Rivista gennaio 2017

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2017

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

la rivista on-line della pesca in mare

SURF TRAVI ALL’ALTEZZA

CONSIGLI DI PESCA PIU’ MORTO CHE VIVO NAUTICA SLOW TROLLING

SQUID FISHING CALAMARI: INIZIAMO DA ZERO

TRAINA DENTICI: MODALITA’ INVERNALE

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VIII - Numero 1



IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VII Numero 1 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

5

Editoriale

6

Global@mail

di U. Simonelli

La posta dei lettori

14

Un trancio per l’inverno

18

Slow trolling

22

Dentici modalità invernale

26

Legame di.. ferro

30

Rock.. night and day

34

Travi all’altezza

36

La ricerca della preda

40

Calamari.. iniziamo da zero

44

Più morto che vivo

48

Copertina parlante

di D. Limone

di U. Simonelli

di M. Prezioso

di D. Craveli

di di D. Craveli

di D. Limone

di D. Craveli

di M. Prezioso

di U. simonelli



Editoriale

V

oglio aprire questo editoriale del primo numero del nuovo anno, commentando un episodio accaduto di recente. Una brutta storia perché, quella che vi narrerò, è l’epilogo di una amara vicenda di bracconaggio. Parliamo di due tonni, di un pescatore (se così possiamo chiamarlo) e del suo compagno di pesca, forse meglio definibile come complice (visto che la storia è quella di un reato). Due tonni pescati nello stesso giorno, a stagione chiusa e sicuramente con lo scopo di farne commercio. E’ una posizione di assoluta indifendibilità, che rappresenta il lato marcio della pesca ricreativa: il bracconaggio e la commercializzazione del pescato. Una volta, i bracconieri erano poveri eroi sovversivi, diciamo dei Robin Hood, che cacciavano di straforo, per sfamare le proprie famiglie, le prede nelle riserve di caccia dei nobili, che ne detenevano l’uso esclusivo, proibendo qualsiasi prelievo a chiunque. I bracconieri di mare di oggi sono molto meno romantici e rappresentano una vera piaga, che propone all’opinione pubblica una pessima immagine della nostra categoria. Ma ritorniamo alla vicenda. Pur non essendo stato colto in fragrante, gli uomini della capitaneria di porto, avendolo sorpreso durante le operazioni di trasporto e avendolo messo nella condizione di non poter negare la paternità del’operato, hanno indotto il nostro “non eroe” a confessare. Documenti di rito e operazioni burocratiche varie e la faccenda si risolve con un bel processo verbale e una bella multa di “soli” 33.000 euro con tanto di F24 per pagarla.. Il commento che viene spontaneo è “ben gli sta” perché, di fatto, era consapevole del reato che stava commettendo e, in fondo, come dice il proverbio.... chi è causa del suo mal pianga se stesso. Ma, guardando il fatto solo poco più attentamente e approfondendo appena, c’è da dire che gli effetti della Legge 28 luglio 2016, n. 154 forse sono molto pericolosi. Sicuramente non accadrà mai che per sbaglio si peschi un tonno fuori stagione, per andare a venderselo; ma può succedere che si sfori il massimo peso del pescato giornaliero prelevabile e, anche solo mezzo kg, può costarci più di 500 euro.. neanche fosse tartufo d’Alba o caviale beluga o un reato contro il patrimonio. Siamo assolutamente d’accordo che la pesca illegale vada repressa e sanzionata, ma siamo anche convinti che l’attività repressiva sia dannosa se non preceduta da una corretta azione informativa. Di fatto, a pescare in mare ci può andare chiunque, una domenica di agosto, solo perché gli hanno regalato una canna, un filo ed un amo. E prendere un pesce e poi un altro e tornare a casa con il problema di vendersi casa per pagare una inspiegabile multa è, così come stanno le cose, fin troppo facile. Molti pescatori non conoscono le regole perché informarsi è difficile e perché, essendo pescatori della domenica, molti le ignorano: la categoria è quel che è e non essendoci l’obbligo di una licenza con la conseguente conoscenza delle regole, (come per la pesca in acque interne o come per la caccia n.d.r.), ci si confronta con una compagine fin troppo eterogenea. Il fatto che le attività di sorveglianza degli uomini delle CCPP sia aumentato rappresenta una notizia che aspettavamo da tempo. Ma, forse, l’entità delle sanzioni è davvero sproporzionato alla consistenza dei reati, soprattutto perché la cosa, vista dal punto di vista giuridico, non trova equivalenti assimilabili in altri ambiti. Ognuno di noi è spettatore quotidiano di reati seri contro la persona o il patrimonio, che si concludono, in valore proporzionale e a volte anche assoluto, con pene e sanzioni molto meno importanti. Ci viene da pensare che multe così esagerate siano una esagerata ostentazione di muscoli contro una categoria, la nostra, non rappresentata e, quindi, impossibilitata e incapace di essere presente ai tavoli di discussione per difendere le proprie posizioni. Forse è un contentino alla categoria dei professionisti, che ci vede, da sempre, come antagonisti da eliminare. Le regole della pesca ricreativa, sono anni che lo diciamo, vanno totalmente riscritte e attualizzate e vanno svincolate da quelle della pesca professionale. La nostra pesca crea utili ben diversi da quella professionale e non vive di sovvenzioni e nafta agevolata, ha solo bisogno di una dignità diversa, di un’attenzione maggiore e di pescatori più evoluti. E tutto ciò passa per l’informazione e la prevenzione e, solo dopo, per la repressione. Buon anno Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL ROCKET Mi piace essere sempre aggiornato con l’attrezzatura e mi lascio facilmente affascinare dalle novità utili; purtroppo subisco il fascino anche di quelle che utili proprio non sono. Amo tutte le tecniche di pesca, dal drifting al bolentino e capirete che sono pieno di accessori. Ora è venuta la volta del rocket che vorrei acquistare per la prossima stagione. Ovviamente il negozio da cui mi servo ne ha cantato tutte le lodi possibili, ma vorrei il parere di un esperto per capire bene se davvero è un prodotto che possa dare un nuovo assetto al drifting. Visto che, oltretutto, da poco ho installato dei nuovi porta canna proprio per la pesca al tonno. Luigi

Luigi, benvenuto nel club dei collezionisti di armamentari da pesca. E’ inevitabile e assolutamente condivisibile essere affascinati dalle novità e dall’evoluzione delle attrezzature. Purtroppo il nostro è un gioco e come tale ne subisce le regole. In fin dei conti, avendone le possibilità, è bene essere sempre aggiornati per ottimizzare la tecnica che ci appassiona. Anche le gratificazioni hanno un senso perché si vive anche di questo. Chiudo la parentesi filosofica (che ha lo scopo soprattutto di alleggerirci la coscienza) e passo ai fatti. Sicuramente il rocket è una soluzione innovativa che si sta affermando nei nostri mari da poco, ma con gran successo. Al di là dei costi, l’oggetto di per sè, nella sua apparente semplicità, risolve molti problemi: uno tra tutti la disposizione delle canne in acqua, che rimane sempre ottimale, anche al variare dell’orientamento della barca, ponendo fine allo stress di cambiare murata al cambiare di vento e corrente. Oltretutto, si pesca molto più ordinati e tutto è sotto controllo. E, come se non bastasse, si pone fine al montaggio di porta canne disposte in giro per la barca. Ne esistono di vari modelli, ma porrei attenzione nella scelta al peso e alla robustezza oltre che all’idoneità di poter accogliere anche canne col manico piegato. In caso di strike multipli (anche se è un’eventualità rara) il gioco di forze è elevato, perché le leve sono amplificate. Quindi, oltre al prodotto ti consiglio di valutare l’installabilità sulla tua barca; serve un porta canna di massima robustezza per ospitare il nuovo gioco.


GLOBAL@MAIL SURF PARTENOPEO Ciao a tutto lo staff di Globalfishing, sono un appassionato di Surf, vi leggo dal vs numero zero, e vorrei porre una domanda a Dario Limone. Siccome sono in procinto di fare un viaggio con permanenza in Campania, volevo qualche indicazione su come e dove pescare. Che esche usare, e che tipo di attrezzatura portarmi dietro. Sarò a Napoli, e non ho nessun problema di spostamento. Grazie! Luca

Carissimo Luca, Il litorale Domitio, e nello specifico la cittadina di Mondragone, garantisce catture tutto l’anno. Si tratta di una spiaggia bassa, ricca di bivalvi con presenza a circa 600mt da riva di un’antica città romana sommersa, vera e propria nursey per i pesci. L’attrezzatura deve poterti agevolare nell’ ottenere lunghe distanze nel lancio. Sono presenti tutte le specie ittiche insidiabili con il surf: orate, mormore , spigole , saraghi, pesci piatti, serra, etc. Anche in inverno, sono aperte alcune strutture balneari, che con una modica spesa di 5 euro offrono l’opportunità di parcheggio per l’intera giornata. In zona l’esca che si utilizza di più è l’arenicola, facilmente reperibile dai vari negozi di pesca presenti. In assoluto consiglio lo specchio di mare davanti il Lido Marinella; buono anche quello dinanzi il lido le Dune.

Dario Limone


GLOBAL@MAIL UNA FISSA PER LO SCORREVOLE Il mio quesito è per Dario Limone, volevo chiedere come realizzare uno scorrevole efficace a prova di grovigli. Appartengo alla vecchia scuola, di quelli che mettevano il piombo a sfera passante sulla lenza madre. Ma è una soluzione superata. Mi potrebbe dare qualche dritta? Anche sull’uso di terminali mono-amo con bracciolo molto lunghi, Giuseppe

Caro Giuseppe, Lo scorrevole, quando le condizioni del mare lo permettono, è la soluzione, migliore in assoluto per pescare specialmente le prede importanti. Effettivamente, il foro del piombo passante, riempiendosi di sabbia, tende non solo a bloccarne lo scorrimento, ma anche a danneggiare la lenza, cosa che potrebbe portare a spiacevoli rotture, proprio quando c’è un bel pesce allamato. Tra le soluzioni che potresti adottare, per realizzare uno scorrevole moderno, c’è quella di particolari snodi scorrevoli, che messi passanti sulla lenza madre del mulinello, ti permettono poi di attaccarci il piombo che vuoi. Andranno poi a battuta sul salva-nodo della girella, in coda allo shock leader, nella più semplice e classica delle soluzioni. Oppure, anche un moschettone con girella può andare bene. Andrà anche esso inserito allo stesso modo sulla lenza e agganciato al piombo in uso. Questa soluzione però, porta qualche groviglio in più, se il mare non è proprio piatto.

Dario Limone


GLOBAL@MAIL SCELTE DA INCHIKU Gentile Domenico Craveli, ho letto tutti i suoi articoli sull’inchiku e devo dire che mi sono appassionato seguendo lei, ed altri bravi pescatori che hanno avuto il tempo e la disponibilità di condividere le proprie esperienze. Volevo porle una domanda, molto diretta, su quelle che sono le scelte personali quando decide che tipo di artificiale mettere in pesca. Mi riferisco a forma e colore. Capisco la poca diplomazia della mia richiesta, ma le sarei grato di una risposta. Grazie ancora e complimenti. Ferdinando

Caro Ferdinando, la pesca con gli artificiali è sempre un fatto pieno di scelte tormentate. Anche a me capita di avere dubbi su cosa usare in un preciso momento. Spesso provo senza razionalità, cioè a “simpatia”, e decido per un modello invece di un altro; tanto prima o poi dovrò pur calarlo in acqua per sapere se è efficace o meno. Altrimenti mi affido a quelli che in passato mi hanno dato grandi soddisfazioni. Ma alterno sempre, esche dalle quali ho avuto risultati, con altre nuove di pacca. Di solito uso inchiku molto affusolati come i Bottom Ship Shimano in caso di forte corrente, mentre in condizioni più tranquille, mi sono trovato alla grande con i Big Fin della Hot’s, o con i Kiku Molix. Nella calma piatta, nulla può eguagliare il SeaDancer. Quest’ultimo è divenuto oramai introvabile e molto costoso, ma agli inizi, è stato proprio lui a ritagliarsi un posto speciale nella mia bag. Per i colori dell’octopus, personalmente uso di solito verde, blu, argento nei mesi invernali, arancio, giallo e rosso nei mesi caldi.

Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL MULINELLO CERCASI Volevo informazioni da Domenico Craveli per scegliere un mulinello da vertical. Sono un po’ confuso, anche perché mi hanno detto che posso iniziare con uno da surf, per prenderne uno specifico solo in un secondo momento. Ho già una canna con potenza 150gr, e devo abbinargli appunto un mulo per avvicinarmi a questa tecnica. Attendo fiducioso vs indicazioni. Il mio budget è intorno alle 150 euro. Sebastiano

Ciao Sebastiano, Il vertical è una tecnica dove un mulinello inadatto può letteralmente rovinarsi anche nel giro di una sola uscita, specialmente in caso di strike di pesce importante. Nel mui da surf le spalle del rotore, dove c’è il guidafilo, e l’albero della bobina, non sono progettati per questo tipo di sforzo, e potrebbero saltare o piegarsi, specialmente se qualche bel pesce inizia a fare qualche fuga potente quando la bobina è alta con l’albero alla massima estensione. Conviene in ogni caso cercare un mulinello specifico, meglio qualche shimano taglia 8000. Nei mercatini dell’usato, c’è molta gente che ha abbandonato la tecnica, mettendo in vendita mulinelli buoni e specifici a prezzi interessanti. Sul nuovo puoi vedere qualcosa in casa Okuma, Trabucco o Pen. Attendiamo catture quindi! Un caloroso saluto.

Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL SCELTE PROFONDE Ogni tanto vado a bolentino di profondità con degli amici che mi invitano e che dispongono di un po’ di attrezzatura. Devo dire che mi diverto molto, tanto che ho deciso di attrezzarmi in modo autonomo. Sto decidendo l’acquisto del mulinello e non saprei come districarmi, perché ci sono molte offerte ma è difficile capire cosa conviene comprare. I costi sono importanti, anche per i modelli più economici e, quindi, vorrei un consiglio su quali debbano essere i parametri di valutazione per effettuare un acquisto ponderato. Arturo

L’acquisto di un mulo da bolentino di profondità deve essere ben valutato perché, se si opta per un buon prodotto e lo si usa con attenzione, può essere l’acquisto della vita. Le performance in questo settore non sono in continua evoluzione e quindi non ci sono novità che si susseguono quotidianamente. Un mulo di dieci anni fa è attualissimo e consente di pescare bene anche oggi. Certamente i prodotti di ultima generazione sono più sofisticati, magari consumano meno e godono di funzioni più avanzate, soprattutto per quanto riguarda le protezioni elettriche al sovraccarico. La prima opzione di scelta è la profondità operativa: questo determina la quantità di multi da imbobinare e quindi misure (ingombri, peso e potenza) e costi. Ovvio che più capacità si ha e maggiore è la versatilità dello strumento. Diciamo, tanto per regolarsi, che se peschi nell’ambito dei 250 mt con 500 metri di filo in bobina ci si può stare; 800 metri di 80 lb sono un quantitativo accettabile con il quale puoi andare anche a pescare a 500 mt, in condizioni di mare tranquille. Le opportunità di scelta sono legate a quattro marchi leader di settore: Shimano, Mija, Daiwa e KristalFishing. Non solo per la loro affidabilità e funzionalità, ma soprattutto per la assistenza tecnica che, data la qualità dei marchi, quasi mai serve, ma è bene per sicurezza che esista con disponibilità piena dei ricambi. Altri marchi all’apparenza equivalenti, ma molto più economici, non sempre hanno servizi di post vendita efficienti e a volte neanche li hanno. Quindi il consiglio che ti posso dare è, come diceva mia nonna (e mai consiglio calza di più), di affogare in un mare grande.. quello quindi dei grandi marchi.

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL IL GUARDIANO Un saluto a tutto lo staff.. lo so che quanto vi chiederò forse non sarà un argomento vitale per chi pesca a traina con le esche vive da tempo. Ma, per me che sono alle prime armi, è una delle tante curiosità che non sono riuscito a chiarire. L’argomento è il piombo guardiano. In commercio, a caro prezzo, se ne trovano di varie fogge, dal corpo tozzo con un’aletta pronunciata, altri più sfinati con una deriva meno evidente e poi ce ne sono di componibili e poi ancora c’è chi usa dei semplici piombi a pera. Io abito e pesco in una zona in cui l’assortimento nei negozi non è straordinario e si fa fatica a trovare molte cose, tra cui anche un buon assortimento di piombi guardiani di varie pezzature. Ora vorrei sapere dai vostri esperti quale soluzione è realmente la più idonea. Non posso pensare che un piombo possa fare la differenza in termini di catture. Però, sai com’è.. meglio chiedere. Gianluca

Il piombo fa la differenza eccome! Non la fa direttamente sui pesci ma sulla linearità del complesso pescante. Un piombo a sfera, ad esempio, battendo spesso sul fondo vi rotola e, se non si montano due girelle, una in testa al piombo ed una sul filo, in prossimità del punto di aggancio sull’asola del multifibra ti ritroverai delle tensioni che comprometteranno la linearità di tutto il complesso pescante. Anche tutte le altre versioni tecnologiche, come quella con zavorre componibili, sebbene interessanti per la loro genialità costruttiva, sono a mio avviso una complicazione di un affare semplice. Anche i piombi con aletta in movimento oscillano, fanno più attrito, si alzano dal fondo, a discapito della semplicità e della fluidità, oltre ad emettere vibrazioni non sempre proficue. A pesca dobbiamo essere il più smart possibile; dobbiamo avvalerci di sistemi elementari. Da anni io uso solo i piombi a pera , forati lungo il loro asse. Se ne trovano in commercio ad un prezzo accettabile di tutte le grammature interessanti al nostro scopo, dai 200 ai 700 gr. Io gli applico in testa, con un pezzo di acciaio armonico o con del piano wire, ma anche con uno spezzone di monel, passanti, una girella che riesca a scaricare le possibili rotazioni. Se non trovi i piombi a pera potrai adoperare anche quelli ad oliva, a patto che vengano modificati con lo stesso sistema. E’ una ottima soluzione tecnica e anche economica.

Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL QUALE SAbIKI? Mi accorgo che non sempre i sabiki funzionano e che, fra le altre cose, durano anche pochissimo. Ma quel che più mi preme è come destreggiarmi per individuare il sabiki che funzioni. Il mio obbiettivo sono i sugheri e gli sgombri. Vedo che i modelli sono tanti, diversi per tipi di esche, ami e, soprattutto, prezzo. Inoltre vorrei sapere come regolarmi anche in funzione della profondità; perché non di rado i pesci esca, nelle mie zone, stazionano oltre i 30/40 metri Alfonso

Anche con i sabiki c’è di che perdere l’orizzonte. E, vista l’offerta e le differenze di prezzo, capisco che sia difficile scegliere. Comunque, per non sbagliare vai sul sicuro acquistando i marchi più

prestigiosi:

Hayabusa

e

Yamashita, Seika.

Le

configurazioni sono molte ma vanno bene quelle con colori bianchi e perline rosse, rosa, giallo e arancio con qualche filamento

olografico

silver

e oro: i classici skin fish con pelle di pesce e perline fluo sulla paletta dell’amo sono un cavallo di battaglia intramontabile. Attenzione a individuare, però, quelli che abbiano una certa robustezza; ti consiglio quelli con il trave del 30 o del 35, con braccioli del 2326-28 e amo 8-10, soprattutto se deve raggiungere fondali impegnativi fino ai 40-50 metri. Infatti, incredibilmente, i sabiki oltre a interessare le piccole prede qualche volta ingannano anche pesci più importanti e, se la fortuna ci aiuta, sarebbe un peccato sprecare l’occasione a causa di fili troppo sottili. Seguici perché abbiamo in programma proprio un approfondimento sull’argomento e parleremo di auto costruzione, per realizzare sabiki davvero catturanti e di qualità superiore ai commerciali

Michele Prezioso


SURFCASTING

Un trancio per l’inverno

Di Dario Limone

L

a pesca al pesce serra è diventata una vera e propria branca a sé del surfcasting. Questo predone, inizialmente insidiato quasi esclusivamente con il vivo, gradisce in egual misura, e a volte anche di più, i tranci di pesce. Vediamo insieme quali sono gli accorgimenti per

realizzare un trancio perfetto e come proporlo. REALIZZIAMO IL TERMINALE Molte sono le soluzioni che portano ad un buon terminale da serra. Tutte hanno in comune una grande affidabilità della montatura per garantire ferrate sicure

La realizzazione del terminale per il pesce serra, deve necessariamente prevedere una parte formata da nylon/fluorocarbon e l’altra da cavetto d’acciaio. La lunghezza totale del bracciolo è circa 1,20 mt/1,50 mt, di cui 40 cm sono di cavetto d’acciaio. La variabilità della lunghezza è legata alla presenza di correnti, al moto ondoso e alla


profondità del mare, tutte condizioni che possono far ingarbugliare il terminale. Con mare mosso/ poco mosso, profondità medio-bassa e corrente sostenuta useremo ovviamente un lenza più corta. Il diametro della parte in nylon deve oscillare tra lo 0,35mm e lo 0,50mm. Il cavetto d’acciaio dovrà avere un carico di rottura di circa 30 lb. Anche se gli esemplari più grossi, non di rado riescono a tranciarlo ugualmente. Il nodo migliore per legare nylon e cavetto è l’Albright special, molto usato dai surfisti per unire lenza madre e shock leader. Gli ami saranno beack, con l’occhiello storto. L’amo scorrevole sul cavetto, è trattenuto in sede da un elastico, fissato con nodo uni. L’amo all’estremità, se è un modello ad artiglio d’acquila verrà bloccato in modo da non basculare, generalmente si usa un rivetto; se è un circle invece, dovremo alloggiarlo in una comoda asola, per farlo ruotare e quindi assolvere al suo compito di ferrare il labbro del pesce. CARRIER Questa parola tradotta significa “ trasportatore “, al quale si aggiungono gli ami. Il carrier è uno spezzone di acciaio, sagomato per ospitare ami e girelle. Ci da l’opportunità di usare 1 o 2 ami, senza dover rifare il terminale. Generalmente dopo l’attacco del serra il cavetto si deforma e dobbiamo usarne un altro; tutto questo col carrier non avviene. Il carrier non è deformabile dai denti del pesce, possiamo sostituirlo rapidamente con tranci già pre-montati e variare il numero di ami su di esso, senza problemi. Tutto questo, si traduce in Un terminale per serra da “due cifre”, con ami

un risparmio di tempo e di

montati su un carrier in acciaio aisi

costi, oltre ad essere più sicuri di salpare il pesce.

Un

flotter

dimensionato

opportunamente garantirà

mobilità al boccone

REALIZZAZIONE DEL TRANCIO Il trancio, per disperdere meglio il suo aroma, viene montato con la polpa all’esterno.

Il

più

delle

volte,

per

evitare, che si adagi sul fondo, venendo divorato dalle pulci di mare, viene flotterato; in tal caso si usano piccole bacchette di polistirolo, ricavate

dai

contenitori dell’esca, che disporremo all’interno del salsicciotto. Se la polpa è molto abbondante e non ci consente un arrotolamento ottimale del trancio, possiamo eliminare l’eccesso con le forbici, in tal modo miglioriamo la presentazione dell’esca. Tutto il complesso è contenuto con dei giri di filo elastico.

grande


SURFCASTING

DOVE LANCIARE

Crepuscolo in una mite serata invernale con buona onda di scaduta: il momento dei serra.. sul trancio!

I momenti migliori per pescare sono sulla variabilità di luce, alba e tramonto, ma anche la notte “porta consiglio”. In una condizione di alta visibilità, conviene indirizzare ii lanci, dove pascola il pesce foraggio, come cefali, aguglie, sauri, etc. ; di notte invece, meglio sulla corta distanza a ridosso del gradino di risacca. La foce, hot spot per eccellenza per i serra, ci offre ottime opportunità, soprattutto durante il variare della marea, grazie ad una presenza quasi certa di questi predatori. COME LIMITARE LE ABBOCCATE A VUOTO La punta degli ami deve essere molto acuminata e deve uscire bene al di fuori del trancio. La consistenza del trancio non deve essere durissima, ma avere quella morbidezza giusta, che risulterà fondamentale quando il serra affonderà i denti. Frizioni ben serrate, IL cefalo è il pesce d’elezione per la realizzazione del trancio; ma possono

e fili non eccessivamente sottili in bobina, aiuteranno la penetrazione degli ami stessi.

andare bene lo sgombro e addirittura la spigola

L’autore con questo video tutor ci illustra la tecnica di realizzazione del trancio



NAUTICA

SLOW TROLLING

di Umberto Simonelli

L

a velocità, in tutti i tipi di traina, è un aspetto fondamentale, ma, nella traina con le esche vive, la sua importanza è vitale. Potremmo dire che è la lentezza la vera anima della tecnica. Non è sempre facile gestire correttamente la velocità minima di una imbarcazione, perché

per fare questo la motorizzazione deve avere caratteristiche specifiche adatte allo scopo. Tratteremo in questo articolo la soluzione che prevede l’installazione di un motore ausiliario esaminando tutte le situazioni da tenere in considerazione per effettuare scelte corrette. AndAre piAno Andare piano controllando a pieno la barca non è un fatto da poco,perché controllare il moto di uno scafo a bassa velocità è complesso. Salvo il sistema delle trolling valve, che si applica solo alle barche con propulsione in linea d’asse e che controlla realmente L’uso di secchi e ancore galleggianti di fatto è come tirare il freno a mano; si rallenta ma si manovra con difficoltà ed in caso di corrente l’effetto è controproducente

la spinta, le imbarcazioni fuoribordo o entro-fuoribordo, muovendosi con il solo motore principale, debbono essere rallentate o, forse, è più corretto dire “frenate”. Da qui l’uso delle ancore galleggianti, dei secchi filati fuoribordo, dei deviatori di flusso tipo trolling plate o della pratica di inserire o disinserire l’invertitore. Controllare la velocità non significa però solo ridurla con rimedi che possono essere più o meno funzionali: significa riuscire a conservare il pieno controllo non solo della direzione, ma poter


contrastare il mare, accelerare e anche frenare, con una rapida inversione del senso di rotazione dell’elica. Se nei tratti di mare in cui si pesca le passate necessarie sono fatte di rotte dritte poco articolate, pescare rallentati da un’ancora galleggiante può andare bene, ma se si tratta di seguire andamenti del fondo arzigogolati diventa difficile e, in alcuni casi, se l’obbiettivo è di tenere le esche sul fondo, succede che ci possono stare troppo o troppo poco. Ma trainare col vivo prevede anche variazioni controllate della velocità che si riflettono sul nuoto dell’esca. LA SoLUzione La soluzione ideale per far fronte alla necessità trolling plate, easy trolling, sono nominativi diversi per indicare la soluzione made in u.s.a. per ridurre la velocità, con i fuoribordo o entro fuori. La piastra blocca in parte il flusso propulsivo con la conseguente riduzione della spinta e quindi della velocità

di un controllo totale della navigazione in pesca è l’uso di un fuoribordo ausiliario. Certo è che ci devono essere le condizioni per poterlo fare, ovvero gli spazi per fare un montaggio adeguato. Ma ci devono essere anche le dimensioni della barca soddisfacenti perché l’applicazione del

piccolo fuoribordo non comprometta l’assetto statico dello scafo provocando evidenti sbandamenti. Nè vale la pena, come spesso si vede, imbarcare microscopici ausiliari da una manciata di cavalli che in marcia spesso non hanno l’elica perfettamente immersa e con poco mare avverso si fermano. Ad ogni barca va applicato l’ausiliario che serve e, se si è arrivati alla decisione di realizzare questa installazione, allora il “vorrei ma non posso” è inutile, perché si soddisfa solo la formalità di possedere un secondo motore, ma non la pratica d’uso. Ricordiamo che l’ausiliario deve essere un motore in grado di far navigare la vostra barca anche in emergenza e non solo ad un nodo col mare calmo.

con l’ausiliario il controllo dello scafo è totale, situazione indispensabile ideale per pescare con il vivo

LA SceLtA Ovviamente, i nostri consigli sono il frutto dell’esperienza che non di rado è fatta anche di scelte sbagliate, oltre che di punti di vista personali. Pertanto sono le soluzioni più appropriate e quelle che tecnicamente garantiscono una resa soddisfacente. Quindi, cominceremo col dire che la scelta consigliata è quella nel montaggio dell’ausiliario è importante una istallazione robusta e sicura in grado di sostenere le sollecitazione della navigazione e che consenta un pescaggio costante dell’elica in acqua


di un quattro tempi. Il motivo è semplice ed è data dalla massima

NAUTICA

affidabilità che i four stroke offrono rispetto ai due tempi che ancora si trovano in giro. Con piccole cilindrate ed ore al minimo o poco più veloce, l’imbrattamento delle candele con la miscela è un fatto molto comune. I 4T sono in grado di andare al minimo per ore senza lamentarsi. Per quanto riguarda le potenze, il consiglio è quello di non scendere mai sotto i 6 cv, potenza che ben si adatta ad una imbarcazione leggera di 5 mt e che è in grado, con l’elica appropriata, di raggiungere anche i 5 nodi. Salendo con le misure dello scafo le potenze disponibili sul mercato soddisfano tutte le esigenze, perché avremo 8, 9,9, 15, 20 Cv, piccoli fuoribordo capaci di spingere barche dai 6 ai 10 mt, con la garanzia di raggiungere velocità

valide anche per la traina di superficie oltre che per

tornarsene a casa anche con un po’ di mare. non SoLo potenzA

esistono motori appositamente studiati per avere una spinta maggiorata; sono la scelta ideale per la pesca

Oltre alla potenza adeguata, dovremo curarci di applicare all’ausiliario un’elica specifica per il lavoro, ovvero un’elica con un passo minore e il diametro più grande: questo per aumentare la spinta e consentire al motore di prendere tutti i giri, oltre che lavorare, per fare un esempio molto semplicistico, con le marce basse. Questa elica a parità di giri muove molta più acqua, il che significa che il motore soffre meno l’onda, il vento o la corrente contraria, limitando le oscillazioni di velocità anche con basso regime di rotazione, cosa determinante in traina. Esistono anche dei motori High Thrust, specifici per la pesca ed il lavoro, motori da spinta capaci di poca velocità e tanta coppia, grazie ad un rapporto dell’invertitore (gli ingranaggi del piede) che permette di usare eliche di grande diametro e pale a foglia larga. Un’altra attenzione è quella di verificare che in navigazione, anche con il beccheggio del mare di prua, l’elica risulti ben immersa. Quindi, in fase di installazione è bene misurare la distanza tra punto di montaggio e linea di galleggiamento; la lunghezza del gambo, sia nella versione L o XL, varia a seconda dei costruttori e va controllata. come ti comAndo La soluzione ideale di controllo dell’ausiliario è quella di riportare i comandi in console e accoppiarlo con il motore principale

Sebbene le modalità di installazione e le soluzioni di controllo del gas e del timone con l’ausiliario meritino un trattamento più ampio e approfondito, è bene anticipare che anche le modalità di comando determinano la funzionalità in pesca. Diciamo che

quando si usa un ausiliario il controllo di direzione non avviene in modo efficace muovendo il timone, il fuoribordo o il gruppo poppiero e che quindi è necessario virare sfruttando il motore in modo classico. Quindi è bene studiare l’applicazione di una scatola dei telecomandi e un accoppiamento sul timone prossima alla postazione di pesca o previsto un metodo di comando, anche con una prolunga a barra, a patto che il controllo del propulsore sia il più comodo possibile.


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TRAINA

DENTICI: MODALITÀ INVERNALE

C

Di Michele Prezioso on l’inverno anche il mare cambia e cambiano le abitudini dei pesci. Muteranno così anche le nostre tecniche di ricerca delle prede e del dentice in particolare, che è un pesce insidiabile con successo anche con il freddo.

Il grande sparide nella stagione invernale cambia le sue abitudini, soprattutto in funzione del raffreddamento degli strati più superficiali del mare ed anche delle prede di cui si nutre. Quindi per garantirci delle buone possibilità di incontro dovremo attivare la “modalità invernale”. A fonDo I pesci, per loro natura, tendono a preferire acque a temperatura costante e il rimescolamento superficiale, generato dai venti e dalle correnti, ha fatto freddare gli strati più alti. Questo fa si che anche i dentici vadano a cercarsi acque con temperature più costanti. Perché in alcuni casi le profondità risultano più calde della superficie. Ecco quindi che dovremo portare le nostre esche a sondare profondità elevate, inusuali per la pratica dei mesi più temperati. Sarà necessario quindi “giocarsela fine” per andare a esplorare profondità importanti.

non è raro che la profondità ci regali pesci di taglia. Situazione da non sottovalutare e che ci deve trovare preparati perché un pescione può avere reazioni serie, complicate da gestire a 80 metri


Infatti la ricerca invernale si effettuerà anche a 70, 80 metri, e sarà impegnativo controllare le esche a queste quote. Tutto si giocherà cercando il minore attrito possibile all’affondamento usando multi super sottili; consigliamo quindi di non superare le 40 lb, ma anche le 30 potrebbero essere una scelta condivisibile. Perché meno piombo utilizzeremo e maggiore sarà la sensibilità del sistema pescante. Anche la canna dovrà essere in grado di gestire una situazione così estrema, con piombi anche di 500 gr; quindi sarà necessario avvalersi di attrezzi capaci di leggere le tocche e sostenere la zavorra. TerMinAli Nulla di particolarmente differente rispetto alle azioni “al caldo” salvo il fatto che potremmo contenere le lunghezze, in una misura compresa tra i 5 e i 12 metri al massimo. Sia la corrente che la conformazione del fondo imporranno la scelta. Se il fondale è uniforme, con poca corrente, otterremo dell’esca

un

buon

controllo

anche

con

lunghezze

Attrezziamoci bene. Pescare fondi non è poi semplicissimo e l’attrezzatura è fondamentale, perché ogni azione avviene sul fondo con ritardo e c’è molto filo in acqua

maggiori, mentre in presenza di fondo movimentato e corrente stare corti è meglio. L’importante è che l’esca sia sempre radente il fondo. Lavorando fondi, la quantità di multi fibra in acqua sarà tantissima e l’esca si allontanerà naturalmente dalla barca e questo farà si che, grazie anche alla profondità, il disturbo della nostra presenza sia inavvertibile. Inutili quindi i terminali lunghi. eSChe e veloCiTà

il calamaro è il re dell’inverno e sopporta al meglio le grandi profondità

Per la nostra esperienza, i cefalopodi sono le esche migliori. Riscuotono successo per l’elevato valore nutritivo che hanno e ben si adattano alle profondità, anche morti. Quindi calamari e seppie saranno i nostri inganni ufficiali per l’inverno. Ovviamente trainati

lentissimi, perché la velocità non va d’accordo con l profondità e con i ritmi rallentati del freddo. orAri invernAli Sebbene su batimetriche rilevanti i giochi siano un po’ diversi da solito, l’esperienza ci ha insegnato in inverno che le prime ore del mattino sono le più proficue. Anche perché in questi momenti i pesci disturbatori sono meno attivi e meglio potremo gestire le esche che, spesso , sono veramente contate. Il movimento del mattino dal cambio di luce fino alle 10, ci hanno regalato il più delle volte degli strike da ricordare. Un po’ di sacrificio che viene ripagato dalla possibilità

Anche la seppia è un’esca che non teme confronti ed anche morta è un’assoluta garanzia


TRAINA

di rientrare presto o di

divertirsi

ancora

dedicandosi a tecniche diverse. luCe lunAre In

inverno

periodo

è

il

foto

minore

e

questo rallenta l’attività dei pesci , perché la luce il mattino ha sempre l’oro in bocca, come recita il proverbio; ma l’invernoun po’ di più

è calore anche ad alte profondità. Ma è anche opportunità di caccia. E

anche la luce lunare in qualche modo ha i suoi effetti, maggiormente in inverno in cui le giornate sono brevi. Ecco che man mano che la luna cresce l’attività diurna si protrae nella giornata e qualche strike arriva anche più tardi. Mentre in quei periodi dove non c’è luna, la pesca invernale è più difficile e i pesci bisogna sudarseli e insistere. Ma la luna gioca un ruolo non solo per la sua luce ma anche per le maree.

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VERTICAL

LEGAME DI.. FERRO

Di Domenico Craveli

i

l Vj è una disciplina che ha stravolto il nostro modo di intendere la pesca dalla barca. Una pesca estrema, che ci ha permesso di vedere con occhi diversi i nostri predatori e le loro abitudini, che con l’alternarsi

di azioni e reazioni specifiche, ha reso possibile il magnificarsi di strike poderosi, improvvisi, addirittura brutali. Per arrivare a questo, oltre la sorte e la casualità, è necessario animare le esche in modo corretto, scegliendo canne che siano in grado di muovere correttamente precise forme di artificiali. C’è un legame tra canna e jig.. Un legame di “ferro”! Chi ha maturato tanta esperienza, con tante ore di jerkate alle spalle, che pesano sia sulla mente che sulle braccia, in cuor suo sa che servirebbe una canna per ogni tipo di pescatore, una canna per ogni tipo di jig ed anche una canna per ogni tipo di pesce. Se questo nella pesca quotidiana non è proponibile, c’è da dire anche che fare abbinamenti a casaccio, può portare a cocenti delusioni. Perché se è vero che ci sono situazioni in cui i pesci attaccano qualunque cosa si muova anche senza una ( apparente ) logica, è anche vero che nella maggior parte dei casi, un jig che viene recuperato con una azione non idonea alla sua forma, verrà ignorato inesorabilmente. Molte volte ci è capitato, con più pescatori in barca, nella medesima condizione di pesca, con esche uguali e con canne differenti, di registrare risultati

la Yamashita Steady e il blue Flame. un abbinamento ottimo, considerando l’azione della canna e la tipologia di jig


molto diversi in termini di attacchi. QuanDo la Canna Da bolentino.. Quando iniziammo a pescare a vertical, ci siamo arrangiati con attrezzature di fortuna. E proprio durante i primi goffi tentativi, notammo che la maggior parte degli attacchi avveniva quando a muovere l’artificiale erano canne potenti, ma con una molle cima in vetro pieno. La differenza in termini di efficacia, rispetto ad altro tipo di attrezzi come canne da traina leggere o l’azione ripartita della lamiglass tP30. una delle

similari, era abissale. Pescavamo con short jig da short

migliori canne da Vertical

jerk, micidiali per dentici e cernie. Forti di queste analisi, per trovare qualcosa dovremmo

cercare sul mercato internazionale, perché all’epoca in Italia le canne specifiche erano sconosciute e introvabili, trovando poi la quadra con le Tropic Pro della Lamiglass. Canne americane, dall’azione ripartita, che davano ai jig corti, un nuoto testa-coda sulla verticale molto incisivo. Parte del successo della tecnica nacque proprio da questa logica di abbinamento. le tenDenze Cambiano Nel il

giro

di

mercato

poco,

è

stato

letteralmente invaso di decine di altri modelli di artificiali. E quindi, oltre a pescare con gli short jig ai quali eravamo tanto affezionati, iniziammo ad usare anche esche più lunghe

e

spiattellanti.

La situazione si complicò subito. Perché le canne un assortimento di attrezzature di primo livello. tutto made in Japan

che fin a quel momento ci

avevano

regalato

tanta efficacia in azione , sembravano perdere colpi con le nuove forme di ferro. Ed allora spazio alle canne made in japan, caratterizzate da un’azione molto più più parabolica. Questo cambio di attrezzature impose anche una variazione del ritmo di jerking al quale eravamo abituati. Meno rapido e corto, ma più ampio e cadenzato. I pescatori, che sono riusciti ad interpretare al meglio il rapporto tra canna ed esca, hanno iniziato ad avere risultati straordinari su ogni tipo di preda, ratificando le regole del vertical jigging in mediterraneo. Un banco di prova durissimo per la tecnica, che dopo un esordio bomba, ha iniziato a dare cocenti delusioni agli interpreti meno attenti.


VERTICAL

SinteSi Di un PenSiero Il vertical jigging raggiunge il suo massimo livello di efficacia quando la convinzione del pescatore e la sua concentrazione è al top. Questo permetterà di avere un feeling importante, con canna, mulinello ed esca, come se l’attrezzatura diventa il prolungamento naturale del nostro braccio. Sintonia e coordinamento ai massimi livelli.. insomma. Questo renderà possibile il concretizzarsi di un’azione incisiva, continuativa e quindi perpetrata senza pigrizia e con dinamica determinazione. Questo in pesca fa la differenza. Poi, il pesce di turno può aggredire qualunque cosa, di qualunque colore ed in qualunque momento. Solitamente, un bravo verticalista non porta con sé jig bag stracolme, ma pochi modelli diversi per caratteristiche in grado di coprire un discreto numero di esigenze e una coppia di canne.. le sue canne, compagne di avventura

una cernia alessandrina è caduta vittima di uno short jig da short jerk



PESCA DA TERRA

ROCK.. Night and day

C

Di Domenico Craveli

on l’avanzare della stagione invernale, specialmente con moto ondoso di bassa entità, gli arenili tendono a divenire sterili, ed allora dove concentrare i nostri sforzi? Sicuramente, i fondali a carattere roccioso, permettono l’incontro con pesci importanti anche in condizioni

non proprio ideali. Ma attenzione, questi settori sono un banco di prova durissimo per terminali ed attrezzature, e le cose cambiano tra il giorno e la notte. La scogliera ha un fascino tutto suo. O la si ama, o la si odia. Non ci sono vie di mezzo. Gli ostacoli sul fondo, gli anfratti che celano le tane delle nostre prede, possono diventare per il pescatore limiti insormontabili.

Nulla

a

che

vedere con le pescate in spiaggia. In quel mondo così articolato, ogni elemento del fondo sembra stare lì per intromettersi tra noi e la cattura. Di giorno come di notte. Ma le potenzialità di un

Il gambero è tra le migliori esche da usare in scogliera. Se c’è un po’ di onda, anche di giorno, si possono fare bellissimi carnieri di saraghi


ecosistema senza stagione, sono infinite. Pesci pregiati di ogni genere, e anche di mole, possono capitare sui nostri ami in ogni condizione. L’attività trofica non è legata solo al moto ondoso, per via della grande presenza di nutrienti esposti tra i sassi, quindi, non resta altro che provarci. ATTREzzATuRE

una spartana ma robusta canna telescopica, anche vintage, è quanto di meglio si possa usare. nella foto una canna che ha fatto storia. La MB2 SCS Bad Bass

La scogliera è un luogo dove i fronzoli e gli estetismi, lasciano spazio all’essenzialità e alla robustezza vera. Canne e mulinelli sono sottoposti a stress gravosi. Non soltanto nel recupero delle prede che spesso avviene di forza, ma soprattutto nel risolvere incagli, oppure nel lanciare esche pesanti e zavorre importanti. Le canne saranno delle potenti telescopiche o delle 2/3 pezzi, con potenza di almeno 150gr, lunghe 3.9 metri o massimo 4.30. Mulinelli taglia 10000 o equivalenti, con un rapporto di recupero non eccessivamente veloce, ma in grado di sollevare con facilità preda, zavorra e, magari, anche qualche ciuffo di alghe. In bobina avremo uno 0.40 diretto, dicroico. GIoRnATE DA SPARIDI Il pesce diurno per eccellenza dalla scogliera, specie in condizioni di mare calmo o poco mosso, è l’orata. Lo sparide ama frequentare questi spot in estate come in inverno, in primavera come in orata e rocce.. un connubio senza stagione. Catturare questo sparide in un ambiente così ostico è molto qualificante per il pescatore


PESCA DA TERRA

autunno. La si insidia con esche consistenti, come la striscia di cefalopode, o il tentacolo del polpo, che tra le rocce è un’esca micidiale. Anche il granchio nero va bene, a patto di innescarlo morto per evitare che si infili sotto qualche anfratto portando l’amo ad impigliarsi. Terminali dello 0.30 e ami del 2, il riferimento su cui orientarsi. Se invece il mare respira, le ampie schiumate mettono in moto i saraghi più belli. Terminali a due ami a bandiera, piombo a perdere, e bocconi come i cappelloti e il gambero, sono quanto di meglio si possa proporre.

Il buio porta in attività i saraghi più grossi

TEnEBRE Con l’avanzare del buio, la scogliera diventa territorio di caccia per i serpentoni nostrani. Gronghi e murene diventano i predoni indiscussi di quei fondali e, quindi, bisogna scegliere se dedicarsi alla loro cattura, oppure tentare altro. Di solito, quando in giro ci sono queste bestiacce, il problema non è prendere loro, ma trovare esche che non siano gradite per sperare in altro. Sardina e cefalopodi, hanno un indice di gradimento altissimo, quindi, se magari vogliamo i saraghi, meglio optare per il solo gambero. Una striscia di seppia o di calamaro, difficilmente passerebbe inosservata ad un brutto tipo come un grongo o a una murena. Se invece vogliamo provare per la spigola, il discorso si complica, e magari, anziché un trancio di cefalo, o di sardina, che durerebbe pochissimo in acqua, meglio optare per un cannolicchio, uno scampo intero o una canocchia. Il vivo potrebbe essere una valida alternativa, ma i pescetti tendono ad adagiarsi sul fondo, rendendo complicata la cosa. Diverso invece se la zona è a carattere misto. Le aree di sabbia permettono qualche licenza in più, ma serve una millimetrica conoscenza dello spot.



SURFCASTING

Travi all’altezza Di Dario Limone

N

el surf moderno è indispensabile avere montature che si adattiano velocemente alle mutevoli condizioni meteomarine. Spesso in pochi minuti è necessario modificare l’assetto di pesca perché diversamente si rischia di essere inefficaci. Ecco che quindi è necessario non solo

possedere travi, e mini-travi ben assortiti, ma è fondamentale conoscerne il campo di applicazione. DeFINIzIoNe DI TRAVe Il trave è il supporto, in nylon/fluorocarbon/trecciato, a cui aggiungere gli snodi. La sua lunghezza varia da 1,20mt a 2,50mt. Questa variabile dimensionale è legata al numero di snodi e dalla lunghezza dei braccioli. Per una pesca di ricerca di pesce a mezz’acqua o in superficie, si usa un trave lungo. Per insidiare pesci grufolatori un trave medio, orientativamente dai 150 ai 180cm, mentre per la pesca nella turbolenza, un trave corto con braccioli altrettanto ridotti. QUANDo IL TRAVe e’ MINI.. Il mini-trave è costituito da un’astina in acciaio inox

Gli snodi regolabili con gli stopper sono molto pratici e facili da usare. Permettono di realizzare un trave reversibile in pochi istanti


aisi 316, lunga dai 5cm ai 10cm, su cui è inserito lo snodo. Se ad esso abbiniamo braccioli lunghi, o extra lunghi, la sua efficacia è superiore a tutte le altre soluzioni, specie con mare calmo o poco mosso. Ha una buona stabilità in volo, durante il lancio, e una grande praticità di uso. Fossilizzarsi nel suo utilizzo, solo perché facile da armare, potrebbe però farci perdere opportunità importanti se lo stato del mare diventa più irrequieto. ATTACCo BASSo Allo snodo basso, applicato a 5/10 dal piombo, in genere si lega o uno short od un long arm. Lo short è a diretto contatto col fondo nella turbolenza, mentre il long arm è indicato nelle condizioni di mare calmo o poco mosso, dove

gradiamo

l’autoferrata pesce pesca

(come di

del nella attesa

all’orata) col terminale ben disteso sul substrato. Se però la corrente tende ad insabbiare il piombo, lo snodo basso si troverebbe a stretto contatto con la sabbia e smetterebbe di assolvere alle sue funzioni di scaricatore di torsioni, generando fastidiosi grovigli. In queste condizioni.. bisogna salire un po’ più su, con un attacco alto.

Nelle condizioni di bassa turbolenza, un attacco basso, abbinato a terminali lunghi, è la soluzione

ATTACCo ALTo

migliore per i grandi pesci

Nel surf, l’attacco alto è in pratica il famigerato short rovesciato. E’ il calamento principe nella turbolenza. Si usa tra lo scalino di risacca e la frangenza della prima onda. Il bracciolo che di solito si usa è pari a 80cm. E’ il terminale indiscusso per la ricerca della spigola. In caso di serra e trancio, il bracciolo potrà essere anche più lungo, considerando in ogni caso che l’esca andrà flotterata per staccarla dal fondo. L’USo DeI PICCoLI e GRANDI FLoTTeR Oserei dire flotter grande esca grande, ma non è sempre così. Useremo un flotter grande, anche quando vogliamo la sicurezza di sgallare l’esca per la pesca di superficie; in questo caso il terminale può essere lungo anche 2mt. Un flotter piccolo lo usiamo non tanto per alzare l’esca dal fondo, ma per dargli una movenza in più, intercettando anche il più debole filo di corrente. Il potere galleggiante va in parte a compensare il peso dell’amo e dell boccone stesso, rendendo il tutto più naturale. Per serra, spigole e saraghi nella turbolenza, l’attacco alto è da preferire alle altre soluzioni


VERTICAL

La ricerca della preda

Di Domenico Craveli

i

Il vertical è una tecnica dinamica, oltre le apparenze. La ricerca della preda è un’attività meticolosa da fare nelle zone in cui decideremo di pescare. Non limitandosi solo ai soliti spot conosciuti, ma scandagliando le varie batimetriche alla ricerca di pesci in stasi, molto

più sensibili al jig rispetto ai predatori in caccia. Affrontare una battuta di jigging, con un approccio tipico da traina con il vivo, ad esempio, è un errore da non fare.

le ricciole si “abituano” al jig molto velocemente. per ingannarle

è

necessario

non insistere a lungo sugli spot dove sono presenti e

non

sembrano

essere

interessate all’esca. Meglio puntare sul fattore sorpresa con cale veloci


Il successo a vertical passa per un’azione che è una vera e propria “caccia” al pesce, nulla a che fare con una tranquilla pescata. E’ necessario uscire in mare ragionando come un pinnuto, per vedere con occhi diversi il nostro mare di sempre. Questo è fondamentale per arrivare alla cattura con continuità; diversamente odieremo la disciplina nel giro di poche battute. I cappotti a VJ pesano e non sono da sottovalutare, perchè mettono a dura prova la nostra determinazione, ma se il vj ci ha stregato rinunciare non è possibile. L’attrazione che quelle pesanti esercitano, forse è più forte di quella verso le nostre prede. Cerchiamo

spesso i pesci sono lontano dagli scogli, ma nuotano su zone

quindi delle ipotesi obiettive, per stilare un

detritiche esterne. individuare questi settori può essere

quadro verosimile che rappresenti lo scenario in

altamente produttivo

cui i predatori possano trovarsi, nelle condizioni ideali per aggredire i nostri artificiali. A spot… sugli spot Appena

la

nostra

prua

sarà

fuori

dal

porto, inizieremo a stilare una sorta di “cronoprogramma” della battuta, determinando tempo e permanenza sui waypoint dove intendiamo pescare. A meno di conoscenze precise sulla presenza o meno di pesce, conviene valutare il più ampio spettro di punti possibili in un preciso tratto di mare. E’ fondamentale pescare a “spot”, ossia limitarsi a qualche calata in ogni punto, senza insistere. Magari su quello scoglio, su quella caduta, nei pressi di quella secca, si tornerà in seguito, dopo averla lasciata per qualche ora a riposo. La pescata deve puntare sul fattore sorpresa, sondando aree possibilmente diverse: e noi che pensavamo che a vertical jigging avremmo risparmiato sul carburante! Alcuni “guru” dello spinning

la ricerca dei corazzieri, specie nei nostri mari meridionali, è una forma di “caccia” al gigante, su fondali profondi

(azzardiamo

una

similitudine)

sostengono che a volte si pesca più con le gambe che con le braccia, ossia spostandosi continuamente: con le dovute proporzioni, a VJ dovemmo fare altrettanto. lA zonA nuovA Secche e scogliere sommerse “vergini” non ne esistono più e sperare nel miracolo di scoprire zone ampie e ricche di fauna “inedita” è da sognatori. Rimane però la possibilità di trovare pietre sparse, zone detritiche limitate, lontane dalle rotte che tutti conoscono, magari profonde, perché


invisibili anche a un occhio poco attento. Stabilire se un settore può essere prolifico o meno, o se lo sarà in futuro, non è semplice, e merita del tempo. Capire se un’area può essere fruttuosa in un periodo nero non è da tutti: bisogna dare fondo all’inventiva, cercando di informarci tra i pescatori professionisti, carpendo lamentele o apprezzamenti, oppure armandosi di sabiki e pezzettini di gambero per effettuare qualche cala “apripista”, indirizzata a rilevare attività di minutaglia. Tracine, sciarrani, mafroni, sono specie che, se presenti in buon numero, rappresentano indice di condizioni potenzialmente favorevoli. Sia chiaro, però, che non si tratta di cercare le famose “palle di pesce”, ma di capire se c’è movimento o meno in relazione alle condizioni meteo-ambientali del momento. Forse è un po’ laborioso, ma ne vale la pena. Un buon ecoscandaglio aiuta, ma spesso una prova pratica come quella descritta è più incisiva di quanto si creda. I dentici infatti, come le cernie bianche, si muovo e cacciano in queste aree, dove basta pochissimo per richiamare la presenza di pesci importanti.

nell’apparente “nulla” capita spesso di incontrare predoni in stasi.



SQUIDFISHING

Calamari.. iniziamo da zero

Di michele prezioso

L

a ricerca e la pesca dei calamari sono una attività tipica dei mesi freddi, durante i quali questi animali si spostano verso la costa e si prestano così ad essere insidiati con maggior facilità.

Un cefalopode misterioso, il calamaro, signore della notte la cui ricerca e cattura è comunque sempre complessa e piena di incertezze, dando così luogo quasi ad un mito ed alle sue leggende. E allora, soprattutto per chi è alle prime armi, vediamo insieme di fare il punto su questa pesca, partendo dalle basi NoN SEmprE FacILE La pesca dei calamari rimane sempre un’attività difficile ed incerta, perché la presenza del cefalopode è legata a molti fattori. prima di tutto a quella delle sue prede, i piccoli


pesci del sottoscosta, che sono il motivo che li induce a spingersi verso le batimetriche più basse. Poi Le correnti, le temperature dell’acqua e l’illuminazione lunare, sono altri elementi determinanti. I calamari, se le condizioni sono ideali, compiono spostamenti dalle profondità alle zone meno profonde, all’approssimarsi del buio, per poi seguire un percorso inverso appena la luce solare fa la sua comparsa. La combinazione di questi elementi molto spesso rende incerte le sorti delle nostre battute, alternando periodi di buone catture ad inspiegabili assenze o catture molto sporadiche. orGaNIzzIamo La battUtae, cela Se non si conosce il territorio possiamo dire che ogni fondale potrebbe riservarci buone sorprese, a patto che ci sia frequentato da pesciolini, E’ importante, nella pesca al

crostacei e invertebrati. Perché la dieta dei calamari è molto varia e sono

calamaro,

avvalersi sempre di

attratti da tutti i pesci che si muovono in branco, quindi dai sugheri alle

artificiali con i cestelli in ottimo

menole, dagli sparli alle donzelle, dalle boghe ai pagellini. E’ ovvio quindi

stato, per una perfetta tenuta, su

che se il fondale presenta una buona varietà di habitat sarà popolato di

carni molto delicate

prede e di conseguenza, sicuramente più frequentato dal nostro amico e soprattutto da gruppi più concentrati a ridosso delle mangianza. Saranno invece più radi quando i fondali saranno uniformi, privi di riferimento, in cui anche per questi animali la caccia è legata alla ricerca delle prede.

Le batimetriche andranno dai 50 ai 4-5 metri circa, a seconda della morfologia del fondo, della corrente della temperatura e della luce. Potremo concludere quindi che i calamari bisogna andare a cercarseli , sempre, anche quando battiamo zone in cui la probabilità è buona; loro nuotano veloci e quando sembra di aver capito come “gira” è proprio il momento che ogni certezza viene smentita. La rIcErca Se non partiamo con le idee già chiare, senza indicazioni sugli spot possibili su cui provare, dovremo effettuare una attività di ricerca, selezionando i fondali maggiormente fruttuosi. Ma sarà necessario anche avvalersi di calamenti il più adatti possibile per questa attività. La foto a corredo mostra un assetto buono per sondare tratti di mare che vanno dal basso fondo fino ai 70 metri. Lo potremo usare con profitto tanto di sera che di giorno. Ovvio che di giorno le profondità interessate saranno più elevate. I pesciolini che adoperiamo usualmente sono yo-zury, yamashita, seika, dtd ed altre ancora nelle livree naturali o di fantasia; Quando tecnica, artificiali e momento si sposano le catture sono assicurate


gli artificiali saranno quelli flottanti, senza bavetta e senza zavorra, salvo il più basso che avrà la

SQUIDFISHING

deriva di piombo. Useremo delle canne morbide, dalle 6 alle 12 lb, a seconda delle profondità e quindi di piombi adoperati, con multi dello 0.20 e mulo da 15lb o giù di li. Lo scopo è, al solito, cercare di fare fondo nel modo più leggero possibile. Sonderemo così il fondo ad una velocità mai superiore al nodo.

La traINa Quando la tipologia dei fondale e

soprattutto

calamari

la

lo

diffusione

consentono,

dei una

tecnica decisamente fruttuosa è la traina. Una traina semplice fatta in modo molto elementare con canne leggere; vanno bene quelle da spinning quaranta,

lunghe due metri e

morbide, armate

con

multi fibra, con un assetto come in figura. Se ne possono mettere in pesca anche due e se si utilizzano piombature di diversa grammatura, si possono sondare più fasce d’acqua, dai 5 ai 20 metri. Basterà mettere un piccolo star light sul cimino per accorgersi della presenza di un calamaro. Agli inizi pescheremo con un solo pesciolino, poi man mano che aumenterà la nostra esperienza, potremo realizzare anche montature multiple. Velocità consigliata intorno ai 2 nodi e mezzo. Le esche che usiamo con successo sono tutte quelle trolling della DTD, Maria, Rapala e Yo-zuri. IN vErtIcaLE Una terza soluzione ideale per pescare di giorno, ma anche di notte , quando i cefalopodi sono profondi, è il tataki. Tecnica molto in voga, che si avvale di pesciolini specifici montati a bandiera su un unico tratto di lenza. Anche qui la pratica conta molto e soprattutto la tecnica perché i calamari, come in tutte le tecniche verticali, vanno cercati con l’ausilio di uno scandaglio ben settato. Una volta trovati, non sarà difficile portarli a galla. Avremo bisogno di canne adeguate e montature specifiche per gli artificiali, che è possibile anche trovare in commercio, pronte all’uso.


GLI orarI E’ risaputo che i momenti magici sono i cambi di luce, quando il sole tinge di arancio il paesaggio e l’acqua vira dal blu scuro al viola e poi acquista i toni dorati del sole . Forse il tramonto offre più opportunità, rispetto all’alba perché quest’ultima si evolve in fretta ed i giochi finiscono rapidamente . Ma i calamari, quando ci sono , non disdegnano anche la notte e la loro attività può subire dopo il tramonto battute di arresto che intervallano quelli di frenesia. Ma il segreto più grande per pescare molti calamari è andare , provare e insistere.. solo così il risultato è garantito.

Il tataki è un’altra tecnica di pesca che si basa sulla ricerca

I momenti di cambiamento di luce sono magici , ma anche l’oscurità della notte riserva le sue sorprese


CONSIGLI DI PESCA Più morto che vivo

Di umberto Simonelli

L’inverno è una stagione complicata per la traina ai grandi predatori. Perché oltre alle difficoltà di reperire le esche si aggiunge l’instabilità meteorologica a renderci la vita più difficile. Per non parlare delle poche ore di luce e della necessità quindi di cogliere l’attimo.

Spesso il problema maggiore però è il reperimento delle esche che in alcune situazioni, ci toglie buona parte della giornata riducendo drasticamente le ore di pesca. Soprattutto se il target sono dentici e cernie possiamo ricorrere con successo alle esche naturali morte e addirittura conservate. Dubbi eD incertezze Sono in molti ad essere convinti che le esche morte non siano efficaci, e sicuramente siamo tutti d’accordo se pensiamo ai pesci morti che , malgrado ogni artifizio, difficilmente, salvo rarissime eccezioni, riescono a dare sufficienti garanzie. Ma se parliamo invece di cefalopodi, il discorso cambia e di molto. Proprio per le loro caratteristiche fisiche, seppie , calamari, polpi e totani ben si prestano ad essere innescati morti. E’ ovvio che il loro grado di conservazione deve essere più che accettabile e se riusciamo a reperire materiale di qualità, soprattutto se ricercheremo pesci demersali come dentici e cernie le potenzialità di cattura sono assolutamente alla pari.

un dentice in piena attività di caccia molto spesso non va per il sottile e se l’inganno è ben proposto il gioco è fatto


CONSIGLI DI PESCA Anzi, una seppia morta ben presentata, non reagendo alle aggressioni dei pesci, con le usuali manovre dissuasive (getto di inchiostro e atteggiamento di difesa) offre qualche chance in più.

Le cernie attaccano quasi per riflesso condizionato quando un flessuoso boccone gli passa davanti al muso e niente di meglio che un polpo o un bel calamaro per indurle in tentazione

AnAliSi DettAgliAtA Parlando di esche come i cefalopodi, dobbiamo dire che la situazione cambia a seconda di cosa si adopera. Una seppia può essere innescata al pari di una viva e presenterà in acqua il medesimo assetto flottante ed auto raddrizzante. Il calamaro sarà un po’ più problematico perché essendo privo dell’osso, al contrario della seppia, tende a deformarsi e quindi ad assumere forme che ne possono modificare l’assetto ed indurlo a ruotare. Oltretutto il suo assetto è negativo e quindi tende ad affondare, cosa che può generare incagli imprevisti. Il polpo, quando è morto ha il mantello floscio e il volume va ripristinato introducendovi qualcosa che gli ridia forma, senza variare di molto l’assetto. Il totano in genere naviga bene, perché, soprattutto se di piccole dimensioni, conserva meglio la regolarità delle sue forme.

la seppia è l’esca migliore in assoluto quando si deve usare il morto. Anche se non ha una livrea perfetta può mantenere intatto tutto il suo “appeal”

FAcciAmo l’ASSetto Come le auto da corsa, è bene anche con le nostre esche assicurarsi dell’assetto. Per la seppie , dicevamo in precedenza, non ci sono grandi precauzioni salvo scegliere quelle che non abbiano il corpo deformato e siano mal conservate. Se sono simmetriche e ben composte, mandiamole in pesca solo dopo aver controllato che trainate siano ben equilibrate. State tranquilli che se i pesci hanno voglia non la ignoreranno. Per rendere più compatto e verosimile l’innesco del calamaro è bene che l’amo pescante cucia insieme mantello e testa


CONSIGLI DI PESCA L’osso di seppia è un flotter naturale strepitoso

Il calamaro se è fresco di cattura può andare anche così com’è, se invece è di pescheria dovremmo usare qualche accorgimento. Meglio tagliare le alette anteriori, eviteremo che lo facciano ruotare. Poi lo spunteremo all’apice del mantello per eliminare possibili sacche d’aria che lo farebbero nuotare sbilanciato. In genere questo basta a farlo andare come un siluro evitando piombini stabilizzatori che non farebbero altro che accentuare la tendenza ad andare sul fondo in modo innaturale, se vogliamo ottimizzare al massimo potremo dargli un assetto flottante infilando sotto al mantello dei flotter, quelli che si usano nel surf, tagliati a misura. Ma andranno bene anche due striscioline di polistirolo. Se vorrete proprio esagerare e rimanere al massimo nel naturale, potrete adoperare due pezzi di osso di seppia. Si lavora facilmente e soprattutto non aggiunge all’esca odori innaturali. Questo lavoro conferirà al calamaro un effetto suspending molto accattivante. Il polpo non dovrà essere di grandi dimensioni e dovrà essere flotterato, sotto il mantello, introducendovi poco polistirolo o meglio ancora una pallina ricavata da dell’espanso a cellula chiusa, ma senza esagerare. l’inneSco L’innesco sarà classico, con montatura fissa o scorrevole a seconda delle abitudini e delle necessità; assolutamente uguale al vivo per la seppia, salvo che il ferrante potrà essere inserito al centro dei tentacoli e non nel sifone. Il calamaro invece andrà cucito, ovvero il ferrante dovrà entrare nel mantello e fatto uscire dalla testa. Questo aiuterà a compattare l’innesco; perché generalmente testa e corpo tendono ad allontanarsi tra loro, dopo un po’ di tempo dalla cattura. Il totano subirà lo stesso trattamento, mentre il polpo sarà innescato dall’apice del mantello e con il ferrante sui tentacoli, in prossimità del punto da dove questi si irradiano.

Anche un piccolo totano può dire la sua, se trainato attentamente facendo le passate giuste


CONSIGLI DI PESCA lA conServAzione Non è detto che le esche debbano essere per forza fresche di cattura, ma potranno essere anche conservate ed il metodo migliore è il congelamento. A patto che sia fatto con criterio. Ci vuole un

in commercio esistono calamari di provenienza orientale surgelati in modo perfetto: ecco come si presentano prima di essere decongelati

frigo in grado di far raggiungere rapidamente alle esche il punto di congelamento e che le possa mantenere sotto i -20. E’ bene conservarle dopo averle incartate con della pellicola e riposte nel modo più composto possibile per non deformarle, senza farle entrare in contatto diretto con punti ghiacciati, per evitare di rovinarle. Se le seppie o i calamari sono freschissimi, per non rovinarne il mantello, è bene oltre che incartarle con la pellicola riporle in una bustina di plastica con poca acqua di mare. Successivamente se saranno scongelate a temperatura ambiente senza fretta manterranno un ottimo aspetto. velocità Di trAinA Si è sempre detto che trainando il morto si debba aumentare la velocità per non far capire ai pesci che non si tratta di un’esca viva. Di fatto, l’uso ripetuto del morto ha sconfessato questa convinzione, ed anzi la traina lenta si è dimostrato un connubio vincente. A patto, ovviamente, che gli inneschi siano correttamente realizzati.


Copertina parlante Angler : Paolo Polimeni Preda : Seppia Periodo di pesca : Inverno Ora della cattura : 14.00 LocalitĂ : Costa Viola (RC) Tecnica: Eging Esca : Egi 3.5 Fondale : sabbia detritica a grana grossa con scogli sparsi

FOTO: Fotocamera : Nikon Esposizione : Manuale Tempo di scatto : 1/125 sec Diaframma : F/9 Modo di misurazione: Multi-zona - Matrix


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