Rivista marzo 2016

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2016

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

SURF SOTTO PRESSIONE

TRAINA CACCIA AL VIVO

PESCA DA TERRA SARAGHI DA ROCK

NAUTICA LE POSIZIONI DEL TRASDUTTORE

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VII - Numero 3



IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VI Numero 3 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it

5

Editoriale

6

Global@mail

di U. Simonelli

La posta dei lettori

14

Caccia al vivo

20

Sotto pressione

24

Artificiali nel mezzofondo

28

Le posizioni del trasduttore

Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh

34

Saraghi da rock

GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010

38

La scelta della canna

42

Andiamo in acqua

46

La pastura.. vista dai pesci

50

Fantastorie: Ahi.. mi è scappata la..

Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone, Antonio Addotta. Testi, foto e video degli autori

UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

di D. Craveli

di D. Limone

di D. Craveli

di U. Simonelli

di M. Prezioso

di A. Addotta

di U. Simonelli

di U. Simonelli

di D. Craveli



Editoriale

L

a famosa esclamazione “siamo alla frutta” calza proprio a pennello alla situazione della pesca ricreativa. Di fatto, a guardar bene, più che alla frutta siamo proprio arrivati al conto. Dopo il dolce, la frutta e i digestivi vari, il conto arriva sempre a riequilibrare con il suo amaro il godimento del pasto . Ed anche a noi pescatori ora tocca pagare il conto, salato, del tempo passato a curare il nostro orto e a tirar su più pesci che si può, senza curarci del futuro e di quel che ci sarebbe capitato. Intanto per incominciare ci tocca la licenza di pesca, o meglio la tassa sulla pesca, che il 16 marzo scorso, ha passato il primo livello legislativo , passo determinante per il consenso definitivo di Camera e Senato. Il programma prevede l’attuazione della legge a partire dal 1 gennaio 2017. Ribadisco che la sua utilità è veramente difficile da trovare per noi pescatori, perché la parte più importante dei proventi, udite udite, andrà alla pesca professionale per sostenerne la filiera produttiva. Quel che penso, non è ripetibile in questa sede, ma immagino che gente di mondo come chi mi legge, se lo immagina senza tanti sforzi. Ma andiamo ad un altro argomento che ci fa capire quanto il nostro governo sia veramente schizofrenico e bipolare. Lo avevamo anticipato lo scorso mese raccontandovi della conferenza UE che doveva svolgersi a Catania. Si sentiva tuonare riguardo la necessità inderogabile del blocco della pesca professionale a specie particolarmente in pericolo e riguardo condanna della flotta europea che per 60 anni ha letteralmente rubato il 50% del pescato non dichiarandolo. (con buona pace degli italiani che ne hanno prelevato ben 2,6 volte in più del dichiarato) Bene e a fronte di ciò cosa succede? Per tutta risposta ci mettono le mani in tasca e la pesca industriale si rinvigorisce a nostre spese. Come al solito in Italia i guai legislativi non si fermano qui. Ed infatti sempre facendo finta di nulla, rispetto al disastro ecologico che la pesca professionale compie ogni giorno, il governo vede bene, di studiare nuovi inasprimenti sulle sanzioni per prelievo illegale da parte dei ricreativi, così finalmente ogni problema della pesca professionale finirà.. . Non parla nessuno invece dell’ulteriore diminuzione dei costi dei carburanti per la pesca, con l’eliminazione delle accise. In quanto, non bastando gli introiti che verranno dalle nostre tasche e dalle sovvenzioni esistenti è bene che il peso di questo ulteriore sconto, ricada, democraticamente si intende, sulle spalle dei cittadini . Ma fatemi capire.. ma la flotta italiana, lo dice la UE non ha pescato tanto da creare danni gravi alla fauna? Ma non abbiamo la flottiglia di pesca più motorizzata del mediterraneo? E allora cosa facciamo.. gli diamo la possibilità di incrementare ulteriormente il prelievo? Ma il buon senso ce lo siamo giocato o cosa? In tutto ciò il male minore sono le enormi sanzioni previste per chi pesca di più e illegalmente. Forse, se ci saranno controlli in più sui ricreativi e sulla catena di ricettazione del pescato illegale (che sarebbero già sufficienti di per se stessi) sicuramente la piaga dell’over fishing e della vendita illegale del pescato, che ahimè affligge la nostra categoria, potrebbe rientrare a tutto vantaggio della nostra immagine. Ma nessuno si rende conto che quanto sta succedendo potrebbe essere solo l’inizio di una serie di ulteriori restrizioni della pesca ricreativa, che ha come unico scopo quello di consegnare il nostro mare nelle mani (sporche) dei professionisti, con la compiacenza dei politici che fanno finta di ignorare quanto la pesca ricreativa sia importante e che economia generi. Abbiamo calcolato che un kg di pescato professionale vale circa 15 euro, contro i 150 della pesca ricreativa. E lascio a voi ogni conclusione.. Ma allora cosa fare? Sicuramente dovremmo archiviare la nostra proverbiale incapacità ad associarci ed una volta tanto far sentire le nostre voci come una sola. Non è il momento delle recriminazioni e se si vuole salvare la pesca, la passione, i sogni ed anche migliaia di posti di lavoro, oltre che tutelare l’ambiente c’è da sottoscrivere l’iniziativa Fipsas, sottoscrivendo la petizione che trovate al link di questa pagina. E poi soprattutto continuate a seguirci, le iniziative non mancano e stiamo lavorando per tutti noi. Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Terminali da bolenTino Pesco nel tratto di mare antistante Torvaianica, a Roma, dove il fondale varia dalla sabbia allo scoglio, passando per il fango. La tecnica che pratichiamo comunemente è il bolentino alla ricerca dei fragolini. Non sono un esperto e mi adatto a fare un po’ come fanno tutti che pescano con un braccetto antitangle, piombato, montato scorrevole, con uno svolazzo di un metro circa. Ovviamente qualche pesce viene su , ma mi sono sempre posto la domanda di quali siano i calamenti migliori. Ho provato anche il jolly napoletano, ma con scarsi risultati. Vorrei provare un terminali a due o tre braccioli; ma vorrei qualche consiglio sulla costruzione o su cosa comprare di già pronto. Alessandro G

In

commercio

soluzioni

esistono

pronte

molte

veramente

funzionali. Tra tutte ti consiglio le lenze p commercializzate da Tubertini, realizzate su disegno esclusivo di Marco Volpi, ideali sia per i pagelli che per le orate e le tanute. Se invece vogliamo sbizzarrire la nostra fantasia ti consiglio la confezione di terminali con perline incollate e attacchi vlp, ovvero degli agganci rapidi che si applicano sul trave grazie ad uno spacco laterale. Fermati dalle due perline sono liberi di girare su se stessi consentendo anche la rotazione del bracciolo. Ti consiglio di creare un trave dello 0,28 con braccioli del 23 lunghi 40 cm, armati con ami 5180 Owner del 4 o 553 Mustad dal 6 all’8 a seconda delle prede; il primo sarà posizionato a 3 cm dal piombo e il secondo a 53/55 . Potrai usare esche come l’americano,i paguri e il gambero di paranza, concentrando la ricerca sugli scogli isolati nel fango; veri e propri punti di incontro per paraghi e fragolini di taglia. Con questo assetto potrai arrivare a pescare su fondali anche superiori ai 50 m.

michele Prezioso


GLOBAL@MAIL Predoni abissali In alcuni periodi dell’anno, quando riesco a fare qualche uscita a bolentino di profondità, i pesci in risalita vengono aggrediti dagli sciabola ed il più delle volte la preda è andata. Ma in altri casi i bandiera aggrediscono proprio le esche. Se va bene se ne riesce a salpare uno a patto che gli altri non lo divorino strada facendo, ma il più delle volte i braccioli vengono recisi e addio al terminale. Che consigli mi potete dare per limitare i danni?

Gli sciabola sono pesci veramente primordiali e quando vanno in frenesia alimentare ci fanno capire quanto sia “pericoloso” il mondo abissale. Il loro aspetto ben rappresenta anche il loro carattere. Sono dotati di una dentatura veramente micidiale capace di recidere di netto qualsiasi terminale. Oltretutto quando sono in piena attività trofica attaccano alla ceca i propri simili in difficoltà perché presi all’amo e qualsiasi cosa che rifletta luce. Hanno una vista sensibilissima e anche le parti lucide del calamento rappresentano per loro un obbiettivo da attaccare. Quindi se sei sicuro di incontrare gli sciabola l’unica soluzione è modificare il terminale classico usando, al posto dei classici in nylon, braccetti metallici ai quali applicare direttamente l’amo tramite un moschettone o degli split rings,. Ricorda anche di colorare di nero le girelle di connessione tra multifibra e nylon, per evitare qualsiasi luccichio. I braccioli metallici li puoi reperire facilmente in commercio; in alternativa è possibile realizzare dei braccioli di nylon dello 0.90 il cui ultimo pezzo di 5 cm è realizzato con piano wire da 150 lb, connesso con sleeves, crimpate e dipinte di nero. Una costruzione un po’ laboriosa ma che sarà l’unica possibilità per avere ragione di denti straordinariamente affilati.

michele Prezioso


GLOBAL@MAIL oraTe.. quale esca? Sono un appassionato di surfcasting, e nelle mie zone, il tirreno meridionale, di solito a Marzo arrivano le prime orate. Si catturano anche con mare calmo, e molti pescatori le prendono, anche se non sbilanciano sull’esca usata. Io di solito insisto con bibi e strisce di seppia, ma i risultati, rispetto all’inverno non sono poi così soddisfacenti. Volevo avere qualche info in più da Dario Limone. Luigi

Caro Luigi, le orate sono pesci onnivori, ma in realtà, in periodi ben precisi, rispondono meglio a certi tipi di esche che ad altre. A marzo, con acqua fredda, ma con temperature in crescita, i risultati migliori si hanno innescando vermi ed anellidi. Arenicola ed americano pare abbiano una marcia in più rispetto a tutti gli altri bocconi. La seppia ed il cannolicchio, che tante soddisfazioni ci hanno dato nel periodo freddo, perdono di gradimento. In molte spiagge sarà necessario il lancio lungo, quindi, canne ripartite, bait clip, e fili fini per arrivare ai pascoli più distanti. Solo se ci sono onde avremo qualche possibilità nel sotto riva. Il fondale è ancora chiuso , i microorganismi insabbiati, e quindi le orate, non accosteranno nell’acqua bassa. La stagione comunque, grazie alle frequenti perturbazioni africane, sembra iniziare nel migliore dei modi, perché lo scirocco, mette in moto i branchi di questo sparide. Non resta altro che andare in spiaggia , meglio se dalle ore centrali fino al tramonto.

dario limone


GLOBAL@MAIL snodi e.. snodi Gentile Dario Limone, c’è un interrogativo che mi pongo da diverso tempo, e riguarda la realizzazione degli snodi direttamente sullo shock leader utilizzando il sistema “stopper-girella-perlina”. Volevo infatti sapere se è meglio tale soluzione, o sia più efficace utilizzare un trave in nylon o un mini-trave in acciaio. Vi dico questo perché nessuno mi ha mai saputo spiegare i vantaggi o gli svantaggi dell’uno o dell’altro sistema. Grazie anticipatamente e complimenti per la rivista. Michele

Caro Michele, lo snodo sul trave, utilizzando gli stopper in gomma, è una soluzione pratica da realizzare, ma presenta qualche piccola pecca. Innanzitutto, se si pesca con il mulinello fisso, subisce le torsioni della lenza durante il recupero, e poi, è poco pratico nel caso volessimo cambiare assetto di pesca utilizzando soluzioni a più braccioli. Se proprio si vuole adottare, meglio usarlo sullo shock leader dei rotanti, accettando di contro, la poco versatilità in caso cambi lo stato del mare. I travi, essendo dotati di girella anche sul piombo, scaricano meglio le torsioni, e lo snodo lavora decisamente in modo migliore. Questo però impone un lavoro certosino a casa, nel preparare travi e mini-travi per ogni situazione. Spesso i risultati passano per un lavoro preliminare al quale non ci si può sottrarre. Il surf è una disciplina fatta di dettagli, piccoli accorgimenti che possono fare davvero la differenza.

dario limone


GLOBAL@MAIL il fascino della sTriscia Sento parlare spesso di traina con la striscia di cefalopode ma non ho le idee molto chiare. Ho visto qualcosa qua e là, ma nulla che mi facesse capire la tecnica per bene. Vi sarei grato se poteste darmi qualche prezioso suggerimento. Ido

Ho dovuto necessariamente sintetizzare la tua lettera, carissimo Ido, solo per avere più spazio possibile per rispondere nel modo più esauriente alla tua domanda. Abbiamo già parlato in passato di questa tipologia di traina light ma mi fa piacere comunque, ribadire i concetti di base, soprattutto per un pescatore alle prime armi che vuole imparare. Incominciamo col dire che la pesca con la “striscetta” nasce per insidiare una molteplicità di pesci, specialmente di fondo. Quindi le prede più naturali saranno le tanute, i praiotti di media taglia, fino ai denticiotti e perché no anche gli scorfani. Non di rado, però se le strisce adoperate sono di generose dimensioni e particolarmente sinuose, le prede possono essere esemplari adulti anche di taglia. Non molto tempo fa, io stesso, catturai una cernia di quasi 10 kg ingannata proprio da una bella striscia ricavata da un grosso calamaro surgelato ed un dentice di quasi 4kg, con un pezzo di una bella seppia. Ciò ha confermato la mia personale teoria che la tecnica della striscetta, se ben praticata non si pone confini di taglia.. . In genere le prede che io amo insidiare di più sono le tanute, anche molto grandi, che non resistono al fascino sinuoso della striscia di cefalopode. Nella pratica, la tecnica è elementare e si tratterà di realizzare un terminale, con del F.C. dello 0,35/0,45 con due o tre ami legati fissi, lungo un metro e mezzo, che connetteremo al preterminale con la solita girella. Gli ami saranno adeguati alla taglia dei pesci di cui tenteremo la cattura e proporzionati alla misura del trancio innescato. Assetto con piombo guardiano e possibilmente attrezzature leggere che permettano non solo l’affondamento con poca zavorra, ma anche la lettura di tocche leggere e l’opportunità di godersi il recupero pesci di media taglia.

umberto simonelli


GLOBAL@MAIL aGli albori del Guardiano Vorrei un chiarimento rispetto alle tipologie di zavorre da guardiano. Mi spiego meglio.. ho visto in tv un video in cui si adoperava al posto del solito piombo uno spezzone di catena e se ne decantava l’uso. Una soluzione molto pratica ed economica che mi meraviglio non sia mai stata citata nei vostri articoli. Sarei curioso di saperne di più. Vito L.

Ciao Vito, credo di aver visto anche io casualmente, tempo fa, il video al quale ti riferisci e ricordo benissimo quanto si diceva in merito alla soluzione della catena. Ebbene questa pratica è antichissima e veniva adoperata dai vecchi pescatori che non avevano altra disponibilità che di un vecchio spezzone di catena con il quale affondare le loro esche. Qualche pregio, questa soluzione lo presentava ed era quello di avere un basso rischio di incaglio e un costo irrisorio, oltre al fatto di emettere qualche sonorità metallica durante il movimento che, si diceva, potesse essere di richiamo per le ricciole. Il rovescio della medaglia è il forte attrito che la catena fa in acqua e quindi la diminuzione dell’affondamento a parità di velocità rispetto ad un solo piombo di peso anche inferiore. Effettivamente hai ragione, non ne abbiamo mai parlato ma davvero è un sistema che poco ha a che vedere con la modernità del piombo guardiano classico che presenta molti pregi e davvero nessun difetto. Molte sono le soluzioni originali inventate oltre alla catena; sfilate di palle di piombo montate in fila, piuttosto che tubi di plastica riempiti di pallini da caccia. Ma nessuna è riuscita a spodestare la leader ship del guardiano. Oltre che il fascino del passato , la catena non ha altri vantaggi salvo quello di stupire come pseudo novità, con il filmato, chi non la conosceva.

umberto simonelli


GLOBAL@MAIL ricciole in combaTTimenTo Buongiorno, Mi chiamo Francesco, e leggo sempre con molta attenzione la vostra rivista. Volevo chiedere a Domenico Craveli, a quanti kg imposta la frizione sullo strike per le grosse ricciole; il diametro di filo utilizzato e relativi nodi di giunzione, e sapere se appena parte il pesce sulla prima fuga va subito con lo strike o lascia tutto più lento per far fare la sfuriata al pesce. Pesco anch’ io ricciole e dentici a traina con il vivo, ma sinceramente mi sconcerta la velocità nel portare questi grossi carangidi sottobordo come lui sostiene di fare. Mi piacerebbe avere info in merito. Ringrazio con stima. Francesco

Gentile Francesco, Pesco le ricciole esclusivamente con amo circle 8/0 o 9/0 ed esche grandi, come tunnidi , grosse lecce stella, palamite e simili, e questo mi permette di forzarle parecchio, poiché è l’amo di solito il punto debole del sistema. Infatti, una treccia da 45/50lbs, un pre-terminale di 23 metri del 0.57, e un terminale da 2 metri di 0, 62, ti permettono di forzarle parecchio e chiudere in tempi brevissimi il recupero. Così facendo mi godo tutta la forza bruta del predone. Setto il drag dello strike a circa 3.5kg, che non modifico fino alla fine della prima fuga che cerco di agevolare con la barca con un leggera virata verso il pesce. Alla fine della prima sfuriata gli concedo la seconda, mettendo la mano sulla bobina e aumentando di poco il carico. Dopo questa fase si fanno forzare, fino a che si piantano nuovamente. A questo punto inizia un gioco di ruoli e di leve, durante il quale spesso riesco a gestirle senza cedere filo o al massimo qualche metro. In questa fase il drag è sui 7.5kg circa, tra frizione e mano sulla bobina. Cerco di posizionarmi con la barca in linea con il pesce, allineato con la testa, e in questa fase cruciale recupero con decisione. E’ una tecnica di combattimento importata dal vertical, che prevede di sbilanciare il pesce nell’istante che precede la fuga. Serve una sensibilità che si acquista solo con l’esperienza. Per quel che riguarda i nodi uso legature semplici e non troppo elaborate. Per la giunzione nylon – trecciato eseguo un Tony-Pena, per la legatura della girella tra pre-terminale e terminale, uso un Clinch, e sull’amo, una sorta di nodo uni a scorrere su un nodo piano. E così facendo non ho mai avuto problemi.

domenico craveli


GLOBAL@MAIL dal verTical allo slow.. PiTch Guardando i vari video sul web dedicati allo slow-pitch, essendo appassionato di vertical, sono andato un attimo in confusione, perché quelle movenze sono molto simili alle jerkate lente che facevamo anche noi qualche anno fa con artificiali piatti che fluttuavano in corrente anche in discesa. In realtà tutta questa novità non la vedo, salvo che, non mi sia perso qualcosa per strada!!! Grazie. Massimo

Caro Massimo, tutte le tecniche verticali hanno un legame tra di loro che le unisce in modo trasversale. Lo slow-pitch incarna la fisionomia del vertical con esche spiattellanti, ma ha caratteristiche proprie che lo rendono esclusivo. Infatti, gli artificiali si lavorano più di mulinello che di canna e non a caso il nome significa appunto “pizzico lento”. Poi, questi artificiali funzionano in caduta meglio dei loro predecessori, poiché sono stati progettati per fare questo. Il doppio assist in testa ed in coda non è montato a caso e serve appunto a stabilizzarne il nuoto, imponendo all’artificiale un assetto quasi “orizzontale” ed oscillante durante la discesa. I tunnidi ne vanno matti, ma anche ricciole , dentici e cernie che possono essere pescate anche in zone a forte corrente, semplicemente controllando la caduta dell’esca verso il fondo, cosa difficile da fare con i jig classici. Naturalmente il confine è molto sottile, ma del resto, ogni tecnica che preveda l’animazione di un artificiale, coinvolge la nostre braccia e la nostra testa più di ogni altra disciplina. Non resta che immedesimarsi in questa che è un nuovo modo di intendere la pesca verticale, che non si sostituisce, ma si aggiunge al Vj che conosciamo.

domenico craveli


TRAINA

CACCIA AL.. VIVO

Di Domenico Craveli

L

a traina con le esche vive, racconta sempre storie su come arrivare ai predatori, quali siano le malizie per ingannare il big fish, trascurando le metodologie parallele per procurarsi i guizzanti bocconi da proporre. Senza di essi infatti, il

gioco, nemmeno avrebbe inizio. Il trainista deve ambire a diventare una figura poliedrica, un profondo conoscitore del mare e di tutte quelle tecniche piscatorie che possono permettere di catturare l’esca viva, spesso specifica, indispensabile per giungere a un obiettivo dichiarato. Perché i risultati di eccellenza passano per strade diverse rispetto ai calamari catturati la sera prima e lasciati in nassa, oppure dall’acquistare a peso d’oro le seppie dai professionisti.


TRAINANDo Solitamente, un trainista, tenta sempre di catturare le proprie esche trainando. PerchĂŠ è nell’indole naturale, cercare di riempire la vasca con esche comunque in movimento. Infatti, se si cercano tunnidi, sgombridi, lecce stella, lucci, specie che usiamo soprattutto per ricciole, la traina costiera, sia di superficie che leggermente affondata, rappresenta la soluzione ideale. Minnow piccolissimi, piume, gli intramontabili cucchiaini, e soprattutto


TRAINA

Un bel tombarello non ha resistito un raglou. Dopo una attenta slamatura, sarà pronto per essere innescato per tentare la cattura di una grande ricciola

raglou nelle misure più ridotte, abbinate

a

terminali

non

superiori allo 0.20, trainati a circa 3 nodi, ci permetteranno, specie dalla tarda estate all’autunno inoltrato,

di

reperire

questi

preziosi pesci, indispensabili per i insidiare i grandi predoni.

L’INTRAMoNTAbILe boMbARDA Molto usata dalla scogliera, questa tecnica permette di pescare a lancio con esca naturale, dalla superficie al fondo, rendendo semplice la cattura di tutti i piccoli pesci che frequentano il sotto-costa. Già fuori dal porto non mancheranno le boghe, le occhiate, per arrivare a menole e labridi se stiamo sulla posidonia. Questi pescetti sono letali per i dentici, specialmente quando questi dentuti sparidi frequentano batimetriche comprese tra i 15 e i 35 metri, e magari si dimostrano indifferenti a inneschi realizzati con cefalopodi. Quel che ci serve è una canna leggera tipo inglese, o una generica sui 4 metri con potenza di lancio 20/40 grammi, abbinata ad un mulinello misura 3000,

imbobinato

con

lo 0.18. La bombarda da usare avrà peso di 20/30gr, inserita passante sulla madre del mulinello, che andrà a battere su una girella protetta da un salva-nodo. A seguire legheremo lunghissimo

il

nostro terminale

dello 0.10/0.12 , anche 3 metri, recante un amo del n°12. Un pezzetto di coreano, o la polpa di gambero, completerà il

Sia da terra prima di salire a bordo, che dalla barca, la bombarda permette di catturare ogni sorta di piccolo pesce utile ai nostri scopi


tutto. Si lancia, si lascia affondare un po’.. e si recupera piano piano. I pesci non tarderanno a presentarsi. Se l’amo sarà sistematicamente ingoiato, pregiudicando la vitalità dei nostri pescetti, basterà aumentarne la misura fino al 10, meglio se a gambo lungo. In alcune situazioni, la bombarda potrà essere sostituita da un galleggiante all’inglese scorrevole, magari abbinato ad un piccolo pasturatore. SPInnIng Canne leggere, lunghe e galleggianti, un ottimo connubio per fare esca

Sulla

falsa

riga

della

bombarda,

potremo provare a procurarci il vivo anche a spinning. Questa soluzione la

adotteremo se i pesci stazionano in un preciso punto, magari difficilmente affrontabile a traina. Questa tecnica si pratica con piccoli jig, dai 5 ai 20 grammi, in grado di sedurre i piccoli predatori costieri. Quali?.. Sgombri, sugheri, lecce stella, ma anche pesci lucertola e grosse aguglie.

Una donzella, o pesce carabiniere. Questo labride è micidiale per tentare i dentici


TRAINA I piccoli jig sono efficacissimi sui piccoli predatori costieri che diventeranno poi validissime esche

SAbIky

L’alaccia è un’esca preziosissima. Tutti i predatori l’aggrediscono con regolarità

Sull’uso delle lenze giapponesi , chiamate anche mitragliette, c’è da dire che sono di una praticità estrema, anche se spesso, nelle situazioni più complicate, quelle di alta qualità e quindi costose, fanno la differenza. I sugheri non vanno molto per il sottile, ma alacce e sgombri, vere leccornie per tutti i predatori, rispondono positivamente a queste lenze se la loro fattura è di alto profilo. Sono da preferire le misure più piccole, con ami affilatissimi, e inserti artificiali ben dimensionati. In alcune circostanze , sostituire il piombo con un jig di peso equivalente, può fare la differenza, specie in quelle condizioni in cui il pesce foraggio è incollato al fondo per via della presenza dei tonni che disturbano non poco la nostra azione di ricerca e cattura del vivo. LA veRA TRAINA Pescare con i piccoli pesci, significa praticare la vera traina con il vivo. Quindi occhio a bilanciare bene i terminali, meglio mono-amo, e le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare. Sempre, in ogni stagione, a qualunque profondità. Noi apparteniamo già alla categoria dei “no-squid”, perché in molte zone il calamaro è inflazionato e non funziona più.. Non resta altro che provare con metodo!


SCHOOL

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SURFCASTING

SOTTO PRESSIONE Di Dario Limone

I

l surf, quello vero, si pratica con mare mosso e molto mosso. Spesso, però, le condizioni migliori coincidono con l’inizio del crollo barometrico, il che può significare anche mare quasi calmo e assenza di schiuma. In ogni caso però ci troveremo ad affrontare situazioni mutevoli

in rapido cambiamento, e saper passare dal piatto alla turbolenza nella stessa battuta può fare la differenza. MeTeo peSCA Quando la pressione va giù di colpo, si ha una calma surreale che precede la perturbazione vera e propria, quindi nuvole, pioggia… e vento. Non tutti sono disposti ad affrontare uno La bassa pressione è in arrivo. Il mare si increspa, la turbolenza cresce.. e le prime nuvole minacciose arrivano dall’orizzonte. Il respiro del vento sul nostro viso, ci dà l’idea che le condizioni stanno mutando


scenario del genere, ma è in questi momenti che si incarna l’essenza della disciplina, troppo spesso confusa con la più placida pesca a fondo. Il surf è una condizione di pesca, una filosofia, non soltanto il mezzo per arrivare alla preda. FoRMe IN MovIMeNTo Dalla calma piatta alla tempesta, l’evoluzione della mareggiata avviene spesso nell’arco di poche ore, ed a volte, ci troviamo a dover affrontare entrambi le fasi. Montante: E’ il momento più complicato per la pesca, perché il vento arriva improvviso con raffiche e spinge sul mare piatto, che inizia a diventare convulso. Può trovarci impreparati perché potremmo avere in mare canne leggere, ottimizzate per l’assenza di vento. Nonostante sia complicato, in questa prima fase potremmo avere le prime frenesie alimentari, soprattutto di sarghi e spigole. Se la corrente è eccessiva, è fondamentale trovare un canalone o una buca, perché a volte i flussi iniziali sono così impetuosi e trasversali la spiaggia, che nemmeno una piramide o un triedro è in grado di farci stare in pesca. Scaduta: è il sogno di ogni surfer, il vento cala d’intensità o scompare ed il moto ondoso diviene regolare. Finalmente tutto quello, che è stato dissepolto dal fondo, è a disposizione dei

pinnuti,

pascolare. fase,

dura

che

Spesso

inizieranno

a

però,

questa

pochissimo,

poiché

nell’ultimo periodo, le perturbazioni, seppur rapide e violente, perdono di potenza rapidamente, per via di altre depressioni, magari di un quadrante

Le onde mettono in moto le spigole più belle. L’immagine ritrae gli

opposto che le annullano nel giro

istanti finali di una grande preda nella risacca

di poche ore, rendendo quello che ritenevamo un momento magico, un momento.. sterile. Adottiamo tutte le strategie necessarie per arrivare alla preda, come anche il lancio lungo, nelle situazioni in cui di solito, mettevamo le esche proprio dietro il gradino di risacca. CoMe ATTRezzARSI L’attrezzatura dovrà essere con la “ A “ maiuscola. Mettiamo nella sacca canne rip o tele con range di potenza fino ai 180/250 gr. reali. Per stare alti sull’onda, può essere necessario impilare anche 2 picchetti uno sull’altro, se la conformazione della spiaggia non ci aiuta. I mulinelli saranno di taglia 7000 / 10.000, caricati con nylon di eccellenza, con diametri dallo 0,23mm allo 0,40 mm. Se siamo in una condizione di scaduta avanzata, con moto ondoso regolare, in assenza di vortici di corrente trasversali e di alghe in suspending usiamo lo 0,23; in caso contrario lo 0,40 mm. Lo shock leader


SURFCASTING

può essere di nylon o di trecciato. TeRMINALI DA TeMpeSTA

Un’immagine emblematica di quello che succede quando predatori e grufolatori si mettono in moto durante la tempesta

Due vecchi calamenti, validi ancora oggi, sono il “ pater-noster “ e lo “ short rovesciato “. Il paternoster, rappresenta per antonomasia la pesca del sarago, mentre lo short rovesciato è ideale per la spigola. La costruzione di questi calamenti andrà eseguita direttamente sulla lenza madre o sullo shock leader, per ridurre al minimo la possibilità di grovigli. Il pater-noster prevede due snodi di cui il primo a 5 cm dal piombo ed il secondo a 50 cm dal primo. I suoi braccioli saranno in media di 20 cm. Lo short rovesciato prevede un solo snodo a 90 cm dal piombo. Il suo bracciolo in media varia tra i 60 cm e gli 80 cm.

piombi da tenuta, indispensabili per far stare in pesca i nostri terminali


BoCCoNI pRoTeICI Le esche migliori saranno quelle della pescheria, più che vermi ed anellidi. I cefalopodi (seppia, calamaro), i filetti di pesce (cefalo, sarda) ed i bivalvi (fasolara, cannolicchi). Tra gli anellidi il verme di Rimini, l’americano ed il bibi. Una menzione a parte per il vivo. Il cefalo è tra le esche quella più resistente, ovviamente non va usato con la tecnica della teleferica, ma va messo in acqua con un dolce lancio accompagnato; saranno i predatori a trovarlo, anche a riva. CANNe IN peSCA Raramente dovremo fare lanci lunghissimi, il più delle volte l’azione di pesca è tra 0 mt e 50 mt, se il fondale è medio basso; se è alto anche a soli 10 mt da riva. I lanci più comuni per le esche voluminose sono l’above cast ed il side cast, che ci consentono di mettere in acqua le esche, senza strapazzarle. In queste condizioni estreme si preferisce alloggiare le canne sui picchetti a bicchiere, piuttosto, che sul tripode. I motivi sono due: il primo è, che se la lenza intercetta un corpo galleggiante trasportato dalla corrente, ad esempio un tronco d’albero, il picchetto trattiene meglio la canna rispetto al tripode; il secondo motivo è che il tripode dispone le canne in pesca con un angolo acuto, invece sul picchetto, quest’ultime possono stare quasi a 90 gradi, quindi ben alte.


VERTICAL

Artificiali nel mezzofondo D

Di Domenico Craveli

opo un inverno particolarmente complicato, le belle giornate iniziano a scaldare la superficie del mare che si ritrova a “rifiorire” in questo inizio di primavera. Un’esplosione di vita, che porta i piccoli pelagici in frenesia. La mezz’acqua si popola di tantissime specie, insidiabili

con le tecniche ultraleggere in japan style. Segnali Dal profonDo Quando si cercano questi pesci, i segnali che arrivano dall’ecoscandaglio sono un ausilio al quale non si può rinunciare. Si pescherà a vista, calando gli artificiali direttamente sulle

marcature.

Realizzare

catture

multiple non sarà difficile, ma dovremo essere bravi a manovrare la barca per mantenerla sui pesci. Di solito i branchi di pelagici si muovono a favore di corrente, stazionando nelle zone dove i flussi rallentano, come i golfi e le anse molto

un buon eco risulta indispensabile per individuare con precisione i target


ampie. Altri spot “magici” per cercarli, sono i tratti di mare antistante le foci. Dove il torbido lascia il posto all’acqua pulita: settori di rimescolamento, dove la grandissima quantità di nutrienti attirano questi pesci.. ed altri grossi commensali. eSChe Su miSura Pescheremo obbligatoriamente con attrezzature ultraleggere (quindi trecciati tra 15 e 20lbs, e leader massimo dello 0.38), focalizziamoci quindi sul tipo di artificiale che andremo ad utilizzare; perché se è vero che tutti colori sono catturanti, in questo specifico scenario, qualche ragionamento sulla logica cromatica l’abbiamo sviluppato. Infatti, dopo numerose prove, reiterate anche in anni successivi, nel periodo che precede l’estate, e con queste specie di pesci, le esche con base arancione, oro pare abbiano una marcia in più. Con le palamite hanno funzionato in modo efficacissimo, anche inchiku con corpo metallico completamente argento e octopus di colore fucsia.

una bella palamita caduta vittima di un inchiku bottom-ship Shimano

Altra esca micidiale sono i piccoli jig da casting. Questa sorta di spinning verticale, ha aperto scenari inimmaginabili. Non sono pochi i pescatori che usano addirittura piccoli artificiali zavorrati in gomma tipici per la pesca in acque interne. movimenti Quando si cala in un branco in frenesia, gli strike arrivano di solito già in discesa, ma spesso, per arrivare a catturare con continuità è necessario capire che tipo di movimento dell’esca convince di più i pesci. Ci sono giornate dove servono

Ogni artificiale può andare bene, ma alcuni colori “caldi” pare abbiano una marcia in più con questi pesci

animazioni lente a partire dal fondo, attraversando il branco dei piccoli predatori senza variare atteggiamento, mentre in altre circostanze saremo costretti a movenze ultra fast. L’importante è provare sempre soluzioni diverse per non assuefare i pesci. Questa tecnica rappresenta una valida palestra per fare pratica, e affrontare in seguito, con maggiore piglio, la pesca ai predatori più grandi.


VERTICAL

non CeDere alle tentazioni

Quando la verticale della nostra barca pullula di questi piccoli pesci, la tentazione di calare un sabiki è tanta, ma attenzione, perché di solito, in mezzo a loro, ci sono spesso predoni più grandi. Palamite xxl, tombarelli ed alletterati over size, ricciole… e tonni, e un attacco di questi ultimi su un esile lenza giapponese risulterebbe devastante, mentre uno strike di grande pesce, sul nostro artificiale , sia esso inchiku, jig o kabura, ci lascerebbe una storia da raccontare, ma soprattutto una possibilità di giocarcela.

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ACCESSORI PER GLI AMANTI DELLA PESCA


NAUTICA

LE POSIZIONI DEL TRASDUTTORE

N

di Umberto simonelli

ell’esercizio di qualsiasi tecnica di pesca dalla barca, lo scandaglio è divenuto oramai uno strumento facente parte integrante dell’attrezzatura. E i recenti sviluppi di nuove tecnologie con cui sondare il fondo hanno dato un nuovo impulso, generando un importante ricambio

“generazionale” con nuove apparecchiature che sostituiscono le vecchie. Da questi nuovi strumenti ci si aspettano prestazioni rivoluzionarie: ma, se da una parte le tecnologie cambiano e le prestazioni aumentano, dall’altra non cambiano le problematiche di montaggio. Anzi, si riaffacciano vecchi quesiti, oggi riscoperti in funzione dei nuovi montaggi. NUovI sCANdAglI.. veCChI problemI La tecnologia si è evoluta ma i principi di funzionamento rimangono gli stessi: la propagazione dei segnali acustici in acqua funziona sempre con le medesime regole e le barche non sono cambiate. Cambiano i trasduttori e le loro performance, ma le metodiche di montaggio e i relativi problemi e curiosità persistono. E’ bene, quindi, fare chiarezza, con una disamina chiara delle opzioni possibili e del panorama dei trasduttori presenti sul mercato, per capire bene, e “a prescindere”, cosa fare o cosa non si deve fare quando si monta un nuovo trasduttore.


le nuove tecnologie offrono prestazioni mai viste prima; ma la trasmissione dei segnali in acqua ed il conseguente posizionamento dei trasduttori presenta sempre le stesse problematiche

UN po’ dI fIsICA. La corretta funzionalità dello scandaglio, sia esso un modello super tecnologico e costosissimo piuttosto che uno di fascia basic e low cost, passa per una buona installazione del trasduttore. Diciamo, per fare un esempio chiaro per tutti, che il trasduttore sta allo strumento come il telaio di una moto GP sta al motore. Se il telaio vale poco, il motore non potrà mai esprimere tutte la sue potenzialità e non ci sarà Valentino Rossi che tenga: le prestazioni saranno sempre mediocri. Tornando al discorso iniziale; se si recepiscono bene i criteri di funzionamento di un trasduttore (ribadendo che il concetto è a prescindere dalla

tecnologia)

molto

semplice

è avere

le idee chiare su cosa fare.

La

trasmissione

di onde acustiche in un fluido, acqua nel nostro caso, avvengono in un modo molto naturale. Il trasduttore, o meglio la parte sottostante, quando emette un segnale oscilla, producendo,

sebbene

ecco come si propaga un segnale in acqua.. per far sì che ciò avvenga senza dispersioni e attenuazioni di segnale, la scelta e il posizionamento del trasduttore sono fondamentali


NAUTICA

impercettibilmente, un movimento; né più e né meno come un altoparlante, la cui oscillazione è invece percepibile perché a frequenza più bassa. Il bello è che, malgrado ci sia un movimento, non si genera nessuno spostamento. Il trasduttore oscilla elasticamente e trasmette questa energia all’acqua; l’acqua, a sua volta, non si sposta ma oscilla avanti e indietro. Insomma ogni molecola spinge l’altra, una specie di passa parola che costituisce l’onda acustica. Questo gioco avviene sia in fase di trasmissione che di ricezione. Maggiore è la densità del mezzo in cui il suono si propaga e migliore è la trasmissione. Va da se che se l’acqua presenta turbolenze, aria e schiuma, ovvero variazioni di densità, la propagazione ne viene penalizzata. Neanche a farlo apposta, le coibentazioni acustiche, ovvero le protezioni per non far passare il rumore, si avvalgono di materiale a bassissima densità.

Il pUNTo preCIso

In alcune imbarcazioni il costruttore predispone nello stampo di carena una sede per il montaggio del trasduttore: il posizionamento è sempre in un punto con minima turbolenza e sempre immerso in acqua

Non esiste un punto preciso buono per tutti. Diciamo che esiste un posto ideale che è quello dove il trasduttore incontra acqua senza discontinuità in ogni condizione di moto dello scafo. Ovvio, quindi, che ogni tipologia di trasduttore ha i suoi punti di elezione, la cui collocazione, spesso centimetrica, non è determinabile con nessuna regola, se non con una analisi precisa delle problematiche di montaggio, con l’esperienza e, a volte, con qualche prova. TUTTI I TIpI dI TrAsdUTTore

due soluzioni alternative per ovviare a problemi di posizionamento diversamente irrisolvibili

Le famiglie di trasduttori sono quattro. Quella che vanta un maggior numero di applicazioni è quella dei trasduttori esterni da applicare sullo specchio di poppa; poi, sempre in ordine di diffusione, quella dei sistemi passanti


(ovvero montati esternamente alla carena), quella dei sender (previsti per un montaggio interno, con il fascio di ultrasuoni che attraversa lo scafo) ed infine quella dei Thru-Hull (trasduttori passanti la carena, da cui però non sporgono e la cui costruzione interna già compensa l’inclinazione della carena). I moNTAggI: I trasduttori da specchio di poppa debbono essere montati seguendo due accortezze. La prima è quella di posizionarlo sul lato di dritta se il motore è destrorso e viceversa o al centro quando si usa la doppia motorizzazione. La seconda è l’altezza; essendo applicati sul bordo di uscita della carena, punto in cui l’acqua risale per effetto della pressione che quest’ultima esercita, deve essere montato qualche centimetro più in alto dal filo, in modo che rimanga appena immerso in acqua omogenea e compatta e non generi un baffo. Questo ci assicura il funzionamento anche a velocità di planata elevate. Questa tipologia non è adatta su barche con motorizzazioni in linea Il classico dei classici..

d’asse: la turbolenza dell’elica ne impedirebbe il funzionamento.

Trasduttore passante in bronzo, montato con il fairing block

Quelli passanti, realizzati in bronzo, debbono essere posizionati nella parte della carena che rimane sempre bagnata in modo uniforme e con il minimo delle turbolenze e più centrali possibile. Ideale la parte poppiera, a proravia dell’ asse dell’elica nel caso della linea d’asse o anche prossima allo specchio di poppa nei fuoribordo e entro-fuori. La posizione centrale rappresenta sempre il posto di eccellenza. L’uso del fairing block rappresenta un’utile soluzione per dare una maggiore idrodinamicità al trasduttore, proteggerlo e facilitare il posizionamento, dovendo compensare l’angolo di deadrise della carena.


NAUTICA

la soluzione per il montaggio interno; la custodia gialla va applicata internamente alla carena e poi riempita di acqua o altro fluido per consentire la trasmissione del segnale

La soluzione interna, in cui la trasmissione del segnale avviene attraverso la carena, è realizzabile tanto tramite l’uso di trasduttori specifici, quanto adattando quelli in bronzo, un montaggio che prevede, però, una buona dose di esperienza e manualità. Intanto deve essere individuato un punto in cui lo spessore della vetroresina sia omogeneo e non esista una stratificazione a sandwich, perché ciò attenuerebbe il segnale sia in TX che in RX. Oltretutto, deve essere usata una cassetta che contenga il trasduttore, posizionato appena radente la superficie di carena ( non a contatto), ne compensi l’inclinazione e che contenga un fluido che permetta la trasmissione. Se uno svantaggio è rappresentato dall’attenuazione che in un’ ottima istallazione è del 10% circa, la soluzione offre il vantaggio di non soffrire le turbolenze generate dal trasduttore stesso, di non subire danni per urti e anche di non essere soggetto al biofouling. Thru-hull, significa letteralmente “attraverso la carena” ed identifica una tipologia di trasduttori pensati per essere montati con un foro passante e rimanere a filo di carena: una soluzione geniale, perché elimina tutte le problematiche degli altri sistemi, massimizzandone il rendimento. Oltretutto i cristalli interni sono orientati già in modo da compensare l’angolo di deadrise.

Il trasduttore passante la carena ha la prerogativa di rimanere a filo, ma presume la realizzazione di un foro di grande diametro


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Saraghi da ROCK

Di Michele Prezioso

L

e mareggiate d’inverno tormentano i fondali adiacenti le scogliere, naturali e artificiali, mettendo in moto tutta la catena alimentare; ed i nutrienti in movimento mettono in agitazione tutti gli abitanti della scogliera

Ma uno su tutti, il sarago, è quello che più degli altri si trova a suo agio nella schiuma. I vortici e le turbolenze sono il suo habitat e lo rendono più attivo: un’occasione ghiotta per confrontarsi con la forza del re della scogliera.


BASTA SIAno SCogLI I saraghi popolano indistintamente tanto le scogliere artificiali quanto quelle naturali. Là dove c’è da soddisfare le loro esigenze alimentari è possibile incontrare un bel pesce: belli, potenti ma sospettosissimi, perché hanno nel loro DnA un carattere elusivo che riesce sempre a metterlo al sicuro da pericolose insidie. Il mare mosso, però, li rende meno sospettosi e più interessati alle nostre possibili esche, ma non per questo diventano una facile preda.


PESCA DA TERRA

C’è SARAgo E SARAgo Di giorno, durante le mareggiate, è possibile insidiare diverse tipologie della grande famiglia dei saraghi. Su scogliere molto scoscese che degradano rapidamente potremo incontrare il pizzuto, detto anche puntazzo, e il sarago reale o maggiore. Lungo la scaduta, ma a profondità minori, potremo incontrare un altro pezzo forte della famiglia, il sarago fasciato. Tra gli incontri casuali che potranno verificarsi oltre ad altre specie, non mancherà il sarago sparaglione, detto anche sparlo, il cui valore sportivo oltre che alimentare è modesto. Difficilmente incontreremo il sarago faraone, la cui taglia supera di gran lunga lo standard dei suoi cugini; sebbene si siano registrate catture di questa specie, c’è da dire che la sporadicità dell’evento è dovuta, oltre che alle abitudini del pesce che ama gli anfratti, soprattutto alla sua rarità. LE ESChE MIgLIoRI Si può dire che il sarago sia proprio di bocca buona e non si formalizza granchè. Amante della schiuma, si ciba dei nutrienti che il moto ondoso trasporta, senza trascurare piccoli vermi, bivalvi e a volte anche le tenere alghe che crescono sugli scogli; a dire il vero, a volte mostra aggressività per piccole esche vive. Quindi, lo potremo ingannare con una ampia offerta di esche; con il classico tocchetto di sarda, con i cappellotti, reperibili in pescheria, con il gambero vivo, da reperire tra gli scogli, con le alghe, quelle tipo erba, leggera e setosa verde brillante ed

Una famiglia di pesci combattivi in grado di mettere alla prova attrezzatura e pescatore

infine con i bigattini e il muriddu. Ad integrazione di esche di qualità potremo avvalerci dell’aiuto di una buona pasturazione. Una semplicissima soluzione è quella di creare un brumeggio con sarda macinata non troppo fine, del sale grosso e del pane raffermo ammollato. Ne ricaveremo un composto di media densità che lanceremo in mare con l’aiuto di un mestolo. Le proporzioni sono 2 parti di sarda e una di pane. Alle prime cale saremo più generosi, ma, appena i pesci entreranno in scia, ridurremo la quantità affinchè non si sazino ma rimangano freneticamente in zona. LA PoSTA Se siamo sulla roccia, oltre a fermarci in prossimità di un punto di mare ideale dovremo individuare la postazione che ci consenta di stare comodi I cappellotti sono un’esca eccellente, gradita a molti pesci e soprattutto tenace e resistente anche ai pesci disturbatori

(per quello che è possibile) ma soprattutto sicuri.


Con le attrezzature a portata di mano, senza correre il rischio di veder rotolare qualcosa in acqua. Se siamo su un manufatto, allora tutta l’attenzione sarà rivolta al mare. Le postazioni ideali saranno le punte e le anse, maggiormente comode per pasturare e pescare. Ma, soprattutto, la schiuma e la profondità saranno le condizioni da ricercare. Dove la schiuma è più bianca e la profondità maggiore, è lì che i nostri sparidi saranno in caccia. Ma capiterà anche che i nostri visitatori siano i grossi cefali e le spigole. CAnnE & CALAMEnTI La canna per questa pesca sarà una bolognese con un’azione 0-30 grammi, equipaggiata con un mulinello 3000-4000 caricato con del nylon dello 0,24 se useremo sarda e esche naturali in genere; scenderemo fino allo 0.18 se useremo il bigattino. La riduzione del filo è indispensabile quando si usano esche leggere come il bigattino che verrebbero penalizzate dal peso della stessa

Una postazione ideale dove avere tutto a portata di mano e stare comodi e sicuri

lenza. I galleggianti consigliati sono da 4, 5 gr. piombati al 60%; così facendo, non affonderanno con il movimento del mare mosso. Intanto le tocche dei saraghi sono inconfondibili e potenti e non verranno fermati da un galleggiante appena più leggero. Quando un sarago di taglia sarà all’amo la reazione sarà violenta, tanto da essere difficile da fermare. E sarà importante che tutto il complesso funzioni, che la canna abbia schiena perché la destrezza sarà quella di evitare che il sarago si intani. Confezioneremo il calamento con ami a curva larga e becco d’aquila dal 2 al 6 se adopereremo esche naturali, mentre passeremo ad ami dritti, gambo corto a curva larga dal 12 al 16 usando la larva. La piombatura della lenza è consigliabile realizzarla con una torpilla da un grammo e una decina di pallini distribuiti lungo un metro e mezzo, mentre il terminale non sarà più lungo di 120 cm.

Il Rock fishing non è sempre comodo.. ma la scogliera profonda regala le prede più importanti


SURFCASTING

La scelta d

Di Antonio Addotta

L

a canna da surf.. l’attrezzo che deve portare i nostri sogni oltre l’onda, oltre il muro d’acqua che come uno scrigno cela bramate prede. Ma cosa acquisto? Come mi oriento in un mercato così vasto? Qual è la discriminante di scelta? Sicuramente il

buono, deve prevalere sul bello! Se è vero che per prendere i pesci basta un filo, un amo e un’esca, è anche vero che senza una buona canna, che ci faccia stare in pesca dalla spiaggia nelle condizioni più diverse,


della canna

non si va da nessuna parte. Ecco che quindi, in un mondo dove l’offerta supera molto la domanda, e dove i colori e l’estetica prevalgono sulla reale sostanza, scegliere tra i tantissimi brand non è semplice, anzi, risulta complicato anche ai più esperti. Il passa parola è la strada più breve, ma spesso sono valutazioni troppo soggettive, ed il web non aiuta, perché specie sui social, mode e tendenze, abbinate ad azioni subliminali, non permettono di capire quali realmente siano le caratteristiche che a noi servono per quello che facciamo. Non parliamo di


buono, meno buono, scarso… o ottimo, ma di quanto sia opportuno valutare un attrezzo che coincida

SURFCASTING

con quello che intendiamo fare. Un pescatore di mormore, avrà delle esigenze molto diverse da uno che ama la tempesta. E in mezzo ci stanno mille situazioni. Vediamo insieme da dove partire.

La canna rappresenta la nostra compagna di avventure, ma soprattutto lo strumento più importante. Con essa si instaura un feeling che spesso va oltre la passione

QUESTIoNI DI bUDGET Acquistare

una

canna..

con le dovute proporzioni, è

come

un’automobile,

acquistare ossia

è

necessario considerare quanto vogliamo spendere per individuare il segmento di prodotto più adatto. Sono tutte canne, ma differiscono per peso, materiale, e prestazioni di lancio, tutte caratteristiche che vanno valutate congiuntamente per capire quanto siamo disposti a spendere e se ne vale davvero la pena. Se per esempio peschiamo in spiagge profonde, dove le distanze di lancio non sono mai eccessive, e dove stiamo in pesca agevolmente anche con mare mosso, a meno di gusti personali particolarmente sofisticati, anche con 150 euro è possibile trovare delle discrete tre pezzi. Sicuramente gli anelli non saranno il massimo e richiederanno qualche accortezza in più per evitare facili ossidazioni. Il peso non sarà proprio piuma, ma ci permetteranno lo stesso di pescare in quel tipo di spot. Se invece la lunghissima distanza sarà la nostra condizione costante, e magari facciamo anche qualche gara, un attrezzo leggero, prestante, e quindi più costoso, dovrà essere messo in considerazione. Il salto di qualità lo si ha intorno alle 350 euro fino alle 600, dove si trovano i top di gamma, made in italy, o in inghilterra, leggi Veret, Italcanna, Maver, ZZiplex CANNE DA LANCIo.. CANNE DA pESCA.. CANNE DA NIENTE! Quando ci accingiamo a scegliere un modello, dovremo mentalmente fare un’analisi di cosa dobbiamo farci. Se peschiamo regolarmente con il mare mosso ed esche voluminose, dovremo scegliere canne dal fusto potente, ma

Canna 3 pezzi da fisso, e una 2 pezzi da rotante, due filosofie, due attrezzi simili, lanciati oltre l’onda con il medesimo obiettivo


con una vetta molto “pastosa”, per poter stare bene in pesca in condizioni di turbolenza senza scalzare il piombo. In questo caso esistono ottime 3 pezzi, con cimino tubolare in carbonio, oppure pieno, riportato nell’elemento del sotto vetta. Le canne per la lunga distanza, avranno invece una cima meno morbida, molto più reattiva, progettata per partecipare attivamente all’arco di caricamento, più che a stare in pesca nel mare mosso ed a segnalare le piccole tocche. Tanto, se dobbiamo scagliare un piombo oltre la soglia dei 150 metri, con filo sottile in bobina, la sensibilità alle toccatine dei piccoli pesci è l’ultimo dei problemi. Naturalmente i compromessi esistono, ma sono pur sempre dei compromessi. IMpARARE A LANCIARE La maggior parte degli attrezzi di tutte le fasce, sono mediamente performanti . Ma spesso, la percezioni di avere tra le mani un prodotto poco valido, è solo colpa nostra che non conosciamo bene le tecniche di lancio, e quindi non carichiamo correttamente l’attrezzo. Eseguire un buon side cast ,ad esempio, non è complicato, ma nemmeno semplice, quindi serve esercizio e applicazione, perché altrimenti, si rischia di non sfruttare la propria canna. Non trovare feeling con essa, significherà odiarla nel giro di poche uscite, e magari ci si ritroverà a cercare la canna ideale, con acquisti compulsivi. Senza oltretutto risolvere il problema, perché la canna perfetta non esiste. Siamo noi, a farla diventare come un vestito su misura, adeguando la nostra tecnica di lancio alla sua reattività.

Imparare a conoscere le tecniche di lancio ci permetterà di scoprire un mondo oltre la pesca stessa. Un po’ come guidare verso una meta, e godersi allo stesso tempo il paesaggio. Lanciare è come proiettare un sogno verso l’infinito. C’è una magia nel gesto tecnico che porta allo “stacco”


NAUTICA

Andiamo in acqua Di Umberto Simonelli

Q

ualche mese fa abbiamo parlato delle operazioni di rimessaggio. Il tempo è volato e la stagione si sta avvicinando e con essa la ripresa delle attività nautiche. E’ arrivato, quindi, il momento di liberare le nostre barche dalle coperture invernali, verificare

se l’invernaggio che abbiamo diligentemente svolto ha dato i suoi frutti e prepararsi ad andare in acqua. Qualcosa comunque dovremo ancora fare. E allora facciamo il punto insieme. CUore eleTTrICo Un check elettrico sarà indispensabile, con le batterie in perfetta forma dopo una seduta di ricarica. Proveremo, prima di andare in acqua, tutte le utenze, pompe, verricello, wc e tutto ciò che ha bisogno di elettricità per funzionare, comprese le luci di via, la tromba, il tergilunotto e gli accessori. Ovviamente, dalle prove non sfuggono i propulsori, ed in particolare, oltre l’avviamento, i trim. Il fermo invernale gioca brutti scherzi.

L’integrità e l’efficienza delle batterie sono due aspetti di primaria importanza. Batterie in ottime condizioni con massima corrente di spunto sono sinonimo di avviamenti sicuri


VaLVoLe & C. Le prese a mare normalmente sono intercettate da saracinesche che bloccano in emergenza l’ingresso dell’acqua. Anche alcuni scarichi, quelli dei servizi o quelli che accidentalmente possono essere sommersi, ne hanno uno. Tassativo verificarne il funzionamento, provvedendo alla sostituzione di quelli che forzano o sono bloccati; è un fatto di sicurezza che non va trascurato! Come è importante verificare (e va fatto prima del varo) che i tubi siano saldamente connessi, le fascette in buono stato e sia esclusa la possibilità di falle o cattiva tenuta. Quando si è in acqua poi è troppo tardi e un problema semplice significa ricominciare da capo con un altro alaggio e un altro varo. ProTezIoNe gAlvANICA Gli zinchi sono una di quelle cose che si applicano un attimo prima di andare in acqua, per avere sempre una protezione al massimo dell’efficienza. Un consiglio che possiamo dare è quello di adoperare, soprattutto per gli anodi sacrificali dei fuoribordo e dei piedi poppieri, quelli originali. Sono certamente più costosi, ma la lega è specifica per proteggere quei materiali: i prodotti commerciali, buoni quanto volete, non svolgono lo stesso lavoro. Ed anche tra quelli commerciali che applicheremo a timoni, flap ed eliche, c’è da fare attenzione. Peso e costo possono essere ottimi indizi per valutarne la qualità. Non è vero che uno zinco più pesante sia buono: ogni anodo ha una percentuale di

zinco,

alluminio

addirittura

e

magnesio

che varia a seconda dei materiali da proteggere. Uno zinco di protezione dell’alluminio non andrà bene per l’acciaio, tanto per intenderci.

Un controllo generale della carena, delle parti metalliche, degli zinchi sacrificali e delle prese a mare sono le operazioni più importanti prima del varo

lAvorI IN SeQUeNzA Una volta verificata la funzionalità tecnica di tutta l’impiantistica di bordo, si dovranno affrontare due ultime lavorazioni: una dedicata all’estetica e un’altra alla carena con la vernice antivegetativa. Bisogna rispettare un preciso timing per queste fasi; premesso che la pulizia della carena con acqua a pressione dovrebbe essere stata fatta subito dopo l’alaggio, adesso si dovrà procedere con una carteggiatura preventiva alla pittura, ma si dovrà anche lavare la coperta e lucidare le murate, oltre che gli acciai, e rinfrescare la copale. Dovremo agire con una precisa sequenza: in primo luogo dovremo abrasivare l’opera viva e le porzioni che dovremo riverniciare in modo tale che, lavando


successivamente, eviteremo qualsiasi spolvero. Poi procederemo con il passaggio di acido tamponato

NAUTICA

per eliminare tracce di ruggine e di depositi calcarei sulle parti immerse, come cavalletto motore del fuoribordo, il piede o elica e supporti. Di seguito effettueremo un buon lavaggio con acqua e sapone specifico. Solo dopo procederemo alla lucidatura delle parti in vetroresina.

La pasta lucidante per la vetroresina, dovrà essere a grana finissima e di qualità; per non rovinare il gel coat, che è la pelle della nostra barca

Un lavoro faticoso che dovrà essere eseguito con l’ausilio di un flex a basso regime di giri, un platorello in pelo di agnello e della pasta abrasiva finissima. Per gli acciai potremo usare prodotti specifici, ma quello principale da usare per entrambi le superfici, a piene mani sarà, purtroppo, l’olio di gomito. anche per gli acciai nulla di meglio che una pasta lucidante specifica; capace di eliminare le ossidazioni e proteggere i materiali al tempo stesso

l’ANTIvegeTATIvA Per chi passerà la prossima stagione in acqua, la pittura antifouling è d’obbligo. L’applicazione è bene avvenga a pennello dopo un’accurata levigatura dei vecchi strati e, soprattutto, il ripristino della vernice aggrappante dove si fosse staccata. Non basterà ripassarla, ma bisognerà assicurarsi che la vetroresina sia priva dei residui di distaccante, che non consentono la presa della copertura. Solo adesso si potrà provvedere alla posa dell’antivegetativa, con almeno due mani incrociate. Se si ha la possibilità di darne anche tre ne guadagneremo in durata nel tempo e la La cura della posa dell’antivegetativa è importante al pari della qualità della vernice stessa. La pittura deve essere omogenea, a mani incrociate e ben tirata, con un film omogeneo. Il bagna asciuga poi deve essere verniciato con particolare attenzione


spesa in più la recupereremo in carburante. Particolare cura dovrà essere posta al bagnasciuga, ovvero alle superfici sopra e sotto la linea di galleggiamento. In quella fascia la verniciatura dovrà essere abbondante ed omogenea con la creazione di un bel film spesso. La presenza di idrocarburi sul pelo dell’acqua aggredisce la vernice ma, ancor di più, la luce e la temperatura più alta che favoriscono l’attecchimento della vegetazione. Il lavaggio e la lucidatura, come detto in precedenza, dovranno essere fatte prima dell’antivegetativa, per evitare che le inevitabili colature d’acqua attivino l’ossidulo di rame dell’antivegetativa prima del varo. Per le parti metalliche la protezione dovrà essere svolta con prodotti specifici, seguendo meticolosamente le indicazioni di procedura. Flap, eliche e cavalletti sommersi sono di difficilissima protezione e malgrado la più scrupolosa cura la durata sarà molto ridotta rispetto a quella della carena. E la migliore prevenzione sarà un uso frequente.

I metalli in acqua sono la bestia nera.. difficile se non impossibile avere una lunga durata dell’antivegetativa. L’importante però è che siano sempre presenti gli zinchi di protezione


TECNICA

La pastura.. vista dai

pesci

Di Umberto Simonelli e michele Prezioso

S

e si pensa ai pesci come cacciatori elementari ci si sbaglia di grosso. I pesci sono predatori estremamente evoluti, capaci di orientarsi e “vedere” in un ambiente decisamente ostile, dove tutte le leggi dell’ottica e dell’acustica assumono connotazioni molto diverse da quelle a

cui “noi umani” siamo abituati. Ragionare in termini terrestri per capire la vita dei pesci è un errore che non bisogna commettere. Esperienza, osservazione e un po’ di biologia possono contribuire a rendere più incisive le nostre azioni di pesca. E, quando si brumeggia, l’efficacia dell’azione aumenta proprio in considerazione di questi effetti SENSI ESTrEmI

I pesci vivono in un ambiente difficile; la luce e i suoni si propagano in un modo complesso e finanche gli odori si propagano in acqua con logiche non intuitive. I pesci nel corso della loro evoluzione hanno acuito i sensi e madre natura li ha equipaggiati di sistemi di percezione ai quali la tecnologia umana appena si avvicina, con sistemi appena accennati anche nei più sofisticati sommergibili da guerra. I pesci ricercano il cibo, e quindi anche le prede, con la sinergia di tutti i loro sistemi; dalla percezione dei suoni e di tutte le onde acustiche presenti in acqua, a quella degli odori e dei sapori, fino alla vista, capace, nei pesci di fondo, di catturare anche il minimo quantitativo di luce; insomma sono delle vere e proprie macchine da guerra, attente ad ogni variazione e ad ogni minimo segnale.


I pesci sono provvisti di organi sensoriali estremamente raffinati; prima tra tutti la linea laterale capace di percepire ogni piccola vibrazione. La loro sensibilità acustica comunque è compresa tra 50 e 2000 khz, frequenze molto basse per l’orecchio umano. Ma sufficienti a far avere loro un’ idea chiara di quel che succede intorno, tant’è che un elevato rumore di fondo, composto da suoni di più frequenze li allontana

LA ProPAgAzIoNE DEI SEgNALI In acqua il suono viaggia più veloce che nell’aria quasi di 4,5 volte, ma si propaga a seconda della stratificazione delle fasce d’acqua e della temperatura. Vale a dire che ad una profondità il suono si può avvertire con precisione e qualche metro più su o più giù arrivi molto attenuato o per niente. A volte, nella pasturazione, specialmente con quella solida a palle, anche il semplice rumore della caduta può essere percepito meglio o peggio da un pesce a seconda di dove stia. Sebbene i pesci percepiscano i suoni non solo con delle, diciamo così, “orecchie”, che sfruttano l’amplificazione del suono da parte della vescica natatoria, ma anche con la linea laterale. E’ una specie di sonar che percepisce un ampio range di frequenze, soprattutto quelle bassissime del movimento: onde d’urto in realtà, più che suoni veri e propri, che il pesce riceve e decodifica. E, come fanno

I pesci hanno specializzato i loro sensi alla caccia e al reperimento del cibo. La pasturazione deve essere mirata alle esigenze per poterli trarre in ingannoe capacità di fare da shock leader

i sottomarini, riesce a delineare una “traccia sonar” che gli fa “vedere” cosa ha avvertito. Anche gli odori e i sapori si propagano in acqua. Ebbene si.. perché i pesci, tutti, hanno organi del gusto e dell’olfatto esterni al corpo che consentono di percepire odori e sapori. E, infatti, queste informazioni si propagano in acqua per fasce, trasportate dalla corrente in funzione anche della temperatura: in fasce di acqua più fredda la densità è maggiore e viceversa nell’acqua più calda. ComE UN rADAr Il rumore allerta i pesci, li attira o li allontana. Ad esempio, il rombo sordo dei pescherecci attira i tonni, perché gli strascichi sollevano nutrienti e perdono pesci, oltre al fatto che spesso viene rigettato in acqua il pescato di scarto, che rappresenta alimentazione a buon mercato. L’altro elemento di “alert” è l’odore, che qualche volta è anche sapore. I pesci sono provvisti di organi sensoriali specializzati disposti in alcuni punti specifici del corpo. Le triglie hanno i barbigli con cui frugano nella sabbia, i grufolatori in prossimità del muso; ma sono anche presenti


lungo il corpo. Con questi organi odorano e sentono il sapore del nutrimento e delle prede.

TECNICA

Poi c’è la vista. Non vi aspettiate che i pesci vedano come noi, ma quello in cui sono bravi è percepire le variazioni di luce ed analizzare il movimento, come se leggessero dei codici a barre. Nel ritmo del movimento ci sono tutte le informazioni necessarie per capire e discernere.

Anche i pesci hanno il naso.. solo che a differenza del nostro non ci respirano, ma riescono a percepire le sostanze odorose anche se molto ma molto diluite

LA PASTUrA vISTA DA SoTTo Con tutto questo apparato, immaginiamo cosa succede quando si pastura. Se parliamo di pastura incollata e lanciata, già il tonfo è un segnale che viene riconosciuto; poi c’è l’aspetto visivo dello spandersi dei componenti e, quindi, il completamento del richiamo la fa la componente olfattivo – gustativa. Anche la fiondata di bigattini provoca rumore che passa tutt’altro che indifferente ai pesci. Va da sè che un perfetto bilanciamento dei componenti è fondamentale per attirare e mantenere i pesci in pastura. E’ importante, quindi, tanto la funzione degli aromi e delle sostanze alimentari, quanto anche la presenza di sfarinati che aumentano l’aspetto visivo. In funzione della trasmissione dei sapori e degli odori, sia per corrente che per temperatura, è importante la granulometria e la capacità affondante della pastura. A volte è proficuo che si sciolga lungo tutta la colonna d’acqua o che arrivi rapidamente sul fondo rilasciando poi lì i componenti attrattivi. Ma anche gli aromi che spesso troviamo nelle pasture pronte, o sfusi come additivi, possono fare la differenza, non solo per gradimento ma anche per capacità di diffondersi. IL brUmEggIo A seconda della pesca che si fa, si può brumeggiare in modi differenti. Ad esempio, nel drifting l’uso delle sarde a pezzi, intere, tritate o in pasta è il sistema più diffuso. Però anche qui quello che i pesci sentono e poi vedono è determinante. Per tale motivo è importante, se i pesci non sono in zona e l’azione deve essere veramente di richiamo, che si proceda valutando la situazione e variando la granulometria e l’affondamento.

Quando i predatori hanno individuato una mangianza la loro attenzione è concentrata sulla scia di odori e sapori che vengono rilasciati dal pesce foraggio


Perché una pastura fine inonda di odore, ma se non è complice la corrente può rimanere superficiale e viaggiare per miglia senza effetti. Al contrario, pezzi grossi possono affondare senza intercettare i pesci. Ecco perché bisogna studiare bene come si muove l’acqua … a volte è bene usare più metodi fino ad aver convinto i pesci e poi passare ad un mantenimento che trattenga i pesci ma non li sazi. Succede per tutti i pelagici e non è male pasturare anche a mezz’acqua a volte, con sacchi affondati o impastare sarde, pane raffermo e sabbia per creare una cascata di sapori, odori e richiamo visivo. Il pane, infatti, crea una nuvola visibile da lontano che, quando si sposta, porta con sè anche l’odore, la sabbia invece trascina verso il fondo le parti più grandi. La granulometria della pastura è determinante; e la foto è un esempio emblematico anche se volutamente esagerato: difficile convincere un predone a “ credere” a bocconi diversi da quelli che sta trovando in natura, come esempio questi piccoli pesci appena ingurgitati e sputati dopo la cattura.

ComE I mISSILI I predatori pelagici, grandi e piccoli, nuotano alla ricerca di mangianza. Cacciano generalmente in aree a loro conosciute e presso le quali è usuale la presenza di foraggio. Non è detto che I pesci con abitudini più demersali, ovvero che vivono in prossimità del fondo, andranno convinti con pasture affondanti e simili alla loro alimentazione

avvenga sempre l’incontro visivo, ma spesso, o forse quasi sempre, sono gli odori a indirizzare i pesci verso le prede anche a miglia di distanza. Le palle di pesce foraggio, fatte da migliaia di individui, rilasciano in acqua dei cataboliti, gli escrementi in pratica, che si diffondono, ahimè, molto bene in acqua. Questo attira i pesci e, mentre ciò accade, le prede avvertono la presenza del pericolo, cosa che aumenta il rilascio di aminoacidi specifici… l’odore della paura … A questo punto la connessione punto - punto tra preda e predatore è un filo diretto e difficilmente si sbaglia il bersaglio. Anche le pasturazioni in qualche modo debbono simulare questa situazione.

Per i pesci che stazionano nelle fasce più alte e per i pelagici la pasturazione ideale è quella più ricca di aromi e odori che solleciti la frenesia alimentare


FANTASTIORIE DI PESCA

Ahi.. Mi è scappata la..

Di Domenico Craveli

L

a pesca è fatta d’istanti, di situazioni biologiche che portano a catturare un pesce che decide di mangiare la nostra esca… Ma.. alle canne in pesca, bisogna stare vicino, perché può capitare di perdere l’appuntamento biologico pescante, per un’esigenza fisiologica incombente.. Mare di tramontana, nulla accade, perché si dice pesce in tana.. Due canne in acqua, e il fedele compagno di pesca che lamenta il fatto di annoiarsi a condividere due attrezzi per due pescatori. “Quasi quasi monto la terza.. lontano, così non la tocchi se mangia il sarago, e mi godo il recupero senza la corsa alla.. “la tiro io” “ E così, con un bel cappellotto come esca, la terza canna, lontano da occhi indiscreti, scaglia quel bocconcino nel fondale misto in quel di Coccorino. Passano i momenti e ancora nulla succede, e l’incauto pescatore decide di


trovare rifugio e sfogo al proprio metabolismo, stimolato dal vento freddo, dietro la macchia mediterranea.. Ma nel mentre si accingeva ad uno scambio culturale con la natura, la terza canna, si proprio quella, si piegò all’inverosimile. Un grido nel silenzio, istanti interminabili, e una piegata sul picchetto da rizzare capelli e carbonio. Che si fa…. LA CAAANNNNNNAAAA!!!! L’altro pescatore, approfittando dell’empass del titolare di quel picchetto, prende in carico la situazione, ed inizia un confronto quasi epico con un indomito animale che scalpita dall’altra parte. Spigola gigante, orata vestita da razzo… o che cosa? Forse una cernia da corsa, ed intanto la situazione evolve, ed i metri si accorciano. Non avendo rotto nella prima, seconda, terza fuga, vuol dire che quello 0.25 può reggere. Intanto gli spettatori arrivano, tra cui anche il pescatore che doveva essere il legittimo titolare di questa storia. Ma 20 secondi nella pesca sono lunghi come 20 anni, e per usucapione ha perso il possesso di quel pesce. Quei secondi che lo hanno fatto diventare secondo… spettatore di un dentice che compare nell’onda. Il dentice è vinto, in posa, un pesce della vita. Ma il pescatore che ha perso la storia, ha comunque vinto, perché in fondo, forse, avrebbe ceduto l’onore del confronto all’altro che poi ha combattuto il dentuto. In fondo è una storia di padre e di figlio…e come per magia, anche in questo duetto la storia stessa è diventata una sola, la gioia condivisa, di una vita di mare vissuta all’unisono… perché la pesca stessa, è un testimone che si tramanda tra generazioni contigue… Grazie papà… e grazie pipì!




Copertina parlante Angler : Angela Scarano Preda : Dentice (Dentex Dentex) Periodo di pesca : Febbraio 2016 Peso : Kg 7,800 Ora della cattura : 9,00 Località : S. Teresa di Gallura Tecnica: Traina con esca viva Esca : Calamaro vivo Terminale: FC 0.62 / ami 7/0 Fondale : Misto Profondità : 62 mt

FOTO: Fotocamera : Nikon D200 Esposizione : priorità di diaframmi Tempo di scatto : 1/800 sec Diaframma : F/5,6 Modo di misurazione: Ponderata centrale






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