Rivista settembre 2016

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2016

Rivista tecnica di pesca - nautica - subacquea

la rivista on-line della pesca in mare

NAUTICA ACQUA A VOLONTÀ

BOLENTINO CACCIA ALLE TANUTE

SURF ORATE AUTUNNALI

TRAINA TAGLIO TERMICO

www.globalfishing.it

Traina - Vertical - Jigging - Bolentino - Pesca da Terra - Spinning - Subacquea - Itinerari - Vetrina Attrezzature - Nautica - Inchieste

Anno VII - Numero 8



IN QUESTO NUMERO..

GlobalFishing magazine Anno VI Numero 8 Direttore Editoriale: Umberto Simonelli e-mail: u.simonelli@globalfishing.it Vice direttore: Domenico Craveli e-mail: d.craveli@globalfishing.it Direzione e Redazione Via dei Giuochi Istmici 28 - 00194 Roma Telefono 346.3585302 – fax 06.36302279 e-mail: info@globalfishing.it Hanno collaborato a questo numero: Domenico Craveli, Umberto Simonelli, Michele Prezioso, Dario Limone, Aldo Benucci Testi, foto e video degli autori Progetto grafico e video impaginazione: Claudia Glisbergh GlobalFishing magazine è una pubblicazione on–line di UDP Production s.r.l. Reg. Tribunale di Roma n° 288/2010 UDP Production srl Via dei Giuochi Istmici 28 00184 Roma Telefono 3463585302 – fax 0636302279 www.globalfishing.it Concessionaria di pubblicità: Media Nova di Alberto Andreoli Tel. 051.6850239 – Mobile 336.554711 info@medianovaweb.it Stampa: ETESI srl Distribuzione : web

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Editoriale

di U. Simonelli

Global@mail

La posta dei lettori

Taglio termico di D. Craveli

Caccia alle tanute di M. Prezioso

Vivo in discesa di D. Limone

Catch & release di A. Bonucci

Esche difficili di U. Simonelli

Canne da bolentino di M. Prezioso

A, B, C, Jig! di D. Craveli

Acqua a volontà di U. Simonelli

Enging.. tra passato e futuro di D. Craveli

Fantastorie: Storie di tonni di U. Simonelli

Tuna cup Anzio: riflessioni su un evento di U. Simonelli



Editoriale

P

assate le vacanze eccoci qui di nuovo a parlare di pesca. L’autunno è un periodo d’oro alieuticamente parlando, durante il quale è possibile insidiare la maggior parte delle prede con quasi tutte le tecniche di pesca. Il mondo subacqueo si anima per l’incremento delle attività trofiche e riproduttive dei pesci prima delle fredde giornate invernali. Ritornano i cefalopodi, i grandi pelagici accostano ed anche quelli piccoli che purtroppo troppo spesso rimangono vittime di prelievi esagerati quanto inutili e dannosi, da parte dei soliti pescatori privi di cultura piscatoria o peggio ancora di scrupoli. Ogni anno in questo periodo le piccole ricciole e troppo spesso i piccoli dei tonni rossi vengono fatti oggetto di pesca intensiva. Le limoncine o cavagnole, sono vittime anche della pesca professionale e frequentemente troviamo queste “mini ricciole” sui banchi del pesce. Come se non bastasse già la pressione delle cianciole sulle più grandi, la pesca commerciale insiste anche su quelle appena nate. Una logica che va contro ogni principio biologico che sembra proprio non appartenere a quella categoria che invece ne dovrebbe sfruttare le regole. Insomma non si capisce quale imprenditore, degno di tale nome, possa spendere, senza attenzioni, capitale ed interessi Ma torniamo ai nostri sogni di pesca autunnale che però sono turbati dalle nuove sanzioni sulla pesca ricreativa emanate nel contesto generale dei vari provvedimenti contenuti nella legge di stabilità. La notizia è importante. La norma in vigore è stata attualizzata non come dovrebbe essere in una visione moderna, svincolando la pesca ricreativa da quella professionale, ma continuando a gestire tutto in un gran calderone. La novità di maggior rilievo è l’inasprimento delle sanzioni previste per chi infrange le regole. Parliamo di multe veramente importanti che possono arrivare, per i casi più gravi anche a 50.000 euro. Ecco la parte saliente del testo: “Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di limitazione di cattura e fatto salvo il caso in cui tra le catture vi sia un singolo pesce di peso superiore a 5 kg, nel caso incui il quantitativo totale di prodotto della pesca, raccolto ocatturato giornalmente, sia superiore a 5 kg, il pescatore sportivo, ricreativo e subacqueo e’ soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 500 euro e 50.000 euro, da applicare secondo i criteri di seguito stabiliti: a) oltre 5 kg e fino a 10 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 500 euro e 3.000 euro; b) oltre 10 kg e fino a 50 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 2.000 euro e 12.000 euro; c) oltre 50 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 12.000 euro e 50.000 euro. 12. Gli importi di cui al comma 11 sono raddoppiati nel caso in cui le violazioni ivi richiamate abbiano come oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius). Ai fini della determinazione della sanzione si applicano le disposizioni del comma 6. 13. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente, agli esercizi commerciali che acquistano pescato in violazione delle disposizioni dei commi 10 e 11 si applica la sanzione della sospensione dell’esercizio commerciale da cinque a dieci giorni lavorativi.” Per onore di equità dobbiamo dire che nel resto del documento troviamo anche inasprimenti per i professionisti, ma troviamo anche tanti , anzi tantissimi agevolazioni e incentivi nuovi e vecchi riattualizzati. Cosa che ci deve far riflettere e che accentua la convinzione che la pesca ricreativa, per i nostri governanti sia un fastidio e non un aspetto importante dell’economia. Le sanzioni ci debbono essere, perché è vero che solo attraverso i controlli passa la legalità, ma credo che sanzioni così importanti possano essere oltre che molto pericolose, più dissuasive che educative e che corrano il rischio di far crescere una crisi già molto presente nel nostro settore. Umberto Simonelli


GLOBAL@MAIL CERCANDO IL PIU’ GRANDE Vorrei porvi un quesito. Probabilmente è sciocco, ma la curiosità è più forte di me ed ora spiego qual è il mio dubbio. Pesco a drifting da tre anni e devo dire che qualche tonno sono riuscito a prenderlo. Ma non ho mai avuto in canna un tonno vero, uno di quelli grossi che almeno sfiorasse i cento kg. Quel che mi fa rabbia è che ci sono alcuni amici che, ad ogni stagione , vantano la cattura di un big. So che noi pescatori tentiamo ad esagerare e a raccontare qualche bella bugia. Ma qualche volta le foto parlano e io mi devo consolare con tonnacchiotti che se arrivano a 50 è un record. Ora, mi domando, è possibile che nell’impostazione della battuta ci sia qualcosa che influisca sulla taglia? Dimensione delle esche, presentazione, profondità di pesca tali da indurre un pesce grosso ad abboccare? O è esclusivamente fortuna e i grandi tonni sono diventati solo rari? Mario G.

Purtroppo i grandi tonni, i giganti di una volta, sono sempre meno e rimangono un lontano ricordo. Nel tirreno, soprattutto centrale, le catture di pesci sopra i 100kg si contano sulle dita di una mano. E, per esperienza, posso garantirti che poco, o meglio nulla, possiamo fare in pesca per cercare di essere selettivi rispetto alla taglia. Con i tonni purtroppo non vale il detto “ esca grande.. pesce grande”. Quindi caro Mario devi fartene una ragione e accontentarti di quel che il mare dispensa. Però un consiglio te lo posso dare. E’ sicuro che insistendo e pescando con assiduità, variando le poste è possibile che prima o poi capiti il tonno della vita.

Aldo Benucci


GLOBAL@MAIL RAGIONANDO sUI tERmINALI Ho letto con piacere sul numero di Agosto gli articoli di Aldo Benucci, pescatore che conosco di fama. Vorrei quindi porgli una domanda, tecnica e avere il suo parere. Da tempo mi girava per la testa di modificare la classica montatura da tonno, con doppiatura , bimini e compagnia cantante con un terminale lungo, anche 11 o 12 metri, unito alla lenza madre da un bel nodo, capace di passare nei roller o, meglio ancora, con un wind on casareccio, fatto con del dacron in cui infilerei da una parte il terminale e dall’altra la lenza madre. Visto che non devo attenermi a nessuna regola agonistica, penso che ne ricaverei un complesso snello e molto naturale in acqua. Oltretutto la lunghezza del terminale mi darebbe tutte le possibilità di forzatura del pesce a fine combattimento, potendo portare nel mulinello tutto il filo. Vorrei aver un giudizio schietto ed autorevole. Pasquale Remotti

Mi piace confrontarmi con pescatori che mettono del proprio nello studiare soluzioni nuove e che realizzano assetti di pesca innovativi. Concordo pienamente con i tuoi propositi e ritengo che con un terminale lungo e flessuoso l’esca si presenti decisamente in un modo più naturale e priva di vincoli. Se poi, per realizzare la giunzione tra lenza madre e terminale, adopererai una connessione fatta con il CoCo, che non è un nodo che compromette comunque il carico di rottura, avrai una tenuta del complesso pescante pari al 100%. Oltretutto un terminale lungo, come mi dici, ti offrirà la possibilità di forzare il pesce più presto, a tutto vantaggio di un minor stress. Completando il tutto con un ottimo circle potrai anche scendere un pò di sezione, incrementando non poco la naturalezza dell’inganno. Il circle si infigge al lato della bocca del pesce, lasciandone fuori la lenza che quindi non sfregherà sulle parti abrasive delle fauci, cosa che consente appunto di giocare al ribasso sui diametri.

Aldo Benucci


GLOBAL@MAIL PORtAtA mAssImA Ho installato da poco un apparato VHF sulla mia barca, perché mi sono attrezzato per la navigazione entro le 12. Vorrei avere qualche ragguaglio tecnico rispetto alle prestazioni dell’apparato. Soprattutto per ciò che riguarda la distanza massima di comunicazione. Alex R.

Carissimo Alex, ho condensato molto il testo della tua lettera per avere maggior spazio per poter dare una risposta soddisfacente e dettagliata. La portata di un apparato VHF è convenzionalmente ritenuta

ottica,

possibile

solo

antenne

che

ovvero tra

si

due

vedano

tra loro. In pratica le due sorgenti debbono essere idealmente

congiungibili

da una retta senza che vi si

frappongano

ostacoli.

La portata convenzionale viene identificata in 12 miglia nautiche; distanza massima tra due punti a livello del mare in cui la curvatura terrestre non interferisce. Oltre questa distanza infatti i due punti non si vedono tra loro , perché sono rispettivamente l’uno per l’altro, sotto la linea dell’orizzonte . A migliorare la portata possono subentrare altri fattori, che elenco in ordine di vantaggi. L’altezza delle antenne fa si che la portata aumenti. Per questo motivo le stazioni di ascolto terrestri hanno antenne collocate in alto. Una barca a vela, ad esempio, se ha l’antenna in testa d’albero comunica con barche oltre le famose 12 miglia. Una buona antenna può migliorare le prestazioni; perché se di qualità, con lunghezza prossima alla mezza onda o addirittura all’onda intera e ben installata riesce a sfruttare tutta la potenza del trasmettitore oltre che ricevere segnali anche di bassa intensità. Altro aspetto da tenere in considerazione è la potenza del trasmettitore. Una emissione di alto wattaggio permette anche di sfruttare i rimbalzi che le onde elettromagnetiche possono avere su strati dell’atmosfera o ostacoli fisici, percorrendo così distanze maggiori. In ultimo per garantirsi le massime prestazioni bisogna assicurarsi che l’alimentazione dell’apparato sia perfetta, perché gli assorbimenti in gioco possono essere importanti e fili sottili o connessioni imperfette pregiudicano sia la potenza del segnale che la chiarezza della voce trasmessa.


GLOBAL@MAIL UN sERBAtOIO NUOvO Sto ristrutturando la mia barca e tra le varie lavorazioni che sto effettuando c’è anche quella di sostituire il vecchio serbatoio con un altro di volume maggiore. Inspiegabilmente quello originale, oltre ad essere in plastica era resinato all’interno dello scafo, con una quantità di carburante modesta e molto spazio sprecato. Ora che ho l’opportunità di montare un serbatoio molto più grande , però ho paura di esagerare e modificare anche l’assetto dello scafo La mia barca è motorizzata con 250 cv four stroke ed è lunga poco meno di 7 metri. Cosa mi consigliate? Aristide G.

Ricordo che una quesito simile mi fu posto alcuni anno or sono. Pertanto , correrò il rischio di ripetermi. Rischio che corro volentieri se ho l’opportunità di dare un consiglio ad un lettore. Al di la dal volume in cui inserire un serbatoio e alla autonomia che un gran quantitativo di benzina ci garantirebbe, ci sono alcuni aspetti prioritari da considerare. Primo tra tutti il peso che non solo può compromettere l’assetto della barca, sia statico che dinamico, ma anche la navigazione. Perché un ingente quantitativo di carburante può aumentare i tempi di ingresso in planata e rendere la navigazione più lenta o con la necessità di tenere un alto numero di giri motore. In sostanza si corre il rischio di sovraccaricare lo scafo aumentandone la superficie bagnata e quindi l’attrito a discapito anche dei passeggeri imbarcabili. Quindi dannoso esagerare, perché oltre al peso del carburante c’è da aggiungere quello del serbatoio che soprattutto se realizzato in acciaio è tutt’altro che trascurabile. Non a caso il serbatoio originale era in materiale plastico. Per tornare al quantitativo di benzina da imbarcare è bene, trovare i giusti compromessi, partendo dall’autonomia desiderata, calcolando il consumo medio orario a velocità di crociera veloce. Uno scafo come il tuo, con la motorizzazione indicata dovrebbe avere un consumo di circa 35 lt/ora a velocità di crociera e di circa 70/80 a pieno regime. Non scenderei assolutamente sotto le 5 ore, minime di autonomia in crociera, con un arrotondamento cautelativo a 40 lt/h, per un totale quindi di 200 lt., con una aggiunta di 50, a titolo di riserva. Adottando la soluzione di un serbatoio in alluminio, decisamente molto leggero, puoi anche decidere per un aumento ulteriore di volume fino ai 300 lt, considerando che un litro di benzina pesca circa dai 730 ai 780 gr. e che quindi ti caricherai di 230 kg.. Oltretutto per non aumentare i consumi su medie e brevi tratte è consigliabile non appesantirsi troppo, facendo il pieno solo in occasioni di trasferimenti più impegnativi.

Umberto simonelli


GLOBAL@MAIL ORAtE DALLA BARCA Caro Michele Prezioso, ho bisogno di un suo consiglio. Sto provando a pescare le orate in basso fondo dalla barca. Mi sono attrezzato con canne adeguate e ho seguito molti dei consigli che ho letto ripetutamente nei suoi articoli; soprattutto riguardo alla pasturazione. E non nascondo che qualche soddisfazione è arrivata, per cui la ringrazio di cuore. Vorrei però approfondire un argomento, che è quello dell’ancoraggio. So che è bene usare due ancore, ma vorrei capire come orientare la barca rispetto a corrente e vento. Grazie per il tempo che vorrà dedicarmi. Eugenio Ridolfini

L’ancoraggio per la pesca delle orate non sempre conviene effettuarlo con due ancore. E’ consigliabile farlo quando si vuole fermare la nostra imbarcazione con precisione su un punto preciso, in modo che la barca non cambi mai il suo orientamento rispetto al fondo. Quindi se i punti caldi saranno specifiche variazioni di fondale come scogli isolati, depressioni e piccole scadute, facili da perdere, su fondali privi di altro riferimento, la scelta del doppio ancoraggio sarà obbligata. Ma se la zona di pesca è ampia è consigliabile usare un solo ferro, mettendo la prua possibilmente verso mare . La barca si posizionerà automaticamente in quella direzione che sarà la risultante del vento, della corrente e, ovviamente, del mare. Ferme restando queste condizioni la barca rimarrà sempre sul punto, salvo piccoli movimenti. In questo modo la zona di pesca intorno alla barca sarà libera ovunque senza impedimenti dovuti alle due cime.

michele Prezioso.


GLOBAL@MAIL AttACChI & CO Gentile Dario Limone, un quesito che sembra banale. Nella realizzazione dei travi, vedo spesso che alcuni usano la girella insieme al sistema di aggancio del piombo, altri no. Alcuni montano invece degli snodi direttamente sullo shock leader e, sempre per il piombo, a volte usano il moschettone con girella, a volte invece senza la girella stessa. C’è una logica che mi sfugge? O sono solo scelte personali? Un saluto, Domenico

Caro Domenico, il surf è una tecnica dove le varianti personali sono infinite, specialmente per quel che riguarda nodi.. snodi e connessioni varie. Diciamo che comunque esistono delle valutazioni obiettive che spesso sfuggono a molti, in relazione all’uso o meno della girella in abbinamento alle connessioni La

di

girella,

piombi

e

travi.

opportunamente

dimensionata, serve a scaricare le torsioni che il complesso pescante accumula durante tutta la fase di pesca. Ometterla nel collegamento del piombo, se si pesca con il rotante, è che una cosa fattibile, ma con il mulinello fisso ci troveremmo nel recupero, a generare un effetto spin che non avrà sfogo, e quindi pregiudicherà la tenuta del nostro terminale ai grovigli, anche se lo stesso sarà dotato di snodo proprio. Io consiglio sempre di mettere anche più girelle, perché non saranno certo pochi decimi di grammo a sbilanciare il nostro terminale.

Dario Limone


GLOBAL@MAIL ORAtE NELLA.. mANGIANzA Amici di Globalfishing, mi chiamo Michele e pratico la pesca delle orate dalle scogliere naturali che degradano verso un fondale sabbioso profondo. Il mio problema è la tenuta delle esche nei confronti della minutaglia, in quando anche i bibi più grandi vengono aggrediti da tutti quei pesci “cianfrusaglia” di scoglio. Anche i granchi vengono letteralmente distrutti. Sono spot ricchi di ogni forma di vita, fortunatamente, ma spesso le condizioni diventano insostenibili per chi cerca il pesce di taglia. Cosa posso inventarmi? Michele

Michele, pescare sul misto, o comunque in zone ricche di pesce di ogni forma e… colore, è una gran fortuna. Non sono molti gli spot con le caratteristiche che descrivi oramai. Comunque, se la minutaglia è sempre così attiva, e anche le esche più coriacee vengono attaccate, non ti resta che armarti di pazienza, per realizzare inneschi ancora più “resistenti”. Per le orate puoi preparare la “cozza farcita”, ossia prendi due mitili per volta, di uno prelevi il mollusco e lo inneschi sull’amo, poi apri il secondo, ci infili dentro l’amo con il boccone, e lo rileghi con il filo elastico a chiuderlo. L’orata attaccherà la cozza, la frantumerà… e poi aspirerà il boccone armato di amo insieme ai resti dell’altro. E’ uno stratagemma laborioso ma che funziona, e quando vedrai tremare la vetta.. sarà lei e solo lei.. o qualche cugino sarago xxl. Ma non sarà una visita sgradita.

Dario Limone


GLOBAL@MAIL RICCIOLE DIsPEttOsE Da qualche tempo a questa parte mi capita, trainando a ricciole e quindi a mezz’acqua con pesci come sgombri e grossi sugheri, di avere attacchi, anche ripetuti, segnalati precedentemente dalla frenesia delle esche. Attacchi che si manifestano con lunghe partenze, il cicalino che stride e poi il nulla. I pesci, magari un po’ rovinati, rimangono vivi sebbene se li siano portati a spasso per un bel po’. La situazione mi deprime perché non riesco a venirne a capo. Arrivo a collezionare anche 4 o 5 strike a vuoto , sempre negli stessi punti e non so più che “pesci prendere“! Matteo

Caro Matteo, le ricciole sono pesci che si stanno migliorando, perché nel tentativo di catturarle nei modi più diversi, abbiamo fatto aumentare di stagione in stagione, la loro capacità di capire l’insidia ed eluderla. Questo in termini pratici si tramuta in attacchi veloci, ma soft, atti a sbocconcellare l’esca più che ad ingoiarla per concludere il pasto. Le contromisure da adottare ci sono, e possono risolvere la situazione a nostro favore: è importante utilizzare esche molto vitali, in grado di scappare davanti al muso del predatore per farlo decidere all’affondo. Un pesce esca stanco e poco vitale è ignorato inesorabilmente. Altra cosa da fare è quella di allontanare anche a 50 metri l’esca da poppa, e mantenere andature allegre, intorno a 1,5 nodi. Se le ricciole poi sono grandi, la dimensione del boccone è fondamentale. Sgombri e grossi sugheri potrebbero non bastare per sedurre una over 30, mentre sono ideali per i carangidi di branco sotto i 10 chilogrammi.

Domenico Craveli


GLOBAL@MAIL sOPRA O sOttO LA sUPERfICIE Mi sto dedicando alla traina di superficie sotto costa, alla ricerca dei pesci del momento, come gli alletterati, gli sgombri, i barracuda e altri predatori di passo. Uso molto spesso esche di superficie, ma ultimamente ho trovato risultati eccellenti usando i piccoli minnows. Ho visto anche che affondandoli con piombi tipo aqua j a volte i riscontri sono maggiori, ma ancora non ho capito bene se il fatto è occasionale o legato ad altri aspetti. Perché l’affondamento è di qualche metro e non va ad insistere sui pesci in profondità.. quindi credo che ci debba essere un legame con la luce, la visibilità delle esche o qualche altra cosa che ancora non ho scoperto. Mi potete aiutare nel capire di più? Marco T.

Ciao Marco. Il primo vantaggio che presenta l’applicazione del piombo sulla lenza riguarda l’assetto. Infatti i piccoli minnow, sebbene oramai quasi tutti nuotino benissimo, anche a velocità sostenute, migliorano il loro assetto, grazie alla zavorra, che li obbliga a lavorare in orizzontale, limitando la tendenza a porsi con la testa verso l’alto. Inoltre l’affondamento che se ne ricava, fa nuotare il pesciolino in acqua pulita aumentandone la visibilità ai predatori. C’è anche da tenere presente che i predatori inseguono le loro prede, anche in verticale , aggallando o affondando. Va da se quindi che piombare le esche in alcune condizioni funziona di più. La luce ha sempre una importanza determinante, perché alcune livree funzionano meglio con poca luce ed altre invece sono ideali con il sole alto. Quindi anche affondamento e colorazione hanno una corrispondenza. In ogni situazione di pesca, chiariti gli aspetti generali, bisogna analizzare nello specifico, le situazioni che caratterizzano ogni cattura per estrapolarne delle “regole”, che andranno ad ampliare il bagaglio di esperienza. La vera arma segreta dei pescatori.

michele Prezioso


GLOBAL@MAIL A JIGGING.. NELLE mANGIANzE Un quesito per Domenico Craveli. Siamo in quel periodo straordinario in cui spesso in mare si aprono mangianze di predatori che vengono in superficie. Io sono un appassionato di vertical e vorrei qualche dritta giusta per provare a Vj , sia nel momento della frenesia che nei lunghi momenti precedenti, in cui i gabbiani stazionano nervosamente sulla superficie in attesa dello scatenarsi dei pesci che al momento sono ancora sul fondo. Gianni

Gianni, il vertical ha molte interpretazioni, non a caso ha importanti legami con lo spinning. Proprio in queste circostanze le tecniche quasi si accavallano, perché in pochi istanti si passa da lavorare un’esca in verticale, a lanciarla in mezzo alle “schienate” dell’attività predatoria. Sicuramente uno schema preciso non c’è, anche perché i pesci pelagici che stanno per sferrare un attacco in superficie a spese di novellame, si spostano velocemente, e poi sono attratti dalla carne “fresca”. Ma la frenesia gioca brutti scherzi, e non è raro riuscire a catturare il pezzo da novanta, prima dell’esplosione del caos in superficie. Sicuramente dovremo calare le esche sulle marcature che vediamo nell’eco, e stoppare poco sotto la quota di stazionamento dei predatori (un trecciato multicolor è fondamentale). Poi, se il jig non verrà attaccato già in caduta, sarà necessario jerkare molto veloce, per scatenare l’aggressione per reazione. Sono situazioni in rapida evoluzione, che dovremo saper affrontare con dinamicità. Jig sfarfallanti color sardina… sono obbligo istituzionale! Ricciole, tunnidi…. e lampughe il target, con qualche sorpresa. Anni fa mi capitò di agganciare un dentice, a 15 metri su un fondale di 70, sotto una mangianza di alletterati, e una cernia bruna, proprio una bruna, a 50 metri su un fondale di 100, in mezzo a ricciole di branco in frenesia!

Domenico Craveli


TRAINA

TAGLIO TER

L

a stagione estiva si sta per concludere, e come ogni anno, ci lascia come eredità di inizio autunno, un mare stratificato ancora per un buon mese abbondante, proprio nel momento in cui le grandi ricciole ed altri predatori, iniziano a manifestare la loro presenza in maniera

massiva. Riuscire a pescare in queste condizioni non è semplice, e necessità di grande capacità di percezione della situazione che insiste nei nostri spot di pesca. Il taglio termico, conosciuto anche con il nome di termoclino, non è altro che il punto in cui l’acqua calda, scaldata dall’irraggiamento solare, incontra quella più fredda profonda, una stratificazione frutto del rimescolamento, tra l’acqua calda di superficie e quella più fredda sul fondo. Sotto di esso la temperatura


RMICO

Di Domenico Craveli

scende in modo netto, tanto da causare momentanei “deserti trofici”, ossia settori di mare che possono essere avari di pesce per giorni se non per settimane. Il termoclino, essendo formato da acqua densa con particelle in sospensione, è spesso visibile sull’ecoscandaglio aumentando il gain, rappresentato come una fascia netta ad una precisa quota. In mediterraneo, nei mesi di settembre / ottobre, il termoclino è di solito tra i 20/25 metri, per poi scomparire definitivamente abbassandosi ulteriormente nell’avanzare dei giorni a causa del raffreddamento climatico o per le mareggiate improvvise.


TRAINA La foto mostra in modo esplicativo la fascia di rimescolamento con il torbido dovuto anche a piccole particelle in sospensione. Questa fascia è visibile sull’eco aumentando il gain

Regno Dei peLagiCi Se intendiamo insidiare le nostre amate ricciole, in zone di mare dove insiste il termoclino, è in concreto obbligatorio far navigare le esche qualche metro sopra di esso. I carangidi amano stare poco sopra la fascia di rimescolamento, poichè

risultano

pressoché

invisibili

alle

potenziali prede che transitano più in alto, per via del dorso “verdastro”, che si confonde proprio con il colore di quello strato d’acqua. Anche palamite, tunnidi in genere, e lampughe, frequentano la stessa quota. Non a caso, i pescatori che hanno maggior successo in questo periodo, sono proprio quelli che rinunciano ad “arare il fondo”, con le proprie esche, per farle navigare invece in mezz’acqua o anche più su. I pesci di fondo invece, sono costretti a spostarsi se le condizioni termiche

Ricciole in caccia nel taglio termico. La quota dei “20”… è quasi uno standard alla fine dell’estate


non sono congeniali, quindi migrano verso il basso fondale, o verso profondità più importanti. I dentici per esempio, si possono trovare in meno di 15 metri, come oltre i 90! assetti empiRiCi Senza stare lì a fare calcoli “astronomici”, l’assetto ideale di traina per pescare nel termoclino, è con l’uso dell’affondatore. I vantaggi sono molteplici: quota certa di navigazione della zavorra e possibilità di allontanare tantissimo le esche di poppa. I pesci , in queste condizioni termiche, sono spesso apatici e riluttanti verso le esche. Avere le insidie distanti può regalarci qualche insperato strike anche nelle giornate più complicate. Per gli irriducibili del guardiano, andrà considerato un mediano preterminale di almeno 25 mt , seguito da 2 metri di terminale. Piombo da 350 gr, e 30 metri di treccia in mare da 40/45 lbs. Un segnalino sul multifibra ci aiuterà visivamente a metterci in assetto con buona approssimazione. E’ fondamentale non mandare mai le esche sul fondo, nemmeno per prova per poi riportarle su. Se non riescono a mantenersi nello strato di temperatura mite, possono morire all’istante per lo shock termico, o comunque se ne compromette la vitalità. Poche accortezze quindi, ma sono proprio quelle a fare la differenza. In questi giorni ci si gioca l’incontro con le ricciole giganti, e sbagliare quota di traina, potrebbe farci perdere l’incontro con il pesce della vita.

il guardiano per praticità è insuperabile, anche se in queste circostanze, l’affondatore si fa preferire


BOLENTINO

Caccia alle TANUTE

Di Michele Prezioso

T

ra gli sparidi di media taglia la tanuta o meglio lo Spondyliosoma cantharus è uno dei pesci più divertenti da pescare in assoluto. Per insidiarlo a bolentino bisogna mettere in campo non poche astuzie e sapere bene con chi si ha a che fare.

La tanuta, schianto, cantaro o come la volete chiamare è un pesce molto vorace, ma per questo tutt’altro che facile. Colonizza punti di mare specifici fino alla profondità dei 100 metri ed oltre . Combattivo oltre ogni immaginazione e soprattutto capace di raggiungere taglie di tutto rispetto la nostra tanuta è un pesce impegnativo che può dare molto filo da torcere. Dove Trovarle Le zone rocciose isolate, le pareti ripide di una secca, le distese di fondale misto, di roccia bassa e posidonia, con ampie radure di sabbia e coralligeno sono il regno delle tanute. Generalmente frequentano gli stessi areali, frequentati dai predatori di Fondali rocciosi e aree miste sono il loro regno. lo sanno bene i trainisti che si vedono dilaniati calamari e seppie senza possibilità di appello


pregio come i dentici e le ricciole. Ben lo sanno gli appassionati di traina con il vivo, che usano i cefalopodi come esca, che spessissimo se le ritrovano devastate ed inutilizzabili, per gli attacchi frenetici e voraci di questi pesci. Le possiamo trovare sul fondo o in quota ma sempre in più di un esemplare. Due Tecniche Per un Pesce Proprio l’abitudine a collocarsi sia sul fondo, che sulle pareti scoscese o a mezz’acqua in prossimità di punti precisi del fondale, ci porta a poterle insidiare con due tecniche specifiche. Parliamo del bolentino, che ci consentirà di cercarle quando le individueremo a ridosso del fondo e o delle rocce, quanto la loro attività alimentare sarà rivolta alla microfauna bentonica. Quando invece orbiteranno in quota e saranno attratte dalle prede di passo sarà il momento di insidiarle a light drifting, attirandole sulla scia di una buona pasturazione. chi ben si aTTrezza Le tanute sono prede molto forti in assoluto e quando raggiungono taglie importanti, possono superare di gran lunga il kilo con estrema facilità e raggiungere lunghezze di cinquanta centimetri, con pesi ragguardevoli. La reazione di un pesce del genere allamato è infernale e per averne ragione non ci si può avvalere di attrezzature improvvisate. Volendo dedicarsi al drifting, insidiando i pesci in quota, si può ricorrere a canne da trainetta leggera, da 4/6 libre , con piccoli rotanti, o a canne da spinning, con potenza di casting tra i 40 e i 60 gr e un mulo da 6000. Useremo per entrambe del nylon del 26 o del 28. Altra storia se pescheremo a bolentino dove dovremo per forza usare canne specifiche, che consentano di pescare anche su fondali impegnativi anche oltre i 100 mt. Le canne dovranno avere cimini in grado di sostenere 250 gr di piombo , lunghe dai 3,5 ai 5 metri ed equipaggiate da un bobina fissa almeno da 7000. Pescando profondi è possibile usare sia del nylon dello 0,33 quanto un multi da 0,16. In questo caso sarà bene montare come shock adsorber una decina di metri di nylon tra lo 0,33 e lo 0,43 i TerMinali Gli schemi parlano meglio di ogni descrizione. Nel caso del drifting la semplicità è assoluta. Mentre nel terminale da bolentino c’è da fare qualche piccola precisazione. Riguardo l lunghezza dei braccioli c’è da specificare che questi saranno tanto più corti quanto più forte sarà la corrente e viceversa. Un’altra astuzia da tenere presente è quella di irrobustire gli ultimi 7/8 cm del bracciolo con del filo di sezione maggiore per offrire maggiore tenuta ai denti del pesce, che sono particolarmente affilati. Nella costruzione del calamento è bene usare degli snodi che garantiscano la massima fluidità. Oltre


BOLENTINO

alla soluzione classica e laboriosa della “perlinagirella-perlina”, può essere vantaggioso usare le perline a quatto fori. le esche In drifting l’esca principe è la sarda ideale per pasturare e come innesco, tanto a tocchetti che a filetto, ma può essere usato con successo, anche l’occhio di canna , un piccolo cefalopode privo di osso interno, molto gradito ai pesci e soprattutto tenace all’amo. Un importante supporto alle esche in corrente sarà la pastura che realizzeremo con

Terminale da bolentino

le sarde, cozze, pane raffermo il tutto tritato e addizionato di sabbia o ghiaia per appesantirla e facilitarne l’affondamento. In alternativa si potrà usare la pastura pronta in pasta o in sacchi. Per il bolentino oltre all’intramontabile sarda, andranno bene sempre gli occhi di canna o le strisce di calamaro battuto, ma anche in questo caso una buona pasturazione con pezzi di sarda effettuata con un pasturatore a sgancio sul fondo assicurerà ottimi risultati. E se poi oltre alle tanute incocceremo qualche scorfano rosso davvero non ci dispiacerà.

Terminale da drifting

il calamaro tagliato in striscette e poi battuto può essere un’esca micidiale e non solo per le tanute


ACCESSORI PER GLI AMANTI DELLA PESCA


SURFCASTING

VIVO IN DISCESA

Di Dario Limone

L’

autunno è un mese in cui l’attività della minutaglia è ai massimi livelli, e tutto ciò attira i grandi predatori. I branchi di pesce azzurro si avvicinano a riva, inseguiti dai predoni del mare. E proprio qui, che porremo le nostre insidie. Ma

per mandare in acqua un pesce vivo, senza comprometterne la vitalità esiste un solo metodo: la Teleferica! Spesso è più complicato reperire un guizzante boccone che arrivare allo strike di una possente preda con il pesciolino giusto e dopo tanta fatica, inficiarne la vitalità con un lancio, non è proprio il modo migliore per tentare il colpaccio. Ecco che quindi la teleferica, diventa in moti casi una soluzione imprescindibile. Come SI FA? Si lancia un piombo da tenuta di 150 gr, cono o piramide, in modo da ancorarsi saldamente al fondo. La canna dovrà avere un range di potenza maggiore dei 150 gr, con un’azione parabolica progressiva; non vanno mai usate canne troppo rigide. Il mulinello di taglia 8000 o più, deve essere caricato con un buon nylon 0,40-0,50. Il terminale, che sosterrà l’esca viva è formato da un cavetto d’acciaio da 30 lb,lungo 30 cm, con due ami in tandem, a partire dal 3/0 , modello circle hook o beak. Legheremo il cavetto, con un nodo Allbright special, ad un tratto di fluorocarbon dello 0,60-0,70, lungo 1 mt. All’estremità di quest’ultimo ci sarà

Dettaglio

del

moschettone a modo di funivia sulla lenza madre già lanciata in acqua


Piombo da tenuta, indispensabile anche con mare calmo per permettere di tenere tesa la lenza della canna in attesa di calare il terminale con il pesce vivo

un moschettone con girella, adeguato all’azione di pesca. Una volta innescata la nostra esca, si metterà il bracciolo a modo di “funivia” sulla lenza della nostra canna preventivamente lanciata in mare. Il pescetto poi scivolerà… più o meno agevolmente verso il mare. Se non prenderà il largo, e rimarrà nei pressi della risacca, non preoccupiamoci più di tanto, serra, lecce e spigole, concludono i loro attacchi anche in poche spanne d’acqua. Le vibrazioni di un pesce in bassissimo fondo sono forse più percettibili che in mezzo al mare L’ALTRA FACCIA DeLLA meDAGLIA Ma la teleferica qualche problema lo porta, come la ferrata e l’assetto dell’intero sistema in caso di mare mosso. Quando il predatore attacca l’esca, percepiremo sul cimino della canna delle frenetiche vibrazioni. In questo caso, anche non essendo certi dell’allamata, dovremo recuperare rapidamente il piombo e solo quando il piombo entrerà in contatto a battuta col moschettone del

Innesco big per prede big: la spigola… da

terminale, potremo ferrare in modo profondo. Sicuramente

predatore a potenziale preda!

con i circle hook si sono ridotte le slamature, ma spesso, senza una forza contraria, il pesce va via sfilando l’esca. Un altro limite è dato dal mare mosso, infatti il più delle volte l’esca viva, viene ributtata a riva dal moto ondoso; in questo caso è consigliabile optare per altre soluzioni senza dannarsi l’anima. Sicuramente la teleferica, dove abbiamo poco fondale, non è il massimo; ma è anche vero che la strike zone non ha limiti. Per tale motivo tentar non nuoce. Un sistema per evitare che il pesce esca ritorni a riva, consiste nel lanciargli della sabbia per spaventarlo. Poco ortodosso… ma a volte funziona!

Il più classico degli inneschi: il muggine


SURFCASTING

HoT SPoT DA TeLeFeRICA La foce dei fiumi è un richiamo indubbio per la predazione. Dove acqua dolce e salata si mischiano la biodiversità è tale che l’attività trofica

è

esasperata.

Prestando

attenzione alla presenza di tronchi e arbusti, non avremo difficoltà a far lavorare le nostre esche al limitare del “cambio di colore”, dove serra e lecce amano stazionare. Altre aree battute dai predoni sono gli arenili adiacenti i manufatti portuali, e le pocket beach, le piccole spiagge

I serra riescono a sottrarre l’esca senza rimanere allamati. La teleferica amplifica questo problema

incastonate in mezzo a promontori rocciosi. Comunque, ogni località, ha i suoi corridoio di caccia, definendo così quei settori di mare dove scorrazzano i pesi massimi.

Mare torbido sullo sfondo… e ami affilati in primo piano: connubio perfetto tra attrezzatura e spot



DRIFTING

Catch & Release R

Di Aldo Benucci

ilasciare un pesce può essere un obbligo od un modo di intendere la pesca. Nel drifting al tonno rosso oggi, considerando le forti limitazioni imposte al prelievo, è l’unica opportunità per potersi godere le emozioni di questa pesca.

Ma rilasciare non basta, bisogna rilasciare bene ed in modo tecnicamente e biologicamente corretto. Ed un buon rilascio inizia proprio dall’azione di pesca. UN OCCHIO ALLE REGOLE Visto e considerato che parliamo di tonni è bene ricordare e ribadire alcuni aspetti legati alle regole di pesca del tonno rosso. Probabilmente correremo il rischio di essere banali ripetendo notizie note ai più. Ma i latini, che la sapevano lunga , dicevano che le cose “ripetute giovano” . La stagione in cui si può insidiare il rosso, va dalla metà di giugno alla fine dell’anno. Salvo che il prelievo è permesso solo da giugno a ottobre, a meno che la quota (ovvero il quantitativo in tonnellate) riservata alla pesca ricreativa non sia stata raggiunta prima . Allora, in questi casi, non rimane che il catch&release, che, come dicevamo prima, e non tutti lo sanno, per una imperscrutabile regola, di cui non conosciamo le ragioni, può essere esercitato solo fino al 31 dicembre. Ma il C&R, non riguarda solo i tonni fuori periodo, ma anche tutte le catture accidentali di quelli sotto misura, la cui tutela deve essere massima; per concedere loro le migliori opportunità di recupero. MODI CHE CAMBIANO Che s’insidi un tonno in drifting o in traina, sicuramente un buon rilascio, o meglio un rilascio efficace parte dai tempi di combattimento. Se si vuole rilasciare un pesce in buona salute dovremo mettere da parte il divertimento a tutti i costi, i virtuosismi e le attrezzature leggere. Perché tenere un tonno in canna con un tira e molla che dura molto tempo, per evitare rotture, significa sfinirlo e comprometterne la vita. I tonni infartuano sotto stress, subiscono danni gravi e spesso non riescono a sopravvivere. Quindi bisogna affrontare il confronto con altre prospettive che sono quelle del raggiungimento


dell’obiettivo,

dell’azione

di

pesca

corretta e del target dichiarato; dopo dovremo solo procedere rapidamente anche forzando il pesce. Meglio un recupero potente, magari anche un po’ rude, che un lento e “delicato” combattimento in punta di canna. ATTREZZATURE IN PRIMO LUOGO Ovvio quindi dotarsi di attrezzature in grado di tenere botta anche a pesci combattivi.

Torneremo a canne più

importanti con fili decisamente più sicuri e terminali magari più lunghi, per concludere prima la parte finale Quando praticheremo il C&R, l’azione dovrà essere decisa e veloce : l’attrezzatura dovrà essere all’altezza della situazione

della pescata, che è poi quella più stressante per il tonno. Il protrarre a lungo i fatidici giri della morte, non va bene. La giunzione tra lenza madre e

terminale, uniti da un COCO o da un wind on dovrà poter entrare in canna senza intoppi per portare rapidamente il pesce in superficie, quando ancora non è del tutto in debito di ossigeno. ALLA FINE DELLA LENZA I tonni possono essere slamati o l’amo può essere lasciato tagliando a filo il terminale. La soluzione migliore è l’uso di ami circle, possibilmente senza ardiglione, che hanno la prerogativa di non essere ingoiati e di infiggersi nel punto di cerniera tra mandibola e mascella. L’uso di quelli senza ardiglione poi, rende la slamatura velocissima senza pregiudicare più di tanto la sicurezza dello strike.

Il taglio della

lenza, comunque, è meno grave di quanto si possa immaginare; abbiamo ripescato pesci con ben cinque ami in bocca, assolutamente in buona salute. C’è come al solito un però … infatti è sempre bene usare ami che non siano

Gli ami circle di qualità, si infiggono con millimetrica precisione tutti in questo punto; se con un paio di pinze si schiaccia l’ardiglione otterremo un amo perfetto per il rilascio

inox. Gli ami ossidabili e quelli degradabili soprattutto, si eliminano da soli nel tempo ed i pesci neanche se ne ricorderanno. Da non sottovalutare è la tenuta delle connessioni.


Un terminale lungo che si stacca dalla lenza madre può uccidere il pesce;

DRIFTING

ne può legare la coda, creare dei tagli e portarlo ad una misera fine. In traina , usando minnow è bene sostituire le ancorette con speciali ami, fatti apposta, che non riducono le opportunità di allamata, ma sono facili da levare e anche sicuri per le nostre mani. ALLA FINE DEL COMBATTIMENTO L’autore impegnato nelle operazioni immediatamente precedenti al rilascio : un boga grip con il manico lungo è indispensabile

Quando il tonno è vinto, ed è prossimo alla murata della barca, per facilitare il momento della slamatura, sarà necessario muoversi al minimo e

procedere in linea retta così da mettere il pesce parallelamente allo scafo e riossigenarlo; in questo modo rimuovere l’amo sarà molto più agevole. Usare un boga grip è la mossa migliore, così come avere a portata di mano un paio di pinze robuste è decisivo; se non si riesce, piuttosto che insistere, visto che il pesce, tenderà a riprendere forza, sarà bene tagliare il filo quanto più possibile vicino all’amo. DA NON FARE Vietato tirare il pesce in barca: così c’è il rischio di ucciderlo. Purtroppo troppo spesso assistiamo a video dove i pescatori, per poter scattare una foto, rilasciano il tonno privo di forze, dopo averlo spupazzato in

mille

modi.

Così

facendo lo condanniamo a

morte,

quando

lo

così

come

tratteniamo

infilando le mani nelle branchie.. Ricordiamo che qualsiasi

manipolazione

sarà bene farla il minimo indispensabile e con le mani bagnate o meglio con guanti adeguati.

Questi ami hanno la prerogativa di poter essere sostituiti alle ancorette senza modifiche , grazie all’anello in asse. Una soluzione ideale per slamare rapidamente e senza correre rischi.


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TRAINA

Esche difficili Di Umberto Simonelli

c

i sono giornate in cui fare esca per pescare con il vivo, sembra quasi impossibile e tutte le consuete soluzioni diventano assolutamente inutili. Dove anche solo il giorno prima sembrava u gioco da ragazzi procurarsi qualche aguglia, un’occhiata od un qualsiasi altro pesciolino oggi c’è il deserto.

Pesci esca scomparsi e giornata da cancellare? Non senza aver messo in campo tutte le strategie possibili ed immaginabili per risolvere la questione. PeSci finiti? Solo ieri bastava calare in acqua una maciuda, ad esempio quella arancione che non sbaglia mai, per riempire la vasca di aguglie, o calare il solito sabiky killer per portarsi a casa un bel po’ di sugheri o di succulenti sgombri. Oggi non si avverte una tocca e gli artificiali non hanno alcun effetto. Ma i pesci non ci sono o più semplicemente non si alimentano e sono in uno stato di stasi ? In effetti capire perché in alcune giornate l’attività è elevatissima ed in altre, agli stessi orari e condizioni meteo marine apparentemente uguali, la situazione è deprimente potrebbe aiutare molto; ma sta di fatto che è darsi una spiegazione univoca e definitiva è molto difficile ed è possibile quindi fare solo delle ipotesi che possono suggerire soluzioni alternative.


Perché non mangi L’attività dei piccoli pesci, quella

che

quando

rileviamo

attaccano

le

esche, è sicuramente il frutto della loro azione predatoria. Perché di fatto, il

comun

denominatore

che caratterizza le nostre esche è che appartengono tutte

al

mondo

dei

predatori. Infatti l’attività di predazione li espone molto di più, nella loro vita, all’aggressione dei

Due mini squid, montati uno dietro l’altro, hanno ingannato più di un’aguglia, quando questi pesci sembravano assolutamente spariti

predatori più grandi . In fin dei conti è nella logica della natura che pesce grosso mangi quello piccolo e quello piccolo aggredisca quello ancora più piccolo. Quindi l’esperienza ci insegna che quando i predatori alla base della catena alimentare non mangiano non è perché siano andati a trascorrere le ferie in montagna, ma perché hanno modificato le loro abitudini, forse perché la pressione predatoria dei loro antagonisti è maggiore o perché la catena alimentare si è interrotta, per motivi ambientali o si è spostata.

a volte ricorrere ad un coreano innescato, trainato appena sotto il pelo dell’acqua , può essere risolutivo: il richiamo di un’esca naturale è irresistibile!

aSSetti DiverSi Il pescatore esperto ne deve sapere una più dei pesci, perché deve rientrare nelle sue competenze cavarsela


TRAINA

in ogni situazione. Ed è per questo che non scodelliamo le soluzioni in un semplice elenco, ma tentiamo di condurre i nostri lettori in un percorso che consolidi lo

strumento

più

importante che abbiamo : Quando il pesce foraggio è di piccole dimensioni è bene uniformarsi. niente di meglio quindi di una piccola filosa di raglout di pochissimi centimetri. Il branchetto non passerà inosservato

i

“ragionamenti”.

I

pesci quando sono sotto pressione atteggiamenti

assumono defilati;

insomma rallentano ogni attività, si schiacciano sul fondo, cambiano quota fino ad arrivare in acque poco profonde. Insomma fanno in maniera di non creare presupposti, di non attirare l’attenzione e non farsi buggerare. Quindi di conseguenza cambieremo anche noi il nostro approccio. cambio Di Scena Se prima pescavamo le esche in superficie o poco sotto, affondando con qualche piombo rapido, sarà il caso di andare a fondo sul serio, facendo entrare in campo gli affondatori idrodinamici, stim, deep o quel che più ci piace, sebbene questi modelli, malgrado evoluzioni ed invenzioni risultino ancora insuperati. Se i sugheri saranno in qualche depressione del fondo e gli passerete sopra, uno più scemo di tutti, che non lo

saprà

resistere

troverete.

Se

la

profondità non paga c’è da fare l’esatto contrario e andare a cercare in basso fondo. Su batimetriche dove i grandi predatori hanno difficoltà. Un tonno ad esempio, si concentrerà maggiormente

sulle

acciughe che su sugheri e sgombri sparpagliati e appiattiti sul fondo, in dieci metri d’acqua, scomodi da mangiare per chi è fatto apposta per predare sui pesci appallati. Ma anche lo

mini jig o pins di pochi centimetri capita molto spesso riescano a risolvere la situazione


spostarsi del nutrimento di base porta allo spostamento dei piccoli pesci. Quindi bisogna indagare. cambio Delle eSche Se si cambia scena si cambia anche costume; nel nostro caso esche. Cambiamo colore ad esempio. Molto spesso i colori scuri pagano. Le maciude, le matassine per le aguglie esistono di tanti colori, il nero, pochi lo sanno, a volte risolve. Come risolve la traina affondata o a galla con esche naturali, come i vermi . Vanno bene il lombrico ed il coreano. Il movimento, l’odore e la sapidità di esche vive smuove gli animi più restii. Ma oltre ai vermi le sottile striscette di calamaro, battuto o di grasso di prosciutto ( ve lo levate dal panino e via) possono fare miracoli. Alla peggio avremo goduto dell’emozione portata dal tentativo nuovo. artificiali Se i vermi veri sono irresistibili, anche questi bio warm, grazie ad una consistenza incredibilmente naturale e ai vari colori sono una valida alternativa da provare assolutamente

Anche l’argomento artificiali rappresenta

un

importante.

Qui

verte e

su

capitolo il

fatto

dimensioni

colori

movimento.

Mai

come

quando tutto sembra fermo, cambiare

esche

passando

a quelle che noi definiamo provocatoriamente “invisibili” può

risolvere.

Provare

e

riprovare.. fino a trovare quelle che più si avvicinano alla mangianza presente. Perché i predatori, anche cresciutelli di dimensioni, mangiano quel che c’è e non è detto che, ad esempio, se si stanno cibando di neonata, (quei pesciolini piccolissimi appena schiusi) si interessino a artificiali che assomiglino a pesci più grandi. Quindi bisogna andare preparati. Ovvio che se si traina con esche invisibili, anche i fili scenderanno e la velocità di traina di conseguenza


BOLENTINO

CANNE DA BOLENTINO I

Di Michele Prezioso

l bolentino è la tecnica che per antonomasia racconta la storia più antica della pesca dalla barca. Una lenza avvolta su un sughero contorto, un amo ed un piombo hanno scritto pagine memorabili di questa tecnica. Oggi però le ambizioni di cattura, in un mare sempre più difficile, non possono prescindere

dall’uso di attrezzi specifici, e le canne ne sono la massima espressione. Conosciamole meglio con un’analisi che ne consideri aspetti tecnici e commercial. NUOVI MATERIALI Come è naturale l’evoluzione delle canne, rispetto a quelle di qualche anno fa è stata veramente importante. Oggi è possibile reperire attrezzi che fanno della leggerezza associata ad una straordinaria robustezza il punto di forza principale; caratteristiche impensabili da conciliare fino a non molto tempo addietro. Tanti i nuovi materiali impiegati per la costruzione di questi attrezzi, sicuramente il più usato per prodotti di elevata qualità è il carbonio alto modulo, primo responsabile delle

Le attrezzature moderne permettono di pescare con grande sensibilità, ma di far fronte allo stesso tempo a pesci impegnativi che possono sempre capitare specie su lenze sottili


elevate caratteristiche meccaniche e di conseguenza prestazionali della canna . Il carbonio alto modulo, parente intimo della grafite, è l’elemento strutturale della canna che, nelle realizzazioni più pregiate viene realizzata con rinforzi radiali e resine a bassa densità. La resina, che ingloba le fibre di carbonio, non è meno importante di quest’ultimo, perché è la sostanza che rende omogeneo il tutto e consente alla fibra di lavorare in modo ideale. Il complesso fibra di carbonio-resina da vita a quello che viene definito come “tecnopolimero”, un materiale composito di eccezionali caratteristiche. Pensiamo solo che lo stesso materiale, sebbene in formule diverse , è usato dalle motociclette alle astronavi. Va da se che una canna in carbonio ad alto modulo vero, non potrà essere un prodotto economico, ma di certo ci accompagnerà nel tempo senza mai deluderci. NON SOLO CARBONIO La qualità di una canna non è solo nel fusto ma anche negli allestimenti. Parliamo quindi del piede, del manico,

Una immagine “vintage”. Il bolentino può essere praticato anche con attrezzature molto minimali. Non a caso deriva dalla lenza a mano. Un attrezzo inadatto però può condizionare la riuscita della battuta di pesca, soprattutto nella gestione dei pesci e dei terminali, soprattutto se lunghi

del porta mulinello, dell’anellatura, ma soprattutto delle caratteristiche del cimino. La qualità dell’accessoristica di assemblaggio è riconoscibile da tutti ed è, oltretutto, riscontrabile a vista; un’anellatura Fuji, per parlare di un nome noto a tutti, sicuramente non pone dubbi, ma una importanza determinante per l’azione di pesca è quella dei cimini che, nelle canne di qualità, vengono forniti in più versioni. Cimini che definiscono la capacità di percepire le tocche oltre che

gestire

piombature

diverse.

Generalmente sono realizzate in fibra di vetro, ma lo stato dell’arte oggi è rappresentato da un materiale particolare, l’Ap-flex, che garantisce una flessibilità assoluta a rischio di rottura prossimo a zero, grazie alla mancanza totale di discontinuità del materiale. UNA CANNA PER OGNI PESCE Una canna tuttofare, buona per tutte le stagioni e per tutti i pesci non è facile da reperire, o meglio non è concettualmente logico cercarla. Diciamo piuttosto che una canna multiuso sarà identificata da una canna da medio fondale, con un cast differenziato, grazie alla dotazione di tre cimini, rispettivamente di 50-100-150 gr. Così saremo in grado di gestire terminali sottili come uno 0,18, fino ad uno 0,35 consentendoci


di venir fuori egregiamente dal confronto con buona parte delle prede presenti nella fascia fino a

BOLENTINO

50mt. Le lunghezze più usate vanno dai tre metri fino ai cinque, tenendo in considerazione anche l’altezza della murata della barca, che se molto alta ci imporrà l’uso di canne più lunghe. Però se vorremo essere più incisivi nell’esercizio del bolentino, useremo attrezzi specifici per ogni tipologia di pesci insidiati; schematicamente possiamo, secondo la nostra esperienza, consigliare per i pagelli attrezzi dai 3 ai 4 m con cast fino a 150 gr. ; per le tanute, le orate, i paraghi e, in genere, gli sparidi importanti modelli dai 4 ai 5 m con cast fino a 250 gr. ed infine per il bolentino di fondale ad occhioni e scorfani, canne di 4 metri con cast fino al kg. COSA OFFRE IL MERCATO Il mercato offre tantissime opzioni, con una disparità di prezzi e modelli che disorienta. Senza nulla togliere a nessuno, il nostro consiglio, frutto di una pluridecennale pratica della canna da natante, è quello di orientarsi su marchi importanti. Ed un indicatore affidabile

è

l’ambito

sportivo.

Certamente al vertice di categoria troviamo Tubertini e Daiwa, che forniscono da anni a più di 20 nazionali mondiali, le migliori attrezzature per sfidare tutti mari del mondo, con successi che non ammettono repliche. ERRORI DA EVITARE Un errore in cui non si deve incorrere è quello di sottovalutare le potenzialità del bolentino; una tecnica che, nella stessa sessione, può porci a confronto con prede light o con prede molto impegnative ed inusuali. Quindi non c’è nulla di peggio che comprare attrezzature inadeguate. Avere a che fare, mentre si gioca con sgombri e sugheri, con palamite e alletterati superiori ai 5-6 kg, è molto meno frequente di quanto si pensi e ritrovarsi, senza avere il tempo di reagire con la canna rotta in due pezzi è un film visto molte volte. Una buona canna può essere per la vita e quindi è basilare acquistare un attrezzo valido, equipaggiato con mulinello e filo affidabili, prodotti da aziende all’altezza del gioco. Il contributo di un negoziante serio e con una consolidata esperienza di pesca ci sarà di aiuto.



JIGGING

A.B.C. JIG !

Di Domenico Craveli

I

l vertical ha introdotto nel nostro mondo piscatorio un artificiale davvero atipico; un’esca particolare che è essa stessa l’essenza della tecnica che è indispensabile conoscere a fondo per ottenere sempre il massimo in termini di risultati: Jig… questi sconosciuti! I jig sono esche che potremo definire bizzarre, dei veri pezzi di ferro che prendono vita solo attraverso mirate azioni di jerking. Il mondo “jig” è vastissimo, e ciò rende difficile una classificazione schematica che ratifichi la tecnica. Però è possibile dare qualche indicazione di base, che renderà più semplice e fluido l’approccio a questa pesca. ClassIfICazIoNe per forma short jig: esche corte e tozze long Jig: esche lunghe e snelle Ibridi: esche che hanno un rapporto lunghezza/ ampiezza meno spinto slow Blatt: Jig tozzi e pesanti, variante specifica di Un long jig sfarfallante, animato in modo lento e cadenzato diventa micidiale per le grandi cernie


tecnica, in grado di sfarfallare in corrente, ma di scendere anche rapidamente se trattenuti e poi rilasciati In relazione alla distribuzione del peso, all’ampiezza del profilo, i jig possono essere indicati per i 2 movimenti principali da vertical; ClassIfICazIoNe per posIzIoNe Del BarICeNtro

esche da short jerk: Jig con peso concentrato in testa e nella parte centrale, caratteristica comune anche a molti long. Jig con peso in testa e in coda contemporaneamente (osso di cane), in modo leggermente esche da long jerk: Jig con peso spostato verso la coda esche up/down: Jig utilizzabili tanto in short jerk che in long jerk, a seconda delle esigenze, con il semplice cambio del punto di aggancio. Naturalmente, tra i due estremi, esistono delle variabili dovute agli adattamenti personali che ogni pescatore compie, in relazione alla propria resistenza fisica, ed alle capacità di sincronismo dei propri Uno short jig indicato per le condizioni

arti superiori. Non è eresia infatti trovarsi a jerkare in short jerk

di forte corrente con peso in coda.

con esche nate per il long e viceversa, anche se c’è da dire che con

Ideale per dentici e ricciole

alcuni modelli questo non sempre è possibile. Gli artificiali a “osso di cane”, ad esempio, tipici per animazioni corte, se movimentati in long tendono a ruotare, producendo

un attrito idrodinamico notevole ed avviluppandosi con lo stesso assist. In modo simile, esche molto affusolate, con il peso in coda, progettate esclusivamente per il long con movimenti ampi di canna, si comportano in modo inefficace se mossi diversamente, saltellando a penzoloni come un filo a piombo. Diverso invece per le esche spiattellanti a profilo ampio, che consentono, qualunque sia il loro baricentro, un notevole assortimento di animazioni. Ma non creiamo assolutismi, perché i pesci reagiscono agli stimoli in modo primitivo ed imprevedibile, quindi non sorprendiamoci se il nostro pesce della vita aggredirà magari anche una chiave inglese ferma a mezz’acqua. Come sCeGlIere Il JIG

Il vertical jigging raggiunge il suo massimo livello di efficacia quando la convinzione del pescatore e la sua concentrazione sono al massimo. Questo si concretizza in un’azione incisiva, continuativa e praticata senza pigrizia, ma con dinamica determinazione.


Questo in pesca fa la

JIGGING

differenza. Poi, il pesce di turno può aggredire qualunque

cosa,

di

qualunque colore, ed in qualunque momento. Solitamente, un bravo verticalista non porta con sé jig bag stracolme, ma pochi modelli diversi per caratteristiche in grado di coprire un discreto numero di esigenze. La scelta

dell’esca

infatti

parte da un’analisi dello scenario di pesca e non per valutazioni a naso. Sarà la corrente, la velocità di scarroccio, la profondità, il grado di trasparenza presunto dell’acqua (quello che vediamo in superficie non è la stessa situazione del fondo) a guidarci verso la scelta più opportuna. Solo successivamente valuteremo anche l’umore dei pesci, cosa non sempre preventivabile a priori. Ecco perché bisogna provare diverse soluzioni.Guardare un jig e sceglierlo perché pensiamo possa fare la differenza, seguendo i nostri gusti, potrebbe essere un errore di approccio. a mIsUra DI CoNDIzIoNe

Corrente /scarroccio deboli: esche spiattellanti dal profilo ampio, capaci però di compiere discese in accelerazione con notevoli evoluzioni. Corrente / scarroccio moderati: esche dal profilo più stretto, tozze nel caso di short jig, scattanti in salita e moderatamente veloci in discesa.

Il colore rosa è molto gradito alle ricciole durante la primavera e l’autunno


Corrente forte: esche dal profilo altissimamente idrodinamico, peso rigorosamente in coda, praticamente dei giavellotti Bisogna comunque considerare che i pesci hanno meno schemi di quanto ce ne poniamo noi. Colore Che veDI

Le livree riflettenti sono praticamente universali. Le tonalità scure, blue e verde, abbinate al Silver, solitamente sono ottime per i pelagici nei mesi invernali. Colori caldi, rosa, rosso, giallo arancio, vanno bene per prede stanziali come dentici e cernie. Glow (fosforescente) per gli abissi. Piccole finiture glow invece, abbinate ad altre livree tipo sardina o rosa-argento , sono indicate per condizioni di torbido. QUaNto mI pesa?

Il peso intrinseco del jig si somma alla sua resistenza idrodinamica, trasmettendoci sulla canna il peso percepito. Scegliere la grammatura dell’artificiale significa valutare il range ottimale di lavoro della canna e soprattutto il diametro del multifilo in bobina. Esche leggere e multifili di grossa sezione, ad esempio, sono incompatibili nella maggior parte dei casi. I jig da vertical, tecnica che sarebbe meglio definire come deep jigging mediterraneo, hanno pesi compresi tra 80gr e 200gr, che sono grammature sotto le quali si parla di light jogging. Ma questa è un’altra storia.

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NAUTICA

Acqua a volontĂ

di Umberto simonelli


l

a pesca cambia e si evolve e la tecnica della traina col vivo non è da meno. Cambiano anche le esche e le esigenze per il loro mantenimento. Oggi si traina, per insidiare i grandi pelagici, con pesci di notevoli dimensioni e che fino

a qualche anno fa non avremo mai pensato di adoperare. Parliamo di tunnidi, palamite e grandi sgombri. Nasce quindi la necessità di avere a bordo importanti flussi di acqua. EschE difficili Abbiamo appurato quindi che per tenere estremamente vitali e per il tempo necessario esche importanti è indispensabile disporre

Questa è la presa a mare ideale per il prelievo d’acqua per le vasche del vivo. la parte filettata consente di passare lo scafo previa la realizzazione di un foro. Le fessure invece evitano che possano essere aspirati corpi estranei. il verso di montaggio deve essere con la parte chiusa verso prua

di molta acqua. Questi pesci infatti riescono ad ossigenarsi in modo corretto solo quando nuotano; ed oltretutto il loro nuoto è molto veloce, situazione che quindi aggrava le difficoltà di mantenimento. È indispensabile perciò avere tanta portata, ovvero molti litri al minuto, e una discreta pressione, cose che consentono oltre che una soddisfacente velocità del flusso idrico, anche i giusti ricambi orari. Ovvero acqua sempre ossigenata quanto più possibile vicina come temperatura a quella del mare. Mantenere la temperatura più bassa possibile garantisce la massima quantità di ossigeno disciolto nell’acqua e un ricambio veloce permette anche di eliminare i cataboliti, ovvero tutte le scorie che i pesci rilasciano; dalle deiezioni al frutto della respirazione. comE farE Tutte le vasche del vivo sono alimentate da una pompa che pesca acqua da una presa a mare e che la convoglia all’interno. La quantità di acqua quindi dipende dalle caratteristiche della pompa. Nei fishermans l’impianto generalmente è predisposto, mentre nelle altre imbarcazioni l’impianto va realizzato ex novo. Se si decide di realizzare un impianto fisso la soluzione migliore è la scelta di una pompa tipo autoclave, che peschi l’acqua da una presa a mare posizionata passante la carena. Questa è la soluzione migliore in assoluto e la soluzione realizzativa è semplice. Nello schema riportato di seguito è ben chiaro come fare. il rubinetto di sicurezza subito dopo la presa a mare è obbligatorio oltre che necessario in termini di sicurezza e operatività

dimEnsionamEnti È evidente che tanto sarà più grande la vasca, maggiore sarà la portata della pompa. Se poi si usano i tuna tube, soluzione di importazione americana, oggi

molto in

voga anche sulle nostre barche le quantità aumentano considerevolmente perché in questo caso l’acqua è a perdere e bisogna garantirne all’interno dei tubi un flusso che ossigeni correttamente il pesce. Di fatto nei tuna tubes le esche stanno in una sorta” di galleria del vento” dove pur non muovendosi si simula l’effetto del


nuoto.

NAUTICA

Quindi orienteremo la scelta su pompe dotate di pressostato, con portate dai 7 ai 10 è più litri/ min. Preferiamo pompe con il pressostato perché così possono prestarsi pure all’uso di lavaggio ponte, applicando una manichetta con una pistola. Od anche, grazie alla tecnologia del sistema di pompaggio, il flusso può essere strozzato per calibrare la portata. Importante è acquistare pompe predisposte per funzionare con acqua salata. Ne esistono molti modelli in grado di soddisfare tutte le esigenze. Queste pompe hanno la prerogativa di avere consumi moderati e di essere autoadescanti, ovvero capaci di aspirare l’acqua anche se montate sopra la linea di gelleggiamento

solUzioni altErnativE Chi non vuole forare lo scafo può ottenere risultati egualmente soddisfacenti, in grado di fare fronte a tutte le evenienze del caso, optando per soluzioni, diciamo così, a vista. Mantenendo lo stesso schema del sistema con la presa a mare passante, questa può essere applicata con semplici ponticelli in acciaio inox sullo specchio di poppa. Appena immersa, quel tanto che basta per prendere acqua anche in navigazione. Attenzione al verso di montaggio perché la parte con le feritoie, deve essere rivolta verso la scia dello scafo. Al contrario la pressione che si genererebbe forzerebbe le valvole della pompa usurandole. In questo montaggio potremo omettere il rubinetto di intercettazione, che non ha più alcuna funzione di sicurezza, ma dovremo comunque installare il filtro, che intercetti sabbia e sporcizia. Ultimo consiglio è quello di usare un tubo che non si schiacci; ne esiste

Una soluzione molto elementare, ma allo stesso tempo funzionale. semplice da realizzare può essere una valida alternativa ad un montaggio in carena o una risorsa temporanea.

un tipo per uso nautico, trasparente rinforzato da un’anima in spirale di acciaio. Un’altra idEa Un’altra possibile opzione è quella di ricorrere ad una semplice pompa di sentina, di quelle ad immersione. Con la girante che pesca direttamente in acqua e l’uscita laterale per l’evacuazione dell’acqua.


Anche in questo caso il montaggio dovrà essere effettuato appena sotto il filo del bordo di uscita dello specchio di poppa, ma la pompa dovrà essere applicata con un piccolo cugno che gli dia una leggera inclinazione. Un piccolo trucco, per evitare che faccia attrito nell’acqua generando un baffo e che invece consente di prendere acqua anche in planata. La Rule produce un sistema di applicazione fatto apposta, reperibile in internet, ma altrettanto facilmente realizzabile . Ovvio che la staffa deve consentire la rimozione della pompa perché se la lasciassimo in acqua, in pochissimo tempo si bloccherebbe irrimediabilmente per la fioritura di alghe e quant’altro. Tubazione e collegamenti anche in questo caso saranno estremamente elementari. L’uso della pompa di sentina è ideale quando si usano i tuna tubes, perché la portata d’acqua di queste pompe è veramente tanta anche nei modelli più piccoli. Però diversamente dalle autoclavi non hanno una prevalenza esagerata e quindi possono portare l’acqua solo poco più in alto. Un sistEma strUttUrato Una soluzione che sfrutta le pompe di sentina in modo organizzato è il sistema riportato nell’immagine di seguito. Come si può vedere la pompa viene allagata in un contenitore ermetico, tramite una presa a mare, di grande portata e collocato sotto la linea di galleggiamento; la pompa quindi senza turbolenze è in grado di pompare acqua verso la vasca del vivo o meglio ancora i tuna tubes. Infatti il sistema,grazie alla enorme portata, è indicato per chi ne ha più di uno a bordo. Questa linea di acqua però non si presta ad essere strozzata perché se si intercetta il flusso, ovvero lo si chiude, la girante della pompa va in cavitazione e smette definitivamente di pompare , con il rischio di surriscaldarsi. Se non si hanno mezzi , tempo e capacità per auto costruirsi un sistema del genere, sul mercato americano, sono reperibili già pronti con portate veramente importanti, in grado di mantenere in vita, nei tubi, pesci esca che, per noi “ pescatori mediterranei “, già sarebbero prede soddisfacenti.

Un sistema a due pompe

la vasca si allaga autonomamente perché collocata sotto la linea di galleggiamento e la pompa centrifuga riesce quindi a pompare tantissima acqua. Lo sfogo d’aria del punto 4 è indispensabile, ma deve essere raccordato con un tubo che termini ben sopra la linea di galleggiamento


SQUID CATCH

EGING.. TRA PASSATO E FUTURO Di Domenico Craveli

L

a pesca dei cefalopodi risale alla notte dei tempi, da sempre infatti l’uomo ha insidiato questi animali, piccole macchine da guerra dall’indole misteriosa, aggressivi oltre ogni immaginazione. Questa loro caratteristica li rende vulnerabili alle nostre

insidie. Tecniche diverse, tutte efficaci, anche se oggi a sopopolare è l’eging… . Il nome è trend, quasi fashion, ma siamo sicuri che sia tanto diverso da quello che abbiamo sempre fatto? Siamo sicuri che la pesca di seppie e calamari sia cambiata davvero? Mentre ero intento a spinnare il mio costoso egi, un signore anziano, a bordo del suo gozzo, chino sul timone come se stesse dormendo, mi era accanto. Ferro una splendida seppia, poi un’altra. Lui all’improvviso si desta, e ne cattura una anche lui. Poi una seconda ed una terza. Io pareggio il conto. Ci guardiamo, un sorriso…. e poi, pronto per la traina con il vivo, io accendo il motore e mi avvicino prima di andare. Lo saluto, apro il termos e gli offro un caffè ed un biscotto. Turi ha 80 anni e passa, ha in mano una lenza che come diametro pareggia la sua età, su un sughero che avrà gli anni miei. Poi uno spezzone più sottile di diametro indefinito, un piombo da 100gr almeno, ed un gamberone che un tempo doveva essere arancione. Turi cattura seppie, e anche calamari, non sa cos’è l’egi, eppure… Ma anche io che pesco a egi faccio seppie e calamari in buon numero, stessi ambienti, tecniche diverse, movenze simili. Quindi è proprio vero, egi… tra passato e futuro!


Il gamberone, un’esca antica che sta rivivendo una seconda giovinezza

Specialmente quando non c’è corrente che fa scarrocciare la barca, l’eging prevale sulle tecniche classiche

RAggIo D’AzIone e, cela Tra il pescare i cefalopodi a scarroccio, oppure spinnando ad egi, c’è una differenza sostanziale. Ad eging si sonda un tratto di mare più ampio, a raggera intorno alla barca, e quindi, le probabilità


di incontrare la preda sono maggiori. Inoltre l’eging è

SQUID CATCH

una tecnica praticabile dalla costa,

questo

permette

a molti appassionati di confrontarsi

con

prospettive

di

buone cattura,

con animali diversamente inarrivabili. I carnieri di calamari erano ad esclusivo appannaggio dei pescatori dalla barca, mentre oggi, si può rimanere a bocca aperta anche guardando prede

prese

in

due

spanne d’acqua. Quindi la storia dice che sempre di calamari e seppie si parla, ma le tecnica diventa senza frontiere. AnATomIA DI Un gAmebeRone.. opS egI L’egi è il classico gamberone rivisitato in chiave moderna, con materiali evoluti, plus attrattivi come sfere acustiche interne, cromie cangianti, uv, e glow, e rivestimenti in tessuti molto particolari dai colori bizzarri, o fedelissimi al naturale. Il mercato offre artificiali dalle caratteristiche più diverse e dalle cromie più bizzarre, in grado di sedurre i pescatori prima ancora che i cefalopodi. Non si sa perché, ma quest’esca, quando è negli scaffali del negozio, crea sindrome da shopping compulsivo. Ognuno nella propria plano ne avrà tantissimi… per poi magari pescare massimo con uno o due modelli. Ogni brand vanta caratteristiche in grado di fare la differenza in pesca, ma alla luce delle esperienze vissute, senza nulla togliere alle innovazioni e ai vari materiali nobili che lo rivestono o meno, la nostra discriminante di scelta, per evitare di “perdersi” nel mare degli Egi, dovrà basarsi su tre elementi fondamentali: dimensione, colore, fosforescenza


SIze Le misure 2.0 / 2.5 gr, si usano ad inizio stagione, quando ancora i calamari sono

poco

attivi,

e

le

seppie non troppo grosse. Con l’avanzare del freddo, il 3.0/3.5 gr diventa lo standard per entrambe le specie. Più grossi si usano solo

in

casi

particolari,

i

cefalopodi

raggiungono

dimensioni

quando

considerevoli CRomIA L’arancione.. . e che che ne dicano, prevale su tutti, giorno e notte, e nella bag non dovrebbe mai mancare insieme a quelli con il dorso fucsia. Ottimi di giorno i colori “ramati” che tendono al bruno. Quando è presente pesce azzurro in gran quantità, qualche alternativa cromatica fredda (blu e/o verde) è bene averla a disposizione. Il nero è il famoso jolly, da usare nelle condizioni di forte luce, specie sulle seppie, e risulta risolutivo. Molto meno sui calamari. gLow Pensare

che

fosforescente

il

sia

di

notte sempre efficacie, è uno degli errori più comuni che si possono commettere. Il glow è spesso

risolutivo

non

nelle notti buie come si

può

erroneamente

pensare,

ma

quando

c’è luce lunare, oppure addirittura Questo

di

giorno.

paradosso

si

spiega perchè nel buio quasi assoluto, i cefalopodi attaccano la preda seguendo la scia di bioluminescienza che lasciano muovendosi.. ma questa è un’altra storia. che racconteremo con dovizia di particolari, meritevole di un ampio approfondimento.


FANTASTIORIE DI PESCA

Storie di tonni

S

Di Umberto Simonelli

iamo a quota – 45, qui la corrente è propizia e presto entreremo in contatto con il nostro obbiettivo, la zona è questa. Noi non ci sbagliamo mai, il nostro bio gps è infallibile e la rotta è tracciata nel nostro DNA. Sono nato esattamente qui, proprio in queste acque e qui ritorno per la riproduzione, la missione che mi impone di essere quello che sono, una macchina perfetta. Siamo in caccia e siamo predatori infallibili. Siamo in formazione e siamo in quota, sotto di noi 70 metri ci separano dal fondo, sopra di noi il chiarore della luce e i delfini, compagni inseparabili delle nostre avventure. Loro sfruttano il nostro infallibile istinto e la nostra infallibile capacità di trovare il cibo. Mezzo miglio più a nord ci sono le alici imbrancate.. hanno già percepito la nostra presenza e noi abbiamo percepito l’odore della loro paura. Escrementi, aminoacidi ed urea che l’agitazione gli fa rilasciare e che la corrente trasporta. Presto vedrò i pesci appallati stagliarsi contro la superficie, in quel vortice di vita e di morte. Ecco la traccia è percepita, sono in assetto di caccia, la mia guida automatica è inserita, accelero a 20, 25 nodi.. il branco di alici sale verso la superficie e si sposta velocemente; è così denso che appare solido e cambia forma continuamente. Sono in rotta perfetta, la mia idrodinamicità è massima, controllo la direzione con rapidi spostamenti delle mie pinne dorsali Spalanco le fauci e buco la sfera argentea, il mio passaggio fulmineo crea un


foro nel branco e le alici entrano dentro di me . La frenesia si scatena, l’acqua si fa bianca di schiuma, siamo a pelo d’acqua, i gabbiani sono impazziti e ognuno di noi cerca di fare scorta di cibo. Noi siamo tonni, tonni di ingresso e dobbiamo riprodurci, presto non potremo più nutrirci per molto tempo perché il nostro orologio biologico ci farà concentrare solo sul dovere di perpetrare la nostra specie. La mangianza si è spostata e dissolta nel nulla, ma la caccia continua. Percepisco delle onde acustiche, sono motori. Sono i pescherecci, in questa zona puliscono le reti e per noi è una occasione da non perdere. Noi dobbiamo nutrirci. La nostra modalità sonar è sempre attiva e dirigerci verso la sorgente è un gioco da ragazzi. Una scia di odori e sapori mette in allarme la mia linea laterale e quella dei miei compagni. Alcuni continuano seguendo le onde acustiche, noi decidiamo di seguire l’olfatto. Cibo, cibo in corrente, facile da mangiare. Intercetto un grande boccone, lo ingoio, ma qualcosa mi lacera e mi frena. Una sensazione che mi sconvolge e fa aumentare le mie pulsazioni. Do massima potenza al mio apparato propulsore, per allontanarmi il più velocemente possibile. La coda è al limite della cavitazione, la fatica è massima e tendo a rallentare. Ho bisogno di respirare e l’istinto mi consiglia di immergermi per trovare acque profonde ricche di ossigeno. Qui giù l’ossigeno disciolto è maggiore che in superficie e riesco a riprendere le forze e riprendo la fuga. Sono trattenuto, le pinne sono ritratte per ridurre l’attrito ma non basta. Devo ridurre la velocità perché non sostengo lo sforzo e il dolore nella mia bocca è forte. I miei compagni mi seguono impazziti ed io non so cosa fare. Qualcosa mi tira verso l’alto e la profondità diminuisce: non riesco a controllare la risalita e sono costretto a nuotare su un fianco e le forze vengono meno, perdo il controllo e la paura mi assale. Una massa scura mi sovrasta e non è un peschereccio. I miei occhi privi di iride sono accecati dal sole. E la superficie è sempre più vicina, la mia coda perde trazione, cavita sul pelo dell’acqua, sono perso, giro in cerchio perché non posso , non so fare altro. L’acqua arriva discontinua alle mie branchie ed il cuore accelera per garantire l’afflusso di ossigeno, ma sto perdendo il controllo, sto morendo. E’ finita, non arriverò più a riprodurmi. E’ finita, la mia coda non risponde più, batte solo di un fremito senza portanza. Sono in balia di esseri che non conosco.. mi trattengono mi toccano, mi sfiorano. Qualcosa entra nella mia bocca e mi toglie il dolore. Ora non c’è più nulla a trattenermi, sento l’ossigeno nelle mie branchie, la coda riprende, una spinta sconosciuta mi aiuta. Sono libero, più in basso i miei fratelli mi aspettano. Il mio corpo è di nuovo sotto controllo. Riparto, veloce, la forza ritorna. Ce la potrò fare.


EVENTI

TUNA CUP ANZIO:

riflessioni su un evento

É

Di Umberto Simonelli

passata circa una settimana da quando si sono spenti i riflettori sulla la seconda edizione del Tuna Cup Anzio e le emozioni, gli entusiasmi e l’atmosfera dell’evento sono ancora ben palpabili e vivi tra i pescatori. Video e immagini riempiono ancora

le pagine dei social , segno inequivocabile che il grande gioco di Anzio è piaciuto a molti. Non siamo usi , sulle pagine di questo giornale ,dare molto spazio alle gare , perché nella nostra politica editoriale è la didattica della pesca l’essenza del nostro lavoro. Ma in questa occasione è doveroso fare una eccezione. Non ci dilungheremo nello snocciolare classifiche, premi e menù delle cene, ma parleremo di un evento che già alla prima edizione ha riscosso un successo inusuale per essere “la prima volta” e che nella seconda ha consolidato la posizione incrementando i numeri dei partecipanti in maniera davvero importante. A dimostrazione di una organizzazione ineccepibile c’è un fatto assolutamente inusuale per questo tipo di manifestazioni. Non abbiamo sentito commenti negativi, non ci sono state persone deluse o insoddisfatte e anche i più “brontoloni” tra i partecipanti ( e ne conosciamo molti, alcuni dei veri e propri professionisti del mugugno) hanno riconosciuto la perfetta organizzazione; segno che , sebbene sia davvero difficile quando si ha a che fare con tanti equipaggi, è possibile fare le cose seriamente ed in modo trasparente. Quindi atto dovuto ripagare gli sforzi degli organizzatori, Vincenzo Paduano, Francesco Colaneri, Massimiliano Marigliani e Luciano Pau, con un ringraziamento che ci sentiamo di dare a nome di tutti i pescatori e anche di chi scrive , che ha partecipato come ospite. Ed un plauso va anche ai responsabili del Porto turistico Marina di Nettuno, che ha ospitato la manifestazione, per la sensibilità all’evento e per la lungimiranza nell’investire energie in questa avventura.


Ma è bene entrare nel vivo del ragionamento con alcune considerazioni che pensiamo debbano essere condivise. Riteniamo che il mondo della pesca abbia una necessità impellente di manifestazioni serie come questa. Perché l’aggregazione in primo luogo è fondamentale per il settore e per i pescatori che, per natura, tendono ad essere cani sciolti e che invece dovrebbero consorziarsi per essere una realtà compatta e conquistare il peso che la categoria merita. Oltretutto, e lo diciamo da anni, questi eventi sono la prova provata di quanto la pesca possa generare indotto e ricaduta economica sul territorio. Per tre giorni si è attivata una economia impensabile in questo periodo dell’anno, che ha coinvolto le realtà commeciali del posto e le aziende di settore. Basterebbe poco per far diventare la pesca un importante elemento del nostro P.I.L. e questa è la strada. Il Catch & Release è un modo di pescare che sempre di più dovrà entrare a far parte del nostro “modus operandi” di pescatori evoluti e le gare sono un ottima opportunità per “farci l’abitudine”. Oltretutto, e pochi ci hanno mai pensato, l’attività di pesca così coordinata ed organizzata può fornire un ottimo contributo a valutare lo stato di salute degli stock dei pesci, in un determinato spazio di mare. E ci auguriamo che questo aspetto possa essere valorizzato nella prossima edizione, anche con operazioni di taggatura, che davvero completerebbero il quadro di una manifestazione perfetta.



Copertina parlante Angler : Paolo Brugnoli Preda : Seriola Dumerili Peso : 18,00 kg Periodo di pesca : Agosto Località : Ostia Ora della cattura : 10,30 Tecnica: Traina con esche vive Esca : alletterato Profondità : 20 mt su fondale di 70 mt Condizioni meteo: Mare calmo Terminale : fluor carbon 0,52, mono amo Fondale : fango roccia

FOTO: Fotocamera : Nikon D200 Esposizione : priorità di diaframmi Tempo di scatto : 1/1250 sec Diaframma : F/5,6 Modo di misurazione: spot




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