Rivista novembre 2015

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TECNICA TRAINA

DENTEX ATTACK

SQUID CATCH

SEPPIE NO PROBLEM VERTICAL

VERTICAL, LA TECNICA DIMENTICATA



5 Editoriale 6 Global@mail Traina applicata 14 18 Caccia tra le onde 24 Seppie no problem 28 Non solo piombo 34 Pesca in extra long 38 Jigging: la tecnica dimenticata Dentex attack! 42 Nodi da terminale 46 50 La vetrina di GlobalFihing 52 di U. Simonelli

La posta dei lettori

di D. Craveli

di D. Limone

di U. Simonelli di D. Craveli

di D. Limone

di D. Craveli

di M. Prezioso

di M. Prezioso

di U. Simonelli

Copertina parlante



Editoriale

E’

inevitabile aprire l’editoriale di questo mese con un argomento di assoluta attualità come quello della Licenza di Pesca in Mare, che sembra diventi una inevitabile realtà a partire dal prossimo anno. Sebbene superfluo, il condizionale è d’obbligo fin tanto che la Gazzetta Ufficiale non segnerà l’entrata in vigore della nuova legge. Il condizionale è d’obbligo dicevamo, anche perché un pallidissimo barlume di speranza che la licenza di pesca, così come proposta, non entri in vigore, è affidato a l’unico emendamento di abrogazione presentato dalla FIPSAS. Per chi non avesse ben chiaro cosa sta succedendo, ricordiamo che la licenza per la pesca ricreativa in mare a titolo oneroso è uno dei tanti provvedimenti inseriti in una nuova proposta di legge che mira ad una riorganizzazione del settore delle pesca professionale e che, tra le tante proposte, anche importanti e condivisibili, individua come nuova risorsa economica, da devolvere allo sviluppo della filiera ittica, i proventi di una tassazione della pesca ricreativa e sportiva. Sorge spontaneo osservare che l’idea che dai proventi di una licenza di pesca ricreativa, nascano le risorse per la pesca professionale è una mostruosità normativa. Una indecorosa soluzione per mungere soldi da devolvere ad un pozzo senza fondo che è quello dell’assistenzialismo alla pesca professionale, i cui costi gravano già così pesantemente sui bilanci dello stato , senza che alcuno ne faccia menzione. Questo è un argomento di cui abbiamo già scritto e ragionato tempo addietro, del quale con amarezza profonda non possiamo che rammaricarci enormemente e non solo per la nostra pesca, ma per la situazione di sbando in cui versa il paese e di cui anche siffatti provvedimenti sono uno dei segnali. Ma torniamo al concetto licenza inteso in senso anche di titolo abilitante e non solo come rapporto vendita / acquisto di un permesso. Noi abbiamo sempre pensato positivamente ad una licenza simile a quella delle acque interne , o meglio ancora a quella di caccia , che si consegue e non si acquista semplicemente. Perché non sarebbe assolutamente sbagliato che anche dai pescatori si pretendesse la conoscenza obbligatoria del mare e dei suoi abitanti e delle relative regole, così come è richiesta tassativamente ai cacciatori, quella degli uccelli e delle altre prede oltre che del territorio. Perché c’è da dire, ferma restando la nostra pessima opinione su questo tipo di licenza di pesca, che è più che urgente cercare di “ fare “ anche i pescatori. Diciamo che deve profondamente cambiare il rapporto che c’è tra molti ( per così dire ) appassionati ed il mare e soprattutto deve cambiare la logica di prelievo, che deve perdere la connotazione predatoria che in molti soggetti prevarica l’aspetto tecnico e ludico della pesca. Non è più possibile vedere in continuazione orribili post con foto di centinaia di seppie, di pozzetti insanguinati pieni di tonnetti o peggio dentici e pesci di piccola taglia. Deve finire il principio per cui dimensione e quantità dimostrino la bravura del pescatore. È da idioti pescare fin che se ne prende ed è ancora più idiota farsi fotografare con questi penosi trofei, tenendo in bella vista quantità di pesce proprie di una pescheria . Per non parlare della vendita del pescato, reato grave, oltre che piaga incurabile, che scatena giustamente le ire dei professionisti; vizietto dal quale pochi sono immuni, anche tra quelli che militano tra le file dei pescatori importanti …. Lettori di GlobalFishing esclusi così nessuno si offende. Ma torniamo ai ragionamenti. Quindi un imprevedibile quanto bizzarro risvolto positivo di questa iniqua licenza, potrebbe essere che, sempre nell’ottica di far cassa, aumentino i controlli per beccare chi è fuori legge. Una sorta di chiodo scaccia chiodo, se proprio vogliamo vederci del bene. Per non perdere l’abitudine a voler vedere sempre la bottiglia mezza piena. Umberto Simonelli


Per tutta la notte.. Posseggo una barca di medie dimensioni, ma ben attrezzata per la traina. Ho una bella vasca del vivo, di quasi 60 lt, che mi consente di tenere vivi anche i calamari, grazie al fatto che vivo in un posto di mare dove perfino l’acqua del porto è cristallina. Il problema che ho è quello di tenere in funzione il ricambio di acqua tutta la notte. Vorrei istallare un carica batteria che mi consenta di ripristinare la corrente spesa per far girare la pompa: mi è successo già due volte che l’accumulatore si è scaricato e le esche sono morte. Ho fatto un bel fritto, è vero, però oltre ad aver perso due pescate ho anche rovinato una batteria. Vorrei avere un consiglio tecnico affidabile, perché è vero che abito in un posto bellissimo, ma poco fornito di negozi di nautica e reperire materiale tecnico è molto complicato. Giordano

Caro Giordano, devo dire che, considerando dove abiti, sarei disposto a pagare lo scotto di non avere tanta tecnologia a portata di mano.. e poi oggi con il mercato on line è molto meno complicato di quel che sembra reperire qualsiasi cosa. Per risolvere il tuo problema ti consiglierei di adottare due soluzioni contemporaneamente. Visto che hai una vasca molto capiente e ben coibentata e, soprattutto in inverno, la temperatura dell’acqua non rappresenta un problema, come prima operazione ti consiglio di montare un temporizzatore che accenda e spenga la pompa ad intervalli regolari. Se la portata del flusso di acqua è buono, tale da assicurare quasi un ricambio completo, già un minuto di marcia e tre di stop, ridurrebbero ad un terzo il prelievo di energia, il che significa raddoppiare, se non triplicare, l’autonomia senza influire sulla vitalità delle esche. Poi, come seconda opzione, puoi montare un caricabatterie automatico. Lo sceglierai capace di erogare una corrente prossima o appena più bassa a quella che consuma la pompa. In modo che in ricarica il bilancio tra erogazione e consumo chiuda a zero o a leggero debito per la batteria. Nei momenti in cui il temporizzatore sarà in off, il caricatore pareggerà il livello di carica a valori ottimali; in questo modo non si correrà mai il rischio di sovraccaricare la batteria. In commercio esistono caricabatteria completamente automatici, compatti e in versione stagna che, sebbene non specifici, sono ideali da installare in barca.


Doppi comandi Ho l’esigenza, o meglio mi piacerebbe, poter comandare gas e invertitore del motore ausiliario, che adopero per la traina lenta, tanto dalla console che dal pozzetto. Mi hanno proposto varie soluzioni, sia meccaniche che elettroniche, ma ci terrei ad avere un vostro consiglio. Preciso che per la direzione mi posso avvalere del comando manuale dell’auto pilota, tramite la barra di accoppiamento al motore principale. Guglielmo

Immagino che la necessità di questa doppia opportunità di comando scaturisca dall’uso in solitario, quando la postazione di guida è piuttosto lontana rispetto al pozzetto, cosa che genera non poche difficoltà nel controllo dello scafo mentre si pesca. Le soluzioni esistono e, come dicevi tu, possono essere tanto meccaniche che elettro-assistite. La versione meccanica prevede il montaggio della seconda postazione tramite uno sdoppiatore verso il quale convergono i due cavi (gas e invertitore) di ogni monoleva. Oltre alla scelta del posto dove montare fisicamente il comando, sarà necessario sostituire tutto il gioco di cavi, installandone ben tre coppie ex novo. Oltretutto, sarà indispensabile usare cavi da alta scorrevolezza, come i C0 della ULTRAFLEX, per limitare gli attriti che possono aumentare in situazioni del genere. Il montaggio dovrà essere eseguito da un tecnico di provata esperienza. Volendo, si può ricorrere ad una soluzione più semplice ma più costosa che prevede il montaggio di un attuatore elettronico che con dei servo motori muove i comandi del gas e del trolling. Le postazioni, quindi, saranno sostituite da monoleva elettronici collegati tra loro da una semplice linea bus. Oltre al costo e all’installazione, che dovrà prevedere competenze specifiche e lo smantellamento della meccanica precedente, si dovrà individuare anche un alloggiamento ben asciutto, accessibile per accogliere la centralina. La scelta andrà fatta, oltre che alla luce di una valutazione economica, anche a fronte delle possibilità di installare, o meno, un sistema od un altro.


I calamari e la luna Grazie anche ai vostri articoli e ai consigli di qualche amico, mi sto avventurando nel mondo della pesca al calamaro. Devo confessare che sono entusiasta e mi diverto tantissimo, per non parlare di quello che succede in cucina.. . Le mie avventure assommano a non più di quattro uscite fatte con un amico un po’ più esperto di me. Ora ho attrezzato la mia barca con qualche luce in più nel pozzetto e vorrei lanciarmi nell’avventura. Al di là di molti dubbi che ho sugli artificiali che, immagino, risolverò provando e riprovando, la mia maggiore perplessità è rispetto alla presenza della luna o meno. Quando c’è la luna, stare in mare è più sicuro ma, con il chiarore, i calamari sono in attività egualmente? E’ più proficua la traina o la pesca classica in verticale? Valerio

Partiamo dall’ultima domanda. La pesca in verticale a scarroccio è una tecnica a tutto campo; perché funziona anche di giorno e di pomeriggio, mentre la traina è prettamente notturna. Ciò premesso, c’è da valutare su che tipi di fondale si opera. Infatti, se i fondali sono subito profondi forse la pesca in verticale è più indicata, mentre con quelli degradanti e con pochi scogli personalmente sono uso, da ottobre in poi, preferire la traina. Però c’è anche da dire che non tutti gli spot sono uguali e, in alcune zone, puoi cercare i calamari solo in verticale, perché, ad esempio, sottocosta non vi sono le condizioni per la traina. Per quanto riguarda la luna posso dirti che la luce del nostro satellite è sempre proficua, soprattutto per la tecnica verticale; con il chiaro sarà più facile trovare, in profondità, palle di pesce foraggio e, di conseguenza, i calamari in caccia. Michele Prezioso


Nuovi artificiali Un saluto a tutto lo staff di GlobalFishing ed un ringraziamento per questa bella rivista ed anche per l’opportunità di questo filo diretto con gli esperti che ci consente di avere risposte ad ogni curiosità. Pongo un quesito per Michele Prezioso. Mi riferisco a dei nuovi artificiali per i cefalopodi che hanno come punto di forza una cosiddetta colorazione UV ed altri che hanno la prerogativa di apparire più caldi ai predatori. Sono curioso di sapere come funzionano, se sono veramente efficaci o se sono solamente le solite trovate pseudo tecnologiche. La stagione delle seppie e dei calamari è iniziata e sono alla ricerca di nuove esche per rinnovare il mio “parco artificiali” che migliorino le possibilità di cattura. Siccome, però, questi artificiali, soprattutto se di alcuni marchi, hanno costi elevati, prima di salassare il portafogli volevo saperne di più. Genny

Ciao Genny, non voglio fare il presuntuoso ma non ho scrupoli a dire che sono scettico rispetto a molti di questi nuovi prodotti che ritengo più efficaci sui pescatori che sui pesci; non credo affatto che la temperatura di un artificiale possa cambiare l’esito di una pescata. Penso, invece, che una gamma di colori nuovi possa creare interesse nei cefalopodi, spingendoli a saggiare le nostre esche. Sono convinto anche che un ritorno al passato possa portare oggi ottimi risultati. Infatti, attualmente, colori e artificiali che hanno fatto la storia dell’eging e della pesca in verticale si stano prendendo la rivincita su molte delle soluzioni innovative proposte, che nella pratica si sono rivelate assai poco proficue. In una recente uscita, una delle prime di stagione, abbiamo insidiato calamari molto più propensi ad attaccare artificiali tradizionali nei colori e nelle misure piuttosto che quelli di ultimo grido. Ti consiglio di rimanere sul classico con tanta semplicità, preferendo quelli con il viola, con il rosa, con l’arancio e con il blu. Cercando di studiare quando e come funzionano, assimilando quando un colore funziona meglio di un altro e un assetto può fare la differenza, piuttosto che affidarsi solo alle novità. Michele Prezioso


C’è molla e.. molla Ciao, Sono Fabio, e vi scrivo dalla provincia di Napoli. Volevo chiedere al sig. Dario Limone se l’uso dell’ammortizzatore sul trave può pregiudicare le allamate. Vi scrivo questo perché da quando ho iniziato ad usarlo statisticamente ho avuto mangiate a vuoto in numero superiore al mio solito. Forse sbaglio qualcosa, perché vedo che molti ne parlano invece bene. Mi piacerebbe avere un riscontro in merito. Grazie e complimenti per la rivista.

Ciao Fabio, La tua domanda è intrigante, perché tocca uno degli argomenti riguardanti un accessorio molto in voga al momento. Quello che posso dirti, da realizzatore di questi particolari snodi ammortizzati, è che il loro principio di funzionamento non limita la penetrazione dell’amo, anzi, la agevola rendendo progressivo l’incoccio. Inoltre, aiuta nelle fasi finali del combattimento con fili sottili e prede combattive. Naturalmente, la qualità e la calibrazione della molla è fondamentale, infatti, se troppo morbida, è deleteria. Quindi, il consiglio che ti posso dare è quello di comprare minitravi ammortizzati di buona qualità. Il mio suggerimento potrebbe sembrare di parte, ma, ti ripeto, la qualità dell’acciaio e la dimensione della molla stessa sono davvero fondamentali. Ho visto realizzazioni artigianali fatte con le molle delle penne... . Beh, stiamo parlando di un’altra storia.

Dario Limone


Passione rotante Mi chiamo Antonio, è da circa tre anni che pesco a surf e vorrei acquistare una canna da rotante con relativo mulinello, ma non so proprio da dove cominciare. Vengo dalle 3 pezzi da fisso, con le quali ho un buon feeling; però, il fatto che molti appassionati di livello si avvalgano dei rotanti mi intriga molto. Cercando sul web ho solo aumentato la mia confusione. Gradirei consigli dal vs staff. Colgo l’occasione per dirvi che vi seguo con grande interesse tutti i mesi, perché trasmettete tanta passione nei vostri articoli. Antonio da Roma

Carissimo Antonio, Il passaggio alle canne da rotante per un surfista è una svolta epocale, dal quale forse, una volta acquisita la dimestichezza tecnica, non si torna più indietro. Ciò che posso consigliarti è di passare subito ad attrezzi di livello, avendo già buona dimestichezza con attrezzi prestanti come le 3 pezzi. Canne e muli, se di qualità sul serio, sono oggetti longevi, che se correttamente manutenuti possono esserti fedeli per molti anni. I vantaggi dell’attrezzatura da rotante sono molteplici; si ha la possibilità di usare fili in bobina di dimensioni maggiori senza pregiudicare la distanza di lancio e di gestire piombature importanti senza sforzare eccessivamente nel recupero. Di contro, serve tanto “prato” prima di andare in spiaggia, ovvero esercizi su esercizi per abituarsi a gestire i lanci laterali come il ground e, soprattutto, per acquistare dimestichezza nel gestire la fuoriuscita del filo durante lo stacco per evitare parrucche irrisolvibili. Infatti, il freno magnetico del mulinello da solo non basta. Dario Limone


GLOBAL@MAIL Dentice con alternativa Volevo porre una domanda a Domenico Craveli su alcuni suoi post pubblicati su facebook; leggevo della pesca del dentice praticata, in questo periodo, facendo uso di esche alternative e quindi non più solo seppie e calamari. La cosa mi incuriosisce, anche perché se da una parte sono scettico su questa strategia di pesca, dall’altra, se un pescatore di provata competenza si sbilancia con queste affermazioni, ci sarà pure un fondo di verità. Mi si perdoni la domanda un po’ pepata.. ma pur sempre amichevole, ma mi piacerebbe saperne di più. Vittorio

Effettivamente, in determinate occasioni, ho parlato più volte della pesca al dentice in “no squid”. Non è autolesionismo piscatorio, ma c’è da pensare che calare calamari e seppie, in zone infestate da tanute e prai, significa praticamente non pescare, se questi pesci sono in attività.. e, purtroppo, lo sono quasi sempre. Una menola, una boga, un pagello, se ben presentati, innescati con un amo singolo, sono catturanti come e se non di più di un cefalopode; anzi, tendono a selezionare la taglia del predatore, perchè è sempre uno tra i pesci di taglia maggiore ad aggredire l’esca. Naturalmente serve pazienza e grande capacità d’innesco e di conduzione della barca, perché portare a spasso un pesciolino che deve nuotare, non è la stessa cosa di un calamaro al guinzaglio. Credo che comunque la massima espressione della traina con il vivo sia in queste scelte, apparentemente eccentriche, ma che in realtà sono spesso la chiave di successi insperati. Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL Apatiche verso il jig Amici di GlobalFishing, nelle ultime settimane la mia zona è stata colonizzata dalle ricciole di branco. Pesci non grossissimi, intorno ai 5/6 kg. Ho provato a vertical sulle marcature, ma ho riscontrato un solo attacco e poi nulla. Possibile che siano pesci smaliziati, già abituati al jig nonostante oramai non peschi quasi nessuno con questa tecnica? Saluti, Enzo

Caro Enzo Le ricciole sono tra i pesci più “lunatici” che si possono incontrare pescando a vertical. La loro curiosità le porta ad avvicinarsi ed a seguire l’esca, ma non sempre concludendo l’aggressione. Tempo fa, quando vi era meno disturbo in mare, capitavano giornate dove le catture multiple erano più frequenti. In ogni caso, anche un solo pesce da 5kg può onorare la giornata, rimanendo nei limiti etici e legali. Se non hai successo, prova a non insistere sulle marcature più di tanto, ritornando dopo qualche ora, o in una fase di luce e di marea differente. Spesso l’effetto sorpresa è determinante. Comunque, non fossilizzarti sui pesci medio piccoli, in questa parte di stagione puoi tentare il colpaccio con un pesce gigante, che magari staziona lontano dalle piccine. Saluti.

Domenico Craveli


TRAINA


I grandi pesci difficilmente si strappano da fondali difficili con attrezzi sottodimensionati Le imprese sono l’eccezione, non la regola.


TRAINA Le ricciole sono abitudinarie, ma amano errare su ogni fondale. Cercarle solo nei soliti punti può limitarci nel risultato, nel medio e lungo periodo


Uno sgombro o un lanzardo può essere piÚ efficace di un cefalopode, e non soffre attacchi da parte della minutaglia


L

SURFCASTING



SURFCASTING In condizioni di torbido e mare mosso, il sottoriva può regalare prede insperate


La capacità di sfruttare gli attrezzi per azioni dinamiche è alla base del successo

Vette sensibili, ci permetteranno di leggere la corrente e far lavorare nel modo ottimale il nostro terminale


SURFCASTING Una bella orata non ha resistito al trancio di seppia sapientemente lanciato dietro il gradino di risacca


Un pezzo di rimini.. un’esca poco usata ma di gran valore con le prede di mole


SQUID CATCH

L

’inverno è alle porte e sono arrivate le seppie: cefalopodi divertenti da pescare, ottimi in cucina e, oltretutto, eccellenti esche. Una pesca facile e di grande soddisfazione, quasi elementare, praticabile con

poca attrezzatura e con costi accessibili a tutti. Ma non sempre è facile come sembra, perché, come al solito, quando le nostre prede collaborano, come dicono in tv, è bello vincere facile.. ma quando, al contrario, le catture si diradano o addirittura si fanno desiderare è necessario mettere in campo qualcosa in più. Il posto prima di tutto


Di Umberto Simonelli

Importante è individuare la fascia batimetrica e la tipologia di fondale dove questi piccoli carrarmati viventi stazionano e cacciano. Considerando che si spostano dai fondali elevati in bassa profondità alla ricerca del cibo che in questa stagione le batimetriche modeste dispensano in abbondanza, c’è da capire quali siano le zone propizie. Gli areali di caccia delle seppie sono ampi; dove c’è da mangiare c’è sicuramente una seppia. Infatti, si nutrono non solo di prede vive, come pesciolini e crostacei, ma anche delle uova deposte dagli altri pesci. I fondali misti sono ideali, dove per misto non dobbiamo intendere solo sabbia e scoglio, ma anche un po’ di corallino e qualche alga, punti in cui si genera la catena alimentare. Insomma dove il più grande mangi il più piccolo. Quindi, ricercheremo la nostra “officinalis” dai venti metri fino a pochissime braccia d’acqua.


Le seppie sono predatori molto

SQUID CATCH

aggressivi, ma nonostante ciò risultano spesso molto selettive con le varie esche

CAMBI DI PROFONDITÀ Non sappiamo il perché, ma le

variazioni

batimetriche

del fondo, anche semplici depressioni di mezzo metro, sono punti che richiamano gli abitanti del mare. Dai pesci ai cefalopodi. Quindi, o le zone di “sporco” o le “buche” sono spot ottimali dove calare le lenze. Quel che serve

Il successo del recupero, parte più delicata delle pesca, è affidato ad una buona canna, ad un mulo adeguato e alla continuità di trazione

Useremo la solita attrezzatura come una cannina generica o una canna da spinning con un mulo da 4500/6000. La possibilità di lanciare è un vantaggio in più, perché ci consentirà di mettere in pesca subito le nostre esche Quel che raccomandiamo è l’uso di un eccellente multi fibra, sottile e resistente. Un 10 lb va benissimo, ideale per scendere con poco piombo anche 10 e più metri. Il concetto è sempre quello: più si è leggeri e meglio è, anche per le seppie. Perché, come vedremo, molto spesso l’assetto del gamberone e il movimento possono essere decisivi. Le esche Parliamo dei soliti gamberoni, con la deriva in piombo e, purtroppo per le nostre tasche, in un vasto assortimento di taglie e colori. La qualità conta, perché si traduce in assetto in acqua e qualità degli spilli. Non rinunceremo a colorazioni arancioni in tutte le varianti, soprattutto se addizionate di sfumature oro o glitterate. Anche le pance rosse o i colori naturali imitativi dei pesci foraggio sono utili da tenere come del resto quelle simili alle mazzancolle,

E’ proprio il caso di dire che più se ne hanno e meglio è..


gamberi che molto spesso frequentano questi fondali. Ma poi, chissà perché, molte volte le colorazioni più bislacche e meno imitative riscuotono impensabili successi. Comunque malgrado ciò che si dice sulla capacità dei cefalopodi di percepire i colori, possiamo affermare che spesso sono proprio questi ultimi a fare la differenza La montatura

Un piccolo piombo a sfera, da pochi grammi può fare la differenza; ecco una soluzione artigianale e perfettamente intercambiabile

Premesso che non ci sono, come diciamo sempre, soluzioni assolute, le montature che adoperiamo sono molto semplici; multifibra, girella, un metro e mezzo, massimo due di nylon dello 0, 35/0,25 e girellina con moschettone, del tipo da spinning o da tataki, per garantire una bella mobilità all’esca. Le due girelle hanno il preciso scopo, oltre a quello di scaricare al meglio le torsioni che si generano durante il recupero della seppia, di ospitare la zavorra aggiuntiva che applicheremo di volta in volta. Infatti, abbandonata montatura con il piombo scorrevole, ad oliva, di vecchia memoria, abbiamo riscontrato che l’applicazione di piombi aggiuntivi a ridosso dell’esca o dislocati fissi lungo la lenza aumenta la ratio di catture. In pratica Poiché le seppie cacciano a vista, colore e movimento sono importanti. Il movimento è poi quello che scatena l’aggressione. E se peschiamo con l’imitazione di un gambero, le esche dovranno muoversi con la stessa frenesia. Di solito, il gambero cammina sul fondo ma poi, se aggredito, si carica e parte come una molla. Ecco e questa è l’azione da simulare, considerando che l’aggressione, violenta e potente avverrà proprio dopo la fuga del gamberone. Quindi, il posizionamento delle due piombature, una a ridosso del nasino, in alternativa a quella una metrata più su, sulla prima girella, può esaltare l’andamento un po’ “schizzato“ dell’esca. Movimento che realizzeremo con movimenti secchi della canna, lavorando con il cimino alto; piccole jerkate seguite da qualche pausa non brevissima. Lo scarroccio della barca, poi, sarà un ottimo aiuto.

Ecco la piombatura montata in posizione intermedia


TECNICA


Di Domenico Craveli


TECNICA Il piombo guardiano , nella sua straordinaria semplicitĂ , ha rivoluzionato la traina con il vivo

Anche nella scelta della grammatura bisognerà tenere sempre conto dell’equilibrio di tutto il sistema, senza eccedere con troppa leggerezza o pesi eccessivi


Una bella cattura è sempre il frutto di una azione di pesca perfettamente calibrata


TECNICA Un piombo guardiano industriale fresco di fusione, caratterizzato dalla aletta che ne stabilizza l’andamento


Due guardiani, molto navigati, realizzati con piombi a sfera e a pera; ottime soluzioni funzionali ed economiche


SURFCASTING


Nella calma piatta, I terminali lunghissimi riescono ad essere efficacissimi

Attacco a mini-trave, indispensabile per questa soluzione


SURFCASTING

Il lancio è la fase dove si possono creare dei grovigli. Bisogna stare attenti a frenare la fuoriuscita del filo prima che il piombo tocchi l’acqua



JIGGING

di Domenico Craveli

L

’ epopea del jigging, la tecnica che sembrava dovesse inesorabilmente spopolare i mari, sembra oramai solo un lontano ricordo per noi pescatori. Ci rimangono gli artificiali impolverati nei cesti delle offerte dei negozi, a ricordo di quello che è rimasto del vertical.

Dal 2008 ad oggi, moltissimi hanno abbandonato la disciplina, e solo pochi “irriducibili” la praticano ancora. Perché tutto questo? E soprattutto, cosa ci ha lasciato in eredità? Quando iniziammo a pescare a jigging, ricordiamo che ci vollero mesi per arrivare ad una quadra sul cosa fare per ottenere risultati soddisfacenti. Ore e ore a jerkare, mandando in tilt braccia e testa, alla ricerca Un’ immagine che ha fatto storia, la sintesi di cosa è il vertical jigging in mediterraneo..


della “botta”, lo strike al buio che era in grado di darci adrenalina come nessuna altra tecnica aveva fatto fin ora, che permetteva di catturare pesci impossibili in luoghi impensabili. Ma soprattutto, a lungo andare ci ha fatto vedere il nostro mare e i nostri predatori in modo diverso e completo, facendoci acquisire informazioni sui pesci, che mai avremmo scoperto con altre tecniche. Abitudini, modi di predare e attività , inimmaginabili prima, che si sono svelate e che aggiunte al bagaglio già esistente, sono andate a migliorare la pratica di altre tecniche. Insomma, il vertical, non è stato fine a se stesso, ma ha contribuito ad ampliare e dettagliare la conoscenza del mondo “di sotto”

Le grandi ricciole, pesci che grazie al vertical, sono diventati meno misteriosi. Le prime catture di questi maestosi pesci, ci hanno lasciato senza fiato

Dalla traina al vertical.. e viceversa Il jigging ha coinvolto inizialmente soprattutto i trainisti, perché condivideva lo stesso tipo di prede, senza l’assillo dell’esca viva. Con una attrezzatura minimalistica costituita da una canna, un mulo, e una manciata di artificiali, si era pronti ad andare a cernie, dentici e ricciole. Se questo era vero, lo è stato solo in parte, perché chi ha cercato le prede, secondo i canoni della traina con il vivo, ha solo raccolto delusioni; infatti il vertical basa la sua forza proprio sulla strategia di trovare i predatori in stasi e non in caccia, prerogativa invece della traina. Chiarita questa basilare differenza e allargando così gli orizzonti di azione, ci si è resi conto che i potenziali spot erano molto più numerosi delle solite secche e delle solite scogliere sommerse. Infatti si è rivalutato il fango e le depressioni che, da zone ritenute sterili, sono diventate risorse dove trovare pinnuti anche di mole importante. Queste nuove “scoperte”, oggi che il vj ha perso appassionati, sono diventate bagaglio tecnico della traina con il vivo, dimostrando così quanto il vertical sia stato un punto nuovo di partenza! Fattore sorpresa

La pesca a vista era una caratteristica tipica del vj, esportata oggi in traina con il vivo dai pescatori più evoluti

Con pesci abulici e poco propensi ad abboccare, il fattore sorpresa, ossia l’esca che gli arriva improvvisa in testa e scatena istinti di reazione


JIGGING Spot inusitati, profondi, misteriosi. Grazie al vj sono stati in un certo senso profanati. I trainisti, hanno nuove frontiere grazie alle manie verticali

irrefrenabili, è il più delle volte risolutivo. Ricordiamo infatti la pesca a vista quando calavamo l’artificiale sulle marcature e lo strike era immediato. Con i dovuti adeguamenti, abbiamo riproposto questo modus operandi con le esche vive e soprattutto con le grandi ricciole è risultato determinante. Un carangide gigante, che solitamente va in allerta quando sente l’imbarcazione e vede arrivare un’esca, perde ogni diffidenza quando lo stesso boccone gli viene calato guizzante davanti al muso. Non è un caso che gli strike di belle ricciole sono arrivati innescando tunnidi che, appena messi in acqua, partono come razzi verso il fondo, senza darci nemmeno il tempo di mettere il guardiano. Pesci in stasi e pesci in caccia Il vertical ci ha anche fatto scoprire che i pesci, non sono essere sempre disposti ad aggredire qualunque cosa, ma variano la risposta alle sollecitazioni, a seconda delle condizioni ambientali. Tante sessioni a vertical, passate più ad esplorare che a calare in mare le esche, ci hanno permesso di scoprire come i pesci rispondano a schemi ripetitivi, inesorabilmente legati al contesto in cui li troviamo. In pratica abbiamo capito che un pesce nello stesso luogo ha sempre le medesime reazioni. Quindi tutte le situazioni ambientali, come condizioni di luce e di marea, pressione barometrica e profondità di stazionamento, sono concetti divenuti finalmente chiari grazie all’esperienza del jigging. E forse però, la stagione delle tecniche verticali non è ancora finita del tutto e per i pionieri e per quelli che hanno voglia di osare, si possono ripresentare delle ottime opportunità . Basterà crederci e soprattutto provarci!



TRAINA

Di Michele Prezioso

C’

è un momento, un attimo particolare in cui si decide la sorte dell’azione di pesca. Quei brevi ma infiniti momenti in cui il dentice attacca l’esca che gli proponiamo. Pochi secondi in cui ci si gioca il tutto per tutto. Un’occasione che probabilmente non si ripeterà a breve e che sarà, pertanto, indispensabile gestire al meglio. Solo una perfetta

padronanza della situazione ed una attrezzatura all’altezza ci aiuteranno a coronare l’azione di pesca con la cattura. TECNICHE DI CACCIA.. Il dentice è il predatore perfetto; una macchina da guerra capace di azioni di caccia e di aggressione velocissime ed imprevedibili alle sue prede. I suo denti, da cui il nome, sono la fotografia del suo atteggiamento predatorio, della tecnica con la quale aggredisce le sue prede. Una bocca costellata di acuminati denti conici che la natura ha progettato per uccidere e dilaniare. Va da se che il modo in cui il dentice attacca è in genere violento, studiato per uccidere la preda e smembrarla prima di cibarsene: un’aggressione che avviene in velocità, dopo una accurata valutazione della situazione da parte del pesce. Uno scenario che evoca la savana e la caccia dei grandi felini; contesto che in effetti è molto simile, sebbene si svolga sott’acqua. Le prede rimangono vittima dell’effetto sorpresa, grazie ad un’azione istantanea e precisa in cui è difficile, per non dire impossibile, che il dentice possa sbagliare un colpo. Aggressioni che vengono sferrate con le fauci in massima estensione, così da carpire anche prede di dimensioni ragguardevoli. ABITUDINI CHE CAMBIANO


Difficile sfuggire ad una bocca così, emblematica dell’aggressività di questo pesce. Bocca che però può essere estremamente delicata nel saggiare l’esca..

Precedentemente abbiamo descritto un attacco standard o, meglio, uno degli attacchi del dentice; ultimamente, però, questi pesci, in alcuni contesti, hanno cambiato schema

di

predazione,

ingaggio

alla

soprattutto

quando sono interessati da esche come i cefalopodi. Gli approcci sono molto sospettosi, quasi timidi; ammesso che i pesci possano esserlo.. . In realtà pensiamo che i pesci abbiano cambiato strategia confrontandosi con alcuni inganni, quasi ne avessero intuito il pericolo. E, quindi, “assaggiano” delicatamente ed anche pesci di taglia possono avere comportamenti molto simili ai pesci disturbatori. Ed è così che in breve, se non si attivano contromisure, ci si trova in men che non si dica con esche dilaniate ed inutili, buone forse solo ad essere riutilizzate in cucina. Analizzeremo, quindi, qui di seguito le varie situazioni che si possono incontrare durante l’attacco alle esche, cercando di trarne delle regole generali.

La sfuriata del dentice, dopo lo strike è da brivido..


TRAINA

L’ATTACCO VIOLENTO Quando l’attacco è violento, deciso e senza esitazioni, in genere la situazione è abbastanza semplice, perché in fin dei conti il dentice fa tutto da se. Aggredisce l’esca e si allama autonomamente, rendendo la ferrata una pura formalità. Spetterà a noi, con il dovuto tempismo, staccare il pesce dal fondo e gestire la reazione a volte incredibilmente violenta e rabbiosa. Trattenuta la preda e staccata dal fondo il recupero non comporterà grossi problemi, complice il fatto che il dentice, al diminuire della profondità, soffre molto il gioco della pressione.

Un bel dentice catturato sul far del giorno, dopo un attacco all’esca decisamente insospettabile che non avrebbe mai fatto pensare ad un dentice di taglia

IN PUNTA DI LABBRA Da un po’ di tempo a questa parte, e soprattutto nelle zone di pesca più frequentate, l’attacco dell’esca ha cambiato ogni connotazione. Il dentice attacca l’esca ripetutamente, le prime tocche saranno nette e brevi, una a pochi istanti dall’altra, ma leggere. Dovremo, quindi, tenere sempre sott’occhio il cimino della nostra canna, attenti a percepire ogni più piccolo fremito. Quando le tocche si fanno ben visibili, abbasseremo la canna, con la frizione in free, lasciando andare il boccone,


Spesso, negli ultimi tempi, gli attacchi dei pesci, anche di grossa taglia ai cefalopodi, si ferma alla lacerazione dell’esca se non si adottano le dovute “contromisure”..

come se invitassimo il pesce a ingoiare. Insomma, dovremo quasi imboccarlo! Se tutto verrà fatto come si deve gli attimi che seguono saranno esaltanti. Il pesce ingoierà l’esca e la ferrata, decisa, che assesteremo aprirà le danze. Poi qualche pompata per staccare il pesce dal fondo segnerà l’inizio del recupero. QUANDO L’ESCA È UN PESCE Diverso sarà il comportamento del dentice quando lo insidieremo con piccoli pesci. Il dentice attaccherà la nostra esca con uno o due colpi secchi e la ingoierà. In queste condizioni non potremo perdere l’attimo, ogni frazione di secondo sarà preziosa. Dovremo accompagnare la mangiata favorendo il pesce, abbassando la canna, ferrando solo quando il boccone sarà nelle fauci del pesce.

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TECNICA Di Michele Prezioso

I

nodi sono uno degli argomenti più discussi, in cui le verità tecniche si sovrappongono alle convinzioni personali. Ognuno ha il suo nodo migliore, il nodo di fiducia, quello che non lo ha mai tradito.

Ma la scelta di un nodo non è solo un fatto di affezione e di sicurezza generica, perché l’uso di un tipo rispetto ad un altro può dipendere anche dal contesto stesso della montatura. Il terminale deve adattarsi al tipo di esca e alla possibile preda che andremo ad insidiare, oltre che al tipo di filo. Insomma, un complesso di valutazioni che, sebbene non possano essere prese come verità assolute, sono frutto di non pochi anni di esperienza che vogliamo condividere.

Il nodo del tubetto oltre ad una eccellente tenuta, ha la prerogativa di una forma perfettamente tubolare ed anche l’eccedenza, uscendo in asse, contribuisce a rendere il nodo molto lineare


Il clinch nella sua versione base è un nodo semplice, rapido ed efficace. La sua tenuta sebbene molto buona è affidata soprattutto ad una corretta realizzazione

Premesse La parola d’ordine è semplicità. nodo

Infatti,

semplice

un può

essere eseguito al meglio senza difficoltà. Perché la perfezione di un nodo è la migliore garanzia di

tenuta.

Anche

la

tecnica di esecuzione è fondamentale; tra tutte la

lubrificazione,

con

una attenta umettatura e

l’affiancamento

preciso delle spire senza sovrapposizioni.

Nodi da amo Quello che riteniamo in assoluto il migliore è quello del tubicino; la sua costruzione, appena più elaborata di altri, crea una serie di spire che risalgono lungo il filo quasi a proteggerlo. La tenuta è massima e il carico di rottura prossimo al 95% di quella del filo. Usando il fluorcarbon, più rigido rispetto al nylon, anche il clinch può trovare una eccellente applicazione perché la sua geometria molto semplice stressa meno il filo.

Dare più forza ad un nodo Nella realizzazione del nodo stesso si possono adoperare delle piccole astuzie che non solo ne ottimizzino la tenuta ma che in qualche modo lo irrobustiscano. Quando si lega il ferrante per una montatura a dentici, può essere utile adoperare un clinch ad otto spire, chiuso con due ulteriori colli nell’occhiello, serrati e bloccati da una pallina di stop fatta con l’accendino. Il “tubicino” che si


crea può essere una ottima protezione dai canini del grande sparide. Quando, invece, l’obiettivo è

TECNICA

la ricciola, il clinch lo realizzeremo doppiando il filo. Faremo solo tre o quattro spire ma otterremo comunque un nodo meccanicamente capace di resistere allo sfregamento della placca dentale della lola.

Quando vogliamo assicurarci una robustezza meccanica maggiore, possiamo realizzare il nodo doppiando l’estremità della lenza, come si vede nella foto; la maggiore superficie che si crea, contribuisce a rendere maggiore la resistenza alle abrasioni del nylon

Stringiamolo bene Un nodo, qualunque esso sia, va stretto per bene, tagliando il capo libero della misura giusta. Ma mai sottoporlo a trazione pari al carico di rottura con l’idea di testarne la tenuta. Mai errore può essere peggiore, perché il nodo si stringe fino al limite, si stressa e.. perde la sua resistenza. Nel taglio della parte in eccedenza c’è da calcolare sempre che durante il combattimento il nodo si serra e tende a richiamare anche l’eccedenza. Se il taglio è troppo corto, il tronchetto di filo rientra all’interno delle spire, il nodo si scioglie ed il pesce è perso.



VETRINA

La vetrina di Global Fishing

HeadLamp Rechargeable TB-1003

Di Umberto Simonelli

I

mpossibile non avere sempre con se una buona sorgente luminosa, quando si è a pesca dalla barca o da terra durante le sessioni notturne di surf casting o di pesca ai calamari. Molte le proposte sul mercato, tanto da rendere difficile una scelta consapevole. E’ indispensabile ,

tra i modelli frontali in vendita, individuare quella che meglio si adatti alle nostre esigenze di pesca. Tra le caratteristiche da considerare ci sono in primo luogo l’autonomia e la potenza luminosa. Poi l’ergonomicità, ovvero la presenza di comandi i semplici ed intuitivi, azionabili con una sola mano, anche in condizioni climatiche poco favorevoli, come in inverno, quando il freddo rende tutto più complicato o con le mani bagnate; non ultime robustezza e affidabilità, oltre che la presenza di tecnologia led. Nella ricerca di un prodotto all’altezza delle nostre esigenze, abbiamo provato, in diverse sessioni notturne, tanto da terra che dalla barca, la TB-1003 della Tubertini. Una ottima e potente torcia frontale, leggera e comoda da indossare, equipaggiata con un buon sistema di regolazione dell’ampiezza del fascio luminoso, in grado di soddisfare la possibilità di illuminare ampie superfici da molto vicino, indispensabile in barca, o produrre un fascio concentrato capace di “sfondare” il buio della notte. Addirittura abbiamo calcolato che è possibile arrivare a illuminare bersagli distanti oltre i 150 mt, questo grazie ad una ottica eccellente e un led incredibilmente potente e di elevata temperatura colore. Ovvero capace di generare una luce molto bianca che proprio grazie a questa caratteristica riesce ad offrire prestazioni eccellenti. C’è anche da dire che il Led usato è prodotto dalla Cree, azienda leader mondiale nel settore dell’illuminazione. Led che è in grado di produrre un fascio luminoso della potenza di ben 160 lumen, con un bassissimo consumo, a tutto vantaggio dell’autonomia. Altro plus di questa headlamp è il potente pacco batterie ricaricabile in dotazione. Quindi non più pile e soprattutto non più il rischio di scordarsi quelle scariche nella lampada e soprattutto un non trascurabile risparmio.


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e delle tue avventure di pesca... ...e anche tu sarai protagonista!


Copertina parlante Angler : Gino Anastasia Preda : Dentice Peso : 5,800 Periodo di pesca : ottobre Ora della cattura : 6,10 Località : Circeo Tecnica: Traina con esca viva Esca : Calamaro vivo Profondità : mt 48 Condizioni meteo: Tramontana Terminale: 20 mt nylon + 5 fluor carbon 0,57 / amo scorrevole Fondale : Misto Piombatura : 350 gr

FOTO: Fotocamera : Nikon D200 Esposizione : priorità di diaframmi Tempo di scatto : 1/350 sec Diaframma : F/9 Modo di misurazione: Multizona




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