Rivista giugno 2016 (2)

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2016

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

VERTICAL GLI ULTIMI DENTICI

DRIFTING L’ARTE DEL BRUMEGGIO

SURF FORK.. LA FORZA DOPPIA

TRAINA MEGLIO MORTO!

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VII - Numero 6



IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VI Numero 6 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

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Editoriale

di U. Simonelli

Global@mail

La posta dei lettori Lettere al direttore

La mia prima traina di D. Craveli

Gli ultimi dentici di D. Craveli

Fork.. forza doppia di D. Limone

L’arte del brumeggio di M. Prezioso

Meglio morto! di U. Simonelli

Rimini, questo sconosciuto di D. Craveli

Occhio agli zinchi di U. Simonelli

Photocontest



Editoriale

V

orrei aprire questo editoriale facendo quattro chiacchiere su un argomento molto attuale e a me molto caro. Mi riferisco alle gare di pesca, in particolare alle svariate competizioni di Big Game che si sono svolte e che si svolgeranno nei prossimi mesi, e a quelle di traina costiera di prossima edizione. Mi rifaccio esclusivamente a quelle prive di connotazione agonistica, quelle che hanno come spunto organizzativo solo la passione e la voglia di confrontarsi senza risvolti legati a classifiche nazionali e medaglie. Ritengo questi contest di una importanza straordinaria, degli eventi purtroppo trascurati e conosciuti solo dagli addetti ai lavori e che, invece, dovrebbero trovare riscontri e consensi con pari dignità di altre manifestazioni. La ritrovata presenza di tonni ha dato il via ad una vera e propria mania dilagante; il big game è ritornato forse ai livelli di una volta, richiamando vecchi e nuovi appassionati. Quindi, molte sono le manifestazioni dove tutti i pescatori hanno incrociato le canne per confrontare passione, bravura e tecnica. Svariati eventi si sono succeduti nel versante adriatico e in quello tirrenico, con affluenze veramente strabilianti. Ad Ostia poche settimane fa, in occasione del Big Red, si sono incontrati poco meno di 100 equipaggi, tra locali e provenienti da tutta Italia, alla ricerca dei tonni rossi da pescare con la tecnica del drifting, restituendoli al mare vivi dopo la cattura. Circa 500 persone hanno invaso il porto di Roma per ben tre giorni, con il relativo movimento economico: dal benzinaio al rivenditore di esche, ai ristoranti, fino alle strutture alberghiere, e via discorrendo. Prossimamente, anche Anzio sarà protagonista di un evento simile, con numeri altrettanto importanti. E poi, ancora, assisteremo a gare di traina all’isola del Giglio, poi all’Argentario e infine al Circeo. La riflessione che scaturisce è quella relativa all’indotto che questi eventi creano, al volano economico che si genera. Mi soffermo sul Ricciola Cup, evento storico del Giglio, di traina con le esche vive, che ogni anno “risveglia” per un lungo fine settimana la comunità gigliese oramai avviata verso il lungo letargo invernale, con un “fatturato” degno dei mesi estivi. Insomma, ecco ancora una volta un aspetto della pesca che coincide con il turismo e che è un momento economico importante. Se andiamo a fare i conti, considerando che l’organizzazione di questi eventi è affidata solo alla buona volontà di alcuni appassionati e ai modesti finanziamenti di pochi sponsors, ci rendiamo conto quanto potrebbero crescere e diventare importanti anche per le economie locali se potessero entrare a far parte a pieno diritto nell’economia del turismo. Oltretutto, le competizioni di questo genere, in particolare quelle no kill ma anche quelle dove è permesso il prelievo, potrebbero rappresentare un indicatore biologico di non poca rilevanza. Pensiamo, ad esempio, che in ogni gara di big game (ma il concetto è estendibile anche alle altre tecniche) ad ogni cattura corrisponde una coordinata geografica e la misurazione della preda che prelude il rilascio: un data base di straordinaria rilevanza per conoscere la presenza dei tonni in un certo tratto di mare, dati che oserei ritenere di primaria importanza per chi effettua studi nel settore. Ma vorrei far emergere anche un altro aspetto delle competizioni di questo tipo, organizzate per passione. Ed è quello educativo: non è una novità ed è un fatto sperimentato anche in altri paesi. La continuità di incontri, contest e garette da circolo, “le gare della salsiccia”, come amo definire questa tipologia di eventi, contribuiscono all’educazione dei pescatori. Educazione alle regole, al rilascio delle prede e alla buona conservazione dello stock ittico, senza il quale ogni pesca sarebbe impossibile. Incredibile, a pensarci bene, che tutto questo possa accadere andando a pesca.. e nessuno pare accorgersene. Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL PICCOLI PESCI ESCA Vi seguo con assiduità ogni mese, fin dal vs primo numero. Leggo soprattutto di traina con il vivo, e vorrei porre un quesito al vs Domenico Craveli. Sono incuriosito dal fatto che lui ritenga in molti casi, più proficuo utilizzare pesci esca che cefalopodi, mentre la maggior parte dei trainisti che conosco sostiene il contrario. Sarebbe per me interessante avere una risposta a questo quesito, poiché ho poca esperienza, e vorrei migliorare le mie performance di pesca soprattutto in questi periodi, dove catturo poco o quasi nulla, ma dove è anche vero che mi sto fossilizzando nell’usare seppie e calamari morti. Saluti. Domenico

Caro Domenico, non è che la pesca con i cefalopodi, anche morti, non vada più bene. Anzi, come potrai leggere in un articolo di questo numero, le esche morte hanno il loro perché. Però c’è da dire che la pesca con i pesci come esca, rappresenta la vera essenza della traina con il vivo. I vantaggi sono molteplici; prima di tutto è facili reperirli e ,soprattutto nei mesi caldi, rappresentano una soluzione vincente, specialmente con le ricciole, ma anche con i dentici e le cernie quando li troviamo su bassi fondali. Senza nulla togliere ai cefalopodi, ma poter pescare senza l’assillo che i pesci disturbatori, possano sciupare le esche, non ha eguali. Io pesco da tantissimo tempo con i “pescetti”, anche in inverno, e non rimpiango il “quasi abbandono” dell’uso dei calamari o delle seppie. Naturalmente, se si insidiano predoni di grande mole, serviranno pesci esca di dimensioni adeguate. Oltretutto, anche la pesca delle esche è divertente.. . Ti consiglio di provare e con un po’ di determinazione vedrai che i risultati non mancheranno.

Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL SOTTILE SOTTILISSIMO Devo equipaggiare la mia nuova canna da inchiku con un trecciato che mi permetta di stare in pesca correttamente e che non mi dia sorprese strane se incontro un bel pesce. Pesco prevalentemente sparidi, come prai e pagelli, ma spesso mi capita il dentice. Volevo sapere che tipo di trecciato potrei utilizzare e, se non oso troppo, vorrei anche un’indicazione su una marca di riferimento , in modo da avere un input preciso, evitando così di spendere soldi inutilmente. Grazie per la disponibilità e complimenti per la rivista. Cordialmente, Alberto

Alberto, il trecciato è l’elemento che più di tutti influenza il nuoto delle esche. Personalmente ho sempre utilizzato libraggi leggeri, 20, 25lbs al massimo, e devo dire che non ho quasi mai avuto la necessità di andare oltre, anche perché nel complesso pescante, l’elemento debole non è certo il multifibre. Riguardo alla marca, giusto per darti un riferimento, posso dirti quelli che uso io, ma solo per fornirti un’indicazione puramente orientativa. Sui miei mulinelli ho montato Sunline, Whiplash e Daiwa 8 capi, per non pensare che anni fa pescavo con lo Strenn, filo oramai introvabile. Con questi marchi non ho riscontrato alcun problema, anche con confronti importanti e davvero di rotture anomale non ne ho mai avute. Sicuramente il trecciato si rompe per abrasione e incagli vari, ma non dipende dal tipo. Ovviamente, se capita la cernia grande, o ti metti a pescare su un relitto, le cose cambiano e di parecchio, ma mi pare che non sia questo il tuo caso. Comunque posso rassicurarti che la qualità media dei prodotti in commercio è molto migliorata e sicuramente non avrai difficoltà a trovare ciò che soddisfi le tue esigenze. Ricorda sempre che un buon trecciato non può costare poco.

Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL NODO DA TONNO Sebbene abbia qualche pesce al mio attivo, non mi ritengo un esperto di drifting e molti sono i dubbi che ogni volta mi assalgono dopo qualche rottura o qualche slamata o semplicemente quando debbo risistemare l’attrezzatura. Oltretutto nella mia zona non siamo in molti a praticare questa tecnica e quindi gli scambi di esperienze sono pochi, spesso anche frenati dalla gelosia che troppo spesso caratterizza i pescatori. Il mio quesito principale era quello sui nodi. Soprattutto su quelli migliori per legare gli ami, in considerazione che io uso indistintamente jhook classici e circle con la girella. Attualmente uso il palomar o il classico uni. Mi date qualche consiglio in più? Gionni

Ciao Gionni Se sei proprio “legato” ai nodi, e non riesci a liberartene ti consiglio il nodo del tubetto, che tra le varie legature ritengo il più valido per questo uso. Però, per esperienza diretta, ho deciso di non usare più nodi per tutte quelle connessioni con fili tra lo 0,74 e d il 100. Sono anni che uso gli sleeves in alluminio, sia da 0,5 cm che da 1,2 cm. Per renderli meno visibili preferisco colorarli di nero con un pennarello indelebile a vernice; uso pinzare il rivetto una sola volta al centro per i fili piccoli e due per quelli più grandi. Un’attenzione per non correre il rischio di intaccare i fili di minor sezione. Mi raccomando di usare pinze di marca; purtroppo costano un po’, ma quelle buone durano per tutta la vita. Meglio non lasciarsi tentare da attrezzi a basso costo perché le cineserie possono lasciare brutti ricordi. Ti posso garantire che in tanti anni e tanti pesci non ho mai rotto una chiusura realizzata con questi manicotti in alluminio. Direi che questo tipo di chiusura rende anche i nodi migliori obsoleti. Prova e non te ne pentirai.

Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL ORATE DALLA BARCA Vorrei avere un consiglio da Michele Prezioso. Da qualche giorno in prossimità di una struttura portuale non ultimata, caratterizzata da un ampio bassofondo di sola sabbia e fango sono presenti molte orate anche di taglia. Molti le insidiano dalla scogliera e qualcuna viene fuori. Altri invece dalla barca. Ho intenzione, appena il tempo migliora di provare di nuovo e vorrei qualche dritta che possa fare la differenza. Io pesco ancorato e con un terminale con piombo scorrevole dello 0,16/ 0,18 ed uso l’americano o il coreano che comunque viene gradito. Il fatto che più spesso succede è che i pesci trascinano l’esca per un po’ e malgrado l’archetto aperto, non concludono l’abboccata. Sarà questione d’innesco, di amo, di piombo? Io cerco sempre di pescare fino e leggero. Mimmo

Caro Mimmo, la pesca dell’orata è piuttosto complessa e ultimamente questi pesci sembra siano sempre più difficili da insidiare. Per esperienza e prove fatte, posso dirti che oltre a montature leggere una parte importante la svolgono le canne. Cimini sottili e flessibili ti garantisco che fanno la differenza. Se i nostri attrezzi non leggono bene le tocche, spesso il pesce rifiuta l’esca perché il cimino, non essendo ultra morbido, trattiene, anche se impercettibilmente, il filo ed il pesce se ne accorge. Attualmente anche dalla barca ho rivoluzionato il mio modo di pescare e uso solo canne da feeder con azioni fino a 100 gr, con cime ultralight che leggono persino i granchi che mangiano l’arenicola. Poi prova a pescare anche con esche naturali, come il cannolicchio con il guscio, il granchio di sabbia vivo, o la chiocciola.. potrebbe cambiarti la pescata. Sono esche che l’orata trova in natura e proprio per questo potrebbe essere più confidente. Usa dei piombi a palla per la ricerca e a pera per fermare esca, ami leggeri e sottili per arenicola e ami beak per granchi e molluschi con guscio. Ti consiglio un terminale dai 2 ai tre metri e mezzo e diametri dal 17 al 28, a secondo delle prede.

Michele Prezioso


GLOBAL@MAIL ALLA RICERCA DEI TOTANI Un amico, tempo fa mi ha portato a pescare i totani giganti e mi sono divertito moltissimo. Catturare questi animali , quasi primordiali mi ha entusiasmato sul serio. Però eravamo in calabria e li le opportunità sono maggiori che dalle nostra parti. Io infatti vivo a latina e le possibilità per questa pesca sono poche. Quali sono le condizioni ideali per tentare i totani e dove posso provare? Moreno Ciao Moreno Ci prendi un po’ alla sprovvista; è difficile darti qualche dritta specifica, perché la pesca ai grandi totani di profondità è legata proprio ai fondali che devono essere veramente importanti. Nel sud del Lazio, per trovare i totani giganti devi spingerti su batimetriche impegnative; il che vuol dire arrivare anche oltre i 600 mt, condizioni abissali, che puoi trovare nelle acque prospicienti Ponza e Ventotene.

Il che

presuppone una navigazione impegnativa ed una imbarcazione adatta. Le zone vanno cercate ed in genere sono sovrapponibili a quelle dove si insidiano pesci di profondità come le cernie. I totani sono pelagici e si spostano in funzione del movimento delle loro prede. Ma non esiste solo la pesca ai totani giganti, ovvero quelli che raggiungono pesi anche a due cifre, perché in estate, di notte è possibile insidiare quelli, di minor dimensione, che si avvicinano su fondali meno impegnativi. Nelle calde notti estive, prive di luna, si possono pescare anche a profondità intorno ai 100 mt, con attrezzature leggere a mano. Bisogna intercettare il branco e farlo sollevare dal fondo, man mano che vengono catturati. E’ una pesca che nelle acque del litorale tra Anzio e Latina era molto praticata e lo credo sia tutt’ora. Si possono trovare esemplari dai 300 gr. al kg e più, ottimi da mangiare. Bisogna informarsi tra i pescatori al porto.

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL MA SERvE DAvvERO? Caro Dario Limone, sono un tuo conterraneo, anche se vivo a Roma. Ho avuto modo di apprezzare le tue realizzazioni, veri elementi di “gioielleria” da pesca. Mi chiedevo una cosa però, a proposito dei mini-travi con ammortizzatori. Quest’anno, pescando a spigole, mi sono ritrovato con qualche toccata a vuoto di troppo, e mi chiedevo se la cosa possa essere attribuita appunto alla soluzione con molla. Che fossero spigole ne sono certo, poiché la striscia di seppia la trovavo sempre intatta dopo la piegata, ed accartocciata sull’amo. Sai darmi qualche spiegazione (e magari qualche consiglio)? Grazie, Leo.

Caro Leo, La soluzione dell’ammortizzatore nasce per essere usata con fili sottili e ami piccoli e penetranti, perché è studiata per una pesca leggera. Lo scopo è quello di metterci al riparo se dovesse capitare un grande pesce in grado di mettere in pericolo l’integrità dei nodi. Quindi, nel tuo caso, probabilmente, non siamo nel campo di applicazione del mini-trave ammortizzato, ma non perché può causare ferrate a vuoto, ma perché stai già pescando “pesante”. Colgo però l’occasione , per dirti che forse le ferrate a vuoto con le spigole le hai perché, probabilmente, stai usando un amo inadatto ed il fatto di trovare l’esca accartocciata ne è lo conferma. Oramai si tende ad utilizzare quasi esclusivamente ami a becco d’aquila in ogni occasione, quando invece, per l’apparato boccale della spigola serve l’intramontabile aberdeen, amo che è caduto nel dimenticatoio, ma che per il serranide, invece, è davvero micidiale.

Dario Limone


GLOBAL@MAIL ERA MEgLIO LO SCORREvOLE Gentili amici di Globalfishing, pesco da tantissimi anni dalla spiaggia e dalla costa rocciosa, forse non faccio il vero surf, ma le mie soddisfazioni me le sono sempre tolte con terminali rudimentali ma, a mio vedere, efficaci. Ossia.. piombo passante sullo shock leader, salva nodo, girella.. e bracciolo. In sostanza per mormore e orate, per me, non vi era di meglio. Poi, trascinato da amici, sono passato agli snodi, ai mini-travi, ai piombi fissi, e qui mi sono perso, perché non riesco ad essere incisivo come prima. Tornare indietro la vedrei come una sconfitta personale, e il fatto che tutti i surf-caster usano invece queste soluzioni, mi fa capire che non possono non funzionare, e quindi, sono sicuramente io a sbagliare qualcosa. O forse no? So che è una domanda strana, ma mi piacerebbe un vostro parere. Mauro

Mauro carissimo, effettivamente la tua domanda è complessa, e meriterebbe non solo una semplice risposta, ma una dissertazione che potrebbe portarci via molto tempo. La soluzione a piombo passante, è la più efficace in assoluto, specie su spiagge mediamente profonde, soprattutto se non ci sono esigenze di fare grandi distanze di lancio. Di contro però soffre i grovigli, è una soluzione mono-amo e, soprattutto, specie se entra sabbia nel foro della zavorra, non solo smette di essere “scorrevole”, ma può danneggiare il nylon portandolo alla rottura sotto la sollecitazione (magari) di una bella orata attaccata all’amo. Nella pesca non esiste la soluzione assoluta, ogni cosa è una sorta di compromesso tra vantaggi e svantaggi. I travi moderni sono funzionali; forse sbagli qualcosa nella geometria di costruzione, come il dimensionamento delle girelle, le misure o i diametri. Ti posso assicurare che i calamenti di ultima generazione e i relativi assetti di pesca sono molto efficaci, a volte addirittura risolutivi. Approfondiremo presto l’argomento, e continua a seguirci su Globalfishing.

Dario Limone


GLOBAL@MAIL ESChE DA LECCIA Un saluto a tutti i collaboratori di GlobalFishing ed un ringraziamento per tutti gli articoli interessanti ed i preziosi consigli che ogni mese ci dispensate. Vorrei sfruttare la vostra disponibilità per chiedere un consiglio. A breve dalle mie parti arriveranno le lecce amia. Ne arriveranno anche di molto grosse ed è l’unica opportunità per pescare con le esche vive. La mia domanda è sulle esche. Qual è l’esca migliore in assoluto per questo pesce? Quella alla quale non resiste e che mi riesca a far fare finalmente il big fish? Andrea

Ciao Andrea. Le lecce amia sono use fare le loro incursioni in prossimità delle strutture portuali e degli estuari dei fiumi. Le loro prede abituali sono quindi quelle specie che frequentano lo stesso habitat. Parliamo quindi del cefalo in prima battuta. Ma la leccia non disdegna tutte gli altri pesci esca tipici della traina col vivo. Io le ho insidiate con gli sgombri, le lecce stella, i sugheri ed anche con le aguglie. Indubbiamente il cefalo rimane un’esca leader, soprattutto se di grandi dimensioni e molto vitale. La sua reattività, oltre all’enorme valore calorico ne fanno l’esca di elezione. Però è anche vero che la cattura dei cefali non sempre è facile; anzi il più delle volte rappresenta una pesca molto complessa e non sempre si riesce ad approvvigionare i pesci adatti. Proprio per questo motivo, spesso innesco le lecce stella o gli sgombri, entrambi molto apprezzati. L’importante è un innesco che non ne penalizzi la vitalità; ottimo un catalina con un bel circle di qualità e soprattutto una condotta di pesca che non penalizzi il nuoto dell’esca, che deve poter effettuare le sue fughe quando è insidiato dal predatore.

Umberto Simonelli


LETTERE AL DIRETTORE

Incrociamo gli ami.. Gentile Direttore Le scrivo a nome mio e a quello del mio circolo di pesca “Surf Casting Mania” con sede a Napoli, per condividere con i lettori la nostra profonda indignazione per quanto succede in mare ogni giorno ed avere, ovviamente, anche un suo parere. Sicuramente non racconterò nulla di nuovo, ma siamo veramente arrabbiati per come i professionisti abusano del mare senza alcun controllo. Reti ovunque, fin sulla spiaggia, pesca illegale, reti con maglie troppo piccole che trattengono anche il novellame, reti da posta in pesca senza alcun rispetto delle distanze tra loro, per non parlare dei pescatori privi di regolare licenza. Il nostro gruppo è molto attivo, oltre ad essere molto numeroso. Siamo tutti pescatori che prima di tutto amano il mare. Facciamo gare a tutti i livelli, da quelle amichevoli fino alle nazionali. Quindi molti di noi sono atleti Fipsas e molti altri sono tesserati. Più di una volta abbiamo effettuato azioni di denuncia di molti illeciti presso la Capitaneria di Porto, senza che nulla accadesse; siamo stati assolutamente ignorati, cosa che ci ha fatto sentire presi in giro e posso dire anche umiliati. Ma ci ha fatto anche molto indignare per la mancanza di controlli delle autorità verso i professionisti; come se tacitamente a questa categoria fosse concesso tutto. In molti spot di pesca, proprio a causa della presenza di reti quasi a riva, è diventato impossibile pescare, oltre al fatto che lo sbarramento di reti da posta in basso fondo, spesso anche sulla posidonia, impediscono letteralmente ai pesci la possibilità di venire a terra. Senza parlare di quello che succede con la pesca a strascico in basso fondale, delle cianciole e dei danni irreversibili che questa pratica genera.

Una situazione insostenibile che si ripete oramai ovunque : la piaga delle reti da posta a ridosso della spiaggia

Nell’ambito del nostro gruppo abbiamo preso quindi una solenne decisione.. intraprendendo una seria e decisa azione di protesta, con gli unici strumenti a nostra disposizione. Incroceremo “gli ami”! Ovvero smetteremo di acquistare nuove attrezzature e boicotteremo le iscrizioni Fipsas; sperando che la nostra piccola voce e il nostro piccolo “sciopero” possano sensibilizzare la responsabilità di chi è preposto al controllo e alla tutela del mare e della Fipsas per la tutela dei pescasportivi.

Ferdinando Manzo


Caro Ferdinando Intanto ringrazio te e il tuo gruppo, per aver coinvolto anche la nostra rivista per condividere con i nostri lettori le vostre idee e la vostra iniziativa. Devo dire che l’idea degli “ami incrociati” è di assoluta originalità ed effetto. E’ un’idea degna della massima attenzione e diffusione proprio perché affronta un argomento di scottante attualità e gravita, per il mondo della pesca ricreativa, in un momento in cui quest’ultima sta subendo una serie di veri e propri attacchi, a livello delle istituzioni nazionali ed europee. E’

Lo scempio della pesca delle cianciole è veramente riprovevole. Una pesca distruttiva che devasta il mare!

effettivamente sbalorditivo come molte attività di pesca professionale siano davvero poco, o per niente attenzionate dalle autorità preposte. Sebbene gli illeciti abbiano una gravità rilevante non si rilevano azioni di contrasto decisive. Un fatto che non è solo legato ai mari campani, ma che caratterizza tutta la nostra penisola. E quel che lascia molto perplessi e soprattutto pensierosi è la grande disattenzione che le autorità dimostrano rispetto alle denunce che molti di noi, pescatori ricreativi, effettuiamo senza alcun riscontro. Ho adoperato il termine “pensierosi” perché la noncuranza alle nostre denunce ci porta a pensare che ci siano velocità diverse nella gestione della legalità tra la pesca ricreativa e quella professionale. Più di una volta io stesso sono stato presente ad attività di pesca illegale, addirittura in aree marine protette la cui denuncia si è conclusa con un nulla di fatto o con l’arrivo dei controlli in ritardo ed ispezione dei documenti di chi aveva effettuato la chiamata. Epilogo emblematico di quel che stiamo dicendo. Posso anche ricordare, proprio durante una manifestazione Fipsas di livello mondiale, la totale inosservanza delle paranze all’interdizione alla pesca nel campo gara, emanata con regolare ordinanza della CCPP, che continuarono a pescare indisturbate in area di mare in cui i migliori equipaggi di tutto il mondo stavano gareggiando Uno dei pescherecci incurante dei divieti che

per un titolo mondiale, con grave rischio non solo di

strascicava indisturbato, nel campo gara dei mondiali

compromettere la competizione ma anche di creare

di BigGame del 2012, ad Ostia

serio disagio alla sicurezza in mare. La situazione è evidentemente imbarazzante tanto per chi si pone la

domanda quanto per chi dovrebbe rispondere. Sta di certo che le cose, così non vanno ed è sotto gli occhi di tutti che la pesca professionale gode, in ogni sede, di una voce più importante della nostra , malgrado l’evidente dissesto biologico che la pratica industriale genera. E malgrado la pesca ricreativa abbia impatto trascurabile ed il suo indotto produca punti importanti del PIL nazionale e che opportunamente supportata possa diventare un pilastro fondamentale dell’economia non si riesce a scardinare il sistema. Non posso che condividere le idee e le azioni del vostro gruppo e mi auguro che gli amici che ci leggono le facciano proprie percependo l’importante messaggio che emerge dal racconto delle vostre esperienze e delle vostre intenzioni. Che è quello che la pesca ricreativa deve cambiare passo e l’associazione tra pescatori può e deve essere la strada giusta. Perché gli interessi vanno curati in proprio.

Umberto Simonelli


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TRAINA

LA MIA PRIM TRAINA


MA

E

rano i primi anni novanta, quando iniziai e pescare a traina con il vivo, ed oggi, ogni qual volta calo in mare un guizzante

pesciolino, ho come un flash back di quel primo giorno! Tanta acqua sotto la chiglia è passata da quel tempo. Soddisfazioni, disfatte, per una tecnica che turba i sogni prima di realizzarli. Tanti nuovi appassionati si stanno avvicinando a questa disciplina, ai tempi dei social, ai tempi del web.. Vediamo insieme come approcciare questo mondo‌ oltre le mode, piĂš con la testa.. che con attrezzatura e braccia!

Di Domenico Craveli


La traina con il vivo è una tecnica ad apprendimento progressivo, dove l’esperienza è fondamentale

TRAINA

per arrivare alla continuità di risultati, in ogni stagionee in ogni situazione. Le informazioni disponibili sul web possono portarci all’incontro con una grande preda già dalla prima uscita, ma questa è una sorta d’illusione. Il trainista completo riesce sempre a fare la cosa più giusta, in ogni contesto di pesca, adeguandosi alla situazione di confronto. Anche una sonora disfatta partecipa alla crescita “culturale” e arricchisce il bagaglio tecnico. Pescare a traina significa predare dei predatori, non catturare dei pesci in modo ripetitivo sfruttando una situazione favorevole. Per la serie, un pesce possibilmente sempre.. e non tanti quando capita. Una foto molto vintage: canna baltimora 1, mulinello alutecnos albacore 12… e gozzo in legno! All’epoca, non vi era bisogno di null’altro, e i pesci si prendevano ugualmente

ATTrEzzArSi Argomentare di marche e modelli, significherebbe addentrarsi in un “mare in tempesta” nel quale è complicato navigare. Oggi sembra che senza quella

canna,

senza

quello specifico mulinello, non si possa pescare. La realtà è molto diversa, infatti, personalmente uso canne che hanno un’età media anche di quindici anni, alternandole ad attrezzi attuali, senza percepire particolari differenze “epocali”. Anzi, in alcune situazioni, sono dovuto ricorrere ad attrezzi vintage per coprire una particolare esigenza di pesca. Quindi, nella scelta dell’ equipaggiamento, cercare sempre prodotti che hanno una “storia”, cercando di evitare di rimanere incantati solo dalla “piega” sotto carico o dallo stridio della frizione. Una canna da traina valida è quella che non fa ballare il piombo, quella che vi fa percepire cosa sta facendo la preda dall’altra parte.. ad esempio. Stesso discorso per i mulinelli. Sono scelte per la vita. Personalmente ho degli Shimano TLD che ancora vanno, Alutecnos con i capelli bianchi, e l’elenco potrebbe tranquillamente continuare. Il mercato italiano offre tanto, ma scegliete con criterio, senza farvi incantare dalla reclam o dai soli video dei pro-staff di cui i social sono

Con pesci particolarmente difficili, è necessario adottare soluzioni estreme come l’uso del mono-amo. Solo dopo tante ore di prove è possibile acquisire dimestichezza con le molteplici varianti che la traina con il vivo ha.


La gioia di una cattura non deve mai trarre in inganno. La preda va rispettata. Non è un trofeo, ma un animale vinto e non umiliato. poi dovremo decidere se gratificarsi con un rilascio, o trattenere i pesci valutando la sostenibilità del prelievo sempre nel rispetto della legge

pieni. Il web in questo è una trappola. Tutti a consigliare cose diverse, ma spesso chi consiglia, lo fa per motivi diversi dal condividere un’informazione valida. riSpETTo La traina non è uno sport, è la rievocazione di un istinto atavico, dove il pescatore diventa predatore, e il predatore a sua volta preda. Spesso chi si avvicina alla tecnica vede la cattura di un grande pesce come un momento di giubilo, di vittoria, come se avesse sconfitto un nemico. Foto di pesci insanguinati, confrontati con la grandezza di uno stivale, ci lasciano pensare che forse ci siamo persi qualcosa per strada. Un novello, alla prima uscita, con dieci calamari in vasca,

è in grado di catturare in modo stragistico dieci dentici.. ma la traina con il vivo è un’altra cosa. E’ un rito che parte dal fare esca, e arriva alla cattura, passando per un gratificante rilascio o per una splendida cena con gli amici. Ma lontana anni luce da quello che si sta vedendo ultimamente sul web. Questo non è un articolo dove si parla dell’amo migliore per farvi prendere un pesce in più, o dell’esca viva filosofale. Ma è uno spunto alla riflessione, e ne serve tanta, perché le nuove generazioni possano in qualche modo avere la possibilità di godere le emozioni che ci hanno fatto crescere piscatoriamente come uomini di mare. Perché un fatto è inconfutabile.. le emozioni non si misurano in chili o in numeri di pesci.

La ricciola gigante rimane la preda più ambita. La si può incontrare alla prima uscita da neofita.. e poi passare anni e anni a cercarla. Un approccio scientifico rende questi incontri meno casuali.


INCHIKU

Gli ultim

Q

uando pensi che siano scomparsi, quando pensi che siano finiti chissà dove, arriva una cattura occasionale all’ultimo istante di una lunga giornata di pesca, che riapre uno scenario inedito. I dentici infatti, che credevamo fossero chissà

dove, in realtà, in questo ultimo scorcio di primavera, intensificano la loro attività di caccia al tramonto, comparendo dal nulla, ed aggredendo con foga i nostri artificiali.


mi dentici

di Domenico Craveli


INCHIKU

I dentici al cala sole non sono certo una novità, anzi, sappiamo quanto di solito gli sparidi siano sensibili ai cambi di luce. Prima dell’estate questa situazione diventa esasperatamente ricorrente, e permette di impostare una strategia precisa, in un particolare momento stagionale, in un orario circoscritto e ben definito. Perché nella pesca con gli artificiali, la tecnica si fonde spesso con l’opportunità, e la possibilità di pescare in modo dichiarato un pesce che in questo periodo di solito non si riusciva a catturare con continuità, sono altissime. Dove?.. meglIo profonDo! Per una corretta azione di pesca destinata ai dentici, considereremo come profondità minima operativa i

-40 metri, cercando comunque

di intensificare i nostri tentativi su tutte quelle aree a carattere misto roccioso, relitti, secche e simili, con profondità comprese tra i 50 e i 90 metri. La scelta del luogo è fondamentale in una tecnica dove è importante la modalità di recupero, ma risulta altrettanto determinante far scendere l’inchiku potenzialmente

In questo particolare periodo i pesci più belli si trovano su batimetriche

ospitano con maggiore probabilità

importanti. l’esemplare della foto è stato catturato su un fondale di 75 metri,

di concentrazione i predoni che

un’ ora prima del tramonto, su un fondale sul quale solo qualche decina di

cerchiamo, visibili di solito sull’eco.

minuti prima non vi era traccia di vita

nei

settori

che

Sembra semplice a dirsi, ma molto difficile a farsi, infatti far “cadere” l’esca esca nei pressi di uno scoglio isolato o di una caduta, rappresenta un’ azione abbastanza difficile e che richiede la massima precisione, dove le nostre capacità di “calcolo” dovranno considerare simultaneamente la traiettoria di deriva combinata allo scarroccio, la velocità di discesa dell’artificiale, e l’angolo di inclinazione del multi sotto l’incidenza della corrente stessa.. c’è da provare e riprovare. I dentici al cala sole, sono molto attivi ed erranti, ed è possibile avere strike anche sul fango, anzi molte catture sono avvenute proprio su substrati melmosi, dove lo sparide ama stazionare prima delle puntate sulle secche basse. effICaCIa DI un movImento Tenendo presente che incontreremo pesci decisamente irrequieti ed attivi, effettueremo delle animazioni decisamente energiche, con jerkate “allegre”, stile vertical potremmo dire. In questi casi 8 volte su 10 l’attacco avverrà nella ripartenza dell’artificiale dopo la discesa o negli immediati dieci metri successivi. Spesso con un buon ecoscandaglio è possibile visualizzare la traccia di qualche grosso commensale che si è interessato all’esca e la segue incuriosito. Spesso il nostro inchiku sarà rincorso passivamente, ignorato, per poi essere improvvisamente attaccato. L’essenza della tecnica è racchiusa in questo istante.


Un colpo secco e strike! Avremo poi la percezione in diretta di una furiosa

aggressione,

una

fuga

accompagnata da poderose testate, e il lento pompaggio, al limite della tenuta delle leggere attrezzature. Magia.. le ombre si allungano, mentre la sagoma inconfondibile del nostro dentuto sparide si intravede sottobordo. Basta una preda, una e una sola, catturata in un contesto così particolare, a gratificarci di tutte le fatiche di una tecnica non solo spettacolare, ma fortemente catturante. QualI ColorI I dentici attaccano ogni tipo di inchiku, ma gli abbinamenti che hanno dato maggiori successi in queste specifiche situazioni sono

stati

quelli

arancio/rosso,

di

colori

oro/marrone.

Forse perché ricordano gamberi e crostacei, o forse perché magari, le particolari condizioni termiche e chimiche dell’acqua grosso e grintoso. Il dentice ha un fascino tutto particolare

li

rendono

maggiormente

visibili. Non sono valutazioni assolute, ma scelte dettate dalla statistica, perché in fondo i numeri, dicono sempre la verità.

un bel pesce non ha resistito all’abbinamento di un inchiku argento/marrone. notare il fascino dei toni caldi del sole che si abbassa sull’orizzonte


ACCESSORI PER GLI AMANTI DELLA PESCA



SURFCASTING

FORK..

FORZA DOPPIA Di Dario limone

p

escare a due ami riavvicinati, è una soluzione sempre valida, sia per ogni stagione di pesca, che per tutte le condizioni meteo-marine. Contare su un inganno doppio e ravvicinato può rappresentare la carta vincente quando una grossa preda si avvicina all’esca e si dimostra

indecisa. Vai di “Fork”.. o meglio chiamarla “Vipera”!

Fork o vipera, una soluzione semplice ed efficacissima in molte situazioni

SemplICe e GeNIAle Per molti aspetti questo particolare

terminale

sembra quasi “l’uovo di colombo”. Una soluzione che ci consente di offrire la stessa esca su due ami,


oppure di utilizzare due esche diverse: una per ogni appendice. Il vantaggio, che ne deriva è estremo. Aumenta le probabilità di allamata e di tenuta ed in caso di attività dei granchi possiamo avere più tempo a disposizione prima che l’esca stessa venga consumata, ed inoltre, possiamo abbinare ad un verme.. anche un granchio stesso, sfruttando la doppia azione attraente anche dei crostacei che si sono avvicinati ai nostri bocconi. ANATomIA La realizzazione di questo terminale è semplice, basta creare un’ampia asola, chiusa da un uni a 5 spire, che poi si taglia al

centro, creando

due bracci di filo uguali, a cui legare gli ami. A ridosso del nodo possiamo inserire una perlina luminosa attrattiva per la pesca notturna od un flotter per rendere più dinamico il terminale, in condizioni di bassa o bassissima turbolenza.

IN peSCA L’uso di eccellenza della vipera è l’innesco del granchio vivo, per la pesca dell’orata, che quindi, come si vede nella foto, consente l’uso di ben due ami sullo stesso boccone aumentando

le

possibilità

di

infissione del 100% . Un altro grosso vantaggio è quello, come dicevamo precedentemente, di poter trasportare esche diverse tra loro; ad esempio un anellide con

un

bivalve.

Un

utilizzo

particolare, dove peschiamo a corta distanza su di un fondale profondo, è quello di usare una sarda innescata ad un amo, come se fosse il piombo ed un anellide all’altro amo. Non solo la sardina farà da peso, ma anche da pastura, nonché da esca, esercitando sicuramente un potere attrattivo maggiore, rispetto al solo anellide. Per lanciare questo innesco, effettueremo un lancio accompagnato con una canna parabolica da 5 mt , con basso range di potenza e che quindi non vada oltre gli 80 gr. Usando la vipera non sono infrequenti catture multiple, anche di pesci di taglia.


SURFCASTING

AzIoNe DI DISTURbo Quando la presenza di granchi disturbatori mette in serio pericolo esche e fili di nylon, un buon sistema è quello di creare una forcina in multi fibre, partendo da un diametro dello 0,15. In mancanza di multi fibre, per aumentare la resistenza del nylon, possiamo creare una treccina. In questo modo eviteremo inutili perdite di ami. Il terminale, che alla sua estremità ha la vipera, può avere attacco alto o basso sul trave, senza problemi; se il mare è mosso la usiamo con uno short rovesciato, se il mare è poco mosso o calmo la usiamo con un long arm. Se ARRIvA lA beSTIA Con l’uso della vipera le possibilità di perdere il pesce allamato si riducono. Spesso la preda ha entrambi gli ami conficcati nel palato, oppure uno conficcato nel palato ed uno all’esterno del corpo. Insomma, nel bilancino dei pro e dei contro, è facile intuire quanto questa soluzione possa rappresentare una carta vincente in molte situazioni di pesca, anche in gara.

L’orata.. preda predestinata della vipera


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TECNICA • DRIFTING

R

Di Michele Prezioso ichiamare i pesci, i tonni in particolare, sulla scia delle nostre esche e farlo in modo efficace può essere considerata una vera e propria arte. Pasturare non vuol dire semplicemente attirare col richiamo del cibo degli animali. Diciamo che è un po’ diverso che dare da

mangiare alle galline. Pasturare significa si richiamare i pesci, ma soprattutto significa indurli a predare soprattutto le nostre esche. PAsTuRA DA ToNNI Possiamo proprio dire che c’è l’imbarazzo della scelta, perché già in commercio le soluzioni per brumeggiare sono tantissime. Sarda umida tritata confezionata in rete, da attaccare sotto la barca, in confezioni da 3,5 e fino 15 kg. Sarda tritata, confezionata in secchi ermetici, da mettere in rete o da lanciare con mestolo; per non parlare degli sfarinati di tutti i generi e tipi, per poi arrivare alle sarde congelate vendute appositamente per la pesca, in cassette di legno o polistirolo fino alle cosiddette “ballette” . Dei cubi di sarda specifica per gli inneschi professionali, usati dai pescatori con in long liner. Insomma ce n’è davvero per tutti i gusti. La nostra preferenza va comunque alla pasturazione


L’arte del brumeggio con sarde possibilmente fresche od anche congelate purché di qualità: sode e ben conservate QuANTA NE sERvE Per una battuta di una giornata, quindi quelle 6/7 ore di pesca piena, con una presenza buona di pesci, basterà avere in barca due (al massimo 3) casse di sarda fresca o ben congelata ed una buona scorta (anche 2 kg)

di sarde

freschissime da innesco o, se congelate, perfettamente integre, in grado di resistere

all’amo.

Se

le

condizioni

saranno invece di pochi pesci e molte barche il ritmo di pasturazione e quindi la quantità dovranno almeno raddoppiare.

Richiamare i pesci verso le nostre canne.. la complessa arte dell’inganno!


TECNICA • DRIFTING

Diciamo che in questo caso effettuare un brumeggio importante può farci avere la meglio sulla concorrenza. Quindi dovremo avere più “munizioni” raddoppiando anche le potenzialità di fuoco.. Certamente se ci troviamo in una zona ricca di pesci, in forte eccitazione alimentare possono servire meno sarde, se ci si accontenta di uno strike. Ma molto può dipendere anche da zone e corrente. Oltre da come si pesca, se in scarroccio o ancorati. Nel secondo caso la quantità può essere più moderata. LE DIMENsIoNI Ci sono molte scuole di pensiero riguardo le dimensioni dei pezzi Le sarde in cassetta sono la soluzione più comune e più pratica. Evitiamo però, di abbandonare in mare i contenitori vuoti, dopo la battuta!

di sarda da gettare in acqua. Chi opta per una scia di pastura sottile, intervallata da piccoli pezzi, chi

lancia solo pezzi, e chi , come noi , pensa che le pastura debba avere la stessa grandezza e lo stesso aspetto degli inneschi. I pesci hanno un modo forse elementare di comportarsi, ma sono metodici e nella loro metodicità estremamente selettivi. Se incontrano un branco di sardine e se ne ciberanno, si concentreranno sulle caratteristiche della preda; ovvero colore e dimensione. Ecco perché quando insidiamo un pelagico con un artificiale, quello più simile al foraggio presente catturerà di più. Nel nostro caso la situazione non cambia. Perché un pesce guardingo come un tonno dopo aver risalito una scia di piccoli pezzi dovrebbe essere interessato ad un boccone di taglia diversa ? Sicuro che lo eviterà! Rimaniamo quindi del parere che brumeggio e inneschi debbano avere lo stesso calibro. Paradossalmente, se proprio si vuole pasturare poco, è meglio creare solo una scia di odore e sapore, senza dimensioni, che porti alle nostre esche. Ma funziona se siamo soli in mezzo ai tonni.. PAsTuRAzIoNE MANuALE o MECCANICA? La possibilità di avere un ausilio meccanico per la pasturazione ha fatto il successo di molti appassionati. Perché una delle difficoltà

Il getta sardine è una soluzione geniale per pasturare ad intervalli regolari

di questa pesca è la cadenza di pasturazione. Gettare una sardina dietro l’altra ad intervalli regolari senza sosta, come se si fosse una macchina, addirittura senza smettere mai neanche quando il tonno è in canna (se si vuole continuare a pescare , è ovvio) è difficile.


Quindi ottima la soluzione dei getta sardine come quella dei trita sardine, capaci di produrre un brumeggio a granulometria variabile. Ma se da una parte l’instancabile ritmo della macchina è un pregio, la pasturazione manuale continua ad avere la sua importanza. Perché aprire la pasturazione lanciando a raggiera le sarde prima di fermarsi o implementare ritmo e quantità vertiginosamente quando i tonni sono sotto la barca, è cosa da uomini.. . Nel senso che dovremo mettere mano alla forbice e darci da fare. AsTuzIE DEL MEsTIERE Se si pastura con sarde intere, attenzione perché possono galleggiare e non seguire una scia omogenea. Infatti se sono congelate o se conservano

Anche il trita sardine è un’ottima soluzione. utilissimo nel drifting al tonno ed eccellente nel light ai piccoli pelagici dove diventa indispensabile

aria nell’addome, tutto faranno invece di affondare. Oltre ad assicurarci che siano ben scongelate, quindi, è bene praticare sempre un taglio sulla pancia. Un

altro aspetto da considerare è

quello

della

Soprattutto

corrente.

nei

periodi

primaverili, in cui c’è forte discontinuità di temperatura o quando c’è vento le correnti di superficie possono essere totalmente diverse da quelle che incontreremo in fasce d’acqua più profonde. Può accadere che addirittura la pastura torni indietro e non si allinei con le esche. Fatto che va osservato e capito, anche con l’ausilio di piombature leggere

e

frazionate

che

consentano agli inneschi di allinearsi in corrente. Perché La pasturazione manuale rimane sempre un metodo eccellente. Consente di variare velocemente strategia in termini di quantità e misura oltre a conferire qualcosa in più quando si brumeggia meccanicamente

i

pesci

nella

maggioranza

dei casi, in queste situazioni mangiano esattamente sul filo di cambio di corrente.

sebbene la corrente possa sembrare a favore delle nostre esche, molto spesso succede che più a fondo ci sia corrente contraria.. e la pastura andrà altrove




TRAINA

Meglio mor

Di Umberto Simonelli

Q

uando parliamo di traina con il vivo, molti pensano che adoperare esche morte sia un ripiego, addirittura uno svilimento della tecnica, una soluzione che i più affrontano come estrema ratio pur di non perdere l’uscita, con poca determinazione e ancor minore convinzione. Spesso, infatti, nelle discussioni di banchina, affiorano dubbi e perplessità riguardo l’argomento e non

solo tra i pescatori meno esperti. In realtà, pescare a traina con esche morte non è assolutamente riduttivo; anzi, in alcune situazioni può essere una marcia in più, a patto che si sappia presentarle in modo adeguato e, soprattutto, si sappia adoperarle nel modo corretto.


rto!

Logica premeSSa Non tutte le esche vive della traina sono utilizzabili nella versione “morta”; ad esempio i pesci, sebbene ci siano degli “adattatori” e dei rimedi, sono i meno redditizi e i più difficili da rendere credibili. Al contrario, i cefalopodi offrono maggiori opportunità e un utilizzo più alla portata di tutti. C’è anche da dire che non tutti i pesci sono insidiabili in traina con le esche morte. Ci sono predatori di “bocca buona” e altri di palato più fine. Le ricciole e le lecce amia ne sono un esempio. Invece, i dentici, le cernie e, in alcuni casi, le grandi orate si lasciano più spesso sedurre da un’esca non più viva, ma fresca e ben presentata. Sebbene anche le ricciole a volte si lasciano convincere da una seppia morta ma in ottime condizioni.


TRAINA

eSche natUraLi Ci

concentreremo,

quindi,

sui cefalopodi, esche di facile reperibilità anche sul banco del pesce, oltre che conservabili nel congelatore. Ovvio che quelle fresche

funzionano

meglio,

soprattutto rispetto ai “postumi” dello

scongelamento

che

nuocciono alle carni, con una consistenza gommosa e poco realistica dopo poco tempo di i dentici sono le prede che meglio si insidiano con i cefalopodi morti..

utilizzo. Anche l’aspetto estetico conta perché una bella livrea le rende più simili a quelle vive. Ma, spesso, anche seppie e calamari dall’aspetto

improbabile,

inaspettatamente, riescono a convincere qualche bel dentice. Questo perché, soprattutto nel caso degli sparidi, il richiamo dell’esca è dovuto più all’aspetto proteico nutrizionale che a quello della predazione. O, meglio, l’attacco è alimentare, reso più aggressivo dal fatto che l’esca sia in movimento. Infatti, i dentici non si cibano solo di prede vive, fatto per cui sono insidiati anche Le seppie morte appena pescate, ma anche ben congelate, sono validissime alternative a quelle vive

con i palamiti innescati con tranci di cefalopodi o sarde.

La Seppia Trattando in questo articolo di cefalopodi, faremo di seguito una valutazione sul metodo di innesco che meglio conferisce all’esca un assetto ed una credibilità prossima a quella del vivo. Sicuramente, tra tutti, quella che si presta meglio in assoluto ad essere innescata morta è la seppia. Questa è una seppia morta. non sembrerebbe, ma era stata pescata il giorno prima: assetto perfetto e credibilità massima!


Se ben conservata e non viziata nella forma, può essere innescata senza alcun artificio. Sfatiamo, quindi, il fatto che debba essere piombata per farla navigare dritta: un’inutile, se non dannosa, soluzione, che non serve perché la seppia, grazie al suo “osso” poroso (che non è altro che la trasformazione evoluta di una primordiale conchiglia), mantiene un assetto neutro a tutte le profondità e stabile anche a velocità prossime al nodo. E smentiamo anche il fatto che i pesci non l’aggrediscano se ha qualche rotazione. Una seppia morta ben conservata viene attaccata con maggior successo di una viva perché non mette in campo le aggressive strategie di difesa di cui è capace.

Questa seppia invece è la dimostrazione di come ci si possa ingegnare in fatto di esche, quando non se ne hanno più : il corpo di una e i tentacoli posticci realizzati con le striscette realizzate con i resti del mantello di un’altra. il movimento flessuoso in acqua è valso un bel dentice che ci consentì di realizzare un primo posto ad una gara.. e poi c’è chi non crede nelle esche morte!

iL caLamaro Il calamaro morto ha un assetto negativo, il che significa che tende ad andare a fondo. Oltretutto, essendo Un calamaro surgelato (bene) perfettamente innescato, pari al vivo.. l’importante è passare l’amo pescante nella testa per mantenere il corpo ben assemblato

di

privo

scheletro,

si

deforma durante il moto tendendo così a prendere acqua in modo tale che difficilmente è in grado di tenere un assetto

naturale.

Le alette laterali, molto pronunciate, spesso fungono da alettoni che lo


mettono in rotazione,

TRAINA

facendogli

descrivere

un elicoide. Sebbene, anche in questo caso, i dentici in caccia non si facciano dissuadere dall’assestare bell’attacco,

qualche ciò

può

essere causa, navigando in prossimità del fondo, complice la tendenza ad

affondare,

di

qualche arroccamento, soprattutto durante le virate.

Una fase del make up, con l’inserimento di due pezzetti di osso di seppia

Pertanto, se si vuole rendere “appetitoso” un calamaro morto c’è da perderci un po’ di tempo, effettuando un piccolo “make up”. Per conferirgli un assetto neutro e stabilizzarlo, come quando è vivo, si possono introdurre sotto al mantello due pezzi di quel materiale con i quale i surfisti realizzano i pop-up; o, meglio ancora, due pezzettini di osso di seppia opportunamente lavorati. Vedrete che una volta messo a punto navigherà in modo eccellente. Un ultimo tocco potrà essere quello di forare l’apice del mantello per far uscire l’aria residua che può tendere a dargli un assetto inclinato; infine, provando la navigazione, verifichiamo che non tenda a ruotare e, se ciò dovesse accadere basterà rifilare l’aletta dalla parte della rotazione. Una soluzione che archivia definitivamente la vecchia astuzia del piombino ad oliva..

Ecco il trucco per conferirgli un assetto orizzontale, prima di flotterarlo : creare una via di sfogo dell’aria che può essere contenuta nel mantello


Il totano grazie alla morbidezza dei suoi tentacoli che fluttuano in acqua ed un assetto più neutro sono una validissima alternativa a seppie e calamari

iL totano Quando dal pescivendolo non si trovano né calamari né seppie, una possibilità è rappresentata dall’uso dei totani. Se ne possono reperire alcuni di taglia media con una livrea eccellente, ideali per i nostri scopi, che possono essere innescati così come sono o eventualmente flotterati come i calamari. I totani, a differenza dei calamari, navigano meglio, hanno una pelle più coriacea e si rovinano meno durante la battuta di pesca, mantenendo una vivacità di colori maggiore: un’esca insolita che ha avuto comunque un successo accettabile con i dentici ed anche con le ricciole di branco. La veLocità Sfatiamo anche un’altra credenza, che è quella che le esche morte, cefalopodi compresi, debbano essere trainate a velocità maggiori perché in questo modo i pesci non si accorgono del fatto che non sono vive. La nostra esperienza sconfessa questa convinzione e anzi, soprattutto con i dentici, non abbiamo notato differenze tra esche vive ed esche morte.. l’importante è crederci e soprattutto usare materiale possibilmente freschissimo.


SURFCASTING

RIMINI, QUESTO SCONOSCIUTO di domenico Craveli

N

el surf quello vero.. vermi e anellidi trovano poco spazio ultimamente, poiché strisce di cefalopodi, tranci di pesce, e grossi molluschi dominano le scelte dei surf caster. Ma un invertebrato fa eccezione. Un verme dall’aspetto terrificante, ma che è gradito agli

sparidi in modo importante. Le grosse orate per esempio, ne vanno ghiotte, specialmente quando la temperatura dell’acqua si alza Conosciuto alla scienza con il nome di “eunice aphroditois”, il verme di rimini è un’esca micidiale per il surfcasting, e per la pesca a fondo dalle scogliere. Gradito a tutti gli sparidi di pregio, riesce sempre a regalare prede importanti,

basta

utilizzarlo

con metodo e nei momenti giusti! Saraghi, orate e grosse mormore ne vanno matte, specialmente in un momento stagionale in cui il substrato

Il verme di rimini è un vero killer di pesci di taglia e di pregio


sabbioso detritico rifiorisce di vita, e dove spesso altre esche vengono letteralmente disintegrate nel giro di pochi istanti. Il verme di rimini rimane un boccone selettivo e poco usato, forse a causa della difficoltà di reperimento (spesso lo si ha su prenotazione) o forse per il suo costo un po’ elevato. GRANde ATTRAzIoNe Questo “dragone”, lungo spesso anche più di quaranta centimetri, e grosso come un pollice, ha una livrea con riflessi cangianti bruno-dorati, che lo rendono visibile su ogni tipo di substrato. Inoltre, la consistenza molle delle sue carni interne, ricche di sangue e di umori, lasciano in mare una scia odorosa molto forte, particolarmente gradita agli sparidi. Infatti, di notte come di giorno, sulla sabbia, come sul misto, il verme di rimini porta spesso sui nostri ami

le grosse orate gradiscono il rimini anche quando esche più blasonate

i pesci da trofeo, rimane poi a noi

sembrano non funzionare

riuscire a portarli con maestria a riva. Come USARlo Il verme di rimini può essere utilizzato più volte. Lo si utilizza tagliandolo progressivamente come un “salamino”, partendo dalla coda, ed utilizzando una forbice affilata per sezionare dei tronchetti di qualche centimetro. L’animale non pare risentire di questo evento “chirurgico” e continua a vivere nella sua bacinella con sabbia e un po’ di acqua di mare anche per più di un mese, se non fa eccessivamente caldo, e se abbiamo l’accortezza di cambiare l’acqua almeno una volta al giorno. Il pezzo di verme, Un boccone così è davvero irrinunciabile

verrà poi passato sull’amo tramite l’ago di innesco e compattato con qualche giro di filo elastico per evitare che si sfaldi durante il lancio

QUANdo Il rimini è un’esca che va bene sempre, ed a volte, in momenti in cui bibi e americano non regalavano catture, con questo verme invece le “piegate” di orate e saraghi sono state molto ricorrenti, anche quando le condizioni meteo sembravano non proprio ottimali, soprattutto per le auree regine. Per chi ama la pesca specifica, per chi vuole tentare il colpaccio sempre e comunque, il rimini, è davvero molto di più che una scommessa… è un asso su cui puntare ad oltranza.


SURFCASTING

VAloRe CommeRCIAle Il rimini è verme che non costa poco, anche perché la tecnica di pesca è piuttosto impegnativa, letteralmente

infatti

va

catturato.

Se però ne guardiamo alla longevità , le potenzialità di cattura, e la praticità di avere un’esca sempre Forse per le sue caratteristiche nutrizionali, o per il suo odore e sapore ma il verme di rimini è un’esca irresistibile; eccellente per il surf ed anche per il bolentino

pronta e viva, forse ne vale la pena. Solitamente lo si acquista su prenotazione nei negozi di pesca; la misura media degli esemplari è di circa 120/150gr, per una

lunghezza che va dai 35 ai 50 cm, con un costo che oscilla, in funzione a queste variabili, tra 15 e 25 euro. Ma le vale tutte.

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NAUTICA

Occhio agli zinchi! e

di umberto simonelli

‘ il momento in cui il fervore manutentivo è al massimo. Prossimi ad una nuova stagione, ci si affretta a rimettere in moto

le nostre imbarcazioni, risvegliandole dal letargo invernale. Molte le lavorazioni e i controlli che si devono svolgere a bordo per assicurarsi una perfetta efficienza di motori e impianti. Ma uno dei controlli più importanti è quello che concerne gli zinchi sacrificali. un utiLe sacrificio Gli zinchi sacrificali sono gli angeli custodi dei nostri motori. Entro o fuoribordo, a loro è delegata la salvaguardia dalla corrosione di tutte le masse metalliche che lo costituiscono. L’acqua di mare (ma anche quella dolce, sebbene in modo molto

una coppia di anodi, del tipo che si installa sotto al cavalletto dei fuoribordo, nel punto sempre a contatto con l’acqua. Il consumo dello zinco sacrificale, non deve essere eccessivo e troppo rapido ma è bene che ci sia; dimostrazione che sta efficacemente svolgendo il suo lavoro di protezione. Ed è bene che venga cambiato quando la corrosione arriva al 40%..

ma molto più ridotto), grazie ai sali che vi sono disciolti, è un discreto conduttore di energia elettrica. Questo fa sì che si creino dei veri e propri “ponti elettrici” tra i componenti metallici dei nostri motori e quelli circostanti, ovvero le masse metalliche


sommerse, le catene delle catenarie del porto, i metalli contenuti nell’acqua. Ma queste correnti galvaniche, a volte, si generano anche tra parti di metallo diverso del nostro stesso motore. Un vero e proprio effetto pila .Per questo si applicano degli anodi sacrificali, in zinco o magnesio o in leghe di entrambi, materiali che per loro intrinseca costituzione si sostituiscono a componenti più delicati consumandosi al loro posto. Diciamo, per fare un paragone letterario, che gli anodi sacrificali sono come il ritratto nascosto di Dorian Gray.. si consumano e invecchiano al posto del motore. Guai seri Se non si provvede ad una regolare sostituzione degli zinchi, si corre il rischio di ritrovarsi motori e parti metalliche in breve tempo consumati e rosicchiati da un incedibile tarlo, fino a renderli inutilizzabili. Il consumo degli zinchi non è standard. Non dipende da fattori costanti, ma può variare nel tempo; essere impercettibile e improvvisamente aumentare. Tutto dipende da cosa abbiamo vicino e, a volte, anche dall’antivegetativa che applichiamo. La quantità di ossiduli metallici presenti, che ne costituiscono i biocidi, può generare correnti galvaniche che influiscono sugli zinchi o i metalli non protetti. LoGica di protezione La logica di protezione, quindi, è quella di posizionare gli anodi in punti strategici, in prossimità dei metalli più delicati o dei punti nevralgici, su cui la corrosione avrebbe effetti gravi. Ogni casa motoristica ha i suoi zinchi di ricambio; ed ogni modello non è uguale ad un

Questi sono i punti strategici in cui vengono montati gli zinchi esterni . Ma a seconda dei modelli e delle marche ve ne possono essere altri meno visibili. e’ bene consultare il libretto di uso e manutenzione, perché la prevenzione è fondamentale

altro e quindi, per esperienza, possiamo dire che è bene effettuare le sostituzioni con quelli originali. Risparmiare comprando modelli commerciali sarebbe una grave e inutile sciocchezza. Soprattutto se le barche sono in acqua molto tempo, il controllo costante è basilare. Quindi non pensiamo che uno zinco che si consuma rapidamente sia uno zinco di bassa qualità: al suo posto, con uno meno corrodibile, ci saremmo giocati un bel pezzetto di motore.

un motore a quattro tempi fuoribordo; nei cerchi rossi i tappi che contengono gli zinchi che proteggono le camere dove passa l’acqua di raffreddamento. una protezione di primaria importanza


NAUTICA

occhio aGLi zinchi Sono presenti in tutte le imbarcazioni motorizzate. Negli entrobordo sono sull’asse dell’elica, sui cavalletti che lo sostengono, sul timone e, a volte, anche sullo specchio di poppa c’è uno zinco generale a protezione globale. Nei fuoribordo e negli entro-fuori sono presenti sul cavalletto, sul piede, ed anche sul gambale in posizione non visibile. Ma ce ne sono alcuni molto importanti che non sono a vista e che Negli entrobordo i tappi con lo zinco si presentano anche così; e comunque come un tappo in prossimità del sistema di raffreddamento

non vanno assolutamente trascurati. Sono

quelli

a

protezione

degli

scambiatori di calore, degli scarichi e delle parti interne dei gruppi termici in

cui scorre l’acqua di raffreddamento. Nelle motorizzazioni entrobordo sono montati nello scambiatore, ovvero nel punto in cui l’acqua di mare scambia il calore con quella del circuito chiuso che è dolce. Nei motori a raffreddamento diretto, come alcuni entro fuori, e soprattutto i fuoribordo, sono distribuiti lungo le camere di passaggio dell’acqua: sono come piccoli cilindri, chiusi da un tappo con una guarnizione. Vanno controllati e cambiati con frequenza. Se sono consumati, la corrosione attaccherebbe i metalli perforandoli. Negli entrobordo significa compromettere gravemente il sistema di raffreddamento con rischi gravi; in un fuoribordo potrebbe significare la corrosione delle camere di scoppio e l’entrata di acqua nei cilindri.. con un motore da buttare.

Gli zinchi degli scambiatori vanno ispezionati molto frequentemente; oltre a perdere la loro efficacia col tempo, lavorando possono generare grosse incrostazioni di ossido che bloccandoli nelle sedi, ne rende difficile o impossibile la sostituzione


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e delle tue avventure di pesca... ...e anche tu sarai protagonista!



Mondo Pesca Photo Contest 1° classificato del contest del mese di Giugno:

Valentina Serrau che si aggiudica un cappellino ed una maglietta GlobalFishing ed un braccialetto GaspWay.

Angler : Giacomo Pintore Preda : Ricciola Periodo di pesca : Novembre Peso : 35 kg Ora della cattura : 9.30 circa Località : Sant’Antioco Tecnica : Traina con il vivo Esca : Calamaro Fondale : Misto sabbia roccia Profondità : 31 mt

Come ogni domenica, tempo permettendo, io e il mio compagno siamo usciti all’alba dopo una durissima sveglia alle 4:00. Tanto che alle 5,30 già eravamo pronti a pescare i calamari nel golfo di Sant Antioco. Spot in cui sulle batimetriche che vanno dai 20 ai 30 metri, con la tecnica dei tataki e con l’aiuto di un buon ecoscandaglio, non è difficile riempire la vasca del vivo. Esche fatte.. si puo partire alla volta di una secca da noi ben conosciuta Una volta sul posto innesco un bel calamaro di circa 400 gr., applico il piombo guardiano da 500 gr, filo in mare il terminale e poi cerco il fondo, recupero due o tre giri di manovella, regolo la frizione e finalmente sono in pesca. Le prime ore del mattino hanno un fascino incredibile e il panorama è straordinario.. ma neanche il tempo di assaporare a pieno questo momento che la canna si piega leggermente per due volte, come un leggero incaglio. Poi si flette un’altra volta, ma con decisione.. è pesce! Ferro in modo deciso e il pesce parte come un treno. Inizia un interminabile e duro tira e molla con fughe lunghissime che mi hanno fatto pensare fosse un tonno. Dopo circa 25 minuti di combattimento ed un mare di adrenalina, arriva sotto la barca una bellissima ricciola di 35 kg : un sogno che diventa realtà. Un pesce bellissimo, pescato con attrezzatura leggera, canna da 12 libre e mulinello da 10, che mi ha regalato delle emozioni che non scorderò per tutta la vita!

Valentina Serrau





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