Rivista ottobre 2016

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2016

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

la rivista on-line della pesca in mare

TRAINA LA PREDA IMPOSSIBILE

VERTICAL IL ROSA CHE SEDUCE

SURF PIOMBI DA DISTANZA

TRAINA FISSO, SCORREVOLE.. E NON SOLO

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VII - Numero 9



IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VI Numero 9 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone, Laura Curtarelli Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

5 6 16 20 26 28 32 36

Editoriale

di U. Simonelli

Global@mail

La posta dei lettori

Fisso, scorrevole e non solo di M. Prezioso

Piombi da distanza di D. Limone

Il mio primo assist di D. Craveli

Tutto sul VHF di U.Simonelli

Inglese: mai senza lo scorrevole di M. Prezioso

Ragionamenti sul tonno di U. Simonelli

40 42

Il trave universale

48

La preda impossibile

52

Tra mare e terra: Ricciola ai funghi porcini

di D. Limone

Il rosa che seduce di D. Craveli

di D. Craveli e U. Simonelli

di L. Curtarelli



Editoriale

C’

era una volta il Salone Nautico.. questo verrebbe da dire dopo aver visitato l’edizione 2016 a chi, come me, partecipa a questo evento da oltre trent’anni. Mi piacerebbe poter far respirare ai più giovani l’aria che si respirava a quei tempi. Quando il salone di Genova era veramente la festa della nautica, della pesca e della subacquea, pesca compresa. Un evento che anche noi, sebbene operatori, aspettavamo con entusiasmo malgrado rappresentasse un impegno decisamente faticoso. In una settimana non si riusciva a visitare tutti i padiglioni e vedere tutto. Ci si immergeva letteralmente in un bagno di novità, si navigava nella passione trasformata in realtà per una lunghissima settimana. La nautica di tutto il mondo si dava appuntamento a Genova e la struttura era piena zeppa di barche e attrezzature in un fermento di novità Una vera fiera dei sogni come qualcuno l’ha più volte definita. E anche tutto il mondo della pesca si dava appuntamento in quelle date. Così come accadeva per la subacquea. Segno che la nautica è stata da sempre intimamente legata alla pesca. Perché andare per mare è una conseguenza della pesca. E’ una intima e profonda connessione vecchia come l’uomo, che oggi sembra dimenticata dagli operatori di settore. Inutile illudersi, il nautico di questi anni è lo specchio dei tempi e delle condizioni economiche in cui ci dibattiamo da tempo. E’ il nautico del 2016, così come può essere oggi ed è inutile recitare ogni anno il de profundis, ricordando i bei tempi andati. La situazione è cambiata ed è quel che è, e basta. Inutile denigrare e lamentarsi. La nautica evidentemente, soprattutto quella delle medie dimensioni, versa in gravi difficoltà. E’ pur vero però che ogni anno, non ci rassegniamo e si reitera la stessa pantomima e ci rincontriamo tutti nello stesso posto, con la curiosità (e la speranza) di vedere se qualcosa è cambiato. Purtroppo, dopo anni di toni bassi, ci assale il dubbio che tutta questa volontà di cambiare, in fondo, non ci sia. Perché Genova continua ad essere un sito espositivo solo per pochi, dai costi elevati e non sostenibili da tutti le aziende oltre che strutturalmente inadeguato e non al passo con i tempi. Difficile da raggiungere e con evidenti difficoltà logistiche, per essere un evento che si definisce “internazionale”; molto lontano da altre realtà espositive, come accade in altre parti del mondo. Ma anche i visitatori non stanno messi bene, vessati da parcheggi costosissimi, costi di ingresso poco popolari e scarsa accoglienza. Nonostante tutto la voglia di andar per mare agli italiani non passa e i visitatori non sono mancati. Una fiera, quella appena trascorsa, che ha segnato un punto a favore della vela e della nautica di lusso. A seguire hanno fatto mostra di se i gommoni, che oramai hanno preso il posto “modaiolo” delle imbarcazioni di media grandezza, caratterizzati da allestimenti salottieri di lussuosi day cruiser, con pluri motorizzazioni fuoribordo. Da contare sulle dita, di una mano, le imbarcazioni dedicate alla pesca; pochi e coraggiosi gli espositori che hanno messo in acqua piccoli fisherman che hanno invece riscosso un grande successo. Perché un’altra verità è che la pesca tira ed è quella che ancora muove un mercato interessante. Conferma ne è stata anche la grandissima affluenza di pescatori, nomi noti e non, presso gli stand dell’elettronica, dando così un importante seguito alle iniziative di molte aziende di settore che si “sono svegliate”e stanno producendo, con discreto successo, apparecchiature specifiche per le esigenze alieutiche. Da non trascurare anche un evento nuovo per il salone come una gara di pesca, svoltasi gli stessi giorni, organizzata da un nome noto del settore. Iniziativa che ha incrementato il movimento e la voglia di esserci. Mi sembra chiaro che le opportunità per rimettere la piccola e la media nautica in grado di concorrere a alzare il PIL nazionale ci siano tutte e che la pesca possa essere un punto di forza importante. Basterebbe modificare appena le regole per ripartire alla grande in un paese come il nostro, con 7.500 km di coste, un mare unico al mondo per biodiversità e bellezza, in cui la pesca , la nautica e tutte le attività connesse potrebbero diventare le realtà produttive principali. E allora cosa aspettiamo? Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Come mi anCoro Volevo chiedere un vostro autorevole parere, riguardo l’argomento ancoraggio, quando si pesca a tonni in drifting. Premesso che uso un’ancora adeguata, equipaggiata di alcuni metri di catena e relativa cima di sezione sottile, ma molto resistente, pari a due volte e mezzo la profondità massima di pesca, vorrei mi consigliaste il metodo migliore per scongiurare o almeno limitare il più possibile il rischio che un tonno, producendosi nella sua fuga, possa incrociare l’ormeggio e tagliare la lenza. Che soluzione mi consigliate? Germano Artesi

Carissimo Germano, la soluzione che normalmente si usa è quella di filare in mare tutta la cima dell’ancora, per garantirsi un ancoraggio ideale, capace di resistere a vento ed onda. Arrivati sul fondo e messa la cima in tensione la assicureremo ad un galleggiante ben visibile; ideali i parabordi di forma sferica, non costano molto e funzionano alla perfezione. Dal parabordo poi filerai una cima lunga almeno 40/50 mt. o più. Questo farà si che la barca si allontani dalla cima dell’ancora limitando il rischio che un tonno in fuga possa intercettarla. Certo è che maggiore sarà la distanza dall’ancoraggio e maggiore sarà la sicurezza . Attenzione quando si dovrà mollare l’ormeggio dopo uno strike a far si che la cima in bando non possa andare nell’elica. Per scongiurare questo pericolo, sebbene un po’ laboriosa, optavamo per la soluzione di assicurare alla cima, a intervalli regolari, dei galleggianti ( anche le boccette d’acqua da mezzo litro vanno bene) ed uno più visibile alla fine. Cima sempre a galla, in vista e facilmente recuperabile.

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Che paStUratore aCqUiSto? Sono in procinto di attrezzarmi con un sistema di pasturazione elettrico e sono nel dubbio di cosa acquistare. In considerazione del fatto che le cifre in ballo sono tutt’altro che trascurabili, vorrei fare una scelta ragionata e, soprattutto, di cui non pentirmi. Fino ad ora, per richiamare i tonni, ho usato i sacchi di pastura e lanciato sardine a mano; ora non so se è meglio usare un trita sardine od un getta sardine. Anche i consigli degli amici sono discordanti. Ci sono i tifosi della pastura tritata e quelli convinti che lanciare pezzi interi sia la soluzione definitiva. Cosa mi consigliate? Grazie Armando P.

La pasturazione è la base del drifting; forse l’aspetto che maggiormente va curato. La pasturazione automatica oggi rappresenta un aiuto determinante soprattutto dal punto di vista della continuità e della regolarità del materiale rilasciato in mare, che sembra essere il vero segreto dell’efficienza di questi sistemi. La mia preferenza si divide equamente tanto sul getta sarde che sul trita sarde, che trova una eccellente applicazione anche nel drifting leggero. Però è anche vero che ultimamente, almeno per quel che riguarda le esperienze in tirreno centrale, il getta sarde ha dimostrato la sua funzionalità facendoci ottenere catture con maggiore regolarità. Il vantaggio sta nel fatto che possiamo lanciare pezzi molto simili agli inneschi oltre ad un notevole risparmio di brumeggio, ottenuto grazie alla possibilità di cadenzare i tempi. Non posso però esimermi dal dire che pur pescando anche io col getta sardine, a seconda delle condizioni, uso anche dei sacchi di pastura che pongo a profondità diverse , questo per far si che la corrente trasporti prima ancora che le sarde, il loro odore con una scia sapida che si propaga secondo i vari strati d’acqua ed in funzione anche delle temperature e che metta così in caccia i tonni.

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL Le preSe eLettriChe Sto pensando di attrezzare la mia barca per pescare con i mulinelli elettrici o con l’affondatore elettrico o il pasturatore . Vorrei qualche consiglio su come fare, su quante punti istallare e soprattutto che tipo di prese adoperare. Gerardo F.

Caro Gerardo, almeno avresti dovuto darci qualche informazione in più sulla tua barca … almeno la lunghezza e il tipo. Cercherò comunque di darti delle indicazioni generiche con le quali potrai regolarti in funzione delle tue esigenze. Partiamo dalle prese. Quelle che ti consiglio sono del tipo industriale, scartando le prese nautiche che alla lunga non sono affidabili e che soprattutto sono assai poco diffuse. Infatti le prese CEE, quelle con il bordo rosa o verde, specifiche per le tensioni a 12/24 Volt, e quindi con poli interni con grandi superfici di contatto, sono usate dalla stragrande maggioranza dei pescatori. Userai cavi in PVC almeno 2x4mmq per salire fino ai 6 mmq se le batterie saranno lontane, in considerazione che in caso di recuperi impegnativi gli assorbimenti possono essere levati.. All’inizio di ogni linea, in prossimità dell’allaccio in batteria applicherai dei semplici portafusibili stagni. Ti sconsiglio la derivazione da impianti esistenti e consiglio caldamente di derivare l’impianto dalla batteria servizi. Questo ti mette al riparo da guasti anche gravi, rendendo il nuovo impianto indipendente dal resto. Il numero di prese dipende dalla grandezza della barca e dal quantitativo di attrezzature usabili. Col bolentino si pescherà o da una murata o dall’altra quindi dovremo montare per ogni lato tante prese quante canne potremo/vorremo mettere in pesca. Il posizionamento va fatto in prossimità dei porta canna, così da essere più agevole il brandeggio delle canne e il posizionamento di un pasturatore o di un affondatore.

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL SpigoLe diffiCiLi Pesco in bolognese da qualche anno e con discreti risultati. Sono di Roma e molte pescate le faccio al porto di Ostia dove, sebbene sia vietato, comportandosi correttamente senza fare casini, la guardiania è molto tollerante. E’ uno spot molto generoso, dove le spigole, la mia passione, sono molto presenti ed anche di taglia interessante. Ultimamente però le difficoltà sono aumentate e i pesci sono diventati molto diffidenti. Pesco molto leggero e con ami piccoli, ma da un po’ di tempo a questa parte sembra che le spigole sbocconcellino le esche e avverto tocche infinitesimali ed è difficile farle mangiare. Uso bigattini ottimi e scelgo con attenzione quelli da innesco, ma spesso i risultati sono deludenti con pesci rari e solo di piccola taglia che ovviamente rilascio. E i cappotti crescono.. Spero tu possa darmi un consiglio che mi faccia accendere la lampadina.. Grazie Luigi

Caro Luigi i pesci ultimamente sembra abbiano acquisito una maggior capacità di imparare, creando una memoria genetica capace di modificare i loro comportamenti; generando variazioni sia delle abitudini alimentari che della loro routine. Penso che una soluzione potrebbe essere quella di pescare con il vivo, usando gamberi, piccoli cefali, latterini e sparli. Ovviamente salendo un pò di diametro sia in bobina che a terminale e, di conseguenza, usando bolognesi più potenti che ti daranno ragione su prede interessanti. Questo assetto dovrebbe metterti anche al riparo da catture indesiderate. Oltre al fatto tecnico però, non trascurerei le condizioni ambientali. Ovvero luna e maree. Ti consiglio di provare pescate in condizioni di marea crescente fino al culmine, con luna nuova pure in fase crescente e fino a tutto il primo quarto e poi anche con la fase calante fino alla seconda o terza giornata di scuro di luna. Tieni ance presente che in quel preciso spot in cui peschi una buona influenza la esercita il fiume. Il suo flusso, le condizioni del mare, la marea entrante o uscente influenzano molto l’umore della regina..

michele prezisoso


GLOBAL@MAIL a Serra neL CanaLe Gentile Redazione di Globalfishing, Sono Marco, vivo a Pescara, e nel porto canale della mia città ci sono molti serra. Generalmente si pescano a spinning, ma io vorrei pescarli a fondo col trancio di cefalo, o altro. Considerando che predano spesso a galla, e l’acqua è torbida, mi consigliate di provare? E se si con quale accorgimenti? Grazie mille e complimenti per la rivista! Marco

Caro Marco, sicuramente la strategia di tentarli con un trancio, può essere molto proficua. Negli spot che descrivi, un bel salsicciotto può essere più catturante addirittura di un’esca viva. Prova e le soddisfazioni non mancheranno. Tenta di catturare un cefalo bello grosso, o compralo freschissimo in pescheria (va bene anche una spigola o uno sgombro), sfilettalo e prepara, 6 inneschi, ricordando di inserire del polistirolo all’interno e di rovesciare all’esterno la polpa del pesce, per avere maggiore diffusione degli effluvi odorosi. Monta tutto su di un bracciolo in cavetto d’acciaio da 30 lb e lungo 40 cm, armato di due ami 3-4/0 in tandem. Posiziona la tua esca in mare con uno scorrevole o con uno short rovesciato. E.. in bocca.. al serra.

dario Limone


GLOBAL@MAIL SUrf in roSa Ciao amici del surf di Globalfishing. Spero tanto mi rispondiate per far felice me e il mio papà. Sono Viviana ho 15 anni e sono romana. Come dicevo, accompagno il mio papà nelle sue battute di pesca, ma le canne che usa a surf casting sono un po’ pesanti per me. Come posso fare per pescare anch’io ? Mio padre mi porta una canna leggera che chiama bolognese, ma a me piacciono quelle della pesca a fondo. Esiste qualcosa per me?

Dolcissima Viviana, provo una grande invidia per quello che fai, anch’io ho una figlia, ma di pesca non ne vuol sapere. Sicuramente esistono attrezzi adatti alle lady, dove la posizione del mulinello è studiata per braccia più corte. Però prima devi fare pratica, e magari, anziché il surf, puoi iniziare con qualcosa di light, ma catturante. Beach ledgering, ossia pesca dalla spiaggia con canne corte e leggerissime, oppure a feeder, una disciplina dove i pesi in generale sono molto ridotti. Non spaventarti per i nomi… sono tecniche praticabilissime da una giovanissima appassionata. Sono indicate per il mare calmo o poco mosso e rendono parecchio… magari fai le “scarpe” a papà. Canne lunghe intorno ai 3,90 metri, e mulinelli tg 4000. Le esche vanno dal bigattino agli anellidi. Fammi sapere.

dario Limone


GLOBAL@MAIL qUanto Lo Stringo? Sono decisamente confuso, ogni qual volta sono li a legare un amo; soprattutto quelli delle montature da traina col vivo. Ma quando si fa un nodo, quanto è necessario stringerli? Bisogna testarli al carico di rottura del filo o alla taratura del drag del mulinello? Eugenio G.

Una bella domanda, carissimo Eugenio, che ci da modo di ribadire un concetto che abbiamo espresso più volte sperando di rimediare a uno dei peggiori errori che commettono molti pescatori. I nodi vanno realizzati curandosi soprattutto della compostezza delle spire e della perfetta realizzazione. Una volta chiuso e dopo aver controllato che le spire siano perfettamente affiancate, senza accavallamenti, previa una corretta lubrificazione che è bene sia fatta solo con la saliva, (non sarà igienico, ma di qualcosa bisogna pur morire) si provvede ad assuccare. Questo vuol dire che non ne dovremo testare il carico di rottura portando il tutto al limite, ma semplicemente compattare il nodo in modo che non si snodi e per tagliare il capo in eccesso, lasciando qualche millimetro per sicurezza. Mai sottoporlo a stress eccessivo, non faremmo altro che accorciargli la vita determinando degli schiacciamenti della sezione del filo, rischiando di comprometterne la tenuta. Questo è un compito riservato ai pesci..

Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL dentiCi inafferrabiLi Ho scoperto la traina con il vivo da qualche anno e dopo un lungo periodo di cappotti finalmente ho capito molte cose e sono incominciati ad arrivare i pesci. E la soddisfazione è veramente al massimo. Però ho bisogno di un parere o meglio di un aiuto. Ho trovato una zona molto redditizia, ma piena di incagli e afferrature che mietono piombi guardiani a non finire. Però , ed è la terza volta che mi capita, proprio dopo un incaglio, quando riesco a liberare il piombo, arriva una mangiata potente di qualche grosso dentice, che riconosco dalle testate. Ma il gioco dura poco e rompe sulle rocce. Sicuramente sono io a sbagliare qualcosa, ma non saprei proprio cosa fare. Preciso che in genere uso come esca le seppie e di rado i calamari. Posso avere un consiglio? Gilberto F. Molto

spesso

proprio

le

articolate

sono

zone con

più

fondali

molto rotti e variegati ad essere frequentate dai grandi predatori che trovano in questi spot una forte biodiversità e quindi una molteplicità di prede di cui cibarsi. Ma i fondali pieni di afferrature,

di

fatto,

sono oasi tranquille in cui i pesci sono protetti dall’assedio continuo di ciancioli e reti da posta, altro motivo per cui la frequentazione è elevata. Per noi pescatori a traina questi posti sono croce e delizia. Da una parte gli strike sono più frequenti ma dall’altra incagliare o peggio perdere i pesci è molto facile. L’incaglio, lo voglio precisare, ferma l’esca e genera l’attenzione del predone che la attaccherà tanto più voracemente quanto più veloce sarà il guizzo che questa compierà quando verrà liberata dall’incoccio. Molte volte ho catturato dentici importanti in queste condizioni, tant’è che spesso simulo volutamente questa situazione. Ovvio che nell’incaglio rimetterci il piombo è normale. Io ho messo a punto due soluzioni; la prima è quella di inserire negli ultimi 30 cm dal piombo del piano wire da 100lb; una prolunga in tutti i sensi, che tenderà a far saltare il piombo tra gli scogli senza incattivirsi sul fondo. La seconda invece è quella di tendere a pescare alto, almeno una decina di metri dal fondo e evito così tutti gli incagli. Ma per rendere efficace la strategia uso poco piombo e non supero i 250 gr, procedo a scarroccio o veramente molto lento e uso terminali di 5 mt.

michele prezioso


GLOBAL@MAIL Jigging.. CoLori da riCCioLa Caro Domenico Craveli, una domanda molto netta e decisa. Vorrei sapere come ci si regola nella scelta del colore del jig quando si insidiano le ricciole. O meglio, quali sono le tue personali valutazioni quando decidi di montare un jig per insidiare questi meravigliosi pesci. Grazie mille! Antonio

Antonio, per le ricciole uso un personalissimo schema funzionale, ma sono scelte personali, dettate dalle consuetudini di pesca in una precisa zona. Ma se questo mi chiedi.. Ti rispondo con piacere! Se lo spot è condizionato da correnti che rendono l’acqua torbida, o subito dopo mareggiate, io preferisco usare colori che vanno dal blu/argento al verde argento. Jig spiattellanti, che emettono riflessi cangianti sono indispensabili in queste situazioni. Passo invece ad artificiali a base rosa, in primavera o estate. Non mi so dare una spiegazione perché alcuni colori pescano meglio in precisi momenti stagionali, ma quando non trovo una razionalità che mi convince, mi affido alla statistica. Con le ricciole è importante sapersi adattare ai cambiamenti umorali dei pesci, perché si abituano velocemente ad una precisa esca, finendo per ignorarla sistematicamente.

domenico Craveli


GLOBAL@MAIL poStUre da VertiCaL Cari amici di Globalfishing, avevo da fare una domanda al vs Domenico Craveli, specialista in Jigging, su quale sia la postura migliore per tenere in mano una canna da vertical. Considerate che non sono un ragazzino, ma un pescatore sulla via dei 52, che però adora questa tecnica. Nicola

Ciao Nicola, il vertical è una tecnica senza età, anche perché esistono diversi modi per tenere la canna in azione, tutti comunque validi ai fini delle catture. Basta in qualche modo adeguare il ritmo di oscillazione alla rotazione del mulinello, cercando di non perdere mai il contatto con l’esca con azioni scomposte che creino bando nel trecciato durante il recupero. Considerando che la postura migliore è rappresentata dalla posizione “under arm”, ossia con il calcio della canna sotto l’ascella, è comunque possibile jerkare, e gestire l’eventuale preda anche in pancera. Ho visto personalmente tanti pescatori agire in questi modi, senza che l’efficacia in pesca ne abbia risentito. Poi dipende molto anche da quanto “pesanti” siano gli attrezzi. Il light jigging ha stravolto un po’ gli equilibri, e quindi, non è detto che chi con attrezzatura standard da vj non riusciva o faticava a pescare in determinati assetti, non ci possa riuscire con un corredo pescante più easy.

domenico Craveli


TRAINA

Fisso, scorrevole.. e non solo Di Michele Prezioso

N

ella traina con esche vive il terminale è l’elemento sicuramente più importante di tutto il complesso pescante. Il biglietto da visita con cui ci presentiamo in pesca. Può avere geometrie diverse, non solo per modalità di costruzione ma per scopi ben precisi. Conoscerne a fondo le modalità realizzative, le varie soluzioni e gli usi specifici può avere una

importanza determinante nella economia generale delle sessioni di pesca. I MaterIalI Inutile ribadire che i materiali sono di primaria importanza. Abbiamo sempre sostenuto come avvalersi di materiali di qualità, spendendo anche qualche euro in più, ci metta al riparo da incidenti di percorso che si risolvono con la perdita di pesci importanti. E’ bene comprendere che un filo, un amo, non vale l’altro e il prezzo spesso lo evidenzia, sebbene alcuni materiali economici sembrino assolutamente eguali a quelli di marca. Non si tratta di correre appresso alla moda o ai marchi; le differenze ci sono ed è importante saperle riconoscere e apprezzare. Questo poi ha anche il vantaggio di metterci in grado

Il materiale è decisivo, la sua qualità determinante. Il filo di un terminale, durante lo strike, può subire sollecitazioni multiple molto importanti e pertanto è bene avvalersi di prodotti di provata resistenza e affidabilità


di risparmiare, valutando le potenzialità dei materiali ed adoperandoli per quelle che sono le reali capacità. Comunque, sebbene la scelta sia ampia, ci piace condividere quelle che sono le nostre convinzioni, frutto di anni di prove. E queste ci confermano che marchi come Momoi, Seaguar, Yamashita non smentiscono le aspettative se parliamo di fluor carbon e New Kuro, Neutral Gorilla, Asso doppia Forza non tradiscono mai se parliamo di nylon.

GlI aMI

anche l’aspetto pratico e costruttivo è importante, non basta la sola qualità dei componenti ma è sostanziale un montaggio eseguito con certosina attenzione

Qui il panorama è enorme e valutarne la qualità è difficile, perché se un filo si può sottoporre a prove di stress e se ne possono provare le qualità meccaniche, con gli ami i test sono più difficili e vanno fatti in pesca. La forma non ci deve tradire, perché quel che conta sono gli acciai in uso e la loro lavorazione. Ciò non vuol dire che un amo peschi e un altro no. Significa che un amo può offrire più garanzie, durata dell’affilatura, capacità di penetrazione e resistenza meccanica. Di certo è più possibile aspettarsi che si apra una cianfrusaglia cinese che uno di provato standard qualitativo. Sbilanciandosi con dei consigli, possiamo dire che SSW, Eagle Claw, Wmc sono cavalli di battaglia che non tramontano mai. Però ami buoni ce ne sono e se si vuole fare ricerca tra prodotti diversi ben venga, il consiglio è quello di avere maggiori attenzioni, controllare cosa succede dopo un innesco e, soprattutto, dopo uno strike e l’ossidazione che cosa combina. terMINale fIsso E’ la prima soluzione di terminale evoluto e tutt’ora è in uso quando si posseggono esche tutte delle stesse dimensioni. E’ preferito da chi si sente più al sicuro con una soluzione che offre la stessa forza di penetrazione sia sull’amo trainante che sul pescante. Questo, in effetti, può avere un suo perché, in tutte quelle occasioni in cui si ha a che fare con pesci che aggrediscono le esche dalla testa e che, quindi, trovano nel traente un punto di infissione immediata. Questo è l’assemblaggio del trainante del terminale fisso; in questo caso è stato usato un amo con anello storto, ma anche un Jhook standard od un piccolo circle possono andar bene. l’importante è il nodo che dovrà sopportare lo stress dello strike

Deve essere ben realizzato perché il nodo sul primo amo non deve pregiudicare il carico di rottura della porzione di filo che congiunge il secondo. Come contro ha il fatto di dover essere confezionato su misura per ogni esca. terMINale scorrevole Sicuramente è il finale che ha cambiato la storia dei terminali


TRAINA

da traina, una soluzione evoluta che ha avuto molte interpretazioni e personalizzazioni e che risulta

indispensabile

quando

le

esche

disposizione

a

hanno

misure diverse. Quella che noi preferiamo è la versione realizzata come Per far si che il filo non possa usurarsi nel punto di chiusura dell’anello, preferiamo proteggerlo con un tubicino in kevlar. la legatura, opportunamente serrata, terrà saldamente assemblato il tutto

nella foto. Per

una

che

soddisfi

costruzione a

pieno

l’affidabilità e l’efficienza preferiamo adottare ami trainanti ad occhiello piegato per far sì che l’amo si trovi sempre parallelo al filo. Per diminuire il rischio che lo strike sul traente possa comprometterne l’integrità (che potrebbe rompersi sfregando nel punto di chiusura dell’anello), usiamo inserire il filo in un tubicino in kevlar. La legatura potrà essere eseguita con del nylon o con dell’elastico da roubasienne. Il nylon viene preferito perché consente assemblaggi più snelli. Il nodo di chiusura sul pescante può essere un clinch o, meglio, il nodo del tubetto, pulito e molto resistente. soluzIoNI toste Quando il gioco si fa duro,

non

bisogna

lasciare nulla al caso e, se si tratta di ricciole o tonni, che ultimamente

con un amo ad anello saldato si opterà solo per la legatura, realizzata con più spire affiancate; la loro quantità ed il loro serraggio regolerà la facilità di scorrimento dell’amo stesso

sono

diventate una preda anche della traina col vivo, sarà necessario adoperare

ulteriori

accorgimenti.

Uno,

in particolare, sarà quello di usare ami traenti

con

anello

saldato. Questa scelta garantirà

la

totale

mancanza di usura del filo. A questo punto, una doppiatura potrà essere anche una scelta possibile, raddoppio che realizzeremo con un nodo spider hitch, che è l’ideale in queste scelte. Una finezza potrà essere quella di usare del nylon


al posto del fc; in questo caso un fc importante, raddoppiato, sarà più rigido di un nylon dello stesso libraggio e questa attenzione potrebbe fare la differenza, quando ad essere trainati sono pesci.

Due sugheri in tandem, nella fase di cala ; il terminale sarà realizzato a misura, al momento, come quello fisso, solo facendo attenzione alle distanze tra i pesci

MoNtatura taNDeM L’effetto branco è ideale con

pesci

difficili

da

ingannare o quando si hanno esche piccole; si tratta di mettere in pesca due pesci o due calamari, uno di seguito all’altro. Una “filosa” sui generis ma

molto

catturante,

perché invita i predatori all’attacco. Soluzione semplice da realizzare, prevede di montare due ami sullo stesso terminale, in modo simile al terminale fisso, ma distanti tra loro in misura tale che la fine della prima esca, sfiori l’inizio della seconda. Come ami useremo degli usuali jhook o dei circle. I pesci verranno innescati per i fori del naso ed i cefalopodi per la parte apicale del mantello. I pesci, di qualsiasi tipo, in acqua si disporranno uno in alto ed uno in basso, come se competessero in velocità tra loro e questo sarà il segreto di questo inganno. sINGle hook Pescare con un solo amo si può e l’efficienza di tale soluzione a volte ha del miracoloso, soprattutto se il nostro target saranno i pelagici. Dentici ed altre prede sono egualmente possibili ma, soprattutto usando esche grandi, richiedono una perizia di gestione dello strike, che va acquisita con molta attenzione. La costruzione è poco meno che elementare, in quanto useremo degli ami circle che legheremo al terminale con una asola che li lasci liberi di muoversi, usando degli sleeve od un nodo specifico. Sarà facilissimo e affidabilissimo. Innescheremo soprattutto pesci, tombarelli, alletterati, grandi sgombri, grosse lecce stella, trafiggendole nei fori nasali o con un innesco catalina o direttamente nel palato.

l circle, se opportunamente legato, con un’asola che ne consenta la massima libertà, è un amo micidiale


SURFCASTING

Piombi da distanza Di Dario Limone

I

n volo come in acqua, ad un piombo da surf vengono richieste diverse caratteristiche, difficilmente conciliabili congiuntamente. Aerodinamicità, idrodinamicità, tenuta sul fondo, sono le variabili da considerare in base alle diverse condizioni di pesca. In un piombo da

distanza, tutto questo viene portato all’estremo Il piombo è il “propulsore” necessario per lanciare le nostre esche. Il rapporto tra peso del piombo e range di potenza della canna va sempre rispettato per evitare il crash del fusto. E’ impensabile di “frustare” un piombo da 150gr con un attrezzo che ne dichiara 130gr come “weight max”.

Una grossa orata catturata sulla lunga distanza. I piombi ad ogiva sono ottimi allo scopo. Anche perché tendono a derivare lateralmente sotto l’influsso della corrente


Lo spike è l’ibrido.. ossia forma per la distanza, e rampini per la tenuta

UN “mARe” DI pIombI Nella grande varietà di forme, possiamo dividere 2 principali categorie di zavorre: quelli da tenuta, e appunto quelli da distanza. I piombi da distanza trovano campo di applicazione quando necessitiamo di posizionare le esche molto lontano, specie col mare calmo, e quando una leggera deriva del piombo potrebbe essere invece utile. Oggi ci sono dei piombi da distanza, che hanno anche una sufficiente tenuta, giusto per fare qualche nome il “ Tommy “, lo “ Sportenn “od il “Rocco top “. La loro caratteristica è quella di avere un baricentro spostato verso la punta con delle rientranze, che hanno lo scopo di aumentare l’adesione al fondo. Un piombo da distanza puro invece è lo storico “AB Uno”.


SURFCASTING

IL mIG 21 Tra

le

ultime

novità,

abbiamo il rivoluzionario mig21 di Fonderia Roma. A prima vista qualche perplessità per

via

è della

lecita, forma

atipica. Ma in volo… e in acqua si fa apprezzare notevolmente.

IL FAmIGeRATo WINDy C’è poi la “pallina da golf”, “ Windy” , che ha la pecularietà di “galleggiare in volo”; ciò è reso possibile dalla presenza sulla sua superficie di decine di concavità semi-sferiche, che catturano appunto l’aria durante il volo stesso, riducendo così l’attrito. Lo stesso fenomeno, appunto, che accade nelle palline da golf. Ha una forma a pera con baricentro spostato sulla punta, per ottimizzare la lanciabilità. IN voLo.. ANChe NeLL’ACqUA Altri piombi sono dotati di alette stabilizzatrici durante il volo, che hanno però anche la funzione di sollevarlo rapidamente dal fondo durante il recupero; sono molto validi se peschiamo sul misto o in prossimità della posidonia, tipo “Rocco Bomb o Rocco 2000“.


ACCESSORI PER GLI AMANTI DELLA PESCA


VERTICAL

Il mio primo assist

Di Domenico Craveli

n

el el vertical vertical jigging, jigging, niente niente può può essere essere lasciato lasciato al al caso, caso, ee non non potendo potendo stimare stimare aa priori priori ilil tipo tipo ee la la dimensione dimensione della della preda preda con con cui cui dovremo dovremo confrontarci, confrontarci, dovremo dovremo optare optare sempre sempre verso verso soluzioni soluzioni tecniche tecniche che che ci ci garantiscano garantiscano la la massima massima affidabilità affidabilità nelle nelle situazioni situazioni più più estreme. estreme. L’assist L’assist hook, hook, ossia ossia l’armatura l’armatura che che porta porta l’amo, l’amo, era era inizialmente inizialmente vista vista con con grande grande scetticismo, scetticismo, ma ma poi, poi, quando quando finalmente finalmente si si èè percepita percepita la la sua sua efficacia, efficacia, si si èè capito capito che che forse forse ilil jig jig non non poteva poteva essere essere montato montato diversamente. diversamente. Una Una delle delle difficoltà difficoltà maggiori maggiori che che affligge affligge ilil neofita neofita èè la la realizzazione realizzazione dell’assist dell’assist hook hook in in abbinamento abbinamento al al jig, jig, ee soprattutto soprattutto la la scelta scelta dell’amo dell’amo idoneo. idoneo. Scartando Scartando soluzioni soluzioni tampone tampone con con dacron dacron ee tracciati tracciati vari, vari, l’assist l’assist dovrà dovrà essere essere realizzato realizzato esclusivamente esclusivamente con con del del puro puro Kevlar, Kevlar, dalle dalle 150 150 alle alle 500lbs. 500lbs. Questo Questo perché perché ilil kevlar kevlar stesso stesso èè molto molto resistente resistente all’abrasione, all’abrasione, èè duttile duttile da da lavorare, lavorare, ee ha ha una una notevole notevole tenacia tenacia aa trazione trazione nonostante nonostante ii diametri diametri contenuti. contenuti. IlIl

Assist hook da jigging pesante: per ricciole e tonni si è soliti usare le misure maggiori. Un 9/0 o 10/0 è nella normalità delle cose


prezzo prezzo èè un un po’ po’ elevato, elevato, ma ma non non ci ci si si può può esimere. esimere. Dimensioni.. Dimensioni.. Amo Amo Gli Gli ami ami idonei idonei per per questa questa tecnica tecnica sono sono estremamente estremamente robusti, robusti, avranno avranno una una pancia pancia molto molto ampia, ampia, un un gambo gambo corto, corto, ee un un anello anello saldato saldato leggermente leggermente inclinato. inclinato. Sono Sono realizzati realizzati in in lega lega pregiata pregiata ee sono sono molto molto leggeri leggeri se se paragonati paragonati ad ad omologhi, omologhi, nati nati magari magari per per qualche qualche altra altra tecnica. tecnica. L’utilizzo L’utilizzo di di ami ami grandi grandi serve serve aa garantire garantire una una ferrata ferrata sicura sicura quando quando ii pesci pesci attaccano attaccano in in modo modo rapido rapido come come può può avvenire avvenire nei nei confronti confronti del del Jig. Jig. Quando Quando un un predatore predatore afferra afferra un’esca un’esca naturale, naturale, la la morde, morde, la la ruota ruota ee cerca cerca di di ingoiarla, ingoiarla, quindi quindi un un amo amo anche anche se se piccolo piccolo (se (se così così possiamo possiamo definire definire un un 4/0) 4/0) ha ha ottime ottime possibilità possibilità di di trovare trovare un un punto punto di di appiglio appiglio ugualmente ugualmente nel nel palato, palato, nella nella gola, gola, oo più più esternamente. esternamente. Nel Nel caso caso dell’aggressione dell’aggressione su su un un jig, jig, noi noi abbiamo abbiamo un un amo amo che che “entra” “entra” aa malapena malapena nella nella bocca bocca del del pesce, pesce, subito subito dietro dietro ilil labbro. labbro. La La trazione trazione contraria contraria della della canna canna tira tira l’amo l’amo verso verso l’esterno l’esterno in in asse asse tra tra la la mascella mascella ee la la mandibola; mandibola; se se ilil collo collo non non èè ampio ampio aa sufficienza sufficienza da da “superare” “superare” lo lo “spessore” “spessore” del del labbro labbro oo del del punto punto dove dove c’è c’è l’ossatura l’ossatura che che regge regge ii denti denti oo simili, simili, ee penetrare penetrare nella nella parte parte cartilaginea, cartilaginea, c’è c’è l’eventualità l’eventualità che che l’amo l’amo si si appunti appunti aa malapena malapena in in una una parte parte dura dura ee imperforabile. imperforabile. Sette Sette volte volte su su dieci dieci le le allamate allamate sono sono sulla sulla parte parte alta alta della della bocca. bocca. Occasionalmente Occasionalmente qualche qualche pesce pesce può può allamarsi allamarsi esternamente, esternamente, ma ma sono sono casi casi rari rari (con (con ii pesci pesci piccoli piccoli èè un un altro altro discorso) discorso) .. Comunque Comunque per per dare dare dei dei riferimenti: riferimenti: ami ami del del 7/0, 7/0, 9/0 9/0 saranno saranno indicati indicati per per esche esche dai dai 150 150 grammi grammi in in su, su, mentre mentre 5/0 5/0 ee 6/0 6/0 saranno saranno adeguati adeguati per per quelle quelle di di 100/120 100/120 gr. gr.

L’allamata perfetta. Ecco il grosso amo infisso nella parte cartilaginea della mascella, senza che si sia allargato troppo il punto di infissione

FAtto FAtto per per essere essere AspirAto AspirAto IlIl principio principio di di funzionamento funzionamento dell’assist dell’assist èè molto molto semplice, semplice, anche anche se se aa vederlo vederlo montato montato le le prime prime volte volte ci ci stupivamo stupivamo di di come come un un pesce pesce poteva poteva rimanere rimanere allamato. allamato. Quando Quando un un predone predone si si scaglia scaglia contro contro un un jig, jig, viene viene richiamato richiamato dal dal vortice vortice che che si si crea crea nella nella estroflessione estroflessione della della bocca, bocca, ee quindi quindi l’assist l’assist finisce finisce dentro dentro le le fauci fauci per per “aspirazione”. “aspirazione”. Ecco Ecco perché perché èè importante importante un un amo amo leggero, leggero, perché perché in in questa questa fase fase ha ha meno meno inerzia inerzia .. Una Una potente potente ferrata, ferrata, anche anche ripetuta, ripetuta, permette permette incocci incocci sicuri, sicuri, facendo facendo diventare diventare le le slamate, slamate, eventi eventi rarissimi. rarissimi. Come Come oramai oramai èè noto, noto, l’assist l’assist hook hook andrà andrà montato montato in in testa testa al al jig, jig, specialmente specialmente se se si si cercano cercano prede prede importanti. importanti. La La sua sua lunghezza, lunghezza, andrà andrà proporzionata proporzionata all’esca, all’esca, solitamente solitamente ilil sistema sistema non non supera supera 1/3 1/3 del del corpo corpo del del jig jig stesso. stesso. Diverso Diverso ilil discorso discorso per per gli gli slow slow blatt, blatt, dove dove l’assist l’assist ha ha ami ami ridotti, ridotti, doppi, doppi, ee se se ne ne montano montano 2, 2, uno uno in in testa testa ed ed uno uno in in coda. coda. Con Con queste queste particolari particolari esche, esche, l’assist l’assist ha ha funzione funzione di di stabilizzatore stabilizzatore del del nuoto, nuoto, soprattutto soprattutto durante durante la la discesa. discesa.


VERTICAL

FACil’Assist

Grazie

alle

notevoli

proprietà meccaniche del kevlar, potremo fare delle legature semplici e veloci che non inficiano resistenza e

tenuta.

Un

classico

veloce e pratico, prevede la seguente procedura:

1. Si doppia uno spezzone di kevlar della lunghezza desiderata e lo si affianca a l’amo 2. Si realizza un loop, con il dormiente affiancato al gambo dell’amo stesso 3. Si avvolgono i due capi facendo 2/3 spire tra il dormiente e il gambo dell’amo 4. Si sistema la legatura in modo che le spire non si accavallino 5. Si assucca e si stabilizza la legatura con un po’ di attack 6. Si tagliano le eccedenze, e il nostro facil.. rapid.. assist è pronto

1

2

3

4

5

6



NAUTICA

Tutto sul VHF di Umberto simonelli

s

icuramente da quando l’uso dei telefonini si è diffuso a macchia d’olio è sensibilmente diminuita la necessità di avere a bordo un apparato VHF. In effetti fin quando si è in navigazione in prossimità della costa, la comunicazione cellulare è assicurata. Ma quando ci si allontana già

qualche miglio l’aggancio delle celle diventa difficile ed instabile. Però la scelta di imbarcare un ricetrasmettitore VHF, rimane comunque una buona opzione a favore della sicurezza. Perché un apparato VHF, di qualità anche media, assicura comunicazioni con le stazioni costiere e con le altre barche in ogni situazione. la Portata La portata di una comunicazione vhf si definisce ottica; ovvero avviene con sicurezza tra antenne che si vedono. Quindi diciamo che a livello del mare, la portata è teorica è 12 miglia, ovvero la distanza massima fin dove non interferisce la curvatura terrestre. Nella realtà le distanze raggiungibili generalmente sono di 7/8 miglia. E’ possibile aumentare la portata aumentando l’altezza delle antenne, motivo per cui le stazioni terrestri sono generalmente collocate sui rilievi o dotate di antenne molto alte. Anche in barca è consigliabile installare l’antenna nei punti più alti per ottimizzare la trasmissione. Anche la potenza di trasmissione e la lunghezza dell’antenna giocano rispetto alle distanze raggiungibili.


Portatili e fissi In commercio esistono apparati fissi ed apparati portatili. I primi necessitano di un’antenna e di una sorgente di alimentazione, mentre i secondi hanno all’interno delle pile o delle batterie ricaricabili e un’antenna integrata. La differenza tra i due apparati

l’antenna è di fondamentale importanza. oltre alla lunghezza conta la qualità; perché in una antenna come si deve le caratteristiche dichiarate sono effettivamente reali e soprattutto durata e affidabilità sono massime

, sostanzialmente sta nelle prestazioni. I portatili, sebbene molto evoluti nelle loro funzioni, hanno una potenza più limitata e di conseguenza una portata più limitata, anche per via dell’antenna, di piccole dimensioni. A loro vantaggio hanno la peculiarità di essere trasportati ovunque e rappresentare un’agevole modo di comunicare tra barca e barca, oltre che essere un’ottima alternativa in situazioni di emergenza. MassiMo rendiMento Gli I trasmettitori fissi garantiscono un funzionamento più efficace. Quasi tutti poi sono equipaggiati di funzionalità molto utili; una di queste è il dsc che consente, connettendo il VHF con il cartografico, di inviare, in caso di emergenza, le proprie coordinate, in automatico spingendo un bottone

apparati

fissi

debbono

essere”

installati”

ovvero

collocati

in

un

punto della barca, alimentati sorgente

da a

una

12

o

24 Volt (a seconda dell’imbarcazione) ed ovviamente equipaggiati da un’antenna. E’ da lei che dipende la portata delle trasmissioni

e

la

chiarezza

delle

comunicazioni,

soprattutto quando si è al limite delle distanze. L’antenna, maggiore sarà la sua qualità e soprattutto quanto maggiore il suo”guadagno” maggiore sarà la sua funzionalità. Sulla confezione di ogni antenna c’è riportato il valore del guadagno, espresso in dB. E’ bene che questo valore sia il più alto possibile e 6 dB sono un valore sotto il quale è bene non andare. Anche la lunghezza influisce; l’ideale è di due metri. Oltre può diventare delicata e rompersi facilmente. E’ bene installarla il più in alto possibile e sul roll-bar è l’ideale. Attenzione anche alla connessione elettrica che deve consentire il passaggio di corrente necessario a emettere tutta la potenza dell’apparato. il canale 16 Il canale 16 è un canale dedicato alla sicurezza e non deve essere usato per nessun altro scopo. E’ su questo canale che si contattano le autorità o si effettuano richieste di aiuto; il famoso May Day ( che si deve pronunciare MEDE’) da usare in caso di pericolo grave, o il Pan, in caso di urgenza o il Securitè, quando si deve segnalare un pericolo per la navigazione. In ogni caso la segnalazione deve essere


seguita dal nominativo della barca e dalla sua

NAUTICA

posizione, scandendo bene la pronuncia. le aUtorizzazioni Premesso che il VHF è obbligatorio per la navigazione oltre le 6 miglia, il suo uso è

subordinato

ad

alcune

autorizzazioni

amministrative. Per amministrative si intendono quelle abilitazioni non soggette ad esami ma ottenibili con una specifica procedura. Serve la Licenza RTF e il Certificato RTF. La prima si ottiene, se possediamo una imbarcazione, presentando una domanda presso il Compartimento Marittimo di Iscrizione della barca. Mentre se si possiede un natante, quindi una barca non iscritta, la medesima domanda va inoltrata all’Ispettorato Regionale del ministero delle Comunicazioni. Ovviamente alla domanda va allegato il certificato di conformità dell’apparato e, se la documentazione è a posto, viene rilasciata una licenza ed un nominativo internazionale. Per ottenere il Certificato RTF, ovvero Certificato Limitato di radiotelegrafista, altrimenti detto “patentino” anche qui basterà acquistare delle marche da bollo, pagare un piccolo conto corrente e, riempito il modulo, presentare il tutto presso gli ispettorati competenti del Ministero dello sviluppo economico ,Direzione Generale per le Attività Territoriali. il galateo del VHf L’uso dell’apparato Vhf è dedicato alle comunicazioni strettamente indispensabili, non deve essere adoperato come un radio trasmettitore amatoriale per fare conversazione. Soprattutto il canale 16 è dedicato alla sicurezza e alle chiamate alle autorità. C’è una procedura per effettuare le chiamate, che consiste nel pronunciare per due volte il nominativo di chi cerchiamo seguita dal nostro identificativo. La procedura va ripetuta ad intervalli e ricevuta la risposta ci si trasferisce su un canale libero. Esiste anche una terminologia specifica per indicare lettere . Si chiama alfabeto Nato ed è studiato appositamente per identificare le lettere dell’alfabeto senza confusioni. I numeri si trasmettono invece in inglese , facendo lo spelling di ogni cifra. Solo il nove per evitare di confonderlo con il “no” tedesco, si pronuncia “nainer”. l’alfabeto nato è stato studiato per la massima comprensibilità in tutte le lingue ed anche in condizioni di trasmissione disturbata


SCHOOL

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PESCA DA TERRA

mai senza

Di Michele Prezioso

I

l galleggiante scorrevole è stato l’uovo di colombo nella pesca all’inglese, che ha permesso ai pescatori di affrontare ogni tipo di situazione ed ogni tipo di fondale, alla ricerca di prede pregiate e diffidenti. Dalle scogliere naturali, ai manufatti

portuali.. e addirittura dalla barca, la penna di pavone con o senza bulbo, scorrevole è una soluzione indispensabile.


Inglese.. lo scorrevole

La pesca con lo scorrevole, ha aperto scenari di pesca inimmaginabili. Ha reso possibile affrontare gli spot più diversi, qualunque sia la profondità dell’acqua antistante la nostra postazione. Ma affinché la nostra soluzione funzioni a dovere, sono necessari piccoli ma importanti accorgimenti, che fanno la differenza, tra pescate mediocri, e momenti da ricordare.


PESCA DA TERRA

LA SCELTA DEL gALLEggIAnTE Il galleggiante scorrevole che sia a penna di pavone o a goccia all’ italiana, ha rivoluzionato la pesca in mare da terra. Prima era possibile pescare fino alla lunghezza della canna, oggi con l’ausilio di questo straordinario galleggiante,

possiamo

portare

le

nostre esche anche a trenta quaranta metri di fondo. I galleggianti possono essere parzialmente piombati o da tarare completamente.

LA MISuRAzIonE DEL fonDo

Modelli in plastica, o in pregiata balsa, opportunamente tarati, saranno in grado di regalarci giornate indimenticabili anche in spot profondi, dove non esisterà alternativa allo scorrevole per proporre esche piccole in modo light

La pesca con lo scorrevole impone la misurazione del fondo per far lavorare le esche alla profondità più idonea in base allo scenario di confronto. Per effettuare tale rilevamento, useremo delle sonde reperibili in commercio, o piccoli piombi da 10/20gr, che andranno montate sull’ amo, e trascineranno giù il galleggiante stesso per l’eccessivo peso. Spostando lo stopper pian piano, adegueremo la quota, fin quando arriveremo a quella Le piccole sonde sono indispensabili nella fase di posizionamento dello stopper per lo scorrevole, per far lavorare le esche alla giusta distanza dal fondo

ottimale.

Misurando più volte, arriveremo a vedere ll galleggiante ,o meglio la sua astina, entrare e uscire dall’acqua: in quel caso siamo in pesca a modo di “tocca non tocca” , profondità giusta per tutti i pesci di fondo. Portando più giù lo stopper.. e quindi più su l’esca, saremo in assetto da pesci di mezzo fondo. La taratura del galleggiante andrà fatta sempre con il valore assegnato, leggibile sul galleggiante stesso. Per orate saraghi cefali spigole andremo a presentare le nostre esche nel primo metro di fondo, e con il variare della marea , interverremo sullo stopper per essere in pesca sempre a quella quota. Se poi le


Le orate pascolano a stretto contatto il fondo. La nostra esca dovrà fluttuare a poche spanne da esso

nostre mire saranno occhiate, aguglie, o saraghi staccati dal fondo che seguono verso l’alto la pasturazione, continueremo ad agire sempre sugli stopper. QuoTE In PESCA Il terminale può essere composto da una piombatura secca con torpilla, o piombo unico che tarerà l’ottanta per cento della piombatura o, per i più esperti, da coroncine a scalata, composte da soli pallini aperti in due tre metri di lenza o da torpilla e pallini. Per i pesci di galla, ossia occhiate, aguglie sugheri boghe, spigole, il terminale sarà sempre lungo, un paio di metri, mentre per i pesci di fondo sarago orata cefalo salpa, massimo un metro e mezzo. Le esche possono essere anellidi, bigattino,

sardina,

gambero,

cozza e tutto ciò che è reperibile in scogliera. Ricordiamoci che per fare più distanza bisogna usare nylon in bobina di diametro sottile max 0, 20, minimo 0,14, possibilmente di tipo affondante per non fare pance in superficie e

non

essere

soggetto

al

vento, situazioni che possono disturbare

il

galleggiante

falsando le mangiate. I muggini vagano su tutta la colonna d’acqua, ma tendono a salire verso la superficie al richiamo della pastura


ARGOMENTI

Ragionamenti sul tonno Di Umberto Simonelli

D

a quando i tonni sono riapparsi nelle acque del nostro mare, la “tuna fever”, che sembrava essersi assopita e quasi scomparsa, è riesplosa in modo veramente importante. Il nostro gigante rosso è tornato ad essere il protagonista della passione alieutica di moltissimi

pescatori, la star di tantissime manifestazioni ed anche, non dobbiamo sottovalutarlo, il motore dell’economia di settore davvero interessante. Infatti gli acquisti dei nuovi appassionati, il rinnovo delle attrezzature degli esperti hanno rinvigorito un mercato che non navigava in ottime acque. Senza considerare il fermento generale che porta i pescatori in mare incrementando ulteriormente il giro economico, da quello delle attrezzature a quello della nautica, dei servizi, fino, per estremizzare, a quello delle esche. Ed ancora una volta, anche nel terzo millennio, il tonno si dimostra un cardine dell’economia e non solo per la pesca professionale.


Pochi sanno che la pesca del tonno affonda le sue radici nella notte dei tempi e se ne hanno notizie addirittura attraverso reperti archeologici e citazioni nei classici greci; tanto per citare un nome celebre, proprio Eschilo, in una tragedia teatrale, I Persiani, la più antica che ci sia mai pervenuta, descrive la scena di una battaglia assai cruenta paragonandola alla mattanza dei tonni nella camera della morte. In Italia la pesca con le Non a caso molti hanno definito il tonno “oro rosso”; oggi più che mai rappresenta un valore economico enorme

tonnare è molto antica, ma se ne hanno notizie ratificate solo dal 1600, quando già si contavano decine di installazioni solo in Sicilia. Quindi il tonno è stato da

sempre fondamentale nelle attività umane legate al mare, una fonte di sostentamento alimentare ed economico. Il grande pelagico veniva pescato, ma succede tutt’ora, durante la sua migrazione genetica; ovvero il viaggio che lo porta nelle acque mediterranee dall’oceano per riprodursi, e quello in senso inverso per ritornarvi. Tanto è che i tonni venivano identificati come tonni di andata e tonni di ritorno; i primi più grassi ed i secondi meno dopo le fatiche riproduttive. L’unico metodo di pesca erano le tonnare, installazioni grandiose, fatte con una serie di reti, a realizzare come una grande nassa, articolate in un percorso che conduceva i pesci in una zona finale di non ritorno. La genialità stava nel fatto che le tonnare venivano montate ogni anno con posizionamenti diversi a seconda di quelle che erano le indicazioni dell’antica sapienza, quasi sciamanica, dei Raìs, la figura mitica che governava sulla gestione della

Ecco, in un disegno d’epoca, l’impianto di una tonnara. Una installazione frutto della sapienza alieutica e marinara

pesca. Erano in grado di prevedere dove fossero passati i pesci con tale precisione da far sì che nel loro andare finissero nei corridoi realizzati con le reti. Pensiamo per un attimo a quanta sapienza e a quanta conoscenza del mare e dei suoi segnali dovesse servire per riuscire in questa pesca, una storia che, a nostro avviso, ricorda quella dei bisonti americani. E le assonanze sono molte; perché la pesca del tonno così praticata, come la caccia del bisonte dagli indiani d’America, non solo era biologicamente sostenibile ma si era consapevoli della ricchezza a cui si attingeva. E la ritualità religiosa di ringraziamento dell’abbondanza che la natura o le divinità concedevano all’uomo era la colonna sonora di tutto il periodo di attività. Gli uomini uccidevano quello che la natura concedeva e non di più e ciò si trasformava in nuova vita. Ma l’avvento della pesca industriale ha sconvolto ben presto un equilibrio così delicato, esercitando un prelievo esagerato e sconsiderato. E la sconsideratezza sta nel fatto che tutt’oggi i periodi in cui i tonni sono prelevabili


ARGOMENTI

Una foto storica e famosa, di un momento delle mattanza che, sebbene rimanga un epilogo cruento di questa pesca, era la conclusione di una attività umana di prelievo perfettamente sostenibile

sono gli stessi delle pratiche di un tempo, ovvero quelli della migrazione riproduttiva.

Ma

con

le

tonnare,

sebbene il prelievo a volte, negli anni più fortunati, fosse ingente, non si incideva sulla potenzialità riproduttiva. Fino

a

qualche

dell’avvento

di

anno una

fa,

prima

politica

di

conservazione, si effettuava la pesca a circuizione dei banchi di tonni, individuati anche con gli aerei, o la pesca intensiva delle tonniere giapponesi, decimando lo stock prima ancora che i pesci potessero riprodursi. E’ un po’ come dilapidare il capitale che, ovviamente, non produrrà più interessi. Nel volgere di pochi

Oggi una sola cianciola, attrezzata con sonar ad altissime prestazioni e strumenti meccanici, è in grado di effettuare prelievi enormi; in passato quando non erano in vigore le quote tonno lo scempio è stato terribile

anni i tonni scomparvero, ed anche per i pesca sportivi divennero un lontanissimo ricordo. Oggi le cose sono cambiate, ma la realtà è forse meno rosea di quanto possa sembrare. I grandi tonni, quelli oltre i cento kg, non si pescano più e la taglia media è bassa e i tonni sono presenti tutto l’anno, segno che l’attività migratoria è cambiata. Ma continuiamo a pescarli, in modo industriale, prima che si riproducano. Una vera bestialità biologica oltre che di buon senso. Perché se si vuole applicare una politica conservativa, anzi di accrescimento, bisogna cambiare delle regole. E almeno cambiare i periodi, lasciando che i pesci si accoppino. Ma pare che tutto ciò sia lontano dai pensieri di chi fa le regole. Perché i tonni, come i polli, le mucche, le pecore e tutti gli animali da reddito per poterli continuare ad avere debbono riprodursi e solo dopo possono essere, per così dire, “usati”. Non basta, per proteggere i tonni, vietarne la pesca ai ricreativi e decuplicare le sanzioni. O no?

Sempre di più il catch&release è entrato a far parte della cultura dei pescatori di oggi, rendendo la pesca ricreativa a impatto zero



SURFCASTING

IL TRAVE UNIVERSALE Di Dario Limone

S

embrano secoli da quando si pescava dalla spiaggia con piombo passante, girella, e bracciolo al di sotto. Oppure nel più classico dei pater noster dove trave e braccioli era l’uno parte dell’altro. Oggi, il trave è l’elemento “portante” della disciplina, un nuovo concetto di

terminalistica, che permette di affrontare ogni condizione. Il trave è un tratto variabile in lunghezza, di nylon o di trecciato, dove vengono inseriti al centro, uno o più snodi, mentre alle estremità, da un lato il piombo e dall’altro l’asola. A questo segue il minitrave, costruito in acciaio, che porta un solo snodo. Lo snodo può essere montato anche sullo shock leader, rendendo tutto ancora più pratico e veloce. Il vantaggio è, che con queste soluzioni, ad assetto variabile, siamo praticamente pronti a tutto, anche a velocemente.

condizioni che mutano

I minitravi sono eccellenti con mare calmo. Ma come il moto ondoso aumenta è necessario passare ai travi così come li abbiamo sempre conosciuti


Attacco alto e salsicciotto flotterato… una soluzione da serra e da moto ondoso importante

ALTo e bASSo… Quando ci si mette in pesca in condizioni di mare poco mosso, ma con le onde che guadagnano potenza con il passare del tempo, ecco che è necessaria una soluzione “universale” che ci permetta di

stare

in

pesca

in

un

contesto

mutevole. Non adattarsi, significherebbe inesorabilmente non pescare, poiché i garbugli saranno una certezza. Il trave universale è composto da uno spezzone di lenza dello 0.55/0.60, lungo 180 cm, con girella in testa, snodo scorrevole su di esso, e capocorda con conetto di protezione in basso. Questa soluzione ci permette di pescare con bracciolo a pochi centimetri dal piombo nelle condizioni di poco mosso o quasi calmo, ma potremo alzarlo man mano che le onde lo ingarbugliano. La versatilità di questa soluzione ha come punto fermo, il diametro sostenuto del trave stesso. DIReTTAMeNTe SULLo ShoCk LeADeR Ma perché utilizzare un trave se lo snodo lo si può montare sullo shock leader? La domanda è lecita, ed infatti molti surfcaster fanno così. Il problema è che tale soluzione, se abbinata ad un mulinello fisso, è soggetta a torsioni che non riescono del tutto a scaricarsi, quindi, non è raro trovarsi a gestire dei garbugli, Minitrave e snodo sullo shock leader a confronto

dovuti proprio alla memoria delle rotazioni che si accumulano nei recuperi. Diverso il discorso per

chi invece pesca con il rotante. La bobina in asse, non genera questo tipo di problemi. Ecco perché è sempre bene approfondire, prima di arrivare a conclusioni affrettate. Inoltre, su un trave, è più semplice installare un bait clip, se dovesse servire. Lo SNoDo NeL DeTTAGLIo Realizzare uno snodo è semplice, anche perché esiste della minuteria specifica che ci permette di farlo in pochissimo tempo. Bastano infatti due stopper in gomma della misura “L”, due perline forate, e in mezzo una girella di buona qualità. Se si vuole fare un qualcosa di più stabile, è possibile utilizzare al posto degli stopper in gomma, i fermi in acciaio e gomma a crimpare della breakaway. Pochi minuti… e siamo pronti… dalla calma piatta alla tempesta perfetta!


VERTICAL

IL ROSA CHE SEDUCE Di Domenico Craveli

Q

uando si parla di tecniche verticali, anche se light, il pensiero va sempre alla preda xxl, all’animale del peso a due cifre, quando invece esiste un mondo fatto di nobili sparidi “rosa”, in grado di entusiasmarci con catture di pregio. Insidiamoli con metodo!

Nella spasmodica e incessante ricerca di pesci importanti e di grossa taglia, ci dimentichiamo spesso di prede che, sebbene di mole contenuta, sono nobili e divertenti, che se insidiate con metodo, possono rappresentare per il pescatore una variante senza stagione: parliamo di pagelli, prai e affini, pesci davvero da japan style! Abbiamo provato più volte a far passare in Italia il concetto che le prede di piccola e media taglia riescono a divertire più del singolo pesce di grossa mole, che magari arriva sui nostri ami solo dopo un’estenuante ricerca; ma ci hanno preso per visionari, ci hanno addirittura deriso paragonando questo pensiero alla favola della volpe e dell’uva… ma non è così! L’inchiku, il kabura e il tenya, sono tecniche straordinarie e il loro apice tecnico è

il praio di taglia è una macchina da guerra. Combattivo fin sotto la chiglia


magnificato non solo con la cattura di dentici, cernie e magari ricciole, ma anche e soprattutto con tutte quelle prede che è possibile insidiare negli ambienti più vari e spesso anche difficili, malgrado il fatto si tratti di pesci di pochi etti. Pesci presenti praticamente lungo tutte le nostre coste, pesci insomma che possono regalare soddisfazioni anche nei settori di mare considerati avari di grandi animali. Dal bolentino all’artifiCioso artifiCiale Pagelli e Prai sono due specie che turbano da sempre i sogni dei bolentinari più incalliti. Pensare di realizzare gli stessi carnieri usando artificiali al posto dell’esca naturale non è proponibile, ma la taglia media di questi pesci che si scagliano sulle nostre insidie “artificiali” è decisamente più elevata. Questi pregiati sparidi hanno abitudini diverse, ma i loro ambienti sono adiacenti e questo ci agevola nella loro ricerca. I pagelli Un parago caduto vittima di un kabura fucsia

amano stare nelle aree fangose a ridosso di settori misti e rocciosi,

proprio dove i prai prediligono alimentarsi, specialmente per quel che riguarda gli esemplari più giovani, perché i grossi iniziano ad avere abitudini più simili ai dentici e meriterebbero un discorso a parte. Zona Che vai… …quota di pesca che trovi. Se è vero che non tutte le zone d’Italia possono vantare batimetriche importanti sotto costa, è anche vero che per pagelli e prai serve una colonna d’acqua importante per avere buone probabilità di successo. Ogni “mare” ha le sue quote, e se in Adriatico 30 metri possono magari bastare, nel Tirreno Meridionale bisogna spingersi oltre gli 80 metri, fino ad arrivare anche ai 130. In ogni caso, sono i settori con notevoli dislivelli quelli in cui dobbiamo insistere, sperando che corrente e scarroccio ci agevolino nelle passate.

Ogni zona ha le profondità ideali dove trovare questi pesci. Le maggiori concentrazioni si hanno sui banchi lontano dalla costa dell’Italia meridionale, ma ogni fondale detritico può regalare sorprese


VERTICAL Un pagellone preso con un grosso inchiku

Cosa manDare giù? Inchiku o kabura? O il seducente tenya abbinato all’esca naturale? Quale tecnica prevale sull’altra? Quale artificiale calare? Cosa è meglio? Quando e perché?... domande lecite, dubbi che assalgono sia l’esperto che il neofita, incognite alle quali proveremo a dare qualche risposta. Pagelli e prai attaccano indistintamente sia l’octopus dell’inchiku che lo skirt del kabura, per non parlare se a queste esche, aggiungiamo strisce di cefalopodi o crostacei a cavallo di un tenya. Ci sono momenti di discreta attività trofica dove una soluzione vale l’altra, in altri momenti invece la scelta corretta è fondamentale. L’inchiku dà il massimo in condizioni di forte corrente e con pesci che si muovono staccati dal fondo specialmente durante i flussi di bassa marea. Durante l’alta marea, invece, quando gli “sparidi” vanno a grufolare sul fondo, è il momento del kabura e del tenya: il suo strisciare, i tonfi ripetuti sul substrato attirano in modo efficace questi pesci. Altra discriminante di scelta è il tipo di fondale: inutile “massacrare” i costosi kabura su fondali dove ogni calata significa incagli. Anche il fattore “luce” è importante: per i pagelli, alba e tramonto, i prai sono invece più attivi nelle ore centrali con sole alto. Se abbiniamo l’esca naturale, in ogni caso avremo molte catture in più, ma di taglia ridotta. L’uso integralista degli artificiali, senza contaminazioni biologiche, porta invece sui nostri ami, statisticamente, i pesci più belli. veramente light Una delle regole principali nella pesca a questi pesci è di utilizzare esche leggere in relazione alle condizioni. Ossia, se corrente e scarroccio lo permettono, l’uso di un artificiale da 80 grammi è più produttivo dello stesso modello di peso superiore. Per i colori preferire tonalità rosse, arancio o brune. I movimenti saranno in ogni caso lentissimi, sia con i kabura (dove è la normalità), che con gli inchiku, insistendo nei pressi del fondo, anche con lunghe pause (10 secondi almeno), mantenendo gli artificiali sospesi in corrente con le appendici fluttuanti.


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TRAINA

La preda impossibile

Di D. Craveli e U. Simonelli

I

l serra è davvero uno dei pesci più particolari del panorama alieutico dei nostri mari. Preda sportiva per antonomasia è veramente divertente da insidiare, con la tecnica del vivo. Tentarne la cattura è una sfida continua perchè ci si confronta con uno dei predatori più diffidenti ed elusivi del sottocosta, oltretutto armato di affilatissimi denti e capaci di evitare ami e insidie

oltre ogni immaginazione. Un pesce che mette alla prova i pescatori e dove le astuzie sono indispensabili per averne ragione. VeloCe, potente, fero

tutta la ferocia in un sol morso.. ma attenzione, l’idea di un pesce che uccide solo per il gusto di farlo potrebbe non essere corretta. e’ un animale che accerchia la potenziale vittima con i suoi simili, e il povero pescetto malcapitato viene osservato molto, ma molto da vicino!

Per

insidiare

una

preda

è importante conoscerne abitudini, comportamento e


strategie di caccia. E la regola non cambia neanche per il nostro predone. Gli attacchi del serra sono delle vere e proprie incursioni. Diciamo che il “ mordi e fuggi” è il termine che meglio indica lo stile di attacco alle sue prede; morsi chirurgici che il più delle volte mutilano le vittime che non sempre vengono consumate completamente. Perché a volte al serra basta il brandello che è riuscito a strappare. O dopo aver ucciso la preda ritorna a mangiarla dopo che è precipitata sul fondo. Questo atteggiamento fa capire già quanto sia difficile allamare un serra trainando un’esca viva. eSChe CreDIbIlI Molti si concentrano sulle esche Soprattutto sulla loro lunghezza, nella convinzione che con un pesce corto sia più difficile per il serra non incontrare gli ami. Altri preferiscono esche lunghe farcite di ami, immaginando così che in qualsiasi punto venga sferrato il morso, lo strike sia assicurato. Soluzioni la cui efficacia viene regolarmente smentita o casualmente confermata. Fatto sta che molti strike vanno a vuoto e le esche muoiono invano. Il serra in realtà percepisce con microscopica precisione i punti di infissione degli ami perché è in grado di leggere il nuoto del pesce. Non ci sono altre possibilità perché è meccanicamente impossibile

l’aguglia, una delle migliori esche. Ma se i serra sono molto disturbati potrebbero ignorare un pesce che ritenevamo infallibile come boccone

che nella velocità dell’aggressione possa “vedere” dove sia meglio mordere; in realtà lo ha deciso molto prima. Non resta quindi che concentrarsi sulle esche più gradite in quel contesto e soprattutto credibili nel nuoto. Insomma, una aguglia appetitosa quanto si vuole, appesantita da un terminale in acciaio e da molti ami, nuoterà in un modo meno realistico di una con un gioco di ami leggero. C’è da dire che i serra, muovendosi spesso in branco, alternano in modo imprevedibile per il pescatore, momenti di apatia a momenti di spiccata frenesia, dove sono facile nostra preda qualunque cosa abbiamo messo all’amo. Ma se sono particolarmente disturbati, si dimostrano curiosi ma non aggressivi verso i bocconi. Proporre comunque pescetti inusuali per le zone in cui vivono, può aumentare le nostre chances. Dove sono reperibili ad esempio, alacce e sgombri, “vincono” su aguglie, cefali e sugheri, per non parlare poi dei “giallini”, che non sono le ricciolette, ma i piccoli di crysos, carangidi ormai diffusi dal su fino I serra cacciano spesso in promiscuità come altre specie. non è raro trovarli aggregati a lecce e ricciole anche in pochi metri d’acqua. Se però le ricciole diventano XXl.. I serra saranno preda. non è raro in foce vedere trenini di inseguimento. Cefali.. serra.. ricciole!

al centro italia.


TRAINA DentI Che non perDonano Non sono solo affilati, ma lavorano come una trancia; ovvero quando scatta il morso il taglio è netto, e non ci sono fili o doppiature che resistano. A volte anche le trecce metalliche si tranciano. E creare terminali a prova di denti ha come rovescio della medaglia quello di appesantire il nuoto. Va da se che bisogna giocarsela con soluzioni che abbiano come punto di forza quello di rendere le esche catturanti rendendole quanto più simili a quelle in libertà. La strategia è quella di procurare più attacchi e più opportunità di cattura. Ovvio che dovremo mettere in conto un “tot di lisci” ma meglio così piuttosto che portare a spasso un’esca ignorata. la terMInalIStICa


Una soluzione che, nella nostra eterna ricerca di soluzioni, ha portato apprezzabili vantaggi è quella di usare ami leggerissimi, di filo a sezione contenuta, con un gambo più lungo della media. Intanto avremo maggiori garanzie al confronto con le taglienti fauci. In caso di strike i denti si confronteranno col metallo piuttosto che con il nylon o il FC cosa che può avere solo riscontri positivi. Altra soluzione consigliata è di evitare doppiature e di usare il nylon. La sua maggiore flessibilità oltre ad una geometria di costruzione più snella penalizzano meno il nuoto. Una ulteriore astuzia è quella di usare per il terminale vero e proprio, del kevlar. Quello degli assist del vertical, per intenderci; molto resistente al taglio e all’abrasione oltre ad essere leggerissimo e super flessibile. Se poi non si vuole abbandonare il solito cavetto in acciaio, il consiglio è quello di usare treccia nuda e di altissima qualità, sempre per preservare la flessibilità, limitandone l’uso allo stretto indispensabile ovvero alla sola lunghezza dell’esca. Il terminale si collegherà al nylon con un nodo e successivamente anche alla lenza madre. aMI MobIlI Volendo estremizzare le accortezze per ottimizzare al massimo il nuoto dell’esca, abbiamo verificato che una buona soluzione è quella di lasciare molta mobilità agli ami. Legheremo il pescante con un’asola, mentre il traente sarà attraversato dal filo metallico nell’occhiello e la sua posizione bloccata da due stopper di ottima tenuta. Gli ami saranno liberi di oscillare e le esche nuoteranno meglio. Le foto allegate tolgono ogni dubbio.

l’amo traente, libero di ruotare sul cavetto può rappresentare l’uovo di colombo per diminuire gli attacchi a vuoto


FISH‘N COOK

Tra mare e terra : Ricc

C

Di Laura Curtarelli

hissà per quale incredibile coincidenza, alcune stagioni dell’anno ci regalano materie prime preziose che, per quanto provenienti da ambiti lontani tra loro e identità molto diverse, si sposano meravigliosamente, regalandoci rare armonie di sapori. Stiamo parlando dei funghi, i porcini in particolare, e di un pesce pregiato come la ricciola. Entrambe figli dell’autunno, ci offrono l’opportunità di sperimentare un’accoppiata decisamente inusuale ma vincente. E la ricetta che vi andremo a proporre, oltre ad offrire un risultato che stupirà i vostri palati, coniuga un concetto a noi molto caro che è quello delle cotture brevi e semplici, delle preparazioni senza artifizi, che mantengono intatte le qualità organolettiche degli elementi di base. Prepareremo insieme un trancio di ricciola ai funghi porcini, un secondo che sarà una sorpresa.


FISH‘N COOK

ciola ai funghi porcini COSA SERVE PER 2/3 PERSONE

• 400/500 gr di trancio di ricciola • 350 gr di funghi porcini, ben sodi • Olio EVO qb • Mezzo bicchiere di vino bianco secco • Aglio di Vessalico (2 spicchi) (qualsiasi aglio va bene ma quello di Vessalico in particolare è molto saporito, leggero e digeribile allo stesso tempo) • Timo fresco • Farina 00 LA PREPARAZIONE In una padella antiaderente, faremo andare in abbondante olio gli spicchi d’aglio tagliati a metà, che leveremo appena rosolati a dovere. Per chi ne volesse conservare l’intensità del profumo può lasciare metà spicchio, schiacciandolo con la forchetta. Ad olio ben caldo, metteremo in cottura i funghi che, se freschi, non dovranno rilasciare acqua. I funghi dovranno essere freschi e ben sodi , tagliati Procederemo con una cottura rapida, in pezzi grossolani ma regolari per preservarne la croccantezza e la consistenza, levandoli dal fuoco appena pronti, dopo aver regolato di sale. Nel fondo che si sarà creato, metteremo a cuocere il trancio di ricciola che precedentemente avremo tagliato nel suo spessore, marinato in poco olio sale e timo e infarinato.

La cottura è bene sia rapida, a fuoco alto per mantenere al massimo la croccantezza dei funghi


FISH‘N COOK

Dopo aver dorato i tranci sui due lati, sfumare a fuoco vivo con il vino in modo che la farina si addensi, creando un fondo cremoso.

Il trancio dovrà essere tagliato nello spessore e poi infarinato, ma andranno benissimo anche due fette di 3 cm di spessore

Non scordate di salare, ma moderatamente. Aggiungere ancora un filo d’olio e successivamente i funghi messi da parte. La preparazione non dovrà essere lunga, ma comunque garantire una cottura omogenea del pesce che dovrà rimanere umido nello spessore. Impiattare e servire ben caldo, accompagnando con un buon bianco, secco ma profumato. Noi abbiamo scelto uno Chardonnay della Cantina Casali del Giglio.

Concludere la cottura, dopo aver sfumato con il vino bianco, aggiungendo i funghi precedentemente cotti

Buon appetito!



Copertina parlante Angler : Giuseppe Craveli Preda : Dentice (Dentex Dentex) Periodo di pesca : ottobre Ora della cattura : 09:00 Località : Capo Vaticano (VV) Tecnica: Rock Fishing Esca : cappellotto Terminale: 0.25 FC Amo: N° 02 TRACK LINE Fondale : Misto

FOTO: Nikon D70 JPEG (8-bit) Alta Dimensione immagine: 3000 x 4000 Colore Addizionale ottico: Nessuno Lunghezza Focale: 8mm Modo di Esposizione: Auto Modo di misurazione: Matrix 1/125 sec - F/2.8 Comp. Esposizione: 0 EV



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