Rivista luglio agosto 2017

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2017

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

la rivista on-line della pesca in mare VERTICAL INCHIKU NEL CALDO

DRIFTING ANCORAGGI PERFETTI SURF IL COREANO, UN’ESCA PER L’ESTATE TRAINA INNESCHI FACILI.. FACILI

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VIII - Numero 7



IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VII Numero 7 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it

5

Editoriale

6

Global@mail

di U. Simonelli

La posta dei lettori

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TRAINA A caccia di esche

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VERTICAL Inchiku nel caldo

26

SURF Il coreano un'esca per l' estate di D. Limone

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DRIFTING Ancoraggi perfetti

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TRAINA A pesca con il palloncino

GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010

38

SURF Canne da surf, i segreti del montaggio di V. Rocca

UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Tel.+39 373 790 6375 – Fax +39 0636302279 www.globalfishing.it

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TECNICA Inneschi facili

46

TRAINA Traina in cinque mosse

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BIG GAME ANZIO tonni e non solo di U. Simonelli

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Copertina Parlante

Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Tel.+39 373 790 6375 – Fax +39 0636302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone, Aldo Benucci, Vincenzo Rocca. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh

info@globalfishing.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

di U. Simonelli

di D. Craveli

di A. Benucci

di U. Simonelli

di U. Simonelli

di D. Craveli



Editoriale

F

inalmente l’estate è arrivata e anche il tempo delle vacanze. E quando si parla di vacanze per noi pescatori si intende pesca ad oltranza, per fare il pieno, finalmente, di quelle emozioni che per molti, per buona parte dell’anno, sono rimasti solo un sogno nel cassetto. Quindi mare

per tutti con l’augurio e la speranza di tanto divertimento e di tante belle pescate. Anche GlobalFishing andrà in vacanza, dandovi un nuovo appuntamento per settembre. Anche noi ci concederemo un po’ di riposo, ma sempre con la canna in mano, perché la passione per il mare e per la pesca non si discutono e sono sempre con noi, irrinunciabile parte della nostra vita. Vi lasciamo, per poco, con un numero principalmente dedicato alla traina, quella con le esche vive, in cui vi raccontiamo tecniche e astuzie per portare a casa qualche bella soddisfazione in uno dei momenti dell’anno dove poi andare a pesca non è poi così facile. Ma parliamo, come sempre anche di surf, vertical e di drifting con articoli dedicati ai meno esperti per condividere con loro la nostra esperienza. Ci piace pensare che i nostri lettori andranno a pesca motivati e cresciuti, come pescatori e uomini di mare anche grazie ai nostri consigli e agli sforzi di comunicare non solo tecnica, astuzie,“segreti” (che segreti non sono) ma soprattutto esperienza e un pensiero etico migliore e più evoluto con cui considerare la pesca. Lo abbiamo ripetuto ogni anno, alle soglie delle ferie, in questi otto anni di pubblicazioni del nostro magazine, nella speranza che il messaggio arrivi a segno e cambi, anche poco per volta, qualcosa. Ci aspettiamo che tutti lascino le spiagge pulite evitando di sottoscrivere la loro presenza con i resti della pesca, ci aspettiamo che si rimanga nelle regole di prelievo, ci aspettiamo che tutti i tonni vengano dichiarati e che nessun pesce “ricreativo” concluda il suo destino sul banco del pesce o su una tavola diversa di chi lo ha pescato. Ci auguriamo di non vedere più su Facebook tristissime foto di mucchi di pesciolini con dimensioni da “portachiavi”sul fondo di una barca o di decine di spigole, degne solo di un rilascio, fare una macabra mostra di se messe in fila, come scarpe, sul marciapiede del molo. Le prede oltretutto meritano un rispetto anche da morte e una triste esposizione, in un contesto inadatto e magari sporche di sangue non gratifica nessuno, anzi offre di noi l’aspetto peggiore. Non riteniamo che l’aspetto trionfante dell’uomo che ha sopraffatto la fiera, col secchio di sgombri malconci, al posto del piede sul leone, non solo non sia proprio più attuale, ma sia la peggiore pubblicità che si possa fare alla pesca ricreativa. Perché la quantità e la dimensione non hanno mai fatto la bravura del pescatore. Infondo non pensiamo proprio che i pescatori, per essere bravi, debbano assomigliare a Rocco Siffredi…. Non dimentichiamo di fare un altro augurio per le ferie di tutti, soprattutto di chi va per mare in barca, che è quello di portare con se tanta prudenza ed attenzione. Occhio alle regole, alla velocità sotto costa e attenzione ai palloni segna sub. E poi assolutamente riposatevi e divertitevi. Buone vacanze !

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL LE AGUGLIE IMPERIALI Non ho mai catturato, nella mia breve carriera di pescatore di traina d’altura, una “mitica” aguglia imperiale. Non so per quale motivo, ma questo pesce mi affascina e vorrei saperne un po’ di più per capire come effettuare una ricerca più mirata e soprattutto se ci sono tecniche mirate da mettere in campo. Oltretutto vorrei sapere se ci sono esche, in particolare, più adatte di altre. Giacomo R.

Ciao Giacomo L’aguglia imperiale è un pesce fantastico da pescare. Una preda quasi mitica per tutti coloro che praticano la traina d’altura. Non a caso viene paragonato ai rostrati di oltre oceano e proprio come questi presenta tutte le difficoltà di cattura della categoria. La strategia di ricerca dell’aguglia imperiale impone molte attenzioni, ma

soprattutto

è

necessaria

l’assiduità di pesca perché gli incontri sono molto discontinui, alternando presenze importanti alla

assenza

totale.

Bisogna

cercarla su batimetriche alte, dai 700 ai 2000 mt di fondale, anche se ultimamente si sente parlare di catture effettuate in acque molto più basse addirittura su fondali di 100mt; forse perché questi pesci si spingono più a terra richiamati dalle forti pasturazioni del drifting, molto praticato in questo periodo dell’anno. Le esche che ti consiglio sono con ikona e le piume da 20 cm. Il colore sul quale ho avuto più attacchi in assoluto è il nero e viola. Però spesso viene anche catturata con minnow da 14/16 cm.La velocità di traina consigliata va dai 6 nodi fino anche agli 8. I momenti migliori sono quelli di plenilunio.

Aldo Benucci


GLOBAL@MAIL LA DISTANZA DELLE ESCHE Uno dei maggiori crucci quando pesco in drifting è quello di valutare bene dove e come posizionare le esche. Io pesco quasi sempre ancorato, perché questa condizione di stabilità mi piace di più e non mi sento a mio agio quando scarroccio. Però il dubbio è quello di riuscire a far stare le esche nel mezzo della scia di brumeggio. Che consigli pratici mi potete dare per ottimizzare al massimo la mia azione di pesca? Elio

Ciao Elio Concordo con il tuo punto di vista perché anche io preferisco pescare ancorato, proprio perché ritengo sia più facile riuscire a piazzare le esche nella scia della pastura. Oltretutto ho avuto modo di sperimentare che la pesca all’ancora è ancora più fruttuosa soprattutto se si pesca con del trecciato in bobina. La sezione apprezzabilmente più sottile rispetto al nylon soffre meno l’attrito della corrente e questo fa sì che si possa pescare con pochissimo piombo o addirittura senza. In questo modo le esche avranno un comportamento simile alla pastura e ne seguiranno la scia, oltre ad affondare naturalmente. Al contrario pescando a scarroccio e magari con il nylon, è molto più difficile “azzeccare” il punto dove mettere l’esca e inoltre di certo bisognerà appesantire molto di più la nostra lenza.

Aldo Benucci


GLOBAL@MAIL TRASDUTTORE.. ANTIVEGETATIVA SI , ANTIVEGETATIVA NO Quesito per Umberto Simonelli.. Ho quasi finito di montare il trasduttore passante, per il nuovo scandaglio che mi sono regalato. Un bel giocattolo da 1kw che spero mi consenta belle pescate di bolentino di profondità. Il mio problema adesso è quello di difendermi dal fouling che nel porto dove terrò la barca è micidiale. Io sarei del parere di mettere l’antivegetativa anche sul trasduttore, ma molti amici mi hanno detto che non si deve fare ….fatto sta che qui, in pochi giorni, se l’antivegetativa non è ottima e ben data, la proliferazione di alghe e concrezioni è velocissima. Che soluzione posso adottare? Giorgio Carissimo Giorgio, comprendo la

tua

preoccupazione,

ma

in effetti quel che ti dicono i

tuoi

amici

L’antivegetativa

è

verissimo. classica,

quella con ossiduli di rame, non va bene per i trasduttori. La componente metallica non si sposa bene con il metallo del trasduttore e soprattutto scherma

le

emissioni

ultrasoniche. La soluzione c’è, ovviamente, ed è quella di adoperare una antivegetativa specifica che, sebbene meno efficace di quella per le carene, svolge un ottimo servizio di protezione. Però devo fare delle premesse. Se l’uso dello scafo è frequente già il problema dell’aggressione da parte del biofouling è ridotta perché l’attrito dell’acqua pulisce e l’effetto meccanico della emissione acustica stessa è un buon deterrente. Poi essendo il trasduttore in carena, è ridotta la componente principale che favorisce la proliferazione degli organismi, che è la luce. Oltretutto il fenomeno è più grave nei periodi estivi quando l’acqua è più calda. Quindi se l’uso è prettamente estivo puoi anche optare per la semplice soluzione del “bagnetto” durante il quale dare una passata al trasduttore. Se invece la permanenza è annuale, devi provvedere a apporre due mani di vernice specifica. Io conosco la ECO che è a base di acqua e che crea una pellicola protettiva molto sottile ma efficace e viene venduta in piccole confezioni che evitano così inutili sprechi.

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL BOLOGNESE DALLA SPIAGGIA Carissimo Michele, sono di prossima partenza per le meritatissime vacanze.. purtroppo andrò in un posto di mare ma lontano da strutture che mi consentano le mie pescate in bolognese. Non sono un esperto come te; sono un praticone con molta passione, poco tempo e poca arte e ho bisogno di qualche consiglio. Ho paura che con i litorali bassi e sabbiosi che la mia destinazione presenta (ma bisogna pur accontentare le mogli) pescare sarà difficile. Però una bolo, (o una canna da bolentino?), da viaggio il più lunga possibile me la porterò comunque, secondo te provare dalla spiaggia può avere un senso ? e come dovrei attrezzarmi? Un saluto, Luciano

Carissimo Luciano, se vuoi continuare a pescare per tutto il resto dell’anno un piccolo sacrificio dovrai pur farlo e val bene la pena assecondare le desiderata delle mogli, se lo meritano e poi è meno pericoloso … Scherzi a parte pescare in bolognese dalla spiaggia è una disciplina affascinante soprattutto con un pò di risacca. Anche con calma piatta può dare risultati inaspettati e molto interessanti; la Calabria ad esempio è la patria di questa tecnica. Ti consiglio di attrezzarti con una canna da 5-6 metri, morbida da 0 a10 gr, con un mulo 3000, filo in bobina del 14 e terminale del 10 amo del 20-22, innescato con un solo bigattino e tanta pastura . Piomba la lenza con un “bulketto” da meno di un grammo e usa un galleggiantino prepiombato 2+2. Realizza un terminale da 2 metri e poggia l’esca al fondo. E vedrai che spigole, oratee mormore ti daranno filo da torcere.E buone vacanze!

Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL 4 TRANCI IN PADELLA Caro Dario Limone, Da coetaneo e conterraneo ti seguo con passione e simpatia. Siccome amo il surf “facile”, quello dei quasi pensionati, quello in cui non mi pongo problemi di marea, di onde, di vento e simili, volevo chiederti se la soluzione dei tranci da pesci serra, preparati a casa e conservati nel congelatore è una buona cosa, oppure la mia pigrizia, mi può costare tanto in termini di catture. Volevo un tuo autorevole parere, vedendo che i serra sono un tuo must. Complimentia te ed anche a tutto lo staff di Globalfishing. Giovanni

Caro Giovanni, I Serra mi intrigano molto, e la pesca con il trancio, seppur apparentemente semplice, implica alcune valutazioni che portano a scelte precise, specie in termini di esche da proporre. I Serra in frenesia, sono dei pesci quasi spazzini, mangiano qualunque cosa in qualunque modo, ma a furia di essere insidiati, anche loro sono diventati particolarmente esigenti, specie se in quel momento l’effetto branco non gli fa perdere l’inibizione. I tranci preparati preventivamente, e tenuti nel congelatore già montati su ami e cavetto, sono un ripiego, poiché un trancio preparato con pesce fresco, con sangue vivido, non ha eguali in termini di gradimento. Il rapporto in condizioni normali può essere anche di 10 a 1. Recarsi in pescheria poche ore prima della battuta, preparandosi i tranci direttamente in spiaggia è una pratica da non trascurare. Poi tra pigrizia e chi dorme... il detto antico non sbaglia!

Dario Limone


GLOBAL@MAIL C’ERA UNA VOLTA IL VERME ROSSO.. Amici di Global Fishing, Scrivo al vostro Dario Limone per esprimere una considerazione sulla qualità media dell’esca rossa, ossia l’arenicola che si trova oggi in commercio. Sembra meno catturante rispetto a quella di anni fa, meno rossa appunto... meno tutto. Solo più costosa e fragile. Ricordo che nell’innescarla mi si tingevano le mani, oggi invece sembra tutt’altra cosa. Mi piacerebbe avere un suo riscontro. Polemicamente vostro.. Riccardo

Caro Riccardo, L’arenicola, detto anche “napoletano”, era un’esca micidiale per gli sparidi. E in certi sensi lo è ancora, a patto di trovarsi di fronte a vermi indigeni delle nostre spiagge campane o limitrofe. In realtà, il mercato è invaso da prodotti di importazione, che credo provengano dalla Spagna. Anellidi molto simili nell’aspetto, ma che invece degli umori rosso “sangue” tipici del verme di rena nostrano, hanno un interno giallognolo, verdastro, proprio un’altra cosa. Esistono però negozi specializzati di pesca, che garantiscono la qualità e la provenienza del l’arenicola italica, quella vera.. che è tutta un’altra storia. Come si dice.. occhio alle imitazioni

Dario Limone


GLOBAL@MAIL FLUOR CARBON COME RICONOSCERLO Vorrei porre una domanda a Michele Prezioso, su un fatto tecnico riguardo il fluoro carbon. Io so che oltre ad essere pescatore di lunga esperienza sei anche un agente di commercio di settore e quindi avrai tutte le competenze per spiegarmi come fare a valutare la qualità di questi fili e quindi effettuare una valutazione autonoma, senza affidarmi solo alla “qualità” garantita dal marchio.. perché non sempre è tutto oro quel che riluce! Grazie, Michele

Michele Il fluor carbon è un filo assolutamente particolare, con una natura meccanica totalmente diversa dal nylon al quale lo rapportiamo; realizzato con un particolare polimero è caratterizzato da una rigidità maggiore e anche da una colorazione propria, meno trasparente. Una delle prove più comuni che si effettuano per verificarne la qualità è quella di bruciarne con l’accendino un capo. Se è fluorcarbon si deve formare un pallino nero e omogeneo, senza che il filato gocci e si contorca su se stesso. In acqua, non è invisibile, ma deve essere privo di riflessi, al contrario del nylon che appare lucido come un filo di luce. Un buon fluorcarbon resiste all’abrasione molto meglio del nylon a parità di diametro e mediamente ha una affondabilità maggiore. Vale a dire che ha un peso specifico superiore. Queste le particolarità più visibili,ma sarà l’esperienza poi a farti apprezzare un fluoro invece di un altro; le qualità al nodo sono importantissime,avere omogeneità nelle spire, senza perdere il colore, una volta assuccato saranno un altro indicatore. E’ vero che in commercio esistono molte proposte tra le quali è difficile districarsi, ma sarà necessario confrontare prodotti diversi per acquisire una buona capacità di valutazione.

Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL ESCHE PER LA RICCIOLA Salve a tutto lo staff. Vado subito alla domanda , anche se credo che non sia davvero così originale e chissà quante altre volte vi sarà stato posto questo quesito, spero di ottenere una risposta che dissipi i miei dubbi una volta per tutte. Parliamo di Ricciole e delle esche. Sono stato abituato a pensare che senza un bel calamaro la ricciola sia una preda impossibile e che soprattutto sia indispensabile azzeccare tutta la geometria dei terminali. Ma è proprio vero che è così determinante la lunghezza di un filo piuttosto che un’esca? Forse sarà un quesito sciocco ma vorrei avere il parere di un esperto, fuori dai luoghi comuni. Ezio L.

Ciao Ezio, ho dovuto per

necessità

spazio la

tua

credo

di

sintetizzare mail, di

ma aver

mantenuto il senso della tua domanda. Sicuramente

il

calamaro è un’esca molto

catturante

perché il suo valore nutritivo credo che non abbia pari e rappresenta un boccone preferito da tutti i pelagici. Ma è anche un’esca molto stagionale e soprattutto nei periodi estivi, per la maggioranza dei nostri litorali è un’esca di difficile reperibilità, salvo casi particolari come la sardegna ed altre isole minori dove le profondità, le temperature e le tipologie di fondale ne consentono il reperimento anche nei periodi più caldi. I calamari scendono in profondità e quindi vengono predati solo da quei pesci che frequentano quelle batimetriche. In estate le ricciole accostano e la loro dieta, che è comunque molto varia a prescindere, si focalizza sui pelagici più piccoli, dai tonni baby, agli alletterati, alle palamite, fino agli sgombri e tutti quegli altri pesci che frequentano la costa. Barracuda e lampughe compresi. Ed anche le ricciole piccole, le limoncine, spesso vengono predate dagli adulti. Quindi non mi formalizzerei davvero sul calamaro. Come non mi formalizzerei troppo sulle dimensioni del complesso pescante. Certo i terminali un po’ lunghi magari tengono l’inganno lontano dalla barca, ma ti posso mettere per iscritto che se il boccone è ben presentato e vitale e le ricciole sono in caccia, non c’è scampo. Piuttosto concentrati su esche voluminose e vispe, capaci di scatenare la predazione e di sostenere la traina senza difficoltà. Una bella esca ben innescata, calata a mezz’acqua e la positiva determinazione di una azione di pesca ben condotta sono la garanzia migliore.

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL RICCIOLE CHE STRESS Gentile Domenico Craveli, Leggevo il tuo articolo del mese scorso sulle ricciole di branco. L ‘ho trovato interessantissimo, ma ci sono alcuni dubbi che mi assalgono. Nelle mie zone, le ricciole stanno insieme ai barracuda, e le esche mi vengono attaccate da questo pesce, invece che dalle ricciole. Sono sicuro della loro presenza perché i sub li vedono, e vorrei un consiglio da te sulla strategia da adottare. Francesco

Ciao Francesco, Ricciole di branco e barracuda condividono gli stessi ambienti. Anche io mi sono trovato a gestire questa situazione; devo dire che sia la mattina presto, che al tramonto, è difficile evitare questi dentuti clienti. Diciamo che comunque la cosa è superabile, poiché con l’avanzare del giorno, la loro attività scema ed è difficile che vadano in frenesia con il sole alto. Certo, con sugheri, aguglie, alacce e sgombri, la cosa si complica, ma innescando una leccia stella ad esempio, puoi mirare alla ricciola in modo più specifico senza che ti disturbino. Sembra che non sia di loro gradimento, specie se grossa. Le ricciole invece ne vanno matte. Provaci. Un saluto

Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL FERIE IN VERTICALE Ciao amici di Globalfishing, Negli anni ho letto molto su quanto sia complicato catturare in estate utilizzando le tecniche verticali. Volevo chiedere a Domenico Craveli, se alla luce delle bizze climatiche, tipiche di questi ultimi anni, questo scenario è mutato, offrendo maggiori probabilità. Purtroppo, le ferie estive, rappresentano per me il clou, come tempo a disposizione per poter pescare, perché vivendo a Milano, pianificare uscite invernali, è sempre più complicato. Matteo

Caro Matteo, Diciamo che lo scenario è peggiorato, perché se è vero che anche in estate oramai le mareggiate sono frequenti, è anche vero che siamo davanti a condizioni comunque di grande caldo, quindi la stratificazione delle acque è presente e persistente. Condizione questa che rende difficile la pesca a vertical, come l’inchiku , o lo slow blatt. Non ti resta che attuare le strategie di sempre, insistendo sulle batimetriche oltre i 70/90 metri, preferibilmente nei cambi di marea, quando i flussi rallentano, o nei cambi di luce. Meglio il tramonto che l’alba. Atra cosa, puoi andare a cercare dei banchi lontani dalla costa, Sicilia e Calabria ne hanno, poiché in quelle zone, le acque in risalita sui bordi della secca crea condizioni ideali per queste tecniche. Buone vacanze

Domenico Craveli


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trAinA

A caccia di esche di umberto simonelli

u

no dei crucci maggiori quando si inizia una sessione di traina con il vivo è proprio l’approvvigionamento delle esche, che non sempre nella stagione calda sono presenti sulle zone di pesca.

A volte è più difficile riempire la vasca del vivo che avere ragione dei predatori pregiati che la nostra tecnica si pone come obbiettivo. Allora ecco che qui di seguito vogliamo riepilogare tecniche, esche e astuzie per provarle tutte e assicurarci comunque un’esca per le nostre avventure. Per massimizzare il percorso schematizzeremo le esche più comuni e le insidie per catturarle, in una specie di tabella che ci aiuterà non solo nella tecnica di cattura ma anche per approvvigionare e mettere nella bag tutto ciò che può servire.


AgugliA (ConsigliAtA per: dentiCe, riCCiolA, serrA, leCCiA AmiA, bArrACudA, lAmpugA, CerniA)

• Maciude, tassativamente SkeinFish, le migliori in assoluto, nelle colorazioni, giallo, rosso, nero e bianco, montate a trenino, su un trave dello 0,20 in ragione di due o tre. Velocità consigliata 2,5 nodi. • Coreano, innescato con un solo amo e trainato ad 1,5 nodi. • Verme di terra o lombrico, innescato come il Coreano e con la stessa velocità. le maciude sono un’esca geniale per la cattura delle aguglie, che vi rimangono impiagliate con i piccoli denti senza ferirsi

• Strisciolina di pelle di pesce, ideale proprio quella prelevata da un’altra aguglia e conservata sotto sale. Innescata con uno o due piccoli ami e trainata tra 1,5 e 2 nodi. • Camola del miele, innescata con un solo amo in modo che ruoti sul suo asse. • Pins di 3-5 cm di lunghezza, con velocità tra i 2,5 e i 3,5 nodi. • Piccole piume, molto esili e flessuose con ami sottilitrainate a 2,5 nodi. Coreano, lombrico e camola possono essere anche usati con una piccola

il coreano, ma anche il lombrico sono ottimi adoperati a trainetta

bombarda,

galleggiante

o

semi

affondante, lanciata e fatta lavorare a recupero.


TRAINA

oCChiAtA (ConsigliAtA per: dentiCe, riCCiolA, CerniA) • Piccole piume, molto esili e flessuose con ami sottili trainate a 2,5 nodi. • Pins di 3-5 cm di lunghezza con velocità tra i 2,5 e i 3,5 nodi. • Koreano, innescato con un solo amo, e trainato ad 1,5 nodi. • Verme di terra o lombrico, innescato come il coreano e con la stessa velocità.

sughero (ConsigliAto per: dentiCe, riCCiolA, leCCiA AmiA, bArrACudA, CerniA) • Pins di 3-5 cm di lunghezza trainato a velocità tra i 2,5 e i 3,5 nodi, a galla o leggermente affondato. • Sabiki, di varie fogge e misure fatto calare sul fondo e poi animato da leggere jerkate ritmiche, recuperando lentamente. • Piccoli jig, dai 5 ai 10 o 20 gr. lanciati nella mangianza o fatti andare in caduta e recuperati con jerkate di ritmo e lunghezza alternati. • Piccoli jig, come sopra, ma applicati ad un sabiki, come per creare una piccola filosa. A volte i sugheri, come molti dei piccoli pesci esca, non credono agli artificiali; in questi casi un verme trainato può essere risolutivo.

• Piccole piume, molto esili e flessuose con ami sottili trainate a 2,5 nodi.

lAnzArdo e sgombro (ConsigliAto per: riCCiolA, leCCe AmiA, dentiCe, bArrACudA, serrA, tonno, CerniA) • Sabiki, di varie fogge e misure, fatto calare sul fondo e poi animato da leggere jerkate ritmiche, recuperando lentamente. • Pins di 3-5 cm di lunghezza trainato a velocità tra i 2,5 e i 3,5 nodi, a galla o leggermente affondato.

piccoli pesci e ovviamente piccole esche per insidiarli


• Piccoli jig, dai 5 ai 10 o 20 gr. lanciati nella mangianza o fatti andare in caduta e recuperati con jerkate di ritmo e lunghezza alternati. • Piccoli jig, come sopra, ma applicati ad un sabiki, come per creare una piccola filosa. • Piccoli jet dai 5 ai 7 cm trainati a 4 nodi. • Drifting leggero innescando un filetto di alice nella scia di pastura realizzata con della sarda in rete.

leCCiA stellA (ConsigliAtA per:

riCCiolA, leCCiA

AmiA, serrA) • Gran Pescatore nelle misure più piccole, trainato tra i 3,5 e i 4,5 nodi a 30 mt dalla barca. • Piccoli jig, dai 5 ai 10 o 20 gr. lanciati nella mangianza o fatti andare in caduta e recuperati con jerkate di ritmo e lunghezza alternati. sabiki e piccoli jig, non devono mai mancare a bordo, quando siamo alla ricerca delle esche

• Pins di 3-5 cm di lunghezza trainato a velocità tra i 2,5 e i 3,5 nodi, a galla o leggermente affondato.

• Piccoli jig, dai 5 ai 10 o 20 gr., trainati a 30 mt dalla barca a 4, 5 nodi, nei colori fluo, arancio, azzurro, argento, rosa. AlACCiA (ConsigliAtA per dentiCe, riCCiolA, serrA, bArrACudA) • Sabiki, di varie fogge e misure fatto calare sul fondo e poi animato da leggere jerkate ritmiche, recuperando lentamente. bogA (ConsigliAtA per: dentiCe) • Sabiki, di varie fogge e misure fatto calare sul fondo e poi animato da leggere jercate ritmiche, recuperando lentamente. • Bolentino innescato con sarda o koreano.

l’alaccia è molto simile alla sardina, ma molto più vitale e catturante, quasi un’esca magica


TRAINA

CefAlo (ConsigliAto per: leCCiA AmiA, riCCiolA, serrA) • Con canna fissa innescata con pane,pane e formaggio, pane e pasta di alici, filetto di alice o sarda. • A trainettao recupero, con coreano e piccolo rotante. • Poi può essere pescato con il rezzaglio o piccole nasse.

Il cefalo è difficile da pescare ed è spesso presente solo negli ambiti portuali, ma è un’esca irresistibile per moltissimi predatori.

menolA (ConsigliAtA per dentiCe , riCCiolA, CerniA) • Sabiki, di varie fogge e misure fatto calare sul fondo e poi animato da leggere jerkate ritmiche, recuperando lentamente. • Bolentino innescato con il coreano. • Coreano, innescato con un solo amo, e trainato ad 1,5 nodi, leggermente affondato.


perChiA (ConsigliAtA per: dentiCe) • Sabiki a fondo. • Bolentino innescato con koreano.

AlletterAto (ConsigliAto per: riCCiolA, leCCiA AmiA, tonno) • Sono efficaci tutte le esche di superficie, dai minnow ai jet, alle piume, ai raglout, fino alle unghiette, trainate a 4, 5 nodi. • Piccoli jig lanciati nella mangianza che verranno aggrediti in caduta o durante lo stop delle jerkate di recupero.

Il mondo delle esche, soprattutto per le grandi ricciole, non si ferma qui, ma prosegue con quasi tutti i pesci. Saranno ottime insidie i barracuda, gli aluzzi, le tanute, fino alle lampughe o alle palamite. Le esche di grandi dimensioni sono tutte valide a patto che siano ben presentate. Non scordiamo che i dentici poi possono essere tentati anche con i cefalopodi morti, magari anche decongelati. L’importante è crederci.


VERTICAL

INCHIKU NEL CALDO Di Domenico Craveli

L

uglio.. agosto, tempo d’estate, tempo di magra, specie per chi intende pescare a cavallo dei due mesi. Cimentarsi in questo periodo caldissimo con le tecniche verticali, è una sfida al proprio “credo” nella disciplina, ma per gli appassionati, le sorprese non mancano a patto

di... .

A patto appunto di esserci, in mare, sfidando le temperature proibitive, tanto da farci fumare le ascelle, all’alba come al tramonto, inseguendo un pesce, un magnifico pesce, che vale tanto, considerando lo scenario. Andremo a dentici, signore indiscusso dei mesi estivi! A CACCIA DI DENTICI Inchiku con corpo metallico argento e octopus bruno o arancio, sembrano andare per la maggiore in questo momento estivo

Se per i trainisti catturare questo sparide diventa complicato in estate, per gli appassionati di inchiku le


possibilità invece aumentano, facendo diventare il dentice, il simbolo “caldo” di questa tecnica, in questi mesi. Per una azione di pesca mirata ai dentuti sparidi, che possa avere delle reali opportunità di successo, dovremo operare su profondità a partire dai 40 metri fino anche ai 90 e più, cercando comunque di intensificare i nostri tentativi su tutte quelle aree a carattere misto roccioso, relitti, secche e simili. La scelta del luogo è di fondamentale importanza in una tecnica dove risulta determinante far scendere l’inchiku nei settori che potenzialmente ospitano con maggiore probabilità di concentrazione le nostre prede, o meglio ancora proprio sulle marcature. Centrare perfettamente il punto sul fondo è più difficile di quel che si potrebbe pensare, infatti far “cadere” l’esca esca nei pressi di uno scoglio isolato o una caduta, rappresenta un’ azione abbastanza ostica , dove le nostre capacità di “calcolo” dovranno considerare simultaneamente

la

traiettoria

di

deriva

combinata allo scarroccio, la velocità di discesa dell’artificiale e l’angolo di inclinazione, causato dall’incidenza della corrente sul multifibra che, nei mesi caldi, con acqua stratificata, può cambiare direzione più volte, durante il percorso, in base alla profondità.

Un pesce caduto vittima di un artificiale su cromia arancio. Micidiale nel caldo

MOMENTUM Quando si pensa che i pesci siano scomparsi, quando si pensa che siano finiti chissà dove, arriva una cattura occasionale all’ultimo istante di una lunga giornata di pesca estenuante, che riapre uno scenario inedito e rinnova le energie. I dentici infatti, che sembravano volatilizzati, in realtà, in questo periodo di “calura”, intensificano la loro attività di caccia al tramonto, comparendo come dal nulla, aggredendo con foga i nostri artificiali. I dentici al cala sole non sono certo una novità, Lo strike dei dentici arriva come una mazzata improvvisa.

anzi, sappiamo quanto di solito gli sparidi siano

Dal nulla. I momenti prossimi al calar del sole sono quelli

sensibili ai cambi di luce. Prima dell’estate questa

dove bisogna intensificare gli sforzi, non serve sfiancarsi

situazione diventa esasperatamente ricorrente,

nelle ore centrali

e si protrae fino all’autunno, permettendo di impostare una strategia precisa, in un particolare momento stagionale, in un orario circoscritto e

ben definito. Perché nella pesca con gli artificiali, la tecnica si fonde spesso con l’opportunità e la possibilità di pescare in modo mirato un pesce, chein questo periodo di solito non si riusciva a catturare con continuità, sono altissime.


SURFCASTING

IL COREANO… UN’ESCA PER L’ESTATE Di Dario Limone

I

l “coreano “ è tra gli anellidi,quello più usato, soprattutto da neofiti e “bambini”alle prime esperienze. Gli “esperti” e i “garisti”, spesso lo snobbano, ma le potenzialità di cattura, se opportunamente innescato, risultano importanti, specialmente nelle stagioni calde, dove per

via dei cambiamenti termici dell’acqua gli odori si diffondono con difficoltà e la mobilità dell’esca risulta fondamentale. SEMPLICEMENTE “SALTERELLO” Questa esca ha molti vantaggi congiunti. Basso costo, facile reperibilità e conservazione. Con circa 4,00 euro si compra una

scatola,

che

contiene

almeno 15 vermi del tipo maxi. Tutti i negozi di pesca, ne sono forniti. Si conserva bene nel frigo, anche per molti giorni (mogli permettendo).


ESCA DA MOVIMENTO E’ sicuramente un’esca da movimento, più che da odore. Non a caso viene definito “saltarello coreano “; infatti si esibisce in contorsioni accattivanti per i pinnuti che transitano nei suoi pressi. La parte, che si dimena con maggior vigore, è la coda; molti pescatori, specie per la pesca a mezz’acqua od a galla, sono soliti usare solo quest’ultima, scartando il resto. L’innesco di un solo verme può avvenire con diverse modalità.La prima, è quella di inserire, l’ago per l’innesco degli anellidi, a qualche cm di distanza al di sotto della testa e facendolo uscire, a qualche cm prima della fine della coda. In questo modo daremo la

Nella pesca diurna, il coreano è efficacie soprattutto con pesci grufolatori come le mormore

possibilità al coreano di muovere sia la testa, che la coda. L’indicazione principale è per la pesca a fondo, a corta distanza. Per evitare di danneggiare l’esca stessa nel lancio. E’ necessario comunque effettuare lanci accompagnati.La seconda, è quella di inserire l’amo nei pressi della bocca dell’anellide, appena sottocute. In questo modo non danneggeremo l’esca, che potrà muoversi in tutta libertà. Questa preparazione, associata ad un flotter adeguato, è indicata per la cattura delle spigole in risacca. I maxi coreani ricordano un po’ la “ ceca “, ossia la piccola anguilla di cui questi serranidi sono ghiotti. La terza, è quella di recidere la testa del verme ed L’innesco del coreano (a destra) a confronto con quello

infilarlo sull’amo, nella sua interezza.In questo caso,

del verme americano (a sinistra). Da notare la parte

possiamo effettuare, anche lunghi lanci e forzati,

della coda lasciata libera di muoversi, e l’assenza della

perché il boccone rimane integro.

testa per diminuire l’attrito aerodinamico sullo stacco del lancio

IL MOSTRO A TRE TESTE Nella mitologia, Cerbero era una cane mostruoso a tre teste. Nella pesca “ cerbero “ è l’innesco contemporaneo di tre coreani. Se già il movimento di un solo verme induce interesse nei pesci il movimento contemporaneo di tre vermi addirittura è micidiale. Si infila un verme sull’ago per la sua interezza; servirà da carrier per gli altri due. Si affiancano a questo altri due coreani e si lavorerà col filo elastico per trattenerli insieme. Abbiate cura di porre due teste da un lato ed una dall’altro. Nei


SURFCASTING

giri col filo elastico, non vanno bloccate assolutamente ne le teste e ne le code, che devono muoversi liberamente. Quest’innesco è dedicato a pesci XXL.

Un boccone dinamico e corposo, in grado di sedurre anche pesci importanti come le grosse orate o le ombrine

INNESCHI IBRIDI L’innesco misto molto spesso è vincente. Abbiamo detto, che il coreano è un’esca di movimento, nulla ci vieta di associare un’esca da odore. Le associazioni più frequenti con gli anellidi sono con l’arenicola e con l’americano; bene anche il bibi. Possiamo inserire anche bivalvi, come il cannolicchio o la cozza.


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DRIFTING

Ancoraggi perfetti

S

Di Aldo Benucci oprattutto per chi è alle prime armi, ma anche per i più esperti, vogliamo ripercorrere insieme le fasi di un ancoraggio ottimale, quando si pesca in drifting.

L’ancoraggio deve essere in grado di fermare la barca ma è anche una delle componenti importanti dell’azione di pesca, perché fermarci non è sempre facile e bisogna farlo seguendo concetti ben precisi, per non intralciare l’azione di pesca. ANCORARSI NON È SEMPLICE A differenza dell’ancoraggio a cui siamo abituati quando si fa il bagno o si pesca su medi fondali, quando si è in drifting si può avere la necessità di fermarsi anche ad oltre 100 mt ed il criterio cambia in modo totale. Dovremo fare i conti con vento e corrente che in mezzo al mare, su batimetriche importanti, sono sempre un fattore di forte disturbo; e ritrovarsi ad arare il fondo per un ancoraggio imperfetto ed inefficace potrebbe voler dire compromettere buona parte della giornata e se addirittura si è in gara, c’è il rischio di finire penalizzati se ci si avvicina troppo agli altri concorrenti. Quando la barca è bene ancorata ed immobile, l’azione di pesce diventa più fluida, anche e soprattutto quando c’è vento ed il mare non è proprio come quello della foto.


FERMI TUTTI L’elemento fondamentale dell’ancoraggio è ovviamente l’ancora, che dovrà essere proporzionata al peso della barca ma soprattutto corredata di una adeguata quantità di catena. E spieghiamo il perché. La catena deve essere sufficientemente lunga e pesante da obbligare l’ancora ad assumere una posizione orizzontale sul fondo, tanto da far lavorare correttamente le marre, che affonderanno nel fango o si aggrapperanno agli scogli. Il peso non solo obbligherà l’ancora in posizione ottimale, ma smorzerà le sollecitazioni verticali che il moto ondoso genererà. In sostanza funzionerà da ammortizzatore oltre che da completamento al lavoro dell’ancora.

Tutta la tecnica condensata in un unico disegno: quando l’ancora lavora correttamente siamo in grado di rimanere fermi anche con mare e vento impegnativi. E’ importante allontanarsi dal calumo dell’ancora il più possibile, per scongiurare che durante la fuga il tonno possa rompere la lenza.

NON SOLO ANCORA Tra ancora e barca ci passerà necessariamente una cima che sarà, compatibilmente con le dimensioni della barca, il più sottile possibile. Perché una cima di grande diametro offrirebbe un enorme attrito e quindi bisogna scegliere un buon compromesso, anche per la maneggiabilità del calumo che sarà importante. Ottime cime in poliestere sono in grado, con sezioni a partire dai 6 mm di sostenere carichi di rottura di oltre 1000kg. Se un detto recita “ poca cima, poco marinaio”, mai, come in questo caso, affermazione fu più azzeccata. Infatti uno degli errori più comuni, oltre a quello di inserire poca catena e troppo leggera, è quello di disporre di poca cima. L’ideale è disporre di due volte e mezzo la profondità massima di ancoraggio; perché una cima troppo verticale, o peggio alla picca, tende a sollevare l’ancora con perdita di grip; al contrario con molta cima l’angolo di incidenza si assottiglia e la presa dell’ancora migliora in modo esponenziale.


OLTRE LA CIMA

DRIFTING

La cima di ormeggio andrà legata ad un grande parabordo, grande per essere ben visibile e per avere una buona galleggiabilità. A questo punto abbiamo creato il punto fisso della nostra battuta, ma l’ormeggio non sarà ancora completo ed efficiente, finchè non ci ormeggeremo su serio, cosa che faremo con un ulteriore spezzone di cima, lungo alcune decine di metri e che si stenderà sotto l’azione della corrente e del vento. In questo modo ci allontaneremo il più possibile dal calumo dell’ancora per scongiurare che un tonno in fuga possa intercettare la cima, con un epilogo assolutamente certo che La cima deve essere di ottima qualità e l’ancora deve essere calata frenando la caduta per farla distendere correttamente.

sarà la rottura della lenza. Al di la di perdere un pesce, sarebbe ancor più grave lasciargli addosso qualche

decina di metri di nylon che potrebbero avvolgersi sulla coda portandolo a morte certa. LA CALA Anche nel far scendere l’ancora ci sono delle accortezze. Se si fila la cima velocemente in acqua, senza alcun freno, la catena scenderà più velocemente dell’ancora che per la superficie esposta farà più attrito. Così rischieremo di far arrivare sul fondo un garbuglio di catena ed ancora che potrebbe anche non districarsi e non lavorare correttamente. E’ bene quindi procedere alla cala frenando la cima, trattenendola con le mani protette da ottimi guanti. C’È ANCORA ED ANCORA Se il fondale su cui ancoreremo sarà roccioso la soluzione sarà quella di un’ancoracon le marre deformabili, mentre sul fango ci vorrà una buona Bruce, una Danforth od una CQR. Tra queste le più pratiche sono le prime due perché lavorano per forma piuttosto che per peso ed anche attrezzi meno pesanti sono in grado di trattenere scafi di buone dimensioni. La Danforth è una delle ancore più usate, ed è in grado di garantire una tenuta eccellente anche con pesi contenuti.



traina

A pesca con il palloncino

p

di Umberto simonelli er pescare bisogna pensarle tutte. Sperimentare tecniche e soluzioni originali, spesso, è l’unica strada per spuntarla. Insomma, aguzzare l’ingegno è sempre una regola d’oro, anche e soprattutto nella traina con esche vive.

Quando i pesci sono particolarmente smaliziati (e per pesci intendiamo le ricciole) e sospettosi, è bene prendere le dovute distanze.. nel vero senso della parola. sUoni e immagini La nostra barca è assolutamente visibile ai pesci e, come se non bastasse, ci facciamo precedere e seguire da una scia acustica che si trasmette in acqua per una grande estensione intorno a noi. E’ scontato che le ricciole stanziali riescano a coniugare le esche trainate, il rumore e la massa scura a contrasto in superficie con il pericolo o, almeno, con una situazione da cui è bene tenersi a distanza. Sarà quindi inevitabile, quando la presenza dei pesci è accertata, allontanare le esche il più possibile, tanto da rendere remota la connessione tra la nostra rumorosa e visibile presenza e le esche. soLUZioni diVerse Una delle tante possibilità è allungare di molto tutta la terminalistica fino a 30 e più metri dal piombo guardiano. Purtroppo questa soluzione, soprattutto se si pesca con più canne e a profondità diverse, può rappresentare un problema specialmente quando si vira, costringendoci a accostate molto ampie gestendone lato e velocità con molta periziae quando ci sono variazioni di velocità gli incagli possono essere molto frequenti.

il palloncino è il “galleggiante” più semplice ed usato. per l’uso in traina deve essere ben gonfio per affondare il meno possibile e fare quindi meno attrito in acqua


L’idea deL paLLoncino Non è una novità dell’ultimo minuto, anzi è un sistema che usiamo con successo da molto tempo e che vogliamo riportare in auge e condividere con i nostri amici, perché di indubbia validità ed efficacia e, malgrado ciò, poco adoperato. In sostanza, si tratta di sospendere l’esca ad una profondità certa e allontanarla da poppa tutta la distanza che si vuole e, quindi, trainarla. L’unico sistema per realizzare tutto ciò è avvalersi di un galleggiante a cui assicurare il filo in modo che non scorra, un po’ come si fa in drifting a tonni, usando un palloncino giocattolo. paLLoncino o.. Come galleggiante è importante avvalersi di qualcosa in grado di sostenere agevolmente la zavorra necessaria a far stare l’esca intorno alla

il galleggiante in plastica della “top game” è molto pratica ed efficace; la forma conica contribuisce a fare poca resistenza in traina

profondità desiderata anche in traina, tenendo contodell’attrito dell’acqua. L’uso dei palloncini giocattolo è, ovviamente, facilitato perché sono comodi, occupano poco spazio, costano pochi soldi e sono visibili; ma hanno anche notevoli controindicazioni, come il fatto che fanno molto attrito in acqua: a volte scoppiano sotto al sole e, rompendosi, si disperdono in mare. Può essere usata con successo ancheuna bottiglia in plastica da mezzo litro, che offre una buona galleggiabilità e poca resistenza. Per chi vuole perfezionare la tecnica esistono in commercio dei piccoli galleggianti, piccole boe in miniatura, specifiche per il drifting, che possono adattarsi con successo. come Legare iL gaLLeggiante La soluzione più immediata è quella di usare un elastico da cancelleria, assicurato sulla lenza con una serie di bocche di lupo e poi sul galleggiante. La trazione del pesce rompe l’elastico e l’azione di pesca vera e propria ha inizio. Questo, però, provoca l’inconveniente della dispersione in mare del galleggiante, palloncino o bottiglia che sia, che non è davvero consigliabile. Sarà quindi necessario creare, Queste pinze, sempre prodotte dalla TopGame, consentono al galleggiante o al piombo di sganciarsi senza perdersi in mare

soprattutto con le bottiglie, un vincolo sulla lenza che non


TRAINA

faccia andare via il galleggiante e che consenta a questo di scorrervi. Una soluzione eccellente sono delle mollette particolari capaci di sganciarsi sotto trazione ma di rimanere applicate alla lenza; un’ottima alternativa al fai da te, senza svantaggio alcuno. La tecnica Dopo aver innescato, sicuramente un pesce è l’esca ideale, si fila il terminale della lunghezza usuale, poi si applica la zavorra; un peso che può essere connesso con un corto bracciolo nel modo classico. Quindi si dà fondo alla profondità desiderata, per quanto il consiglio è quello di tenersi abbastanza alti perché è inutile affondare molto. Dai 15 ai 20 mt potrà andar bene, forse anche meno, perché le ricciole cacciano anche a galla e non si fanno sfuggire un pesce facilmente. Poi si fissa il galleggiante e si inizierà a camminare sbobinando il filo, allontanandolo anche una trentina di metri. Così, una volta in movimento, il pesce nuoterà a 50 e più metri dalla barca, a quota fissa.

La tecnica del palloncino consente di allontanare l’esca dalla barca, facendola “navigare” in acque tranquille

Lo strike Lo svolgimento dell’azione sarà ritardato rispetto all’assetto standard e non avremo alcun avvertimento dell’attacco fin tanto che la lenza non sarà in tensione: tutto avverrà senza vibrazioni premonitrici del cimino. Avremo molta lenza in acqua e questo da una parte ci sarà servito per diminuire i sospetti del pesce, e dall’altra però gli consentirà molta libertà di movimento. Quindi, soprattutto su fondali medio bassi, non si dovrà forzare fino a quando saremo sicuri che la preda non potrà raggiungere il fondo e rompere sulle rocce presenti.



sURFcasting

CANNE DA SURF.. i segreti del montaggio

di Vincenzo Rocca

L

e canne da surf sono degli attrezzi straordinari, un concentrato di tecnologia. Rappresentano il prolungamento del braccio del pescatore, per mandare le esche oltre il frangente e forse anche oltre un sogno, quello delle emozioni. Emozioni che iniziano proprio quando prendiamo

la canna in mano.. . Una canna da surf, diventa tale, quando il fusto viene assemblato con gli anelli, il portamulinello e tutto ciò che trasforma dei “tubi” in una canna da pesca. Più spesso di quanto si pensi, una cosmetica accattivante ci fa perdere di vista il concetto di qualità e funzionalità, perché la canna è uno strumento serio; una vera e propria macchina, una leva, un moltiplicatore di potenza che scaglierà piombo ed esca, a velocità degne di un fucile, centinaia di metri più in là. Un attrezzo in cui la meccanica è complessa, potente come una catapulta ma anche sensibile come un fioretto. Ed è qui che oltre alle caratteristiche del fusto entrano in gioco il montaggio degli accessori e la competenza del rod builder. Per capire al meglio i segreti di questo mondo non potevamo che rivolgerci a Vincenzo Rocca, noto ma soprattutto esperto rod builder, al quale abbiamo chiesto di illustrarci tutta la tecnica e l’importanza delle varie fasi di un montaggio.

Domenico Craveli


La prima cosa da fare, prima di iniziare qualunque tipo di operazione di assemblaggio è trovare la spina del fusto. Questa valutazione si effettua sia se si tratti di un nuovo blank, sia nel caso del refitting di una canna usata, perché molto spesso anche nei montaggi di pezzi di serie vengono commesse imprecisioni di montaggio che mortificano le qualità del fusto. La spina e la contro-spina sono gli assi longitudinali della canna lungo i quali andranno posizionati gli anelli a seconda dell’utilizzo della stessa, con mulinello fisso o rotante. Mi spiego meglio, la spina è un po’ la colonna dorsale ed è la conseguenza fisica del processo di costruzione, esiste in tutte le canne del mondo e va individuata con precisione millimetrica. Per trovare la spina di una canna, c’è solo un metodo empirico in cui occhio ed esperienza sono indispensabili; si tratta di imporre al pezzo una modesta flessione e metterlo in rotazione “rollandolo”. Durante questa operazione, una specie di scatto che avvertiremo con le mani sempre nella stessa posizione, ci indicherà la spina.

La posizione dei passanti Partendo dal presupposto che quando si customizza una canna, si va solo ed esclusivamente su passanti di alta qualità, come prima cosa, bisognerà trovare la giusta posizione degli stessi lungo il fusto.Di solito sulle canne da surf, specialmente sulle 2 pz, si usano gli schemi consigliati dal costruttore ma alcune volte specialmente su attrezzi di un certo livello l’ esperienza del pescatore, congiuntamente a quella delrod builder, aiutano a trovare la giusta collocazione, sia in funzione della spina che della curva descritta dalla canna in flessione. Solo una perfetta spartizione degli spazi magnificherà le qualità del fusto nel lancio e nel recupero evitando le controproducenti torsioni in combattimento

si inizia con iL montaggio La fase del montaggio vero e proprioè quella che da più soddisfazione al rod builder. Nel mio caso cerco di fare lavori sempre diversi, per rendere unico l’attrezzo. E’ comunque molto difficile non ripetersi, ma ci si prova sempre e comunque.La fase della legatura è preceduta dall’allineamento degli anelli in modo corretto per ogni singola sezione. Il preciso accostamento delle spire e l’uso di colorazioni gradevoli coniugano cromia ed estetica a robustezza, funzionalità e affidabilità, ai massimi livel li; cosa


sURFcasting

Resine e VeRnici Una volta legata la canna si passa alla resinatura dove si utilizzano diversi tipi di materiali. Personalmenteuso una vernice LITE, per la prima mano di fissaggio delle legatura che praticamente ancora il filo sulla canna e elimina l’aria sotto la legatura stessa, per poi dare una seconda mano di finitura che si effettua con una vernice più dura. Questa pratica garantisce la durata meccanica della legatura oltre che estetica evitando che nelle legature si insinui umidità che potrebbe rovinare il piede dei passanti.

Non tutti usiamo le

stesse tecniche e le stesse procedure, io preferisco lavorare con componenti di altissima qualità, per non avere dubbi sulla durata e offrire un prodotto del massimo livello di cui sono capace .Selezionare resine e vernici, è fondamentale per una riuscita top. Pensate che basta un catalizzatore diverso, per vanificare il valore “eterno” di un rebuilding fatto come si vede.

La Rinascita di Una canna Il refitting di una canna, usata ed usurata, riportandola alla bellezza originale, o addiritturarenderla più bella e migliore, è tra le cose che mi danno la più grande soddisfazione. Si poglia la canna di tutti gli anelli, placche mulinello e rifiniture. Si passano sulblank diverse mani di sverniciatore non molto aggressivo e si pulisce il tutto, per ritornare ad un prodotto vergine.Poi con l’aerografo si provvede a ridare “colore” al grezzo. Solo in questo modo il lavoro diventa “LIMITED EDITION”. Si completa il tutto con gli adesivi e le serigrafie. Poi si passa alla fase di montaggio che avevo descritta prima. C’è molta manualità ed esperienza in tutto questo. Cose che le parole non possono descrivere. Perché le operazioni sono quelle, uguali per tutti… ma è il risultato finale a raccontare la vera storia di un montaggio.



TECNICA

Inneschi facili

Di Umberto Simonelli

N

ella traina con le esche vive, la presentazione dell’esca è di vitale importanza, perché, soprattutto quando la nostra pesca è improntata alla ricerca, l’esca deve nuotare nel modo migliore e per il maggior tempo possibile.

Ovviamente, parleremo delle tecniche di innesco dei pesci esca, perché quello dei cefalopodi ha davvero poche variabili e, oltre a decidere se inserire l’amo pescante nel sifone piuttosto che appuntarlo sulla testa, non si può fare. Con i pesci è diverso e ci sono opportunità diverse di cui parlare che possono essere utili a chi non è uso servirsi dei pesci.


La soluzione a due ami è il terminale più usato in assoluto e nella versione scorrevole offre la massima adattabilità con esche di qualsiasi misura. In alcuni casi però può penalizzarne il nuoto

IL CLASSICO La soluzione più usata è realizzata a due ami, di cui uno scorrevole ed uno fisso. Un terminale buono per tutte le stagioni, dai cefalopodi alle aguglie. C’è da fare alcuni distinguo però, perché il terminale non deve appesantire il nuoto dell’esca e, quindi, va realizzato secondo certi criteri, piccole astuzie che fanno la differenza. Per prove fatte,soprattutto con i pesci, la doppiatura è da evitare come buoni risultati li offre il nylon. Quest’ultimo, infatti, è più morbido e flessibile e di certo il nuoto se ne avvantaggia. Gli ami dovranno essere affilatissimi e di filo sottile (con i giusti rapporti) per far sì che l’innesco sia meno traumatico possibile. IL CATALINA Di derivazione oceanica, il catalina è un metodo che imbriglia il pesce in modo poco invasivo ad un solo amo, generalmente circle, ma non tassativamente. Ci vuole un ago specifico che consenta di far passare la briglia (un anello di filo cerato, piuttosto che un elastico) nei fori nasali del pesce o poco sopra, a cui verrà fissato l’amo. Il pesce così innescato sarà vitalissimo e svincolato dal terminale, ma allo stesso tempo l’amo In questo video possiamo vedere come è possibile realizzare un innesco “catalina” per le piccole esche mediterranee

sarà efficacissimo. Il video che segue è la migliore spiegazione di come si opera.


TECNICA

Innescare esche molto vitali è importante; la soluzione che preferiamo è quella di applicare l’amo passando attraverso il palato, sfruttando invece i fori nasali un pesce di misura rischia di ferirsi gli occhi con lo stesso amo

INNESCO DIRETTO Molti sono usi innescare il pesce con un solo amo, jhook o circle, attraverso i fori del naso. Benchè efficace, non è una soluzione che preferiamo, perché molto spesso la punta dell’amo ferisce il pesce nell’occhio e questo non contribuisce alla sua vitalità. Meglio praticare l’infissione dell’amo nel palato dal basso verso l’alto. Il pesce nuoterà dritto e vitale e i risultati saranno eccellenti AMI ATTREZZATI Una soluzione alternativa a metà strada tra il catalina e l’innesco diretto è quella di ami specifici a cui è applicata una sottile clips in acciaio armonico da infilare nei fori nasali. Il sistema è poco invasivo, perché l’acciaio è sottile ed affilato, e l’innesco è rapidissimo. Il nostro parere è che, sebbene la soluzione sia geniale, il metallo appesantisca ulteriormente l’amo. Comunque resta una alternativa più che valida, ma Questa soluzione, che si trova in commercio, consente un innesco poco invasivo e rapido

soprattutto pratica, tutta da provare.


INNESCANDO PESCI PICCOLI

Una delicata alaccia innescata con un piccolo circle: una soluzione che lascia l’esca vitale per moltissimo tempo

La soluzione per i piccoli pesci è, ovviamente, mono amo, con ami piccoli innescati nei fori nasali o nel palato. La velocità di traina sarà molto moderata, soprattutto per quelli che non sono grandi nuotatori. Per gli esemplari di piccole dimensioni, più abili al nuoto, la soluzione tandem è un’ottima risorsa. Si tratta di realizzare una montatura fissa a due ami, di misura tale che i due pesciolini allamati siano uno di seguito all’altro staccati di un centimetro. Nuoteranno come fossero in competizione tra loro, formando un branchetto molto stimolante per i predatori

Un tandem di sugheri in fase di cala


traina

TRAINA IN 5 MOSSE di domenico craveli

B

envenuti nel periodo più tosto dell’anno per i trainisti! Quello degli irriducibili. Adesso il gioco si fa duro. Quelli in crisi di astinenza per mancanza di calamari spesso fanno altro. Occhioni, tonni, o anguria fresca sotto l’ombrellone. Noi no… siamo lì a cercare comunque lo strike, perché un

bel cappotto nel rovente luglio-agosto, non si nega a nessuno. Vediamo insieme in 5 punti, le cose da fare per essere incisivi in questo periodo. Punto 1: iL momento Il momento migliore per trainare in questi mesi, nelle giornate di calma piatta, è l’alba seguita dal tramonto. Inutile dirvi per essere in pesca ai primi bagliori di luce, bisognerà fare esca al buio. Boghe e sugarelli saranno i bocconi che andranno per la maggiore, anche perché alle 4/5 di mattina, sono loro i pesci esca più facili da catturare. Se invece capitano giorni ventosi, con un bel mestrale a spingere sul mare, le ore del primo pomeriggio possono portare le prime ricciole grandi di stagione. Farsi trovare con un’esca idonea, può essere determinante.

una bella ricciola catturata in una mattinata di bonaccia con il sole appena alto


Punto2: Lontano è megLio Con pesci sempre allerta, poiché disturbati dal caos vacanziero, è bene pescare molto lontano da poppa. I 25 metri sono il limite minimo, meglio 50/70. Non è semplice gestire la trainata con questi assetti, ma spesso non si hanno altre possibilità, anche perché potremmo ritrovarci a portare le esche sul basso fondale, e lì, una grande distanza dell’esca da poppa è fondamentale. Punto 3: aLti daL fondo La maggior parte dei trainisti, vive la

una cernia alessandrina catturata tra moto d’acqua e barche in navigazione. in questo specifico caso, l’esile boga, viaggiava ad almeno 50 metri da poppa

pescata come una sorta di sfida nel far viaggiare le esche attaccate al fondo, come se i pesci stiano solo e soltanto nei pressi del substrato. In inverno questo assioma regala catture, in estate potrebbe essere il più grosso errore. In questo periodo l’acqua è stratificata, e se non si mantiene il boccone in quota termoclino, le possibilità di un bel cappotto, sono al massimo. La mezz’acqua deve essere rivalutata. I dentici ci stanno volentieri se le condizioni termiche sono a loro consone. Le ricciole e i pelagici non si spostano da quelle quote. Naturalmente parliamo dei 15/17 metri sui 25/30, e i 20/25 sui 35/40. Punto 4: affondamento una grossa aguglia trainata a mezz’acqua è quanto di meglio si possa proporre per tentare il dentice o la ricciola

La zavorra riveste un ruolo di primaria importanza nell’assetto di traina, specie con esche molto lontane da poppa. Per gli irriducibili del guardiano, considerando che non pescheremo mai profondissimi, passiamo dai canonici 500 gr ai 350. Un etto e mezzo e cambia il mondo. Ottimo in questo periodo si rivela l’affondatore. Non a caso,

molti esperti pescatori, appartenenti alla vecchia generazione, rispolverano questo arnese che sa essere micidiale in questi contesti. Punto 5: occhio aLLe correnti In estate, la stratificazione delle acque, fa si che anche con mare calmissimo, si possono avere dei flussi che viaggiano uno sull’altro, anche in direzioni opposte, a grande velocità, tanto da rendere proibitivo pescare a traina in alcune condizioni di marea, come la risalita verso il culmine dell’alta. In questa stagione, pescare invece quando i flussi si invertono al culmine della bassa, può essere più produttivo di quanto immaginiamo. Si ha un momento di stanca che favorisce l’attività dei predatori, specie se questo coincide con il tardo pomeriggio. Naturalmente, ogni zona ha le sue regole, ma queste, in generale, hanno un ampio spettro di riscontro.


EVENTI

BIG GAME ANZIO.. tonni e non solo Di Umberto Simonelli

É

trascorso già più di un mese dalla prima edizione del Big Game Anzio-Nettuno e malgrado il tempo riesca spesso a cancellare rapidamente i ricordi, pare invece che questo confronto di primavera, abbia lasciato un segno molto vivido tra gli

appassionati che vi hanno partecipato, accendendo ancor di più la voglia di pescare. E noi ne vogliamo parlarne adesso, forse con un apparente ritardo, proprio per analizzare meglio, a bocce ferme, l’anima di questo evento. Il grande ritorno del gigante rosso nelle nostre acque ha fatto ritornare prepotentemente in auge il big game, questo entusiasmante confronto con uno dei pesci icona della pesca. Il tonno ha una posto importante nella storia dell’umanità. La sua pesca nasce nella notte dei tempi e da allora questo pesce ha una rilevanza alimentare ed economica in tutto il mondo. Le sue prelibate carni, fonte di proteine nobili sono apprezzate ovunque e intere comunità hanno basato la loro economia sulla pesca del tonno. E l’economia, seppure in modi e luoghi diversi, continua a beneficiare della pesca del tonno, anche con questi incontri. Se volessimo elencare l’ampiezza dell’indotto virtuoso, che si genera grazie alla pesca ricreativa e di quella al tonno in particolare, ci vorrebbe molto spazio e rischieremmo di annoiare i nostri lettori, ma due parole dobbiamo comunque farle per porre l’accento su fatti che più sono evidenti, prendendo come esempio proprio la manifestazione organizzata dal Fishing Club Anzio.


Nelle tranquille giornate del Maggio scorso, in cui Anzio e Nettuno, teatro delle nostre avventure, cittadine di mare con una economia a forte vocazione turistica, ancora sonnecchiavano aspettando la ressa estiva, si svegliano “invase” da una tribù di pescatori, la marina di Nettuno si riempie di barche e parte il circo del big game. Tanti equipaggie tanto inusuale movimento, per tre giorni, innescano un piccolo indotto economico che vede coinvolte le realtà commerciali locali, da quelle della ricettività a quella dei negozi di settore, ai carburanti, per finire, se basta, alla ristorazione. Sorvolando sugli investimenti già messi in campo dai partecipanti, in fase di preparativi…

attrezzature, materiali di

consumo, esche e chi più ne ha più ne metta.

Dobbiamo anche aggiungere l’attenzione degli sponsors per questa manifestazione che sono un importante segnale del valore mediatico. Non a caso Honda ha puntato moltissimo sulla risonanza dell’evento, realizzando un vero e proprio villaggio in cui il brand giapponese ha sfoderato letteralmente tutta la sua produzione; dai fuoribordo alle imbarcazioni per continuare con le auto e le moto. Da segnalare anche che sono stati proprio i battelli pneumatici di casa Honda, motorizzati con gli affidabilissimi propulsori a 4 tempi a permettere a noi della stampa di seguire da vicino, anche con condizioni di mare impegnative, le

azioni

di

concludere

i

pesca.

Per

ragionamenti,

per così dire economici, ecco quindi inevitabile concludere che

queste

una

ricaduta

attività sul

hanno territorio

davvero notevole. Non solo nell’immediato, ma anche nella valorizzazione

turistica

della

location che, ad esempio, per un appassionato di drifting, vista la grande presenza di pesci,

potrebbero

diventare

una ambita meta di vacanza.


EVENTI

Quindi

ecco

un

piccolo

esempio di quale e quanto sia il valore aggiunto che la pesca può dare alle nostre località di mare. Ma non possiamo concludere questo articolo senza parlare degli equipaggi, che hanno dato il meglio di se, sia in termini tecnici e alieutici che in termini di disciplina e rispetto delle regole, segno ulteriore che

le

manifestazioni

di

questo tipo rappresentano un importante percorso di crescita per i pescatori, la cui aggregazione e confronto contribuisce impulso

a

dare

evolutivo

un della

categoria stessa. La logica del catch & release e del tag& release dei pesci offre una visione della pesca più etica e sostenibile. Grazie anche ad una magnifica orchestrazione dell’evento da parte dello staff del Fishing Club Anzio e alla perfetta regia di Massimo Marigliani, al secolo Indiana Boat, presidente del circolo. Una gara di pesca che quando finisce si pensa immediatamente alla prossima che verrà e si iniziano a contare i giorni. Ma questa volta ci sarà da aspettare poco perche Settembre è vicino e le acque di Anzio e Nettuno ci attendono per l’edizione 2017 del Tuna Cup Anzio, Trofeo Quick Silver. Ci vediamo quindi a Nettuno dal 8 al 10, vi aspettiamo!


Copertina parlante Angler : Paolo Brugnoli Preda : Ricciola (Seriola Dumerili) Periodo di pesca : Autunno Ora della cattura : 11,00 Località : Lazio Tecnica : Traina con esca viva Esca : Tanuta Fondale : Misto Profondità : 65 mt

FOTO: Fotocamera : Nikon D200 Esposizione : Priorità di tempi Tempo di scatto : 1/500 Modo di misurazione : Multi-zona



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e delle tue avventure di pesca... ...e anche tu sarai protagonista!



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