Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea
Anno VIII - Numero 12
la rivista on-line della pesca in mare TRAINA COSTIERA SPIGOLE IN FOCE
ARGOMENTI TE LA DO IO LA PESCA!
VERTICAL CARANGIDI SOTTO L’ALBERO
TRAINA TENTAZIONI GIGANTI
Buone Feste!!
www.globalfishing.it
Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste
2017
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IN QUESTO NUMERO..
GlobalFishing magazine Anno VII Numero 12 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Tel.+39 373 790 6375– Fax +39 0636302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Tel.+39 373 790 6375– Fax +39 0636302279 www.globalfishing.it info@globalfishing.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web
5
Editoriale
6
Global@mail
di U. Simonelli
La posta dei lettori
12
TRAINA Tentazioni giganti
18
SURFCASTING Quando cala la pressione
20
VERTICAL Carangidi sotto l’albero
24
TRAINA Spigole in foce
28
SURFCASTING Pesci nella schiuma
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ARGOMENTI Te la do io la pesca!
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COPERTINA PARLANTE
di D. Craveli
di D. Craveli e D. Limone
di D. Craveli
di U. Simonelli
di D. Craveli e D. Limone
di U.Simonelli
Editoriale
P
rendo spunto, per introdurre l’editoriale di Dicembre, dalle importanti azioni di contrasto al bracconaggio in acque interne, che sono state messe in atto dalle forze dell’ordine, grazie alla segnalazioni di molti pescatori e al supporto di Fiops e Fipsas. Il prelievo di pesce indiscriminato e illegale aveva assunto dimensioni veramente importanti, di assoluta gravità e, purtroppo, in costante aumento, frutto dell’attività criminale di bracconieri provenienti dai paesi dell’est. La pesca illegale era principalmente ai danni di carpe, siluri ed altri pesci appartenenti alla fauna lacustre, molto apprezzati dalla gastronomia soprattutto romena, destinati quindi alla commercializzazione in est Europa. Oltre al danno biologico, molto importante, capace di mettere a serio rischio lo stock ittico delle nostre acque interne, l’attività criminale aveva assunto connotazioni di forte pericolosità perché i bracconieri, oltre ad operare il prelievo con metodi distruttivi, rappresentavano un rischio anche per la sicurezza pubblica. La risposta delle autorità a questo dilagante fenomeno è stata pronta e decisa, arginando in modo quasi definitivo l’emergenza. La gravità della problematica e l’importanza della pesca in acque interne ha avuto così una nuova e più profonda attenzione tanto che oggi si è arrivati alle soglie della discussione di una nuova legge quadro sulla pesca in acque interne. La pesca ricreativa è un patrimonio, educativo prima di tutto, economico poi; una risorsa, lo abbiamo detto fino allo sfinimento, per il territorio. Ci fa piacere che il problema gestione acque interne sia stato affrontato con tanta attenzione e siamo convinti della sua importanza. Ma quando la stessa attenzione verrà data alle problematiche del mare? Anche il mare soffre il bracconaggio. Oltre al prelievo insostenibile della pesca commerciale, che insiste in modo pesantissimo su tutto lo stock, esiste una forte componente di prelievo illegale, a firma di professionisti, professionisti camuffati da ricreativi e ricreativi dediti all’over fishing e al commercio del pescato, che non è del tutto trascurabile. La soluzione alla piaga della pesca commerciale intensiva spetta alle consulte internazionali; ma non ci spieghiamo comunque come il mondo ambientalista e i biologi che studiano il mare non abbiano già lanciato un allarme serio per le specie ittiche a rischio di estinzione, che sensibilizzi seriamente l’opinione pubblica, come accade per altre specie terrestri, per la cui difesa vengono attuati protocolli di salvaguardia. Spetta alle istituzioni, invece, risolvere quella del bracconaggio professionale e ricreativo che, oltre a rappresentare una persistente illegalità, è incompatibile con una società moderna e responsabile, oltre che con l’etica che la nostra epoca imporrebbe. Giustificare il prelievo illegale con motivi economici è improponibile. Non vogliamo fare considerazioni sul modo in cui molti ricreativi intendono la pesca e come, invece, viene considerata e praticata in paesi (perdonatemi l’espressione) più evoluti. E’ umiliante per la categoria vedere immagini con quantitativi di pescato ricreativo non solo ben oltre quelli di legge, ma, anche e soprattutto, contro quelli della decenza: una carenza culturale incolmabile, un baratro in cui educazione, conoscenza, rispetto ed emancipazione sprofondano. Non andiamo più a pesca per mangiare, ma per celebrare un ancestrale messaggio che non può e non deve più mettere al primo posto la cattura e soprattutto dimensioni e quantità, come fosse un sistema di affermazione di sè, un’estensione penica del proprio io, come invece fin troppo spesso accade. L’evoluzione dell’educazione passa necessariamente attraverso il rispetto delle regole, che può essere anche forzoso (controlli severi) e che solo così entrerà a far parte del bagaglio quotidiano. Per dirne una, pochi sanno che ci sono regioni italiane in cui le catture di tonni sono nulle o irrisorie (e non per mancanza di pesci), semplicemente perché nella nostra testa di pescatori, tutt’altro che evoluti, così facendo si ritarderebbe il raggiungimento delle quote e quindi la chiusura della pesca: un modo di pensare “bacato” in cui l’illegalità è metodo. Ma la piaga maggiore è la vendita del pescato da parte dei ricreativi; oltre ad essere un reato, offre al mondo professionale le prove per accusarci di concorrenza. E’ vero che solo chi è senza colpa è autorizzato a scagliare la prima pietra, ma se le regole sono queste debbono essere rispettate. Impegniamoci per cambiarle, perché una nuova legge sulla pesca in mare sarebbe necessaria. Ma fatta dai pescatori, quelli veri, quelli al passo con i tempi. Felice Natale e buon Anno Nuovo! Umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL IL RITMO DELLE ONDE Salve a tutti. Sparo a raffica i miei quesiti e vado subito al dunque. Sono un neofita del surf e mi sto facendo le ossa pian pianino. Vorrei una spiegazione chiara su due argomenti. Il primo è su quanto è importante verificare la cadenza delle onde. Ho sentito dire da gente più esperta che il ritmo deve avere una frequenza specifica, è vero o sono solo dicerie? perché non ne capisco il motivo. Il secondo riguarda come affrontare al meglio, quelle che chiamano le “rip current”, che credo che siano quei punti della spiaggia dove la corrente ritorna verso il largo. Sono zone magiche o invece da evitare? Sono punti di risacca? Uffa ..che bella confusione ! Aiutatemi….! Manolo
Caro Manolo, ho appreso dai miei maestri, che per capire, se il mare è giusto per una battuta di surfcasting, bisogna chiudere gli occhi ed ascoltarne la sequenza delle onde, che si infrangono sulla riva. Tutto questo deriva dal fatto, che all’inizio della mareggiata il moto ondoso è irregolare e si formano tante turbolenze, il più delle volte non idonee per la pesca. Quando il frangere diviene regolare, con un ritmo tra le 9 e 13 onde al minuto, e la corrente primaria ( dal largo verso riva ) e quella secondaria ( da riva verso il largo ), si equivalgono, è il momento magico per la pesca. Pescare dal punto di risacca fino ai 40 mt, in questa condizione, è l’ideale. Saraghi e spigole ti faranno “aprire” gli occhi. Un saluto
Dario Limone
GLOBAL@MAIL RICCIOLE INVERNALI Mi concederò finalmente delle vacanze invernali e, in assoluta controtendenza, io invece di andare in montagna me ne andrò al mare e per di più a pesca. Il mio chiodo fisso sono le ricciole, i fantasmi che turbano i miei sogni, perché nella mia carriera di pescatore ne ho catturate solo due, anche perché le mie esperienze sono solo estive e vacanziere. Quest’anno ho l’opportunità di prendermi una decina di giorni a cavallo del periodo natalizio e vorrei avere qualche chiarimento. Andrò in Calabria ionica, dove sono nato, e sfrutterò la barca di un mio parente. Volevo sapere da Domenico Craveli, mio conterraneo, se secondo lui in questa stagione potrò imbattermi in qualche bel pesce e cosa fare per favorire gli incontri. Salvo
Ciao Salvo, La Calabria è la terra “senza stagione”, proprio riguardo la pesca delle grandi ricciole. Questi pesci infatti stazionano su batimetriche importanti, anche oltre i 200 metri, ma risalgono verso gli spot costieri con regolare abitudine. Il pesce foraggio, calamari e seppie non mancano, e quindi tali carangidi non hanno motivo per stare in profondità a nutrirsi di specie bentoniche. Poi, la massiccia presenza di relitti, rende l’incontro davvero probabile. Avrai l’imbarazzo della scelta, se insidiarle a traina, oppure a jigging. In inverno infatti, le tecniche verticali sono molto efficaci Un saluto,
Domenico Craveli
GLOBAL@MAIL PARLIAMO DI SLOW PITCH Un saluto a tutto lo staff di GlobalFishing, che ringrazio per aver creato una rivista tecnica, in cui la pesca viene trattata in tutte le sue sfaccettature in modo chiaro, senza inutili fronzoli e soprattutto senza segreti. Amo la pesca in tutte le sue declinazioni, ma nel cuore ho la traina con il vivo ed il vertical, che purtroppo non posso praticare quanto e come vorrei. Mi sto interessando allo slow pitch e vorrei saperne un po’ di più. Soprattutto vorrei sapere come poter iniziare, magari riciclando attrezzature che possiedo, come qualche canna da inciku ad esempio, per capire come funziona. Sarebbe gradita anche qualche dritta su marche e modelli di artificiali. Grazie, Fabio. Ciao Fabio, lo slow pitch, o pizzico lento,
necessita
canne
di
specifiche
per essere praticato secondo
il
“credo”
jap. Questo perché, in questa particolare tecnica, la canna sta praticamente inclinata verso l’acqua, senza che ci sia jerkata. Il
movimento
all’artificiale
viene
impresso
tramite
rotazione
del
mulinello, che dovrà avvenire
in
modo
lento… quindi “slow”, e scatti, con pause di 1 o 2 secondi. Come se muovessimo la manovella stessa di un quarto di giro per volta. Le esche, che sono la vera rivoluzione per questa “variante” verticale, sono tozze e pesanti, ma anche molto spiattellanti, dotate di due assist doppi, in testa e in coda, che influenzano l’assetto in discesa dell’esca. Come marche puoi provare quelle della Yamashita, con le quali ho avuto modo di avere ottimi risultati. Ti confesso che, in avvicinamento alla tecnica, ho usato attrezzatura da inchiku, e devo dire che non mi sono trovato male, anzi; e se devi iniziare, ed hai già questo tipo di corredo, di consiglio di usarlo senza problemi. Solo dopo un coinvolgimento più importante, potrai decidere se passare a canne e mulinelli specifici, chiudendo il cerchio anche dal punto di vista “stile”.
Domenico Craveli
GLOBAL@MAIL ObIETTIVO CALAMARI Mi sono reso conto da solo che pescare i calamari non è sempre cosa da poco. Ho capito che insistere sempre con la stessa tecnica non paga e che bisogna saper diversificare metodo. Fin ora ho usato sempre la traina e qualche volta il tataki. Ma ho visto pescatori più anziani usare un sistema diverso dal solito con artificiali più grandi, montati a bandiera, mossi a mano o con la canna, usati a scarroccio. Vorrei capire meglio come sono fatti questi calamenti. Eros
Carissimo Eros, la pesca dei calamari è molto variegata, perché i nostri amici gommosi cambiano
abitudini
a
seconda delle condizioni ambientali. Temperatura e stratificazione dell’acqua, corrente,
luminosità
e
soprattutto la presenza di
pesce
foraggio
determinano l’attività di questi cefalopodi oltre che la profondità a cui stazionano e quindi la tecnica di cattura. La pesca a cui ti riferisci tu è quella che si chiama a “picchino” e consiste nell’uso di lenze non molto diverse, come configurazione, da quelle in uso per il tataki. In foto puoi vedere le due soluzioni costruttive consigliate, una per l’uso a mano ed una per l’uso con la canna. Quel che cambia rispetto alle altre pesche in verticale è l’artificiale e le sue dimensioni. Si usano pesciolini, privi di deriva piombata, con assetto flottante; questa soluzione conferisce alla lenza una capacità pescante non indifferente, anche per lo scarroccio, che muove gli artificiali. Il movimento verticale, impresso con frequenza e velocità variabile crea quindi le vibrazioni che richiamano i cefalopodi. Come zavorra si può usare un piombo tradizionale, meglio se a goccia, ma si può applicare anche una totanara piombata, rivestita in seta o cotone. Così facendo aggiungiamo un ulteriore elemento che “nuota” in un modo diverso sotto gli altri pesciolini, come fosse un predatore. Puoi pescare da profondità modeste fino a oltre i 50 metri, su fondali misti.
Michele Prezioso
GLOBAL@MAIL LADIE’S ROD Siamo un gruppo di amiche a cui piace il surf casting. Siamo giovanissime ma agguerritissime malgrado una esperienza modesta; ma la voglia è tanta, soprattutto perché è nata una sorta di competizione con i nostri colleghi maschietti…. Loro sono più esperti ma non per questo sono tanto disposti a sganciare consigli, anzi. E’ per questo che chiediamo aiuto a Dario Limone, per avere qualche driita soprattutto sulle canne. Vorremmo comprarne delle nuove, magari a due o tre pezzi e abbandonare l’attrezzatura rimediata qua e la . Siamo tutte e tre di piccola statura e il mondo del surf sembra essere calibrato solo sugli uomini. Qualcuno suggerisce canne da ledgering, più manovrabili ma, ci dicono, capaci di fare distanza comunque. Cosa ci consiglia “the Doctor”? Luisa, Santina, Giulia
Care amiche, la competizione è sinonimo di crescita e di evoluzione. L’attrezzatura è come indossare un paio di scarpe, quindi deve essere adeguata e comoda per le nostre esigenze. Se ho una massa muscolare femminile, è inutile rivolgere il mio interesse ad attrezzature che richiedono uno sforzo muscolare maschile; fatte le dovute eccezioni. Bisogna
orientarsi
verso
canne
e
mulinelli leggeri e con alte prestazioni. Sicuramente da preferire le canne a tre pezzi per una migliore propagazione della spinta di lancio lungo l’attrezzo. Oggi le varie aziende leader di settore commercializzano fuscelli molto potenti, che si gestiscono con facilità. In media le femmine sono più basse dei maschi, per tale motivo non sceglierei canne lunghe 4,50 mt, ma max 4,20 mt.; altrimenti la leva diventa sfavorevole, perchè aumenta la resistenza, rispetto ad una massa muscolare minore. Ricordate, che il mulinello deve essere proporzionato e ben bilanciato con la canna, in quanto si rischiano lanci scomposti. Spero di avere vostre notizie al più presto.
Dario Limone
GLOBAL@MAIL INNESCHI A CONfRONTO Parliamo di traina con il vivo ed in particolare dell’innesco dei pesci. Uso sempre una montatura scorrevole, senza doppiatura per non limitare la mobilità del nuoto e mi preoccupo di effettuare un innesco assolutamente centrato per non squilibrare l’esca. Faccio attenzione a mettere i due ami perfettamente in linea, preoccupandomi di usare ami leggeri per non gravare il pesciolino di un peso innaturale. Poi mi capita di vedere altri amici che infilzano ami sulla groppa, di fianco, nel naso anche di traverso e magari catturano più di me. Mi viene da pensare che allora tutta la mia attenzione è superflua. Vorrei avere un consiglio ed una spiegazione. Giovanni Giovanni, in effetti il principio di effettuare inneschi perfetti, con gli ami in linea, che non gravino con il loro peso sul pesce è tutt’altro che sbagliato. Però non è sbagliato neanche quel che fanno i tuoi amici. E mi spiego. Se devo andare veloce e fare strada in una pesca di ricerca, preferisco un pesce capace di nuotare per bene e per molto tempo. Tanto che ultimamente sono passato definitivamente ad un innesco mono amo, usando i circle. Quando comunque uso la montatura scorrevole, faccio attenzione soprattutto al ferrante che sia in linea e funzioni quasi da deriva e col suo peso equilibri il pesce. Però c’è anche da considerare che molto spesso i predatori attaccano proprio le prede in difficoltà, perché costa poco lavoro e perché madre natura in questo modo effettua una selezione. Così capita che un pesce che nuota in modo innaturale possa attirare l’attenzione del predone nei paraggi. Questo può accadere con un’esca innescata sulla groppa o sulla coda che sotto attacco, si produce in fughe scomposte e rumorose. Ovvio che inneschi meno filanti, sempre secondo la mia esperienza, possono essere trainati a velocità minori lasciando agio all’esca di muoversi con più autonomia, magari con degli stop and go. Sembrerebbe paradossale, ma a volte esche in parte slamate o innescate in modo da sbilanciarne volutamente ed in modo evidente il nuoto, hanno resistito in acqua veramente poco. Altre volte un nuoto bello e naturale di un pesce nel blu ha fatto materializzare ricciole straordinarie.
Umberto Simonelli
TRAINA
TENTAZIONI GIGANTI Di Domenico Craveli
L
a ricciola gigante è un pesce maestoso, scaltro, tanto da sembrare inarrivabile. Invece, la sua cattura può essere mirata, ma non di certo scontata; schemi precisi, approcci a spot mirati con una unica vera discriminante… l’esca! Si, perché le BIG, sono pesci esigenti, e se sentiamo storie
di grandi pesci attaccati ad un’esca grande quanto una matita, parliamo di eccezioni che non confermano la regola. Per loro, servono bocconi grandi e sfuggenti! Ogni trainista, nella sua carriera piscatoria, ha almeno una storia da raccontare, da vinto o da vincitore, che ha a che fare con una grande “lola”. Chi scrive ha impiegato ben dieci anni, dopo una big persa, ad arrivare ad una seconda opportunità. Quell’esperienza mi fece capire una cosa importante: il caso e la sorte giocano sì un ruolo, ma marginale. Perché se si punta in alto, non si può stare ad aspettare una vita, che qualcosa accada per forza; che un pesce XXL scelga tra mille la nostra esca. Così ebbe inizio un percorso analitico, quasi scientifico, nel capire abitudini e pazzie della grande ricciola.
Un pesce che supera i 50 chili… lascia un ricordo indelebile
Passaggi PreCisi Gli “scogli da ricciola” sono atavici. Settori di mare dove le generazioni vecchie e nuove di ricciole ci ritornano con disarmante regolarità; lo sanno bene i professionisti della circuizione che con i ciancioli ne azzerano interi banchi, in tutto il mediterraneo, sfruttando proprio questa abitudine. Questo ci deve portare ad intensificare i nostri tentativi proprio in questi settori di mare dove la loro presenza è pressoché accertata, senza tentare di inventarsi nulla. Ottimizzare i tempi di traina è fondamentale per tentare i grandi pesci, poiché spesso utilizzeremo grandi esche vive che non durano moltissimo prima di morire e diventare inefficaci. La capacità di affrontare correttamente uno spot, ossia sfruttando bene le correnti dominanti per far navigare al meglio l’esca e farla passare nei “corridoi” più promettenti, sta alla base del successo. Calare un pesce esca e girare a casaccio ha poco senso, specialmente se nella stessa sessione miriamo anche al dentice per gli spot da ricciole giganti vanno affrontati nella giusta maniera
salvarci da un possibile cappotto. Infatti si corre il rischio di impostare un’azione poco incisiva sia per il dentice che per un grande carangide. Le ricciole giganti fanno vita pelagica e, spesso, si uniscono a branchi di ricciole più piccole. Quando colonizzano una secca, gli animali più imponenti però, sono quasi sempre defilati dalla massa, spesso ferme a mezz’acqua, nel taglio termico. Quindi, quando cerchiamo la big, allontanarsi dalla frenesia delle piccole (5/10kg) non sarebbe male. Ma chi sarebbe disposto a farlo?... Solo questione di coraggio! seNZa COMPrOMessi Se la zona è da ricciola, l’esca non è solo importante, è l’unica cosa che conta davvero. Scordatevi sugheri, anche in tandem, sgombretti, calamari anche grossi, aguglie… e affini; tutti surrogati, validi, ma non validissimi. Forse la leccia ricciole come quelle della foto, possono capitare anche per caso, ma la ricerca con esche adatte rende l’incontro meno fortuito e più gratificante
stella, ma forse nemmeno. Scordatevi le storie che
TRAINA Un grosso alletterato… esca d’eccellenza
raccontano di pesci enormi presi con una boga grande quanto un accendino. Può capitare, e ricapiterà, ma per avere la certezza assoluta, che se passate davanti ad un grosso pesce, questo attaccherà la vostra insidia, serve un qualcosa di irrinunciabile, quello che io chiamo il “biscotto della fortuna”, ossia un tunnide più vicino ai due chili che ad uno. Naturalmente innescato con amo singolo di dimensioni appropriate. Un bel 9/0 e passa la paura! Altre soluzioni, sebbene funzionali, non danno garanzie.
L’esca andrà calata nel taglio termico, ed ogni momento stagionale ha una quota che dovremo individuare. Sbagliarla potrebbe significare far morire l’esca nell’acqua fredda in pochi minuti, e rendere vano ogni tentativo. La velocità di trolling sarà compresa tra 1,5 e 2,2 nodi. Capite che la capacità di procurarsi esche giganti è fondamentale. Chi è abituato a comprarsi le seppie, o a portare calamari a spasso radenti al fondo, raccattando qualunque cosa abbocchi, si troverà spaesato. Quando parlavamo di sacrifici… si intendeva anche questo.
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SURFCASTING
SURF… quando cala la pressione di domenico Craveli e dario limone
I
l surfcasting è una tecnica che è legata al mare mosso, poiché è quella la condizione in cui si ha la sua massima espressione. Ultimamente però , le bizze del clima sono decisamente più imprevedibili e le perturbazioni sono più violente ed associate a fenomeni che contribuiscono
a rendere le pescate ancora più difficili. Infatti, non sono solo le onde a modificare le spiagge e il fondale antistante che conosciamo, ma anche detriti e fango che arrivano dalla terraferma dopo i nubifragi. Questo apre nuovi scenari di pesca, più complicati, ma con qualche possibilità diversa ed imprevedibile. Insomma… quando cala la pressione… tutto può succedere. Ed occhio alla nostra sicurezza. SeGNAlI SCURI dAll’oRIzzoNTe Un acquazzone improvviso, una bomba d’acqua, come la chiamano i meteorologi, e il nostro spot, forse non sarà mai più come prima. Una burrasca improvvisa è in grado di scaricare in un sol giorno, la quantità di acqua che solitamente precipitava in una intera stagione e ogni canale di scolo, ogni torrente, anche insignificante, diventa elemento capace di alterare, con acqua dolce e detriti, una precisa porzione di mare. Quindi oggi, prima di pescare, è bene effettuare un “sopralluogo” visivo dello spot, per vedere se ci sono le condizioni per lanciare un ‘esca, e soprattutto che tipo di esca … se per di più le acque sono color cioccolato.
la spigola è la regina della bassa pressione e del torbido; un pesce che non teme le basse concentrazioni saline, anzi, ci si trova a proprio agio, potendo meglio predare i piccoli pesci, di cui si nutre, magari in difficoltà , per via delle onde, dei detriti, e della bassa visibilità
Probabilmente, i piccoli ecosistemi sono le sentinelle di mutazioni climatiche a livello globale, forse accelerate dall’attività dell’uomo, e quindi, senza porci troppo interrogativi su situazioni più grandi di noi, per praticare la nostra passione, dovremo prepararci ad essere versatili e ad impostare la
pescata
secondo
le
condizioni
del
momento. Situazioni destinate anche a poter cambiare, in modo significativo, nel giro di qualche ora. Infatti, il nostro riferimento, sarà il barometro… vero e solo indicatore di Quando il mare è un tumulto di detriti e schiuma, sugli ami può capitare di tutto… anche un piccolo palombo
quello che può succedere. Per scandagliare la zona di pesca, si può usare una canna potente, con filo in bobina
almeno dello 0,25 ed un piombo da 125 gr. Dalla nostra posizione effettueremo dei lanci a raggiera a varie distanze. Nell’azione di recupero, col piombo areremo il fondo, memorizzando gli eventuali ostacoli, i canaloni e le buche. Anche la diversa tonalità dell’acqua sarà un indizio. Cercheremo di mandare le esche sempre nelle zone più chiare, lì troveremo sia i predatori che i grufolatori.
SURFCASTING
TeRmINAlISTICA e boCCoNI Pescando su un fondale “sporco“ di detriti, bisognerà
sicuramente
mantenere
le
esche in sospensione. Di conseguenza sarà indispensabile flotterare i braccioli. Il monoamo è da preferire ai travi multi snodo, per ridurre la possibilità d’incaglio. Useremo quindi terminali robusti, dallo 0,25 allo 0,35, in considerazione del fatto che la battuta di pesca non sarà impostata alla ricerca delle piccole mormore, ma a quella dei pesci XXL. Per le esche, sono valide tutte quelle corpose e particolarmente aromatiche, meglio se aggiungono visibilità come i
esche aromatiche e visibili fanno la differenza in condizioni di pesca complicate
tranci dei cefalopodi. Non dimentichiamo la sardina, il trancio di muggine, e i fasolari. In alcune circostanze anche i lombrichi hanno detto la loro. Insomma, non è una situazione per pigri!
orate e saraghi, le prede tipiche da onde ed acqua ossigenata, possono essere catturati nel torbido. l’orata è euleriana, il sarago un po’ meno, ma entrambi sono attratti dai detriti portate dalle acque piovane
VERTICAL
CARANGIDI SOTTO L’ALBERO
Di Domenico Craveli
C
he pesci straordinari queste ricciole! Animali quasi mistici, predatori scaltri ma che pagano a caro prezzo la loro curiosità. L’inverno è la stagione migliore per insidiarle a vertical in scenari di pesca spesso diversi, e dove il fattore “uomo” è determinante per avere costanza
nei risultati. Alla luce delle esperienze acquisite in intensive sessioni di pesca a VJ alle ricciole, sì è giunti alla conclusione che questo splendido predatore è decisamente vulnerabile ai jig, specialmente nei momenti in cui è solito assembrarsi in grossi banchi.Cosa che succede in inverno, quando la temperatura superficiale tende ai 15 gradi. Concretizzare la cattura da sogno, nello spot giusto, e nel momento giusto, non è un obiettivo proibitivo, anzi, dicembre e gennaio, sono proprio quelli in cui sono usciti i pezzi da “novanta”. Per contro però, negli stessi periodi, non è nemmeno difficile effettuare indecorose mattanze che hanno portato ad una vera demonizzazione della tecnica. Fortunatamente questi carangidi alternano momenti di spregiudicata aggressività ad altri di totale apatia, e spesso si abituano ai jig rifiutandoli inesorabilmente. Ecco, questi ultimi sono i momenti in cui si misura la nostra abilità tecnica.
La ricciola non è solo la regina delle secche. La troviamo anche su salti di fondale fangosi, relitti, e nei pressi delle piattaforme in adriatico (in questo caso, occhio che non ci si può avvicinare troppo)
IL DOVE PREVALE SUL QUANDO Allora come cercare e trovare questi pesci? Le ricciole sono pesci “contestuali”, ossia adeguano le proprie abitudini di caccia e di stasi in strettissima relazione all’orografia sottomarina e alle correnti della zona di confronto. Questo significa che non esistono regole generali che possono andar bene ovunque, perché ogni settore ha una sua storia che il verticalista deve saper interpretare. Insomma, lo spot ideale da ricciole, non è soltanto la “secca dei desideri”, ma esistono invece una serie di “punti caldi” che le ricciole frequentano con meticolosa assiduità, è state pur certi che ogni area ha i suoi. E’ capitato ad esempio di pescare su relitti, che sono hot spot per eccellenza, a profondità di 50/60 metri, senza quasi mai incontrarle, e magari concretizzare numerose catture su un insignificante punto di sbocco di qualche condotta sottomarina. Oppure, tentarle senza successo nei pressi di imponenti secche o scogliere sommerse, e magari le lole scorrazzano su un dislivello fangoso molto accentuato poco più a largo. Insomma, bisogna girare e provare. Così facendo, nel giro di qualche tempo, si riuscirà a “mappare” in modo efficace la situazione, cosa che ci permetterà successivamente di pescare quasi a colpo sicuro. L’abitudinarietà di questo carangide arriva a livelli inimmaginabili. ESCHE DA LOLE Quando sono attive e infoiate anche un cucchiaio da cucina può garantire lo strike, ma esistono situazioni dove il jig fa davvero la differenza. Allo spirare dei venti da nord, situazione decisamente ricorrente in questo periodo, le acque in profondità tendono a diventare torbide, ed in condizioni di bassa visibilità, le esche che siano dotate di rifiniture glow pare abbiano una marcia in più. Ma attenzione, non si tratta di jig completamente fosforescenti, ma di artificiali, di colore sgombro, o magari sardina, solo con la “pancia” così fatta. Le numerose prove in mare, nelle condizioni descritte,
convergono verso questa direzione.In questi casi il pescatore eserciterà azioni di jerking spesso
VERTICAL
molto lente, gestendo la discesa del jig facendolo molto sfarfallare, ed agevolando lo strike del predone, con numerosi “stop and go” E’ fondamentale acquisire dimestichezza e sensibilità nel percepire gli istanti che precedono l’attacco: la sensazione che si ha in questi casi è una netta mutazione del nuoto del jig, come uno sbandamento, tanto più forte in base alla stazza del pesce che si è interessato ad esso.
blu Flame Yamashita… un jig che ha fatto la storia con le ricciole
PESCI AbULICI Verticalisti, trainasti, cianciolari, che danno costantemente la caccia alle ricciole, possono, con i loro tentativi, abituare i pesci alle insidie, rendendoli completamente apatici e diffidenti. Siccome la curiosità rimane comunque, ci troveremo a confrontarci con pesci che seguono i nostri jig ma non affondano l’attacco. Come fare? Qui si deve entrare nella testa dell’uomo pescatore, che deve saper trovare la chiave di lettura della situazione, a volte univoca e irripetibile, ed il gioco è decisamente intrigante. Perché quando non basta cambiare esca, tutto si sposta sull’azione di jerking, che non deve essere a casaccio, ma assolutamente varia sì! Come? Dipende dalla sensibilità di ognuno di noi. Ci sono cose che non si possono trasmettere a parole, ci sono situazioni che non si possono impacchettare e metterci un fiocco sopra è impossibile. Il bella della pesca sta in
Massimo Sanna, uno dei precursori della tecnica, mentre compie un gesto di grande responsabilità. Il rilascio di un bel pesce
quell’indeterminatezza che si porta dietro in ogni situazione, e dove ogni punto di arrivo non è altro che un punto di partenza su cui riflettere, perché quello che oggi è “legge”, domani potrebbe non esserlo più, e noi ci troveremo di fronte ad una nuova ed incognita sfida, perché il mare non è una credenza dalla quale attingere aprendo un cassetto. Buon divertimento… si riparte con il gioco duro!
TRAINA
Spigole in foce L
Di Umberto Simonelli a spigola è il predatore del sotto costa per eccellenza. Ma anche una preda di eccellenza, insidiata dai pescatori con molteplici tecniche. Dalla pesca con la bolognese, allo spinning, alla traina.
In questo articolo andremo, virtualmente insieme, a pesca di spigole, in traina con gli artificiali, in un ambito decisamente particolare che è quello della foce. Un punto in cui l’unione di acqua salata e acqua dolce creano un habitat straordinario, ma molto complesso. AnAtomiA Di Un preDAtore La spigola è certamente l’icona della preda per antonomasia, desiderata dai pescatori per la complessità della cattura e soprattutto per il gran pregio alimentare delle sue carni. Un animale, scaltro, sospettoso e selettivo, difficile da insidiare, non solo per il suo carattere ma perché fortemente mutevole negli atteggiamenti di caccia. Il basso fondale è il suo regno, perché questo pesce non ama le profondità, le sue abitudini sono stanziali e si sposta nel suo areale per esigenze alimentari. La grande peculiarità della spigola è quella di essere un pesce “eurialino”, ovvero capace di vivere pienamente a suo agio anche in acque a bassissima salinità tanto da frequentare quelle salmastre e quelle dolci dei fiumi, che può risalire anche per svariati chilometri. Oltretutto i fiumi e i corsi d’acqua che sfociano in mare rappresentano una zona di caccia di grandi potenzialità, in cui la catena alimentare è sempre al massimo, grazie alla presenza di tantissime specie di pesci; soprattutto i cefali che sono predominanti nella dieta del nostro predatore e che colonizzano gli ultimi tratti dei corsi d’acqua.
Come AttrezzArSi Al di là della barca, questa pesca necessita di attrezzature minimalistiche, perché, anche se ci imbatteremo in pesci di taglia, non ci confronteremo quasi mai con reazioni particolarmente potenti. Infatti la spigola, catturata a traina, salvo pochi momenti,
difficilmente
si
scatena
in
fughe
violente, piuttosto reagisce opponendo resistenza passiva al recupero. Quindi canne di basso libraggio, generiche, anche da spinning, magari appena
robuste,
possono
andare
benissimo
per confrontarci con questa pesca salvo poi specializzare l’attrezzatura con acquisti mirati, se diventerà una attività abituale. Potremo usare indistintamente muli a bobina rotante o fissa, a patto di usare per questi ultimi taglie non inferiori ad un 5000. L’importante è imbobinare del multifibra sottile, un venti libre è più che soddisfacente, che faciliti l’affondamento delle La spigola è un pesce straordinario, un predatore potente e vorace, non sempre facile da ingannare
esche, in modo che scendano il più possibile senza essere penalizzate dall’attrito del filo. Lavorando
con canne leggere potremo anche avvalerci di terminali più sottili, e ci attesteremo tra uno 0,25 ed uno 0,35; a seconda della taglia dei pesci, della trasparenza dell’acqua e della profondità. Complessivamente faremo 10 mt di preterminale in nylon e poi cinque o sei metri in fluor carbon; la resistenza all’abrasione di questo filo è una garanzia in più in caso di contatto con le branchie del pesce che tagliano come rasoi. Le eSChe Non esistono artificiali miracolosi; forse è più giusto ammettere che esistono i minnow giusti al momento giusto. Il che sta a dire che movimento e soprattutto colore sono determinanti a seconda delle situazioni. Ma una caratteristica che sicuramente deve individuare il pesciolino migliore, è l’affondamento. Perché, almeno nelle nostre esperienze, riuscire a far navigare l’artificiale in prossimità del fondo, ad una velocità compresa tra i 3 ed i 4 nodi, ha
Anche una buona canna da spinning, magari non leggerissima, può essere valida per questa pesca
TRAINA
Questo swimming bait testa rossa della rapala ha avuto ragione di una bella spigola. Ancora una volta un classico degli artificiali non ha smentito la sua nomea
ottenuto una maggior continuità di risultati. Tenendo presente che il range delle profondità che batteremo non supererà i 5/6 metri. Per dare delle indicazioni di riferimento possiamo dire che si gli swimming baits, i palettoni, dai 9 ai 14 cm sono la tipologia di inganno su cui bisogna puntare; più si cresce di misura e maggiore sarà la selettività delle catture. Nel senso che eviteremo che i piccoli esemplari possano abboccare, mentre le esche piccole potranno interessare tutte le taglie. Nelle acque prossime ad una foce o all’interno del corso d’acqua stesso, la visibilità è molto ridotta e il nuoto e quindi la vibrazione, sono tutto. Anche per questo motivo, artificiali dotati di rattling possono fare la differenza. Per ciò che concerne le livree anche queste possono essere importanti; ma le preferenze cambiano con molta rapidità.
in peSCA Nelle foci e nei tratti più prossimi al mare, dei corsi d’acqua, il timing della pesca è scandito dalla marea, più che in ogni altro spot di pesca. Oltretutto, queste zone, rappresentano un punto più critico per l’effetto che la corrente del fiume esercita sul mare e viceversa, con la complicazione della differenza di densità delle acque che si incontrano e delle correnti turbolente locali che si creano. In procinto dei mesi freddi le spigole si accingono alla riproduzione; questo incrementa il
Anche i classici palettoni metallici sono molto efficaci. hanno un nuoto frenetico e la paletta metallica emette lampi di luce che non passano inosservati
loro fabbisogno alimentare che le porta a sfruttare le opportunità di caccia in prossimità degli ambiti fluviali che, come dicevamo prima, sono ricchi di mangianza. Quindi i predatori alterneranno la caccia ai margini del fiume o internamente. Consideriamo quindi alcuni aspetti importanti, che ci porteranno a individuare i momenti migliori per far nuotare le nostre insidie. Le spigole con marea calante saranno propense ad aspettare le prede in difficoltà, sospinte dalla portata d’acqua uscente che accelera verso mare; al contrario saranno in caccia nel fiume quando la marea salirà e l’acqua di mare più pesante porterà pesci all’interno dell’alveo.
SoprA & Sotto Bisogna sapere che nel fiume, a prescindere anche dalla corrente e dai flussi, esistono due ambienti molto diversi tra loro. Il primo è l’acqua salata, proveniente dal mare, stratificata sul fondo, perché è più pesante, che risale lungo il fiume anche per molto. Questo “fiume” salato oltre ad essere meno veloce, spesso è anche molto limpido. Il secondo è l’acqua dolce, più leggera che vi scorre sopra, turbolenta e torbida di limo. In questo complicato contesto la spigola caccia, sfruttando le opportunità che si creano. La foce è un ambiente complesso e affascinante in cui si sposano due mondi acquatici molto diversi tra loro …
C’è anche da considerare che tra un cambio di marea e l’altro, sul colmo, si genera un momento di quiete, con poco rimescolamento. Quando la marea riparte, si crea un impulso turbolento che rimescola e scopre nuovamente i
nutrienti, innescando un nuovo momento trofico. CreAre Le opportUnità Descritte
sommariamente
le condizioni di pesca, per passare all’azione, bisogna dedicare un po’ di tempo alla valutazione dei fondali e del loro andamento. Bisogna capirne
“il
movimento”.
Perché la spigola, non è un predatore
nuotatore,
ma
un predatore opportunista. Quindi sarà sempre occultato, vedendo non visto i suoi target, in un posto dove il suo dispendio
energetico
sarà
limitato; quindi nei punti in cui la corrente rallenta e da dove
Altri minnow irresistibili per la spigola, nelle colorazioni più catturanti
può sorvegliare il passaggio delle possibili prede, da catturare con scatti fulminei; ma mai da inseguitore, come potrebbe fare un pelagico. Quindi far passare il pesciolino a ridosso di canaloni, rapide variazioni batimetriche, scogli ed altri punti particolari significherà creare un’opportunità e incontrare il predone in agguato. Bisognerà capire e provare più volte, perché questi posti variano in funzione delle condizioni. Attenzione però che la pesca nelle foci, senza licenza per le acque interne è consentita solo a distanze limitate dal mare, ed è bene verificare i regolamenti regionali o le disposizioni specifiche.
SURFCASTING
PESCI NELLA SCHIUMA di domenico Craveli e dario limone
I
l Surfcasting vero, quello doc, lo si pratica con moto ondoso importante, dove stare correttamente in pesca è spesso complicato. Nella schiuma ci sono diversi settori, ognuno frequentato da una precisa specie. Conoscere il moto dei flussi, può permetterci carnieri eccezionali.
CoRReNTe PRImARIA e SeCoNdARIA Il moto ondoso è determinato dal vento, che soffia e spinge sulla superficie del mare. L’aumento della sua intensità è direttamente proporzionale all’accrescimento dell’onda. Questa, tende sempre a disporsi più o meno perpendicolarmente alla linea di battigia, in relazione all’esposizione della spiaggia, creando correnti diverse a seconda della provenienza
del
vento
stesso. Ogni zona ha delle
caratteristiche
morfologiche
che
determinano una precisa condizione
di
anche
per
valgono
se dei
pesca, tutte concetti
di base. L’onda che si onde imponenti e un piombo da tenuta… lanciando nel il regno dei saraghi
avvicina a terra genera un flusso definito “corrente primaria”, dopo l’impatto con la costa, si genera una corrente di risucchio che ritorna verso il largo, che viene chiamata “secondaria”, proprio quella che porta i nutrienti a portata di pinnuti, letteralmente scavati e strappati dietro il gradino di risacca. PeRCoRSo dell’oNdA Quando l’onda nel suo avvicinarsi verso la battigia incontra il basso fondale, si innalza e frange, per scaricare
tutta
la
sua
potenza
esplosiva sulla battigia. L’impatto è devastante e tutto quello che era sotterrato, ora è esposto e pronto per essere trascinato e intercettato dai pesci in pascolo.
Assisteremo
quindi in sintesi ad un’azione di scavo e di trascinamento delle sostanze organiche ed inorganiche, presenti al di sotto della battigia, che verranno depositate, dove la corrente primaria la spigola è presente sia a ridosso della risacca che nei canaloni. Un pesce ricercatissimo da tutti i pescatori dell’onda…
e la corrente secondaria si incontrano e si annullano. Ci saranno quindi pinnuti che li afferreranno al “volo”, ad altri che invece si alimenteranno
nell’apparente calma dove i flussi rallentano. Tanti settori quindi, ognuno con caratteristiche precise, tutte da sfruttare per portare nel nostro carniere prede belle, grandi e di pregio. RISACCA La zona subito a ridosso del cavo dell’onda, è il cosiddetto gradino di risacca. E’ un settore a massima turbolenza ed in esso è possibile trovare grossi saraghi e spigole. Far lavorare correttamente i terminali in questo settore è particolarmente difficile.
Montature
senza
fronzoli
quindi, con piombi piramidali ad alta tenuta, braccioli corti e fili di diametro sostenuto, nel più classico pater-noster. I pesci, saranno tutt’altro che diffidenti, anzi… Il sarago è il re della turbolenza, in cui riesce a nuotare e cibarsi pienamente a suo agio
Nella turbolenza sono necessari terminali a prova di groviglio
SURFCASTING
Il CANAloNe Il mitico canalone altro non è che una zona di maggiore profondità, creatasi perché le correnti costrette a passare in un percorso più stretto per via di ostacoli sul fondo, o per diversa consistenza del substrato stesso, scavano un profondo ed ampio solco. Il canalone è una zona apparentemente più calma in mezzo alla turbolenza, è può essere perpendicolare alla
battigia,
oppure
lungo
costa,
leggermente inclinato in funzione della direzione della mareggiata. In esso si può trovare di tutto, dalle spigole, ai saraghi, ma anche grosse mormore. Il canalone
Se si riesce a stare in pesca correttamente in un canalone, con l’esca giusta, l’orata è assicurata
è il settore per eccellenza di sua maestà l’orata. Gli esemplari da paura spesso si strappano proprio da esso. Terminali mono-amo con attacco alto, sono quanto di meglio si possa utilizzare per tentare il colpaccio. Nelle fasi di scaduta un buon minitrave basso e un bracciolo di media lunghezza intorno ai 150 cm, può sostituire lo short-rovesciato. Bracciolo ed amo in funzione di innesco ed ambizioni, ma mai al di sotto dello 0.30, se le acque rimangono velate e le onde energiche. UlTImo FRANGeNTe E’ la zona dove l’onda scresta, e crea un punto proficuo della pesca. Su alcune spiagge basse è lontano ed irraggiungibile, specie nelle prime fasi della scaduta, in altre profonde non esiste proprio. In ogni caso, quando lo troviamo, e le nostre doti balistiche ci permettono di raggiungerlo, è lì che dovremmo lanciare le esche più leggere, in cerca di prede “placide”, come grosse mormore ed orate. E’ un settore dove può capitare di tutto, ma per osare, bisogna sfidare sempre la massima turbolenza.
la mormora, icona della pesca dalla spiaggia, amante degli anellidi, va ricercata “in modo leggero” dove frange l’onda
ARGOMENTI
Te la do io la pesca!
Di Umberto Simonelli
l
a mission di una rivista di pesca come la nostra è quella di dare informazioni agli appassionati, più o meno neofiti, su tecniche e su ciò che tutti chiamano astuzie e segreti: lunghezze e tipo di terminali, sezione dei fili, colori, marche, nodi, affondamento e quant’altro. Sono
tutte informazioni che oggi grazie, anche e soprattutto, alla velocità del web, hanno creato un sistema “plug and play” anche nella pesca. Quindi abbiamo distribuito a piene mani i risultati dell’esperienza complessivamente maturata, in pacchetti preconfezionati, che hanno permesso, in breve tempo, a molti di sentirsi pescatori e di pescare, anche con interessanti successi, soprattutto dove la presenza di pesce è cospicua. Ma la pesca, quella vera, è una cosa ben diversa. SEMbRA fAcIlE Se il momento è quello giusto, l’esca appetibile e il procedimento corretto, prendere un pesce è facilissimo. Anche portarlo a bordo può essere semplice.
In
fin
dei
conti,
con
materiali di qualità, nodi ben fatti e un’attrezzatura di livello, avere ragione
Una buona attrezzatura, affidabile e di qualità gratifica il pescatore non solo con il possesso ma anche con le prestazioni, ma non è il punto di partenza per prendere i pesci
di un pesce, quando è ben fisso all’amo, è facile e i rischi di perderlo sono pochi. Anche perché i sovra dimensionamenti delle attrezzature di cui ci avvaliamo ci garantiscono margini di sicurezza degni di quella degli aerei di linea. Quando le cose si complicano o ci si avventura in tecniche meno diffuse, dove l’informazione è meno a buon mercato o non esiste affatto, iniziano le difficoltà. Perché per pescare non serve solo un buon scandaglio, un’ottima canna o un filo sottilissimo e indistruttibile. Serve ben altro. RATIO & qUANTITà Essere dei bravi pescatori non si misura in kg di pesce pescato, ma con il ratio delle catture rispetto alle sessioni che si svolgono. Questo che vuol dire? Significa che un pescatore capace, che è arrivato ad un traguardo di competenze (che ci piace di più come termine, rispetto a bravura), è in grado di effettuare prelievi con regolarità. Un pescatore, che pesca tantissimo ma casualmente, è solo un pescatore inconsapevole,
al
più
baciato
dalla fortuna, per aver azzeccato il momento di massima frenesia. Questo concetto vale per tutte le tecniche, dal bolentino alla traina, dal surf casting allo spinning. Sia chiaro, comunque, che anche un Le grandi pescate, rimangono spesso eventi sporadici, più frutto di
pescatore con grandi competenze,
fortunate coincidenze che di capacità del pescatore. Spesso solo tristi
non è che sarà grado di pescare
epiloghi di una attività predatoria e non di pesca ….
anche in una vasca da bagno, perché il pesce che non c’è non si può catturare. Potrà, però, avere
qualche chance in più quando il pesce non è nel pieno dell’attività alimentare, quando è poco o quando è disturbato e quindi fortemente diffidente. E allora qual è il segreto vero della pesca? REGOlE NON ScRITTE Spesso qualcuno ci chiede una buona montatura per i dentici o per la ricciola o per i saraghi, nella convinzione che sia l’attrezzatura a pescare e che ci sia una “lenza miracolosa” che catturi da sola. L’aumento delle probabilità di cattura non sono affidate alla tecnologia, ma a come questa viene applicata. Si può imparare tanto da un cappotto quanto da una cattura. L’importante è riuscire a capire cosa è successo e cosa accade sul fondo. Non basta avere un ottimo terminale se non si intuisce come lavora in acqua e se è in grado, in quella situazione, di dare all’esca la giusta credibilità, che vuol
dire “comportamento naturale”. E il
ARGOMENTI
comportamento naturale è sempre quello che assumerebbe l’esca se non fosse vincolata al terminale: condizione a cui i pesci sono abituati quando si nutrono e che confrontano con quella dell’inganno. A volte, nella traina come nel bolentino, si perde di vista come avviene la predazione Un pesce del genere, dichiarato, cercato ed ottenuto, è il frutto di competenze, che consentono la replica dei risultati, e non di casualità
e si propongono appetitosi (per noi) bocconi solo nella convinzione che i pesci, alla stregua delle galline, si facciano prendere dalla frenesia del cibo. Questo, in alcune condizioni,
può anche accadere, ma non rappresenta la regola, perché bisogna valutare che i pesci, ad esempio, cambiano dieta anche rispetto a stagione, temperatura e foto periodo. PENSARE cON lA PROPRIA TESTA Gli assetti che si possono adoperare in pesca sono moltissimi, in genere più o meno tutti noti e ratificati nel protocollo delle varie tecniche. L’applicazione, però, non può essere casuale, bensì il frutto di un ragionamento che porti a tentare una soluzione piuttosto che un’altra, proprio in virtù di valutazioni specifiche. Per fare degli esempi, parliamo della terminalistica della traina piuttosto che di quella del surf casting. Nella pesca con il vivo, la lunghezza di un terminale, come anche la sua sezione, non seguono regole standard ma devono essere adattate alla bisogna. Quindi ne valuteremo le caratteristiche dimensionali in funzione della profondità, tipo di esca, fondale, corrente e prede, perché dovremo andare a ottenere un assetto, un controllo e una attrattività dell’esca ottimali. Diversamente, la porteremo a spasso legata a un guinzaglio. Nella scelta, dovremo individuare il modo migliore per fare in modo che l’azione di pesca sia incisiva e l’inganno “lavori” nel modo giusto nel punto giusto. Un terminale da surf dovrà essere studiato per essere sempre in pesca, senza aggrovigliarsi o sbandierare; starà all’osservazione ed al nostro ragionamento individuare le “misure giuste”. L’esecuzione
scrupolosa
delle
SEMbRA fAcIlE
montature è importante, perché ne va dell’affidabilità; ma a nulla vale un terminale perfetto, da manuale, se poi è inadeguato per le specifiche condizioni di quel momento, che dobbiamo essere in grado di leggere e capire
Fin qui tante parole, ma, di fatto, come si fa a capire? In primo luogo bisogna andare a pesca, spesso. Più si va e meglio è, perché impareremo dalla statistica delle cose che succederanno. L’esperienza passa per le sperimentazioni negative, sempre, e la determinazione deve essere forte perché è dalla somma
algebrica dei fatti, tra una pescata da ricordare ed un cappotto da dimenticare, a darci la misura del da farsi, ad indicarci quali sono le variabili su cui lavorare per avere più opportunità, a farci capire cosa può essere stato determinante. Guai a fossilizzarsi sulle solite soluzioni: dobbiamo cercare di capire e creare opportunità, anche andando contro corrente, se serve, e non solo quella del mare.
Ecco un innesco da bolentino, frutto di analisi, ragionamento e astuzia. Un complesso naturale e funzionale frutto di prove ed esperimenti capace di ingannare il pesce, sul serio
PER cONclUDERE Non sarà il filo più costoso, la canna più recente o il nodo più geniale a farvi prendere i pesci; semmai, tutto ciò vi garantirà di non perderli dopo averli allamati. Sarà la capacità di scendere idealmente sott’acqua insieme alle vostre esche e “vedere” come pescano. La sperimentazione sarà poi l’altra grande alleata, che consentirà di capire, a successo avvenuto, se (e facciamo solo un esempio) nelle vostre zone con quella luna, quella marea e quella corrente sarà più produttivo usare un terminale lungo o corto … e non di 21 metri e 99 centimetri precisi …
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Copertina parlante Preda : Spigola Nome scientifico : Dicentrarchus labrax Periodo di pesca : Novembre Ora della cattura : 11,45 Località : Foce del fiume Tevere Tecnica : Traina con artificiali Esca : Swimming bait “Testa Rossa” Profondità : 6 mt Velocità : 3,3 knt Peso : Kg 9,2
FOTO: Fotocamera : Nikon D200 Esposizione : Automatico Tempo di scatto : 1/6000 sec Modo di misurazione : Matrix
UNA NOVITÀ RIVOLUZIONARIA Hook-Eye è una telecamera subacquea creata specificamente per la pesca sportiva e per girare video in alta definizione perfino in condizioni estreme, come la pesca al marlin. La caratteristica peculiare di Hook-Eye è quella di essere montata direttamente sulla lenza senza dover tagliare il filo, dove opera libera di scorrere senza mai interferire con il movimento dell’esca, e quindi senza disturbare l’azione. Durante la traina d’altura, per esempio, la Hook-Eye nuota come un teaser e risulta addirittura attrattiva per i pesci. Il suo sistema brevettato di attacco senza tagliare il filo e senza legarla ad esso, inoltre, permette all’utente di collocarla sulla lenza anche dopo che il pesce ha abboccato, per riprendere la lotta, il recupero e quant’altro accada sott’acqua. Grazie al suo design fluidodinamico brevettato e ad una deriva regolabile provvista di pesi in tungsteno di varie misure, la HookEye può essere trainata fino a 10 nodi di velocità rimanendo stabile nella ripresa, senza assorbire le vibrazioni del filo, ed è riuscita a riprendere il black marlin, considerato uno dei pesci più veloci al mondo e capace di sfrecciare via a 130 chilometri orari. Anche nella traina col vivo Hook-Eye ha restituito immagini inedite così come nel live kab. La sua estrema robustezza, l’assenza di pulsanti esterni e la chiusura ermetica con doppio o-ring le permettono di sopportare la pressione dell’acqua e operare fino ad oltre 180 metri di profondità, dove grazie al suo sistema integrato di luci LED ha registrato immagini mai viste come l’abboccata di pregiatissime pezzogne e ricciole. Infatti il sistema di luci LED può essere settato in modo da accendersi e spengersi automaticamente in base alle condizioni di luce. La batteria dura circa tre ore e venti ed è intercambiabile. Insomma, dal bolentino di profondità alla traina d’altura e col vivo, dal drifting al live kab, Hook-Eye ha dimostrato di essere esattamente ciò che i suoi creatori intendevano realizzare: un sistema estremamente versatile per la pesca e la registrazione di immagini subacquee che può essere utilizzato e personalizzato dagli utenti secondo le loro esigenze e aspettative.
Traina d’altura
Traina con il vivo
Live kab
Bolentino di profondità
info@hook-eye.us www.hook-eye.us