Rivista marzo 2017

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2017

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

la rivista on-line della pesca in mare PESCA DA NATANTE SARAGHI DALLA BARCA

VERTICAL MITICO SEA DANCER

TRAINA L’ARTIFICIALE PERFETTO TECNICA PUNTI DI CONNESSIONE

E L A I C E P S SURF

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VIII - Numero 3



IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VII Numero 3 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone. Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

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Editoriale

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Global@mail

di U. Simonelli

La posta dei lettori

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L’artificiale perfetto

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La barca da pesca

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Mitico sea dancer

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Punti di connessione

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Ami da vertical

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SPECIALE SURF

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di U. Simonelli

di D. Craveli

di U. Simonelli

di D. Craveli

A pesca di immondizia di U. Simonelli



Editoriale

P

assati i fermenti, gli entusiasmi e gli stordimenti della Fiera di Vicenza, una manifestazione veramente ricca di prodotti, novità interessanti e di tanti incontri ci ritroviamo nuovamente proiettati, con un brusco risveglio, nella la triste realtà della pesca ricreativa in Italia. Ci riferiamo ovviamente al ritorno in campo della tanto famigerata licenza di pesca in mare. Una storia che si trascina oramai da tempo, con alterne vicende, in un avanti e indietro che alla fine ci ha fatto pensare di essere nella famosa favola “Al lupo al lupo!” e a forza di gridare aiuto, il risultato è stato quello che un po’ per assuefazione e un po’ per incredulità oggi siano rimasti in pochi a credere al pericolo. Ma analizziamo quel che è successo e perché, un po’ come certe malattie da cui non si è perfettamente guariti o perché non ci si è adeguatamente riguardati, abbiamo avuto una ricaduta. Il fatto è quanto meno singolare. Sembrava che la licenza di pesca, o meglio la tassa sulla pesca, fosse finita nel dimenticatoio, ma in realtà il fuoco, cova sempre sotto la cenere e se non si chiamano dei pompieri professionisti, l’incendio è sempre in agguato. Ma vediamo di chiarire quel che è successo. Se qualcuno ha avuto la bontà di leggerlo, con l’editoriale di gennaio, abbiamo toccato l’argomento dell’inasprimento delle sanzioni per i reati commessi contro le regole della pesca ricreativa. E’ bene spiegare però che l’aumento delle pene pecuniarie tocca pesantemente anche i professionisti. Li ha toccati così tanto che costoro, hanno ritenuto opportuno scendere in campo e venire a protestare, a Roma ed anche in modo importante. Interviste diffuse anche in tv hanno chiarito il motivo di tanta preoccupazione; proprio l’insostenibile peso della nuove multe avrebbe reso impossibile ai più il continuare a pescare, con la logica conclusione che molti avrebbero dovuto dismettere l’attività, con la perdita del reddito e compagnia cantate. Se fosse stato qualcun altro a raccontarci il fatto, avremmo dovuto fermarci un attimo e riavvolgere la moviola per rivedere bene e ascoltare meglio. Insomma le multe sono alte, ma così alte che non si possono più pagare, come se un automobilista si lamentasse che passare col rosso fosse diventato così costoso da rendere impossibile il continuare ad andare in automobile! E’ evidente quindi che per la categoria dei pescatori infrangere le leggi è un principio standard, una sistematica e fisiologica pratica, perché il guadagno che ne deriva, evidentemente, consentiva l’ammortamento delle “possibili” multe. Multe da considerarsi come “danni collaterali”, come fossero costi di esercizio da mettere in bilancio. Ma ci rendiamo conto di come opera e di quali argomentazioni riesce ad armarsi la categoria dei professionisti? E ci rendiamo conto che queste argomentazioni vengono anche accolte? Tant’è che per tutta risposta il primo contentino è stato quello di ripescare dal cilindro la tassa ai ricreativi; una possibile pioggia di milioni di euro a reintegro delle “sofferenze” della pesca professionale. Morale il 27 di questo mese, insieme alla ridiscussione di alcuni aspetti della norma andrà in esame l’approvazione della licenza. Abbiamo più volte scritto, su queste pagine, che non siamo contrari alla licenza di pesca in mare a prescindere. Esiste quella per pescare in acque interne, esiste quella di caccia, non vediamo perché non dovrebbe esistere quella per la pesca in mare. Non deve esistere una licenza che finanzi un’altra categoria, qualunque essa sia. La licenza freshwater, devolve una parte dei proventi in azioni di tutela ambientale e ripopolamento delle acque interne, quella di caccia finanzia in parte l’immissione di selvaggina sul territorio, le azioni di controllo e tutela … e quella sulla pesca in mare cosa finanzierebbe? Finanzierebbe lo sforzo di pesca in un mare la cui tutela invece va ramengo. Nelle pagine che seguono in questo numero, c’è l’intervista a Francesco Ruscelli, responsabile della nuova nata Fiops. Una forza nuova, con idee nuove sulla pesca e sul suo futuro. La situazione deve e può cambiare e c’è bisogno di una mobilitazione generale di cervelli e anime. Non basta dire “tanto io non pago” è un inutile sfoggio di muscoli. Serve capire e cambiare, perché questo paese possa crescere partendo anche dalla pesca ricreativa. Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL La bombarda Ogni tanto mi vengono delle curiosità. Questa volta è il turno della bombarda. So di che si tratta e so più o meno come si funziona. Non si adopera più tanto, o per lo meno dalle mie parti non la usa nessuno. Penso invece che sia un’ottima soluzione per pescare il vivo da usare con la teleferica o il palloncino, pescando da terra. Volevo quindi chiedervi qualche info sulla tecnica e i prodotti da scegliere. Spero che una cannina da spinning possa essere sufficiente, poi non mi resta che sapere pesi, ami è esche. Michele Da

Michele

a

Michele, ti voglio confessare

un

segreto. Se vuoi pescare da terra con la bombarda la

soluzione

migliore

è

usare,

invece

di

canna

una

da

spinning,

una bella canna all’inglese quattro

di metri,

con una potenza dai 20 ai 40 gr. Una canna del genere ti offrirà l’opportunità

di

lanciare meglio, più lontano e soprattutto usare terminali lunghi, che in questa pesca sono importanti. Poter usare un terminale di tre metri consentirà di insidiare meglio i pesci di galla. Le bombarde hanno delle grammature e delle caratteristiche rispetto alla affondabilità. Ci sono quelle galleggianti, semi affondanti e affondanti. In questo contesto ti consiglierei i primi due tipi da 25 ai 40 gr per quelle galleggianti e un grammo per la semi affondante. Le esche che giudico migliori sono il coreano e il verme di terra, mentre se vuoi provare con esche artificiali i raglout piccolini sono il top. Monterai la bombarda in questa sequenza: lenza in bobina dello 0,20, bombarda, tre perline e girellina multipla e tre metri e mezzo do 0,12/0,16 e sei in pesca. Le tue prede saranno le aguglie, le stelle, le occhiate e tutto quello che gironzola intorno. Non di rado potrai avere attacchi di pesci non proprio piccoli.

michele Prezioso


GLOBAL@MAIL La PomPa di sentina Sono nella necessità di sistemare il sistema di scarico dell’acqua dalla sentina che non funziona. Ho la barca a terra e sto facendo dei lavori di refitting in autonomia. Vorrei sapere se ci sono delle regole da rispettare e come dimensionare la pompa. Preciso che la mia barca è un natante di 7 metri Sergio

Carissimo Sergio la norma impone per tutte le categorie di imbarcazione e natanti la presenza di un mezzo di esaurimento, con la precisazione che fino a 12 metri è sufficiente una sola pompa di esaurimento manuale o meccanica, fissa o mobile; superando queste dimensioni il numero raddoppia e una deve essere fissa e l’altra può essere anche mobile. Per quanto concerne la portata dei sistemi di esaurimento dell’acqua di sentina è prevista una semplice formuletta: Q (ovvero la portata) si ricava da L ( lunghezza scafo) moltiplicata per il coefficiente 0,27 . Ovvero Q= Lx0,27. Il valore che se ne ricava è espresso in metri cubi/h. Nel tuo caso specifico quindi anche una pompa da 2,5 mc/h va bene. Nella pratica il mio consiglio è quello di installare due pompe; una provvista di automatismo ed una che potrai accendere manualmente. La prima la connetterai direttamente alla batteria servizi senza passare per lo stacca batteria e la seconda invece seguirà l’impiantistica servizi standard. Avrai cura di dimensionare l’impianto di alimentazione elettrica della pompa automatica in modo da sopportare anche elevate correnti (3 volte quelle di targa) dovute ad un possibile esercizio gravoso e consentirne comunque il funzionamento, istallando un fusibile di sicurezza pari appunto al doppio della massima corrente di esercizio. Una particolare attenzione va rivolta alla tubazione di scarico che deve essere realizzata con tubo armato (quello che non si strozza) e se l’ombrinale è basso, deve essere realizzato un sifone che non consenta, con la barca sbandata o il mare mosso, all’acqua di rientrare accidentalmente. Meglio se gli scarichi delle due pompe sono separati. La pompa dovrà essere fisicamente posizionata nel punto più basso dello scafo, meglio se in un incavo che raccolga tutte le acque anche quando la braca è ferma.

Umberto simonelli


GLOBAL@MAIL Pazzi Per Le mormore Cari amici di Globalfishing, sono un neofita del surf. Vi scrivo perché volevo trovare un’alternativa all’arenicola nella pesca delle mormore. Praticamente, ho sentito “storie”, dove gli esemplari più belli sono capitati su altri bocconi, e credo che il periodo che va da marzo ad aprile sia il migliore. Sarei lieto di avere un parere da Dario Limone, Michele.

Carissimo Michele, per la pesca delle mormore, credo che non puoi esimerti dall’uso di questo anellide. E’ vero che gli esemplari più grossi capitano su esche come americano, bibi, o meglio ancora parti molli del paguro e delle cozze, ma è impensabile impostare una pescata alle mormore senza il verme di rena. L’arenicola poi ha dei vantaggi indiscussi, come la possibilità di conservarlo senza problemi per settimane, specialmente nei mesi non eccessivamente caldi. Comunque, come ti dicevo, le esche alternative non mancano, ma meglio usarle sulla “terza” canna, piuttosto che come soluzione di base della nostra strategia. E’ anche vero che il surf spesso mira al grosso con esche sostanziose.. ma non c’è mormora senza (verme) “napoletano”!

dario Limone


GLOBAL@MAIL animaLi neLL’onda Ciao Dario Ti ho conosciuto in fiera a Roma due anni fa e ti seguo sulle pagine di Global. Ho un quesito da porti. Grazie a tanta perseveranza , ai tuoi consigli e a quelli di amici più grandi il surf mi sta dando le prime soddisfazioni . Due settimane fa ho fatto il colpaccio e ho catturato uno spigolone enorme, di oltre due kg. Davvero inaspettato. Ma sul profondo gradino di risacca, battuto dalle onde, complice l’emozione, mi sono totalmente incartato e penso che Ridolini sarebbe stato meno comico. Ero da solo e mi sono fatto quasi il bagno perché il pesce si era incastrato, sulla sabbia e sulla posidonia morta e avevo paura di rompere. Che consigli puoi darmi da mettere in pratica quando la situazione si fa difficile come in questo caso?

Romano Carissimo Romano, nelle situazioni complicate, a meno di non essere in due, e dotati di raffio, serve tanta pazienza e sangue freddo. Bisogna sfruttare le onde, che possono essere davvero le nostre uniche alleate. Se il gradino di risacca è alto, è necessario lasciare sfogare la preda nel cavo dell’onda. Oltretutto se si tratta proprio di spigola, il pesce tenderà ad aggallare da solo. A questo punto dovremo assecondare il ritmo delle onde stesse, facendo si che siano loro a spiaggiare la preda. Nel caso l’operazione non vada a buon fine la prima volta, è bene aprire l’archetto, e lasciare rotolare di nuovo la preda in mare, e ritentare. Questo è meno rischioso che instaurare un tiro alla fune. Mai comunque toccare la lenza con le mani o tentare di spiaggiare il pesce a calci, come spesso si vede. Ripeto, serve solo calma!

dario Limone


GLOBAL@MAIL aLLa ricerca deL mULo Ho praticato la traina con il vivo e di superficie con molte attrezzature diverse, molte delle quali rimediate qua e là o molto vecchie e dismesse da qualche amico o parente e qualche pesce l’ho preso. Ora è arrivata l’ora di permettermi una attrezzatura da vivo come si deve. Quindi la mia domanda è: cosa devo cercare in un mulo che mi faccia capire che è un buon prodotto e che non sia “buono” solo perché costa tanto e porta un marchio importante ? Ho avuto tra le mani un prodotto americano blasonatissimo e non ha superato, per come la penso io, il confronto con un vecchio TLD 25 di mio padre. Renato Renato, non sei uno che va per il sottile e

ho

il

sospetto

che, tra le righe, ci sia un po’ di sana polemica oltre che la richiesta (forse) di un consiglio. La cosa da una parte mi fa quasi piacere perché mi stimola a parlare di

fatti

concreti.

Attualmente esistono

non prodotti

che non funzionano; esistono prodotti molto affidabili e prodotti più commerciali. E’ vero che non sempre le aspettative generate da prezzo e marca non sono soddisfatte dai fatti. Ma è anche vero che ci sono mulinelli onestissimi che fanno il loro sporco lavoro senza tradire ed altri stratosferici che possono lavorare per anni senza il minimo cenno di cedimento ed altri ancora economicamente inarrivabili che deludono rapidamente. In questa sede non posso spendere parole per un marchio piuttosto che un altro, ma la mia filosofia è quella di optare per prodotti la cui ricambistica è presente un po’ ovunque e il cui service di post vendita sia efficiente e tempestivo. La qualità di un mulo si vede sulla lunga distanza o quando ci si trova in situazioni eccezionali in cui alcuni modelli mostrano presto i nervi, come nel caso di attacchi di tonni in traina col vivo. Al di là delle caratteristiche estetiche quel che conta sono la qualità dei dischi frizione e quella dei cuscinetti, il peso e la maneggevolezza. Capire a vista le qualità di un prodotto necessita avere molta competenza e non sempre basta; nelle mie scelte per principio preferisco affidarmi ad aziende che tradizionalmente producono mulinelli da sempre.

Umberto simonelli


GLOBAL@MAIL esche “tosate” Non sono un super esperto di traina con il vivo e la mia esperienza è recente. Traino di solito con le seppie a dentici. Ma spesso mi imbatto nelle tanute. Oramai mi sono rassegnato e quando ci sono loro me ne faccio una ragione e so che in poco tempo le mie esche saranno dilaniate e rese inutili. Però mi è capitato di imbattermi in pesciolini disturbatori di piccolissima taglia che sono riusciti a “tosare” letteralmente i tentacoli delle mie seppie. Quel tanto che basta, forse un paio di millimetri, a far perdere al cefalopode quella sinuosità che io credo sia importante. Ora la mia domanda è questa. Quando le seppie vengono mutilate fino a quando sono ancora adoperabili? Ovvero i dentici secondo voi le attaccherebbero anche quando i tentacoli sono corti? Rolando

Sicuramente a guardarla andare, un’esca dal nuoto sinuoso dà l’idea di essere decisamente più credibile, se non fosse altro che per il movimento. Ma puoi credermi se ti dico che è più un nostro problema che un problema dei pesci. A fronte delle varie esperienze vissute, durante tantissimi anni di pesca, ti posso assicurare che le seppie come i calamari possono essere attaccate da dentici anche senza alcun tentacolo. Sai quante volte mi è capitato che le tanute o i paraghetti dilaniassero le esche tanto faticosamente reperite? Fin tanto che la vasca del vivo mi aiutava con calamari e seppie vive sostituivo l’esca “tosata “con una viva. Ma se a fine giornata, finite le esche mi imbatto in un fondale interessante con belle marcature o segnali importanti non ci penso su neanche un attimo a innescare quel che ho. Quasi tutte le volte i dentici e le cernie le hanno mangiate lo stesso. Ricorda poi che se non si prova difficilmente la fortuna ci sorride.

michele Prezioso


GLOBAL@MAIL a misUra di assist Amici di Global Fishing, ho alcune curiosità che vorrei sottoporre a Domenico Craveli, rispetto a come armare un jig. Più che altro vorrei capire come regolarmi autonomamente capendo come devo fare e perché. Vedo che molti pescano con un solo amo , altri con le armature butterfly a doppio amo ed altri ancora con un amo sopra ed uno sotto e vorrei anche capire anche come regolarmi con la lunghezza degli assist. Sono un neofita della tecnica ma con molta passione e vorrei iniziare la stagione di pesca ben preparato. Mauro

Caro Mauro, armare un jig non è complicato, basta seguire poche regole. Il principio di funzionamento dell’assist è molto semplice, anche se a vederlo montato le prime volte ci stupivamo di come un pesce potesse rimanervi allamato. Quando un predone si scaglia contro un jig, l’amo viene richiamato dal vortice che si crea nella estroflessione della bocca, e quindi l’assist finisce dentro le fauci per “aspirazione”. Ecco perché è importante un amo leggero, che in questa fase ha meno inerzia . Una potente ferrata, anche ripetuta, permette incocci sicuri, facendo diventare le slamate, eventi rarissimi. Come oramai è noto, l’assist hook andrà montato in testa al jig, specialmente se si cercano prede importanti. La sua lunghezza, andrà proporzionata all’esca, solitamente il sistema non supera 1/3 del corpo del jig stesso. Le soluzioni a doppio assist creano avviluppi fastidiosi, a meno che non si pesca in slow blatt. In questo numero poi, troverai un articolo specifico sugli ami da abbinare ai jig, nelle varie situazioni di pesca.

domenico craveli


GLOBAL@MAIL riccioLe imPossibiLi Siamo a Marzo, periodo dove nelle mie zone si radunano branchi di ricciole di piccole e media taglia. Poche settimane, per poi scomparire come ogni anno fino a settembre. Provo ad insidiarle a vertical, ma gli attacchi sono quasi nulli e non mi spiego perché. Anni fa le catture erano multiple, e ripetute anche in giorni successivi la comparsa. Ora poco o quasi… perché? A Domenico Craveli l’ardua sentenza. Antonio

Ciao Antonio le ricciole sono state tra le prede più vulnerabili a Jigging, ma la nostra insistenza nel tentare di catturarle, anche quando erano di pochi etti, le ha assuefatte ai ferri. E’ un quesito questo che mi viene posto spesso. Rispetto a sette/otto anni fa, quando era più semplice scatenare la loro aggressione, molte cose sono cambiatee, sedurle con un artificiale, a meno di situazioni particolari non è semplice. Naturalmente, se i pesci ci sono, in qualche modo bisognerà pure tentare di prenderli e per esperienza posso consigliarti alcune strategie; come ad esempio provare nei cambi di luci, e nei momenti di calma della marea. Assolutamente non insistere sullo spot. Più ci stai sopra e più le rendi imprendibili. Fai una o due cale e, se non succede nulla, ritorna dopo a qualche ora. L’unica è l’effetto sorpresa, perché il jig è un’esca di reazione.

domenico craveli


TECNICA

L’artificiale perfetto L

a traina con le esche artificiali sebbene possa sembrare concettualmente semplice nasconde aspetti complessi, assolutamente non trascurabili. Perché se ci si pensa bene, non è proprio semplice e soprattutto non lo è sempre, catturare un predatore usando un‘esca che è l’imitazione,

a volte anche grossolana e improbabile, di una preda. In questa pesca è proprio l’inganno, il punto clou della tecnica. L’artificiale giusto al momento giusto. LA pEsCA è sTorIA La traina con esche “finte” si può dire che sia sempre esistita; o almeno da quando l’uomo ha iniziato a navigare e pescare si è fatto uso di sistemi artificiali che riuscissero a catturare un pesce e pare che già poco meno di 4000 anni fa nel mare egeo si pescasse con dei rudimentali cucchiaini di metallo lucidato; e addirittura nel 180 A.C. il poeta greco Oppiano, in onore dell’Imperatore Marco Aurelio, scrisse un poema didascalico sulla pesca, realizzato in cinque libri uno dei quali dedicato all’attrezzature ed in particolare alle esche artificiali per la traina. Descrivendo artifici di vario genere, dai cucchiaini alle piume, dai fili di lana colorata in rosso a piccoli artificiali in legno. Diciamo quindi che sono un bel po’ di anni che noi pescatori ci scervelliamo sulle esche artificiali….. La pesca con esche imitative è una tecnica che basa il suo successo sia sull’esperienza che sulla capacità di scelta dell’artificiale giusto e della corretta messa in pesca.


La qualità degli artificiali è alla base. Perché le aziende specializzate costruiscono esche sulla scorta di anni di esperienza e prove idrodinamiche molto complesse oltre che prove pratiche. Difficile ottenere gli stessi risultati con prodotti low cost

QuALE ArTIfICIALE La scelta dell’artificiale è la vera difficoltà di questa tecnica. Perché la funzionalità di un’esca non è assoluta e invariabile, ma determinata in genere da una cospicua molteplicità di fattori e per fare una statistica e capire come orientarsi, oltre che una particolare attenzione, necessita molto tempo. Esistono, è vero, artificiali più catturanti in assoluto ma è vero anche che l’artificiale che pesca di più è quello che sta più in acqua. Quello in cui si crede di più. E poiché ci si crede, lo si usa di più e quindi pesca di più. Sembrerebbe un ragionamento contorto ma, analizzando bene, è la verità.

Le esche piccole, specialmente con i pelagici di passo, sono estremamente prestazionali. Devono nuotare bene anche a 3 o 4 nodi, ma riescono a catturare anche pesci di taglia. Il discorso è il solito: colori giusti e qualità

ComE sCEgLIErE Partiamo dall’aspetto più semplice: la qualità degli artificiali; è un aspetto determinante perché nuoto, assetto e tenuta alla velocità di traina sono caratteristiche importanti come le colorazioni. La prima componente che attirerà il pesce è la vibrazione ed un artificiale che nuota male o salta fuori dall’acqua non funziona. Capita che esche sconosciute ed economiche abbiano anche qualche riscontro in pesca, ma sono casi rarissimi. Poi subentra la scelta delle dimensioni e dei colori. E qui si apre un mondo la cui esplorazione è infinita. Le dimensioni contano moltissimo, perché, come abbiamo detto più volte i pelagici predano sul foraggio presente e difficilmente attaccano prede di dimensioni diverse. Tant’è vero che non è rarissimo che pesci grandi attacchino esche piccole, perché evidentemente tengono sotto attacco mangianze di quella grandezza. Nel caso dei predatori di fondo, come la spigola o il dentice, il concetto assume anche altre connotazioni che interessano la caratterialità specifica di questi pesci, che sono in grado di attaccare pesci molto più grandi di loro o attaccare per territorialità. La spigola comunque predilige esche con caratteristiche simili alle prede residenti in quello specifico areale di caccia, ma non sfugge


TECNICA Uno straordinario esemplare di spigola catturato dall’autore, con un artificiale olografico

neanche lei al suo carattere aggressivo. DaLLa Parte DeI PescI I pesci, ovviamente, non vedono come noi. La loro visione è più semplice da una parte e più complessa dall’altra, se paragonata alla nostra idea di vista. Oltre alle diversità di ambiente e al fatto che in acqua la luce si propaga diversamente, la visione dei pesci è frutto della specializzazione che madre natura ha sviluppato, specie per specie, per essere più efficaci nella loro azione di ricerca del cibo. Fatti che trovano una parziale spiegazione nelle leggi dell’ottica e in quelle della biologia evolutiva, perché a dirla tutta ancora i biologi non hanno capito proprio tutto. Forse noi pescatori a forza di provare artificiali potremo aggiungere qualche importante contributo. I colori dai pesci vengono percepiti come contrasti, di tonalità e di riflessione. Altrimenti non ci sarebbe ragione al fatto che gli abitanti del mare abbiano livree colorate. I pesci riescono a vedere anche in profondità recuperando tutte la luce possibile grazie al grande occhio e grazie alla mancanza dell’iride che però porta loro lo svantaggio di reagire ai cambiamenti repentini di luce con difficoltà e molto lentamente. Ecco perché al mattino presto e alla sera è più semplice avere ragione dei pesci. Ad esempio un pesce sul fondo sarà percepito dagli altri pesci con tonalità scure tendenti al blu, perché la colonna d’acqua avrà filtrato le altri componenti colorate della luce. Un pesce visto dall’alto, grazie al suo dorso scuro sarà meno visibile in contrasto sul fondo cupo del mare; al contempo un pesce caratterizzato da un ventre bianco, visto dal basso si confonderà col cielo. Quindi la livrea di un pesce è un’altra specializzazione che madre natura ha creato per difendersi dai predatori. Per deduzione possiamo quindi supporre che a volte le livree imitative funzionano perché la somiglianza trae in inganno, mentre altre volte le livree di immaginazione ingannano il predatore proprio per la straordinaria visibilità che offrono.


La Parte DIffIcILe Veniamo quindi alla parte più difficile, che è quella di scegliere i colori più utili al momento. Intanto più artificiali diversi avremo nella nostra bag e più ampia sarà la sperimentazione. Ma esistono delle regole generali da cui prendere spunto e di seguito i nostri consigli:

Le lampughe, pelagici di passo, sono emblematiche di come un pesce sia sensibile alle colorazioni; sono capaci di ricordare un artificiale e le sue colorazioni e non crederci dopo pochissime catture.

Per le Spigole: Cielo coperto / acque velate: colori fluo giallo, rosa, perlato con dorso arancio Cielo sereno / acque chiare: colori naturali, blu, nero, viola, marrone Nelle dimensioni dai 13,15 cm e 18 cm su fondali oltre i 15 mt, nelle versioni affondanti Marche consigliate: Rapala, Halko, Yamashita, Yo-Zuri Per i pesci di fondo/ mezzo fondo come dentici e dotti selezioneremo le misure a seconda delle profondità; di massima, vige la regola di usare fino ai 25 metri misure dai 10 a 13 cm e fino a 45 dai 14 ai 18 cm, nelle versioni affondanti Colori consigliati: viola-oro- fluo, giallo-oro- fluo, bianco perlato con striature arancio Marche consigliate: Rapala e Halco Per i pesci di superficie / mezzo fondo come palamite, alletterati, serra, sgombri, lecce stella, lampuga dai 5 ai 13 cm nelle versioni affondanti Colori consigliati: sgombro, sarda, testa rossa,oro-verde, bianco-celeste, nero-oro, giallo-verde, violarosa, azzurro-rosa perlato. Marche consigliate: Rapala, Yo-Zuri, Yamashita, Halco


NAUTICA

LA BARCA DA PESCA

di umberto Simonelli

S

i può andare a pesca con tutte le barche, perché l’importante è la passione. E’ indiscutibile però che alcune si prestano meglio all’uso alieutico, a prescindere anche dalle dimensioni. Non c’è che dire, ci sono barche più vocate alla pesca ed altre meno e questo non dipende

sempre dal fatto che siano nate come fisherman; certamente una barca concepita per la pesca avrà un allestimento dedicato, ma non sempre questo ne fa una barca ideale o l’unica possibile. per incominciare Certo che se si hanno disponibilità economiche e le idee chiare, scegliere la propria barca da pesca ideale è relativamente facile. Ma non sempre la faccenda è cosi’ semplice e sicuramente ci si deve accontentare di quel che ci si può permettere o di quel che si ha. Però è possibile individuare alcune caratteristiche che possono essere determinanti per orientare una scelta. Semplici particolari o più complesse soluzioni strutturali possono essere delle “predisposizioni” importanti . Insomma in ogni barca si può nascondere una piccola macchina da pesca. diciamo che per pescare la passione è il primo ingrediente importante; poi viene tutto il resto …

le dimenSioni In un altro “settore” si dice che le “dimensioni non contano”, e forse anche per andare a pesca la dimensione non è determinante; anzi per una tecnica come la traina con il vivo uno scafo di dimensioni contenute è maggiormente manovrabile situazione ideale per passate millimetriche ed in caso di combattimenti con pesci “tosti” una barca più leggera crea meno problemi di una pesante e che


sia sensibile al vento. Tanto per fare un esempio, c’è da dire che un’onda che sposta una barca di 7 od 8 metri provoca una forza importante che si riflette con potenza su una lenza in tensione; un imbarcazione più leggera a volte asseconda anche le azioni del pesce.. incredibile ma vero. Spazi a bordo Una barca utile per pescare deve avere un pozzetto agevole, libero; non abbiamo detto l’essenzialità non vuol dire necessariamente essere meno incisivi in pesca di barche più strutturate. l’importante è essere ben organizzati con uno scafo che ci assicuri le condizioni indispensabili

grande ma fruibile, il che significa che divani e divanetti non sono proprio l’ideale. Infatti la zona poppiera inevitabilmente è quella dove si svolgono il 100% delle azioni di pesca. E soprattutto quando gli spazi sono ridotti non ci devono essere elementi o punti in cui le lenze

possano incastrarsi. Un filo teso allo spasimo, anche di grande libraggio, può rompersi sulle cose più impensabili. Tra gli spazi da curare c’è anche quello che ci permette di andare da poppa a prua. Perché può essere necessario spostarsi con il pesce in canna o più semplicemente per aggiustare un ormeggio. aSpetti Strutturali E’ indispensabile installare dei porta canna, soprattutto quelli adibiti alla pesca, diversi da quelli così detti a riposo. In genere i porta canna attivi debbono avere doti di solidità non indifferenti e il posizionamento di elezione è il trincarino. Inevitabile verificare che la barca abbia un trincarino in grado di accogliere possibilmente quelli da incasso ma anche consentire l’ancoraggio affidabile delle basi di quelli orientabili, anch’essi indispensabili per molte tecniche, dalla traina al drifting. Uno scafo che non consenta l’istallazione sicura di almeno di uno dei due tipi sicuramente poco si

la possibilità di ospitare più tipologie di porta canna, indubbiamente è un notevole vantaggio per affrontare tecniche diverse. l’importante è che le installazioni siano realizzate su punti molto robusti

presta alle nostre esigenze. Un altro aspetto costruttivo importante è la conformazione dello specchio di poppa. Se la traina lenta è la nostra passione il posto per un ausiliario è vitale, ma dovremo anche verificare che il peso aggiuntivo non sbandi la barca o non ne comprometta l’assetto anche statico oltrechè dinamico. Quando la barca è ferma ormeggiata deve essere garantita la capacità di autosvuotamento e magari un peso a destra o sinistra può comprometterne l’efficienza. doti nautiche Ovviamente dimensione, peso e tipologia di carena sono le caratteristiche che conferiscono allo scafo le doti di navigazione, oltre alla capacità di affrontare con sicurezza il mare. Inutile pretendere


prestazioni da fisherman di altura da un onesto scafo

NAUTICA

senza patente, spinto da un generoso 40Cv. Ma uno sguardo alla carena è bene darlo, perché poi in mare gira e gira bisogna andarci e non sempre col mare forza olio. La dove si può, una manciata di cavalli in più è bene averli, perché una motorizzazione al limite non è sicura. Questo è un concetto che vale per tutti gli scafi; essere sotto motorizzati oltre ad una navigazione scomposta con mare non proprio calmo può portare a consumi elevati e stress del propulsore, perché quando le condizioni non sono proprio ideali è la coppia del motore che deve aiutarci. Tornando alla carena, profili troppo piatti

avere tutta l’elettronica a vista in questo modo non è sempre possibile, ma è importante che ci siano gli spazi per montarla in modo da averla sott’occhio durante l’azione di pesca

e prestazioni velocistiche elevate con motori poco potenti, sono indice quasi sempre scafi più adatti a comode passeggiate romantiche, che alla pesca … Non vogliamo dimenticare un’altra considerazione, rispetto alla fruibilità totale dello scafo rispetto alle vostre tecniche preferite oltre che al vostro stile di pesca. tutto in viSta Il cuore pulsante della fishing machine. è l’elettronica. Indispensabile quindi consigliare uno scafo con una consolle che consenta di tenere bene in vista la strumentazione e di manovrarla con facilità. Se dal pozzetto non si vede lo scandaglio non va bene, perché l’azione di pesca, soprattutto in traina lenta o nel bolentino ad esempio è in sincronia con le informazioni dal fondo . leggeri come l’aria Non si può non spendere qualche parola sui gommoni , che sempre di più stanno prendendo piede anche nella pesca con la canna. Diciamo che tutti i battelli pneumatici sono ottimi in pesca. Soprattutto per la navigazione sempre Se consideriamo le doti nautiche il gommone non teme confronti; certo che per la sua conformazione l’allestimento per la pesca è più complesso da realizzarsi, ma una volta a punto può diventare una vera macchina da guerra

sicura e per la stabilità, ad onor del vero, imbattibile da qualsiasi barca. L’allestimento diventa più complesso e “l’aggressività” della pesca può creare qualche problema all’estetica del battelo, più delicata di una barca, ma ne vale la pena. Il consiglio principale è di scegliere un battello a carena rigida il cui calpestio interno risalga sui

tubolari, per proteggerli da tutto quello che c’è in un pozzetto quando si pesca, pesci in primis. Per applicare porta canne ed altro roll-bar, maniglie ed altri appigli sono facilmente usabili con sistemi a morsetto o a vite.


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INCHIKU

Mitico s

I

nchiku, una disciplina che si è affermata in Italia grazie alla sperimentazione di appassionati che hanno condiviso risultati ed osservazioni. Agli inizi non esisteva sul mercato nazionale l’offerta di esche specifiche e, quindi, spessissimo

si comprava all’estero a “scatola chiusa”, indirizzandosi verso precisi artificiali che in Mediterraneo iniziavano a dare risultati. In questo nostro percorso, con un po’ di


ea dancer

di Domenico Craveli


INCHIKU

revival, parleremo proprio di una di loro, il Sea Dancer, un artificiale molto particolare per forma e comportamento in acqua, che ha scritto le prime pagine della storia italiana dell’inchiku, cercando di estrapolare curiosità tecniche che possono aiutarci ancora oggi , a risolvere situazioni in cui i pesci di dimostrano apatici verso la nostra insidia. L’esCA CHe DANzA Quale miglior modo per descrivere questo

particolare

modello

di

inchiku? Un artificiale che danza davvero, e che merita un tributo per tutte le catture che ci ha regalato prima di essere sopraffatto da un’offerta di mercato molto più ampia. Ma 5/6 anni fa… la scena era tutta sua perché chi pescava ad inchiku, solitamente lo faceva utilizzando un “Sea Dancer”, un romboide che ancora oggi presenta caratteristiche

uniche

nel

suo

L’atipicità della forma del sea Dancer

genere. Dalla forma ampia ed arcuata, questo inchiku soffre la corrente, ma le sue evoluzioni in acqua scatenano spesso attacchi in contesti dove molte esche falliscono. Si scortica dopo pochi morsi o dopo qualche urto sul fondo, i suoi ami non reggono due uscite consecutive, ma questo “farfalloso”

artificiale

non

poteva, e non può, mancare nella bag di un appassionato. Era sorprendente come con più pescatori in barca, con inchiku diversi, nei momenti di stallo di attività, l’allamata arrivava su di lui. Probabilmente, quel danzare in corrente faceva Un bel dentice è caduto vittima di una sea Dancer a base rosa/argento. Un

la

differenza,

regalandoci

artificiale che in primavera ha sempre dato ottimi risultati

pesci insperati e, soprattutto, facendoci capire che la parte metallica di questo artificiale

non è un semplice vettore che si porta appresso un octopus, ma un elemento partecipante all’efficacia di azione. Questo pensiero ci ha permesso di vedere in modo diverso le strategie di jerking in funzione dell’artificiale stesso, aprendoci prospettive nuove di consapevolezza tecnica.


A mIsUrA DI stANzIALI Il Sea Dancer è un artificiale che

ha

sorprendenti stanziali

dato

risultati

con

predatori

come

dentici

e

cernie. La sua caratteristica di fluttuare in acqua, mentre in rilascio si dispone in corrente, probabilmente scatena l’istinto di aggressione di questi pesci, che lo attaccano in modo brutale anche nella fase di discesa. Il Sea Dancer, numeri alla mano, viene attaccato non appena sbatte sul fondo, in percentuale di molto superiore, grossa alessandrina su un sea Dancer blu/argento da 100gr

ai modelli con parte metallica ad ogiva. Anche i prai non lo disdegnano.

Ci

sono

state

catture anche di belle ricciole, ma lui da il meglio di sé lì… sul fondo, specialmente quando la corrente è debole. megLIo Leggero Viene

prodotto

nelle

misure

70/100/200/300 gr, ma quelle che vanno per la maggiore nei nostri contesti medi, sono appunto

le

prime

due

più

leggere. Le versioni King, ossia 200/300

vengono

utilizzate

prevalentemente ai tropici. Il suo costo è importante, in Italia lo si trova da euro 25,00 a salire, cosa quasi improponibile, se pensiamo che non ha una grande longevità ed in caso di incaglio si

Un praio, catturato su un fondale importante, in una giornata “piatta”

“piange” amaro. Qualche anno or sono costava meno della metà. Naturalmente ci sono in giro delle imitazioni, ma l’originale non ha confronti. Risulta validissimo anche color piombo, completamente scorticato. Sicuramente da provare. Un vero appassionato non può non usarlo per valutarne davvero la differenza in pesca, in condizioni complicate, con pesci difficili.


TRAINA

Punti di connessione

di Umberto simonelli

N

ella traina e non solo, uno dei problemi da affrontare nell’assemblaggio del complesso pescante sono le connessioni. In particolare quella tra trecciato in bobina e pre-terminale.

Con questo articolo faremo una carrellata sulle soluzioni più in voga per effettuare la giunzione tra trecciato e pre-terminale, dalle più conosciute a quelle, per così dire, custom, analizzando pregi e difetti oltre alle modalità di realizzazione


CoNNessIoNI dIffICIlI Prima di entrare nel merito delle varie proposte e soluzioni, c’è da fare, come è nostra consuetudine, alcune premesse. La prima problematica da affrontare, quando si connettono due fili tra loro è l’efficienza e la tenuta del collegamento; perché un nodo di qualsivoglia natura, inevitabilmente riduce la tenuta del filato stesso. Come se non bastasse, le complicazioni aumentano visibilmente quando le sezioni sono diverse tra loro, per crescere ancora quando cambiano anche i materiali; come nel caso della giunzione del trecciato in bobina con un filo in nylon o fluoro carbon del terminale inteso nel suo complesso. Mantenere intatti i carichi di rottura è difficile in assoluto, ma quando di mezzo c’è un braided sottile e privo di elasticità, la faccenda si complica. Un normale nodo corre il rischio, causa la considerevole differenza di sezioni e durezze, di rompersi proprio in forza della azione di taglio che il multifibre è in grado di esercitare. Ecco quindi che è stato necessario studiare connessioni molto particolari per ottenere le soluzioni migliori. NodI NoN NodI Nella considerazione che i monofili sono quelli che risentono più del nodo al contrario dei multifibra che proprio per la loro caratteristica di essere realizzati con più filamenti meno soffrono della deformazione della propria sezione, sono stati studiati nodi che in realtà non “legano” nel senso classico, ma bloccano i due filati per attrito tra loro, con una giunzione che rimane perfettamente in linea. Vediamo quali sono ToNI peNA La realizzazione è chiaramente descritta nel video che segue. C’è da commentare che la realizzazione è veramente semplice e l’azione di tenuta è garantita sia dalla frizione stessa che il trecciato esercita serrandosi sul filo, che dalla battuta sul nodo piano del nylon, che in questo modo funziona solo da stop e partecipa molto poco alle sollecitazioni della trazione

Nel video la realizzazione del toni pena

Il Nodo fG Questa soluzione usa come unico metodo di tenuta “l’abbraccio”, che il multifibra esercita sul monofilo con le sue spire incrociate, che si serra con l’aumento della trazione stessa.


TRAINA

la realizzazione in video del nodo FG in versione semplificata

Il Nodo pR Anche in questo caso la tenuta è assicurata dalla

“impiombatura”

che si ottiene, e che serra

il

trecciato

affiancato al monofilo. Soluzione affidabile al 100%, molto scorrevole tra gli anelli ma che a nostro avviso crea un punto evidente e rigido sulla line lA solUzIoNe CUsTom Forse sembra un po’ laboriosa, ma è quella che la nostra esperienza ci ha fatto preferire, per più di un motivo. Intanto è estremamente durevole, perché l’anello che si crea ha una robustezza estrema e poi la legatura del monofilo è agevole, rapida e sicura. La sostituzione del preterminale in barca è semplicissima e può essere effettuata in qualsiasi momento anche in condizioni movimentate. Il monofilo non si usura e se il nodo di chiusura è e’ importante nell’uso del bobinatore la taratura della frizione che deve lasciar fuoriuscire filo ma con la tensione dovuta, in modo tale che le spire abbiano la giusta tensione, indispensabile per la corretta tenuta

ben fatto, difficilmente va in crisi. In ultimo l’asola è anche un ottimo punto di aggancio del piombo guardiano

La soluzione custom per unire il multifibra al terminale, da un’idea di michele prezioso



VERTICAL

AMI DA VERTICAL Di Domenico Craveli

n

el vertical jigging, nulla può essere lasciato al caso, e soluzioni adattate possono portare cocenti delusioni. L’amo è un elemento fondamentale nel complesso pescante, supera in valore assoluto anche l’importanza dell’esca stessa. Da esso dipende la buona riuscita del

recupero. Gli ami da Vj hanno caratteristiche specifiche, vediamo insieme come orientarsi. GranDi e leGGeri Gli ami idonei per questa tecnica sono particolarmente robusti, avranno una pancia molto ampia, un gambo corto, e un anello saldato leggermente inclinato. L’utilizzo di ami grandi serve a garantire una ferrata sicura quando i pesci attaccano in modo rapido come può avvenire nei confronti del Jig. Quando un predatore afferra un’esca naturale, la morde, la ruota e cerca di ingoiarla, quindi un amo anche se piccolo (se così possiamo definire un 7/0) ha ottime possibilità di trovare un punto di appiglio nel palato, nella gola, o più esternamente. Nel caso dell’allamata su un jig, avremo un amo che “entra” a malapena nella

Un Decoy Cutlass 9/0 montato con un assist essenziale su un long jig rosa/argento

bocca del pesce, subito dietro il labbro.


La trazione contraria della canna, tira l’amo verso l’esterno e verso l’alto, e se il collo non è ampio da “superare” per ampiezza lo “spessore” del labbro stesso, per penetrare nella parte cartilaginea, c’è l’eventualità che l’amo si appunti a malapena in una parte dura e imperforabile. 7 volte su 10 le allamate sono sulla parte alta della bocca. Qualche pesce, può allamarsi anche esternamente, ma sono rari casi. (con i pesci piccoli è un altro discorso) Comunque per dare dei riferimenti: ami del 9/0 e 11/0 Un sj41 infisso in modo precario in una parte impenetrabile del muso di un grosso corazziere

per esche dai 150 grammi in su. Anche il cordame per il relativo assist sarà proporzionato: 300lbs fino al 7/0,

500lbs per 9/0 e 11/0. Tra i modelli possiamo citare i Kudako, gli Owner Sj41 e Sj51, oppure i Decoy Cutlass. Questi ultimi, sono molto indicati per le prede mediterranee, ed hanno una sezione tale da non allargare troppo il punto di infissione. a misUra Di jiG Dall’amo.. si passa quindi alla realizzazione

Cernia bianca allamata nel palato da un grosso owner

dell’assist hook. Come oramai è noto, l’assist hook andrà montato in testa al jig, specialmente se si cercano prede importanti. Tralasciare senza ma e senza se le soluzioni a doppio assist, più deleterie che efficaci, a meno di non utilizzare degli slow blatt che hanno un altro principio di funzionamento. Il motivo di questa particolare soluzione rientra nella logica che tale assetto è quasi immune agli incagli e permette una maggiore capacità di allamata visto che la maggior parte dei predatori attaccano l’esca in testa o immediatamente a ridosso.

Ricciola di taglia su un 10/0 e jig da 200gr


SURFCASTING

SURF

lo speciale

.

Primi Lanci

.

Pesce di stagione: Spigola

.

RE Maggiore

.

Il peso che vola


Editoriale S

iamo giunti al secondo appuntamento del nostro speciale dedicato al surfcasting. Nel mese scorso abbiano iniziato a prendere confidenza con le onde, adesso è il momento di sfidarle. Parleremo dei primi lanci, ricordandoci sempre che l’esca va lanciata nel posto più giusto,

non in quello più lontano. E poi inizieremo a parlare dei “pesci”, vero oggetto del desiderio di ogni appassionato. Parleremo della spigola, con la quale ci giocheremo le ultime opportunità di stagione, e lentamente ci avvicineremo alla primavera, dove il mare cambia, e in un marzo pazzo tutto è possibile. In questa cornice introdurremo altri elementi dell’attrezzatura pescante, parleremo di piombi e primi terminali, insomma.. proseguiremo insieme questo viaggio tra le onde, la sabbia.. e non solo. Domenico Craveli




SURFCASTING

PRIMI LANCI

Nella pesca dalla spiaggia il lancio è l’azione necessaria a portare le esche alla distanza di pascolo. Troppo spesso però questo gesto viene vissuto come segno di virilità piscatoria, spingendo sempre al massimo.. Dimenticando che in fondo dobbiamo cercare i pesci alla distanza più giusta non la più lunga. Surf Casting.. ossia lanciando nell’onda! quindi… è semplice arrivare alla conclusione di quanto sia necessario conoscere gli stili di lancio per sfruttare al massimo le attrezzature, non stressare le esche ed essere precisi per riuscire a poggiare i bocconi nei settori più promettenti. Molti e diversi tea loro, sono i tipi di lanci da “pesca”; ognuno potrà trovare quello più consono alle proprie caratteristiche fisiche e all’attrezzatura in possesso.


Above CAST Il primo lancio che impariamo ad eseguire è l’above cast, il famoso lancio sopra la testa. E’ un lancio di precisione, che ci consente di posizionare l’esca in modo preciso, senza rovinarla. Consigliato nella pesca fino agli 80 metri. SIde CAST

Si posiziona il piombo a terra alle nostre spalle a partire dalle ore 12,00 fino alle ore 14,00 di un orologio ideale disegnato sulla sabbia. (sideangolato ). Con le canne ed i mulinelli di oggi si ottengono distanze, quasi equivalenti ad un ground cast. Sicuramente indicato per la pesca oltre gli 80 mt. GRoUNd CAST Si posiziona il piombo alle nostre spalle fino ad arrivare alle ore 16,00, sempre del nostro immaginario orologio disegnato a terra. Richiede equilibrio e coordinazione. Le distanze raggiungibili sono notevoli. Possiamo mettere un’esca anche a 160 mt, se la lenza madre ha un diametro dello 0,16-0,18. PeNdUlUm E’ il lancio più potente, insieme all’aerocast. Si lancia col piombo sospeso e per evitare la distruzione dell’esca durante il volo, questa viene clippata (bait clip). Le distanze di pesca raggiungibili sono intorno ai 160 mt-180 mt, lanciando con lenza madre dello 0,16-0,18.


SURFCASTING

TImING e GeNTIlezzA

Quando eseguiamo il lancio, lo scopo è quello di porre in pesca un’esca non rovinata, pena l’indifferenza del pesce. Quindi la sua esecuzione dev’essere pulita con una chiusura secca. Un piccolo trucco per lanciare sempre nello stesso posto, è quello di segnare la lenza madre con un pennarello indelebile. In questo modo avremo modo di verificare ad ogni lancio quanta lenza è in mare. Esistono anche dei pennarelli specifici per fare questa operazione. Saper lanciare lungo, ci serve ad esplorare più mare e quindi aumentare le possibilità di cattura. La corretta esecuzione di un lancio, qualsiasi esso sia, richiede allenamento continuo, perché i movimenti sono innaturali e quindi vanno “metabolizzati”. Il punto di arrivo del pescatore è quando ha acquisito un timing adeguato. Il timing è l’andare a tempo, è l’insieme del caricamento della canna e lo stacco del filo dal dito. E’ coordinamento ed allenamento. SUGGeRImeNTI TeCNICI Nel lancio bisogna considerare la canna che usiamo, il drop ed il tipo di shock leader. Una canna semi-ripartita per essere caricata richiede o un potente side angolato od un ground cast. Una canna ad azione parabolica la gestiamo con un above cast. Una canna ripartita, per dare il meglio di se, va piegata con un pendulum. Ogni canna necessita del drop giusto (il drop identifica distanza tra il piombo e l’apicale della canna), che può ulteriormente variare, se usiamo come shock leader trecciato o nylon. Il trecciato carica la canna più rapidamente ed è indicato per lanciatori veloci; il nylon consente un timing più lento.


PREDE DI STAGIONE: LA SPIGOLA

La La spigola spigola èè ilil predatore predatore per per eccellenza, eccellenza, ilil pesce pesce che che turba turba ilil cuore cuore ee la la mente mente di di ogni ogni surfcaster. surfcaster. Presente Presente lungo lungo tutte tutte le le nostre nostre coste coste la la si si può può insidiare insidiare durante durante l’arco l’arco dell’interno dell’interno anno; anno; infatti infatti con con la la variazione variazione climatica, climatica, non non esistono esistono più più periodi periodi stagionali stagionali specifici specifici per per tipologia tipologia di di pesce, pesce, ma ma possiamo possiamo parlare parlare di di maggiore maggiore oo minore minore presenza. presenza. HAbITAT HAbITAT ee AbITUdINI AbITUdINI

Una spiaggia in condizioni da spigola: sabbia a granulometria media, canalone lungo costa subito a ridosso del gradino di risacca, mare formato e bassa pressione


Il suo habitat preferito è la spiaggia durante le mareggiate, o la foce dei fiumi, lungo i quali non

SURFCASTING

disdegna di risalire anche per chilometri. Un altro spot gradito sono le scogliere naturali od artificiali a ridosso delle spiagge. E’ un pesce dal carattere bizzarro ed arriva quando meno te lo aspetti. Per lei non esistono regole ferree ed anche una tranquilla serata con mare calmo, all’insegna delle mormore, può regalare la spigola della vita. Gli esemplari piccoli sono gregari e non è raro assistere a catture multiple; ovviamente il rilascio è obbligatorio. Gli adulti invece sono solitari ed al massimo possono cacciare in coppia. Ha il corpo slanciato, muscoloso e privo di grasso. E’ un pesce possente, che con la sua ampia e forte coda, preda il pesce foraggio in difficoltà tra i marosi. Non è raro vederne stagliata la sagoma nel profilo dell’onda, quando quest’ultima si innalza, prima di schiantarsi sulla battigia. Praticamente onnivora, ha la dieta tra le più ampie del mondo sommerso. Può essere ingannata da un filetto di sardina, da un granchio, da un verme o da un succulento bivalve. L’esca viva è l’inganno ideale, il cefalo è il preferito, sebbene ma non disdegna un sarago, una salpa od altro, perchè le vibrazioni della preda, la portano in un attimo a sferrare l’attacco. Un tempo non aveva antagonisti in natura, ma con la presenza dei serra le cose sono cambiate. Molto spesso sentirete dire che per la pesca dei serra, i filetti più indicati sono quelli di spigola; questo la dice lunga su quello che succede lì sotto. mARe CAlmo o PoCo moSSo

In queste condizioni è consigliato insidiarla in habitat dove può effettuare gli agguati: ideali le scogliere sommerse a protezione delle spiagge e le foci dei fiumi. La spigola è un predatore, che sfrutta più la potenza che la velocità per ghermire le prede. Come tutti i predatori si alimenta contro corrente, quindi prima di lanciare le esche dobbiamo capire qual è il moto dei flussi, che depositano le sostanze organiche sul fondo. Ricordiamo sempre, che la predazione in natura deve avvenire senza eccessivo dispendio di energia. Questa considerazione ci deve aiutare a selezionare i migliori


posti di pesca, dove la regina tende i suoi agguati. Alle foci dei fiumi il miglior momento per la predazione è la bassa marea, quando la corrente porta il fiume a scaricarsi nel mare, trasportando nutrienti e piccoli pesci.

Un bel pesce strappato dalla furia delle onde con una potente 2 pezzi dotata di rotante

mARe moSSo Per il surfcaster il mare mosso si associa alla presenza di saraghi nella schiuma e a quella delle spigole nei canaloni. La spiegazione è, che gli sparidi grufolatori, spazzolano nel sotto riva tutto quello che le onde hanno esposto, mentre il serranide si infila nel canalone, dove c’è minore corrente, per intercettare tutti i pesci che vi si rifugiano perchè in difficoltà ad affrontare il moto ondoso. I piccoli pesci che avranno la sfortuna di incontrare la spigola nel canalone, cercheranno la fuga tra le onde, e lì vince la regina.


SURFCASTING

TRAvI e TeRmINAlI Il trave per il mare calmo o poco mosso avrà un solo snodo alto; tipo short rovesciato. La sua lunghezza sarà di 1,20 mt con lo snodo a 5 cm dall’asola. Il suo diametro oscillerà tra lo 0,35-0,50, a seconda del peso del piombo e dalla distanza da raggiungere. Il terminale sarà dallo 0,22 allo 0,28 lungo dai 2 mt in poi. Useremo un amo tipo Aberdeen per anellidi e filetti, mentre un beak per tutti gli altri inneschi. La misura dell’amo è direttamente proporzionale all’esca. E’ opportuno non dimenticare il filo di lycra per irrobustire gli inganni.

Braccioli lunghi su dispositivi affidabili anti groviglio sono alla base del successo con un pesce che può essere altamente sospettoso

Il trave per il mare mosso avrà uno snodo alto e una geometria di costruzioni pari al precedente. Varierà il suo diametro, che oscillerà tra lo 0,50-0,60 mm. I terminali partono dallo 0,25 in poi. Il diametro del terminale valido è quello, che non si ingarbuglia, per tale motivo anche uno 0,50 mm potrà andar bene. La lunghezza consigliata del terminale è quella compresa tra i 50-80 cm. eSCHe

Un piccolo muggine è in assoluto l’esca migliore se il mare non è mosso. Quando le onde non smuovono il fondo, attivando il pascolo, il vivo rimane l’unica possibilità per arrivare alla cattura

La

spigola

mangia

di

tutto;

gradisce tutti gli anellidi, i bivalvi, i filetti di pesce, flotterati o meno ed il vivo presente nel suo territorio di

caccia.

E’

importantissimo

avere cura di rendere le esche il più naturali possibile: stiamo insidiando un predatore, che in abilità e scaltrezza non è secondo a nessuno. La cattura di una spigola raramente avviene per fatalità. Va cercata ed insidiata con i giusti inganni. Lo si definisce spesso un pesce “lunatico” e questo lo rende un pesce epico, specialmente se di taglia XXL!


Freddo, vento, onde.. finalmente il fragore dei marosi che si abbatte sulla spiaggia ci riporta al vero surf casting, ed alla preda per eccellenza della schiuma: il sarago maggiore Possente nuotatore, che non teme la turbolenza, il sarago maggiore perde la sua innata diffidenza ed entra in frenetica attività quando il respiro del mare si fa violento. La sua pesca è arte, perché far lavorare le esche correttamente nelle forti correnti della risacca non è semplice. Si sposta in branchi numerosi alla ricerca dei bocconi strappati dalle onde e, per tale motivo non sono rare catture multiple. Gli esemplari più grossi, possono superare il kg di peso, anche se i pesci di mole sono sempre più rari. HAbITAT Considerando che ama stazionare dei pressi di scogliere sommerse o manufatti ricchi di potenziali tane, è indispensabile che la spiaggia dove intendiamo insidiarlo, presenti a poca distanza da essa le condizioni morfologiche che ne favoriscono la presenza. Diversamente la sua cattura non può essere mirata ma accidentale. Stabilito questo non ci resta che portarci in spiaggia durante la fase crescente della mareggiata.


Sinfonia in RE MAGGIORE

Freddo, vento, onde.. finalmente il fragore dei marosi che si abbatte sulla spiaggia ci riporta al vero surf casting, ed alla preda per eccellenza della schiuma: il sarago maggiore Possente nuotatore, che non teme la turbolenza, il sarago maggiore perde la sua innata diffidenza ed entra in frenetica attività quando il respiro del mare si fa violento. La sua pesca è arte, perché far lavorare le esche correttamente nelle forti correnti della risacca non è semplice. Si sposta in branchi numerosi alla ricerca dei bocconi strappati dalle onde e, per tale motivo non sono rare catture multiple. Gli esemplari più grossi, possono superare il kg di peso, anche se i pesci di mole sono sempre più rari. HAbITAT Considerando che ama stazionare dei pressi di scogliere sommerse o manufatti ricchi di potenziali tane, è indispensabile che la spiaggia dove intendiamo insidiarlo, presenti a poca distanza da essa le condizioni morfologiche che ne favoriscono la presenza. Diversamente la sua cattura non può essere mirata ma accidentale. Stabilito questo non ci resta che portarci in spiaggia durante la fase crescente della mareggiata.


SURFCASTING onnivoro per vocazione Una spiaggia tipica da sarago. baia sabbiosa incastonata tra promontori rocciosi che calano quasi a picco nel mare con franate di grandi massi e ciottoli

oNNIvoRo PeR voCAzIoNe

Tutti i bivalvi in genere, ma anche le patelle raccolte sul luogo di pesca, risultano eccellenti nella pesca al sarago

L’alimentazione è varia, si ciba di bivalvi, di crostacei, di anellidi e gli esemplari più grossi non disdegnano striscette fresche di cefalopodi e filetti di sarda. La parola grufolatore calza a pennello a questo sparide, che sta sempre a rovistare sul fondo o a brucare le piccole alghe sulla roccia. Nella turbolenza però, il suo comportamento diventa particolarmente fugace, perché si lancia con velocità verso i bocconi in sospensione. Ami piccoli e penetranti stanno alla base del successo per evitare che ci scippi le esche nel suo fare. RobA dA dURI Lo abbiamo definito il “re della schiuma”, perché le condizioni di mare mosso e molto mosso sono indispensabili. A differenza di altre specie, per pescarlo, non dobbiamo aspettare solo la scaduta, ma


è buona anche la condizione di mare montante, con vento in intensificazione. Lanceremo le esche a pochi metri da riva, subito dietro il gradino di risacca e, se presenti, non tarderanno a mangiare. Il calamento principe è il pater noster. Si tratta di un trave lungo 1,20 mt con due snodi, il primo a 5 cm dal piombo, il secondo a 60 cm dal primo. I braccioli lunghi circa 20/40 cm. Gli ami saranno entrambi del tipo beak del n°4. Il diametro dei terminali lo si sceglierà in funzione della turbolenza e, per evitare grovigli, diciamo che dovremo orientarci su misure che vanno da uno 0.25 fino ad Un bell’esemplare catturato di notte in una spiaggia del tirreno meridionale

un 0.40. La mangiata del sarago è secca e si produce in testate continue e possenti. È un vero combattente, ed il recupero rimane incerto fino alla fine. Lo si cattura sia di giorno, che di notte.



SURFCASTING

IL PESO CHE VOLA

In volo come in acqua, ad un piombo da surf vengono richieste diverse caratteristiche, difficilmente conciliabili congiuntamente. Aerodinamicità, idrodinamicità, tenuta sul fondo, sono le variabili da considerare in base alle diverse condizioni di pesca. Il piombo è la zavorra necessaria per lanciare le nostre esche. Il rapporto tra peso del piombo e range di potenza della canna va sempre rispettato per evitare il crash del fusto. E’ impensabile di “frustare” un piombo da 150gr con un attrezzo che ne dichiara 130gr, come “weight max”. UN “mARe” dI PIombI Nella grande varietà di forme, possiamo dividere tre principali categorie di zavorre: quelli da tenuta, quelli da distanza, e gli ibridi, ossia quei modelli che conciliano in “compromesso” le prime due caratteristiche, come gli spike o rampinati. I primi si usano con mare decisamente mosso, o in presenza di forte corrente trasversale che potrebbe far scarrocciare le esche,

Una serie di piombi da distanza


proprio quando invece è tassativo tenerle ferme; i secondi trovano campo di applicazione quando serve posizionare le esche molto lontano, specie col mare calmo e quando, al contrario, una leggera deriva del piombo potrebbe essere utile. Gli ibridi invece si usano in condizione di media turbolenza e media distanza… come dicevamo prima,praticamente un “compromesso”. FoRme IN movImeNTo

Piombi rampinati, studiati per ancorarsi sul fondo, ma anche per “volare”

I piombi da tenuta hanno una forma poco aereodinamica e non sono adatti al rotolamento sul fondo, vedi ad esempio la piramide, il piramidon o il cono. I piombi da distanza hanno tutti una forma ogivale, tipo proiettile, con un baricentro, che può essere in punta o in centro, mai in coda. Oggi ci sono dei piombi da distanza, che hanno anche una sufficiente tenuta, giusto per fare qualche nome noto da menzionare il “ Tommy “, lo “ Sportenn “od il “Rocco top “. La loro caratteristica è quella di avere un baricentro in punta con delle rientranze, che hanno lo scopo di aumentare l’adesione al fondo. Un piombo da distanza puro invece è lo storico “AB Uno”. C’è poi la “pallina da golf” “Windy” , che ha la peculiarità di

Piombi Conici

“galleggiare in volo”; ciò è reso possibile dalla lavorazione della superficie, simile, appunto, a quella delle palline da golf; i piccoli incavi semisferici generano delle turbolenze che riducono gli attriti. Ha una forma a pera con baricentro alla punta. … e per concludere citiamo un piombo particolare, che è quello che ha incorporato il pasturatore; serve a portare piccole quantità di sfarinati o trito di sarde nell’area di pascolo dove lanceremo le nostre esche. Non è molto usato, ma spesso, specie nei mesi estivi, può essere risolutore con pesci dispersi e svogliati. IN volo.. ANCHe Nell’ACQUA

Il Famigerato Windy

Altri piombi sono dotati di alette stabilizzatrici durante il volo, che hanno però anche la funzione di sollevarlo rapidamente dal fondo durante il recupero; sono molto validi se peschiamo sul misto o in prossimità della posidonia, tipo “ Rocco bomb o Rocco 2000 “.


SURFCASTING

SToRICo Un piombo che non deve mai mancare è la sfera. Grazie alla sua forma non si sbilancia durante il volo; offrendoci contemporaneamente discreta tenuta e scarroccio contenuto . In gergo si dice che la palla si trova da sola la buca, che come ben sappiamo è spesso sinonimo di catture multiple. Infatti una volta centrata la depressione del fondo, difficilmente ne fuoriesce. Il Classicissimo a sfera, personalizzato,

mAke UP

con uno snodo metallico autocostruito

I piombi possono essere plastificati od avere vari colori. Alcuni pesci risultano interessati ad alcune cromie specifiche. Da alcuni anni sono

Nella foto di sinistra piombi plastificati ed in quella di destra, colorati e camouflage; a volte le colorazioni incuriosiscono i pinnuti

reperibili

zavorre

anche

fosforescenti,

“ricaricabili”

usando

una

torcia o una sorgente UV (ultra-violetti);

possono

emettere fluorescenze, che vanno dal verde al rosa.

Per concludere dobbiamo sottolineare che la zavorra non è solo il vettore del lancio, ma forse l’elemento più importante del complesso pescante, al pari delle esche. Sembra una banale affermazione.. ma sbagliare il piombo quando si è in spiaggia, penalizza tutte le potenzialità della pescata.

Piombi

fosforescenti,

simulano

bioluminescenza e possono funzionare …

la


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ARGOMENTI

A PESCA DI IMMONDIZIA

v

ogliamo dare rilevanza ad una iniziativa che riteniamo importante non solo per il suo valore ambientale ma per testimoniare anche la sensibilità e la coscienza etica che i veri pescatori posseggono. “A pesca di immondizia” non è solo una buona azione civica, ma anche un

importante messaggio che vuole arrivare ben oltre il popolo dei pescatori e sensibilizzare tutti gli amanti del mare sul fatto che proprio il mare e i suoi abitanti sono in pericolo ed indirettamente lo siamo anche noi tutti. L’inquinamento da plastiche è un problema gravissimo di cui nessuno parla e di cui nessuno sa; ma è una minaccia veramente grave alla salute, una vera emergenza da affrontare con la priorità e l’attenzione dovuta ad un pericolo che minaccia la terra e i suoi abitanti. Non molto si fa in questo senso, perché anche dietro “il mondo della plastica” ci sono sicuramente importanti lobby di potere. Ma noi vogliamo dare un inizio incominciando proprio da qui, dalle nostre spiagge, grazie anche all’iniziativa di Andrea De Nigris che ci racconta come è nata l’operazione “a pesca di immondizia”

umberto simonelli

L’INIzIATIvA E LA suA sTORIA E’ passato poco più di un anno da quel 3 gennaio 2016, una classica giornata di scirocco nell’alto leccese: cielo nuvoloso, umidità eccessiva, mare piatto e perturbazione in agguato. Fino al giorno prima la tramontana aveva fatto da padrona e il repentino cambiamento di tempo faceva sperare che quella sarebbe stata la giornata giusta per catturare la spigola; ovviamente a spinning nel mio posto buono e con uno dei miei più fidati compagni di avventura. Appena arrivammo sul punto di pesca, una lingua rettilinea di sabbia fine, uno di quei posti straordinari del nostro Salento, lo shock fu enorme. Al posto della nostra spiaggia incontaminata ci si parò davanti uno spettacolo disarmante: la tramontana aveva fatto spiaggiare una quantità di sporcizia impensabile. Tentammo qualche lancio


in quel contesto diventato un posto grottesco, dove l’acqua limpidissima era costellata di sporcizia galleggiante e l’arenile invaso da una quantità di immondizia mai vista. Li ed in quel momento nacque l’idea; smettemmo di pescare e decidemmo di raccogliere la sporcizia che violentava la nostra spiaggia documentando quel che facevamo e quel che era accaduto con un video. Pubblicai la registrazione sulla pagina Facebook “La pesca in mare”. La risposta fu immediata e le manifestazioni di sdegno furono veramente tantissime, talmente tante che fu inevitabile passare all’azione e organizzare qualcosa a cui tutti potessero partecipare attivamente.

Nacque così, forse in modo

anche provocatorio, l’iniziativa “A pesca di immondizia”. L’idea di coinvolgere la comunità degli amanti del mare e della natura in azioni concrete di pulizia degli arenili e delle zone di mare dove l’accumulo di sporcizia e plastica è evidente e invasivo. L’accumulo delle plastiche in mare è un fenomeno gravissimo, una forma di inquinamento subdola che mina la salute degli animali che vivono in mare e tutta la relativa catena alimentare fino ad arrivare a noi che consumiamo il pesce in tavola, a causa delle microplastiche che vengono ingerite provocando gravi compromissioni genetiche. Nel 2016 sono stati effettuati i primi eventi (Santa Margherita Ligure (Ge), Orbetello (Gr) e Casalabate (Le) con considerevole partecipazione, dai pescatori ai subacquei fino ai semplici appassionati e ben presto, forte del grande riscontro, le esperienze, anche per il


2017, verranno reiterate in più località con la partecipazioni di sponsor importanti e il patrocinio di

ARGOMENTI

entità istituzionali. GLI ObIETTIvI L’obiettivo principale di questa iniziativa è la sensibilizzazione della gente ai problemi dell’inquinamento dei mari attraverso lo strumento della partecipazione e della condivisione. Un compito importante spetterà anche ai pescatori sportivi e ricreativi che più di ogni altro vivono il mare tutto l’anno. Oltre quello di creare un canale di comunicazione tra pescatori e istituzioni, perché la pesca sportiva e ricreativa è la vera risorsa per il mare.

Andrea De Nigris

Maggiori informazioni su:

http://www.lapescainmare.org/category/a-pesca-diimmondizia/

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LE INTERVISTE DI GLOBALFISHING

LE INTERVISTE DI GLOBALFISHING

N

asce la FIOPS, una novità nel panorama della pesca ricreativa e sportiva; una risposta molto interessante e promettente alle importanti e urgenti necessità del nostro settore. Una iniziativa che speriamo di veder crescere e diventare il nume tutelare della nostra

passione è che riesca a far riconoscere, a livello istituzionale, l’importanza che la pesca ricreativa e sportiva e il suo indotto hanno. Ne parliamo con l’Amministratore Delegato Avv. Francesco Ruscelli che ci ha rilasciato una interessante intervista. I nostri lettori la conoscono indirettamente attraverso l’editoriale del mese scorso, altri pescatori invece tramite il suo video in rete ed altri ancora l’avranno conosciuta in fiera a Vicenza. Ci piacerebbe che i lettori GlobalFishing la conoscessero direttamente dalle sue parole. Ci racconti in breve chi è Francesco Ruscelli e cosa è FIOPS, la nuova creatura che Lei sta facendo crescere.

Francesco Ruscelli è innanzitutto un grande appassionato di pesca fin da quando aveva 5 anni. Fino ad oggi ho praticato quasi tutte le tecniche, anche se negli ultimi 15 anni pesco quasi esclusivamente a spinning fresh e salt water. Molto bass fishing, lucci, trota torrente e predatori d’acqua dolce in generale e negli ultimi anni anche molto spinning in mare dalla riva e dalla barca, in particolare nel mare Tirreno in Toscana ed un po’ in giro per il mondo. In mare, ad ogni modo, mi piace pescare con qualsiasi tecnica.


Il 1° dicembre 2016, su impulso delle più importanti aziende italiane di articoli da pesca (Colmic, Tubertini, Trabucco e Olympus), nata la – Federazione Italiana Il 1° dicembre 2016, su impulsoè delle piùF.I.O.P.S. importanti aziende italiane di Operatori articoli daPesca pescaSportiva. (Colmic, Tubertini, Trabucco e Olympus), è nata la F.I.O.P.S. – Federazione Italiana Operatori Pesca Sportiva.

La FIOPS è la nuova associazione nazionale di categoria del settore degli operatori della pesca sportiva e ricreativa Italia associazione ed è aperta nazionale all’adesione di tutte le di articoli e fornitrici di La FIOPS è lainnuova di categoria delaziende settore produttrici degli operatori della pesca sportiva servizi per lainpesca ai negozi di articoli pesca, alle società di pesca, a tutti quei soggetti e ricreativa Italiasportiva, ed è aperta all’adesione di da tutte le aziende produttrici di articoli e fornitrici di che si occupano di pesca sportiva ed ittiofauna Italia (università, ittiologi, media etc…) servizi per la pesca sportiva, ai negozi di articoliinda pesca, alle società di pesca, a specialistici, tutti quei soggetti e, chiaramente, che si occupano ai di pescatori. pesca sportiva ed ittiofauna in Italia (università, ittiologi, media specialistici, etc…) Il mondo della pesca sportiva in Italia è fatto da circa due milioni di praticanti per un indotto di circa e, chiaramente, ai pescatori. due miliardi di euro Il mondo della pescal’anno. sportiva in Italia è fatto da circa due milioni di praticanti per un indotto di circa FIOPS vuoledicontribuire a far crescere nel nostro paese una vera e propria ‘coscienza di classe’ tra i due miliardi euro l’anno. pescatori e glicontribuire operatori adel in modo da trasformare pesca sportiva in un volano aggiunto FIOPS vuole farsettore crescere nel nostro paese una la vera e propria ‘coscienza di classe’ tra i all’economia territori.del settore in modo da trasformare la pesca sportiva in un volano aggiunto pescatori e glideioperatori Dopo aver seguito come studio legale la fase costitutiva e organizzativa dell’associazione, mi è stato all’economia dei territori. chiestoaver di divenirne anche amministratore delegato e direttore. La passione viscerale chemi hoèper la Dopo seguito come studio legale la fase costitutiva e organizzativa dell’associazione, stato pesca e di la divenirne voglia di fare qualcosa, a livello nazionale, contribuire a salvarla, mettendomi gioco chiesto anche amministratore delegato eper direttore. La passione viscerale che hoin per la in prima persona, ha qualcosa, spinto senza esitazioni ad accettare la proposta. Ed eccomi qua. pesca e la voglia dimifare a livello nazionale, per contribuire a salvarla, mettendomi in gioco in prima persona, mi ha spinto senza esitazioni ad accettare la proposta. Ed eccomi qua. La nostra è una rivista specifica “saltwater”, per dirla all’americana. I nostri appassionati sono tuttièpescatori mare, dalla barca o per da terra. Abbiamo sentito parlare molto in La nostra una rivistadispecifica “saltwater”, dirla all’americana. I nostri appassionati questitutti giorni di bracconaggio in acque ma Abbiamo poco della situazione altrettanto sono pescatori di mare, dalla barcainterne, o da terra. sentito parlare molto in questi giorni di bracconaggio in acque interne, ma poco della situazione altrettanto


LE INTERVISTE DI GLOBALFISHING

critica dei nostri bacini, per la grande pressione che la pesca professionale, grande e piccola, esercita quotidianamente. Un fatto altrettanto importante, lei cosa ne pensa?

Il bracconaggio è una grave piaga che infesta le nostre acque, dolci e salate. La Legge 154/2016 che ha istituito il reato di bracconaggio ittico rappresenta un importante passo in avanti. Ma ancora non è sufficiente. Servono, infatti, dei miglioramenti nella qualificazione giuridica del reato che dovrebbe passare da contravvenzione a delitto, per consentire di colpire quello che, soprattutto nelle acque interne, si configura come una vera e propria associazione a delinquere che agisce con modalità mafiose. Per questo motivo abbiamo chiesto un’audizione alla commissione bicamerale antimafia e per questo motivo ho consegnato personalmente una memoria direttamente nella mani del ministro della giustizia Orlando quando ho avuto occasione recentemente di incontrarlo. Con appropriate modifiche alla legge, le forze dell’ordine avrebbero strumenti molto più adeguati ed efficaci per intervenire contro il bracconaggio. Per quanto riguarda la pressione di pesca faccio una considerazione. La soluzione al problema non si risolve solo gestendo e programmando la pesca sportiva o la pesca professionale ma, soprattutto, tutelando e lavorando sulla valorizzazione e crescita degli stock ittici, in particolare in mare. La politica, attraverso le istituzioni competenti in materia di pesca a livello nazionale (Ministro e sottosegretario all’agricoltura e commissioni agricoltura di Camera e Senato), non deve rendersi complice nel processo di porre il mondo della pesca sportiva contro quello della pesca professionale e viceversa, come si rischia di fare con l’introduzione di una licenza di pesca in mare per i pescasportivi, i cui proventi andrebbero quasi esclusivamente alla pesca professionale, ma bisognerebbe mettere tutti intorno ad un tavolo e imporre alle rappresentanze della pesca sportiva e ricreativa di trovare, nel comune interesse e con l’aiuto della politica, una soluzione per la tutela e valorizzazione degli stock ittici marini, cercando forme di collaborazione nel comune interesse. L’Unione Europea ha recentemente finanziato per 120.000 euro uno studio sull’impatto della pesca sportiva e professionale sugli stock ittici dei mari europei. Il governo italiano dovrebbe partire da qui, facendo la stessa cosa. Vogliamo discutere nel merito delle problematiche cercando di costruire un percorso virtuoso, non ci appassiona una guerra ‘tra poveri’ come quella a cui assistiamo da troppo tempo. Perché poveri? Perchè la domanda di pesce nel mercato alimentare italiano è coperta solo per il 30% dal pescato italiano. La soluzione a questa problematica non potrà certo essere quella della Tunisia. Recentemente sono stato contattato da un imprenditore tunisino, che costruisce barche da pesca, che mi ha informato che il governo ha del tutto vietato la pesca sportiva in mare dalla barca in Tunisia, perché ci sono pochi pesci in mare e ha chiesto il nostro aiuto. Vi rendete conto? Vogliamo fare come la Tunisia? Francesco lei immagina mai che la pesca ricreativa, in Italia, possa divenire, come in altri paesi che io chiamo provocatoriamente evoluti (come l’America, ad esempio), un pezzo importante del PIL?

Noi lavoriamo per questo obiettivo, ci sarebbero tutte le condizioni per raggiungerlo: nelle acque interne, spingendo di più sulla gestione ad opera dei pescatori delle acque, e in mare, istituendo una figura professionale, che ad oggi non esiste, di guida di pesca e lavorando con le istituzioni per creare aree di pesca privilegiate attraverso l’apposizione di strutture artificiali sul fondo. Queste non sono cose da “2001 Odissea nello spazio” ma sono interventi che in molti paesi sono stati fatti ed


hanno trasformato la pesca ricreativa nel principale veicolo di promozione economica del territorio. Si creerebbero anche molti nuovi posti di lavoro veri. Altro che Voucher!

La presentazione video della Federazione

Le pongo un altro quesito riguardante un argomento che ritengo importante. In questi primissimi tempi di vita di FIOPS, quali sono state le reazioni del mondo della pesca ricreativa? Quali e quanti i ritorni dai pescatori e dagli operatori, come i negozi e le associazioni? Lei concorderà con me che i pescatori hanno il grave difetto di essere “allergici” ad associarsi ed a formare una unità compatta. La FIPSAS non c’è riuscita. Lei pensa che, in questo, FIOPS invece riuscirà? BA

I ritorni sono molto positivi. Un po’ di diffidenza è fisiologica in un mondo che da troppi anni è stato abituato a tante promesse ma a pochi fatti. Noi siamo nati da neanche tre mesi e già quotidianamente ci arrivano richieste di adesione da negozi e pescatori. Il nostro obiettivo non è quello di essere un’altra sigla. Non ci sovrapponiamo alle cose che fanno altri, come ad esempio FIPSAS, non ci interessa l’agonismo, ad esempio, ma ci impegneremo per far cambiare mentalità al mondo della pesca sportiva in Italia, a tutto il mondo della pesca sportiva. Basta divisioni, dobbiamo lavorare uniti. Per questo alla FIOPS possono aderire tutti. Aziende, negozi, società, pescatori. A partire da fine marzo/ primi di aprile si potrà aderire all’associazione e tutte le info si troveranno sul sito www.fiops.it.


LE INTERVISTE DI GLOBALFISHING

Da giugno avvieremo una grande campagna di ascolto sul tutto il territorio nazionale con eventi di presentazione nel nord, centro, sud e isole e con tavoli di lavoro dove costruiremo il programma della FIOPS insieme agli operatori ed ai pescatori, partendo dal basso e insieme. Poi ci saranno nuovi programmi in TV. L’unione può essere la nostra forza, la divisione ci relega ad un semplice ruolo di testimonianza senza nessuna capacità di influenza. So che con questa domanda affonderò il coltello in una ferita aperta, ma non posso farne a meno. Assistiamo in questi giorni al ritorno a sorpresa della licenza di pesca in mare che, per un momento, sembrava fosse stata messa in stand by. La prima domanda è quella riguardo a come si pone FIOPS rispetto al concetto stesso di licenza di pesca in mare. La seconda riguarda l’opinione che Lei, come Dirigente FIOPS, ha di questo provvedimento e delle motivazioni politiche e tecniche che lo hanno generato.

Come ho già detto sopra, la politica ha una grande responsabilità. Da un lato c’è la possibilità di una nuova ripartenza provando a mettere tutti intorno a un tavolo e ad affrontare in modo nuovo il vero nodo del problema, che è quello di implementare gli stock ittici dei nostri mari. A tal proposito noi non siamo aprioristicamente contrari ad una licenza di pesca in mare (che abbia un costo accessibile e non proibitivo), a patto che le risorse prelevate ai pescatori sportivi siano utilizzate per le cose di cui sopra e non per compensare i periodi di fermo delle barche dei professionisti. Questa è una soluzione primitiva. L’idea che mi sono fatto è che la politica rischia di ascoltare solo chi urla di più e non chi ha proposte più sagge. Quindi, è scontato porsi la domanda di quali siano i programmi FIOPS nell’immediato, per tutelare la categoria dei pescatori in considerazione del fatto che la proposta di legge andrà in discussione tra pochi giorni. Da giorni abbiamo un contatto quotidiano con il presidente della Commissione Agricoltura della Camera, on. Luca Sani, al quale abbiamo chiesto di tenere in considerazione le proposte che anche qui abbiamo riportato e di dare dei segnali chiari al mondo della pesca sportiva. Se questo accadrà sarà un bene per tutti. Se questo, entro pochi giorni, non accadrà, la FIOPS parteciperà insieme agli altri a qualsiasi forma di mobilitazione. Non dimentichiamoci mai, infatti, che i pescatori sportivi italiani hanno dalla loro numeri importanti e uno straordinario strumento di persuasione nei confronti della politica: il voto. E le elezioni politiche si terranno al massimo a febbraio 2018. Grazie Dott. Ruscelli per il tempo che, malgrado i suoi gravosi impegni, ci ha dedicato e speriamo di tornare a sentirci presto su queste pagine con delle ottime notizie.

Umberto Simonelli


Copertina parlante Angler : Domenico Craveli Preda : Dentice Praio Periodo di pesca : Inverno Ora della cattura : 14.00 LocalitĂ : Coccorino (VV) Tecnica: Surfcasting Esca : Bibi Fondale : sabbia detritica a grana grossa con scogli sparsi

FOTO: Fotocamera : Integrata in HUAWEI P9 Lite Esposizione : Auto Tempo di scatto : Auto Modo di misurazione: Multi-zona


Tubertini

V. Muzza Spadetta 28 - 40053 Valsamoggia (BO)

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