2016
Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea
la rivista on-line della pesca in mare
SURF IL MARE D’INVERNO
CONSIGLI DI PESCA NULLA PER CASO
VERTICAL NODI DA VERTICAL
PESCA DA TERRA L’ESCA PER SEMPRE.. IL BIGATTINO
TRAINA GOLDEN TROLLING
www.globalfishing.it
Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste
Anno VII - Numero 11
IN QUESTO NUMERO..
GlobalFishing magazine Anno VI Numero 11 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone, Marco Troiani. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web
5
Editoriale
6
Global@mail
di U. Simonelli
La posta dei lettori
16
Il mare d’inverno
20
Due meglio di uno?
24
Golden trolling
28
Ritmo rallentato
32
Bolentino nel freddo
38
Muli 2.0
40
Nulla per caso
44
Nodi da vertical
46
L’esca per sempre: il bigattino
52
Copertina parlante
di D. Limone
di M. Prezioso
di D. Craveli
di M. Prezioso
di D. Limone
di U. Simonelli
di D. Craveli
di M. Troiani
Editoriale
E
d anche il 2016 è andato. Mancano una manciata di giorni e fra poco ci vedremo proiettati nel nuovo anno; momento di bilanci, progetti e aspettative. Il vecchio anno non ha portato grandi cose, sia nel mondo della pesca che nel resto della nostra vita di cittadini. La solita chiusura al tonno ultra anticipata, una futura licenza per la pesca in mare, o meglio una nuova “tassa sulla pesca”, che dovrebbe andare in vigore tra poco e un recente feroce inasprimento delle sanzioni per chi contravviene alle regole che fa impallidire quelle previste per reati maggiori, sono i regali del 2016. Anche per la nautica le cose non sono andate meglio e malgrado trionfalistici comunicati stampa della recente fiera di Genova, la stagnazione economica è pesante con pochi accenni di ripresa. Un bilancio che molti potrebbero definire pessimistico, ma che purtroppo noi riteniamo opportuno definire realistico. Anche le condizioni del mare non versano nelle migliori condizioni. Il prelievo professionale è ingente, ben oltre i limiti della sostenibilità ed è una grande emergenza che bisogna assolutamente prendere in considerazione prima che sia troppo tardi. Questo non accade solo al mediterraneo ma tutti i mari del mondo corrono un grave pericolo di sovra sfruttamento e di grave inquinamento. Inquinamento che si manifesta in molte maniere poco note al grande pubblico. L’acidificazione delle acque è un drammatico fenomeno che riguarda tutti i mari del mondo ed è frutto di condizioni ambientali ma soprattutto della maggiore presenza di CO2, anidride carbonica, nell’atmosfera che, grazie anche all’aumento delle temperature entra in diluzione nell’acqua del mare, in quantità molto maggiore rispetto ai quantitativi naturali. Questo genera un fenomeno che modifica il ph del mare che da basico tende ad acidificarsi. Ne soffre la fauna , la barriera corallina, le alghe, le piante e tutti quegli organismi che hanno a che fare con il carbonato di calcio, la sostanza delle conchiglie. Pensate un po’ che la sempre maggiore incapacità da parte del mare di non “metabolizzare” la CO2 ha a che fare proprio con il sovra sfruttamento dello stock ittico. Le deiezioni dei pesci sono una difesa naturale contro questo fenomeno. Meno pesci, meno deiezioni e minore trasformazione dell’anidride carbonica. Gas che è una diretta conseguenza delle attività umane e che è legato anche al così detto “global warming” il riscaldamento globale. Con la conseguenza che l’evaporazione è maggiore e di concerto aumenta l’effetto serra. Ed i pesci muoiono o non si riproducono mentre noi continuiamo a pescarne oltre ogni limite ragionevole. E come se tutto questo non bastasse c’è un altro inquinamento importante e pericoloso. Quello dovuto alle plastiche. Plastiche microscopiche, invisibili e subdole, frutto dello sminuzzamento di tutti i rifiuti plastici dispersi in mare. Microplastiche che provengono in quantità ingente anche dalla nostra attività quotidiana. Basta lavare un pile od un capo di abbigliamento sintetico per rilasciare micro particelle di plastica che by-passeranno indenni ogni filtro , ogni depuratore e finiranno in mare. E finiscono anche nei pesci, che le ingeriscono inconsapevolmente, Le plastiche contengono additivi indispensabili a conferirgli le caratteristiche salienti come flessibilità, resistenza alla luce o colore ed altro. Peccato che questi componenti siano molto nocivi ed interferiscano con il metabolismo e l’apparato riproduttivo, dei pesci stessi e di chi se ne ciba. Un panorama terrificante, reale, concreto e serio che sta diventando un’ emergenza, ma di cui non si parla. L’economia del mare deve cambiare e forse una parte determinante potrebbe essere svolta dai pescatori ricreativi che dovrebbero riappropriarsi del mare e diventarne tutori Basterebbe ridurre in modo concreto e definitivo la pressione di pesca professionale, valorizzando invece la pesca ricreativa e trasformandola in un elemento determinante del nostro pil. Questo l’augurio che ci facciamo e vi facciamo per il nuovo anno e quelli a seguire, per la salute delle generazioni future. Buon Anno! Umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL Buono come il pane Domanda per Michele Prezioso. Il mio obiettivo sono i saraghi in bolognese dalla roccia su fondali Prima si pescava con esche, passatemi il termine, povere. Si innescava ciò che si raccoglieva, ma quella più adoperata era il pane. Ora non si usa più perché le esche di ogni tipo sono disponibili ovunque e a buon mercato. A me, forse in un attacco di nostalgia per le mie avventure di bambino, piacerebbe pescarci di nuovo, magari migliorandone le prestazioni con qualche piccolo escamotage. Mi date una mano? Luciano
Ciao Luciano, il pane è stato il grande protagonista delle nostre pescate infantili. Un po’ di pane “rubato” a tavola e via al mare nel tentativo di acciuffare qualche cefalo con improbabili lenze. Il pane con la mollica è il pane ideale. Valido anche il “pane francese” che non è per alimentazione umana ma studiato proprio per essere innescato, grazie alla sua consistenza filamentosa. Ma torniamo al nostro pane, quello vero. Puoi usare il pan carrè o i panini all’olio o al latte, ma va bene anche il classico pane casereccio o quello gommoso ed insipido che ci rifilano alcune panetterie. Il pane può essere lavorato o essere innescato così com’è. Lavorare il pane significa bagnarlo con l’acqua di mare, prelevando solo la parte bianca e cercando di trasformarlo in una pasta omogenea e compatta; lavoro che può essere facilitato usando un passa pomodoro o uno schiacciapatate. Durante la lavorazione si possono aggiungere “odori e sapori”, per rendere il boccone più appetibile. Sempre per rimanere nel naturale, un ottimo esaltatore di sapidità è l’aglio, per non parlare del pecorino romano o del parmigiano. I formaggini, poi, sono addensanti incredibili e aromatizzano il composto. e l’olio di girasole, se aggiunto all’impasto, oltre che renderlo più resistente all’acqua, svolge un lavoro incredibile di trasportatore di aromi. Il tutto sarà pronto quando si otterrà una pasta elastica e dalla densità omogenea. Potremo mettere il pane sugli ami, formando una piccola pera; potremo pescare a galla usando il galleggiante o a fondo, con un innesco a “mazzetta”, realizzato con tre braccioli con tre ami. Per pescare a galla si può anche sfruttare la naturale galleggiabilità del pane. E’ giusto dire anche che in commercio esistono buste con sfarinati al formaggio pronte all’uso che potrebbero essere una buona alternativa al lavoro del fornaio. Ma è vero anche che al pane non resistono la maggior parte dei pesci. Ed è solo una questione di presentazione. E poi pescare col pane è così romantico.. .
michele prezioso
GLOBAL@MAIL tempi del tonno Spettabile Redazione, vorrei avere chiarimenti sulla pesca del tonno in catch&release. Ho letto e ho sentito dire che pescare i tonni effettuando successivamente il rilascio è permesso solo alla fine del mese di dicembre, per rimanere vietato fino all’apertura della stagione seguente. Non ho letto nessun documento ministeriale perché non sono riuscito a trovarlo, probabilmente per mia incapacità a navigare sul web; mentre alla delegazione di spiaggia del piccolo paese dove abito non ne sanno addirittura nulla e mi hanno dirottato all’ufficio pesca del compartimento marittimo di competenza.. dove, in verità, non mi sono recato. Mi sembra una regola assai discutibile che pone dei limiti che non fanno bene alla pesca e, soprattutto, inutili in considerazione del fatto che i pesci vengono obbligatoriamente rilasciati. Alessio B.
Anche questa lettera è stata condensata nei suoi contenuti e non ce ne vorrà Alessio se ne riportiamo solo la parte saliente. Esercitare la pesca al tonno, anche in C&R, dopo la fine dell’anno è proibito. E’ permesso solo in caso di gare, a patto che siano Fipsas o sotto il suo patrocinio. Non ci sono spiegazioni che motivino questa regola. E’ presumibile che, per non far torto a nessuno, chi ha scritto il provvedimento si è sentito in dovere, tout court, di porre un limite per non indurre in tentazione nessuno e non creare polemiche con i professionisti che additano i ricreativi come pescatori di frodo e venditori di pesce. La mia opinione riguardo al divieto è assolutamente contraria, soprattutto in considerazione dell’impatto biologico praticamente nullo, contro un aspetto economico importante, che questa pesca rappresenta. Oltre al fatto che ritengo un po’ superficiale proibire la pesca, quando la tecnica del drifting e della traina possono essere mirate anche ad altre specie, e che un tonno possa abboccare in modo occasionale ci sta tutta. E questo è impossibile da impedire, visto che i tonni ultimamente arrivano ad aggredire gli inganni anche in basso fondo. Però questi sono i fatti e poco si può fare. Ovvio che una norma del genere non è realistica e, soprattutto, non serve. Anzi, serve a creare dei contravventori.
umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL due o QuattRo Vorrei porre il mio quesito a Umberto Simonelli, che seguo da molto tempo, ancor prima di GlobalFishing, di cui ho molta stima e di cui conosco la competenza nautica. La mia domanda è la seguente. Ho deciso entro la prossima stagione di cambiare motore alla mia barca. La potenza attuale è di 200 Cv ed il motore è un vecchio salt water a carburatori 2T. I due tempi mi piacciono e, sebbene apprezzi la tecnologia four stroke, il mio cuore è bagnato di miscela.. non so che dire! Quindi il dilemma è quello di decidere se fare il passo verso i benzina o orientarmi sulle nuove tecnologie 2T. I concessionari dei vari marchi mi assicurano che le prestazioni saranno pressoché identiche, ma non sono convinto. A me piace la coppia che si fa sentire e uscendo con i miei amici che hanno quattro tempi la sensazione è di minor potenza. Che consiglio puoi darmi? Mi arrendo alla nuova tendenza? Marco
Normalmente snellisco le lettere tagliando complimenti e quanto esula dal vivo dell’argomento. Ma questa volta mi voglio consentire il lusso dei complimenti dell’amico Marco, anche per ringraziarlo della stima. Ma non perdiamo tempo e, soprattutto, spazio ed entriamo nel cuore dell’argomento. I motori due tempi sono più reattivi, se così si può dire, per loro natura. Il ciclo è più rapido e il fatto che non siano presenti valvole e distribuzione consente maggior brillantezza di risposta. Anche la curva di potenza è diversa, e la coppia si esprime a un numero di giri minore rispetto ai più strutturati 4T, cosa che ci fa sentire la spinta anche a regimi più bassi. Però, i cavalli rimangono pur sempre cavalli e quel che cambia è sostanzialmente il regime di giri in cui inizia la coppia e il rapporto dell’invertitore. Questo fa sì che cambino anche le eliche che ogni motore è in grado di montare. Tutto ciò si trasforma in una diversa espressione delle capacità prestazionali, fermo restando, come dicevo prima, che il due tempi è più grintoso per natura. Anche la cilindrata fa la sua parte ed il numero di cilindri. Mi preoccuperei, nella scelta, più di verificare la capacità dello scafo di sopportare il peso di un quattro tempi, soprattutto se la progettazione della barca non è recente. Si corre il rischio di appoppare molto lo scafo e di tenere il motore troppo immerso. Sebbene il due tempi mi affascina tutt’ora, io opterei per un motore a benzina che ha anche la prerogativa di presentare consumi più economici, soprattutto nella fascia di regime di rotazione fino a 4500 giri. Poi non dobbiamo trascurare nella scelta anche la valutazione del costo di acquisto e l’impegno manutentivo che è maggiore nei 4 T . Anche la rivendibilità e la tenuta del prezzo sono discorsi da considerare, quando, un domani, si decida un nuovo acquisto. E i four stroke sono più avvantaggiati.
umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL coloRi peR le Seppie Salve a tutti, mi chiamo Andrea e pesco tra il Lazio e la Toscana. In questo momento mi sto dedicando molto alla pesca delle seppie, ma con risultati alterni perché sembra essercene molto poche. Proprio a tal proposito, per migliorare al massimo la possibilità di cattura, in questo momento di “seppie magre”, vorrei avere delle indicazioni sui colori o, meglio, non sui colori migliori ma come regolarmi nella scelta dei colori in generale e rispetto alle condizioni di luce e di limpidezza delle acque. Grazie
Carissimo Andrea, complimenti per la domanda! Hai toccato uno degli argomenti tra i più vasti e complessi che riguardano la pesca dei cefalopodi. Quando ce ne sono molti e si pesca, spesso non si va tanto per il sottile e l’osservazione della risposta ai vari tipi di esche passa in secondo piano rispetto alle catture. Oltretutto, quando c’è molta densità di animali, è un momento in cui la loro attività e aggressività è massima e quindi attaccano facilmente. Quando, invece, per condizioni di temperatura, corrente o chissà quale altro motivo, la presenza è rarefatta ed è più difficile l’incontro, le seppie hanno delle preferenze più marcate. Per l’esperienza avuta ed anche grazie al contributo dei video subacquei realizzati, ho creato una mia regola generale. Quando le acque sono chiare e luminose, preferisco usare artificiali chiari dai colori vivi, al contrario, con acque torbide e cupe, prediligo i colori scuri. In mezzo ci sono gli artificiali imitativi, ovvero quelli che hanno delle livree che richiamano quelle dei pesci o dei gamberi in modo realistico; in alcune situazioni debbo dire, anche ultimamente, questa scelta ha pagato. Poi vige la regola di sperimentare, perché molto cambia anche rispetto alla natura del fondo e ai luoghi.
umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL ancoRa Sulle Seppie Ho letto con attenzione la lettera di un lettore, sul numero di novembre, al quale avete spiegato la possibilità, in assenza di scarroccio, di pescare le seppie a traina. Ora, vorrei porvi io un quesito sempre sullo stesso argomento. Non posseggo un motore che mi consenta una traina lentissima, ne sistemi alternativi. Come posso fare? Non voglio essere polemico ma davvero mi interesserebbe una idea in proposito. Franco
Vediamo di dare un consiglio anche all’amico Franco. Il tuo problema può essere in parte risolto cambiando assetto di pesca. Perché, se la barca non si muove, o non ci va di stare con il motore in moto, turbando il silenzio, una componente che personalmente amo tantissimo, dovremo muovere gli artificiali. Insomma un po’ come la storia di Maometto e la montagna. Dovrai necessariamente usare una canna, una da spinning leggero andrà benissimo, e dovrai lanciare gli artificiali, recuperando con degli stop&go. Ovvero, farai arrivare l’artificiale sul fondo, poi recupererai con la canna e aspetterai di nuovo che l’artificiale si adagi sul fondo. In questo tempo, recupererai con il mulinello il filo in bando, e via di seguito. Le seppie, generalmente, attaccano quando l’artificiale si ferma, con un vero e proprio agguato. Dovrai quindi farti trovare con il filo privo di bando al movimento successivo, che sarà animato in modi diversi per rendere catturante l’artificiale. Dovrai usare del multi molto sottile in bobina e degli artificiali adatti al lancio o che potrai appesantire con l’applicazione di un piombino di qualche grammo bloccato sull’anellino di aggancio, o poco prima sul terminalino. Maggiore la profondità e maggiore sarà il peso da applicare.
umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL dimmi che anelli monti.. e ti diRò che canna Sei Amici di GlobalFishing, mi chiamo Salvio, e vi faccio i complimenti per la rivista. Pur essendo un surfcaster, non disdegno di praticare altri tipi di pesca. Sicuramente siete uno staff con esperienza a 360 gradi e, grazie ai vostri scritti, ho migliorato di molto il mio modo pescare, sia da terra, che dalla barca. Ho una domanda da fare al Dott. Limone: perché alcune canne da pesca di surf casting hanno il primo anello, quello a ridosso del mulinello, molto più piccolo, rispetto al solito? Salvio
Ciao Salvio, i tuoi complimenti, passatemi il termine, spronano a continuare su questa strada meravigliosa che è la condivisione delle conoscenze. Cercherò di chiarire il tuo quesito. In fase di lancio si creano le spire e maggiore è il diametro del filo caricato sul mulinello, più larghe saranno le spire, che devono essere convogliate negli anelli della canna. Con l’esigenza di pescare con fili molto sottili o con esigui trecciati, avere degli anelli grandi è inutile, anche se il mulinello ha una bobina ampia. Quindi le canne destinate ad una pesca light sono così fatte. Diversa è invece la situazione, se l’anello è piccolo su una canna di potenza oltre i 130/150gr. In quel caso, oltre alla dimensione, cambia anche il numero di passanti… che è più numeroso del normale. In quel caso, è una canna che nasce per l’uso del rotante.
dario limone
GLOBAL@MAIL incagli da ViVo Buongiorno, per prima cosa vorrei fare i complimenti per la qualità delle informazioni sulle tecniche di pesca che trovo su GlobalFishing, che non sempre trovo su altre riviste di settore. Volevo fare una domanda sulla tecnica di pesca con il vivo da terra, in particolare dalla scogliera. Mi capita spesso, pescando con la soluzione tecnica della teleferica, nel recuperare l’esca, per verificare il suo grado di vitalità, di incagliare il tutto, regolarmente a pochi metri dall’asciutto. Gli ami generosi che tengono il vivo, trovano sempre appiglio su qualche scoglio sommerso. Come posso ovviare a questo grosso problema? Grazie, Pippo
Caro Pippo, il tuo problema si risolve in un solo modo: la scelta della postazione di pesca. Generalmente questa difficoltà è tipica delle scogliere che degradano lentamente verso il fondo. In questa condizione, è quasi naturale arroccare il terminale nel tentativo di controllare l’esca. La scelta da fare, quando si pesca col vivo da scogliera, è quella di trovare una postazione dove questa scende a picco. La convenienza è più che duplice infatti, oltre a facilitare la verifica della vitalità dell’esca e del recupero di una grossa preda, la maggior profondità offre migliori opportunità di pesca. C’è anche un’altra soluzione da sfruttare, alternativa alla teleferica, ed è quella del palloncino. Si utilizza un comune palloncino gonfiabile, che si fissa sulla lenza, prima del terminale, in modo che sostenga l’esca e allo stesso tempo consenta al complesso pescante di prendere il largo. Condizione essenziale è quella di avere il vento favorevole per sospingere il palloncino lontano dalla battigia o dalla scogliera. Ovviamente, siccome il sistema in genere attira i serra, ti consiglio di realizzare gli ultimi 40 cm del terminale con un cavetto di acciaio da 30 lb.
dario limone
GLOBAL@MAIL giRa che ti RigiRa Sono appassionato di bolentino e, soprattutto, mi piace costruire i terminali e sperimentare varie soluzioni. Quello a cui più tengo in assoluto è la rotazione dei braccioli perché ritengo che un terminale ben libero peschi meglio ed eviti ingarbugliamenti vari, soprattutto quando si usano braccioli più lunghi del solito. A tal proposito, vorrei un confronto su questo argomento, magari con una risposta di Michele Prezioso che di bolentino se ne intende. Mi piacerebbe avere qualche suo consiglio e il suo parere sulle soluzioni che lui ritiene più adatte, quando costruisce i suoi terminali. Salvatore S.
Ciao Salvatore, se tu mi avessi specificato il tipo di pesci che intendi avrei
insidiare potuto
darti
indicazioni molto più mirate. Ti indirizzo quindi
su
terminale e
un
semplice
generico,
che
definirei da ricerca, per prede di fondo come pagri, pagelli, saraghi Il
e
terminale
orate. sarà
composto da un trave di 3 metri con due braccioli tra i 50 e i 70 cm a seconda dell’intensità della corrente; con la logica che maggiore sarà la corrente più corto sarà il bracciolo e viceversa. Il trave lo realizzeremo con del fluorcarbon dello 0,28 a cui applicheremo delle perline incollate; la prima a 10 cm dal moschettone con girella a cui agganceremo il piombo e la seconda a 100 cm dal primo, se il braccio sarà da 50 cm, a 140 se il braccio sarà da 70 cm. Basta una sola perlina che farà da battuta allo snodo. Il modo migliore di snodare e scaricare un terminale dalle torsioni è utilizzare la perlina 4 fori della Stonfo, conosciuta anche come tecnosfera, sebbene da due anni, tra gli agonisti di canna da natante, vada molto un nuovo prodotto. Parliamo dello snodo della Tubertini denominato VLP che, invece dei due fori a 90° tra loro, ne ha uno assiale per il bracciolo e si inserisce sul trave grazie ad un taglio laterale calibrato. Oltre a garantire una rotazione perfetta, questo sistema consente di sostituire i braccioli in ogni momento in modo semplice e, soprattutto, veloce.
michele prezioso
GLOBAL@MAIL tRecciati da VeRtical Gentili amici di Globalfishing, volevo farvi i complimenti per la rivista, e poi chiedere a Domenico Craveli, un consiglio sul tipo di trecciato da mettere in un mulinello classe 8000 Shimano, abbinato ad una canna da jigging 100/200. La mia pesca è all round, ossia spazio dal bassofondo alle alte profondità, anche oltre i 100 metri. Antonello Caro Antonello, il trecciato è un elemento fondamentale nel vertical, e le valutazioni da fare sono tante prima di sceglierlo. Su un mulinello di classe 8000, per anni ho montato un 65lbs, perché pescando prevalentemente
ricciole,
mi dava la possibilità di forzarle in modo importante, garantendomi
recuperi
rapidi, anche di pesci di grossa sceso
taglia. al
ho abbassato
Poi
45lbs,
sono perché
progressivamente anche
il
peso
degli artificiali. Infatti, per jig da 100/150 gr, questo ultimo libraggio è ideale e ti permette comunque di stare in sicurezza se incontri un animale big. In ogni caso scegli sempre trecciati di qualità consolidata. Tra questi, ho usato il tuff line XP, che ha la caratteristica di impregnarsi di acqua, che non è un fatto negativo, perché un trecciato “inzuppato” stride poco tra gli anelli della canna, fattore di disturbo notevole per i pesci. Comunque, Varivas, Sun Line, Berkley, Daiwa, Momoi, vanno tutti bene, nelle misure di cui parlavamo.
domenico craveli
GLOBAL@MAIL Jig.. come ti collego Sono anni che mi dedico al vertical, e mi porto dietro alcuni dubbi “amletici”. Uno di questi è sull’uso o meno della girella prima dell’artificiale. Ne ho sentite di tutti i colori, e adesso vorrei un parere autorevole dal Vs Domenico Craveli, che considero pioniere delle tecnica in Italia. Grazie mille per la vs disponibilità. Lello T.
Carissimo Lello, grazie innanzitutto per la stima nei miei confronti che traspare dalle tue parole. L’uso o meno della girella, prima del jig, è stato anche per me un bel dilemma. In realtà nessuna soluzione prevale sull’altra in senso assoluto. Diciamo che utilizzando mulinelli fissi, e con jig che tendono a spiattellare, una bella “crane” ci sta tutta, per evitare che il leader diventi una sorta di molla arrotolata. La soluzione split + solid ring, è maggiormente in voga tra chi usa rotanti, poiché l’effetto spin è praticamente nullo. Io alterno le due soluzioni senza una precisa regola, tranne quella che sui jig leggeri, tendo a fare la montatura il più “pulita” possibile, diminuendo all’essenziale la minuteria. Spero di esserti stato di aiuto.
domenico craveli
SURFCASTING
IL MARE D’INVERNO Di Dario Limone
L’
inverno è la stagione degli estremi. Si passa da mareggiate importanti, a calma piatta spesso abbinata a temperature molto rigide. Non è semplice orientarsi in questo repentino alternarsi di scenari, perché la condizione perfetta spesso è solo utopica, e aspettarla, senza provare con metodo nelle altre condizioni, significa perdere occasioni importanti.
MAReGGIATA Vento e onde non sempre sono foriere di prede. Molti sono i fattori che influiscono sulla presenza o meno di pesce
La mareggiata è un evoluzione costante del moto ondoso, che in gergo vengono definite fasi. La prima fase è detta montante; il vento soffia forte, e le correnti, specie nel sottoriva sono convulse. A questa segue una fase in cui il moto ondoso diviene regolare, spinto dal vento. Appena questo cede, si ha la scaduta, con le onde che
continuano ad abbattersi sulla battigia per inerzia, ma con forza in attenuazione. TRe STADI… TRe TeCNIChe La fase montante è quella tosta e non sempre è produttiva, perché le correnti forti ed improvvise potrebbero “chiudere” l’entrata dei pesci. Per restare in pesca, su di un basso fondale, dobbiamo usare piombi da tenuta, come piramidi o spike. Se qualche animale gira.. saranno sicuramente i saraghi a far capolino sulle nostre esche. Il calamento da utilizzare sarà il collaudato pater noster, unico in grado di resistere alla irregolare turbolenza del sottoriva, senza aggrovigliarsi. I saraghi sono le prede tipiche della fase iniziale e conclusiva
Osservare il mare ed interpretarlo è quanto
della mareggiata. In questa ultima situazione condividono il
mai fondamentale. A vista si percepiscono
pascolo con mormore ed orate
canaloni e buche, gli spot dove piazzare le nostre esche. La fase costante della mareggiata rappresenta il momento della
spigola. Uno short rovesciato, che si distende bene, nel ritmo sincrono delle onde è quanto mai di meglio si possa proporre. La zavorra di tenuta può essere una piramide, ma se siamo in un canalone, va bene anche un piombo a palla. Segue poi la tanto agognata scaduta. Il momento che scatena le nostre fantasie, perché diventa facile pescare, con possibilità di catturare di tutto. Il calamento varia da uno short rovesciato, ad un long arm. Orate e mormore, saranno le prede per eccellenza, ma anche qualche spigola o sarago in ritardo con l’evoluzione della mareggiata stessa. PIATTo NeL FReDDo Generalmente questa condizione, specie di giorno, fa storcere il naso a molti. Ma per le mormore, rappresenta
l’ottimo.
In
queste
condizioni, dove ci si trova il più delle volte con il vento alle spalle, non è raro imbattersi anche in belle orate, prese sulla lunghissima distanza, con terminali mono-amo e molto sottili. L’arenicola, è l’esca regina in queste condizioni. Anche perché di solito c’è poca attività di granchi e pulci di mare, e gli inneschi durano in acqua fin quando un pesce non decide di abboccare.
SURFCASTING Un innesco adatto a tutte le condizioni di bassa visibilità. Il coreano oltre ad emettere umori densi, si muove continuamente anche da innescato
oLFATTo o VISTA? La propagazione degli odori, attraverso l’acqua fredda, è ridotta. Per tale motivo d’inverno dobbiamo sfruttare maggiormente le esche di movimento e quelle visibili a grande distanza. Per esempio, inneschi combinati di cefalopode/verme, possono rappresentare una carta vincente.
CVS 128: É UN MOSTRO... ...ma non ditelo a nessuno ! 600 Watt 1000 Watt 2000 Watt !!! Una serie di ecoscandagli veramente “mostruosa” per il perfetto bilanciamento di Prestazioni, Dimensioni e Costi - Resa in profondità senza paragoni - Portata massima reale oltre 1600 metri (CVS-128B) Menù totalmente in Italiano - Schermo LCD 8,4" (oppure 10,4") Perfetta visione in pieno sole e da posizioni angolate - Alta risoluzione - Serie 128: Potenze: 600WRMS e 1000WRMS - Frequenze: 50 e 200 kHz - Serie 128B: Potenza: 2000WRMS - Frequenze: libere (Broadband), da 38 a 210 kHz - Impermeabili IPX5 - Guadagno retroattivo a tutto schermo - Scale continue senza interruzioni Plotter grafico integrato - Comandi principali a manopole per una perfetta immediatezza d’uso..... e non finisce qui; per saperne di più visitate www.apelmar.it/cvs128 KODEN produce una completa gamma di strumenti tra i quali il CVS-126, campione di vendite a soli €790,00+IVA. Per saperne di più visitate: www.apelmar.it/cvs126 Agenzia ufficiale per l’Italia :
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NAUTICA
Due meglio di uno?
n
egli ultimi tempi, le motorizzazione doppie se non addirittura triple sono diventate molto comuni. Sono un vezzo tecnologico consumistico
od una soluzione tecnica di ultima
generazione?
Le doppie motorizzazioni sono sempre necessarie la dove vengono installate e quali sono i pro e i contro? Vediamo in questo articolo di fare il punto sulla situazione, chiarendo in modo semplice la logica che regola la motorizzazione di una barca. Il vantaggIo deI fuorIbordo Se la motorizzazione primordiale è stata sicuramente la linea d’asse (se escludiamo la più vecchia propulsione a pale), la soluzione fuoribordo è stata quella che ha concesso a tutta la nautica, soprattutto da diporto, di diffondersi a macchia d’olio . Infatti, è grazie a Ole Evenrudstuen, ingegnere norvegese naturalizzato negli USA, meglio conosciuto con il cognome americanizzato di Evinrude, che per dare seguito alla richiesta di molti pescatori di avere una motorizzazione leggera e smontabile, che nacque il fuoribordo, o meglio “the out board engine”. Motorizzazione che oggi, profondamente trasformata ed evoluta, ci consente di andare spasso per il mare anche con piccolissime imbarcazioni, con il pozzetto ben sgombro, guadagnando così, anche su scafi di ridotte dimensioni, spazi impensabili rispetto ad altre soluzioni motoristiche. E sicuramente, oltre alle indiscutibili caratteristiche prestazionali, alla facile installabilità , è stata proprio questa la caratteristica più importante che ha decretato, nel tempo, il successo sempre crescente dei fuoribordo. In sostanza il motore è proprio fuori dalla barca, lontano dalla zona operativa e soprattutto accessibile con assoluta facilità. L’affidabilità totale
raggiunta dalle nuove generazioni di motori, i consumi contenuti ed il basso quantitativo di emissioni hanno fatto si che l’affermazione di questi propulsori diventasse totale.
erano i primi del ‘900 quando i primi fuoribordo si affacciarono sul mercato e da allora la loro evoluzione non si è mai fermata conquistando un mercato in continua espansione
Il gIoco delle potenze Ogni scafo necessita di una potenza specifica per esprimere al meglio le sue qualità in navigazione. Quando la potenza necessaria è rilevante, spesso si opta per una doppia motorizzazione. A volte però ci troviamo a confronto con scafi che è possibile motorizzare tanto con una soluzione mono motore che doppia. E allora quale delle due scegliere ? Fino a qualche anno fa le potenze massime di un fuoribordo si limitavano ai 250cv, ora arriviamo anche a 500, cosa che consente a maggior ragione di avere motorizzazioni singole anche su scafi importanti. Quindi la scelta diventa sempre più complessa.
Quando i cavalli necessari non sono raggiungibili con un solo propulsore è indispensabile ricorrere alla doppia motorizzazione
ragIonamentI a confronto In via teorica, quel che conta sono i cavalli. Quindi se abbiamo necessità di 10 cv per spingere il nostro scafo, poco conta che siano due da 5 od uno da
10 . In realtà non è così perché, quando ci addentriamo nei meandri
NAUTICA
della dinamica dei fluidi, la realtà pratica è differente. Un singolo motore è certamente più economico, sia come costi di gestione che di acquisto. Anche in termini di idrodinamica se ne guadagna, perché abbiamo un solo elemento immerso in acqua con attriti molto ridotti rispetto a due motori. Per quanto riguarda la gestione anche questa è più economica a partire dai costi di manutenzione che sarebbero esattamente doppi. Al contrario a parità di potenza necessaria una doppia motorizzazione conferisce alla scafo, sia in condizioni statiche che dinamiche, una maggiore stabilità e confort in navigazione maggiore. La presenza di un doppio punto di spinta ottimizza l’andatura e la tenuta di rotta e grazie ad una coppia maggiore, la velocità è più costante anche in presenza di moto ondoso. Infatti c’è da considerare che la somma delle cilindrate supera di molto quella di un solo propulsore e questo offre sicuramente dei vantaggi. Dal punto di vista velocistico , forse una soluzione singola, su uno scafo leggero offre velocità di punta maggiori, ma se il carico aumenta considerevolmente la doppia
Quando la motorizzazione è perfettamente dimensionata ed il rapporto scafo/cavalli è ideale le prestazioni della singola motorizzazione non hanno nulla a che invidiare alla doppia
motorizzazione diventa vincente.
un solo piede in acqua sicuramente genera meno attriti di una coppia e la soluzione mono motore ha costi di gestione decisamente più contenuti
fattI dInamIcI Le eliche sono paragonabili alle ali di una aeroplano e parenti allo stesso tempo delle viti .. ed è proprio questa caratteristica a generare la propulsione. Ogni elica ha un suo passo che è la distanza teorica che percorrerebbe se si avvitasse in un corpo solido; siccome l’avvitamento invece è in un
fluido, per di più discontinuo, come l’acqua del mare, il passo reale , e quindi l’avanzamento, è minore. Questa differenza si chiama regresso. Quando in acqua abbiamo due eliche piuttosto che una il regresso che misuriamo è inferiore a quello di una elica singola, il che segna un ulteriore punto alla coppia di propulsori. Le eliche quando ruotano, e soprattutto quando iniziano la rotazione, generano un effetto che si chiama “ evolutivo”, capace di far spostare la poppa a destra o a sinistra in funzione del senso di rotazione. Con motorizzazioni doppie, e quindi con eliche controrotanti, l’effetto si annulla per presentarsi solo nel caso in cui si manovri con un solo motore. affIdabIlItà & sIcurezza Mai come in questo caso due è meglio di uno. In termini di sicurezza la netta superiorità è scontata. Sta di fatto che uno solo dei due motori ci riporterà si a casa ma non avrà la possibilità di offrire prestazioni eclatanti e l’andatura in molti casi sarà dislocante. Salvo rare eccezioni in cui la potenza applicata è molto esuberante o il deadrise dello scafo non eccessivo, ovvero con una carena meno pronunciata e quindi con meno attriti.
certamente quando ci si trova davanti ad una “sparata” di motori del genere si pensa alla solita americanata.. ma se non si vuole e si può non badare a spese , questa soluzione, tecnologicamente parlando, è ottima.
plurImotorIzzazIonI A qualcuno sarà venuta la curiosità riguardo le motorizzazioni fuoribordo plurime. Le ragioni che motivano queste soluzioni sono solo quelle di voler conservare al massimo gli spazi interni del pozzetto e poter disporre comunque di una gran quantità di cavalli. La versatilità del fuoribordo ne esce vincente anche in questa situazione, rispondendo così ad una esigenza diversamente irrisolvibile. Poi, mostrare tre o quattro motori in poppa è un po’ come mostrare i muscoli. Anche queste sono soddisfazioni!
TRAINA
Golden trolling Di Michele Prezioso
Q
uando si parla di traina con il vivo o, comunque con esche naturali, il pensiero va immediatamente ai predatori classici, i dentici, le ricciole, piuttosto che cernie e serra. Eppure c’è un altro predatore che può essere insidiato con questa tecnica.
Parliamo della mite Orata. Uno sparide capace di raggiungere dimensioni veramente importanti e che può essere insidiata con successo con questa tecnica. A patto che si sappia cosa fare e soprattutto dove farlo. Al Di soPrA Di ogni sosPetto Per la maggior parte degli appassionati l’orata non rientra affatto nel target di pesca e per chi se ne è ritrovata una in canna spesso è rimasta la convinzione di una cattura occasionale; del classico colpo di fortuna che capita una volta nella vita di ogni pescatore. In effetti insidiare le orate a traina, non è cosa di tutti i giorni e soprattutto non è poi così facile e vedremo di seguito il perché. Però è bene spendere due parole sull’indole di questo pesce ritenuto soprattutto un grufolatore. In realtà lo Sparus Aurata è un pesce molto più furbo ed è in grado di cibarsi di molte cose, ciò in funzione delle opportunità e della stagione. Di fatto rimane vittima anche dei palamiti, segno evidente che si adatta anche a reperire sul fondo proteina morta. Ma di fatto preda anche quando grufola, sorprendendo i bivalvi, gli anellidi e piccoli crostacei prima che si ritirino nella sabbia. E come se non bastasse si da da fare anche con tutti i molluschi che trova, cozze e ostriche comprese.
Perché A trAinA Se non si è amanti del light drifting profondo e non si è armati di una gran pazienza per aspettare che il nostro sparide entri in pastura e soprattutto che abbocchi e se si vuole provare una vera emozione pescando leggero, ritrovandosi in canna un pesce veramente indiavolato, allora non resta che dedicarsi allo slow trolling mirato all’orata. La differenza dalla traina classica la farà in primo luogo il periodo e la zona insieme alla velocità QuAnDo e Dove Il periodo migliore per insidiare sua maestà in traina, per va da ottobre a tutto dicembre, periodo in cui l’orata fa montone, ovvero si riunisce in folti branchi per accoppiarsi, popolando tratti di mare molto vasti, dalle secche alle grandi estensioni
oltre che per il valore intrinseco della preda, la cattura di un’orata ha il valore aggiunto del un confronto con un pesce che difficilmente si da per vinto
di macciotto e posidonia, senza disdegnare il fango dove può grufolare alla ricerca di anellidi e bivalvi. Oltretutto il progressivo raffreddamento delle acque poco profonde le costringe a scendere a quote con temperature costanti. Oltretutto la temperatura dell’acqua è anche determinante per la riproduzione, infatti quando questa scende si scatena la frenesia riproduttiva. Ed in questo periodo i pesci sono più aggressivi del solito e quindi più propensi ad attaccare le esche trainate. le esche Le esche saranno solo ed esclusivamente i cefalopodi come il calamaro e la seppia. In particolare quest’ultima, lunga 10/15 cm, almeno per la nostra esperienza, ci ha fatto realizzare carnieri soddisfacenti soprattutto da morta. Anche la striscia, l’orata frequenta gli stessi spot che frequentano i dentici e non è raro che questi ultimi si si imbranchino con la regina
a patto che sia corposa e ben battuta , per conferirle morbidezza, ha fatto la sua parte, sebbene la seppia si sia dimostrata la mattatrice per eccellenza.
lA tecnicA Per insidiarla c’è bisogno di una traina molto lenta, con andature sotto il nodo; anche lo scarroccio può essere una soluzione , quando il vento e la corrente lo consentono. L’orata non ha la tecnica di attacco che possono avere un dentice od una ricciola e l’esca deve procedere radente il fondo con svariati start & go, in una sorta di traina manovrata. Le tocche sono inconfondibili, leggere e ritmiche come una piccola tanuta, che
TRAINA
poi
s’intensificheranno
per concludersi in un attacco
a muso duro
con testate nette che precederanno lo strike. Dovremo
concedere
l’esca per farla mangiare e la prima sensazione sarà quella di avere un dentice in canna, ma ben presto la reazione L’orata ha una bocca specializzata per frantumare i molluschi più resistenti, ma non disdegna alcuni cefalopodi che poi non ne sono altro che lontani parenti. Infatti le seppie sono molluschi evoluti la cui conchiglia è interna all’animale
quasi indemoniata, ci confermerà di chi c’è all’altro capo del filo. Uno strenuo
combattente
potente e insensibile agli sbalzi di pressione che renderà ogni giro di manovella un inferno e se di peso superiore ai 2kg fisserà la cattura per sempre nei nostri ricordi
cAnne & AMi Gli ami debbono essere in grado di aver ragione della bocca dell’orata, costellata di placche ossee estremamente dure e quelli che ci hanno dato ottimi risultati sono stati in assoluto gli eagle claw partridge del 3/0 per il traente e il 5/0 mustad live bait per il ferrante. A questi oggi si sono aggiunti anche gli ssw tubertini del 2 e del 3 /0 per il trainante e 4-5/0 5180 per il ferrante. Le canne che consigliamo debbono essere equilibrate; dalle 6 alla 12 libre al massimo con mulinelli della stessa potenza e multi da 30. Terminali non più lunghi di 8 mt, del 43/47 e piombo guardiano non oltre i 300 gr
Una bocca dura e impenetrabile e l’amo generalmente si infigge nelle parti più molli, quasi sempre sulle labbra; è importante che l’amo sia affilato e crei fori che non si lacerino
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VERTICAL
RITMO RALLENTATO
Di Domenico Craveli
i
n inverno, le prede si scatenano verso i jig con aggressioni violente, ma gradiscono animazioni lente, “sincopate” potremmo definirle. Sembra paradossale, ma le esperienze in mare convergono verso questa direzione. Perché in questo momento stagionale, i ritmi
biologici sono rallentati… specialmente su batimetriche profonde, e quindi, la nostra azione, dovrà essere calibrata di conseguenza. Che il vj sarebbe diventato una tecnica per pochi, lo avevamo sostenuto già in tempi non sospetti, quando con tanta enfasi ci si esaltava di fronte a catture che avvenivano spesso nella più pura inconsapevolezza tecnica.. un modo diplomatico per dire “ a casaccio”. Come per lo spinning, anche le esche da vertical hanno un’“anima”, ossia, non sono dei ferri miracolosi , ma hanno delle caratteristiche di nuoto specifiche, che si esalatano in particolari condizioni meteomarine, e ci permettono di essere più o meno efficaci nei confronti dei diversi tipi di predatori ed in precisi momenti stagionali. La scelta del jig, quindi, è il primo passo per affrontare le condizioni standard ricorrenti nel periodo freddo. AnAlisi Di uno sCenArio pArtiColAre Pescando a Jigging, ci siamo mai curati della trasparenza delle acque? O meglio, ci abbiamo mai
pensato? In inverno avere acqua torbida dalla metà fino al fondo è una costante. Correnti superficiali e profonde spesso a verso invertito, l’influenza delle mareggiate, le escursioni di maree importanti, i sedimenti che arrivano in mare dopo le piogge, sono tutti fattori che insieme portano a questa situazione. E questo deve farci riflettere su come attuare le dovute contromisure tecniche. pesCAnDo nel torbiDo
un branco di ricciole in stasi su uno scoglio a circa 50
Esistono esche e movimenti per le condizioni di
metri di fondo. In questo specifico caso i pesci erano
“torbido”, se così possiamo definirlo?
imbrancati in una condizione di mare in scaduta con
Certo che esistono, e la statistica di catture ci incoraggia
acqua in superficie marrone, e detriti in sospensione
ad osare determinate affermazioni. E’ vero che tutti jig presentano pittoresche livree molto appariscenti, ma
nelle condizioni sopradescritte, sembrerà strano, non sono i colori sgargianti a fare la differenza, ma accesi riflessi argentei abbinati a tonalità fredde, come il verde, il blu, e il viola. All’inizio, in fase sperimentale, ciò ci sembrava più una semplice fissazione che una possibile realtà a valenza tecnica, invece, in pescate di gruppo, la differenza di strike a parità di movimento era almeno cinque a uno. In queste condizioni, il jig va mosso in lento, ma veramente lento, perché a volte, specie le ricciole, pare “sbaglino” l’affondo finale, con numerose smusate a vuoto. A volte per arrivare allo strike è stato necessario addirittura bloccare il jig sospeso in corrente. A misurA Di spAriDe e serrAniDe
una cernia alessandrina non ha resistito al searock blu-silver
VERTICAL
Nel freddo, dentici e cernie sono prede molto ricorrenti e per gli stanziali, esistono una categoria di jig studiati proprio per jerkate corte, frenetici nei movimenti “testa-coda”, ma adatti a risalite lente, ideali per le condizioni fin qui descritte. Sono i jig che ci hanno permesso di muovere i primi passi nel vj mediterraneo. Si tratta di artificiali specifici da short jerk, con una distribuzione del peso spostato verso la testa, una parte centrale più snella, e un secondo appesantimento in coda, da cui il nomignolo a “osso di cane”. Sono da muovere esclusivamente in short jerk, anche se permettono numerose varianti di animazione, lasciandoci la possibilità di intervenire sulla velocità di recupero e sull’ampiezza della jerkata stessa, senza snaturarne il nuoto; anzi, jiggare con essi in “assetto variabile” è addirittura consigliabile, specialmente se ci troviamo a pescare in acque profonde e pesci pigri.
Signori indiscussi delle distese fangose-detritiche profonde, i corazzieri sono molto sensibili ai rumori che genera l’artificiale quando viene sbattuto dal fondo
tonfo sul fonDo Nel freddo, i predoni attivano tutti i loro sensi per captare una potenziale preda. Il rumore idrodinamico del jig durante le jerkate da solo non basta ad attirare l’attenzione dei pesci. Ecco che quindi, sbattere più volte l’artificiale sul fondo, prima della risalita, potrebbe rappresentare un valido richiamo. Il rumore sordo del tonfo, genera una situazione a catena che si materializza in pochi secondi. I pesci piccoli accorrono in massa verso l’intruso per capire di cosa si tratta, ed i grossi non stanno certo a guardare a distanza. Appena il jig ripartirà verso l’alto.. di solito arriverà la botta! In fondo.. eravamo lì per quello!
BOLENTINO
Bolentino
Di Michele Prezioso
C
ambiano le stagioni e cambia anche la pesca. Cambia lo scenario con cui dovremo confrontarci. L’aumento delle perturbazioni e la diminuzione della temperatura renderanno più complesse e anche più rare le nostre sessioni di bolentino.
Ma, oltre ai cambiamenti metereologici, ci sarà un vero e proprio cambiamento delle abitudini dei pesci, da quelle alimentari a quelle per così dire “logistiche”. E’ importante, quindi, saper ottimizzare la tecnica per le nuove esigenze, per sfruttare al meglio le poche giornate che il meteo ci regala.
nel freddo
Nuovi sCeNari Le poche ore di luce e le condizioni del mare sempre in rapido mutamento sono i veri tiranni della pesca dalla barca nei mesi invernali. Proprio adesso, quando gli scenari di pesca mutano e le nostre ricerche dovranno mirare a poste piÚ profonde e, quindi, lontane. Abbandoneremo le secche dei 30-50 metri per cercare gli scogli isolati o gli ammassi detritici oltre i 100 metri. E’ unn contesto decisamente piÚ impegnativo, ma ricco di nuove emozioni e di nuovi pesci, da affrontare con attrezzature e terminali in grado di lavorare fino a 100, 140 metri senza ingarbugliare.
BOLENTINO se si pesca profondo le attrezzature debbono essere all’altezza della profondità e delle prede
uNo sguarDo alle attrezzature Diventa inevitabile accennare alle attrezzature che dovranno accompagnarci in queste battute e che, in situazioni profonde, dovranno essere all’altezza della situazione. Pescare su fondali a oltre 100 mt,
i deliziosi “pesci rosa” combattivi e straordinari in tavola
con forti correnti, non è uno scherzo. Ci serviranno canne strutturate, lunghe dai 3 ai 4 metri, con cimini che leggano bene fondo e tocche, anche con 300 gr di zavorra. I mulinelli, caricati con multi da 30 lb, saranno robusti, capienti, taglia 8000-10000 a recupero veloce. I terminali non saranno da meno in quanto a robustezza, tanto che useremo dello 0,50-0,60 per il trave e dello 0,45- 0,47 per i braccioli, non più lunghi di 35 cm ed intervallati tra loro 70/80 cm.. Gli ami che useremo saranno tutti a becco d’aquila con occhiello, nella grandezza che va dal 2 al 2/0. Potremo realizzare montature dai 3 ai 5 ami, ma la regola tassativa sarà quella di realizzare un montaggio che assicuri la rotazione fluida dei braccioli sia su se stessi che sul piano orizzontale. Ottimi gli attacchi VLP, che consentono di scaricare le torsioni anche sotto carico, durante il recupero, con le prede all’amo. Un accorgimento importante da non trascurare sarà quello di interporre tra multi fibra e terminale uno “shock absorber” in nylon di almeno 15 mt
esChe e Pastura La pasturazione sarà importantissima e dovremo ricorrere ad un efficiente pasturatore a strappo, che caricheremo con sarda in pezzi di vario calibro per stimolare l’appetito delle possibili prede. Sarà un brumeggio copioso, anche di un kg di prodotto a volta, al quale aggiungeremo
anche
della
sabbia
che
cercheremo di impastarvi per renderlo pesante e farlo affondare con minore dispersione possibile. Le esche che preferiremo saranno quelle che chiamiamo “esche da banco”, reperibili quindi in pescheria, prime tra tutte le sarde, meglio se fresche, poi i gamberi di paranza, i cappellotti o occhi di canna, il totano ed il calamaro. Questi ultimi saranno interi se di piccola dimensione o lavorati in strisce battute se più grandi. il pasturatore a sgancio è un attrezzo che non deve mancare tra le attrezzature di chi pesca a bolentino
le PreDe Il tipo di esche lascia già intuire che i “clienti” che andremo a cercare saranno particolari. Insidieremo pesci come gli scorfani, le mustelle, i coloratissimi cocci, detti anche gallinelle, fino agli straordinari S.Pietro. Ma non mancheranno i grandi sugheri di fondale, così come i naselli e qualche inevitabile grongo di taglia, signore incontrastato dei fondali di fango e scoglio.
BOLENTINO Un san pietro è una cattura che val bene un po’ di sacrificio nel freddo dell’inverno
Se il fondale sarà di prevalente consistenza rocciosa non sono escluse le belle sorprese e qualche occhione può sempre capitare. Così come può capitare che ci venga a far visita qualche sciabola, pesce combattivo e dalla micidiale dentatura. azioNe Di PesCa
Il grongo, croce del bolentino; la sua potenza e la capacità di arroccarsi ne fanno una preda difficile da contrastare
Nelle giornate di calma assoluta, in assenza di vento e corrente, e se il fondale lo permette, si può anche tentare di pescare a scarroccio, altrimenti sarà bene ancorarsi. Prima di fermarsi e di iniziare la pesca in modo metodico, il consiglio che sentiamo di dare è quello di innescare esche diverse sullo stesso terminale per tutte le canne e, aiutandoci con il motore tenendo al massimo la posizione, tentare qualche cala. Questa strategia ci aiuterà a capire prima di tutto il gradimento delle esche, così da uniformarle, e la presenza dei pesci. Quando troveremo la posta giusta, con l’ausilio della funzione MOB, uomo in mare, segneremo il punto. Questo ci darà modo di controllare lo scarroccio e di facilitare le operazioni di ancoraggio.
Colori straordinari e carni dall’enorme valore culinario, compensano la scarsa combattività del signore degli scogli
SURFCASTING
MULI.. 2.0 Di Dario Limone
L
a nuova generazione di mulinelli da surf casting, ci ha permesso di aprire orizzonti inimmaginabili nel moderno surf casting. Sia
I mulinelli di oggi sono
in termini di distanze di lancio che di potenza di recupero. Sono
dei veri gioielli da pesca.
lontanissimi gli anni dei Mitchell 498 Pro, veri argani da guerra ma pesanti
Ma attenzione, il mercato
oltremisura. Eppure , non è tutto oro quello che luccica. Vediamo insieme il
propone
perché.
prodotti non all’altezza delle
Molti anni fa i muli da surf erano pesanti, potevano contenere centinaia di metri
aspettative e del prezzo che
dello 0,35, avevano un basso rapporto di recupero, preferendo la potenza
si portano appresso
alla velocità. L’anti-twist non esisteva e le parrucche erano una costante, e specialmente di notte potete immaginare cosa questo significasse.. Il profilo della bobina non era conico, ma schiacciato e profondo. Spesso non si usava lo shock leader, perché si pescava solo col mare molto mosso e nel sottoriva. Erano costruiti con molto metallo, poca grafite e pochissima plastica. Cosa che li rendeva longevi, ma poco gestibili in fase di lancio poiché sbilanciavano una canna già di per sé pesantissima. Insomma… altra epoca. Oggi parliamo di macchine dall’elevatissimo concentrato di tecnologia, realizzati con materiali derivati il più delle volte dall’industria aeronautica. Ma bisogna comunque stare attenti. La globalizzazione del mercato ha portato in Italia prodotti che sono belli, vestiti a festa, ma di bassa qualità complessiva. Orientarsi, non è semplice nemmeno per un esperto.
anche
molti
Un top di gamma. Non solo estetica, ma anche tanta tecnologia e una meccanica superlativa
DISCRIMINANTI DI SCeLTA Quando si sceglie un mulinello è fondamentale partire dalla canna alla quale lo si deve abbinare. Questo determinerà la sua dimensione. Ossia se sarà un taglia 6000 /8000 o 10000. Questo perché, specialmente nel light casting, avere qualche etto in meno durante le fasi di lancio aiuta ad essere maggiormente performanti ed a raggiungere con maggiore facilità le lunghe distanze. Se siamo soliti pescare orate e mormore, o magari facciamo agonismo, il mulinello dovrà essere leggero, con un rapporto di recupero discretamente veloce e con un corredo di bobine tale da coprire esigenze che possano andare dallo 0.16 allo 0.22. Di solito questi mulinelli sono molto costosi, perché realizzati con materiali leggeri e di pregio. CACCIA GRoSSA Se invece cerchiamo un attrezzo che ci permetta di pescare con mare mosso, su fondali accidentati, usando tranci o pesci vivi, ecco che il discorso cambia. Un mulinello di pregevole fattura, che però ha un peso importante, ha un valore di mercato decisamente abbordabile. Naturalmente viene meno quanto detto prima, ma siccome non si dovrà mai lanciare in modo esasperato con lanci tecnici, andrà più che bene. Il suo alberino sarà comunque maggiorato, e tutta la meccanica interna adatta a grandi incontri. ReCUpeRo Che STReSS I mulinelli sono soggetti ad
un
logorio
continuo.
Una bobina capiente, con del filo sottile. La condizione peggiore per un mulinello
Non sono le grandi prede a mandarli in crisi. Ma i continui recuperi anche dalla sola zavorra. Ecco perché la qualità della meccanica, il cuore oltre l’estetica, è quella che ci deve far riflettere quando facciamo un acquisto. Spesso bastano poche decine di euro in più per salire di fascia, ed avere un mulinello molto longevo. Scalzare una piramide da 150gr insabbiata dal moto ondoso, recuperare un piombo a sfera da 200gr in mezzo alle onde, non è roba da tutti i muli, anzi. Ecco perché nel surf, di solito, il percorso di acquisto passa per il passaparola degli appassionati. Tra delusioni e scelte azzeccate, le prove in mare sono le uniche a dirci se abbiamo a che fare con un mulo.. o con un somaro!
CONSIGLI DI PESCA Nulla per caso
di Umberto Simonelli
Soprattutto quando si traina a dentici, capita di effettuare delle catture che, sembra, arrivino in calcio d’angolo, come se fossero più frutto più di un colpo di fortuna che dell’azione di pesca stessa. Fatti fortuiti o accadimenti specifici, frutto di circostanze precise e circostanziate? Facciamone un’analisi approfondita per cercare di chiarire quel che succede sul fondo e perché. Pescare in modo ragionato offre notevoli vantaggi.
La predazione Prima di entrare nel merito dell’argomento, analizziamo brevemente l’attività predatoria: quel momento in cui il predone sferra l’attacco alla potenziale preda. Per i predatori l’attività di caccia è il metodo principale per procurarsi il cibo. Ovvio che questo sistema, per definizione, debba avvalersi del fattore sorpresa, della velocità ed anche di una superiorità fisica rispetto alla preda; ed abbiamo imparato anche che i pesci non si nutrono in continuazione ma questo avviene in momenti ben precisi della giornata, legati a una molteplicità di fattori, complessi e molto articolati, che non abbiamo ancora capito fino in fondo, funzione di marea, corrente, fotoperiodo, illuminazione lunare e chi più ne ha più ne metta. Però il predatore è tale anche come indole; è caratteriale, potrebbe dire
CONSIGLI DI PESCA uno psicologo, e non di rado la sua natura può manifestarsi a prescindere dall’attività alimentare. Questo è un concetto che un pescatore deve sempre tenere presente. C’è molta assonanza tra l’atteggiamento predatorio di un dentice e quello di un gatto, ad esempio … e cosa c’entra adesso il gatto vi domanderete.. C’entra moltissimo, davvero molto. Giocandoci e sollecitando la sua indole ci accorgeremo che certe azioni, specifiche, lo faranno scatenare ben oltre l’attività ludica e lo trasformeranno in quel che è: una perfetta macchina da caccia. E si comporterà come se il gioco con cui lo sollecitiamo fosse una preda viva. Ma l’animazione che dovremo dare al simulacro in uso dovrà essere ben precisa. daL gatto aL peSce
il dentice è l’emblema dei predatori e come tutti i predatori è guardingo, ma basta poco per farlo scatenare
Anni di pesca e anche di osservazione subacquea (oltre che dei gatti di casa) ci hanno consentito di intuire, e a volte anche vedere, e quindi capire, cosa succede. Nella maggioranza dei casi le nostre perplessità maturano quando non si pesca, ed è ovvio sia così perché, quando i pesci sono in vena, siamo tutti contenti e non ci si pensa. Quando, al contrario, come molti asseriscono, i pesci sembrano essere pigri (definizione che ci fa sorridere) in realtà non è il momento della caccia o, meglio, non è il momento di mangiare, e questo può succedere per tempi lunghi.. Ma a volte accade qualcosa.. FrUtti deLL’incagLio Molto spesso è capitato un incoccio del piombo guardiano, la canna si piega e poi la frizione inizia a dare segnali.. . il piombo rimane in tensione e l’esca si ferma; si adagia sul fondo o si mette in quota. Appena liberiamo il piombo e rimettiamo il tutto in trazione, si scatena l’aggressione ed il pesce è in canna, per di più senza nessun ingaggio, nessun morsetto di assaggio, con violenza e senza appello. I pesci spesso “seguono” le esche senza azzannarle ma la ripartenza a guizzo ha fatto scattare la molla: i predatori sono grilletti sempre armati.
anche la ricciola può rimanere vittima della provocazione di un esca che gli sfugga da sotto al naso; accade durante le curve ed anche quando si cala l’esca in acqua che , con il bando del filo, effettua una fuga
CONSIGLI DI PESCA Questo pesce è stato catturato esattamente dopo un incaglio del piombo guardiano
in cUrva Anche le curve sono un attimo magico. Per un ovvio motivo: quando si curva, il piombo, se non si accelera, tende a poggiarsi a terra o comunque a mettersi in verticale e l’esca si ferma. Quando il complesso pescante ritorna in asse l’esca riparte con una accelerazione istantanea: anche in questo caso la ripartenza viene interpretata come una fuga e lì il pescione, se c’è, si scatena e attacca. Perché è più forte di lui. Come fa il gatto che attacca il topo quando tenta di fuggire e difficilmente quando sta fermo. iL FaScino deLLa reSSa Un altro fattore scatenante è l’aggressione dell’esca da parte di altri pesci, ad esempio delle tanute. E’ molto meno raro di quanto si possa pensare che la baruffa che si crea quando i voraci pirana nostrani attaccano i malcapitati cefalopodi che il dentice di turno si tuffi nella mischia e si assicuri la preda con un attacco fulmineo. Questo, ripetiamo, accade molto più frequentemente di quel che si pensi e le contromisure di sottrarre l’esca ai pesci disturbatori o quella di mollare possono essere decisive.
in questo video, sebbene con tutte le problematiche della profondità e dell’acqua torbida, si può vedere un dentice che viene attirato dalla mischia di tanute e occhiate che assalgono la seppia e che non resiste ad assestare un timido morso che, purtroppo, non si è concluso con lo strike
VERTICAL
NODI DA VERTICAL
Di Domenico Craveli
i
l vertical jigging sottopone a notevole stress tutto il complesso pescante, compreso naturalmente il pescatore. Canne e mulinelli sono soggetti a logorio da “fatica”, così come anche i nodi, vero punto debole, se non di perfetta fattura. Vediamo insieme alcune soluzioni
in voga tra gli appassionati. In una tecnica brutale come il vertical, tutto deve avere delle caratteristiche meccaniche superlative. Immaginiamoci cosa deve sopportare una legatura durante l’azione ripetuta di jerking e immaginiamoci cosa accade a livello di shock durante uno strike improvviso con una grossa preda. I nodi sono punti critici, che possono cedere all’improvviso, se non realizzati a dovere. Se poi a questo, aggiungiamo che a volte è necessario anche realizzarli in barca, si capisce che oltre all’affidabilità, devono avere un livello di difficoltà realizzativa medio basso.
ogni componente è soggetto a sforzi notevoli. usura da “fatica” e shock improvvisi possono compromettere le legature e portarle alle rottura
Doppiatura Del treCCiato La doppiatura del trecciato è consigliabile per rendere ancora più sicura la giunzione tra il multifilo in bobina e il leader. Se si è comodamente a casa e magari con qualcuno che ci aiuti, potremmo provare a realizzare un impegnativo “Bimini Twist”, ma la soluzione più pratica e gettonata è lo “Spider Hitch” a 5 spire. Pratico, velocissimo da realizzare, non ha particolari controindicazioni. La lunghezza della doppiatura sarà di circa 50 cm. In fondo basta creare un asola aperta tenendola con pollice e indice, avvolgere sul pollice stesso 5 giri del trecciato di risulta, farlo passare nell’asola, inumidire, serrare, e il nodo è ben che fatto in pochi istanti. La doppiatura è necessaria poiché rende più sicura la giunzione con il leader. Il trecciato tende a “tranciare” il nylon o il FC, e se doppio, aumentando la superficie di contatto con il nylon,questa problematica si riduce notevolmente. Giunzione Con il leaDer un tony pena correttamente realizzato
A seguito di una personale esperienza, dopo tanti anni di prove, ritengo la versione modificata del “Tony Pena” l’ideale per questo tipo di giunzione. Ho provato anche il nodo “Yucatan”, ma ho avuto maggiori garanzie con il primo. Si parte affiancando a capi opposti, il leader e la doppiatura del trecciato. Poi si esegue un nodo piano a tre spire sul leader stesso, e si serra un po’. Si stende la doppiatura fintanto che i due capi di trecciato non abbiano discordanze di allineamento, e con il capo libero si risale a spirale sul leader avendo l’accortezza di lasciare lasco il primo giro di sovrapposizione. Si fanno 11 spire a salire, e 5/7 a scendere, rientrando con il capo libero della doppiatura, nel primo giro di spirale lasciato lasco precedentemente. Si inumidisce, e accompagnando la legatura, si serra con energia. E’ una legatura che lavora per battura e per “abbraccio” sul leader, quindi molto sicura. al JiG Indipendentemente se fatta sulla girella o sul solid, questa legatura deve conciliare una grande resistenza ad impatto e fatica. Il nodo è soggetto ad usura per i movimenti che il jig trasferisce agli altri componenti del terminale. Un nodo con il quale mi sono sempre trovato bene è l’ “Improved Clinch”, a 4 spire se usiamo rigido fluorocarbon, e 5 con nylon morbido. Che se ne dica, non ha mai tradito, a patto di una esecuzione che non stressi la lenza.
la giunzione tra leader e jig è quella dove si ha lo stress maggiore. rifarla spesso è consigliabile
PESCA DA TERRA
L’esc
Di Marco Troiani
P
er chi pesca in bolognese, il bigattino è un’esca universale per tutte le stagioni: un irresistibile boccone, ideale per insidiare moltissime specie di pesce. Chiamatelo baco, cagnotto, gianin, bachino, ma è sempre lui, il bigattino, la piccola larva,
enormemente proteica e pertanto gradita a tutti i pesci; un’esca semplice ma non sempre facile da far rendere al meglio. Vediamo insieme le astuzie e i piccoli segreti per renderla molto efficace in pesca. Chi è Il bigattino altro non è che la larva della mosca carnaria, al secolo
Sarcofagha
Carnaria,
che, essendo vivipara, la depone direttamente
nella
carne
in
putrefazione, ambiente ideale dove
questa
può
nutrirsi
e
crescere. In condizioni normali il
Ecco le piccole larve; quando la macchia nera è ben visibile e la pelle liscia e quasi trasparente significa che sono fresche e molto vitali
ca per sempre: il bigattino
bigattino in poco tempo si impupa, ovvero si imbozzola e si trasforma in mosca. Conservandolo a bassa temperatura, questo processo rallenta. Il pregio più importante del piccolo baco è la vitalità, cosa che lo rende un’esca attrattiva anche per il movimento che, all’amo, è frenetico e scomposto. Inoltre, è estremamente economica e facilmente reperibile presso quasi tutti i negozi di pesca. C’è bigATTino E bigATTino Non tutti i bigattini sono uguali e nella massa, osservandoli attentamente, ci accorgeremo di alcune piccole differenze tra loro. Questo dipende dalla loro età, ovvero dal tempo che manca prima che diventino pupe per poi trasformarsi in mosche. Questa diversità modifica molto il modo di stare in pesca, perché la piccola larva cambia il suo peso specifico e la sua
Il bigattino è di facile conservazione, perché basta abbassarne la temperatura per rallentarne il metabolismo e quindi lo sviluppo
PESCA DA TERRA La pasturazione è un momento importante dell’azione di pesca e deve essere effettuata in stretta coordinazione con la tipologia di inneschi
vitalità. Ad esempio, i bigattini che presentano sul dorso la macchia nera in maniera più viva e visibile, sono quelli più giovani e ricchi di ossigeno al loro interno e, quindi, anche quelli che galleggiano di più. Al contrario, quelli che affondano di più sono di colore più scuro, nei quali la macchia scompare e hanno la pelle più spessa e coriacea. Di questo fatto dovremo tenere conto in pesca, perché farà variare la quota di lavoro dell’inganno.
ED oRA in PESCA! Data la sua grande vitalità, mobilità e l’effetto che crea nell’acqua, la sua capacità di attirare i pesci è notevole; tanti vermetti lanciati insieme creano nuvole di cibo che mandano i pesci in frenesia alimentare, spingendoli ad attaccare senza remore. Sta a noi, quindi, cercare di capire in che modo rendere il più credibile possibile il nostro innesco, rispetto alla situazione nella quale si sta pescando e all’assetto che
si è impostato. Ci è capitato più e più volte di effettuare catture solo con un tipo di innesco e non vedere alcuna tocca con altri. E’ chiaro che il tipo di innesco varia anche in funzione della lenza al quale esso è attaccato. Pescare a galla o a mezz’acqua con più bigattini all’amo, quando si pastura con poche larve, può generare diffidenza da parte dei pesci, che con buona probabilità mangeranno tutti i bigattini in acqua tranne quelli del nostro innesco. Al contrario di altre pesche, in questa non vige la regola “esca grande pesce grande”, anzi, il più delle volte un solo bigattino ben presentato risulta più catturante di inneschi più ricchi. A Chi PiACE? A tutti!! Eh sì, proprio a tutti! Saraghi, scorfani, sparaglioni, orate, spigole, cefali, occhiate, leccie stella, aguglie, sugheri ed altri che non sapranno resistere ad un bigattino ben presentato; dalla pesca di fondo a quella di superficie non esiste luogo dove i nostri bachi non colpiranno. Se si sta pescando radente il fondo, piccoli saraghi e sparaglioni saranno i primi a farci visita per poi passare il testimone anche a qualcosa di più grande. Mentre, pescando a galla, occhiate, aguglie e
lecce
stella
non
disdegneranno sicuramente le nostre insidie; ma la sorpresa del big fish è sempre
dietro
l’angolo!
Quindi, frizioni ben tarate ed attenzione massima ai nostri galleggianti.
Il big fish è sempre in agguato.. ma questa è un’altra storia
QuAnDo uSARlo Potremo dire che è sempre l’ora del bigattino, a meno che non ci si trovi in uno spot dove è risaputo che i pesci trovano da mangiare tutt’altro, con poca fatica ed in abbondanza. Quindi, sarà poco fruttuoso usarlo sotto le barche dove i pescatori puliscono le reti o in presenza dei filari di cozze. In altri spot il bigattino risulta di gran lunga l’esca migliore: aiutati da una sapiente pasturazione, che non vuol dire necessariamente abbondante, potremmo trovarci al cospetto di pesci da far impallidire chiunque. Ma questa è un’altra storia e ne parleremo presto.
Copertina parlante Angler : Graziano Scordamaglia Preda : Dentice (Dentex Dentex) Periodo di pesca : Dicembre Ora della cattura : 08:00 LocalitĂ : Capo Vaticano (VV) Tecnica: Traina con il vivo Esca : calamaro Terminale: 0.52 FC Amo: Owner Fondale : Misto
FOTO: Samsung S7 JPEG (8-bit) Alta Dimensione immagine: 3000 x 4000 Colore Lunghezza Focale: Auto Modo di Esposizione: Auto Modo di misurazione: Auto
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