Rivista aprile

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2017

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

la rivista on-line della pesca in mare TRAINA ESCHE NON CONVENZIONALI

TRAINA CAMBIO DI STRATEGIA TECNICA LA SCELTA DEL MULO

E L A I C E P S SURF

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VIII - Numero 4



IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VII Numero 4 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

5

Editoriale

6

Global@mail

di U. Simonelli

La posta dei lettori

16

TRAINA La scelta del mulo

22

NAUTICA Controlli fondamentali

26

TRAINA Palamite di primavera

30

TRAINA Esche non convenzionali

36

VERTICAL Colpaccio in rosa

42

TRAINA Cambio di strategia

40

SPECIALE SURF

60

Copertina parlante

di U. Simonelli

di U. Simonelli

di M. Prezioso

di M. Prezioso

di D. Craveli

di D. craveli



Editoriale

I

social network sono diventati, nel bene e nel male, un elemento importante della società attuale. Una nuova forma di comunicazione globale che coinvolge molte attività e alle quali sembra sia diventato proprio indispensabile accedere. Impossibile non esserci, obbligo da cui anche le realtà commerciali non sono riuscite ad esimersi. Insomma un luogo dove per contare bisogna esserci. O almeno così sembra. Una finestra attraverso la quale guardare il mondo e le persone che lo frequentano o un affaccio dal quale dire la propria e manifestare se stessi, molto spesso con meno pudore di quanto verrebbe naturale pensare. Un panorama che però sempre più spesso ci fa pensare all’epilogo della biblica storia della Torre di Babele. Ovvio che il riferimento a Facebook è tutt’altro che casuale. La Torre di Babele del terzo millennio, con la quale si cerca la comunicazione globale senza limiti ne confini finendo in un gran caos … anche la pesca non si è sottratta al richiamo dei social, con un proliferare di gruppi e appassionati che si confrontano con il conseguente immancabile, inevitabile caos. Caos di informazioni e caos di punti di vista che disegnano una compagine di persone fin troppo articolata e davvero poco omogenea. Un’immagine ben diversa da quella che ricordiamo dei vecchi tempi (per chi c’era) dove la pesca sul web erano luoghi come i Forum “Big Game” o Live Baiting, in cui i confronti erano sicuramente molto più tecnici sebbene non indenni da qualche baruffa, da schieramenti e fazioni, antipatie e simpatie. Oggi grazie all’avvento anche degli smart phone, la possibilità di essere sempre connessi è totale con la condivisione in tempo reale di ogni accadimento o pensiero. Se da una parte gli effetti benefici e positivi di questa comunicazione “no limits” siano innegabili è altrettanto vero che nella grande comunità dei pescatori si è data la stura ad atteggiamenti e mentalità che almeno, una volta rimanevano chiuse nei limiti del privato di ognuno. E nella pesca ricreativa in particolare, perché di questo qui discutiamo, abbiamo definitivamente e malamente sdoganato un modo di vedere la pesca stessa con modalità dove bravura e capacità, fanno sempre più rima con “quantità e dimensione”. Ovviamente con annesse prove provate delle proprie “competenze alieutiche”, con foto di catture multiple come se non ci fosse un domani. Evidentemente i pescatori non sono tutti così e del milione e più che siamo, ci auguriamo che i brutti esempi siano la percentuale minore. Perché se per molti la pesca è razzia e catture a nastro, allora il problema assume altre connotazioni e diventa comportamentale ed identifica un disagio culturale e psicologico. Non vi arrabbiate, ma è così … E quel che è peggio è che è questa l’immagine che poi ci identifica, rispetto a chi ci guarda e ci giudica, offrendo logici pretesti per emettere facili condanne, facendo di tutta l’erba un fascio. E se la logica dei “mi piace” in qualche modo, rappresenta uno strumento di misura, ci preoccupa dover ammettere che generano più consensi catture sconsiderate che un rilascio. Vuol dire che c’è qualcosa che non va …… Oltre a questo fenomeno se ne associa un altro, altrettanto serio. Ma è bene, prima di introdurre l’argomento, fare una premessa sul nostro concetto di come vediamo la pesca. La pesca, ricreativa, ovvero quell’attività di cattura di 1 pesce (nel senso di uno solo da mangiare), pensiamo sia la ripetizione celebrativa di una propensione ancestrale dell’uomo …. Non davvero la manifestazione di chissà quale capacità. Ovviamente c’è chi è più bravo e chi lo è meno, ma solitamente il primo è quello che può andare di più e il secondo quello che può andare meno: superdotati, credetemi non ce ne sono. Ci sono solo maggior esperienza, opportunità diverse o location che offrono migliori potenzialità di pesca. Ora, venendo al fatto, i social hanno creato le condizioni per sfornare “fenomeni” che per maggior capacità comunicativa rispetto ad altri, acquisiscono leadership confortare solo da presunte competenze “sbocciate” all’improvviso. Non siamo contrari al fatto che ciascuno si ritagli il suo piccolo spazio di consensi; siamo perplessi quando il fenomeno si espande in una rincorsa scomposta, che a volte coinvolge anche il mondo commerciale a cavalcare l’onda del personaggio più in voga del momento da impacchettare in una bella maglietta col logo, perdendo di vista ben altri aspetti. Perché mentre i pescatori si dibattono nella loro Babele comunicativa, la fuori c’è qualcuno che con nuove leggi e nuovi decreti ci sta cucinando per benino, consegnandoci nelle mani dei professionisti. E noi faremo la fine dei pesci, finiremo in padella .. Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Il jolly napoletano Carissimo Michele, ti seguo sulla rivista fin dai primi numeri e seguo anche i tuoi video. Qualche giorno fa, proprio “ripassando” quelli sulle montature nella sezione video della vostro sito, stavo pensando di provare a pescare con il jolly napoletano. Quali sono i pesci che meglio si insidiano con questo terminale e, soprattutto, quando preferirlo alle montature più classiche, con i braccioli a bandiera? Fino a che profondità è consigliato? Oltretutto, quando è bene optare per la soluzione col bracciolo superiore? Grazie, Eugenio Il jolly napoletano nasce

per

insidiare i

tutti

grufolatori,

ovvero tutti quei pesci che amano attaccare

le

esche a stretto contatto con il fondo. Il bracciolo superiore monta

si

sempre,

altrimenti

non

sarebbe

jolly

napoletano

ma

diventerebbe la

così

detta

“napoletana corta”.

La

geometria di costruzione di questo terminale, semplicissimo nella sua realizzazione, è tale per far sì che due ami innescati siano in pesca il più vicino al fondo possibile. L’amo sottostante il piombo vi si adagia naturalmente, mentre l’amo superiore, grazie all’inclinazione che tutto il complesso assume, lo sfiora in un “tocca e non tocca”. È preferibile usare questo terminale quando si pesca su rocce uniformi, scadute sul fango, su sabbione o sul macciotto e in tutte quelle poste difficili da gestire con altre tipologie di terminali. Ma ricordiamo sempre che è un terminale che nasce per pescare a strettissimo contatto col fondo e mai alzato, altrimenti perderebbe tutta la sua ingegnosità. Le prede più insidiabili sono i pagelli, le orate e i saraghi; le esche che più ti consiglio sono paguri, cozze, muriddu, americano, verme di rimini e cannolicchio.

Michele prezioso


GLOBAL@MAIL lungo o corto? Mi sono appassionato da un paio di anni al drifting al tonno rosso e sono sempre alla ricerca di cose nuove da imparare. A tal proposito, volevo il vostro parere rispetto all’assetto di pesca con terminali lunghi. Il mio maestro di pesca (mio zio) mi ha insegnato a pescare adottando le soluzioni classiche che, a sua detta, sono sempre le migliori. Quindi, ho una canna montata con doppiatura chiusa col bimini e un terminale in FC, connesso con un moschettone con girella. Sebbene i risultati non manchino con le soluzioni usuali, per la prossima stagione sono intenzionato a testare i terminali lunghi, in nylon, montando ami con girella. Che ne pensate? Michele

Abbiamo già trattato questo argomento, tempo fa, nella lettera di un altro lettore, ma ci fa piacere ribadire alcune considerazioni. Personalmente ho sempre privilegiato l’uso di terminali lunghi e morbidi, eliminando definitivamente la doppiatura e il terminale classico con girella e moschettone, spesso scatenando le critiche di altri pescatori. Non posso certificare la supremazia di una soluzione rispetto ad un’altra, sebbene, secondo la mia esperienza, l’ago della bilancia premi la soluzione del terminale lungo che privilegia ed esalta la morbidezza e l’assetto naturale dell’esca in corrente. Piuttosto, quello che reputo il vero valore aggiunto di una montatura lunga connessa alla madre lenza con il wind-on è, soprattutto, la presenza di un solo nodo, quello sull’amo, e la possibilità di riavvolgere tutta la lenza nel mulinello; opportunità molto comoda in combattimento e nel trasporto delle canne. Oltretutto, l’uso di una connessione dritta e di ami circle consente di adoperare terminali più sottili; e la sezione contenuta fa veramente la differenza. In caso di cambio del terminale, il lavoro è apparentemente più complesso, ma nel corso degli anni solo una volta, e per una disattenzione, ho avuto bisogno di sostituire il terminale per intero, limitandomi, nella routine, a rifare il solo nodo sull’amo. Condivido la scelta del nylon e consiglio un buon dicroico. Ottimo e durevole il New Kuro della Yamashita, che, al contrario del fluorcarbon, non si opacizza, anche pescando a lungo a profondità elevate.

umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Il controllo della velocItà Ho comprato da poco un piccolo scafo di seconda mano, recentissimo ed in ottime condizioni e, soprattutto, super accessoriato per la pesca. Sapevo di non aver acquistato una barca americana e sono cosciente che con 5 metri e poco più di barca e un 40 CV 4T non posso aspettarmi prestazioni stratosferiche. Ma la realtà è stata peggiore del previsto, perché le capacità di navigazione si sono dimostrate mediocri: lo scafo si bagna appena il mare si increspa e il controllo della velocità è molto difficile. Non riesco ad avere una navigazione in planata a velocità intermedia. Già con due persone il motore è in difficoltà e per mantenere la planata devo stare sui 5000 giri con una velocità elevata e poco confortevole, mentre se decelero facilmente entro in dislocamento. Vorrei avere un parere da Umberto Simonelli. Fausto.G.

Caro Fausto, se fossi in te non mi preoccuperei particolarmente, perché, stando alle informazioni che mi hai dato, non ci dovrebbero essere problemi gravi. Questo scafo dovrebbe avere prestazioni accettabili con quella potenza anche con più di due persone. Oltretutto, il motore, in particolare questo modello, dovrebbe essere un 40/60, quindi più generoso nelle sue prestazioni. Credo che ti basterà poco per sistemare il tutto. Intanto, verifichiamo l’altezza di montaggio del motore sullo specchio di poppa e la sua inclinazione, perché se troppo immerso e con trim molto negativo le prestazioni saranno sempre mediocri. Dopo che ti sarai assicurato della corretta installazione, con la collaborazione di un meccanico esperto verifica anche il passo dell’elica. E’ possibile che sia un’elica troppo veloce, ovvero con un passo lungo. Basterà scendere di misura per ottenere una spinta più omogenea già dai regimi più bassi e, come credo, la barca cambierà modo di navigare. L’elica sbagliata può penalizzare la navigazione in un modo impensabile. Evidentemente, il precedente proprietario si sarà accontentato senza porsi domande. Segui i miei consigli e vedrai …

umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL MorMore all’IngleSe.. un approccIo dIverSo Ciao Dario Limone, sono un appassionato di ledgering e frequento generalmente spiagge molto profonde. A maggio, le mormore arrivano fin sotto la battigia, dove è difficile pescarlo. Che soluzione mi consigli considerando che a circa 10/15 metri dalla riva ho circa 2 metri di fondo ed acqua cristallina? Grazie mille. Francesco

Carissimo Francesco, la bella stagione sta avviandosi verso il suo culmine, Maggio è alle porte e le mormore iniziano nuovamente a frequentare i bassifondi sabbiosi degli arenili, spingendosi fin sotto il gradino di risacca, anche con mare calmo. Quando questo accade, sulle spiagge profonde, c’è chi lascia il surf casting e il beach ledgering, per insidiarle, di giorno, in modo insolito, con un galleggiante a penna…ossia all’inglese. Più che un ripiego, questa tecnica è una vera è propria strategia efficacissima, perché specialmente lungo le spiagge con gradino di risacca molto accentuato, questi sparidi amano pascolare a pochi metri dalla battigia e in queste circostanze spesso sono difficilissime da insidiare con i classici terminali da fondo. Esche fluttuanti in corrente come se fossero libere, terminali invisibili ed ultrasottili, canne che in ogni caso esaltano il recupero e rendono una preda di pochi etti un valido avversario: ecco la ricetta giusta per divertirsi e fare carniere fuori dagli schemi ed ecco perché il metodo anglosassone funziona!

dario limone


GLOBAL@MAIL Sotto Shock Caro Dario Limone, sono un appassionato sdi surf casting e della pesca dalla spiaggia in genere. Legato ai tradizionalismi, ho sempre pescato con lenza diretta sul terminale, anche perché cercavo i pesci sulla distanza dei 60/70 metri. Oggi mi trovo costretto all’uso dello shock leader, e volevo sapere che differenze vi erano tra quelli conici già pronti, oppure tradizionali o in trecciato. Giovanni

Carissimo Giovanni, possiamo definire lo shock leader (in gergo definito S.L.) come “l’ammortizzatore del piombo”, che lanciamo. Generalmente è lungo 2,5 volte la lunghezza della canna. Può essere di trecciato, di nylon o preconfezionato conico. La scelta è legata, oltre che a preferenze personali, alle finalità di pesca. Un S.L. di trecciato sarà usato per ottenere la massima distanza di lancio. A parità di carico di rottura col nylon, ha un diametro davvero ridotto, ma regge poco all’usura da “abrasione”. L’azione delle onde che smuove i granelli di sabbia è molto deleteria per questo tipo di materiale. Uno Shock Leader di nylon di grosso diametro è indicato per la media distanza 60-80 mt e per favorire lo scarroccio del piombo sul fondo per effetto vela. Il nodo di giunzione è però il punto critico, per ingombro e tenuta. Quello conico è il compromesso tra i primi due. Il piccolo nodo di giunzione, tra la lenza madre e lo stesso shock leader non darà fastidio nel passaggio tra gli anelli durante il lancio.

dario limone


GLOBAL@MAIL acqua torbIda Sono un appassionato di traina con le esche vive. Premetto che non sono un fenomeno, ma ogni tanto la mia passione viene premiata e qualche bel pesce lo mangio. Ultimamente, però, la frequenza di catture si è molto diradata e prendere un dentice è diventata una rarità, almeno per me. Premetto che pesco per lo più usando le seppie. Ho notato che nei periodi freddi dell’anno la presenza di correnti sul fondo è rilevante e che la visibilità è scarsa. Infatti, usando la waterwolf ho potuto notare che molto spesso sul fondo non si vede proprio nulla. Vorrei sapere da Michele Prezioso, secondo la sua esperienza, quanto la poca trasparenza dell’acqua possa determinare la possibilità di catture. Manlio

Io non credo sia solo la trasparenza delle acque a dare esito positivo o negativo alla nostra giornata di pesca, perché i pesci davvero non sono limitati più di tanto dalla visibilità. Credo, piuttosto, che anche la corrente sia un elemento da considerare nella gestione della battuta. Le forti correnti sul fondo, infatti, non sono propizie ai dentici. Tornando alla trasparenza, sono convinto fermamente che impieghi di esche diverse possano dare risultati migliori. Innescare una seppia, che non emette molte vibrazioni, con acque velate può rendere meno, anche in virtù del fatto che la poca trasparenza rende più efficace il suo naturale mimetismo. Il calamaro vivo, al contrario, ha maggiore visibilità grazie ai rapidi cambiamenti di colore con cromatismi accesi. I piccoli pesci esca, dalle salpe ai sugheri piuttosto che agli sgombri, grazie alla loro vitalità sono sicuramente una opportunità da provare, oltre alla strategia di non limitarsi ai soliti spot e allargare i propri orizzonti di pesca. Perché i pesci si spostano e, secondo le stagioni, alcune poste possono pagare meglio di altre.

Michele prezioso


GLOBAL@MAIL Il gIuSto leader Mi chiamo Luigi e il mio campo di battaglia sono le isole dell’arcipelago toscano e la mia passione il vertical. Il quesito, ovviamente è rivolto al vostro Domenico Craveli. Mi domandavo su come bisogna regolarsi nelle dimensioni del leader nel vertical jigging. Soprattutto se la sua sezione può influire negativamente sulla pesca e quali sono le sue preferenze in merito. Ma vorrei conoscere anche il suo parere rispetto l’abbinamento migliore tra diametro e pesci specifici. Grazie, Luigi

Luigi, so che al Giglio ed a Giannutri ogni tanto vengono agganciati pesci di tutto rispetto e da tempo ho il desiderio di venirci a pescare e chissà se un giorno non ci si incontri .. Veniamo al quesito; il leader è un elemento importantissimo nel Vertical. Sia chiaro che il diametro non incide in particolar modo sulle catture, ma se eccediamo nella sezione, abbiamo problemi nel passaggio del nodo di giunzione negli anelli della canna, nel mulinello e, soprattutto, può avere un fastidioso effetto sull’artificiale in discesa. Infatti se il ferro è particolarmente leggero, non riesce a stendere bene il leader e vincere così le spire che si creano per effetto memoria. Ecco perché addirittura si evita il fluor carbon. Un leader morbido, rende fluido il complesso pescante. Consiglierei di usare uno 0.50 con esche fino ai 100gr e fondali non troppo impervi e 0.65 in tutte le altre occasioni.

domenico craveli


GLOBAL@MAIL rIccIole dI prIMavera Caro Domenico Craveli, da appassionato di vertical ti scrivo questo quesito relativamente alla presenza delle ricciole in calabria nei mesi primaverili. Volevo dedicarmi alla cattura di questi pesci a jigging, perchè sarò da quelle parti, proprio in occasione dei ponti del 25 aprile e primo maggio. Ho la possibilità grazie a degli amici, di uscire sia sul tirreno, che sullo jonio, e volevo avere info da te in merito. Grazie. Complimenti per la rivista.Michele

Caro Michele, in Calabria le ricciole si possono pescare in verticale, quasi tutto l’anno salvo solo il periodo della riproduzione, che va da maggio a luglio. Per il tempo restante tutto è sempre possibile. Aprile probabilmente è l’ultima finestra temporale, ma le possibilità di trovarle sono apprezzabili, a patto che non li intercettino prima i ciancioli, come purtroppo di solito avviene ogni anno. Tirreno e jonio sono ugualmente proficui, con la differenza che sullo jonio, i relitti, rappresentano un hot spot molto più frequentato dai carangidi rispetto alle secche rocciose tirreniche. Per il resto, non ti resta che provare, anche perché il periodo che indichi coincide con una fase lunare propizia, fattore molto importante per gli spostamenti di questi carangidi.

domenico craveli




TECNICA

La scelta del mulo Di Umberto Simonelli

C

hissà per quale strana coincidenza, quando ci riferiamo al mulinello chiamandolo mulo, sia inevitabile il pensare all’infaticabile quadrupede. Forse perché proprio al mulinello spetta il gravosissimo compito di recuperare, di forza, la preda,

svolgendo un lavoro assai complesso. Il mulinello è una vera e propria macchina, intesa nel senso stretto della fisica; macchina a cui vengono richieste prestazioni tutt’altro che semplici e con elevata affidabilità. Un concentrato di meccanica al servizio del pescatore. Analizzeremo qui di seguito i mulinelli da traina e, quindi, con bobina rotante, per valutarne le caratteristiche e capire non solo come funziona, ma come scegliere quello più adatto alle nostre esigenze e come intendere il miglior compromesso tra qualità e prezzo.



TECNICA

L’ASpETTo mECCANICo Il concetto è quello del verricello, ovvero tramite degli ingranaggi messi in rotazione

I muli a bobina rotante non a caso vengono definiti “moltiplicatori”, proprio per la “cinematica” interna costituita da una serie di ingranaggi che moltiplicano i giri della bobina rispetto a quelli della manovella. La qualità della meccanica è un riscontro difficile, quindi meglio affidarsi a prodotti testati

da una manovella si genera la rotazione di un tamburo sul quale viene avvolto, nel nostro caso, un filo. La manovella è solidale ad un primo ingranaggio, che mette in rotazione uno o più ingranaggi successivi, l’ultimo dei quali è solidale all’albero che supporta la bobina. Ma la bobina non è bloccata sul perno; può, infatti, slittare, perché è ad esso vincolata dall’attrito che esercita il “pacco frizione”, compresso più o meno da una molla regolata dal sistema di taratura della frizione stessa. In sostanza, l’albero è solidale ad un disco d’acciaio che è a contatto con una delle due facce di un altro disco, di uno speciale materiale, a sua volta a contatto con una superficie di acciaio fissa sulla bobina. Quanto più è forte la pressione, tanto maggiore sarà l’accoppiamento tra albero e bobina e, quindi, la capacità di rotazione della bobina. La pressione, e quindi la forza della frizione, viene regolata tramite un gioco di molle spinte da una regolazione che, avvitandosi o svitandosi, ne varia la compressione. Questa regolazione può essere fatta con due metodi: quello così detto “a stella”, perché il volantino di regolazione ha una forma stellata che, avvitato o svitato, consente o meno lo slittamento dei dischi. L’altro sistema, presente sui mulinelli di seconda generazione, consiste invece in una ghiera di preregolazione con cui si effettua una taratura preventiva ed una leva che, ruotando una camma, cioè un sistema a spessore variabile, esercita una taratura fine della pressione della molla sui dischi e, quindi, del loro slittamento. CArATTErISTIChE FUNzIoNALI

Shimano TLD Tyrnos Talica Tiagra Torsa Penn Squall Fathom International

Tubertini Kota

Alutecnos Everol Albacore Shot Gorilla Albacore

Okuma Makaira SLS Andros Metaloid

Avet MXL5.8 MXL5.8G2 MXL6/4MC raptor

Fin-nor Lethal ltc Marquesa

Duel Speddy

Italacanna Cub

Una selezione dei mulinelli da traina disponibili in commercio in Italia, verso i quali è possibile orientare una scelta e che abbiamo avuto modo di provare. Quelli non menzionati non sono stati riportati solo per mancanza di conoscenza diretta


Chiarito, per grandi linee il funzionamento, diventa chiaro il fatto che la qualità della componentistica interna è uno degli aspetti che principalmente contribuiscono a quella generale del prodotto. La difficoltà sta nel fatto che, se altre valutazioni possono essere fatte a vista, quelle meccaniche no. E ci si deve affidare al nome e alla storia del prodotto stesso nonché del produttore. Quel che deriva direttamente dalla meccanica è il rapporto di recupero, ovvero il rapporto tra i giri di manovella e quelli della bobina; da questo valore emerge la velocità di recupero e “la forza” del mulo. Vale a dire che un mulinello che recupera molti metri di filo con un giro di manovella sarà meno potente; un po’ come succede con le marce del cambio. Però, nel funzionamento, una parte rilevante la fa la manovella con la sua lunghezza. Un mulo veloce con una manovella lunga, avrà il vantaggio di avvolgere velocemente mantenendo una buona coppia grazie al vantaggio della manovella, che si comporta come una leva. In realtà, tutti questi aspetti devono essere inseriti in un buon compromesso generale, per avere un mulo veloce e potente. Nella traina con il vivo avere recuperi veloci è importante, per non perdere mai il contatto con il pesce, ma anche la potenza non guasta, quando ci dobbiamo confrontare con pelagici di taglia e carattere. LA FrIzIoNE La frizione ha un compito veramente difficile: deve essere morbida e fluida ma allo stesso tempo potente. Tutto si gioca sui materiali dei dischi frizione e sulle superfici in gioco, oltre che sulla dissipazione del calore da parte dei supporti. Una superficie frenante ampia è destinata a funzionare meglio anche se di qualità media; invece una frizione E’ in casi come questi che si vede la “stoffa” della frizione, che deve rimanere fluida anche dopo ore di funzionamento, durante il quale si generano temperature elevate che devono essere dissipate

di piccola superficie che offra livelli di frenatura molto

importanti

deve

essere necessariamente di materiali tecnologici e di alta qualità. E lo sforzo di acquisto sarà proporzionale; inutile credere a prestazioni stellari e prezzi bassi: sono condizioni incompatibili. Per quanto riguarda il sistema di controllo della frenatura, oggi tutti i muli hanno un comando a leva; ma ne esistono alcuni di nuova generazione che mantengono il comando a stella. Sarebbe uno sbaglio grave pensare che possa essere un sistema poco preciso. Ci si deve solo prendere la mano, perché la regolazione è meno ampia ma non meno efficace.


TECNICA La bobina è un elemento determinante per la capienza della lenza. In foto un mulo tradizionale a bobina larga. Attualmente c’è la tendenza ad usare bobine più strette e più profonde, per contenere sempre grandi quantità di lenza, ma riuscire così a ridurre volumi e pesi

LA bobINA Quando parliamo di bobina parliamo di capienza, ma anche di diametri. Ovvio che la capienza ha la sua grande importanza e più filo si può avere meglio è. Ma nel gioco dei rapporti di riduzione e delle forze in gioco, il diametro della bobina può svolgere un ruolo. Un “bobinone” carico fino all’orlo, gioca ad aumentare la ratio di recupero e quindi a diminuire la forza. Ovvio, quindi, che come al solito è meglio avere strumenti compatti con bobine capienti ma di dimensioni contenute. Anche perché le bobine strette, oggi molto in voga, alleggeriscono molto i pesi generali. IL boDy Il corpo del mulo non è solo la carrozzeria od il vestito; è l’elemento strutturale che consente agli elementi interni di rimanere solidamente al loro posto, facendo il loro lavoro per lungo tempo. I materiali e il trattamento di protezione, oltre che la metodologia di realizzazione, sono di primaria importanza. Anche il peso è un elemento di valutazione importante ed è la diretta conseguenza di quanto siano evoluti e tecnologici i materiali di costruzione, dall’alluminio di derivazione aeronautica, ai tecno polimeri o alla grafite.


Un mulo di qualità media, associato ad una buona canna è comunque in grado di assicurare confronti sicuri anche con pesci di taglia per moltissimo tempo

LA mANIgLIA La maniglia è quella che definiremmo “l’interfaccia utente”, perché sarà la connessione tra mano e macchina. L’ergonomia è d’obbligo per sentirsi un tutt’uno con il mulinello durante il combattimento. DoppIA vELoCITà Alcuni mulinelli sono dotati di una sorta di cambio, un doppio rapporto che consente di aumentare molto quella che abbiamo fin qui chiamato forza, diminuendo ovviamente il rapporto di recupero: un virtuosismo tecnologico piuttosto che una caratteristica determinante, utile in casi molto particolari ma non indispensabile. Anzi c’è da dire che meno pezzi ci sono e meno guasti sono in agguato.


NAUTICA

Controlli fondamentali

di umberto Simonelli

u

na delle prerogative più importanti per un buon marinaio è la prudenza. Ed essere prudenti fa rima anche con essere previdenti, cosa importantissima sempre, soprattutto quando si ha una barca e ci si appresta ad affrontare una nuova stagione dopo il fermo invernale.

In uno scafo la tecnologia applicata, di fatto, è di basso profilo, soprattutto se parliamo di imbarcazioni di piccole e medie dimensioni. Questo se da una parte è anche un vantaggio, come accade per tutte le cose semplici, dall’altra parte ci induce a sottovalutare alcuni aspetti, pensando che, tutto sommato, sia difficile che accada qualcosa, soprattutto perché, come spesso si dice: “tanto funziona tutto.. ! “ PenSandoci bene Se, invece, andiamo ad analizzare l’impiantistica che insiste anche in una piccola barca, attrezzata per la pesca e per le crociere giornaliere, di punti da controllare Prima di effettuare il varo il controllo delle prese a mare e degli scarichi è prioritario. un malfunzionamento, un trafilo può essere molto fastidioso se non pericoloso

ce ne sono un bel po’. Ora, non è detto che ognuno di noi debba saper mettere le mani dappertutto e fare anche da elettricista e meccanico, però è bene fare il punto effettuare un check out prima di riprendere l’attività. Individuiamo quindi i controlli fondamentali.. PreSe a mare & c Potrà essere anche quella semplicissima della vasca del vivo, ma, come ogni punto posto sotto la linea di galleggiamento, deve


essere super controllato. Va verificata la tenuta delle connessioni, delle relative fascette di tenuta e la funzionalità della saracinesca di chiusura. Va controllata anche l’integrità delle tubazioni. Non scordiamo le cuffie dei piedi entro fuori ed gli astucci elica ed il timone per i linea d’asse. Scarichi a mare Soprattutto se sono a sfioro con la linea di galleggiamento o addirittura sotto, debbono essere controllati con la stessa metodologia delle prese a mare. E’ importante controllare che la tubazione di raccordo abbia il necessario “sifone” che non consenta all’acqua di ritornare indietro sulla tubazione. PomPa di Sentina Vitale verificarne la funzionalità, controllando che l’aspirazione sia libera, l’evacuazione dell’acqua avvenga e che il galleggiante che la attiva in automatico funzioni alla perfezione, verificando non solo che dia il consenso alla pompa quando il livello sale oltre il dovuto, ma che a svuotamento effettuato ritorni in posizione di spento. A volte, i residui della sentina bloccano il funzionamento sia dei sistemi a galleggiante che quelli elettronici con il risultato di scaricare le batterie. I sensori di livello elettronici in particolare vanno manutenuti spesso perché possono anche provocare accensioni della pompa inopportune o mancate attivazioni. Le batterie

Le pompe debbono essere sempre tenute pulite e va controllato il funzionamento automatico

Gli accumulatori, sia quelli destinati all’avviamento che quelli destinati alle utenze dei servizi, hanno la brutta abitudine di perdere la loro capacità di funzionare bene senza dare segnali di preavviso e basta qualche avviamento più difficile per dare il colpo di grazia. Ma succede anche che i responsabili dei problemi siano le connessioni ed in particolare i morsetti che, se non ingrassati a dovere e in buono stato, possono ossidarsi e L’ossido sui morsetti non è una buona cosa, è bene pulirli, ingrassarli e controllare i serraggi

impedire in parte o del tutto il passaggio della corrente necessaria. Quindi, prima di partire, pulire i morsetti e far dare una controllata alle batterie con lo strumento adatto all’elettrauto è una buona abitudine.

FiLtri carburante e circuito di aLimentazione Nel carburante, maggiormente nel gasolio e un po’ meno nella benzina, c’è naturalmente materiale in sospensione che si deposita nei serbatoi, generando dei fanghi che possono facilmente intasare i filtri, senza considerare l’acqua, che è onnipresente. Il controllo dei filtri e, soprattutto, la loro sostituzione, come è facile intuire, è di primaria importanza per non

Filtri nuovi e controllo delle tubazioni sono la garanzia di navigazione sicura

trovarsi in difficoltà. Con l’occasione uno sguardo alle tubazioni e alla loro tenuta non guasta.


NAUTICA

timonerie &c Soprattutto con i sistemi di guida per i fuoribordo, sia meccanici che idraulici, il fermo prolungato può creare seri problemi. Nelle timonerie meccaniche l’ossido in pochi mesi di inattività può bloccare tutto, se non si è provveduto ad una manutenzione assidua. Il cavo che muove il motore od il timone può bloccarsi o rompersi. Anche le timonerie idrauliche, più affidabili in assoluto, possono soffrire di problemi derivanti dall’ossidazione e dall’usura. La rottura di un tubo o la perdita di tenuta durante la navigazione veloce può generare episodi molto rischiosi dovuti ad improvvise perdite di rotta. Quindi,

in alto le connessioni idrauliche della pompa della timoneria, verifichiamo che non ci siano perdite e che i tubi siano a posto e … un’occhiata all’impianto elettrico non guasta

un puntuale controllo dell’integrità delle tubazioni e dei raccordi, del livello del fluido idraulico, con la rimozione di ossido e una buona lubrificazione sono caldamente consigliati. raFFreddamento motori Il sistema di raffreddamento del motore fuoribordo od entrobordo è efficiente? Questa è una preoccupazione importante che deve far scaturire una serie di controlli. Per il fuoribordo, se non si superano 100 ore l’anno è sufficiente cambiare la girante ogni due anni; mentre per gli entrobordo è bene effettuare controlli più accurati anche sulle prese a mare, sugli scambiatori e relativo stato d’uso. Un raffreddamento che non funziona manda il motore in Ecco una bella sala motori, in fondo i filtri e le prese a mare del raffreddamento. Sono punti nevralgici da tenere sempre in perfetto ordine

avaria, ma uno scarico di un fuoribordo che perde, manda a fondo la barca. dotazioni di Sicurezza

Oltre al riscontro di avere a bordo tutto ciò che è obbligatorio, in funzione della distanza da terra a cui si naviga, è bene controllare la rispondenza delle omologazioni dei singoli elementi alle disposizioni attuali, come per i salvagenti ad esempio, o le scadenze, come per i razzi o l’autogonfiabile. Non essere in regola può solo costare una multa, ma un autogonfiabile che non funziona è molto peggio e i razzi scaduti o mal conservati, oltre a non funzionare, possono avere una accensione imperfetta e molto pericolosa.

controllo puntuale delle dotazioni e delle scadenze , con particolare attenzione a autogonfiabili e razzi


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TRAINA

Palamite di Primavera

T

Di Michele Prezioso ra le tante tecniche di pesca che possiamo praticare dalla barca, “a primavera inoltrata” c’è la traina costiera ad uno dei piccoli pelagici più combattivi che possiamo incontrare nei nostri mari: la palamita.

Un predatore non facilissimo da ingannare e particolarmente insidioso se pescato con attrezzature e fili leggeri, causa la sua innata sospettosità e la sua non comune reattività che impegna non poco il pescatore in recuperi il cui epilogo non è mai certo. Pesce granDe Mangia Pesce Piccolo La primavera è il periodo in cui il novellame inizia ad assumere dimensioni apprezzabili e, per questo, anche a diventare interessante pasto dei predatori pelagici come la nostra palamita. I branchi di piccoli pesci, per lo più giovani alici, si spostano sulle invisibili strade che li portano ad incontrare il plancton, il punto zero della catena alimentare, costituito da piccolissimi organismi, come larve e piccoli crostacei (il krill per dirla alla norvegese), che si muove sospinto da vento e corrente. In primavera capita che, proprio a causa del rimescolamento delle acque e dei venti, lo zooplancton si trovi più vicino alla costa, dove la catena alimentare si innesca nel suo alternarsi di vita e di morte. Ecco che in questo ricco piatto non sarà difficile incontrare la nostra palamita.


saPere Dove Nelle accostate primaverili il problema principale è quello di intercettare le zone di caccia, che non seguono regole fisse, ma sono determinate, appunto, dalle condizioni climatiche e dal complesso delle correnti. Le palamite, come tutti i predatori, seguendo corrente e krill compiono le loro scorribande dai 15 ai 100 metri, dove potranno trovare mangianza su tutta la colonna d’acqua, perché, come dicevamo, le piccole prede saliranno verso la superficie o stazioneranno più profonde a seconda delle condizioni e della presenza di zooplancton. Ma non sarà escluso, soprattutto nelle prime ore della mattina, appena il sole si fa più forte e l’incidenza dei suoi

Partendo da artificiali base è bene sempre provare e sperimentare, dimensioni e colori

raggi maggiore, che scoppi qualche mangianza segnalata dal ribollire della superficie e dalla presenza dei gabbiani. Un’altra zona su cui insistere, sempre su fondali maggiori, è il punto in cui si differenzia la trasparenza dell’acqua, nel sottile punto di confine tra acque scure e velate dalla torbidità dei bassi fondali e quelle più trasparenti del mare aperto. Zone sPecifiche I fortunati che godono di punti in cui il fondale omogeneo e profondo, segnato da risalite importanti, qui dovranno cercare le prede; altrettanto proficui saranno i salti batimetrici, ovvero quei punti in cui il basso fondo, meglio se omogeneo, degrada velocemente con salti di roccia importanti. Queste particolari conformazioni generano delle correnti specifiche che richiamano il pesce foraggio i ferri Del MesTiere Volendo equipaggiarsi di tutto punto, il consiglio è di adoperare delle canne leggere, dalle 4 alle 8 lb con muli rotanti e nylon in bobina dello 0,35. Ma diciamo che anche delle canne da spinning possono andar bene, tenendo però presente che in traina le problematiche variano per gli attriti dovuti alla velocità ed avremo bisogno di canne robuste. Da tenere in considerazione anche che in alcuni casi sarà necessario affondare gli artificiali con piombi a sgancio rapido. La parte terminale della lenza sarà bene, comunque, realizzarla in fluorcarbon, soprattutto se useremo artificiali piccoli, perché il rischio che il filo entri in contatto con gli affilatissimi denti è maggiore e una migliore resistenza all’abrasione è consigliata per scongiurare un epilogo poco piacevole. insiDie Le esche consigliate sono i minnow affondanti e, generalmente, i modelli più catturanti sono quelli che vanno dai 7 ai 14 cm, nelle

arancione, affondante e grande: questo artificiale della Halco ha avuto la meglio sul predatore..

colorazioni sia naturali, come lo sgombro o l’alice, che di fantasia, e quindi con livree multicolori. La traina si svolgerà a velocità comprese tra i 4 e i 5 nodi, con le esche filate lontano, dai 30 ai 60 metri. Non si esclude la necessità di affondare di più gli inganni, cosa che realizzeremo applicando una o due zavorre a sgancio rapido lungo la lenza, partendo a non meno di 30


metri dall’esca. Potremo usare anche grammature

TRAINA

diverse, nel qual caso la più leggera sarà quella più prossima all’artificiale. Una piccola astuzia che a volte paga moltissimo, dovendo massimizzare l’affondamento, è quella di usare artificiali da spinning, dotati di paletta. Lo scopo è quello di poter rallentare il moto, anche fino a 3 nodi, grazie all’efficienza di queste esche progettate per lavorare a bassa velocità. La conseguenza sarà quella di guadagnare, a parità di zavorra, La dentatura della palamita è veramente micidiale; finire nelle sue fauci vuol dire morte sicura. Il contatto con fili sottili ha epiloghi sempre poco felici

molti metri di profondità senza perdere incisività nell’azione di richiamo.

a galla Non sempre le palamite devono essere insidiate a fondo. In alcune situazioni è utile usare esche principalmente previste per lavorare a galla, come le piume, anche quelle con testa metallica, i jet ed anche le filose a cui applicare in coda un pesciolino che simuli l’inseguimento di un pesce che preda. In questo caso, usare degli aeroplanini come richiamo, che generano schiuma simulando l’attacco di un predatore su pesci in fuga, è molto fruttuoso.

Due soluzioni furbe ed economiche per attirare il pesce. vanno montati in linea ad un paio di metri dall’esca di superficie

Oltre agli areoplanini, detti anche “birds”, è possibile adoperare dei galleggianti piombati trasparenti, applicandoli prima del terminale, che svolgono un’ottima azione di richiamo. Possono essere usati anche i “buldo”, sfere di plastica da riempire con acqua, per renderle parzialmente affondanti. In entrambi i casi il leggero affondamento in traina genera schizzi e schiuma ed attira i predatori, simulando la fuga di uno o più pesciolini.

l’aeroplanino può essere un altro richiamo molto efficiente, va montato a qualche metro dall’esca e funziona bene con velocità sostenute



TRAINA

Esche non co


onvenzionali

Di Michele Prezioso


TRAINA

e’

convinzione comune che la pesca al dentice possa essere fatta solo con l’uso dei cefalopodi, per cui, se non si hanno a disposizione seppie e calamari, si dà per scontato che i risultati saranno rari o addirittura impossibili Se ci siamo fatti l’idea che i nostri sparidi dentuti banchettino solo a suon di seppie e calamari,

allora le nostre convinzioni riguardo questi pesci andranno radicalmente riviste. Aver provato innescando piccoli o grandi pesci senza aver avuto risultati non certifica che queste non funzionano, perché pescare con questa tipologia di esche vive vuol dire non solo saper individuare quelle migliori ma, soprattutto, come pescarci. Perché diversamente porteremo solo pesci al guinzaglio. Pesci onnivori Qualche tempo fa, su queste pagine, abbiamo paragonato i dentici ai cinghiali: chi conosce questi suini selvatici non avrà difficoltà a ritrovarvi molte similitudini. Sicuramente, alcune delle caratteristiche che accomunano il dentice al forte cinghiale sono il carattere schivo e la dieta, perché anche questi pesci si adattano a cibarsi di tantissime cose, dalle spoglie di altri pesci morti ai piccoli pesci, ai piccoli crostacei fino a comportarsi come predatori pelagici. Diciamo che il dentice è un esemplare che non va per il sottile, di bocca buona e, soprattutto, di grande opportunismo. Certo, un bel calamaro distratto o una seppiolina poco avveduta siamo sicuri che avrebbero vita breve al cospetto di un dentice affamato. Ma la sua natura predatoria ed il fisico, che gli consente agguati velocissimi, lo rendono veramente temibile nei confronti della minutaglia. Oltretutto, in anni di pesca, non ricordiamo di aver mai trovato nella pancia di un dentuto cose diverse da piccoli pesci, ma piccoli davvero. I cefalopodi sono un boccone energetico irrinunciabile che nessuno si fa scappare, ma un dentice ecco cosa ha rigettato un dentice appena salpato. segno inequivocabile della dieta standard di questi grandi predatori

di certo arriva al suo bel peso nutrendosi più di pesci che di gommosi.

ParliaMo Di esche Abbiamo avuto modo, nel corso degli anni, anche grazie ad una intensa attività subacquea, di osservare più volte i dentici in fase di predazione e, pescando, di avere un quadro preciso dei pesci più graditi al predone, sicuramente pesci molto umili, pesci che vivono attaccati al fondo o pesci di branco che amano vivere intorno agli scogli. Non tutti i pesci sono proprio l’ideale per la traina, non davvero per la loro appetibilità ma per l’adattabilità alla tecnica, in

Una menola innescata con un amo circle, nei fori nasali


considerazione del fatto di non essere grandi nuotatori. Eppure, le piccole esche hanno più di una volta sedotto pesci anche di grandi dimensioni. Si possono trainare sia singolarmente che in tandem, quest’ultima soluzione è ideale soprattutto se i pesciolini sono sotto ai 10 cm.

PESCE

GRADIMENTO

Tecnica di reperimento

Difficoltà di reperimento

Alaccia Pesce Lucertola Boga Triglia Mafrone Perchia Donzella Menola Sughero Sgombro(piccolo)

***** ***** ***** **** **** **** **** **** *** ***

Sabiki Traina fondo Sabiki- bolentino Bolentino Bolentino Sabiki-Bolentino-Traina Bolentino-Sabiki Bolentino – Sabiki Sabiki – Bolentino - Traina Sabiki-Bolentino Traina-Drifting

Bassa al Sud / Media al Nord Medio/Bassa Bassa Alta Alta Bassa Bassa Media Bassa Media Media

Pesce lucertola e donzella sono due esche micidiali, spesso sottovalutate o addirittura sconosciute

coMe innescarli Ci serviranno degli ami adeguati che non ledano la vitalità del pesce. La gamma di ami consigliati è ampia sia per chi vuole andare sui tradizionali Jhook che sui più innovativi circle. Quindi, ci sentiamo di individuare in casa Owner i 5180 e gli 11580, ad occhiello storto; in alternativa, potremo scegliere gli sj 41 o 38. Volendo scegliere i circle, andranno benissimo i dh84, i 10670 o gli z005, tutti nelle misure più piccole, non oltre il 3/0. I terminali saranno flessibili e non estremamente lunghi, per mantenere un buon contatto con le esche e per controllare le prede in caso di strike, per limitarne il grado di libertà e contrastare le reazioni violente. Le sezioni, per non limitare la mobilità, saranno contenute tra lo 0,43 e lo 0,50 o poco più

Un tandem improvvisato ed inusuale: una castagnola ed una perchia. Quando le esche scarseggiano non resta che industriarsi ..


TRAINA

Tecniche Di Pesca Quando rimorchieremo i pesci, la gestione della pescata dovrà essere mirata alle esigenze delle piccole esche, che non potranno essere trainate con le medesime velocità e metodologie a cui siamo abituati quando peschiamo con i cefalopodi. Dovremo essere attenti fin dall’inizio a non maltrattare l’esca, premura che avremo non solo quando la pescheremo, ma anche quando la innescheremo e la manderemo sul fondo. Consigliabile controllare la velocità di discesa moderandola al massimo, per evitare che la rapida compressione e il cambiamento di temperatura possano comprometterne la vitalità se non addirittura la vita. La velocità di traina dovrà essere uno scarroccio controllato, con l’attenzione di condurre le esche a favore di corrente. In natura i piccoli pesci non risalgono la corrente ma si lasciano trasportare ed i dentici cacciano, quindi, a favore di corrente, anche perché non sono nuotatori pelagici ma solo potenti centometristi, capaci di sforzi istantanei. In ultimo, un’importante astuzia è quella di trainare l’esca a qualche metro dal fondo: Pescare i dentici con i piccoli pesci può essere molto efficace a patto di rispettare alcune regole di base

eviteremo che si intani e, soprattutto, conferiremo ad essa un nuoto più usuale e credibile.

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Colpaccio in rosa l

Di Domenico Craveli

e tecniche light inm japan style, sono nate nel sol levante, per mirare alla cattura di pesci di pregio, non necessariamente di grossa taglia. Infatti, la preda per eccellenza per i pescatori con occhi a mandorla, è il pagro giapponese, o TAI, “Pagrus major” per la scienza. Importate

in Italia, queste discipline sono state adattate per i nostri predatori, cernie e dentici in primis, ma se praticate nel modo più leggero, proprio come sono state pensate, permettono la cattura dei nostri sparidi pregiati in rosa. Fragolini anche di grossa mole e paraghi, non saranno più unico retaggio dei bolentinari più bravi. Nella spasmodica e incessante ricerca di pesci importanti e di grossa taglia, ci si dimentica facilmente di prede nobili e divertenti, anche se di mole modesta , ma che se insidiate con metodo, possono rappresentare una divertente variante senza stagione. Parliamo di pagelli, prai e affini, pesci davvero da japan style! L’inchiku e il kabura, sono tecniche straordinarie e il loro apice tecnico è magnificato non solo dalla cattura di dentici, cernie e magari ricciole, ma anche e soprattutto da tutte quelle prede che è possibile insidiare negli ambienti più vari e spesso difficili, anche se si tratta di pesci solo di pochi etti. Pesci presenti praticamente lungo tutte le nostre coste, pesci insomma che possono regalare soddisfazioni anche nei settori di mare considerati avari di grandi animali. Family in rosa Pagelli e Prai sono pesci che turbano da sempre i sogni dei bolentinari più incalliti. Pensare di realizzare gli stessi carnieri usando artificiali al posto dell’esca naturale non è possibile, però accade che la


taglia media dei pesci che attaccano le nostre insidie “artificiali” è decisamente più elevata. Questi pregiati sparidi hanno abitudini diverse, ma i loro ambienti sono adiacenti e questo ci agevola nella loro ricerca. I pagelli amano stare nelle aree fangose a ridosso di settori misti e rocciosi, proprio dove i prai prediligono alimentarsi, specialmente per quel che riguarda gli esemplari più giovani, perché i grossi iniziano ad avere abitudini più simili ai dentici e meriterebbero un Un bel praio preso con un inchiku su un fondale

discorso a parte.

profondo oltre i 100 metri

Hot spot Se è vero che non tutte le zone d’Italia possono vantare batimetriche importanti sotto costa, è anche vero che per incontrare pagelli e prai degni di nota, serve una colonna d’acqua importante per avere buone probabilità di successo. Ogni “mare” ha le sue quote, e se in Adriatico 40 metri possono magari bastare, nel Tirreno Meridionale bisogna spingersi oltre gli 80 metri, fino ad arrivare anche ai 130. In ogni caso, sono i settori con notevoli salti batimetrici, con fondali caratterizzati da importanti differenze di morfologia, dove lo scoglio profondo lascia il posto al fango, quelli in cui dobbiamo insistere, sperando che corrente e scarroccio ci agevolino nelle passate. artiFiCiosamente attratti Pagelli e prai attaccano indistintamente sia l’octopus dell’inchiku che lo skirt del kabura. Ci sono momenti di discreta attività trofica dove una soluzione vale l’altra, in altri momenti invece la scelta corretta è fondamentale. L’inchiku dà il massimo in condizioni di forte corrente e con pesci che si muovono staccati dal fondo specialmente durante i flussi di bassa marea. Durante l’alta marea, invece, quando gli “sparidi” vanno a grufolare sul fondo, è il momento del kabura: il suo strisciare, i tonfi ripetuti sul substrato attirano in modo efficace questi pesci. Altra discriminante di scelta è

Un fragolino di grossa taglia attaccato ad un palamito di un professionista. Capire le aree di cala dei parangali, può essere utile per trovare nuovi spot


il tipo di fondale: inutile “massacrare” i costosi kabura su fondali dove ogni calata significa incagli.

VERTICAL

Anche il fattore “luce” è importante: per i pagelli, alba e tramonto, i prai sono invece più attivi nelle ore centrali con sole alto.

ligHt.. qUello vero Una delle regole principali nella pesca a questi pesci è di utilizzare esche leggere in relazione alle condizioni. Ossia, se corrente e scarroccio lo permettono, l’uso di un artificiale da 80 grammi è più produttivo dello stesso ma di peso superiore. Per i colori preferire tonalità rosse, arancio o brune. I movimenti saranno in ogni caso lentissimi, sia con i kabura (dove è la normalità), che con gli inchiku, insistendo nei pressi del fondo, anche con lunghe pause (10 secondi almeno), mantenendo gli artificiali sospesi in corrente con le appendici fluttuanti.

pescando profondo le sorprese sono all’ordine del giorno.. e se dal rosa si passa all’arancio.. nessuno si dispiace



TRAINA

CAMBIO DI STRATEGIA

Q

Di Domenico Craveli uando il cambio di stagione avviene in modo brusco, con connotati molto diversi rispetto a quello che succedeva al nostro mare anni fa, quando si passava dall’inverno alla primavera in modo graduale, il trainista si trova di fronte uno scenario inedito. Correnti fortissime che alterano i

flussi di marea, meteo imprevedibile e salti barometrici che influiscono in modo irregolare sull’attività dei pesci. Pescare i predatori in questo contesto è molto complicato. Quando l’acqua progressivamente si riscalda, passando dai minimi stagionali a valori primaverili, specie in superficie, il mare si trova in un tumulto di correnti che scorrono a velocità e direzioni diverse, rendendo la pesca davvero complicata. I pesci, salvo particolari situazioni, si portano a batimetriche profonde, dove, per stare correttamente in pesca, sono necessarie alcune accortezze. L’assetto Di pesCa Dimenticate per un attimo l’assetto di traina standard ed iniziate ad accorciare sensibilmente il leader. Dai canonici 20 metri, si passa a poco più di 5, che con un metro e mezzo di terminale significa avere le esche a circa 7 metri dal piombo. Eresia? Affatto. I dentici non hanno

Canne corte, fili sottili, leader ridotti al massimo, e passaggi precisi intorno alle formazioni rocciose, sono quanto di meglio nei mesi di transizione


paura della zavorra, anzi, questa soluzione ci permette di essere precisissimi nei passaggi, facendoci lambire i margini degli scogli buoni, con la certezza che le esche seguano la stessa traiettoria dell’imbarcazione anche in presenza di corrente contraria o trasversale. Se pensate anche al guardiano scorrevole, in questo caso scordatevelo. Solitamente queste aree sono ad alto rischio incaglio piombo, anche se spesso facilmente rimediabile senza eccessivi patemi, a patto di aumentare la sezione del bracciolo che regge il piombo stesso. Non è pazzia legare la zavorra con uno 0.40/0.50, che permette di forzare e risolvere l’incoccio senza perdere il tutto alla prima sfiorata di rocce. Tanto, in caso di emergenza, con pesce in canna e relativo incaglio, sarà sempre il guardiano a cedere. azioni DeCisive Girare come gli indiani intorno alle formazioni rocciose, aspettando lo strike come una manna, è una prassi dedita a chi non ha spirito di osservazione e capacità tecnica di intuire le condizioni marine del momento. Quando affrontiamo lo spot a favore di corrente, dovremo procedere in modo costane e rettilineo, per mantenere l’esca sempre dietro al piombo, senza pause.

E’ buona norma tenere la canna in mano ed ammortizzare con le braccia i sussulti della canna dovuti ai movimenti della barca per via del moto ondoso, in modo da non fargli frustare il piombo e di conseguenza evitare di generare i “fischi” del trecciato che si allenta e si stende improvvisamente. Nel verso contrario, ossia contro corrente, poco prima dei salti batimetrici o degli ostacoli del fondo, e subito dopo, metteremo in folle e manderemo il piombo sul fondo stesso, tenendo ferma la barca con piccoli colpi di motore in avanti. Le esche fluttueranno così dietro il piombo, in una sorta di drifting molto catturante con pesci “fermi”, che prediligono per il momento strategie di caccia all’agguato.

Il polpo morto è una buona alternativa a calamari e seppie. Anche perché in primavera inoltrata, con i dentici che sono in montone, la preda regina diventa qualche bella cernia


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SURF

lo speciale

• L’arenicola • La mormora • L’orata • Il bait clip


Editoriale I

mesi corrono, e siamo all’atto terzo del nostro appuntamento… speciale! L’avvicinarsi della bella stagione non fa che restringere lo spazio temporale in cui sperare in qualche bella mareggiata per praticare la propria passione, nelle condizioni più giuste da surf

casting. Ma anche nelle situazioni più morbide, è possibile concretizzare belle catture. Aprile infatti rappresenta il cambio di stagione, dove saraghi e spigole passano il testimone a mormore ed orate. Anche il “paniere” delle esche è stravolto. Vermi e anellidi, come arenicola ed americano, che mal sopportano le condizioni di forte mosso, iniziano invece a diventare una scelta obbligata, perché salvo rari casi, o zone selvagge, bocconi consistenti come seppie e tranci di pesce, non sono più il meglio da proporre. Il repentino cambio di temperatura atmosferica, le maree forti dei periodi di equinozio, rendono comunque anche il mare calmo, un’ alternarsi tumultuoso di correnti, che di certo complicano la pescata. I periodi di attività sono brevi e concentrati in momenti della giornata non facilmente determinabili a priori. In questo periodo, infatti, un ottimo punto di marea, o una fase lunare propizia, non basta ad evitare sonori ed inspiegabili cappotti. In ogni caso, rispolveriamo le attrezzature leggere, ed iniziamo a frequentare le spiagge anche di giorno, perché con il sole allo zenit… tutto è possibile. Buon inizio di stagione


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Esca famigerata, sulla quale si sono spesi i fiumi di inchiostro, ha partecipato a suon di catture all’evoluzione moderna del light casting, rimanendo in assoluto il boccone più appetito da tutte le specie grufolatrici del sottocosta. Identificato volgarmente con il nome di “Napoletano”, questo anellide rosso di sabbia in passato veniva raccolto direttamente su alcune delle nostre spiagge. Fortuna dei primi pionieri che ne hanno provato l’efficacia, ha ricambiato le attese in spiaggia con carnieri da capogiro di mormore, saraghi e orate, impensabili con qualunque altro tipo di esca.

L’arenicola nelle sue classiche confezioni in polistirolo con sabbia nera a grana fine. Il costo varia tra euro 6.50 e 8.00 euro


SURFCASTING

ESCA ROSSA Il suo habitat esclusivo è caratterizzato dalla sabbia fine con alta percentuale organica, dalla battigia fino a qualche metro di profondità. Può raggiungere e superare i 30 centimetri di lunghezza. Nei rarissimi luoghi ove ancora è presente può essere prelevato munendosi di pala, setaccio, qualche vasca e tanta pazienza. Sicuramente l’operazione risulterà faticosa, ma sicuramente ne varrà la pena. Tralasciando al dovere di cronaca la sua spontanea reperibilità in natura, ci limitiamo a dire che tutti i negozi di esca solitamente ne sono forniti, anche se il costo è elevato a volte anche in maniera spropositata.

In questi ultimi periodi è capitato di trovare nei negozi la cosiddetta “Arenicola Selezionata” , grossa quasi quanto un americano, invitante alla vista di ogni pescatore, abbondante e dal costo esagerato. Una volta in spiaggia però le aspettative vengono tradite da un’appetibilità minore spesso da noi erroneamente imputata alla scarsa presenza di prede. Il trucco c’è, e come in ogni enigma la soluzione più logica è quella meno considerata. Queste grosse “arenicole” infatti, niente hanno a che vedere con la nostra micidiale mattatrice degli arenili, infatti si tratta di un anellide di importazione chiamato “Spagnolo”, dallo scarso contenuto sanguigno e dalla presenza all’interno di una sostanza verdastra che tende a dare all’innesco un aspetto poco invitante. Provata, al confronto con la nostrana e vera arenicola, su canne montate in maniera identica non ha retto il confronto e il ratio di catture è stato almeno di 5 a 1. Spesso però non abbiamo alternative, dobbiamo adoperare ciò che troviamo, ma è anche giusto essere consci di quello che si va ad acquistare, considerando che anche un occhio esperto avrebbe difficoltà a distinguere le due specie. Comunque non intraprendiamo nemmeno


purtroppo oggi non lo è più, e non abbiamo alternative se non quella di adeguarci. La conservazione nelle scatoline di polistirolo in cui viene commercializzata è abbastanza agevole anche se in estate i tempi di “sopravvivenza” si accorciano. La temperatura ideale è intorno i 12/14 gradi, ed è preferibile cambiare l’acqua di mare all’interno delle confezioni almeno una volta al giorno. C’è chi ha provato a mantenerla in acquario, ma l’equilibrio biochimico indispensabile per garantire a lunga la sopravvivenza di questi animali è irriproducibile in ambiente domestico, ne ci sono indicazioni bibliografiche o indiscrezioni sul suo allevamento. ESCA REGINA DA SPIAGGIA L’utilizzo in pesca è uguale a quello degli altri vermi. La si innesca con l’apposito ago su ami leggeri e a gambo lungo di misura solitamente mai oltre il n° 6, ma siamo già al limite, e abbinata a lenze sottili

risulta

micidiale

per ogni pinnuto transiti nelle

vicinanze.

Regge

bene anche i lanci più esasperati e non essendo molto

voluminosa

è

indicata per la pesca sulla lunga distanza. Ottima con mare calmo, insuperabile in scaduta soffre però la forte presenza della minutaglia, non a caso la primavera è il momento migliore per utilizzarla in quanto l’attività dei piccoli pesci disturbatori è ancora limitata. Per prelevare i capi da innescare è vivamente sconsigliato “ravanare” con le dita all’interno della confezione; perchè un verme danneggiato porta alla morte tutti gli altri in quanto il liquido al suo interno possiede delle tossine che nel giro di poche ore uccidono tutti gli esemplari presenti. Basta, con un pò di cura, riempire la scatola con acqua di mare e, scuotendola delicatamente in orizzontale, porteremo a vista tutto il contenuto, prendendo così in maniera delicata il candidato che più ci interessa. Può capitare inoltre che i vermi siano tutti raggomitolati, e una situazione molto ricorrente e deleteria, per districarsi in questa ipostesi dovremo procedere come appena detto per farli uscire dalla sabbia e poi con cura chirurgica senza forzare pian piano districare la matassa. Se siamo in possesso di qualche scatola vuota piena di sabbia, precedentemente utilizzata, potremo suddividere i capi in più confezioni. In questo caso l’espressione “meno siamo e meglio stiamo” è quanto mai azzeccata e potrà tornare utile durante la battuta innescare i vermi prelevandoli da scatole diverse, in modo da diminuirne il numero in tutte le confezioni in modo uniforme.


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LA MORMORA

La mormora, primo amore del pescatore italico dalla spiaggia. Questo striato pesce e’ tra gli sparidi più ricercati dai pescatori sportivi. Lo si può insidiare tutto l’anno, anche se la frequenza delle catture è maggiore in primavera inoltrata. Vediamo insieme quali sono le nozioni fondamentali per cimentarci con successo nella sua pesca. Dove.. La mormora predilige il fondo sabbioso con acqua non molto profonda, ma non disdegna aree miste a roccia. E’ leggermente eurialina, per tale motivo la foce dei fiumi potrebbe essere uno spot alternativo per la sua


cattura. Si nutre di anellidi, di molluschi e di crostacei, che trova grufolando nella sabbia col suo

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muso allungato. Gli esemplari di piccola taglia sono gregari, mentre gli adulti di taglia tendono ad essere solitari od a vivere con altri pochi simili.

Un bel pesce strappato dalla furia delle onde con una potente 2 pezzi dotata di rotante Un grosso esemplare di mormora catturata in una “fresca” notte primaverile

Un pesce.. partIcoLare Possiamo dire, che e’ un pesce stanziale, essendo presente lungo le nostre coste tutto l’anno. Le catture XXL si effettuano proprio in questo periodo, quando gli esemplari più belli si spingono nel sotto riva; probabilmente i pesci più grandi resistono meglio agli sbalzi termici e si mettono in pascolo sul bassissimo fondale. Il mese di riproduzione è l’estate. Generalmente gli individui della famiglia nascono maschi, per poi divenire femmine, anche se una minoranza nasce direttamente femmina. Negli ultimi anni le mormore, che avevano come predatore naturale principalmente la spigola, devono guardarsi da un predone più temibile ed invasivo: il pesce serra. Spesso capita, durante il recupero, di avere un attacco del serra e lo spettacolo che ne consegue è raccapricciante; recuperiamo solo mezzo pesce agonizzante. La mormora a tavola, non è seconda a nessun altro pesce. CONDIzIONI DA mORmORA E’ doveroso fare una premessa, la mormora si nutre di micro-organismi presenti al di sotto del substrato del fondo. Infatti d’estate, durante il bagno in mare, se con i piedi alziamo un po’ di sabbia, i primi pesci ad accorrere saranno le mormore. Questo comportamento, non dimentichiamolo, farà la differenza per adeguare precise azioni di pesca per incrementare il carniere.


Mare calmo o poco mosso sono le condizioni ideali. Ma non sono mancate catture abbondanti anche nelle calde mareggiate di primavera

CAlmA PIATTA Col mare calmo non abbiamo sabbia, che si alza, per tale motivo, la mormora per nutrirsi dovrà grufolare scavando con il muso. In assenza di corrente gli spot migliori sono le buche sul fondo perché c’è una migliore esposizione dei nutrienti e c’è un accumulo di sostanze trasportate dalla corrente, alghe comprese, che fanno da habitat a tanti microrganismi tra cui anellidi, crostacei e molluschi che, come dicevamo prima, sono la dieta standard di questi pesci.


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QUANDO Il mARE SI mUOvE Vanno sempre ricercate le fosse ed i canaloni, come abbiamo descritto prima. L’azione di scavo sulla battigia, anche se lieve, porta il branco delle mormore ad accostarsi al sotto riva, per nutrirsi delle sostanze organiche esposte. NEllE ONDE Ai margini esterni della potente azione di scavo dell’onda e grazie alla corrente secondaria, possiamo trovare le mormore a banchettare. Se il mare è molto mosso, potremmo incappare in esemplari XXL, anche oltre il chilogrammo di

Braccioli lunghi su dispositivi affidabili anti groviglio sono alla base del successo con un pesce che può essere altamente sospettoso

peso. TRAvI E TERmINAlI Generalmente, il garista usa travi lunghi tra 1,80 mt e 2,50 mt a tre snodi, con terminali a bandiera lunghi tra i 50 cm e gli 80 cm. I travi variano da un diametro che va dallo 0,25 allo 0,50, mentre i terminali vanno dallo 0,12 allo 0,20. Gli ami saranno ad occhiello, perché’ danneggiano di meno l’anellide al passaggio dall’ago. I modelli a gambo lungo o medio sono da preferire. Un altro sistema efficace è quello di usare un mini-trave in acciaio, su cui è inserito uno snodo. A quest’utile minuteria si può legare un unico terminale lungo tra gli 80 cm fino ai 5 mt, che può supportare da 1 a 3 ami; in realtà’ è una “ linea longa “. BOCCONI DA mORmORA La piu’ gradita tra gli anellidi è l’arenicola; seguono l’americano ed il muriddu. Col freddo un’altra esca gradita, ad alto contenuto proteico, è il bibi. Tra i bivalvi, un succulento cannolicchio, avvolto sapientemente col filo di lycra e’ la scelta giusta. I piccoli e teneri granchietti di sabbia, quando tutto manca, vanno bene; specie per gli esemplari più grossi. Tra le esche alternative e non comuni citiamo la polpa di gambero, il bianchetto e la polpa di sarda



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L’ORATA… UNA PREDA TUTTA D’ORO Finalmente la stagione calda è alle porte e le orate si porterano a tiro di canna con maggiore continuità. Maggio e giugno sono il periodo migliore per frequentare gli arenili alla ricerca di questo sparide e sono anche i mesi, dove la balneazione non è ancora iniziata in modo massivo ed è possibile contare sulla maggiore tranquillità; la temperatura dell’acqua sale, favorendo l’attività trofica del substrato sabbioso. HABITAT Sicuramente il misto, per la varietà di flora e di fauna presente, è il luogo ideale; ma lo sono, anche quelle spiagge con grossa fertilità, ricche di bivalvi e di anellidi. Pescare nel misto però, come ad esempio in una piccola baia con lingue di sabbia sul fondo tra gli scogli, richiede precisione nel lancio; quindi garantiamoci postazioni comode per assicurarci dei recuperi agevoli, tra gli scogli. Le grosse orate solitarie prediligono questo scenario; probabilmente ciò è dovuto alla capacità del loro potente apparato boccale di triturare


tutto. Questo maestoso pesce non disdegna, nessuna esca e bisogna solo intercettare la sua rotta di pascolo. Come tutti i pesci l’orata segue dei percorsi sottomarini obbligati; infatti non è infrequente la sua cattura negli stessi posti. I momenti migliori per insidiare la grossa orata sono il cambio di luce notte-alba ed il sole alto.

Ma come sempre accade nella pesca, dove le regole matematiche non esistono ogni momento può essere buono. Le orate di media taglia sono gregarie e spesso banchettano con le mormore; capita pescando dalla spiaggia di effettuare coppiole miste. Le condizioni meteo-marine per la pesca dell’orata sono variabili; generalmente la si pesca a mare calmo. Quanto detto non è una condizione assoluta. Non è infrequente catturare orate di taglia col mare mosso, lanciando subito dietro l’onda, dove la turbolenza non è eccessiva; oppure nello scalino di risacca dove si possono intercettare, quelle di media taglia.


SURFCASTING INGANNI I terminali devono essere di diametro generoso e lunghi. L’orata prima di ingoiare l’esca, la trattiene tra le labbra per esaminarla ed ogni piccola trattenuta dovuta al piombo, induce il rilascio del boccone. La necessità dei terminali lunghi ha un duplice scopo: in primo luogo non fa avvertire la resistenza del piombo, in secondo luogo da’ all’esca un movimento più naturale. Usare terminali dai 2m ai 5m (avete letto bene… cinque metri), ci consente di poter aumentare il diametro del filo, garantendoci più probabilità di salpare il pesce. Durante il recupero di un’orata di taglia avremo questa sequenza: alla ferrata avvertiremo una specie di arroccamento, subito seguito da una potente testata. Il recupero avviene a peso morto per alcuni metri, dove avvertiremo tutto il peso del pesce; durante l’avvicinamento a riva potrà nuotare verso di noi, alleggerendo la tensione del filo e potrà dare ancora delle possenti testate. Il peggio avviene ai 40 m da riva, dove inizia a lateralizzare a favore di corrente. Quando siete certi del


grosso pesce, fate levare dall’acqua le altre canne in pesca. Spesso nella lateralizzazione dobbiamo inseguire lo sparide sulla riva. La frizione deve essere tarata alla perfezione, per slittare sulle ultime testate in procinto della battigia, dove c’è l’ultimo nemico, il piccolo scalino di risacca che a volte è di pochi cm, ma sufficienti a farci perdere il pesce. L’azione di recupero a riva, deve essere fatta con canna parallela alla spiaggia, evitando di alzare la testa al pesce. Avendo un terminale lungo, capiterà che avremo il piombo fuori dall’acqua, ma ancora dei metri di terminale in acqua. Tutto ciò si tradurrà in una diminuzione di tensione su tutto il complesso pescante. Essere assistiti a riva da un compagno di pesca è auspicabile, altrimenti sempre con canna parallela alla spiaggia indietreggiate con decisione. Il diametro dei terminali varia dallo 0,22 allo 0,30 e la loro lunghezza dai 2m ai 5m; questo assetto è indirizzato alla grossa e solitaria orata. Per le orate di media taglia, intorno ai 700 gr, scenderemo con la sezione dei braccioli dallo 0,16 allo 0,20. La scelta degli ami è legata all’esca che usiamo. I beak, ovvero i così detti “artiglio d’aquila“sono ideali per i bivalvi. Gli abeerden in acciaio sono ideali, invece, per gli anellidi ed i filetti di sardina. DISTANzE DI PESCA La distanza di pesca è direttamente legata all’habitat; varia da pochi metri all’impossibile. Nell’eventualità di un pascolo distante da riva più di 120 m è evidente, che dovremo assumerci dei rischi; che si traducono in una lenza madre sul mulinello dello 0,16, con un terminale di 2m ed un’esca non voluminosa. Ben diversa la situazione con un pascolo tra i 40m e gli 80m, dove potremo pescare in sicurezza con fili adeguati e terminali lunghissimi. ESCHE Gli anellidi sono tra le esche più versatili ed universali dalla spiaggia. La scelta in ordine di preferenza è la seguente: arenicola, americano, coreano, verme di Rimini. Nel misto si pesca bene con l’oloturia, lo spirografo, il granchio, strisciolina di seppia o di calamaro freschi. Tra i bivalvi in primis cannolicchio sgusciato o con guscio, cozza trattenuta con filo elastico e fasolara.


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BAIT CLIP.. FERMA ESCA PER IL LANCIO Il bait clip rappresenta una soluzione spesso imprescindibile per far volare esche pesanti alle distanze di pascolo non sempre vicinissime. Il suo uso “spaventa” un po’ i neofiti, chi invece lo utilizza con disinvoltura, sa di non poterne farne a meno La traduzione letteraria di bait clip è “blocca esca”. Quest’accessorio infatti mantiene solidale e fermo l’amo con il boccone, parallelamente al nostro shock leader / trave, durante il lancio. Il suo utilizzo è indicato in alcune precise condizioni: vento frontale sostenuto, lanci tecnici per la lunga distanza con braccioli lunghi, utilizzo di esche voluminose. ANATOmIA DI UN ACCESSORIO Il bait clip può essere fisso o rimovibile. Molti se lo costruiscono da soli, anche se in commercio ce ne sono di svariati tipi. Impedire lo svolazzo disordinato dell’esca durante il

still life di un bait clip rimovibile in acciaio, realizzato da

lancio, si traduce quindi in maggiore distanza

Dario Limone. Un accessorio utilissimo, e di altissima qualità

e si salvaguarda la stessa esca dall’attrito in aria che potrebbe rovinare. Infatti il piombo fa


come da scudo durante il volo, creando l’effetto scia. Quando poi il piombo tocca la superficie del mare, e la tensione si allenta, il bait clip perde la sua presa, e libera l’esca. Su di un trave possiamo applicare anche più bait clip; ad esempio un doppio clippaggio per il pater noster; oppure un doppio clippaggio per un long arm. La trazione nell’incavo di accoglimento dell’esca non deve essere eccessiva, pena il mancato sgancio della stessa. Una preferenza va data ai bait clip rimovibili, che possiamo applicare e rimuovere in pochi secondi, senza danneggiare la lenza e senza cambiare trave.

esche voluminose e vento forte, una situazione in cui il bait clip risulta indispensabile

ACCElERAzIONE INERzIAlE Il bait clip, oltre ad agevolare il volo delle esche, impedisce alle stesse di subire una sorta di contraccolpo inerziale che spesso le porta a disintegrarsi o a sfilarsi dall’amo in fase di lancio. Non è raro infatti che il colpo di frusta, generatosi sul terminale, qualche istante dopo il caricamento e lo stacco del piombo, danneggi il boccone realizzato. A volte l’energia è così tanta che non basta nemmeno il filo elastico a risolvere il problema.


Copertina parlante Angler : Stefano Vinci Preda : Dentice (Dentex Dentex) Peso : 9,3 kg Periodo di pesca : febbraio Ora della cattura : 8,30 LocalitĂ : Stintino Tecnica : Traina con esca viva Esca : Calamaro Fondale : Roccia e misto ProfonditĂ : 62 mt

FOTO: Fotocamera : Integrata in I-Phone Esposizione : Auto Tempo di scatto : Auto Modo di misurazione : Multi-zona



Tubertini

V. Muzza Spadetta 28 - 40053 Valsamoggia (BO)

Top game

V. Giuseppe Bezzuoli 7 Scandicci (FI)

www.topgamefishing.com

Apel mar

Lungobisagno Istria, 23ar (GE)

www.koden.it

Pesca planet

V. Quarto Negroni 25 00040 Ariccia (RM)

Maccari Pesca

V. Maremmana, 50/52, 58010 Albinia (GR)

Alutecnos

V. Umbria, 20 - 35043 Monselice (PD)

V. L. Manara, 2 - 20812 Limbiate (MB)

www.italianofishingshop.com

Corso Italia, 261 - 80067 Sorrento (NA)

V. Monte Generoso, 7 - 22074 Lomazzo (CO)

MARLYNPESCA

V. Ivrea - 00183 Roma

www.maccaripesca.it

www.raymarine.it

Elmar Global Service srl VERGA-Plast

www.pescaplanet.com

www.alutecnos.it

Raymarine

Italianofishingshop

www.tubertini.it

www.nauticaprodotti.it

www.vergaplast.com




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