2016
Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea
TRAINA ASSETTI NEL FREDDO
SURFCASTING ATTACCHI DA SURF
TRAINA A TUTTO MONEL
www.globalfishing.it
Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste
Anno VII - Numero 1
5 Editoriale 6 Global@mail 14 A tutto monel 18 Tecniche da monel 22 Assetti nel freddo 26 Agganci da surf 30 Tataky.. gli artificiali 34 Fishing connections 38 Inchiku senza frontiere 44 Il sarago.. maggiore 46 Marta Ř? Grifone di U. Simonelli
La posta dei lettori
di U. Simonelli
di U. Simonelli di D. Craveli
di D. Limone
di M Prezioso
di U. Simonelli di D. Craveli
di D. Limone
dicD. Craveli
Editoriale
C
ome non iniziare questo editoriale, che io amo considerare una chiacchierata tra amici, se non scambiandoci i migliori auguri per il nuovo anno. Gli auguri fanno sempre bene e non hanno scadenza.. E di auguri, amici miei, questo paese, e quindi anche noi pescatori, ne abbiamo un gran bisogno. E affrontiamo proprio un discorso in cui gli auguri e la fortuna sembrano l’unica possibilità, visto che la logica e il buon senso pare proprio non ci aiutino. Parliamo ancora una volta di licenza di pesca o meglio cerchiamo di fare il punto per vedere quello che è successo a sei anni dalla entrata in vigore di quella che molti chiamarono, non senza sospetti, licenza gratuita. Come tutti ben sanno (o dovrebbero sapere) il permesso gratuito di pesca, risalente al decreto MIPAAF del 6 Dicembre 2010 era stato ideato, così come recita il sito del ministero, “ per la rilevazione della consistenza della pesca sportiva e ricreativa in mare. Si tratta di un provvedimento snello, per conoscere i pescatori (dai 16 anni in su) e per avere una prima base di informazioni su dove e come si pratica la pesca ricreativa in mare. Non si tratta di gestire l’attività ricreativa e sportiva attraverso il rilascio di un’autorizzazione, ma di una comunicazione, fatta direttamente dagli interessati, finalizzata alla rilevazione numerica degli amanti del mare che praticano questa attività nel tempo libero. Obiettivo delle recenti norme è individuare un sistema di regole coerenti con le necessità di tutela degli ecosistemi marini, così come si fa con la pesca professionale. Regolare la pesca sportiva/ricreativa significa generare grandi opportunità di integrazione con il turismo, con l’uso ricreativo del mare.” Ebbene, malgrado i buoni propositi, in sei anni non è successo assolutamente niente e di tante belle parole non se ne è fatto nulla. Nonostante il fatto che la pesca ricreativa in tutte le nazioni “progredite” rappresenti una importante risorsa economica e malgrado il fatto che in Italia di risorse economiche ce ne sia una stramaledetta esigenza, tutto è rimasto lettera morta. La “licenza gratuita” dopo successivi rinnovi automatici è scaduta definitivamente il 31/12 dello scorso anno ed è impossibile rinnovarla perché il meccanismo on line non funziona e non è aggiornato. Tecnicamente, essendo un documento obbligatorio per legge, ed in assenza di altre indicazioni, viene da se che nessuno potrebbe andare a pesca. E’ evidente che si sono dimenticati di noi come si fa con le cose inutili e superflue. Alla faccia delle grandi opportunità che un coordinamento della pesca avrebbe potuto offrire. Anzi, forse, a pensarci bene, a qualcosa il permesso di pesca è servito; a far capire ai signori che ci governano quanto possono guadagnare sulla nostra passione, tant’è che a breve, ci ritroveremo anche a pagare per andare a pesca. Ma passiamo ad altro, per non farci il sangue troppo amaro, (come diceva mia nonna) parlando di una storia, purtroppo terribile, finita, almeno per una volta, come dovrebbe essere. Ebbene, qualche giorno fa, su Facebook, tra i gruppi dei pescatori ha iniziato a circolare un orribile video in cui era stata filmata, in una barca da pesca, l’atroce esecuzione di un gabbiano da parte di personaggi apparentemente irriconoscibili. In sostanza gli sciagurati, attaccato un petardo al collo di un gabbiano, dopo aver innescato la miccia lo lasciavano volare. All’esplosione la fine del povero uccello è stata inevitabile e penosa. Per fortuna un sottoufficiale della Capitaneria di Porto, della località della Sardegna dove era stato girato il video, indignato dalle scene di ferocia gratuita ha iniziato ad investigare, risalendo al peschereccio e agli autori del gesto terribile. Sono stati così fermati e assicurati alla giustizia alcuni pescatori professionisti inchiodati dal video che essi stessi avevano pubblicato, come inqualificabile bravata. Ma i loro guai non sono finiti perché oltre ad essere stati accusati di atti gravi di crudeltà verso gli animali, che costituiscono un reato penale, sono stati colti in fragrante anche di altri gravi reati amministrativi. Una bella figura davvero anche per la categoria.. e non aggiungo nessun altro commento come mi verrebbe invece spontaneo. Un plauso sincero va alla buon volontà di quel sottoufficiale che non ha girato la testa dall’altra parte. Come troppo spesso succede.
Umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL INCHIKU ABISSALE Spett.le redazione di Globalfishing, vi scrivo questa mail, poiché da appassionato di vertical e inchiku, volevo sapere dal vs Domenico Craveli, fino a quale batimetrica mi potrei spingere, e se sono mai capitati occhioni sugli artificiali. Vi scrivo questo poiché nel nostro sotto-costa, oramai c’è poco o nulla, e quindi volevo andare a profondità più importanti per cercare di procurarmi nuove opportunità. Grazie anticipatamente. Francesco
Caro Francesco, diciamo che non c’è un limite per praticare queste tecniche, se non quello imposto dalla nostra di resistenza alla fatica. Comunque, con un po’ di abitudine, i 130/150 metri sono abbordabili senza eccessivi problemi, a patto di utilizzare trecciati sottilissimi 20/30lbs massimo, dal basso attrito, e soprattutto, andare a pescare a quelle quote nei momenti di bonaccia, con pochissimo scarroccio e/o corrente, che va compensato con l’ausilio del motore. Personalmente ho fatto la pazzia di calare un inchiku mentre eravamo ancorati a bolentino di profondità su un fondale di 200 metri circa, ma è una cosa che non ripeterò. Recuperare tutto quel trecciato, con un esile rotantino, è un’ esperienza non certo da raccontare ai nipoti. Gli occhioni possono capitare, specialmente quelli grossi che a volte risalgono dagli abissi verso i banchi a profondità inferiori di dove solito stazionano, ma farne una pesca specifica è complicato. Più facile incontrare prai, san pietro, gallinelle e sciabola, che bastano a giustificare tutti gli sforzi necessari per catturarli.
Domenico Craveli
GLOBAL@MAIL COPPIA CONICA Causa un’infiltrazione di acqua, nel piede del mio fuoribordo, di cui non mi sono accorto, ora ho il motore fuori uso. Mi dice il meccanico, che ci ha messo mano, che la mancanza della corretta quantità di lubrificante fuoriuscito dai paraoli e la presenza di acqua che si è emulsionata ha rovinato la “cementazione” della coppia conica. Non ci ho capito un granchè ma quel che ho compreso per bene è che dovrò effettuare un esborso economico veramente importante. Tutto per una cattiva manutenzione effettuata dal meccanico precedente. E’ veramente così impegnativa una riparazione del genere? Cosa è indispensabile fare per prevenire questi problemi? Giovanni G. Quando entra acqua nel piede del motore,
ovvero
nella
scatola
che
contiene gli ingranaggi che trasmettono il
moto
dell’albero
all’elica,
non
succedono mai cose buone. I danni sopravengono in modo grave quando la presenza di acqua è elevata e si usa il motore. Venendo meno la logica lubrificazione, le parti in rotazione e gli ingranaggi si usurano. La rotazione del complesso di ingranaggi è affidato a dei cuscinetti specifici, in grado di sostenere sollecitazioni diverse minimizzando gli attriti, che possono essere sostituiti con relativamente poca spesa. Ma quando l’attrito ha usurato gli ingranaggi, i danni si fanno gravissimi. Infatti i denti degli ingranaggi vengono sottoposti ad un trattamento di indurimento detto “cementatura” proprio per garantire a lungo il funzionamento. Ma la presenza dell’olio è indispensabile. Con l’acqua e l’inevitabile ossidazione in poco tempo i materiali si consumano con conseguenze disastrose. Quando ciò accade l’unica riparazione è quella che prevede la totale sostituzione di tutti i componenti. Ma è una riparazione complessa e sofisticata che prevede competenza ed esperienza da parte del meccanico. E anche una bella spesa.. Per prevenire il problema, l’unica soluzione è un controllo assiduo del livello dell’olio e la sua frequente sostituzione oltre al controllo delle tenute e che non ci sia presenza di lenze intorno al pignone dell’elica. Molto spesso nylon o multifibra rovinano i paraoli, provocando il progressivo ingresso di acqua. Al controllo dell’olio, se questo si presenta emulsionato, è l’indizio principale del guasto e bisogna intervenire tempestivamente.
Umberto Simonelli
GLOBAL@MAIL BOLOGNESE PROFONDA Sono un pescatore di bolognese alle prime armi; mi cimento in questa tecnica quando non posso uscire con la barca e comunque, malgrado la mia esperienza molto modesta, ogni tanto mi capita il colpaccio, complice anche la particolare pescosità del porto dove vado a passare qualche ora la notte. Ora mi veniva la curiosità di provare la bolognese dalla barca per insidiare i saraghi, perché mi sono fatto convinto che la leggerezza premierebbe anche sul più sofisticato dei bolentini. Però mi rendo conto che ci sono molte difficoltà da superare; ad esempio nel posto dove girano questi animali la profondità è considerevole. Fino a dove posso calare una lenza sottile e leggera come quella della bolognese e che calamento mi consigliate? E sarà convincente il solito bigattino? Marcello
Caro Marcello, mi hai sottoposto un quesito che mi piace molto, trattando una delle tecniche che io amo di più: la bolognese dalla barca. Allora posso rassicurarti sul fatto che potrai usare la bolognese dalla barca fino a fondali intorno ai venti metri, avvalendoti di piombature secche a torpilla e di pasturazioni mirate che lavorino a quelle profondità. Se proprio vuoi esagerare e vuoi sfidare le profondità, abbandonerai la bolognese per una canna all’inglese, anzi “un’inglesona” bella pesante sulla quale monterai un galleggiante da 20 grammi e userai come zavorra un bel pasturatore di quelli, “starati” ovvero senza piombatura ma pieno di bigattini , eventualmente addizionato di una torpilla e ci potrai pescare fino a 40 metri. Questa è una tecnica collaudatissima, molto usata nelle mie zone, soprattutto in costiera amalfitana, per insidiare saraghi e orate da capogiro. Ti consiglio questo assetto : canna m 4.50 azione 30-60 gr, galleggiante all’ inglese da 20 gr e pasturatore da 12 gr con torpilla interna da 5 gr pieno di bigattini a tappo. .. e vai in pesca perfettamente ! Metterai l’esca a un paio di metri dal fondo, con un terminale di 2 metri del 18, amo n 10, innescato con cinque o sei bigattini. E che la festa abbia inizio!!!
Michele Prezioso
GLOBAL@MAIL QUALE MAREA? Tra leggende metropolitane e verità, volevo conoscere le vostre considerazioni sul reale influsso delle maree sull’attività dei pesci. Se veramente è solo l’alta a portarli in pascolo, o quali siano le variabili da considerare prima di impostare una battuta di pesca dalla spiaggia, indipendentemente dal moto ondoso. Grazie mille Luca
Luca, fare delle valutazioni, indipendentemente dal moto ondoso come chiedi, risulta impossibile. Perché nel surf casting le variabili da considerare congiuntamente sono tante, e tutte importanti. Nell’ordine va tenuto conto del moto ondoso , del vento, della marea, della luce e del transito lunare. Questo perché l’attività trofica dei pesci è strettamente correlata alle correnti che portano nutrienti, le quali appunto non dipendono solo dalle maree. Ogni posto ha una sua storia, che va saputa leggere, affrontando lo spot con spirito di osservazione, facendo tesoro delle esperienze passate. Basta poco per portare i pesci in attività, come basta anche poco per rendere un arenile deserto per settimane.
Dario Limone
GLOBAL@MAIL TRA SERRA E SPIGOLE Sono un appassionato di surf casting, quello vero, quello invernale. E la mia passione è la pesca della spigola. Ultimamente però, la striscia di seppia che uso per il serranide, è spesso attaccata anche da serra di grosse dimensioni, con il conseguente scippo del terminale. Mi chiedevo se il cavetto d’acciaio potrebbe essere la soluzione, oppure pregiudicherebbe l’eventuale approccio della regina Michele
Caro Michele, quella che descrivi è una condizione comune in molte nostre spiagge, specialmente in questi mesi. I serra, se da un lato sono un problema perché la loro presenza inibisce spesso l’attività delle mormore e di altri piccoli pesci, rappresentano comunque una divertente opportunità. Avere in acqua un terminale che resista ai loro denti, ma sia comunque catturante anche per la spigole è possibile. Basta infatti utilizzare piccoli spezzoni di sottile cavetto, intorno alle 15lbs, oppure il monofilo metallico plastificato di nylon nero, tipo il berkley, opportunamente nascosto all’interno del boccone. L’innesco prevedrà un flotter per bilanciare il pesco dell’esca metallica. Così facendo si pescherà in sicurezza, e le spigole, non dovrebbero farsi problemi ad abboccare ugualmente.
Dario Limone
GLOBAL@MAIL POSIDONIA DA DENTICI Mi chiamo Antonio, e scrivo dalla Calabria Tirrenica. Sono un apneista e un appassionato di traina con il vivo. C’è una spot nella mia zona, frequentato da dentici di buone dimensioni. E’ una prateria di posidonia con profondità compresa tra i 17 e i 25 metri, dove questi pesci sembrano stanziali. Li vedo sempre in immersione anche in inverno, ma sembrano imprendibili. A traina ci abbiamo provato, soprattutto con la seppia e il calamaro, ma pare che ignorino completamente le insidie presentate. Nessuno li prende, eppure sono lì. Qualche consiglio? Antonio
Caro Antonio, I dentici in acqua bassa sono stati argomento di tante discussioni, e di molte prove per cercare di prenderli. Frequento uno spot simile, e devo dire che con una serie di accorgimenti è possibile farli mangiare sulle esche più diverse. Sia sui cefalopodi come seppia, calamaro e piccoli polpi, che sui pescetti presenti in quelle zone, come boghe e menole. Se la zona è particolarmente disturbata, condizione che molto spesso è uno standard, bisogna per forza di cose pescare lontani da poppa e non con il guardiano. Un bel ritorno all’affondatore a palla non sarebbe male, per mandare le esche alla profondità desiderata, e soprattutto , tenendole almeno a 50 metri da poppa. Come terminale arriveremo ad utilizzare anche uno 0.47, privilegiando un amo circle per l’innesco dei pescetti, ed una a due ami del 3/0 - 2/0, per i cefalopodi. Se poi, anche così non dovessero arrivare risultati, rassegniamoci e vediamone l’aspetto positivo; quello di trovarci di fronte a pesci “superiori”, scaltri, che sanno difendersi e che tramanderanno i loro geni alle prossime generazione.
Domenico Craveli
GLOBAL@MAIL RICCIOLE INAPPETENTI Una domanda per Michele Prezioso, al quale faccio i miei complimenti per i suoi articoli che leggo avidamente e per i video che seguo sempre con molta attenzione e piacere. Qualche tempo fa mi è successo un episodio che mi ha lasciato perplesso e pensieroso. Ero a traina con il vivo e avevo innescato un bel tubo di quasi un chilogrammo, pescato all’alba, nella speranza di convincere un ricciolone. Dopo un po’ di tempo ho avvertito che qualcosa stava succedendo; mi sembrò di percepire delle vibrazioni del cimino che, pescando a mezz’acqua, potevano essere attribuite o alla mia immaginazione o a qualche maledetta tanuta. Dopo un po’ di tempo ho controllato l’esca per verificarne l’integrità, recuperandola da una quindicina di metri di profondità e.. dietro al calamarone vivo e vegeto c’era una ricciola che superava sicuramente i venti chili che è arrivata quasi fin sotto la barca. Ho provato a rilasciare l’esca, a rallentare fino a fermarmi dando filo e ad accelerare ma senza risultato. Chissà quante altre volte sarà successo.. . Cosa avrei dovuto fare in questi momenti? Michele G. Avere a che fare con le ricciole non è cosa facile ; sicuramente il loro atteggiamento, motivato da ben precise ragioni biologiche, a noi sembra astruso e bizzarro dandoci l’ idea di avere a che fare con bestie lunatiche. Spesso mi è capitato di avere esperienze del genere. Ma alla fine mi sono rassegnato ad una considerazione sul fatto che, del resto, se non avessero questo comportamento si sarebbero estinte da un pezzo; ad ogni buon conto, posso confortarti dicendoti che, in questi casi, non ci sono molte cose da fare, salvo che riempirsi gli occhi della vista di un pesce del genere e il cuore dell’emozione che la cosa ci regala. Diciamo che averne ragione con un bello strike, è cosa che parte da più lontano e non quando la vediamo a galla. Innanzitutto non mi hai specificato il periodo durante il quale ti è capitata questa esperienza, se in estate o in inverno; perché l’esca proposta può fare la differenza e nei mesi freddi un bel tonnetto vispo e ben in carne come quelli che si trovano in alcune zone alle soglie dell’inverno, è dal punto di vista calorico molto convincente. Con il caldo il gioco cambia e anche qui le esche fanno la differenza. I grandi sgombri, gli aluzzi e i barracuda rappresentano esche inedite e molto valide. Ma soprattutto l’esca non deve essere associata alla barca. Le ricciole imparano rapidamente e per eliminare ogni diffidenza è bene far pescare le esche anche 70 mt dal motore, con piombature leggere, meglio se frazionate, come la spezzata.
Michele Prezioso
GLOBAL@MAIL ROMPO SEMPRE.. Sono appassionato di pesca con il vivo e affondo le mie esche usando la tecnica del piombo guardiano. Purtroppo mi capita spesso di arroccare e di perdere una marea di piombi. Malgrado faccia la massima attenzione mi gioco almeno un paio di piombi a pescata. Sbaglio sicuramente qualcosa e vorrei qualche consiglio in merito. Luigi
Ciao Luigi La perdita dei costosissimi piombi è uno scotto da mettere in conto quando si è alle prime armi. Per molti motivi che tutti insieme possono essere accomunati nella grande famiglia della gestione della canna. Innanzi tutto è bene, pescando, avere sott’occhio lo scandaglio e controllare sempre ogni salto batimetrico. Poi è importante non aver paura di sollevare il piombo dal fondo in anticipo e non saranno un paio di metri di altezza dal fondo a precludere la pescata. Poi occhio alle curve; in virata la velocità del piombo diminuisce , facendolo affondare , cosa che aumenta la possibilità di incaglio. Non realizzare il bracciolo di sospensione troppo sottile, ma usa un buon 0,45, ciò ti consentirà di poter esercitare più forza in caso di incaglio. Non usare piombi troppo pesanti, ne troppo leggeri. Quelli molto pesanti tendono a rimanere più verticali intercettando a pieno ogni asperità, mentre quelli troppo leggeri hanno l’effetto contrario orizzontalizzando troppo il complesso pescante aumentando il rischio di arroccamento. Un ulteriore trucco è quello di interporre tra nylon e piombo uno spezzone di 30 cm almeno di dacron pesante. Sarà provvidenziale perché non si taglierà sugli scogli. Comunque abbiamo in preparazione proprio un articolo di approfondimento su quest’ argomento.
Umberto Simonelli
TRAINA
A TUTTO MONEL Di Umberto Simonelli
L’
inverno è la stagione ideale per dedicarsi ad una pesca dalla barca, decisamente redditizia. Parliamo della traina con il monel. La lenza autoaffondante per antonomasia. Ideale soprattutto in questo momento quando le esche vive, non sempre sono reperibili.
Sebbene concordiamo sul fatto che qualcuno possa storcere il naso, in virtù del fatto che possa essere ritenuta una tecnica ai limiti della sportività, l’uso del monel può riservare sorprese imprevedibili. Perché è un metodo capace di pescare qualsiasi cosa, dal pelagico ai predatori di fondo. Insomma una “macchina da guerra” che se adoperata con competenza può regalarci giornate di pesca indimenticabili. UNA TECNICA MINIMALISTA Rispetto alla gamma di prede insidiabili, pescare col monel è davvero un impegno minimale. Non serve altro che un mulo adatto, una canna con passante a rullino dal cimino flessibile e almeno 180 mt di lenza metallica , meglio se da una trentina di libbre. Il resto lo faranno gli artificiali e la profondità. Infatti salvo un po’ di manutenzione , in considerazione che abbiamo a che fare con un filo metallico, la canna da monel lo possiamo considerare un fucile sempre pronto a sparare e a fare centro. I SEGRETI DEL MONEL Perché il monel pesca tanto? Intanto perché la lenza affonda in modo quasi lineare, poi perché fa
navigare le esche lontano dalla barca, perché è una lenza silenziosa che trasmette poche vibrazioni in acqua. E soprattutto perché grazie alla sua capacità affondante va a cercare i pesci, senza aspettare che questi vengano a galla, cosa che succede nella traina costiera tradizionale. Affondamento quasi lineare ed assenza di vibrazioni in acqua sono il plus di questa tecnica
PESCI NEL MIRINO I pesci catturabili sono moltissimi, tra tutti le palamite se parliamo dei pelagici che in questi periodi cacciano nelle fasce più superficiali , oltre a tunnidi come gli alletterati. S’insidieranno anche ricciole di branco, lecce amia di media taglia fino agli sgombri e ai sugheri; la differenza come vedremo in seguito, la faranno artificiali, velocità e profondità. Se invece scendiamo più a fondo i pesci per eccellenza saranno dentici, i prai ed anche qualche raro fragolino di taglia, che contrariamente a ciò che si pensa, soprattutto quando cresce, ha un’indole da temibile predatore. Ma la gradita sorpresa del monel in basso/medio fondo sono le spigole. E c’è da dire che, con questi pesci, con il monel, rispetto a tutti gli altri sistemi affondanti non ce n’è per nessuno
Il dentice è una delle catture più ambite che il monel ci può regalare
TRAINA La spigola.. un must!
I PESCI.. fINTI Diciamo che dovremo investire in un discreto equipaggiamento di artificiali diversi per forma e colori. Perché se è vero che tutto potrebbe abboccare a tutto, un minimo di specificità va rispettato. Per i pelagici gli artificiali sinking vanno tutti bene, con una misura fino ai 14 cm. A volte l’arricchimento con una filosa fatta con raglout o squid, che preceda l’esca, ad imitazione dell’azione di caccia può avere i suoi notevoli frutti. Anche la soluzione di un tandem, fatta con un pesce affondante ed uno floating può essere interessante. Quando parliamo di pesci di fondo potremo salire di dimensione, usando pesci anche di 17, 21 cm , affondanti. Essendo logico selezionare il più possibile le nostre catture è bene giocare sulle dimensioni. Questo vale anche per le spigole, la cui aggressività è proverbiale e attaccano esche anche sproporzionate alla loro taglia. UN’ ASTUzIA Gli artificiali da spinning sono molto catturanti proprio per il loro movimento oltre che per la gamma di livree sempre molto attrattive. Ma il vantaggio di queste esche è quello di funzionare a velocità molto basse, ben sotto i classici 3,5/4 nodi e di essere gradite a tutti i pesci. Ciò rappresenta una straordinaria opportunità adoperandoli con il monel; perché al diminuire della velocità, diminuendo l’attrito del filo in acqua, aumenterà l’affondamento e questo comporterà di calare in acqua meno lenza o affondare di più in assoluto.
L’uso di un mulinello elettrico può essere risolutivo quando si pesca piuttosto profondi con molta lenza in acqua
ACCESSORI PER GLI AMANTI DELLA PESCA
TECNICA • TRAINA
Tecniche da Monel
P
di umberto simonelli er chi è alle prime armi con il monel abbiamo pensato una piccola guida illustrata che analizzi tutti i fatti tecnici più importanti per l’uso della lenza metallica.
ChE lIbRAggIo dI lENzA è CoNsIglIAbIlE? Sicuramente il 30 lb è quello più indicato. Sebbene apparentemente di modesto carico di rottura è il miglior compromesso tra sezione e tenuta. Consentendo quindi, a parità di artificiale applicato e di velocità, il maggior affondamento. Essendo poi più leggero è meno faticoso da recuperare e di più facile gestione. QuANTo moNEl bIsogNA ImbobINARE? La misura minima consigliata sono 180 mt. Considerando le proprietà di affondamento con questa quantità è possibile insidiare pesci che stazionano intorno ai 18- 20 mt. QuANTo AffoNdA Il moNEl?
La tabella riporta di seguito è puramente indicativa perché l’affondamento può essere modificato da velocità , corrente e tipo ti artificiale. Ma come riferimento può essere utile. Se non si dispone di un contametri è opportuno porre un segnale sul monel ogni 45 mt fIlo IN ACQuA
AffoNdAmENTo
sI PEsCA fINo A..
mT 45
mT. 4 - 6
mT. 8/10
mT 90
mT. 7 - 8
mT. 10/12
mT 130
mT. 11 - 12
mT. 12/14
mT 180
mT 16 - 18
mT 20/22
mT 225
mT 20 - 21
mT 23/25
mT 270
mT 25 - 26
mT 28/39
la bobina del mulo non dovrà entrare mai in contatto con il metallo del filo, pena una rapidissima corrosione
ComE ImbobINARE Il mulINEllo? Se non si usano muli specifici che alcuni costruttori producono, è indispensabile foderare la bobina metallica con del nastro adesivo telato e avvolgere un po’ di nylon come baking. E’ importante non far entrare a diretto contatto con la lenza il metallo della bobina per evitarne la corrosione a causa della coppia galvanica che si genera. ComE sI CollEgA Il moNEl Al bAkINg? E’ necessario realizzare una sorta di Albright che si stringa su una doppiatura del monel. Lo stesso procedimento può essere usato per l’applicazione del pre-terminale . L’accortezza è quella di fare in modo che il nodo non si incastri sull’apicale sia in fase di cala che di recupero. In alternativa il terminale può essere applicato anche usando del dacron, come quando si confeziona un wind -on.
TECNICA • TRAINA
Questo è il modo che la nostra esperienza ha valutato più comodo; si possano usare anche altri metodi, dal dacrono tipo wind on, ad un occhiellino su cui legare il filo
ComE sI CoNNETToNo duE sPEzzoNI dI moNEl? E’ necessario realizzare un accoppiamento avvolgendo i due capi con delle spire molto larghe, uno sull’altro.
Questo è il metodo che riteniamo più semplice e sbrigativo per giuntare due spezzoni di monel. Forse non bellissimo, ma molto efficiente
ChE CANNA è CoNsIglIATA? Una canna specifica è la soluzione ideale, con i passanti a rullo e l’apicale girevole. E’ bene che la parte apicale sia elastica e si fletta sotto la trazione del complesso pescante. Con il moto della barca e il movimento del mare si genererà una oscillazione che imprimerà all’artificiale un nuoto più adescante. Il libraggio consigliato è 12/20. ComE sI TARA lA fRIzIoNE? La frizione deve essere tarata al limite dello slittamento. Perché tutto il sistema pescante è rigido e solo così è possibile evitare che incagli sul fondo ci facciano perdere l’artificiale e che in caso di strike si possa strappare il pesce.
Oltre ad essere equipaggiata con passanti a rullo è bene che l’apicale abbia una guida girevole, per evitare che il filo metallico possa incastrarsi. Qui è stato applicato un campanello come avvisatore di abboccata
QuANdo C’è uNo sTRIkE sI dEvE fERRARE? Il peso della lenza generalmente è sufficiente a generare una auto ferrata. Ferrare con 100 mt di monel in acqua di fatto ha un effetto relativo. La chiusura progressiva e morbida della frizione sarà sufficiente. Ricordiamo che l’elasticità è nulla. QuANTo dEvE EssERE luNgo Il TERmINAlE? Tra monel e artificiale è bene lasciare almeno 15/20 mt di monofilo. Ciò contribuisce a introdurre un elemento elastico in tutto il sistema ComE sI CAlA Il moNEl Il monel mantiene la memoria delle sue spire fino a quando non è in trazione. Pertanto per evitare che il loro allentamento generi parrucche è necessario effettuare la cala a velocità di pesca, facendo in modo che il filo sia sempre in tensione, a frizione appena stretta, aiutandosi con le mani. Quando la lenza in acqua eserciterà la giusta trazione da vincere la resistenza della frizione completeremo la cala, fino alla quantità voluta di filo in acqua.
Per individuare quanto filo caleremo in acqua è consigliabile applicare dei segnalini ogni 45 mt, realizzati con del filo colorato che bloccheremo con un po’ di attak
TRAINA
N
ell’anno dalle stagioni anomale che è appena trascorso, ci siamo ritrovati in barca a maniche corte fino a San Silvestro. Ma la situazione va via via normalizzandosi, e quindi, i pesci cambieranno quote ed abitudini in modo repentino, e, quando i
ritmi rallentano, le nostre condotte di traina dovranno adeguarsi di conseguenza Quando l’acqua progressivamente si raffredda, raggiungendo i minimi stagionali, i pesci, salvo particolari situazioni, si portano a batimetriche profonde, dove, per stare correttamente in pesca sono necessarie una serie di accortezze, alcune più o meno ovvie, altre meno scontate.
Assetti nel freddo Di Domenico Craveli
L’aSSetto di peSca dimenticate per un attimo l’assetto di traina standard ed iniziate ad accorciare sensibilmente il leader. dai canonici 20 metri, si passa a circa 10, che con un metro e mezzo di terminale significa avere le esche a poco meno di 12 metri dal piombo. Questo è necessario, poiché quando i ritmi biologici dei pinnuti rallentano, far transitare un’esca nei pressi del loro punto di stazionamento diventa fondamentale, come le adiacenze di un masso isolato ad esempio. considerando che avremo a che fare molte volte con mare irrequieto e vento, la situazione di
vedere la canna oscillare
TRAINA
nel suo alloggio sotto l’influsso del beccheggio è ricorrente.
Specialmente sulle barche piccole, riuscire a far lavorare la canna in pesca senza sobbalzi, è una condizione essenziale per essere pienamente efficaci
Niente di più deleterio. Far saltare il piombo guardiano,
in
abbinamento all’effetto frusta che genera un’anomalia acustica sul trecciato, potrebbe allarmare i pesci, specialmente nelle zone più battute. Come versi di traina privilegiare sempre il favore di corrente, ma non esitare, in presenza di marcature importanti incollate sul fondo, effettuare delle rotte a forma di “8”. Evitare manovre ed inversioni strette, perché stazionare con il rumore della barca sulla verticale dei pesci, anche se profondi, potrebbe allarmarli e desistere dall’attacco.
Le cernie bianche sono le prede tipiche invernali. Spesso sono in attività frenetica staccate dal fondo, tanto da restituire segnali sull’eco molto evidenti. altre volte, stanno immobili nel loro “nido”, una sorta di cratere scavato da loro stesse nel fango. Un’azione di traina lenta a stretta contatto con il fondo può essere risolutiva
Menù di Stagione Non sempre si hanno a disposizione seppie e calamari, e quindi, per i “meno fortunati”, proveremo ad indicare qualche esca alternativa in grado di fare davvero la differenza quando i pesci sono poco attivi. La prima cosa da fare è non considerare il sugarello, almeno per qualche altro mese,
certo sul piccolo carangide lo strike può sempre arrivare ma c’è di meglio e di più semplice reperibilità. Prime fra tutte le grosse boghe per i dentici, le alacce,e i big cefali anche di porto, nonché le anguille di allevamento per le cernie. Il loro ventre bianco, l’estrema vitalità, e soprattutto l’aspetto “carnoso” e vivace , ne fanno dei bocconi davvero produttivi. Provare per credere. Altra esca di gran valore è la menola. QUando non Mangiano Quando incontriamo predoni sazi, e poco attivi, portarli allo strike diventa complicato. Il loro rifiuto verso le esche trainate a volte è sistematico, tanto da farci impazzire. In questi casi è bene rallentare ulteriormente la velocità di traina, come in una sorta di scarroccio controllato. Poggiare il piombo sul fondo, facendo nuotare le esche in libertà “vigilata” , a volte è risolutivo. Imboccare i predatori è un’arte, forse l’aspetto più bello e tecnico della traina con il vivo.
SURFCASTING
Agganci da surf G
di dario Limone li agganci, nel surf casting moderno, hanno un ruolo fondamentale, perché danno solidità al calamento, velocizzando l’azione di pesca permettendo di sostituire piombi, travi e braccioli con estrema rapidità.
Analizzando i nostri terminali da surf appartenenti al recente passato, non si trova traccia di accessori che non siano soltanto moschettoni e girelle. Si pescava lo stesso è vero, ma , la rivoluzione che hanno portato gli agganci e i micro-agganci, è stata epocale. Il loro uso è diventato imprescindibile, tanto che ne esistono di ogni forma e dimensione. CApICoRdA Si inseriscono al termine dello shock leader e la loro funzione è quella di sostenere il trave. Esistono vari tipi di capicorda, simili nella forma, ma che differiscono tra loro per dimensione e geometria
costruttiva, in base all’uso che se ne deve fare. Il capicorda, preposto ad essere punto di aggancio, non deve però trasformarsi in punto di appiglio per la lenza. Per tale motivo vengono di solito protetti da una guaina siliconica a forma di cono, chiamata appunto in gergo “conetto” ANATomIA dI UN CApICoRdA
e, cela
Il capicorda è un pezzetto di acciaio sagomato ad occhiello aperto, dove si aggancerà il trave o lo
SURFCASTING
shock leader. Il più comune è il cosiddetto “Fast C”, che riproduce appunto fedelmente la lettera “ c“. Si può usare quello con la girella o senza, per rendere il tutto più leggero e meno ingombrante. Ad esso si abbinano i vari tipi di conetto, in funzione delle abitudini , ma anche di soluzioni tecniche particolari. Una soluzione artigianale ed innovativa è quella di ricavare il conetto da un pezzo della parte interna del cavo TV, lavorandolo con una piccola fresa, per dargli la forma conica . La prerogativa di questa soluzione è l’effetto suspending dei terminali; infatti il potere galleggiante del materiale rende la giunzione flottante e quasi
neutra, utile per la pesca
a mezz’acqua od in superficie; è comunque vietato nelle gare agonistiche. Un’ ulteriore variazione sul tema è il conetto siliconico fosforescente, da usare di notte per la sua azione di richiamo sui pesci. SFeRe FoRATe Conosciute anche come “tecno-sfere”, hanno 4 fori passanti ortogonali , che possono essere intersecanti o meno. Ne esistono di varie forme Ogni jig ha caratteristiche di nuoto esclusive, il pescatore imparare a manovrarli correttamente per sfruttarne e deve misure, da preferire quelle perfettamente a pieno il potenziale catturante
sferiche. Non esiste uno snodo con punto di aggancio più valido. Le possibilità di
ingarbugliamento ingarbugliamento con con questo questo snodo, snodo, eseguendo eseguendo un un lancio lancio ed ed un un recupero recupero corretti, corretti, sono sono vicine vicine allo allo zero. zero. Inserite Inserite sul sul trave trave vengono vengono mantenute mantenute in in sede sede da da due due perline perline incollate, incollate, a a monte monte ed ed a a valle. valle. Per Per
fissare fissare ilil terminale terminale bisogna bisogna fare fare un un nodino nodino ilil cui cui diametro, diametro, deve deve essere essere superiore superiore a a quello quello della della tecno tecno sfera sfera stessa. stessa. Il Il nodino nodino aa battuta, battuta, essendo essendo un un punto punto critico critico per per la la rottura rottura del del terminale, terminale, va va protetto protetto inserendo inserendo una una perlina, perlina, che che va va andrà andrà aa contatto contatto diretto diretto con con la la tecno tecno sfera. sfera. L’IbRIdo L’IbRIdo GeNIALe GeNIALe
L’introduzione L’introduzione dei dei mini-trave, mini-trave, ha ha rivoluzionato rivoluzionato ilil modo modo di di stravolto i vecchi concetti di giunzione piombo, bracciolo, stravolto i vecchi concetti di giunzione piombo, bracciolo, calmo calmo o o efficacia. efficacia.
intendere intendere la la terminalistica, terminalistica, perché perché ha ha shock-leader, nelle condizioni di mare shock-leader, nelle condizioni di mare
con con bassa bassa turbolenza. turbolenza. Un Un piccolo piccolo accessorio, accessorio, basta basta per per assolvere assolvere a a grandi grandi funzioni funzioni con con Praticamente si tratta di una astina metallica, spesso integrata nella zavorra, dotata Praticamente si tratta di una astina metallica, spesso integrata nella zavorra, dotata di di
snodo snodo con con girella, girella, ed ed ilil gioco gioco èè fatto. fatto.
SQUIDFISHING
TATAKY.. gli artificiali Di Michele Prezioso
T
ecnica di recente introduzione si è rivelata estremamente redditizia nella pesca ai calamari, quasi da rappresentare una rivoluzione. Ideale per insidiarli in profondità, in condizioni diverse ed anche più estreme,
rispetto alla pesca tradizionale. Ma il segreto della potenzialità di questa pesca sta fondamentalmente più negli artificiali che nel movimento vero e proprio, come vedremo di seguito. E gli artificiali per funzionare debbono rispondere a ben precise specifiche; oltre che essere diversi tra loro per costruzione, dimensioni e colori lo sono per qualità e funzionalità. Ed è su questi argomenti che concentreremo le nostre attenzioni. PErché funziona
Pesciolini da 5 cm morbidi e setosi, la perfetta imitazione del pesce foraggio
Bisogna
riconoscere
Giapponesi ratificare
la
ai
capacità
concetti
di
di
pesca
sempre nuovi. Una intuizione davvero
centrata
insidiare
il
quella
cefalopode
di per
eccellenza attraendolo proprio con un artificiale così semplice nella
sua
costruzione
da
rasentare, apparentemente, la banalità. Questi piccoli artificiali in realtà rappresentano le prede per antonomasia dei calamari, quelle che sono abitualmente il loro nutrimento più naturale quando sono in profondità. E la scelta di una forma stilizzata, al contrario di quella in uso nella traina o nella ricerca col gamberone, preferenza la capacità di movimento, quasi autonoma che si ottiene grazie alla forma stessa e al poco peso. Basta poco in effetti per conferire a questi pesciolini un moto “schizzato” tipico dei piccoli pesci che si muovono a scatti ed in modo scomposto. Ed è questo aspetto che fa la differenza. Sarà proprio la tipologia di costruzione, geometria, materiali e bilanciamento a fare la differenza tra un artificiale ed un altro. LE dimEnsioni e, cela
Sempre nella versione soft, ma da 7 cm. Nel comporre la lenza è bene alternare piccoli e grandi per capire quali vengono graditi di più dai cefalopodi
Le dimensioni sono un concetto sostanziale in tutte le pesche con gli artificiali. I calamari sono
SQUIDFISHING
inesorabili predatori dei piccoli pesci e dei piccoli gamberi che riescono a catturare con minor fatica rispetto ad altri più grandi e forti. E’ quindi logico insidiarli con simulacri da pochi centimetri , come i “chibi ebi” simili a gamberetti, per passare agli oppai da 5 cm, , in silicone morbido e rivestiti in seta, fino ai piccoli fusi da 7, morbidi realizzati in tessuto multicolor. Questi artificiali acquisiscono una capacità pescante non indifferente, quando riusciamo ad azzeccare quelli che più assomigliamo al foraggio presente in zona. Ecco perché le zone ideali di pesca, sono la prateria di posidonia e i canaloni di sabbia e coralligeno, che si creano tra le varie macchie di queste piante , soprattutto nei periodi di fine estate e inizio autunno. La diffErEnza tra soft bait Ed hard bait
realizzati in plastica rigida oltre che sul movimento basano la loro attrattività sui riflessi che emettono; il
modello
fluo
diventa
molto
percettibile alle alte profondità
Le
esche
morbide,
setose e gradevoli al tatto, sono state studiate appositamente per essere simili ad una vera preda anche nella consistenza. Quindi offrono una reazione tattile al calamaro che lo dovrebbe trarre meglio in inganno. La livrea stampata sul tessuto che li avvolge si presenta in modo più verosimile ad un pesce vero riproducendo una impercettibile rete di piccole squame.
Ecco un particolare interessante e che modifica ulteriormente la mobilità in acqua. alcune esche sono riempite parzialmente di liquido e in questo modo, nel muoversi, la bolla d’aria si sposta e il baricentro cambia continuamente..
Al Al contrario contrario quelli quelli duri, duri, grazie grazie alla alla brillantezza brillantezza del del materiale materiale sfruttano sfruttano una una componente componente visiva, visiva, non non trascurabile, trascurabile, oltre oltre a a presentare presentare un un po’ po’ la la consistenza consistenza del del carapace carapace dei dei crostacei crostacei come come ii gamberi. gamberi. L’assEtto L’assEtto Un’altra Un’altra componente componente presentano presentano in in acqua, acqua,
che che determina determina la la funzionalità funzionalità o o meno meno del del la loro capacità di vibrare e di rispondere la loro capacità di vibrare e di rispondere
pesciolino pesciolino è è l’assetto. l’assetto. alle sollecitazioni alle sollecitazioni della della
Come Come canna canna
si si e e
della della corrente corrente fa fa al al differenza. differenza. Ogni Ogni tipologia tipologia di di artificiale artificiale presenta presenta un un suo suo assetto, assetto, che che deve deve essere essere valorizzato ed enfatizzato dalla montatura. Infatti è bene sapere che le esche morbide in virtù valorizzato ed enfatizzato dalla montatura. Infatti è bene sapere che le esche morbide in virtù del del loro peso peso specifico specifico e e del del loro loro baricentro baricentro debbono debbono essere essere montate montate a a bandiera bandiera ma ma con con un un braccio braccio non non loro più più lungo lungo di di due due cm. cm. Quelle rigide rigide e e più più pesanti pesanti è è consigliabile consigliabile Quelle invece invece montarle montarle con con braccioli braccioli dai dai 5 5 ai ai 15 cm. cm. Questo perché nell’animazione nell’animazione 15 Questo perché che che si si imprime imprime durante durante la la pesca pesca lavorerebbero a a cerniera cerniera e e non non con con un un lavorerebbero moto moto fluttuante fluttuante come come con con un un bracciolo bracciolo più lungo. lungo. più La quaLità quaLità La In questa questa pesca pesca dove dove le le competenze competenze In si si fermano fermano alla alla conoscenza conoscenza dei dei posti posti e alla scelta delle livree o del tipo di artificiale, sarà la qualità dell’esca a fare
La riuscita della pescata passa necessariamente attraverso molti fattori; conoscenza degli spot, presenza di prede, ma soprattutto ottimizzazione del complesso pescante. Quindi livrea, dimensione e movimento delle esche
la differenza sul serio. Sia chiaro che la quantità e l’aggressività dei cefalopodi, in alcuni momenti, può indurci a pensare che una valga l’altra. E anche artificiali meno pregiati possono dire la loro.
Ma nella lunga distanza ci si accorgerà che la qualità è indispensabile. Yamashita, Seika, Yo-Zuri, DTD, sono le marche a cui affidarsi. Le caratteristiche costruttive, come la solidità del body, del rivestimento, la durata della corona di spilli, dei colori e l’assetto in acqua saranno elementi ben distinguibili
La qualità degli artificiali si vede.. non solo nella capacità catturante ma anche nella durata. Un uso intensivo mette a dura prova rivestimenti, corone di spilli e tenuta all’acqua
TRAINA
FISHING CONNECTIONS
Di Umberto Simonelli
N
on è un racconto di connessioni mafiose nell’ambito della pesca ma un titolo un po’ sui generis per parlare di connessioni; connessioni tra fili , nylon e multi, nelle montature specifiche della traina. Soluzioni diverse che vogliono essere suggerimenti o interpretazioni del modo
migliore per connettere tra loro fili di natura e sezione diverse.
LA mIssIoN Com’è prassi, premettiamo che non siamo qui per spiegare quelli che sono i sistemi migliori in assoluto per assicurarci tenute ineccepibili, ma per passare in rassegna tutte le opzioni possibili che abbiamo avuto modo di sperimentare, con successo o meno, nell’arco di un lungo periodo. Nodi di giunzione classici, innovativi o a volta, solo di tendenza. Ma con un unico scopo che è quello di ottimizzare la realizzazione del complesso pescante, renderla snella, veloce nell’esecuzione oltre che redditizia, ma soprattutto robusta. NeLLA pRATIcA In questa sede parleremo di un situazione in cui protagonista è il multi fibra, filato che ha rivoluzionato il concetto di pesca con il vivo, ma che, proprio per le sue caratteristiche di mancanza di elasticità, diametro estremamente sottile e capacità di diventare tagliente sotto trazione, mal si presta ad essere connesso con nodi che non siano appropriati. Quando un multi è in forte tensione può tagliare di netto le spire di un nodo con il nylon anche se di buon diametro. Considerando che nella media la parte pescante è costituita da una connessione multi/nylon/terminale, c’è sempre, in ogni montatura almeno un punto caldo “multi-Nylon”
Un nodo uni to uni realizzato doppiando il multi; soluzione che otre ad una migliore tenuta offre l’opportunità di un’asola per il piombo guardiano
Le pReRogATIve In anni di pesca abbiamo imparato che ogni soluzione ha le sue luci e le sue ombre. Un banco di prova estremo, che ha testato sul serio tutte le soluzioni di giunzione è stato il vertical; tecnica in cui tutto viene veramente portato al limite e che molto ha dato alle altre tecniche, anche nel campo dei materiali e delle connessioni. Abbiamo anche riscontrato però che sofisticate ed impeccabili soluzioni di nodi non nodi, o di nodi che assomigliano più a legature possono avere i loro limiti, soprattutto nella realizzazione in pesca; quando un pesce troppo grosso o uno scoglio tagliente ci hanno disarmato.
TRAINA
I NodI
Ecco un nodo yucatan, robusto e di semplice realizzazione, caratterizzato dalla sua originale forma conica
Sicuramente uno dei nodi di più semplice realizzazione
per
congiungere il nylon al multi è l’ UNI to UNI,
ovviamente
realizzato in una versione particolare, dove il multi viene doppiato. Come si vede dal contributo fotografico , se ne ricava anche un’ottima asola per applicare il piombi guardiano. Una seconda soluzione è il nodo Yucatan. Da non confondere con l’Albright, a cui assomiglia molto, è di una velocità di realizzazione sorprendente e di ottima affidabilità. Deve essere ben realizzato per funzionare al 100%. Le LegATuRe In considerazione del fatto che ogni nodo riduce il carico di rottura del filo, un’altra soluzione è quella di evitarli.. ecco quindi delle connessioni che giocano sull’attrito . Il CO CO è il primo e si realizza affiancando i due capi per poi realizzare una impiombatura
con
uno
speciale
attrezzo capace di creare una lunga serie di spire serrate con del filo da legatura. Ne risulta un complesso assolutamente affidabile , ma molto rigido e di difficile replicabilità in barca. Un nodo che ha detenuto il primato della funzionalità per anni è stato il Tony Pena. Una legatura COCO; di fatto una serrata impiombatura realizzata con lo stesso multi fibra avvolto in spire strettissime, tanto da bloccare se stesso, sul terminale, rendendo impossibile lo slittamento.
Una lunga serie di spire di multi che si avvolgono lungo il terminale e che trovano lo stop su un nodo piano del nylon stesso costituiscono un complesso affidabile, poco voluminoso e tutto sommato quasi semplice da fare anche in situazioni precarie. Terzo della serie, ma non per importanza è il nodo FG. Una sorta di treccina, o meglio di spire incrociate, che avvolgono in un “abbraccio” il Nylon che non potrà scorrere in alcun modo. Tute legature che sebbene offrano tenute pari al carico di rottura del filo in caso di sostituzione non hanno la caratteristica dell’immediatezza. sempLIce ed eFFIcAce
Il Toni Pena è stato uno dei primi “non nodi” del vertical per congiungere multi e nylon. Benchè semplice ha una garanzia alla tenuta veramente straordinaria. La doppiatura del trecciato rende disponibile un’asola per il piombo guardiano
Ecco come si presenta il nodo FG dopo l’assuccatura. Un cordoncino a spire compatte che blocca inesorabilmente il nylon all’interno
Dopo essere passati per tutte le soluzioni precedenti, l’attuale è molto semplice, efficiente e soprattutto indistruttibile. Si tratta di doppiare semplicemente il multi fibra e ricavarne un’asola con un semplice nodo piano. Ma con una piccola astuzia che è quella di infilare la doppiatura, con un ago specifico, all’interno di spezzone
uno di
dacron, molto sottile. Una vola fatto il nodo piano e tagliate le eccedenze , chiuderemo il capo libero con una breve impiombatura. Avremo realizzato un’asola di una robustezza enorme, quasi indistruttibile alla quale con un nodo potremo applicare qualsiasi terminale e rimpiazzarlo in un attimo.
Semplicissimo metodo di connessione , tanto semplice quanto indistruttibile e comodo per ogni sostituzione del preterminale
INCHIKU
INCHIKU senza frontiere Di Domenico Craveli
L
’inchiku ha aperto orizzonti di pesca inimmaginabili, specialmente nelle stagioni di transizione, quando gli spot profondi, difficilmente affrontabili con qualunque altra tecnica, diventano una miniera d’oro per gli appassionati più intraprendenti. Ogni sorta di pesce può capitare sui
nostri assist, regalando adrenalina pura su attrezzature leggere. Le alte profondità rappresentano oramai una frontiera consolidata per gli appassionati di inchiku, da sempre in costante ricerca delle voraci e magnifiche prede che colonizzano gli habitat più diversi. In questo vasto mondo, alla soglia dell’oscurità, ogni forma di vita lotta continuamente per la sopravvivenza seguendo istinti antichi è spietati; ritmi trofici quasi sconosciuti, quindi concettualmente molto diversi da quelli degli ecosistemi costieri con i quali siamo maggiormente abituati ad interagire durante le nostre battute di pesca. La NUova zoNa Trovare settori di mare vergini o poco sfruttati, è una vera e propria utopia. Ma se per un attimo ci
Le distese fangose celano
“sorprese”,
come le ricciole di branco che non è rarissimo
trovare
a svernare oltre a quota 100
dimentichiamo delle secche rocciose e delle scogliere sommerse, e prendiamo in esame le depressioni fangose e i salti batimetrici, ci accorgeremo subito che il “nostro” mare apparirà più grande di quanto avevamo mai percepito. Molti pesci interessanti errano proprio su questi fondali, spesso ricchi di materiale organico. Gallinelle, prai, pagelli, san pietro, dentici, grossi sugheri, cernie, ricciole, sono solo alcune delle
Un bel praio, preda ambitissima sul medio fondale
potenziali prede. Naturalmente, individuare le zone buone non sarà semplice, ed un periodo di
INCHIKU
naturale rodaggio dovrà essere messo in conto incondizionatamente. Sarà importantissimo investire del tempo per sondare ed identificare gli spot più promettenti, cercando contestualmente di acquisire dimestichezza con la tecnica stessa, per non farci trovare impreparati nel momento in cui incontrassimo delle aree con buona attività predatoria dove, considerando le quote operative, non sarà una passeggiata gestire strike e combattimento.. .
Le attrezzature dovranno reggere a prede dotate di grande tenacità, amplificata dalla imponente colonna d’acqua che li sovrasta e che aumenterà i tempi medi di recupero
attrezzatUre e, cela A queste profondità dovremo per forza di cose utilizzare canne decisamente potenti, in grado di farci gestire agevolmente inchiku che possono arrivare anche a 160gr., e mulinelli adeguati capaci di assicurare grande fluidità e potenza, caratteristiche comuni solo a rotanti di fascia alta. Naturalmente gli investimenti economici per l’acquisto saranno abbastanza importanti, ma una scelta oculata iniziale permetterà di equipaggiarsi con prodotti che si riveleranno dei validi compagni di pesca per lungo tempo, garantendo quell’affidabilità necessaria per praticare l’inchiku su medio fondale. In bobina avremo un ottimo trecciato da 20lbs (il 30lbs è troppo grosso e non presenta grandi differenze di tenuta). Il leader sarà dello 0,50, lungo circa 6 metri, con un rinforzo di 50cm dello 0.70 se in zona sono massicciamente presenti pesci sciabola che reciderebbero con facilità il nylon di diametro più sottile. Se, poi, questi serpentoni sono infestanti, ma ci si diverte comunque a prenderli, è necessario intervenire pure sugli assist degli artificiali, realizzandoli con un tandem di ami montati su piano wire dello 0.11.
LeNto, LeNtIssImo.. Anzi.. praticamente fermi. A profondità elevate, in acqua fredda con una pressione parziale di ossigeno alta, i ritmi biologici sono rallentati perché i pesci non devono consumare energie inutilmente e l’ossigenazione è comunque assicurata; e quindi, a prede che si muovono lentamente, è indispensabile proporre artificiali manovrati in modo tranquillo. Ma attenzione, anche un approccio timido alle esche, può celare un predone di grandi dimensioni, che ci metterà a dura prova. Non è raro l’incontro con grosse cernie canine e corazzieri. Far danzare correttamente un inchiku a quelle profondità richiede comunque grande capacità e padronanza della tecnica, e il controllo della barca, per rimanere il più verticali possibile, sarà indispensabile. Sicuramente è una tecnica di sacrificio, ma che può ripagare la nostra determinazione con emozioni e carnieri impensabili.
SURFCASTING
Il sarago... maggiore
Di Dario Limone
F
reddo , vento , onde, finalmente il fragore dei marosi che si abbatte sulla spiaggia ci riporta al vero surf casting, ed alla preda per eccellenza della schiuma: il sarago maggiore Possente nuotatore, che non teme la turbolenza, il sarago maggiore perde la sua innata
diffidenza ed entra in frenetica attività quando il respiro del mare si fa violento. La sua pesca è arte, perché far lavorare le esche correttamente nelle forti correnti della risacca non è semplice. Si sposta in branchi numerosi alla ricerca dei bocconi strappati dalle onde, e per tale motivo non sono rare catture multiple. Gli esemplari più grossi, possono superare il kg di peso, anche se i pesci di mole sono sempre più rari.
HAbITAT Considerando che ama stazionare dei pressi di scogliere sommerse o manufatti ricchi di potenziali tane, è indispensabile che la spiaggia dove intendiamo insidiarlo, presenti a poca distanza da essa le condizioni morfologiche che ne favoriscono la presenza. Diversamente la sua cattura non può essere mirata ma accidentale. Stabilito questo non ci resta che portarci in spiaggia durante la fase crescente della mareggiata.
Una spiaggia tipica da sarago. baia sabbiosa incastonata tra promontori rocciosi che calano quasi a picco nel mare con franate di grandi massi e ciottoli
ONNIvORO peR vOCAzIONee, cela
bivalvi in genere, ma anche le patelle raccolte sul luogo di pesca, risultano eccellenti nella pesca al sarago
L’alimentazione è varia, si ciba di bivalvi, di crostacei, di anellidi e gli esemplari più grossi non
SURFCASTING
disdegnano striscette fresche di cefalopodi e filetti di sarda. La parola grufolatore calza a pennello a questo sparide, che sta sempre a rovistare sul fondo o a brucare le piccole alghe sulla roccia. Nella turbolenza però, il suo comportamento diventa particolarmente fugace, perché si lancia con velocità verso i bocconi in sospensione. Ami piccoli e penetranti stanno alla base del successo per evitare che ci scippi le esche nel suo fare. RObA DA DURI
Il calamento principe è il pater noster. Si tratta di un trave lungo 1,20 mt con due snodi, il primo a 5 cm dal piombo, il secondo a 60 cm dal primo. I braccioli lunghi circa 20/40 cm. Gli ami saranno del tipo beak del n°4 . Il diametro dei terminali lo si sceglierà in funzione della turbolenza per evitare
grovigli,
diciamo
da
uno 0.25 fino ad un 0.40. La mangiata del sarago è secca e si produce in testate continue e possenti. È un vero combattente , ed il recupero rimane incerto fino alla fine. Lo si cattura sia di giorno, che di notte.
Un bell’esemplare catturato di notte in una spiaggia del tirreno meridionale
FANTASTIORIE DI PESCA
Mata e Grifone
Di Domenico Craveli
C
oppia di giganti, che vengono dal mare e stanno nel mare, custodi di un vecchio relitto, un contorto pezzo di lamiera, che rivive di nuova vita in fondo al blu. Sempre in coppia, imprendibili perché esse sanno, esse conoscono, esse sono lì, due grandi animali con la coda a falce.. anzi no, chiamatele MATA e GRIFONE.. Mancano pochi giorni al plenilunio, come sempre, come il ciclo della vita e di ogni cosa, come il mare, come Mata e Grifone. Loro sono li, vengono dal profondo, dove ogni cosa ha un colore diverso, un blu quasi nero, forse un nero chiaro. Follia? Può darsi. Folle come il legame che tiene insieme Mata e Grifone, folle come l’idea che Mata e Grifone oramai conoscano le barche dei predoni a 2 zampe e due braccia e a volte senza cervello. Li conoscono, uno per uno, rumore per rumore, lenza per lenza. Conoscono le loro subdole insidie, le seguono, le guardano, le ammirano ci giocano e le terrorizzano. Ma
le schivano inesorabilmente, sempre e comunque. Apprendono ogni nuova diavoleria che gli passa davanti, non si fanno fregare.. perché sono Mata e Grifone. Come dei lupi aspettano che Thot, dio egizio della luna, si ripresenti, per tornare sul luogo del primo amore, forse dove sono nate.. chi lo sa. Un luogo caotico, pericoloso, ma a loro piace. Le bramano in tanti da lassù, trenta passi più su; l’unità di misura degli uomini di mare, che le vogliono ad ogni costo : ma Mata e Grifone sanno. Mata e Grifone non si prendono, perché sono pesci superiori. Meritano di stare lì, meritano di migliorarsi, e di trasmettere i loro geni ai giganti del futuro, signori indiscussi di un mare nuovo, ferito, piccolo, immensamente complicato. Buona fortuna Mata e Grifone, buona fortuna davvero!
CVS 128: É UN MOSTRO... ...ma non ditelo a nessuno ! 600 Watt 1000 Watt 2000 Watt !!! Una serie di ecoscandagli veramente “mostruosa” per il perfetto bilanciamento di Prestazioni, Dimensioni e Costi - Resa in profondità senza paragoni - Portata massima reale oltre 1600 metri (CVS-128B) Menù totalmente in Italiano - Schermo LCD 8,4" (oppure 10,4") Perfetta visione in pieno sole e da posizioni angolate - Alta risoluzione - Serie 128: Potenze: 600WRMS e 1000WRMS - Frequenze: 50 e 200 kHz - Serie 128B: Potenza: 2000WRMS - Frequenze: libere (Broadband), da 38 a 210 kHz - Impermeabili IPX5 - Guadagno retroattivo a tutto schermo - Scale continue senza interruzioni Plotter grafico integrato - Comandi principali a manopole per una perfetta immediatezza d’uso..... e non finisce qui; per saperne di più visitate www.apelmar.it/cvs128 KODEN produce una completa gamma di strumenti tra i quali il CVS-126, campione di vendite a soli €790,00+IVA. Per saperne di più visitate: www.apelmar.it/cvs126 Agenzia ufficiale per l’Italia :
Technology S.r.l.
Lungobisagno Istria 23ar - GE Telefono 010 870058 r.a. Telefax 010 870248 e-mail: apelmar@koden.it
53°
www.koden.it
Potete trovare i prodotti KODEN nei 55 centri di vendita ed assistenza tecnica presenti su tutto il territorio oltre che presso numerosi rivenditori; contattate i nostri uffici di Genova per conoscere quello a Voi più vicino.
Copertina parlante Angler : Mariano Mangano Preda : Dentice Periodo di pesca : Gennaio Ora della cattura : 10:00 LocalitĂ : Tropea Tecnica: Traina con il vivo Esca : Calamaro Terminale: FC Momoy 0.66 Fondale : Misto ProfonditĂ : 56 mt
FOTO: Nikon COOLPIX S5100 JPEG (8-bit) Alta Dimensione immagine: 3000 x 4000 Modo di Esposizione: Auto Programmata Modo di misurazione: Multi-zona Esposizione : 1/25 sec - F/2.7