ai massimi livelli, e tutto ciò attira i grandi predatori. I branchi di pesce azzurro si avvicinano a riva, inseguiti dai predoni del mare. E proprio qui, che porremo le nostre insidie. Tra i grossi pinnuti insidiabili dalla spiaggia, ci sono in primis il serra e la leccia amhia; ma è possibile in base agli hot spot, catturare di tutto. La ricerca dei grandi pesci richiede pazienza e strategia e, spesso, la battuta di pesca, inizia molto prima di piantare i picchetti sulla sabbia. Le fasi preliminari assumono quindi un ruolo di straordinaria importanza, e preparare tutto nei minimi dettagli contribuisce in modo imprescindibile al risultato finale. Condizioni di luce, stato del moto ondoso e fase di marea sono le variabili da tenere in conto. Predatore che cerchi… condizione che serve! VIVO è MEGLIO Il “grosso” si insidia col vivo… ed i trancioni rappresentano una alternativa, ma oggi raccontiamo un’altra storia. L’approvvigionamento delle esche è alla base della tecnica. Spesso è più complicato reperire un guizzante boccone che arrivare invece allo strike di una possente preda con il pesciolino giusto. Quindi le alternative sono due: o ci si procura le esche preventivamente e si portano sul luogo di pesca (leggi cefali che sono facili da reperire e abbastanza resistenti da sopportare stress da trasporto), oppure bisogna armarsi di pazienza e procurarsi il tutto direttamente sullo spot.
Solitamente, il sotto riva è popolato di potenziali prede. Aguglie, gli stessi cefali, l’efficacissima leccia
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stella, le mormore… basta pasturare, armarsi di una canna leggera per la pesca di superficie o con bombarda e il più è “fatto”. Inoltre, i piccoli pescetti in frenesia, saranno già una sorta di brumeggio naturale per predatori che transitano nelle vicinanze.
“Un bidoncino pieno di leccornie per i predatori. Occhiate, muggini, boghe e simili sono tra le migliori esche da proporre”
hOT SpOT
“ Conoscere le zone ricche di foraggio rappresenta una carta in più. I predatori non saranno lontani”
La foce dei fiumi è un richiamo certo per la predazione. Dove acqua dolce e salata si mischiano la biodiversità è tale che l’attività trofica è esasperata. Prestando attenzione alla presenza di tronchi e arbusti, non avremo difficoltà a far lavorare le nostre esche al limitare del “cambio di colore”, dove serra e lecce amano stazionare. Altre aree battute dai predoni sono gli arenili adiacenti i manufatti portuali, le pocket beach e le piccole spiagge incastonate in mezzo a promontori rocciosi. Comunque, ogni località, ha le sue “strike zone”, definendo così quei settori di mare dove scorrazzano i pesi massimi. VIAGGIO VERSO L’IGNOTO Mandare un’esca viva in acqua è tutt’altro che semplice. Le distanze operativa non saranno mai proibitive, e quindi le nostre “preoccupazioni” di lancio potrebbero trovare rimedio in due soluzioni molto in voga, che sono la tecnica della teleferica e quella del palloncino. Per la teleferica si prestano meglio le spiagge dove la profondità è medio-alta. Per il palloncino invece, è necessario avere vento alle spalle, oppure sfruttare la corrente della foce per allontanare il boccone. Entrambe le tecniche prevedono un terminale di circa un metro dello 0.60 armato con 30cm di cavetto da 40lbs e ami beack dal 3/0 al 5/0, cambia solo il “veicolo” verso il mare.
“Calare in mare un’esca con la tecnica teleferica, vuol dire utilizzare la lenza madre della canna come una sorta di funivia, dove il bracciolo, agganciato ad essa con un moschettone, scorrerà verso il mare. Tenere la canna alta aiuta in questa delicata fase”
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MOMENTUM Generalmente la leccia preferisce le ore mattutine e il tramonto, mentre il serra è “ in servizio” praticamente h/24 con picchi notturni. Non è raro effettuare catture multiple, vista l’attitudine a cacciare in branco del dentuto. La leccia è invece un predatore solitario (o coppia) ed anche, se di grosse dimensioni (anche 30 Kg), è in grado di nuotare in un metro d’acqua, ponendosi su di un fianco. COMpLETARE L’OpERA Canne con range di potenza da 180-250 gr, con azione parabolico-progressiva. Mulinelli a partire dalla taglia 7000 caricati con nylon 0,35-0,40 di ottima qualità. Ami beak o circle hook dal 3/0 in poi. Cavetto d’acciaio da 30 lb... e siamo pronti al grande incontro. Quando il gioco si fa duro, non si è mai sicuri della vittoria finale. Ma semplicemente il mettersi in gioco è uno stimolo impagabile. Catturare il grosso predatore dalla spiaggia è il risultato di tanto tempo speso ad osservare ed imparare e la scarica di adrenalina che ci accompagnerà dallo strike fino all’epilogo, sarà tanto forte da renderci “dipendenti”.
SURF… IN VIAGGIO Finalmente ci siamo; si va in vacanza! Si preparano i bagagli e nel parapiglia generale, certamente, questa volta, non ci sarà posto per la nostra attrezzatura. Dovremo rinunciare a portare con noi la fida sacca? Ma potremo resistere e partire alla volta del mare rinunciando così a tutto il nostro armamentario e a qualche pescata? Qualche speranza, amici miei, c’è per non partire totalmente disarmati e senza correre il rischio dei soliti commenti di mogli e fidanzate che ci accusano di pensare solo ad una cosa. Un piccolo zaino sarà sufficiente a contenere una attrezzatura da surf in versione basic. In fondo per noi la felicità è poter mettere un amo in acqua. ATTREZZATURE COMpATTE Se non si dispone di vere e proprie canne da surf ad innesti, in versione da viaggio, non c’è da disperarsi; una canna telescopica
“Le travel sono particolamente comode…
di nuova generazione, lunga almeno 3,90 mt, capace di lanciare
perché non tolgono spazio nel bagagliaio alla mole di cose che solitamente ci si porta dietro in vacanza”
dai 50 ai 100 gr, sarà perfetta per lanciare lontano quel tanto che basta da essere in pesca. Piombi
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leggeri, e un terminalino da 1,20 mt, e sarà possibile insidiare qualche pesce. Se poi i fondali degradano rapidamente, come succede in Calabria o in Liguria, le possibilità di cattura aumentano. Se invece nel bagagliaio avanza un po’ di spazio e vogliamo di più, possiamo ricorrere a modelli “travel” specifici che con poco più di 70 cm da chiuse, sviluppano lunghezze anche di 4,20
“Anche le canne da spinning possono essere utili. Facili da trasportare presentano una versatilità d’uso capace di farci divertire con varianti di tecniche sia di superficie che di fondo”
ACCESSORI INDISpENSAbILI Abituati ad ampi cassoni pieni di ogni ben di dio, in questo caso dovremo far appello a tutta la nostra capacità di sintesi selezionando veramente l’indispensabile. Forbicine, coltellino, slamatore, ago per innesco, perline, filo elastico, girelline n° 20, n° 22 e n° 16, moschettoni con girella n° 16, stopper mini, salva nodi, guainetta
siliconica,
filo
in
fluorocarbon dal diametro 1416-18-20, trecciato per shock leader con carico di rottura da 12 Kg, ami beak ed abeerden con occhiello n° 8-10-12, mini flotterini in foam, piombi da 10 gr ad 80 gr con asola o con foro passante. Un mulinello taglia “Qualche bustina di ami… qualche piombo… un’esca… e si è pronti per gli incontri estivi con i pregiati sparidi”
5000 caricato con nylon dello 0,20. Picchetto reggi canne corto, per evitare ingombri e un lampada da testa e siamo pronti … L’importante è sistemare tutto in una scatola multi scomparto in modo ordinato e soprattutto di non eccedere con le misure. Piccolo è meglio …. UNO SGUARDO ALLA SpIAGGIA
“Un’attenta valutazione dello spot può portare a momenti di divertimento. La spiaggia, prima dell’avvento dei bagnanti, rimane comunque desolata ed affascinante”
Una volta che possiamo contare su un attrezzatura che in qualche modo ci consenta di fronteggiare al meglio la situazione bisogna iniziare a dare uno sguardo ai possibili punti di pesca, scrutando il profilo della riva, alla ricerca di anse,di punte e di gradini di risacca. Muniti di occhiali polarizzati analizzeremo i cambiamenti di tonalità dell’acqua per individuare le zone più scure, sinonimo di maggiore profondità: le mitiche buche dove prima o poi i pinnuti andranno a cibarsi. Anche durante il bagno, indossata una maschere, è possibile carpire informazioni importanti sulla pescosità dei fondali. Basterà valutare la presenza di vita sul fondo, come piccole conchiglie, granchi e quant’altro rappresenti pascolo per i pesci. Anche valutare l’andamento del fondo stesso è importante per mapparne lo sviluppo e quindi avere punti di riferimento certi dove poggiare le esche. Anche lanciare un pò di mollica di pane in mare, mentre disinvoltamente si mangia un panino, aiuta a capire: se accorreranno cefali e occhiate , la situazione si fa promettente. Basterà aspettare che la spiaggia
si svuoti per sfoderare l’attrezzatura e provare. Ricordate però che dal 15 giugno al 15 settembre è
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vietata la pesca dagli arenili dalle ore 8,00 alle ore 20,00. Il provvedimento nasce, ovviamente, per evitare incidenti con i bagnanti. Se l’area invece non è adibita alla balneazione, ad esempio le rocce a picco, il divieto decade e si può pescare. LE ESChE
Se in zona c’è un negozio di pesca, gli anellidi sono assicurati. Raramente troverete l’arenicola, ma si pesca bene, anche con l’americano o con la coda del coreano. Da non disdegnare la pescheria. Esche come i gamberi, la cozza, il cannolicchio, la sardina hanno la loro valenza. Se vi trovate in capo al mondo, dove non ci sono negozi da pesca o pescherie, potete sempre procurarvi le esche da soli sulla battigia; cosa di meglio potremo chiedere dei granchi, di piccoli vermi, delle telline o dei cannolicchi e delle patelle? In mancanza di tutto ciò, c’è comunque una soluzione: il pane in cassetta che lavorato con acqua di mare da solo o con l’aggiunta di latte, formaggio pecorino, parmigiano, aglio, o la semplice pasta di acciughe, si trasforma in un’ottima esca.
Copertina parlante Angler: Michele Prezioso Preda:
Tanuta,
Nome
scientifico:
Spondyliosoma cantharus Periodo di pesca: Maggio Ora della cattura: 10.00 LocalitĂ : Nord Sardegna Tecnica: Traina con esca viva Esca: Calamaro Fondale: Misto ProfonditĂ : 60 mt
FOTO: Fotocamera: Integrata in HUAWEI Esposizione: Auto Tempo di scatto: Auto Modo di misurazione: Multi-zona