TRAINA
NO SQUID
BOLENTINO
TERMINALI DA SPARIDI
VERTICAL
SLOWPITCH: ESCHE NELLA CORRENTE
5 Editoriale 6 Global@mail 14 No Squid 18 L’arenicola 22 Affondatori idrodinamici 26 Slowpitch: esche nella corrente 28 Un pesce al mese: La ricciola 34 Terminali da sparidi 40 In cerca dell’oro Affondare nel blu 44 48 Consigli di pesca 51 Copertina parlante di U. Simonelli
La posta dei lettori
di D. Craveli
di D. Limone
di M. Prezioso di D. Craveli
di U. Simonelli
di M. Prezioso
di D. Limone
di U. Simonelli
di U. Simonelli
Editoriale
Q
uesto mese vorrei proporvi un argomento di cui, normalmente, sulle riviste di pesca si parla assai poco. Vorrei fare alcune riflessioni sull’inquinamento. Quello del mare, ovviamente e quello dovuto alle sostanze plastiche che vi vengono disperse. Malgrado la tendenza a produrre plastiche, almeno sulla carta, eco friendly, questi materiali che invadono letteralmente la nostra vita invadono anche il mare, con effetti a dir poco devastanti. Se per un attimo immaginassimo, di far sparire le plastiche dalla nostra esistenza, tutta la tecnologia umana si abbatterebbe collassando drammaticamente. Questo esempio ci faccia riflettere sulla vastità del problema. La plastica dispersa in mare è tantissima; la maggior parte vi giunge dai fiumi che vi sfociano, poi una parte viene dispersa per caso e poi il resto per incuria, ignoranza e menefreghismo. Sta di fatto che esistono isole alla deriva fatte di relitti plastici, la cui biodegradabilità è quasi nulla. Sembra che occorrano 450 anni perché la plastica si degradi completamente. Ammesso che sia così, visto che da quando la prima bottiglia di plastica è caduta in mare ne sono passati molti ma molti meno. Ma durante questi 450 anni succede qualcosa di molto più grave, perché l’inarrestabile azione del mare riesce a sminuzzarla in microscopici pezzi, con una granulometria di qualche millimetro e anche meno. Materiale che in questa nuova forma, rimane in sospensione, o affonda entrando a far parte del letto marino, trascinato per centinaia e centinaia di miglia dalle correnti. E una tragica concomitanza vuole che queste particelle si ammassino la dove ci sono le maggiori concentrazioni di plancton, la base della catena alimentare. Studi recenti effettuati dall’Università di Siena hanno riscontrato che questo fenomeno è molto forte nel centro del famoso santuario dei cetacei che vede il suo baricentro a Capraia. Fenomeno invisibile a occhio nudo, invece è un vero killer. Infatti queste micro plastiche entrano nell’organismo dei pesci. Le prime inconsapevoli vittime sono i grandi cetacei che si nutrono di plancton. Ma non finisce qui. Perché le microplastiche pare siano terreno fertile per virus, funghi e batteri che vi proliferano e che sono dannosi per gli altri organismi marini, pesci e soprattutto per i filtratori come i mitili, con una pericolosa ricaduta sull’alimentazione umana. Ma la storia continua. Infatti nelle plastiche, per renderle morbide, viene inserito un additivo che è dannosissimo per il sistema endocrino umano. Incredibile come questo problema non sia a conoscenza di tutti noi, non solo come amanti del mare, ma come consumatori e cittadini. Non facciamo altro che parlare della protezione di alcune specie: il tonno rosso è al massimo dell’attenzione, alcuni crostacei non sono pescabili, le aree marine protette proliferano.. ma nessun provvedimento, alla luce dei fatti, se ci si ragiona col buon senso e con un po’ di competenza, sembra essere studiato sul serio per la salvaguardia dell’ambiente. Non si limitano i quantitativi del prelievo professionale per tutte le specie e i controlli sono sempre inesistenti. Piuttosto tutto sembra organizzato per tutelare, più o meno indirettamente, solo alcuni interessi economici e non davvero quelli della natura. E se non ci si preoccupa della plastica che un giorno ci sommergerà significa che anche lì, ci sono interessi forti. Altrimenti le cassette di polistirolo usate dai nostri amici professionisti, e che troviamo spesso disperse in mare, dovrebbero essere proibite. Umberto Simonelli
TRAINA
Di Domenico Craveli
L
a traina con il vivo, monopolizzata dall’uso di seppie e calamari, è un classico invernale, e malgrado ciò gli irriducibili, continuano a portare, inesorabili, a spasso cefalopodi anche alle porte delle bella stagione. In realtà, innescare un guizzante e grosso pesce, sebbene appena un po’ più impegnativo, dal punto di vista del suo reperimento, può essere più produttivo, ma
servono precise strategie di pesca. Esistono pescatori, per i quali è difficile immaginare una pescata a traina senza cefalopodi. Meglio quasi non uscire, senza queste “micidiali” esche. Ed anche quando catturarle in autonomia è complicato, si chiama il professionista di turno e si comprano per non mancare l’ appuntamento con il grande dentice o con la big lola. Perché, come tutti ben sanno, questi grandi predatori si nutrono solo di cefalopodi, e proporre qualcos’altro significherebbe davvero sfidare troppo la sorte.. . Siamo sicuri che le cose stanno davvero così? Noi la pensiamo diversamente, e di seguito vi spiegheremo il perché. IMMUNIZZIAMOCI
Un lanzardo è catturante come un cefalopode, o forse anche di più. Ma va saputo maneggiare per l’innesco, e trainato a favore di corrente a velocità poco superiori al nodo
Dopo aver fatto levataccia alle tre di notte, o anche peggio, e dopo essere riusciti in qualche modo ad avere qualche esca tentacolata nella vasca, arriviamo nel nostro spot carichi di adrenalina ed aspettative.
Inneschiamo,
mandiamo
giù.. pochi minuti di attesa, ed alcune tocche ci indicano che il nostro boccone ha fatto una brutta fine sotto l’aggressione delle solite maledette tanute. Ci spostiamo, ricaliamo, ma la musica non cambia, anche in altre zone di mare. E’ passato pochissimo, e siamo già senza esche! La pesca con i cefalopodi, è anche questa. Perché allora non usare qualche bel pesciolino ? In fondo, in passato, abbiamo pescato quasi sempre così, ed i risultati non sono mancati. Più selezione, più “tranquillità” , soprattutto nel passare in zone di mare popolate anche da minutaglia “feroce”, dove sono presenti, in insospettabile promiscuità, anche i nostri predoni preferiti. ERRORI DA NON FARE
Gli alletterati sono un “assegno in bianco”, vengono aggrediti dalle ricciole, ma anche dai dentici di taglia e dalle grosse cernie
Innescare pesci, significare fare la vera “traina con il vivo”, così com’è nella sua vera e classica essenza. La mancanza di risultati clamorosi, confrontati a quelli ottenuti con seppie e calamari, sta più nella nostra capacità di pescare, che nell’efficacia intrinseca del boccone proposto. Diciamolo, senza stare a girare troppo sul problema; proporre un cefalopode è tecnicamente più semplice che innescare e far lavorare bene… una boga. Si proprio una boga, e non un pesce a caso, perché uno degli errori più comuni che si commette quando si passa all’innesco dei pesci, è quello cadere nella solita
scelta monotematica: sugherelli e solo sugherelli . In realtà, la traina con il vivo apre un mondo di soluzioni, e se saremo bravi a capire lo scenario dove ci confrontiamo, ci ritroveremo ad usare bocconi impensabili che ci garantiranno risultati eccellenti ogni oltre aspettativa, altro che calamari! Ma bisogna esserne convinti.. . ALTERNATIVE CON LE PINNE