Novembre

Page 1

2017

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

la rivista on-line della pesca in mare PESCA DALLA BARCA SARAGHI IN DRIFTING

NAUTICA OBIETTIVO SICUREZZA

SURF VETTE IN PESCA

TRAINA LA PALAMITA

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VIII - Numero 11


SIMPLY SUPERIOR NOVITÀ! Ecoscandaglio RealVisionTM 3D e display multifunzione AXIOM Lo straordinario ecoscandaglio RealVision 3D visualizza i pesci e le strutture sommerse con un dettaglio incredibilmente realistico. E, grazie alla stabilizzazione giroscopica, il RealVision 3D compensa il movimento dell’imbarcazione fornendo sempre la migliore rappresentazione del mondo sommerso.

Le immagini sono solo a scopo illustrativo

Raymarine Italia Srl Via L. Manara 2, 20812 Limbiate - Italia T: (+39) 02 99451001 E: info.italia@raymarine.com


IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VII Numero 11 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Tel.+39 373 790 6375– Fax +39 0636302279 e-mail: info@globalfishing.it

5

Editoriale

6

Global@mail

di U. Simonelli

La posta dei lettori

14

TRAINA La palamita

18

SURFCASTING Vette in pesca

22

PESCA DALLA barca saraghi in drifting

26

VERTICAL Il posto filosofale

30

SQUIDFISHING Prendiamoli a traina

34

TRAINA Sotto zero

info@globalfishing.it

40

NAUTICA Obiettivo sicurezza

Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

42

COPERTINA PARLANTE

Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Tel.+39 373 790 6375– Fax +39 0636302279 www.globalfishing.it

di D. Craveli

di M. Prezioso

di D. Craveli

di M. Prezioso

di D. Craveli

di U.Simonelli



Editoriale

Q

uesto mese vorrei impiegare lo spazio dell’editoriale per parlare di un argomento che, apparentemente, con la pesca ricreativa e sportiva potrebbe sembrare poco attinente. Vorrei parlare con voi dello stato di salute del mare e di quanto questo aspetto sia intimamente legato al nostro benessere e a quello di tutto il globo. Noi che amiamo la pesca non possiamo non avere un amore sconfinato anche verso il mare, ma non tutti conosciamo per bene come stanno le cose e quanto il mare sia determinante per l’equilibrio vitale della terra. E soprattutto in che condizioni versa. Siamo molto abituati al termine “madre terra”, che evoca la capacità del nostro pianeta di generare la vita. L’humus che rappresenta il principio vitale e la fertilità. Un mito celebrato fin dall’antichità, che venerava la divinità Gea, come la potenza primordiale e divina della Terra. Ma la vita è cresciuta nel mare, ed è da lì che è partita l’evoluzione. Ed il mare è fondamentale per l’equilibrio del mondo. Non a caso si parla di idrosfera, ovvero della parte del globo costituita da acqua allo stato solido che ha una volume di 1400 milioni di kilometri cubi con un estensione delle superfici liquide pari al 71 % di quelle di tutto il pianeta. Inevitabile quindi che il mare abbia una influenza globale, da quella climatica a quella alimentare. Oggi il mare è in serissimo pericolo e non solo perché il pescato mondiale è ben oltre la quantità sostenibile; le indiscriminate attività umane hanno creato fenomeni di difficile reversibilità che stanno minando il delicatissimo equilibrio del mondo “salt water”. Il riscaldamento globale e le grandi emissioni di anidride carbonica, di natura antropica, stanno incredibilmente aumentando l’acidità del mare, con formazione di acido carbonico dannoso per i molluschi che hanno le conchiglie, il plancton calcareo ed i coralli. Questo porta uno squilibrio grave anche della catena alimentare che contribuisce alla decrescita dello stock ittico. Anche l’enorme sforzo di pesca influisce negativamente al fenomeno dell’acidificazione; perché la diminuzione della biomassa marina provoca una riduzione delle relative deiezioni che svolgono una determinante azione neutralizzante rispetto all’acido carbonico. Anche se fa sorridere pensare che la “cacca” dei pesci sia un elemento prezioso nel grande disegno della natura, è importante riflettere su quanto delicato sia l’equilibrio del nostro mare, che sembrerebbe invece sfruttabile all’infinito. Ma non finisce qui. Il mare è sotto l’assedio di una gravissima minaccia, quella della plastica e soprattutto delle micro plastiche. La plastica, frutto demoniaco del petrolio, del consumismo e del benessere a buon mercato è ovunque. Anche dove non penseremo mai di trovarla. In mare ne troviamo tantissima, portata dall’incuria umana; talmente tanta che spinta dalle correnti ha formato terribili isole galleggianti, di grandissima estensione. Ma la plastica più subdola è quella invisibile, quella che il moto ondoso o i tentativi di smaltimento, scompongono in particelle microscopiche, invisibili ad occhio nudo, che rimangono in sospensione. I pesci le respirano e le ingeriscono insieme al plancton e alle loro prede. Le conseguenze sono gravi, perché alcune sostanze contenute nelle plastiche sono micidiali per gli apparati riproduttivi dei pesci e per il loro sistema endocrino, ovvero quello preposto alla produzione ormonale. Anche per noi è pericoloso nutrirci di pesci che hanno metabolizzato le microplastiche; non sono rari pesci che presentano la spina bifida, chiaro segnale che qualcosa non sta funzionando. Le microplastiche sono in agguato e le produciamo quotidianamente anche quando laviamo indumenti sintetici, come il pile, ad esempio, che altro non è che un tessuto ottenuto filando il PET, la plastica delle bottiglie. Lo sfregamento del lavaggio disperde in acqua piccole porzioni di filato che oltrepassano indenni anche i depuratori. Quantità enormi disperse in tutto il mondo…. Ma le violenze contro il mare non finiscono qui. Perché se tutti abbiamo sentito parlare delle “terre dei fuochi” avvelenate dalle pratiche mafiose, anche in mare sono accadute le stesse cose e su alcuni fondali giacciono “bombe” ambientali di indescrivibile pericolosità. Ma anche la cicca di una sigaretta, distrattamente buttata in acqua, un pezzo di nylon, le nostre bottigliette usate in drifting , disperse dopo uno strike, le scatole di vermi sulla spiaggia o le buste di plastica con i residui della merenda abbandonate dopo una pescata rappresentano un danno ambientale. Noi pescatori dovremmo essere le persone più adatte per sorvegliare la salute del mare e diffondere quel che succede. Perché le cose che si amano non possono essere abbandonate a se stesse. Ed il mare è il futuro anche dei nostri figli. Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL AUSILIARIO O TROLLING VALVE Ho acquistato da poco una barca walk-around con una buona motorizzazione entrobordo diesel, che soddisfa perfettamente le mie esigenze. Ora sono in procinto di prendere una importante decisione per quanto riguarda la traina lenta con il vivo. Sono indeciso se optare per il montaggio del trolling valve o per l’istallazione di un ausiliario fuoribordo a 4 tempi. A forza di sentire “esperti” ho solo maturato una gran bella confusione.. Vorrei avere un vostro parere. Giammarco L. Caro Giammarco, anche

io,

nei

tuoi

panni,

rispetto

alle

due

soluzioni

sarei

indeciso e la scelta sarebbe difficile. Non voglio

suggerirtene

direttamente una, ma analizzare quelli che, dal mio punto di vista, sono i pro e i contro, affinché tu possa farti un’idea autonoma e convincerti di quella che riterrai più conveniente. Il trolling valve è un sistema che consente di procedere a lentissimo moto, grazie allo slittamento controllato dell’elica, che quindi genera meno spinta. Il funzionamento si regola con una leva o un comando elettronico. L’uso è semplice ma il sistema risente apprezzabilmente degli effetti della corrente contraria ed è evidente la diminuzione del controllo dello scafo. Quindi anche la velocità non è sempre costante e l’effetto del timone è meno pronto. Pensando all’ausiliario, in primo luogo bisogna realizzare un punto di applicazione resistente ed affidabile, poi bisogna comprare un motore di potenza adeguata, creare un sistema di alimentazione dedicato e organizzare un sistema di controllo a distanza dell’invertitore e dell’acceleratore. Per ottimizzare il controllo della direzione sarebbe ideale collegare al timone anche il fuoribordo, in maniera da virare con la spinta della sua elica perché il timone della barca funzionerebbe poco. I punti a favore dell’ausiliario sono più di uno; il controllo della velocità decisamente più preciso, la velocità minima molto bassa, la migliore governabilità della barca grazie alla possibilità di accelerare e inserire anche la marcia indietro in caso di emergenza; oltre al pregio più grande che è quello di avere un secondo motore che è una bella sicurezza in più. Di contro il costo complessivo maggiore e lavorazioni che necessitano di tirare la barca in secco. Ora la decisione finale spetta a te.

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL AcqUE TORbIdE Volevo chiedere un’informazione a Michele Prezioso riguardo alla pesca ai calamari, che io pratico in genere con la tecnica della traina e che mi diverte tantissimo. Quando le condizioni della trasparenza dell’acqua lasciano a desiderare e la visibilità si riduce, dopo una mareggiata o per correnti che hanno sollevato il fondo, ho notato una forte rarefazione delle catture. La mia domanda è la seguente: secondo te i calamari cacciano a vista e quindi sono impediti dalla poca trasparenza? O non si spostano verso il basso fondo per questo motivo e quindi non li possiamo trovare? Potrebbero essere quindi utili degli artificiali con il “rattle “ ? Quando si verificano queste condizioni tu che rimedi utilizzi? Marco F.

I calamari sono animali imprevedibili e stabilire una statistica delle loro abitudini, valida per tutte le situazioni è piuttosto complicato. Oltretutto rispetto alla limpidezza delle acque, è difficile sapere negli stradi intermedi o sul fondo cosa succede, anche se l’acqua sembra limpida. Correnti di fondo possono creare situazioni insospettabili. Mi capita spesso di pescare con acque torbide o velate. Anche perché non sempre tempo per dedicarsi alla pesca e condizioni ideali coincidono. Quindi non vado tanto per il sottile, penso positivo e preferisco non formalizzarmi sui problemi mettendo in campo tutte le soluzioni che ritengo più valide per portare a pagliolo qualche bella cattura. Tra queste, oltre ai colori degli artificiali, la profondità e la velocità di traina, c’è proprio l’uso dei rattle lures. Una soluzione decisamente efficace, che mi ha portato anche all’idea di modificare alcuni artificiali già molto catturanti aggiungendo il richiamo sonoro di piccole sfere. La procedura è facile e basta forare con attenzione il pesciolino nella pancia e poi introdurvi una decina di pallini di piombo, piuttosto piccoli, tanto da non superare il grammo. Basterà richiudere il foro con della resina bicomponente (si trova in tubetti dal ferramenta) ed il gioco è fatto.

Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL INTRAMONTAbILE ScORREVOLE Da appassionato della pesca a fondo, volevo porvi una domanda sul perché le soluzioni che prevedono l’uso di terminali con piombo scorrevole, così efficaci quasi in ogni condizione, siano diventati una seconda scelta (almeno per quello che si legge in giro). E poi… Come si fa un ottimo scorrevole per evitare grovigli? Io ero un amante del piombo passante, che malgrado qualche limitazione era pratico e di fatto esente da garbugli. Giovanni da Pozzuoli

Carissimo Giovanni, Il concetto di scorrevole usando un piombo a foro passante,

attraverso

cui

passa la lenza madre, con salva-nodo

e

girellina,

a

cui si collega il terminale, è oramai superato da diversi anni. E’ stato dimostrato che i granellini di sabbia del fondo

marino,

occludono

parzialmente il foro in cui scorre la lenza, bloccando di fatto il movimento. La scorrevolezza è importante, ma si devono usare degli accessori specifici. Oggi lo scorrevole è diventato una seconda scelta per gli agonisti, perché usano calamenti a tre snodi per effettuare catture multiple. Chi invece cerca il pesce di taglia, lo usa ancora con successo: economico, veloce ed efficace! Fare un calamento a 3 ami ha il suo impegno ed i suoi costi, considerando le colle, le girelline in titanio ed altro, rispetto ad uno scorrevole, che ha praticamente costo quasi nullo. Lo scorrevole ha una facile gestione nel lancio e nel recupero e generalmente ha un solo amo. Personalmente, in gara, più che usare 3 ami a bandiera, preferisco pescare con lo scorrevole a cui collego una linea longa a 3 ami. Lo scorrevole è indispensabile, quando abbiamo una mangianza diffidente e svogliata; infatti se mettiamo la lenza in bando pescando con lo scorrevole, non tarderanno le prime catture, per l’assenza di resistenza, che quindi non metterà in allarme i pesci. Un ottimo piombo per lo scorrevole deve avere un foro passante molto largo, in tal modo si impedisce alla sabbia di fermarsi all’interno creando un effetto cuneo In alternativa si possono usare degli accessori in commercio, che hanno contemporaneamente la funzione di divergente e di scorrevole.

dario Limone


GLOBAL@MAIL LANcIO TEcNIcO So che forse il mio quesito, con la pesca c’entra poco. Ma voglio azzardare una richiesta a Dario Limone che so essere anche un apprezzato medico, oltre che un vero “guru” del Surf. Mi piace lanciare e ritengo che la performance dipenda si dalla tecnica, ma anche dalla forma fisica. Vorrei sapere allora, dal dottore e da surfer, se ci sono dei semplici esercizi per migliorare la forma fisica in modo mirato al brandeggio delle canne. Grazie, Luigi

Luigi, il lancio tecnico è l’anima del surf, anche e soprattutto in pesca. Non è solo questione di distanza, ma anche di precisione. Centrare una buca, superare del giusto anche un frangente non per forza lontano, sono obbiettivi che devono essere raggiungibili con continuità. E poi, per sfruttare gli attrezzi moderni, è indispensabile caricare la canna con un gesto tecnico pulito ed efficacie. La strada è una per raggiungere ottime prestazioni: l’esercizio e l’allenamento anche quello fisico che, con semplici esercizi, potenzi l’apparato muscolare e che ci protegge così da traumi che possono incorrere quando tutto l’apparato muscolo-scheletrico non è in forma. Un po’ di corpo libero e un po’ di palestra non guastano. E poi tecnica, tanta tecnica, all’inizio basta anche un manico di una semplice scopa per memorizzare i movimenti. Poi si passa alla canna, ma meglio provare in un campo prima che al mare. La spiaggia è poi il banco di prova definitivo.

dario Limone


GLOBAL@MAIL AVVOLGIAMOLO bENE Sono un pescatore alle prime armi. Ho sedici anni e solo da poco mi sono appassionato alla traina. Ho ricevuto in regalo da uno zio dei vecchi mulinelli, un Tyrnos 20 ed uno Shimano a bobina fissa, taglia 8000. Devo mettere del nuovo filo e pensavo di caricarli con dello 0,30. Amici più esperti mi dicevano che per imbobinare i mulinelli c’è una tecnica precisa, sia per i rotanti che per i fissi, per evitare che il filo fuoriesca viziato e facendo delle spire pericolose. E’ vero? E come si deve fare? Ciro

Imbobinare

i

mulinelli è facile, ma come giustamente ti suggeriscono i tuoi amici devono essere rispettate

alcune

semplici accortezze. La bobina di filo andrà svolta sempre facendola

ruotare

intorno al suo asse e mai sbobinando il filo di lato, perché è

fondamentale,

soprattutto nylon,

che

nel non

memorizzi torsioni. Avremo bisogno dell’aiuto di un amico che terrà in mano il rocchetto per tutta l’operazione mentre noi agiremo sul mulinello. Quindi basterà procurarsi un giravite con punta lunga, o una barra di metallo e infilarci la bobina facendo si che il filo esca dal retro, cioè dal lato di chi tiene in mano la bobina. In questo modo sarà possibile controllare bene il lavoro e effettuare la giusta frenatura del rocchetto per un avvolgimento più serrato. Per ciò che concerne il rotante, monteremo il mulinello da imbobinare, sul pedone di una canna e incominceremo l’avvolgimento tenendo il filo con l’altra mano, imprimendo sempre la stessa pressione dal primo all’ ultimo giro, accostando in maniera ordinata e contigua le spire su tutta la capacità di bobina, in modo da creare una base compatta per lo strato di filo successivo. Questo è importante per evitare che durante un recupero sotto sforzo o la fuga di un pesce, qualche spira si serri su quelle precedenti rischiando la rottura del filo stesso. Per quel che riguarda il fisso basta eseguire correttamente la stessa operazione salvo che la distribuzione del filo sarà effettuata dal mulinello in modo automatico.

Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL ATTAccATI AL fONdO Ciao Michele, sono un pescatore molto appassionato ma molto inesperto. Purtroppo il mio cruccio è il poco tempo che riesco a dedicare alla mia passione. E per questo motivo che leggo avidamente la vostra rivista e tutto ciò che trovo sulla traina. Ho una serie di dubbi e perplessità, ma quella che più mi tormenta è la distanza dell’esca dal fondo. E’ mai possibile che se l’esca non passa radente il fondo, e parlo della seppia in particolare, esca che uso regolarmente, gli attacchi dei dentici siano molto rari? Addirittura c’è chi mi dice che pesca quasi a scarroccio per affondare meglio. Io ho qualche difficoltà nel rimanere attaccato al fondo, spesso incaglio e poi si rovina la seppia. E’ un mio trip o effettivamente l’esca deve quasi strusciare. Perché accade questo e che consigli mi dai in merito? Devo fare un guardiano molto corto o basta quello di un metro e mezzo che uso regolarmente? Adriano Caro Adriano, il fatto che tu legga la nostra rivista con avidità mi inorgoglisce e ti posso garantire, e non per presunzione, che tra le righe dei nostri articoli, troverai sempre dei consigli preziosi, sinceri e leali su tutte tecniche di pesca e sulle astuzie che abbiamo messo appunto in anni di passione. Per tornare al dentice posso garantirti che per insidiarlo la soluzione migliore e con il maggior ratio di catture è quella di trainare le esche rasente il fondo, senza ovviamente farle toccare. E’ un gioco semplice e difficile allo stesso tempo, quello di tenere la massima profondità possibile senza arroccare piombo e esca. Ma è una sensibilità che si acquisisce con la pratica e con molte “incaramate” come diciamo noi napoletani. Gli incagli fanno parte del gioco. Vedrai che poco a poco capirai dove sta il piombo senza neanche accorgertene. Il guardiano da un metro e mezzo va benissimo; tienilo un po’ più alto, circa 2 metri dal fondo e non avrai problemi; considera anche che l’esca soprattutto se è una seppia viva ha un suo affondamento e non segue in modo rettilineo la traiettoria del guardiano. Il dentice segue l’esca e sebbene generalmente attacchi sul fondo, può farlo anche molto più in altro. Piuttosto usa trecciati sottili per affondare con meno piombo possibile, usando terminali non più lunghi di12-15 m e traina a velocità moderate comprese tra 0,8 e 1,5 knt . Pescare leggero frutta di più e ti fa incagliare molto meno.

Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL ALTERNATIVE dA dENTIcI Amici di Globalfishing, pongo un quesito, nella speranza che qualcuno del vostro staff mi dia indicazioni alternative alle soluzioni classiche che si conoscono già… Praticamente, per i motivi più svariati, non sempre ho la possibilità di fare calamari e quindi, mi rimane il problema di come catturare con continuità i dentici. Tralasciando sugherelli, aguglie e affini… quali esche mi consigliate come giusto compromesso tra facilità di reperimento, vitalità ed efficacia? Matteo da Livorno

I

dentici

sono

un

po’ come i cinghiali, mangiano praticamente di tutto, quindi ogni boccone

può

portare

ad una bella cattura. E’ vero però che ogni zona ha le sue regole, per esempio, nelle aree dove mi confronto con questi pesci, preferisco innescare

delle

alacce,

che

meglio

di

belle

rendono qualunque

altra esca, specialmente nei mesi che vanno dalla primavera all’autunno. Anche le tracine (opportunamente lavorate per renderle innocue amputando gli aculei degli opercoli e della dorsale), hanno una marcia in più. Non trascurerei nemmeno i pesci lucertola, belli tozzi e corposi, che non passano inosservati… e sono più facilmente gestibili rispetto alle tracine. Un’esca micidiale oltre a quelle già descritte? Diciamo 2… sgombri e menole. Questi due bocconi hanno un elevatissimo appeal verso lo sparide e, spesso, con tante barche nello stesso tratto di mare, gli strike avvengono proprio sulle canne dei pescatori che sono riusciti a procurarsi questi pescetti. Almeno… la mia esperienza mi ha portato verso queste conclusioni… e poi… vuoi mettere una frittura di calamari anziché farseli tritare dalla tanute??? Saluti.

domenico craveli


GLOBAL@MAIL qUESTIONE dI dISTANzA? Carissimo Domenico Craveli, sono appassionatissimo di vertical, ma sono un vero “ inesperto”, perché le mie esperienze di pesca con questa tecnica sono solo estive e vacanziere. Ora però sono in procinto di poter tenere la barca pronta per le uscite anche invernali, grazie ad un cambio di residenza che mi avvicina moltissimo al mare. Seguo da tantissimi anni i tuoi articoli e sono stato uno dei primi ad acquistare il tuo libro “La sfida verticale” che tutt’ora è la mia bibbia e ancora guardo con un pizzico di incredulità le foto delle tue fantastiche catture.. che vorrei emulare. Il mio problema è riuscire a pescare in modo mirato sulle prede. Io frequento l’Argentario e le profondità sono modeste e i pesci non saltano davvero in barca. Forse dovrei cambiare ecoscandaglio per avere una visione più ampia (ho un Furuno) o posso sperare che una volta individuata la zona che ritengo prolifera i pesci (i dentici nel mio caso) possano essere richiamati dal jig anche se non sono proprio sulla verticale ? Ugo G.

Carissimo Ugo, la sfida verticale ha un po’ stupito anche me… perché molte argomentazioni sono ancora attuali, nonostante siano

passati

dieci

anni

dalla sua uscita. Scrivere un libro dopo una stagione, era un grosso rischio, invece… siamo qui a parlarne. La cosa mi lusinga. Per quel che riguarda la tua domanda, posso

tranquillamente

confermarti che anche a bassa profondità i pesci gradiscono il jig. Naturalmente, bisognerà scendere molto come grammature. Un 80/60 grammi basterà per essere in pesca tra i 25 e i 30 metri, utilizzando naturalmente trecce sottili. Un buon 20lbs con un leader del 47, basterà per avere la meglio di dentici e anche di qualche ricciola non esageratamente gigante. Sicuramente uno scandaglio con una visione più ampia aiuta, ma un Furuno è un ottimo scandaglio e sebbene appena stretto può andare benissimo. Per quel che riguarda l’azione in verticale è da preferire, ma con jig spiattellanti, anche il “diagonal Jigging” funziona, specie se in giro ci sono pelagici come le palamite. Un caro saluto.

domenico craveli


TRAINA

LA PALAMITA

L

a palamita presenta le caratteristiche specifiche dei pesci pelagici. Infatti possiede un corpo con una perfetta linea idrodinamica; la testa è lunga e conica, con la grande bocca da predatore, costellata di una miriade di denti molto aguzzi, ai quali è difficile sfuggire e che sono in grado di

mettere a dura prova anche lenze e terminali. Capace di un nuoto potente e veloce è un combattente di prim’ordine, divertente da insidiare con molte tecniche, prima tra tutti la traina di superficie. La palamita è un pesce di grande valore sportivo, soprattutto se di taglia. Oltretutto anche il valore alimentare di questo predatore non è da trascurare perché le sue carni sono ottime e si prestano a tutte le preparazioni, da raffinati crudi alla più classica conservazione sott’olio. Oltretutto è una pesca alla portata di tutti, semplice e divertente. Dove e quanDo Le palamite sono pesci fortemente gregari e si muovono in branchi, spesso anche molto numerosi; da buoni pelagici seguono le loro prede d’eccellenza che sono i grandi banchi di pesce azzurro. Gli esemplari più grandi possono superare anche gli otto nove chili, sebbene la taglia media sia più piccola e prede di 5 o 6 kg rappresentano già catture di notevolissimo pregio. Gli esemplari più grandi infatti difficilmente accostano prediligendo acque profonde e lontane. Malgrado ciò è possibile, saltuariamente, imbattersi in esemplari over size, difficili da catturare per la forte sospettosità che maturano in età adulta. Sebbene le sue abitudini portino questo pesce ad incrociare in prossimità della costa, sempre in punti prossimi a forti variazioni batimetriche, dall’inizio della primavera fino ai primi freddi dell’inverno, in alcune zone particolarmente ricche di mangianza, si registra la sua presenza quasi durante tutto l’anno.


Come si pesCa La palamita si può pescare con molte tecniche, le più classiche sono il drifting e la traina, sebbene spesso rimanga sedotta anche da jig e inciku, ma anche con lo spinning, soprattutto se si riesce ad intercettare il branco durante la frenesia di caccia. Ma la pesca che riteniamo sia più fruttuosa è la traina durante l’autunno e la prima parte dell’inverno che sono i periodi migliori per insidiare la palamita con questa tecnica. Nei primi periodi, quelli più caldi si può trainare utilizzando piume e cucchiaini, a galla, Le palamite sono pesci gregari e se si incontra il branco effettuare catture multiple non è impossibile, sebbene siano pesci che non si concedono facilmente e che vendono cara la pelle.

avendo però sempre l’accortezza, essendo la palamita molto diffidente, di far viaggiare le esche a 30 metri e più dalla barca. Col diminuire della temperatura i minnow

affondanti avranno un rendimento migliore, soprattutto se ci avvarremo di artificiali con movimenti guizzanti dalla livrea simile a quella del pesce foraggio presente in zona ad una velocità di traina compresa tra i 4 e i 5 nodi. Può migliorare il risultato anche affondare le esche con un piombo rapido, posizionato a 15 e più metri dall’esca. Le esChe migLiori Le palamite sono state insidiate nel tempo con molti artificiali, tra i quali le piume e i cucchiani sono stati i primi e più più comuni e che ancora oggi trovano il loro riscontro, nelle versioni più evolute. Le piume con testina affondante con livrea naturale,

i classici minnow sono sempre attuali e molto catturanti; sebbene da ultime esperienze anche gli artificiali da spinning sono assolutamente validi.

i moderni Toby o l’intramontabile GranPescatore, trainati in superficie o appena affondati sono esche che bisogna avere in cassetta. Così come non possono mancare minnow della serie affondante, dai 7 ai 14 cm. Ultimamente buoni risultati si sono ottenuti trainando artificiali da spinning, provvisti di paletta, riducendo appena la velocità e affondandoli con piombi a sgancio rapido. Il nuoto frenetico che se ne ottiene si è dimostrato molto catturante. Tre cucchiaini, tra i più classici, validi per queste prede. il Toby della abu, uno a foglia d’olivo e l’intramontabile granpescatore nella misura più piccola.


TRAINA

piCCoLe asTuzie Per aumentare l’attrattività delle esche trainate, piume o il bulbo piombato, montato in serie al terminale con l’artificiale, grazie alla parte galleggiante e allo sbilanciamento del piombo, in traina genera turbolenza e schizzi con un notevole effetto di richiamo.

minnows che siano, si possono adottare svariate soluzioni. Una tra le più comuni è quella di far precedere l’esca da un areoplanino di piccole dimensioni o da un buldo piombato che creano una scia di bolle e di schizzi che simulano la predazione. Un’altra soluzione molto attrattiva è la filosa che, come si vede in foto, è organizzata con una serie di octopus o di raglout, montati in fila con corti braccioli, che sembrano un piccolo branco di pesci inseguiti dall’artificiale affondante che

applicheremo in coda. Il sistema funziona bene tanto in superficie che affondato di qualche metro. pesCanDo a visTa Le mangianze delle palamite sono meno coreografiche di altri pesci; infatti le palamite non sempre saltano fuori dall’acqua e più spesso le loro cacciate sono veloci e in superficie, segnalate da una scia turbolenta e dalla groppa scura e dalla pinna dorsale, appena affioranti, che si stagliano sul bianco della schiuma. Raramente i gabbiani segnaleranno l’evento, a meno che nella bagarre generale non ci si infilino altri pesci come i tonnetti e gli alletterati. Infatti le palamite cacciano inseguendo le prede in orizzontale e disperdendole piuttosto che cercando di farle aggallare dopo averle strette nella classica “palla”, usanza di altri predatori pelagici. In questo caso gli uccelli difficilmente riescono ad approfittare della situazione

La filosa è una delle montature più antiche e può essere realizzata in mille maniere; il pesciolino affondante in coda completa l’inganno, imitando un branco di pesciolini inseguito da un predatore: nulla di più stimolante.


SCHOOL

SCUOLA DI PESCA

con gli esperti di Globafishing

Potrai approfondire la tua TECNICA

preferita con noi!

DIDATTICI TEORICI E PRATICI

Per Info:

www.globalfishing.it/scuola-di-pesca

contattaci su:

scuoladipesca@globalfishing.it


SURFCASTING

VETTE IN PESCA L

Di Domenico Craveli a canna da surf è l’elemento distintivo del surfcaster. Il prolungamento del proprio braccio e delle proprie ambizioni. L’attrezzo che deve portare i nostri sogni oltre l’onda, oltre il muro d’acqua che come uno scrigno cela le nostre prede. Prede che approcciano un’esca… e fanno

sussultare le vette.. proprio quelle vette da cui dipende molto della nostra pescata e, di cui spesso, se ne sottovalutano le caratteristiche essenziali. La vetta infatti contribuisce a farci stare correttamente in pesca con moto ondoso anche importante, ci permette di vedere le tocche della preda permettendo allamate sicure e mantiene il contatto con il pesce durante le varie fasi evitando il rischio di deludenti slamate. Questo però non sempre accade e nonostante costosi acquisti, può capitare di trovarsi tra le mani canne sorde alle abboccate, con vette che spiombano e fanno ballare il fusto con le onde, oppure con vette fragili che si schiantano al più piccolo errore di lancio o di manovra. Insomma.. c’è vetta e vetta.. .


Per pesci come le orate servono vette che accompagnano la mangiata. Diversamente il pesce potrebbe accorgersi dell’inganno prima che l’amo faccia il suo lavoro

AD oGNI CANNA.. LA SUA veTTAe, cela

Un ZZiplex in pesca. Una delle canne con la vetta in composito. Tra le più performanti al mondo

Quando ci accingiamo a scegliere un modello, dovremo mentalmente fare un’analisi di cosa dobbiamo farci. Consci del fatto che esistono canne da pesca.. canne da lancio.. e canne da “niente”. A noi servono le prime e, azzeccare la scelta, non è una cosa semplice, specialmente in un momento storico in cui sul web, che poi condiziona le nostre scelte, si legge di tutto e il contrario di tutto. Se peschiamo regolarmente con il mare mosso ed esche voluminose, dovremo scegliere canne dal fusto potente, ma con una vetta molto “pastosa”, per poter stare bene in pesca in condizioni di turbolenza senza scalzare il piombo. Con queste caratteristiche esistono delle ripartite, top di gamma, (bisogna spendere molto), oppure delle ottime 3 pezzi, con cimino tubolare in carbonio, oppure pieno, riportato nell’elemento del sotto vetta. Le canne per la lunga distanza, avranno invece una cima meno morbida, molto più reattiva, progettata per partecipare attivamente all’arco di caricamento più che per stare in pesca nel mare mosso e segnalare le piccole tocche. Tanto, se


dobbiamo scagliare un piombo oltre la soglia dei 150 metri, con

SURFCASTING

filo sottile in bobina, la sensibilità alle toccatine dei piccoli pesci è l’ultimo dei problemi. Naturalmente i compromessi esistono, ma sono pur sempre dei compromessi.

Una vetta con una lavorazione particolarmente accattivante. Il corretto posizionamento dei passanti, il loro numero e la resinatura, contribuiscono alla sua azione. Un montaggio sbagliato può alterare in meglio o in peggio, l’azione della canna.

eRRoRI FATALI Dopo aver trovato la nostra vetta ideale, abbinata ad una canna che ci è costata un occhio della testa, siamo finalmente in spiaggia. Mettiamo un picchetto di quelli che vanno in voga oggi… colore verde speranza su un profilo angolare di alluminio e via… canna in pesca! Ad un certo punto una maestosa orata mangia, ma anziché curvarsi, la canna balla con tutto il suo supporto mal piantato nella sabbia. Una, due, tre oscillazioni, poi il nulla… preda andata! Questo è un errore, un modus operandi che invalida tutto . Bontà dell’attrezzo, balistica, perfezione nel lancio. Perché mettere una canna in pesca… anzi una vetta in pesca, fa parte di un sistema più ampio, che merita attenzione ed equilibrio, oltre le mode e le tendenze!

Un solido picchetto permette alla canna di lavorare al meglio. Diversamente, centinaia di euro in pesca, serviranno solo a vedere danzare canna e mulinello sotto azione di vento e onde. e non sia mai che abbocchi un grosso pesce… sarebbe un disastro!



PESCA DALLA BARCA

Saraghi in drifting Di Michele Prezioso

I

l drifting è una disciplina veramente versatile; anzi potremo definirla l’arte del richiamo. Una sottile scia di odori e sapori che può richiamare i pesci da distanze enormi. Ma questa volta non ingannerà i grandi pelagici, ma pregiatissimi sparidi. Sparidi di fondo, sospettosi, volubili e

combattivi, come i i saraghi ed in particolare i saraghi maggiori, che insidieremo con attrezzi leggeri e con la tecnica del light drifting e con le esche più comuni in assoluto, le sarde. Lo SPot Prima di iniziare la nostra virtuale sessione di pesca, spendiamo due parole sulla scelta dello spot. Non tutti i fondali ospitano saraghi di taglia interessanti per questa pesca; perché, tra le altre cose, cercheremo la massima selettività perché saremo alla ricerca di pesci grandi. Allora i fondali che dovremo ricercare sono misto sabbia scoglio, o meglio grotto e anfratti sparsi tra le posidonie, con batimetriche dai 12 ai 25-30metri di profondità, antistanti spiagge, calette e moli frangiflutti. Posti ricchi di corrente insomma, e di mangianza. Si pesca dall’ alba al tramonto, meglio se dopo una buona scaduta, con acqua leggermente torbida. Cielo plumbeo e magari una “fastidiosa” pioggerella, completeranno lo scenario migliore. Occhio alla marea, i saraghi entrano in attività a cavallo della fase di alta, e nelle prime due ore di inversione dei flussi verso la bassa. Una pesca ideale da fare in questi periodi di fine autunno e inizio inverno. Prima di iniziare la nostra virtuale sessione di pesca, spendiamo due parole sulla scelta dello spot. Non tutti i fondali ospitano saraghi di taglia interessanti per questa pesca; perché, tra le altre cose, cercheremo la massima selettività perché saremo alla ricerca di pesci grandi. Allora i fondali che dovremo ricercare sono misto sabbia scoglio, o meglio grotto e anfratti


sparsi tra le posidonie, con batimetriche dai 12 ai 25-30metri di profondità, antistanti spiagge, calette e moli frangiflutti. Posti ricchi di corrente insomma, e di mangianza. Si pesca dall’ alba al tramonto, meglio se dopo una buona scaduta, con acqua leggermente torbida. Cielo plumbeo e magari una “fastidiosa” pioggerella, completeranno lo scenario migliore. Occhio alla marea, i saraghi entrano in attività a cavallo della fase di alta, e nelle prime due ore di inversione dei flussi verso la bassa. Una pesca ideale da fare in questi periodi di fine autunno e inizio inverno. UnIvERSALE SARDInA Per una battuta di mezza giornata, sono necessarie 2/3 casse di sarde; alcuni chili di esse, utilizzate per l’innesco, saranno conservate nel ghiaccio durante la pescata per mantenerle sode, ed evitare che i bocconi si sfaldino. Le utilizzeremo a tocchetti, oppure intere senza testa. Per la pasturazione dovremo operare in modo tale da creare una scia omogenea, ed in assenza di sistemi automatici come il sardamatic, dovremmo essere noi, ad intervalli di 2/3 minuti, a gettarne in mare la quantità opportuna per evitare che i pesci si disperdano, e stazionino invece ad una distanza ottimale dalla Le sardine da innescare debbono essere ben sode e freschissime

barca per pescarli sul filo della corrente. Con pesci in frenesia, si diminuirà man mano l’intensità della pasturazione stessa per non saziarli.

ARMAMEnto DA MAggIoRI Gli attrezzi saranno composti da canne da 3,50 m a 5 m, con vettini sensibilissimi ed equipaggiate con mulinelli taglia 4500-5500, con nylon in bobina dello 0,22-0,24, meglio se dicroico. Il terminale, in fluorocarbon, si monterà in linea con la madre, tramite una girellina a tre metri dall’ amo, che potrà essere ad esempio un Tubertini 5180 del 2 o del 4, la cui dimensione sarà relazionata al size del boccone: solitamente il 4 è per il tocchetto, il 2 per la sarda intera o per il filetto. Per il terminale useremo del fluorocarbon da 0,20-21-23-24-26, a seconda della sospettosità dei pesci, ma anche della taglia. Considerando che in caso di corrente media o sostenuta dovremo zavorrare la nostra montatura, dovremo equipaggiarci con piombo tenero spaccato a palline del peso di 1gr, per poter gestire piombature di peso complessivo fino a 5 gr.

La pasturazione automatica è un metodo che porta non pochi vantaggi, grazie alla continuità e alla quantità costante. Ma una più noiosa pasturazione a mano, coadiuvata ad una pasturazione sul fondo con un pasturatore a sgancio può essere altrettanto efficace


PESCA DALLA BARCA In AzIonE L’azione di pesca si effettuerà rigorosamente con barca ben ancorata. Fileremo in mare l’esca a seguire la corrente, ossia in rilascio. Ad archetto aperto daremo filo man mano che il boccone tenderà a “tirare”, fino a toccare fondo a volte anche a 50 metri dall’imbarcazione. La mangiata del sarago sarà inconfondibile, tocche secche e potenti e il combattimento successivo sarà divertente e gratificante.

Occhio perche’ anche qualche oratona potrebbe venire a far visita alle nostre esche più spesso di quanto pensiamo.

orate e saraghi condividono spesso lo stesso areale: quindi occhio alle sorprese



VERTICAL

IL POSTO FILOSOFALE U

Di Domenico Craveli

n’oasi rocciosa che si erge per decine di metri dal fondale piatto dopo miglia e miglia di monotono fango… è questo il “posto filosofale”, un luogo che conosciamo solo noi, vergine dagli strascichi e da ogni forma di prelievo, un luogo dove pesci di ogni tipo e dimensione

sono lì, parcheggiati ad aspettare quel miracoloso ferro, il nostro inchiku, il blatt, che fendendo l’acqua in maniera presuntuosa, già alla prima cala è in grado di sedurre e regalarci l’animale… Peccato che questi posti sono raggiungibili soltanto dopo miglia e miglia di navigazione immaginaria nelle notti insonni dei pescatori più fantasiosi, perché in realtà il posto magico ha altri connotati, spesso fugaci, a volte meno evidenti, perché probabilmente in mare la discrezione è di casa più di quanto noi possiamo immaginare. Azzardare qualche riflessione frutto di esperienza piscatoria non è comunque peccato e, quindi, addentriamoci in quello che è un percorso dove molti potrebbero trovare confronto e conforto per il raggiungimento di un obiettivo dichiarato, senza confidare troppo nella sola sorte quando si cala in mare un artificiale che non ha odore ne sapore. PreDoni in StaSi Un pesce si definisce in stasi quando non è in attività di caccia, situazione che può essere tradotta in due scenari distinti, ossia quando i pinnuti sono fermi nei pressi di qualche elemento di discontinuità del fondo (secca, scoglio isolato, manufatto artificiale, relitto), oppure quando pattugliano un’area apparentemente senza scopi alimentari.

Grandi ricciole in pattugliamento sul sommo di una secca rocciosa


Anche se può sembrare “fantapesca”, la capacità di capire cosa fanno i predatori in un preciso luogo può aiutare ad ottimizzare la nostra azione di pesca, permettendoci di concentrare gli sforzi in determinate aree piuttosto che in altre. Diciamo che una calata su aree dove marchiamo pesce è comunque d’obbligo, ma sbattersi come dei matti per ore e ore significa essere davvero convinti di pescare nel posto giusto. A conferma di ciò, in sessioni di pesca diverse, abbiamo affrontato lo stesso spot e le sue adiacenze, con tecniche diverse, proprio per meglio comprendere alcune abitudini, nello specifico quelle delle ricciole, con riscontri oggettivi e risultati sorprendenti. CronaCa Nei pressi di una depressione fangosa/grotto, con un accentuato dislivello che dai -50 scende ai -80, è presente nelle prime ore del mattino, nel periodo settembre/novembre di quasi ogni anno (cianciole permettendo),

a jigging tutto può succedere in un attimo

un branco di ricciole di peso compreso tra i 5 ed i 10kg, con qualche peso massimo. Chi le ha tentate a vj/inchiku, ha notato come il branco sostava in quest’area fino alle ore 7.00 di mattina circa e, fino a quell’ora, erano abbastanza decise negli attacchi all’artificiale; ma, passate le 7, le marcature magicamente, sparivano. Con l’avanzare del giorno, iniziavano a flettersi le canne dei trainisti, quasi un miglio e mezzo più a terra e, nonostante ci abbiano provato in molti, quei pesci, in quella seconda condizione, non c’era verso di farli interessare agli artificiali, di qualunque fattura. Invece un bel calamaro, scarrozzato a dovere in mezzo agli “archetti” disegnati sull’eco, che ignoravano sistematicamente il ferro, è stato in acqua giusto il tempo di fare un passaggio. Al tramonto, invece, il branco si riposizionava nel punto “X” e riprendevano quota le tecniche verticali fino a buio inoltrato.


VERTICAL

non Solo CaranGiDi Questo ragionamento è applicabile anche ai dentici e alle cernie dorate e bianche, che stazionavano anche loro su fondali omogenei, prima di andarsene “a pranzo o a cena” nei pressi di scogliere, secche o simili. Naturalmente, per queste altre specie non sempre facilmente individuabili con lo scandaglio, tecniche come l’inchiku, meno stancanti dello stesso vj, sono più indicate, in quanto potremmo permetterci il lusso di insistere parecchio effettuando lunghe scarrocciate distanziandoci anche di molto dal punto “X”… che, tradotto nel nostro linguaggio, significa roccia a tutti i costi.

Un grossa cernia dorata non ha resistito ad un inchiku fucsia

allora? Allora il punto magico esiste, ma esiste come una “micro-area” temporanea dove, per questioni di temperatura e di correnti, i pesci si fermano in attesa delle scorribande all’ora della pappa. Come trovarlo? Ogni area ha una realtà propria, conosciuta atavicamente dai pescatori delle piccole marinerie, custodi di racconti che noi “moderni” pensiamo di snobbare come “favole”; anche chi scrive era così… fin quando un anziano amico, a 8 miglia della costa, mi indicò di fermarmi su un preciso punto… nel mezzo del nulla, con nulla sul gps… e nulla sullo scandaglio… fin quando alla terza cala non si materializzò una cernia bruna da altri tempi!


Uno spot deserto… ma attenzione, può diventare un oasi popolata in pochi minuti, basta un flusso di corrente favorevole

il valore Del lUoGo Più che il valore di uno spot specifico, dobbiamo rivalutare tutte quelle aree che trascuriamo per la convinzione che sotto non ci sia nulla… ma per fare i dentici basta un po’ di detrito, non serve il vulcano sommerso…, per le ricciole basta un manufatto anti-strascico ad esempio… o un qualsiasi riferimento sul fondo. Anche di modeste dimensioni.


SQUIDFISHING

Prendiamoli a traina

Di Michele Prezioso

L

a stagione fredda, sebbene non amata da molti, in mare, porta tantissime novità. Tra tutte la presenza costante dei cefalopodi ed in particolare dei calamari che sono la nostra passione. Pescarli è qualcosa che va oltre l’atto del prelievo, è un confronto con una preda dal comportamento

bizzarro ed elusivo; un folletto che a volte si concede rendendo tutto semplice ed a volte ci fa impazzire. Ma quando sul filo si avverte la trazione pulsante delle sifonate potenti la magia si avvera.. . La traina Tra tutte le tecniche di pesca possibili, la traina è quella che maggiormente può darci soddisfazione nella stagione fredda. La possibilità di sondare molto territorio e effettuare più passate sui posti buoni assicura una maggiore opportunità di catture. Ma non è che basta andarsene a zonzo per il mare per catturare calamari. Non è difficile ne bisogna avere una esperienza ultra decennale ma è indispensabile saper quel che c’è da fare, dove farlo, quando e soprattutto come. Dove Saranno le zone a fondale misto le protagoniste della nostra pesca. Sceglieremo infatti le batimetriche del sottoscosta che andranno dai 3 ai 20 e più metri, caratterizzate dalla presenza di scoglio, sabbia e posidonia. L’area di pesca sarà comunque un punto dove sarà presente abitualmente corrente e


pesce foraggio. Infatti il calamaro è un forte predatore e si spinge fino a terra per cacciare le sue prede costituite dai piccoli pesci. PriMa Di tutto Avere un’ attrezzatura all’altezza della situazione è indispensabile, ma ciò non vuol

dire

necessariamente

acquistare

canne specifiche e per giunta costose. Saranno sufficienti, per questa disciplina, delle canne da traina costiera leggere, tra le 4 e le 6 lbs lunghe sui 2 metri , o delle canne da spinning, con casting di 40/80 gr, equipaggiate di piccoli mulinelli rotanti, imbobinati con del multi da 0,19, al quale connetteremo, con una piccola girella un pre-terminale dello 0,30 lungo circa 4 anche delle canne da spinning telescopiche possono fare al nostro caso.

metri.

La terMinaListica Una volta armate le canne completeremo la preparazione connettendo al nailon una ulteriore girella del 14 alla quale annoderemo il terminale vero e proprio in fluor carbon dello 0,26 al quale applicheremo un piccolo moschettone da spinning. Lo svolazzo sarà lungo circa 3 metri. Per

il recupero è un momento delicato, ma anche pericoloso.. una bella sifonata d’acqua non ce la toglie nessuno, ma anche uno schizzo di nero può essere in agguato!

garantirci un sufficiente affondamento potremo realizzare più soluzioni. La prima quella di applicare un piccolo piombo guardiano, sulla prima girella, o un piombo a sgancio rapido o, addirittura un piombo a oliva scorrevole montato in linea. Quest’ultima soluzione ci assicura di non perdere mai la zavorra, ma ci obbliga ad un recupero a mano dell’ultimo tratto di lenza, mentre le altre due ci consentono di recuperare con la canna fino sotto bordo e variare il piombo. Poiché useremo almeno due canne ci avvarremo di due zavorre di diverso peso; schematicamente ci orienteremo sui 50 gr su una, e sui 100 e più sull’altra per far lavorare gli artificiali a profondità diverse. Ciò non toglie che le grammature possano essere variate per aumentare la profondità di affondamento. GLi artificiaLi Gli artificiali per la traina sono commercializzati da diverse aziende; tra i più usati ci sono i Rapala Squid da 9 e 11 cm, i Princess Yamashita da 10 cm, i minnow 148 Seika e gli Yo-Zuri . Non è detto che altri modelli e marchi non abbiano anch’essi ottime capacità catturanti, ma per esperienza i marchi citati sono una vera e propria garanzia. Le colorazioni sono tutte da provare, ma il riscontro varia da zona


a zona e di situazione in situazione. Certamente nella nostra bag non potranno mancare le colorazioni

SQUIDFISHING

naturali, viola, blu, nero, giallo fluo, rosa fluo e arancio.

I calamari sono animali dalle abitudini molto complesse e la scelta dell’artificiale è importantissima e solo alternando colori e misure si arriva a determinare il più catturante, ma ben presto potrebbe cambiare il loro gradimento e allora si ricomincia.

anDiaMo a Pesca Se possibile l’assetto consigliato è con 3 canne, una per murata ed una a galla, in posizione centrale, con soli 10 gr di piombo posizionati a 5 metri dall’artificiale, mollato in scia a 12-15 m dalla poppa. Per la canne laterali fileremo in acqua circa 20 metri dal piombo, per quella più leggera e 28 per quella più pesante, ricordandoci sempre di virare solo dalla parte della lenza più pesante. Non dimentichiamo di applicare uno star light sulla cima di ogni canna; sarà indispensabile per segnalarci le abboccate. I momenti migliori sono il calasole e l’alba, ovvero i cambiamenti di luce, durante i quali l’attività dei cefalopodi si intensifica; sebbene anche durante la notte si possono alternare momenti di stasi a momenti di attività. Le serate migliori sono quelle con la luna piena, mentre con la luna in fase calante è più propizia l’alba e in fase montante il cala sole. Anche la marea è importante e se si riesce a pescare due ore prima del colmo e due ore dopo le opportunità di cattura aumentano. Velocità consigliata intorno a 1,5/1,8 nodi con accelerate anche fino a 2,5 per simulare dei guizzi e stimolare gli attacchi.

animale misterioso e bellissimo, il calamaro è capace di cambiamenti continui e rapidissimi di colore ed in acqua sembra emettere lampi di luce.


SURFCASTING

5.500 ArtICOLI con SPEDIZIONE

GRATUITA PESCARE AD OGNI COSTO OFFERTA

Black Ace Seaguar

OFFERTA

Hi Catch Momoi

OFFERTA

€ 13,00

€ 89,10

€ 44,10

Fluorocarbo

Monoolo

Trecciati

OFFERTA

Adriatica Colmic

OFFERTA

Baviera Colmic

OFFERTA

€ 103,50

€ 125,00

€ 107,10

Canne Bolentino

Canne Bolognesi

Canne Squiddy

OFFERTA

Artificiali Nomura

OFFERTA

Haru Street Nomura

OFFERTA

€ 6,50

€ 44,50

€ 44,00

Artiociali

Mulinelli

Artiociali

J-Braid 500m Daiwa

Supreme Falcon

Black Minnow Fiiish

PUNTO VENDITA DI ARICCIA VIA NETTUNENSE KM 8,100


TRAINA

TRAINA SOTTO ZERO Di Domenico Craveli

Q

uando l’inverno bussa alle porte e le bizze climatiche contribuiscono a generare caos nel moto delle correnti dominanti di una zona, i pesci, nelle aree dove ci sono alti fondali, si inabissano e predano su batimetriche impegnative, luoghi particolari dove i ritmi biologici sono rallentati

e, allo stesso tempo, il concetto di predazione assume lineamenti più netti e decisi di quanto si possa verificare nell’immediato sotto-costa alle profondità canoniche. Ci siamo… portiamo le nostre esche in traina dove non avremmo mai pensato di calarle… Quale è la secca ideale del trainista? Quale profondità è la migliore per insidiare le tanto agognate prede? Quale è lo spot ideale? Domande che spesso ci siamo fatti troppe volte, e troppo spesso abbiamo cercato aree che non è detto siano poi così ricche di pesce. Esistono, infatti, luoghi senza stagione, luoghi dove i ritmi sono più rallentati, luoghi dove i predoni amano stazionare e cacciare molto più di quanto possiamo immaginare. Le batimetriche tra i 70 e i 130 metri sembrano inaffrontabili; in realtà il gioco è sicuramente intrigante, fattibile e, soprattutto, molto produttivo. Gli animali più maestosi spesso stanno proprio lì, in acque profonde, dove solo pochi osano e, soprattutto, dove solo pochi sanno come orientarsi. Rocce isolate, piccoli dislivelli, buche in mezzo al fango sono solo alcuni dei riferimenti su cui calare le nostre insidie, perché nella penombra del medio fondale tutto è possibile, basta crederci.

Un Doveroso riConosCimento… Se il vertical jigging ha avuto un merito, è sicuramente quello di averci fatto scoprire un mare nuovo, un mondo più vasto, zone sconosciute all’interno di aree di cui pensavamo conoscere ogni angolo, portandoci a catture insperate in spot inediti. Probabilmente il trainista deve imparare da queste esperienze, perché


anche per il live trolling gli scenari di confronto diventano più ampi, con un target di prede più numeroso. A dentici, ricciole, cernie brune e alessandrine si aggiungono le cernie bianche, i prai di notevoli dimensioni e gli splendidi corazzieri, pesci più rari a quote inferiori. Da Dove iniziare Pescare a quote così impegnative impone un’andatura di traina al di sotto del nodo, quasi uno scarroccio. Molti storceranno il naso, paragonando la tecnica ad un bolentino pesante in deriva: in realtà, pur diversificandosi dalla traina canonica, questa tecnica ne ricalca le fondamenta indispensabili per avere successo. Le canne saranno di potenza 20/30lbs, con estrema alcuni spot complicati, non erano nemmeno considerati dai trainisti. Le tecniche vertiali invece hanno permesso di conoscerli meglio. Forse, per i pesci, non è stato un bene…

azione

di

punta,

meglio

corte,

considerando che utilizzeremo piombi anche da 750gr. In bobina useremo un ottimo trecciato da 30lbs max 40, al quale abbineremo un leader dello

0.60 lungo tra i 5 e i 7 metri. Il terminale sarà il classico tandem di ami, anche circle volendo (montati come i classici funzionano lo stesso) su uno spezzone di fluorcarbon singolo dello 0.62 Le rotte di traina dovranno seguire i dislivelli batimetrici ad andatura prossima ad un lento scarroccio con numerose pause di moto durante le quali faremo sbattere più volte il piombo sul fondo per attirare l’attenzione di qualche commensale. Piatto riCCo Per questa traina l’esca naturale morta ma freschissima è decisamente più performante di quella viva (ricciole a parte naturalmente). Seppie, totani e calamari sono il massimo per predatori stanziali. Il motivo per il quale opteremo meglio per un cefalopode morto anziché bello guizzante risiede nel fatto che spesso è necessario adeguare costantemente la profondità di traina, e nelle pause è buona norma, laddove il fondale lo permette, far sì che l’esca si poggi sul substrato. Questa azione porta molte volte allo strike. In questi ambienti i ritmi sono rallentati, la predazione segue strategie di approccio brutali ma meno “rapide” di quanto avvenga a profondità inferiori. Riuscire a percepire questo, a capire come i predoni si muovono su questi fondali, rappresenta una frontiera che arricchisce notevolmente il bagaglio tecnico del pescatore.


TRAINA seppie morte ma freschissime, e quindi con i cromatofori ancora attivi, sono catturanti oltre la più rosea previsione

Cosa asPettarsi I grandi animali che possiamo ferrare in tali spot mettono a dura prova tutto il corredo pescante. Ostacoli sul fondo e tutta la colonna d’acqua che li sovrasta concorrono ad una difesa spesso notevole, in termini di potenza espressa. E’ opportuno andare con la mano pesante, concedendo pochissimo al pinnuto. Pompate potenti, frizioni ad elevato valore di freno concorreranno a sfiancare un avversario ignoto di cui potremo vedere la sagoma dopo interminabili minuti di recupero. E le sorprese sono all’ordine del giorno. E solo provando potrete scoprirlo, perché i dentici, oltre i 10kg, le cernie da due cifre, qualche insolito e maestoso praio o l’ancor più

raro

corraziere,

stanno proprio lì, sulla soglia di un fondale ignoto.

Una grande cernia canina, preda che i trainisti stanno imparando a conoscere, quando si affrontano le profondità oltre i 100 metri.


SURFCASTING


NAUTICA

OBIETTIVO SICUREZZA

di umberto Simonelli

r

aggiungere la sicurezza assoluta è praticamente impossibile e in mare la storia non cambia. Ma mettere in campo tutte le precauzioni necessarie è invece un obbiettivo tassativo. Navigare sicuri passa per tantissime cose che vanno dal rispetto delle regole, all’esperienza

e alla prudenza attraversando tutte le possibili sfumature che ci portano a navigare e pescare in modo più attento e consapevole possibile. Faremo un percorso insieme esplorando una vasta serie di aspetti che non sempre sono patrimonio tutti. Punto zero L’andar per mare è costellato di regole, obblighi e adempimenti che analizzeremo di seguito, ma prima di tutto c’è da ricordare che l’ingrediente base della sicurezza è la prudenza. La prudenza è quella “virtù” che, sebbene possa sembrare agli scavezza collo piuttosto noiosa, ci aiuta a valutare tutto quello a cui andiamo incontro prevedendo come reagire a certi eventi o come evitarli. La prudenza a volte vuol dire anche aver paura di mettersi nei guai, i razzi sono un prodotto pirotecnico, molto sensibile all’umidità che può bloccarne il funzionamento o peggio renderlo pericoloso

ma è quasi sempre un atteggiamento sensato che valuta i fatti in modo responsabile, proporzionato ai propri limiti e ai limiti delle proprie attrezzature. E’, o meglio dovrebbe essere, sempre, per chi va per mare, la prima inderogabile regola. dotazioni di bordo Inevitabile, parlando di sicurezza, partire dalle dotazioni di bordo, che ne rappresentano la parte più elementare. L’elenco preciso


delle attrezzature da imbarcare sono scaricabili dal link della foto che segue, ma non basta avere un bella dotazione di sicurezza se non se ne controlla periodicamente l’efficienza. Razzi ed estintori debbono essere controllati spesso, ma soprattutto devono essere conservati a bordo in modo accurato e in maniera tale che non si rovinino perdendo la loro efficienza. Nessuno in cuor proprio si augura di adoperarli e li tiene ben riposti, un po’ perchè costano abbastanza ed un po’ per scaramanzia; ma in barca l’umidità è un killer senza scrupoli e può giocare brutti scherzi. Quindi razzi ed estintori vanno protetti e tenuti all’asciutto i più possibile, ma a portata di mano. Così come facilmente raggiungibili devono essere ciambella e giubbetti di salvataggio, il cui uso può essere imprevedibile e il tempo in cui li si L’estintore oltre che essere tenuto in perfetto stato è importante che si sappia bene come usarlo

riesce a prendere ed usare veramente “vitale”.

L’autogonfiabiLe Per chi si avventura oltre le sei miglia imbarcare il mezzo collettivo di salvataggio, al secolo autogonfiabile, è un obbligo a cui non ci si può sottrarre. Oltre alle revisioni che devono essere effettuate con scadenza periodica, ci sono delle altre attenzioni da riservare a questa dotazione. Tenerlo in buone condizioni è essenziale, ma la cosa fondamentale è quella di posizionarlo in un punto della barca dove sia agevole usarlo, che vuol dire gettarlo in mare facilmente e

L’autogonfiabile deve essere posizionato in un punto della barca di facile e rapida accessibilità e non come in fotografia

velocemente, senza dover ricorrere alla forza o a manovre complicate. Sicurezza significa anche sapere cosa farne, come funziona e come è fatto, senza doverlo scoprire in emergenza. iL mare d’inverno Il mare in inverno è romantico, ma anche freddo. E in caso di difficoltà questo non aiuta. Perché per subire le conseguenze delle basse temperature non ci vuole molto; basta bagnarsi ed avere una qualsiasi emergenza, anche banale, per trovarsi in grandi difficoltà. Non ne parliamo se si cade in acqua. Quindi l’attenzione e la prudenza devono essere sempre al massimo. Ma anche un abbigliamento adeguato può fare la sua parte ed Ecco come è fatto un autogonfiabile per l’uso entro le 12 miglia. e importante saperlo per poterlo utilizzare consapevolmente

indossare sempre un pratico giubbino salvagente, autogonfiabile quando si è in pesca può fare la differenza tra raccontarla o no.


NAUTICA

non SoLo dotazioni Per continuare il nostro discorso sulla sicurezza affrontiamo ora un altro discorso che verte sull’uso vero e proprio dell’imbarcazione e della sua perfetta efficienza. Il che vuol dire avere sempre tutto in ottimo stato manutentivo e con ottimi margini di affidabilità. Dalle batterie sempre efficienti, al vhf ben funzionante, fino alle scorte di carburante necessarie non solo per la navigazione prevista e per gli spostamenti di pesca, ma anche per gli imprevisti che ci possono costringere a maggior tempo di moto, come un’emergenza o le condizioni meteo avverse. Un fusibile di scorta e qualche ferro di base possono tirarci fuori dai guai, Sicurezza impone, soprattutto nei mesi freddi e se si pesca da soli, di indossare un giubbetto di salvataggio autogonfiabile

quindi vale la pena di imbarcare una borsa con un po’ di attrezzatura.

andar Per mare Navigare è la cosa più semplice del mondo. Anzi andar per mare è proprio liberatorio proprio perché l’assenza di strade, corsie e semafori ci rende liberi. Ma se in parte ciò è vero, è vero anche che condurre una barca prevede la conoscenza di regole che non sempre sono scritte o che non si conoscono affatto. La velocità, ad esempio, ha dei limiti in prossimità della costa che è di 10 nodi ad un miglio e si riduce ancora di più man mano che si riducono le distanze; altrove la velocità non ha limite, che in realtà è posto dal buon senso soprattutto in presenza di altre barche ferme o che navigano a moto ridotto, perchè l’onda che alziamo potrebbe essere pericolosa. In mare si rispettano le precedenze e chi viene da destra ce

Qualche farmaco e qualche presidio per una medicazione di emergenza, anche se non sempre sono obbligatori, sono un buon investimento

l’ha di diritto. Entrando ed uscendo dai porti si va piano e si tiene la destra e chi esce ha la precedenza. La precedenza inoltre è sempre, a prescindere da dove venga, di chi manovra con maggiore difficoltà. Sovraccaricare la barca è pericoloso, come è pericoloso tenere velocità inadeguate con mare formato o condurre la barca con brusche accelerazioni o altrettanto brusche decelerazioni. In ultimo ma non per importanza, vi ricordiamo che da questo segnale, è necessario tenersi lontani almeno 100 metri: c’è un subacqueo in acqua !



Copertina parlante Angler : Giuseppe Chiumeo Preda: Orata Peso: 2,70 kg Periodo di pesca: novembre Ora della cattura: 14,00 circa LocalitĂ : Piana di S.Agostino (Gaeta) Tecnica: Surf Casting Esca: Arenicola Condizioni meteo: scirocco leggero Terminale:

trave

attacco

basso,

autoferrante, bracciolo 1,20 mt Fondale: spiaggia a bassa energia, con sabbia di granulometria sottile, con ciottoli sparsi

FOTO: Fotocamera: Coolpix S3000 ModalitĂ di scatto: automatica




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.