Editoriale Nessuno aveva detto che sarebbe stato facile, eppure eccomi nuovamente qui alle prese con l'editoriale di chiusura per quello che è il quinto numero ufficiale della fanzine. Un numero sofferto, molto sofferto, rinnegato, odiato, messo più volte da parte e ripreso nel corso dei mesi, ma anche per questo amato alla follia, perchè se non c'è amore e passione, e meglio dedicarsi ad altro. E di avvenimenti in questi ultimi quattro mesi ne sono accaduti tanti, pure troppi, con un numero che, prima doveva essere in inglese, e poi è finito per rimanere così come lo vedete, e questo grazie soprattutto ai consigli appassionati dell'amico Stefano Quaranta che, più volte, mi ha spronato a rimanere fedele alla prima linea editoriale, nonché all'amico Stefano Fascetti sempre prodigo di ottimi consigli e per gli esempi di impaginazione. Purtroppo quando si porta avanti con passione un progetto come Graveyard Symphony, la voglia di perseguire i propri intenti, a volte viene sopraffatta da sentimenti contrastanti di amore/odio, e la voglia di mollare la presa quando tutto sembra non andare verso la direzione auspicata, raggiunge limiti insopportabili!!! Meno male che c'è sempre qualcuno che ti riporta su sentieri più consoni e ragionevoli, ecco perchè questo numero non sarebbe stato lo stesso senza la collaborazione assidua di persone come Luca e Silvia che hanno dato molto di loro stessi in termini di pazienza, energia e buona fede , lo stesso Stefano Quaranta, Susy e Victor sempre pronti a condividere questa insana follia, Enrico Pulze per averci creduto dal primo numero, e tutti i ragazzi dello zoccolo duro che da sempre supportano quest'uscita amatoriale. Il futuro come al solito è incerto, la proposta del numero in inglese c'è sempre, ma prima dobbiamo arrivare al numero 10, poi si vedrà... Nella speranza che questo numero possa essere di vostro gradimento, volevo ringraziare: Sandro Buti perchè è ancora uno che ci crede e si sbatte come se fosse il primo giorno, gli amici Silvia e Luca , Victor e Susy, Miriam Maiorano (...more naked photo, please!!), Enrico Pulze, l'appoggio incondizionato di Lorenzo “Caotico” Castiglioni e di OK Metal, l'amico Niccolò Clemente, Serena Vischi e Dany All, Marco Matis, Stefano Pisani, Maurizio Chiarello ed Underground Symphony, Giuliano Mazzardi e My Graveyard Production, Enrico Leccese e Cruz del Sur, Jowita e Simone Peruzzi e Metal on Metal, l'enigmatico Stefano Giusti, il grandissimo Andrea Bicego l'unico musicista apparso nei vecchi numeri che ha acquistato anche gli altri.. Gianluca Carlini per la pazienza infinita e per il sogno Defenders of Steel, Federico Di Crescenzo (fratello di taglia), Matteo Gilardelli, Corrado Franceschini. A special thanx goes to Mario, Jhon and Gothic Knights, Bryan and Reverence, Terry and Banshee, Troy and Cold Steel, Richard and Saint, Art and Karion, Randy, Kevin and Damien, Randy Black and Briar Rose, Mark and Taist of Iron, Bobby The Voice, Michael, Mike and Attacker family, Greg and Stygian Shore, Joe Di Taranto and Warmachine, Tony, Chris, Master Bianco e The Raff, Stefano e Riccardo Strizzi dei Way Out, Ubaldo, Sarmax, Andrea e Machine Head, Rudy Costa e Wildee, grazie per la pazienza a tutti, a rivederci sul prossimo numero...sempre se ce ne sarà uno!!!!
Interviste a: Gothic Knights pag.3 Reverence pag. 5 Banshee pag.7 Cold Steel pag.9 Saint pag.10 Machine Head pag.11 Karion pag.13 Way Out pag.15 The Raff pag.17 Wildee pag.19 Damien pag.21 Briar Rose pag.24 Oliver Magnum pag.25 Dammaj pag.27 Taist of Iron pag.29 Blaze pag.30 Nightblade pag.31 Attacker pag. 32 Warmachine pag. 33 Plague Angels pag. 42 Stygian Shore pag. 44 Masquerade pag. 45 Rex Inferi pag. 47 Contatti: Beppe Diana hardnheavy@email.it se proprio non ne potete fare a meno
I Gothic Kinights sono tornati!!! Basterebbero solo queste quattro semplici parole per porre definitivamente fine a tutte le illazioni che si sono freneticamente susseguite negli ultimi nove anni, un assordante silenzio artistico, che ha separato la storica formazione newyorkese dai suoi fan più accaniti, illazioni su una presunta, e prematura, fine artistica legata ad avvenimenti drastici, non ultimo il definitivo split dallo storico singer Rick Sanchez, avvenuto proprio all'indomani della pubblicazione di ”Reflections from the Other Side”, album che, naturalmente, sancisce definitivamente la rinascita di una delle formazioni americane più amate all'estero!!! Nelle parole del chitarrista e leader della band John Tzantis, il resoconto di un come back atteso per tanto, troppo tempo!! Intervista di Beppe Diana, traduzione Silvia Omodeo Zorino
Ciao John e benvenuto sulle pagine di Graveyard Symphony paper zine! Qual è la situazione attuale all’interno della band? So che vi siete separati dal vostro cantante e ne state cercando un’altro, è così? Sì, è esatto. Ci siamo separati dal cantante Rick Sanchez verso la fine dello scorso anno. Siamo arrivati a questo perchè, nel corso degli anni, lui non ha mai mostrato alcun entusiasmo o eccitazione quando si trattava di suonare dal vivo, inoltre ha uno strano rapporto di amore/odio con il metal. Recentemente avevamo dovuto annullare uno show all'ultimo minuto, cosa che ha portato alla nostra separazione. Quando abbiamo iniziato a lavorare su questo ultimo CD pochi anni fa, pensavamo che con il tempo, il suo apprezzamento per lo stage e la musica metal in generale, sarebbe cresciuto, ma purtroppo non è stato così. Separarsi da Rick, in realtà, non è stato uno shock e, anche se eravamo tutti delusi, ora abbiamo un senso di sollievo perché possiamo iniziare la ricerca di un nuovo cantante. Si, siamo tutti entusiasti di cercare qualcuno che sia sulla stessa lunghezza d’onda con noi: sappiamo che suonare dal vivo e andare all'estero ad esibirsi ai festival sarebbe nel migliore interesse della band e del suo futuro. Attualmente stiamo audizionando cantanti, naturalmente, stiamo cercando la persona giusta. Il precedente album "Up From The Ashes" è stato pubblicato nove anni fa, cosa avete fatto musicalmente in questi anni? C'è stato un momento, durante la pausa, in cui hai pensato che non ci sarebbe mai stato un nuovo album della band? Sono successe un sacco di cose in questi nove anni. Rick ha iniziato ad andare al college e ha dovuto dedicare più tempo ai suoi studi. Io mi stavo riprendendo da un intervento chirurgico e, anche se ha avuto pieno successo, mi ci sono voluti un paio d’anni per guarire completamente. Abbiamo anche avuto dei cambiamenti nella lineup: il batterista Kevin
DeDario si è unito al gruppo alla fine del 2003 , poi abbiamo aggiunto anche un secondo chitarrista, David Seligman. Si, sono passati pure nove anni dalla nostra ultima release, ma non abbiamo mai fatto un break vero e proprio, abbiamo sempre avuto il nostro studio e abbiamo continuato a scrivere materiale. Il motivo principale per cui ci siamo presi così tanto tempo tra le release, è che si è deciso di investire nel nostro studio di registrazione: ci vuole del tempo per imparare a registrare a livello professionale, perchè abbiamo realizzato molte versioni demo prima di quelle definitive. Ora, l'unica cosa che facciamo al di fuori del nostro studio è la registrazione della batteria ed il mixaggio che, per la nostra ultima release, è stato eseguito ai Trax East Studios nel New Jersey. Sempre ai Trax East abbiamo anche registrato ufficialmente le tracce di batteria per 5 brani aggiuntivi che appariranno sulle future release. Ok, che cosa puoi dirci di “Reflections from the Other Side”? Puoi raccontarci qualcosa sul modo in cui sono nate le canzoni? E, se non è troppo, il processo di composizione è stato più fluido che in passato? Storicamente, noi abbiamo sempre scritto canzoni in stile epic power metal con una oscura ed aggressiva venatura thrash, tuttavia “Reflections from the Other Side” è ancora più oscuro e più aggressivo dall'inizio alla fine. Ho scritto la maggior parte delle musiche e delle lyrics di questo CD. In molti casi, siamo partiti dalle parti di batteria, ma anche Mario ha contribuito con diversi riff di basso in tutto l'album. Nel complesso, la stesura dei brani del CD non ha subito intoppi. Perfetto, visto che sei uno dei principali compositori, che cosa ci puoi dire dei testi dell'album? C’è qualche relazione tra testi ed artwork? Anche i contenuti lirici di questo CD sono, nel loro insieme, più oscuri rispetto alle precedenti release. Alcune delle canzoni sono basate su tematiche horror, come ad esempio le canzoni “1689 - Trial Of The Witch”, “Scythe Denied”, “The Omen” e “Welcome To My Horror”. “Lord Of The Underworld” e “Shadows Of Time”, sono
brani dark fantasy basati su storie tragiche. “Devil’s Playground” parla della guerra e del ruolo che ha l'umanità, “Death From Above” si basa su una futuristica e fantascientifica battaglia aerea. “Zero Hour” tratta di come si può arrivare a toccare il fondo e della successiva arrampicata per uscirne. “Writing On The Wall” è un brano dove l’odio viene vomitato addosso a chi se lo merita. Ci piace così, nessun messaggio positivo! Vorrei aggiungere anche che i testi raccontano storie e ogni canzone contiene un messaggio. Il concept per l’artwork del CD è un’idea di Mario: un giorno, alle prove, ha iniziato a descriverci una copertina con l’Angelo della Morte che, passando attraverso uno specchio rotto, assumeva una forma umana, questo racconto ha contribuito anche al titolo del CD. Successivamente abbiamo trovato Eliran Kantor, l’artista che poi ha dato vita a queste idee! Da sempre siete una band accostata all’heavy vecchia maniera, o se preferisci al metal classico, e il parere di diverse persone è che questo è un grosso rischio perché il genere è vicino al suo punto di saturazione. Il rischio è che molti giornalisti vi accusino della mancanza di un suono personale. Sei d'accordo o pensi che ci sia spazio per altre band come la vostra in futuro? Se c'è spazio o no, a me non importa. La musica è arte, e l'heavy metal è la nostra forma di espressione. Non e 'che posso svegliarmi un giorno e decidere di suonare uno stile diverso di musica. La musica Metal è quella che amo ascoltare e scrivere, e l’ho fatto per oltre 20 anni. Ad essere onesti, ogni genere musicale è saturo e le etichette in realtà non hanno il controllo che avevano una volta, quando decidevano a quante e quali band cercare di dare visibilità. L’avvento di Internet ha dato a tutti la possibilità di raggiungere le masse, cosa che, di fatto, ha colmato le diverse scene musicali. Per quanto mi riguarda, posso dire di essere un die-hard fan di gruppi come Liege Lord, Helstar, Malice ed in generale dell’heavy metal degli anni '80. Queste sono anche le tue influenze? Della scena metal attuale quali gruppi preferisci? A dire il vero, anche se ne ho sentito parlare e forse ho sentito anche un po' della loro musica, nessuna di queste metal band ha avuto alcuna influenza su di me. Siamo in giro dal 1990, le bands che hanno avuto un’enorme influenza su si noi sono Iron Maiden, Judas Priest, i primi Metallica, Savatage, Manowar, Testament.
La cosa divertente è che io non sapevo molto degli Helloween fino al 1994, quando Denis Gulbey della Sentinel Steel mi ha fatto sentire la loro musica. Quando abbiamo pubblicato il nostro primo demo nel 1994, un sacco di persone ci paragonavano agli Helloween, ma non conoscevo la loro musica, ma quando ho ascoltato in CD i loro “Keepers”, ne sono rimasto subito conquistato! Le band attuali che mi fa piacere ascoltare sono Stratovarius, Rhapsody, Nightwish e Sonata Arctica. Ritornando al disco, ho notato che hai usato Pro Tools per registrare alcune parti, pensi che l'uso della tecnologia moderna sia un fattore positivo o negativo per una band come la vostra, così legata alle proprie radici? La facilità d'uso e l'accessibilità che hai grazie alla tecnologia sono un fattore molto positivo. Pro Tools ci ha dato la possibilità di scrivere e registrare a volontà, ora siamo anche in grado di immagazzinare le nostre idee, costruire e sviluppare canzoni più sofisticate. Quello che mi piace di Pro Tools è che un giorno posso essere al lavoro su un’idea e, pochi mesi dopo, posso tornare indietro e aggiungervene di nuove. Vedo il mio Pro Tools Studio come la mia collezione di vini: le canzoni fermentano e, semplicemente, migliorano con l'età! Negli ultimi anni tantissime vecchie bands si
sono riformate o riattivate, vorrei chiederti un parere in merito. Pensi che siano tutte vere reunion o ce ne sono anche che non ti convincono? Penso che sia tornato il rock basato sulle melodie di chitarra. Molto è dovuto al fatto che la generazione più giovane è alla ricerca di qualcosa di diverso rispetto al quella precedente. Si può anche chiamare ribellione verso i loro coetanei, perché il metal è sempre stato una forma di espressione ribelle e una via di fuga. A mio parere, questa giovane folla potrebbe essere davvero il motore per una rinascita futura dell’heavy metal. Ad essere onesti, vedo un sacco
di ragazzi ai concerti: se ci pensi, alle orecchie di un sedicenne del giorno d’oggi, gli Iron Maiden suonano freschi come è stato per me anni fa. Le
canzoni sono senza tempo... proprio come Beethoven, o Mozart. E l’heavy metal diventa il loro stile di vita! “Reflections from the Other Side” è stato pubblicato dalla InnerSphere Music, che, se non sbaglio è la tua etichetta, è proprio così? Sì, la InnerSphere Music è la nostra etichetta. Anche se abbiamo pianificato di distribuire il nostro CD a varie etichette, abbiamo sempre fortemente considerato la possibilità di crearne una nostra e pubblicare il nostro CD in modo indipendente. Infatti, per diversi mesi abbiamo proposto il nostro CD, ricevendo alcune offerte: dopo aver fatto i nostri calcoli, ci siamo accorti che se avessimo pubblicato il disco per conto nostro, avremmo finito per guadagnare qualcosa di più. Questo perché siamo in giro da molto tempo ed abbiamo sviluppato rapporti con diversi distributori! Credo che il vostro mercato principale sia quello europeo, almeno a livello di feedback, ma qual è la situazione per voi dall'altra parte del mondo, in particolare nel vostro paese di origine? E 'giusto dire che il classic metal negli Stati Uniti è un movimento underground? Per essere onesti, il metal classico è sempre stato un movimento underground sin dalla metà degli anni '90… non è mai uscito da questo stato! Esiste un enorme movimento metal che include una "versione nuova e giovane" degli Iron Maiden o dei Judas Priest? A mio parere, non è ancora successo. Posso sperare che accada di nuovo... assolutamente! E quando quel giorno
verrà, ne potremo parlare! A proposito del versante live della band, avete avuto la possibilità di suonare nella vostra zona? Che tipo di persone vengono ad un vostro concerto? Ci puoi spiegare la tipica atmosfera che si respira in vostro live show? Soprattutto shows locali, quando abbiamo l'opportunità di aprire per acts nazionali, sono grandi shows! I concerti sono quasi sempre pieni di persone e riscuotono molto successo, dando anche a tutti noi l'opportunità di promuoverci ed ottenere esposizione. E 'sempre bello vedere i nostri fan più accaniti che hanno seguito la band fin dal primo giorno, così come è bello vedere ragazzi giovani. Per quanto riguarda la nostra performance dal vivo, vorrei dire che siamo una band live e che tutte le nostre canzoni sono come le senti sul CD, la stessa intensità, la stessa energia e la stessa professionalità! Puoi raccontarci le prossime mosse della band da qui alla fine dell'anno? Il nostro obiettivo primario è quello di trovare un nuovo cantante che sia anche un bravo frontman. Abbiamo tanta voglia di portare la band ad un livello superiore, di iniziare a suonare ai festival in Europa e fare qualche tour. Attualmente stiamo scrivendo nuovo materiale per il prossimo disco e stiamo anche valutando la pubblicazione di un EP, una volta che avremo il nuovo cantante! Prima della fine, come ti trovi a suonare in una band con un bassista italiano? Mario è uno di famiglia per me. Lui e sua moglie sono padrini della mia seconda figlia. Lui è nella band fin dal primo giorno, ha visto tutti gli alti e i bassi, e ho apprezzato il fatto che sia rimasto anche nei momenti più brutti. Se c'è qualcuno nella band che ha nervi d'acciaio, quello è lui! Sì, Mario è italiano e io sono greco.. e poichè la Grecia si trova proprio accanto all'Italia, Mario e io siamo in realtà vicini! John, siamo davvero alla fine, grazie ancora e vorresti fare un saluto speciale ai nostri lettori? Voglio ringraziare i nostri amici e fan che ci hanno sostenuto nel corso degli anni. Speriamo di pubblicare il nostro prossimo CD entro un anno o due. Abbiamo inoltre in programma di pubblicare una versione remixata e rimasterizzata del nostro CD di debutto del 1996: la ristampa includerà brani inediti in studio ed i quattro brani del nostro demo "To Hell And Back" del 1994.
Discografia essenziale: Gothic Knights (1996) Kingdom of the Knights (1999) Up from the Ashes (2003) Reflections from the Other Side (2012) Magiori informazioni: www.gothicknights.com/ www.myspace.com/gothicknights
Finalmente eccola qui l'intervista tanto desiderata e tanto voluta dal sottoscritto con i Reverence, band autrice del fantastico "When Darkness Calls" di sicuro uno degli album più apprezzati degli ultimi mesi, sia dal pubblico che dalla critica, il che è tutto un dire!!! Si, senza perdermi in giri di parole, posso fermamente asserire che, nelle sue undici intense composizioni pervase di forti richiami metallici dove si fondono encomiabilmente power metal ed intrecci più classici, il disco di debutto della formazione americana in questione, riesce sicuramente ad attrarre su di se il consenso di un vasto numero di adepti, e questo grazie soprattutto ad un songwriting maturo e competitivo, all'interno del quale si odono richiami non tanto palesemente velati a capostipiti del calibro di Metal Church, Obsession e Malice. Lascio quindi la parola al chitarrita Bryan Holland che ci spiegherà meglio tutto quello che c'è nascosto dietro ad un album emblematico come il loro, per cui... Ciao Bryan e grazie per la pazienza, prima di tutto, ci puoi raccontare le ultime novità in casa Reverence? Ciao, beh, di recente a causa di una caduta, mi sono rotto la mano sinistra, incidente che mi ha fatto saltare alcune sessioni per il nostro secondo album, in più abbiamo appena pubblicato il nostro terzo video per il brano “After The Leaves Have Fallen'” dal nostro album di debutto 'When Darkness Calls'. Leggendo le vostre collaborazioni passate e presenti, la band sembrerebbe quasi un super gruppo, per cui, dobbiamo guardare ai Reverence come ad un semplice progetto parallelo, oppure come ad un'entità musicale con la sua anima artistica? Grazie per l’enorme complimento, ma non usare il termine “super gruppo”, siamo quello che siamo, ed abbiamo fondato i Reverence reclutando amici. Questo non è solo un progetto, ma una band vera e propria, andremo in tour entro la fine dell’anno, ed abbiamo un nuovo album in lavorazione. Siamo tutti devoti alla causa Reverence e vogliamo costruire qualcosa di speciale sulla scia di grandi del passato come Judas Priest, Queensryche e Savatage… credo che, con il tempo, il duro lavoro e naturalmente grandi canzoni, riusciremo a costruire qualcosa di buono. Perfetto, il vostro debutto mostra una semplicità ed una concretezza che al giorno d’oggi sembra essere una prerogativa solo di alcune band, complimenti! Grazie, abbiamo cercato di portare nel nostro stile quello che pensavamo fosse la matrice musicale degli anni 80, ma con un tocco moderno, e credo che abbiamo raggiunto quello che ci eravamo prefissati, la risposta di pubblico e critica fino ad ora è stata molto incoraggiante, ci ha colpito molto l’affetto dei nostri sostenitori!! Il nome che avete scelto sembra un tributo a band del passato come i grandiosi Metal Church, considerando soprattutto la musica che proponete, ovvero un mix perfetto fra heavy metal e la potenza tipica dello US Metal,
cosa ne pensi??? Intervista di Beppe Diana, traduzione Stefano Quaranta Non è un omaggio ad una band specifica, ma un tributo al metal in generale. Il nome l'hanno scelto sia il nostro Onestamente non sono mai stato un fan dei manager che da mia moglie, è stata colpita da Metal Church, non potrei nominarti neanche un una frase all’interno di alcuni testi scritti da Todd titolo di una loro canzone, ma nelle recensioni per la prima canzone che abbiamo registrato lette, siamo stati spesso paragonati a loro e sempre in senso positivo, so che sono una band molto considerata e il paragone non può che farci piacere ovvio, ma sicuramente non stiamo cercando di copiarli.
ovvero “Revolution Rising”. Il testo diceva qualcosa come “ inchinatevi e riverite, inchinatevi nella paura” . Volevamo un nome che derivasse da questa frase e penso che Reverence sia un ottimo nome per una metal band, in più ricorda anche che deriva da una delle nostre song, perfetto no??? Certamente, io però pensavo a brani come “After the leaves have fallen” le cui atmosfere mi hanno ricordato i Metal Church del periodo “The Dark”….
Per carità, comunque cercherete di mantenere questo sound anche in futuro, o ci sarà spazio per delle, piccole, sperimentazioni??? Quando si scrivono nuove canzoni è naturale crescere ed evolversi, ma di base, credo che rimarremo fedeli a ciò che siamo ed allo stile che ha caratterizzato il nostro primo album. Siamo una metal band ed è per quello che siamo conosciuti, spostarci in altre direzioni sarebbe un errore, anche se non possiamo fare a meno di sviluppare ulteriormente il nostro sound lavorando soprattutto sulle dinamiche ed ampliando la compattezza delle nostre canzoni. Perfetto, puoi raccontarci qualcosa del versante compositivo del disco?? Come sono nate le canzoni??? Se non sbaglio tu sei uno dei songwriter principale della band….. Sì, io e Todd Michael Hall abbiamo scritto il 95% del disco. Pete Rossi, l’altro chitarrista, si è unito alla band quando il disco era praticamente terminato, ma mi aspetto che Pete si ritagli uno spazio importante per la stesura del nuovo album. Per 'When Darkness Calls,' ho spedito a Todd un rough demo delle canzoni, lui dopo aver scritto i testi e le melodie, mi ha rispedito i brani uno alla volta. Abbiamo continuato ad inviarcele varie volte, modificandole qua e là, fino a quando siamo stai sicuri di aver raggiunto il miglior risultato possibile. Quando Pete si è unito a noi gli abbiamo dato la possibilità di aggiungere molte delle sue idee che, in definitiva, sono state veramente notevoli. Inoltre ci siamo divisi gli assoli al 50%, ed ha
aggiunto anche diverse intro e outro conferendo ai brani una maggiore identità, adesso è veramente diventato un musicista determinate per il sound dei Reverence. La produzione d'altra parte, risalta, dove possibile, le potenzialità espressive della band, dico bene? Si Sid Garcia (Sid Garcia Studios Sight16 ad Albuquerque), ha fatto veramente un grande lavoro anche per il mixaggio ed il mastering. Ho conosciuto Sid per il suo lavoro sull’album Live dei Tokyo Blade, e sono stato molto felice di aver usufruito della sua esperienza e capacità, penso che abbia fatto un ottimo lavoro su 'When Darkness Calls' e non vediamo l’ora di lavorare ancora con lui sul prossimo album. Perché avete deciso di registrare il disco in tre studi differenti?? Quanto è stato difficile amalgamare le varie sessioni di registrazione??? In realtà è stato fatto più per facilità e convenienza, che per altro. Lavorare nel nostro studio è ovviamente più rilassante ed economico, non si deve tener conto del ticchettio dell’orologio, e non si ha la pressione che da un momento all’altro la spia della registrazione
decreti la fine della seduta. La registrazione digitale aiuta molto il lavoro di unione delle varie sessioni provenienti dai diversi studi, anche perchè credo che, quando si ha una buona base e non sia hanno pressioni, si può continuare a lavorare sulle registrazioni dei vari strumenti senza troppi problemi. Ma i brani che avete registrato sono finiti tutti nella track list finale del disco, o ci sono delle bonus per un ipotetico secondo full lenght? Abbiamo scritto 15 canzoni ma poi abbiamo deciso di registrane solo 13. Una volta registrate abbiamo deciso di scartare il materiale che ci sembrava più debole rispetto a quello che ritenevamo migliore, e quindi il tutto si è ridotto ad 11 composizioni. Riutilizzeremo i brani persi lungo la strada o magari li pubblicheremo come semplici bonus track, non si sa mai…vedremo. Una curiosità, secondo te com'è la situazione per il classic metal negli Stati Uniti? La situazione negli USA è veramente povera di tutto. In Europa è completamente diverso, non come negli anni ottanta, ma assolutamente migliore rispetto agli USA ed è questo il motivo del perchè in autunno saremo nel vecchio
continente ! Ho già suonato sia in Germania che in Grecia in passato, amo entrambi i paesi, e non vedo l’ora di tornarci!!! Quindi avete in programma qualche concerto dal vivo nei prossimi mesi? Assolutamente, stiamo programmando un tour europeo nel mese di settembre preceduto da alcuni warm-up show. Siamo pronti per delle date sulla costa orientale degli USA nel mese di novembre dove parteciperemo al Harvest Rock Fest di tre giorni a Baltimora. Come vedi qualcosa si sta muovendo e siamo molto eccitati per quello che ci riserverà il futuro Toglimi una curiosità, cosa è rimasto nella tua città della vecchia “Detroit Rock City”? Non tanto purtroppo, non è più la Rock City di una volta!!! Prima di chiudere, ci puoi dire quali saranno i prossimi passi della band da qui al nuovo anno??? Beh, avevamo programmato di registrare il nuovo album, ma quando mi sono ferito alla mano, abbiamo dovuto ritardare le sessioni di registrazione di un paio di mesi. Pete ed io abbiamo trascorso le vacanze insieme lo scorso fine anno, ed abbiamo buttato giù diverse idee, alcun brani già compiuti in linea di massima ed alcuni riff veramente pesanti, quindi sono molto entusiasta ed ottimista sulla buona riuscita di diverse ottime canzoni, ma purtroppo dovrò aspettare fino a quando non mi rimetterò al 100%. Bryan siamo veramente alla fine, vuoi mandare un saluto speciale ai nostro lettori?? Ho veramente apprezzato la spazio che mi hai concesso su Graveyard Symphony Fanzine e l’interesse nei confronti dei Reverence che mi ha permesso di parlare della nostra musica dandomi l’opportunità di farci conoscere a nuovi lettori. Sono molto fiducioso sul fatto che possano saltare fuori un paio di date in Italia nel tour autunnale. Pochi anni fa ho girato l’Italia con i Toky Blade e ho veramente amato il tuo paese!!! Discografia: When Darkness Call (2012) Contatti: FB: www.facebook.com/reverencemetal
Non è mai facile tornare sul mercato discografico, soprattutto dopo quattro lustri d'inattività, si rischia seriamente di perdersi nell'oblio del music biz moderno. Per fortuna Terry Dunn non è uno che si lascia condizionare dagli eventi, non lo ha fatto negli '80ies quando i suoi Banshee erano arrivati veramente ad un passo del successo di massa, immaginatevi adesso che non ha veramente niente da perdere ma tutto da guadagnare. Ed il nuovo "Mindslave", che segna il definitivo come back ufficiale dei nostri, è un disco che va letto proprio sotto quest'ottica, un compendio di sonorità classiche rivisitate sotto un'ottica moderna, grazie ad arrangiamenti mai scontati e ad una verve strumentale che non si è mai veramente affievolita. Lascio la parola allo stesso Terry che ci svelerà alcuni dei punti focali attorno ai quali sembra ruotare la riuscita di questo ennesimo parto discografico... Intervista raccolta da Beppe Diana, traduzione di Serena Vischi Si, in pieno!!! Come sei riuscito a coinvolgere l'ottimo George Call nella reuinion della band? Quando avete iniziato a collaborare? Penso che vi siate scambiati parecchie idee via e-mail, o avete avuto la possibilità di trovarvi per la preparazione delle composizioni? George è uno dei cantanti migliori al mondo, con un range vocale incredibile. Ha fatto un lavoro stupefacente su questo disco. In sostanza, gli ho mandato i mix grezzi che avevo realizzato a casa, con i titoli delle canzoni e la melodia. Lui ha scritto i testi di circa metà dei pezzi. "King of Nothing", ad esempio, è una mia canzone, con un significato molto personale. George ha registrato tutte le tracce vocali a Dallas, tutte le ritmiche e la batteria sono state registrate a Omaha, Nebraska, e io ho registrato i miei assoli a Traverse City, Michigan. Per l'album ho scritto circa quindici canzoni, di cui abbiamo usato le migliori dieci. Abbiamo fatto davvero tutto di corsa in studio, con Chuck che controllava costantemente l'orologio per non andare fuori budget. E' stato stressante, ma il risultato, lo ribadisco, è ottimo! Siamo molto felici del sound del disco, anche grazie a Jim Homan, il nostro ingegnere, fantastico! Ciao Terry e benvenuto sulle pagine di Graveyard Symphony, come stai? Immagino sia stato difficile riunire i Banshee dopo un periodo di inattività durato 20 anni.. qual'è stata la "scintilla" che ha acceso la voglia di tornare? Ciao Beppe, tutto bene.. In verità non è stato così difficile rimettere insieme la band con dei nuovi musicisti. Sentivo che era giunto il tempo di dare ai nostri fans del nuovo materiale dopo 20 anni di stallo. Penso che l'opportunità di partecipare al Rocklahoma nel 2008 sia stata la scintilla che mi ha dato la spinta a riformare la band.. C'è stata immensa partecipazione la sera che abbiamo suonato, alcuni fans erano arrivati persino dall'Australia per vederci. E' stato molto divertente! Abbiamo ricevuto tantissimo supporto dai fans e proprio loro volevano un nuovo album dei Banshee, perciò eccoci qua.. Come vi senti adesso a “bocce ferme”?? Benissimo. Questa è la musica che avremmo dovuto pubblicare dopo l'EP. Sono molto soddisfatto di questo album, è di gran lunga il nostro miglior prodotto fino ad ora, per quanto mi riguarda, stiamo ottenendo grandi riscontri, e questo ci gratifica molto!! Il suono che avete ottenuto è per certi versi molto oscuro ed articolato, come mai questa scelta tendenzialmente moderna? In verità, questi sono i brani più heavy che abbia mai scritto per la band. Dietro a questi pezzi c'è
un grande significato in termini di testi, arrangiamento e consapevolezza a livello sonoro. E' una specie di concept album con lyrics che riguardano karma, forza e dipendenza, ed il 'rimbalzare' nella vita, tra il bene ed il male. Perfetto, per cui quali pensi che siano le principali differenze tra "Mindslave" e le vostre precedenti releases? Come ti dicevo, il suono è molto più heavy rispetto al passato. Al tempo, dopo il nostro EP, Tommy Lee Flood, il nostro cantante, ci portò verso una direzione più commerciale, e questo fu un immenso errore. Queste canzoni sono più rappresentative di ciò che i Basheee avrebbero dovuto essere dopo l'EP. I testi in "Mindslave" sono maggiormente significativi ed il sound è veramente metal! Ascoltando con dovizia le undici composizioni del disco, devo ammettere che la produzione affidata al vostro bassista vi spinga proprio verso quell'attitudine moderna che guarda al passato. Cosa ne pensi? Beh, innanzitutto, anch'io ho lavorato insieme a Chuck alla produzione di questo disco, ma questo non è riportato nei credits perché è stato Chuck a pagare, e ha voluto quindi che vi fosse solo il suo nome....ahahaa. Penso che il suono moderno sia davvero dovuto alle canzoni ed agli arrangiamenti. Volevo fondere il classico metal sound dei Banshee ad un tocco nuovo ed al passo con i tempi, e sento di esserci riuscito.
Prima parlavamo dei testi del dico, ti andrebbe di fare una disamina delle liriche? Ci sono alcune canzoni, come la title track o "Godless", che trovo affascinanti, ma anche "Legend Lost", che se non erro è dedicata a RJ Dio, è molto affascinante? Originariamente avevo un testo e una melodia per "Godless", che doveva intitolarsi "Halls of Karma", ma l'idea di George per questo pezzo era differente, perciò gliel'ho lasciata elaborare. Ci siamo ritrovati con "Godless" come titolo, ed abbiamo utilizzato "Halls of Karma" per l'intro di chitarra classica che la precede. Penso che George abbia cercato di esprimere la storia di qualcuno che sia a metà strada rispetto a quella indicata da una religione: puoi essere una brava persona e vivere una vita corretta senza religione, quando molte persone che si dichiarano religiose sono dei totali ipocriti; questo è quello che io colgo dalla canzone. "Legend Lost" è un tributo al grande Dio! Così come tanti altri, ho adorato Ronnie e sono rimasto sempre talmente colpito da tutto ciò che ha fatto, perciò ho voluto scrivere una canzone che esprimesse il mio senso di perdita e l'apprezzamento nei suoi confronti. Penso che anche George, essendo stato anche lui un grande fan di Dio, abbia fatto un ottimo lavoro sulla canzone in termini di liriche, e abbia espresso i suoi sentimenti allo stesso modo. E' una canzone molto commovente, abbiamo avuto un violinista in studio per il breakdown del pezzo, che lo ha reso magnifico!
con nessuno che non possa fare per noi più di quanto possiamo fare noi stessi. Vogliamo qualcuno che creda davvero nella band e nella nostra musica, che non cerchi soltanto di fare soldi, ovvio. Volgendo uno sguardo al passato, perchè agli inizi degli anni novanta i Banshee mollarono la presa nonostante le ottime qualità interpretative e il buon riscontro di pubblico? Innanzitutto, il maggior contributo alla musica metal è dato dai suoi stessi fans: senza di loro non esisterebbe nemmeno la
Come vedi la scena metal di oggi nel tuo paese? Questo numero della fanzine ha proprio lo scopo di analizzare lo stato in cui grava l'US Metal odierno!! Il metal è underground negli Stati Uniti, rimpiazzato da stronzate pop senza senso. E' così triste. E' invece vivo e vegeto in molti altri Paesi come Germania, Brasile e Italia. Non sono certo se sia in una fase di transizione qui negli States, ma c'è comunque una buona base di fans, anche se le band metal non riescono ad ottenere più buona promozione: i club le sottovalutano e da molto tempo non pagano più assolutamente bene. Come mai in un periodo in qui molte etichette tedesche stanno facendo terra bruciata intorno a sè, la vostra band non ha trovato un contratto in Europa per l'ultimo album? Penso che non abbiamo ancora trovato la giusta etichetta ed il giusto management. Non abbiamo esplorato quelli europei comunque, perciò se qualcuno che sta leggendo quest'intervista dovesse essere interessato a noi, si senta libero di contattarmi. Stiamo cercando un contratto ma non firmeremo
band. E' divertente sentire nuove band come gli
Avenged Sevenfold che sono state talmente tanto influenzate da metal bands del passato.. e questi ragazzini non se ne rendono nemmeno conto! Come Banshee abbiamo incontrato molti ostacoli sulla strada del successo a suo tempo. La principale ragione fu che Tommy si mise con la ragazza della persona che doveva farci firmare per la Atlantic Records, praticamente perdemmo il contratto a causa di questo. L'altro problema fu che il nostro manager non aveva esperienza e non era all'altezza, ma il suo enorme ego non gli permetteva di riconoscere i suoi limiti. Queste furono in sostanza le ragioni del crollo dei Banshee!!! Tornando a noi, quali sono i vostri piani per il futuro? Credi che per la band ci sia la possibilità di un tour nel vecchio continente? Ci piacerebbe venire in Europa ad esibirci, ma finanziariamente non è fattibile per ora, almeno fino a che non troviamo un'etichetta ed un management. Inoltre visti i ridicoli compensi che otteniamo in USA, non possiamo davvero permetterci di uscire dagli Stati Uniti. Ci piacerebbe magari avere l'opportunità di essere selezionati da un'altra band per un tour insieme, vedremo. Ok Terry è tutto. Grazie per il tuo tempo e la fantastica conversazione. Ti auguro il meglio con i Banshee e per il resto delle tue attività. Grazie Beppe! Un saluto anche ai nostri fan italiani.
Discografia: Cry in the Night (1986) Race Against Time (1989) Take 'em by Storm (1993) Mindslave (2012) Contatti: www.facebook.com/BansheeRocks www.bansheerocks.com
Un uomo di poche parole l'amico Troy Norr, cantante/portavoce degli enigmatici Cold Steel, formazione newyorkese che si ripresenta ai nastri di partenza grazie ad "American Idle", pubblicato dalla Stormspell records, un ep che presenta una track list di cinque brani che, a livello embrionale, erano stati composti alla fine degli anni ottanta, un periodo di transizione per la band, e rimasti nel cassetto per tanto tempo, riproposti oggi grazie ad un'operzione di restyling davvero niente male. Ed il nuovo arrivato, si fa apprezzare proprio per qualità, non secondarie, come frechezza e determinazione... Intervista a cura di Beppe Diana, traduzione a cura di Matteo Gilardelli
Ciao Troy e benvenuto sulle pagine di Graveyard Symphony, come stai? Prima di riformare i Cold Steel cos'hai fatto musicalmente in questi anni? Eri coinvolto in altri gruppi o progetti musicali? Ciao Beppe e grazie per esserti messo in contatto con me, sono davvero felice di parlarti. Prima di riformare i Cold Steel ero conivolto in una cover band di King Diamond chiamata "THEM". Verso la fine del 2011 i Them iniziarono a comporre materiale originale per un concept album simile, nello stile, a quelli del Re Diamante, ma dato che 3 membri dei Them sono anche nei Cold Steel, lo abbiamo lasciato in sospeso. Solo recentemente i Them si sono sono riuniti per continuare il processo di composizione del disco di debutto intitolato "Sweet Hollow" che uscira' nel 2014. Credo sia stata dura riportare in vita i Cold Steel dico bene? Si, non e' stato facile. Un mio amico in Germania, Joachim Shlums, mi ha consigliato di contattare alcune case discografiche per la ristampa di tutto il materiale registrato dai Cold Steel. Ho contattato la Battlecry Records in Germania e la Stormspell in USA oltre a qualche altra etichetta. La Battlecry ha acconsentito a ristampare "Freakboy" con 4 bonustracks, una di queste e' “Crackdown” di cui avevo registrato le voci nel Novembre del 2011, le altre tre sono versioni alternative e re -mixate. La Stormspell ha ristampato tutti i demo dei Coldsteel in una raccolta, entrambi i lavori sono usciti nel 2012. Mentre cercavo delle foto da includere nelle ristampe, ho trovato una cassetta contenente le registrazioni di una prova e l'ho ascoltata, era del 1990, e c'erano delle canzoni che i Cold Steel non
avevano mai registrato ma che erano piuttosto buone. Bene, abbiamo preso un po' di quel materiale, cambiato alcune cose, modernizzato un po' e incluso tutto in "America Idle". Il nuovo chitarrista Eddie Campbell (anche lui nei Them) ha aiutato Joe Shavel e Hal Aponte nel rendere piu' moderne queste canzoni. Ho ascoltato tutti e tre i cd, e mi sembra di capire che la qualità delle release è più che soddisfacente, tu come la vedi? Sono molto contento. Il demo di “Dead By Dawn” aveva quella forza bruta che ci ha dato la spinta nella scena Underground. “The Perfect peace” mostrava l'evoluzione della band e una maggiore padronanza musicale. Riguardo a “Freakboy”, beh penso che fosse un buon disco, ma non una vera rappresentazione di cio' che i vecchi fans dei Cold Steel volevano ascoltare. Con “America Idle” la band suona matura, come un buon vino. La musica e' eseguita meglio di quanto ci aspettassimo e la produzione e' di alto livello. Alcune cose sarebbero potute essere migliori? Certo, ma siamo tutti soddisfatti di quanto creato. Non ci sono lamentele o pentimenti riguardo ad “America Idle”. Nonostante tutto il nuovo album suona dannatamente fresco.. Grazie. Sebbene "American Idle" non sia un album completo, rimane un EP molto valido. Non ci sono riempitivi. Tutti e 5 i brani hanno la loro forza. I Cold Steel non hanno scritto alcuna canzone nuova dopo la reunion. Abbiamo solo aggiunto delle parti alle canzoni già esistenti trovate sul nastro di cui ti dicevo prima. Se l'Ep andra' bene, allora potremo registrare un intero album che sara' ancora piu' Heavy. ma cio' non avverra' fino a dopo che I Them avranno pubblicato il loro debut e fatto il relativo tour di supporto. Pensi che, all'interno del muic biz odierno, ci sia ancora posto per i Cold Steel? Non hai l'impressione che l'H.M. sia in una fase di transizione? L'heavy metal di oggi e' molto differente rispetto a 20 anni fa. La maggior parte delle case discografiche vuole mettere sotto contratto solo il nuovo sound che non ha niente in comune con quello classico. Poi, con Internet che ha cambiato i modi con cui i gruppi possono promuovere la propria musica, i tempi sono strani. Una band prima deve registrare e pubblicare il proprio disco. Se riesce a creare un seguito, allora le etichette se ne interessano.
Tornando al disco, posso chiederti qualcosa sull'aspetto lirico del nuovo platter? Certo, nessun problema. Ti parlero' di tutti e 5 i brani. La title-track "America Idle" parla di come gli Americani stiano piano piano perdendo le loro liberta' grazie al governo. La scorsa decade e' stato un periodo davvero difficile per gli americani e credo che la gente di tutto il mondo pensi lo stesso a proposito dei loro governi. Non riguarda solo l'America ma e' così dappertutto....WE THE PEOPLE...RISE!!! “Blood Secrets” riguarda l'incesto e di come gli effetti nelle persone che ne sono state colpite direttamente durino per sempre. “You Lose!” riguarda il rimanere fermi in quello in cui si crede anche se la gente attorno a te ti dice che non riuscirai mai nel tuo scopo/sogno. Quando il nostro batterista mori' (alcuni giorni dopo la release del demo 'dead by dawn') molta gente pensava che non era giusto che la band continuasse. “Blink of an eye” parla di come si possono sentire i soldati sul fronte di guerra. Vivi tutti i giorni della tua vita come se fossero l'ultimo perche' potrebbe finire in un attimo. Questa e' una delle cose a cui pensano i soldati mentre sono sul campo di battaglia. Cioe' che avrebbero potuto fare, cio' che avrebbero dovuto fare. imparate dai soldati. Vivete le vostre vite prima che sia troppo tardi. “Ashes to Ashes” parla dell'autocombustione umana . E' un argomento su cui fantasticavo 20 anni fa e mi e' rimasto in testa. Com'è stato tornare a suonare insieme dopo tutti questi anni?? Ci siamo trovati bene assieme. Inoltre, vorrei ricordare che sebbene la foto di Hal compaia sulla copertina di “FreakBoy”, non fu lui a registrare effettivamente la batteria. “American Idle” e' la sua prima registrazione ufficiale con i Cold Steel!!! Progetti per l'imminente futuro? Stiamo pianificando alcune date europee in supporto ad American Idle. In questi anni abbiamo suonato con i Them ed e' persino possibile che ci siano show sia dei Cold Steel che dei Them in qualche futuro festival da piu' giornate. Siamo alla fine, ti lascio campo libero.... Ciao Beppe e grazie ancora di tutto, spero che un giorno ci si possa incontrare!!!
Discografia: Freakboy (1991) Bracing the Fall (1992) The Demo Anthology (2012) America Idle (2013) Contatti: www.coldsteelny.com/
Nonostante una carriera discografica più che dignitosa che si protrae oramai da più di venti anni, costellata dalla pubblicazione di alcuni ottimi album da studio, i Saint sono sempre stati considerati alla strenua di una band “clone”, come la risposta cristiana dei Judas Priest, nonostante le qualità artistiche di una formazione che si è sempre immolata sull'altare del metallo più classico per antonomasia, e “Desperate night”, uscito ancora una volta in doppia versione, una autofinanziata, l'altra sotto l'egida della Retroactive Records, ne è la più lampante testimonianza. Un nuovo album, un nuovo cantante che va a sostituire lo storico singer della band, nelle parole del leader Richard Lynch tutti i cambiamenti di una delle band di punta della scena white metal degli ultimi anni Intervista a cura di Beppe Diana
con il mio “io” interiore, e mi spoglio di di tutte le paure e dei timori referenziali.
Ciao Richard, iniziamo la nostra chiacchierata dall'ultima novità, ovvero dall'abbandono del vostro singer storico e dal conseguente reclutamento del nuovo Brian Phyll Miller, come sono andate veramente le cose? Hey Beppe, grazie per avermi dato questa possibilità di condividere quello che sta succedendo all'interno dei Saint .... Brian è un cantante fantastico, abbiamo cercato di contattarlo già da un paio di anni, ma all'epoca non era pienamente disponibile ad entrare in pianta stabile nella band. Per quel che concerne Josh, beh, lui ha sempre avuto tanta carne al fuoco, ed ultimamente le cose per lui si erano fatte molto complicate. Sai, circa un anno fa ha avuto l'opportunità di mettersi in proprio, e siccome suonare nella band non gli permetteva di pagarsi le bollette, ha preso la decisione più sofferta chiamandosi fuori. Come ben sai, è stato il nostro vocalist per più di 20 anni, ma Dio apre e chiude le porte, ora è giunto il momento di Brian, speriamo possa essere apprezzato dai nostri fan, proprio come il suo predecessore!!! Ho trovato "Desperate night" un album molto più vario di “Hell Blade”, questo mi fa presupporre che il processo di composizione sia stato più fluido rispetto al passato, è così? Quello che abbiamo fatto per questo nuovo album è stato solamente quello di cercare di convogliare tutte le nostre influenze in un'unica direzione, cercando di essere il più possibile noi stessi. Il lavoro di gruppo ci ha premiato alla grande, ed anche Josh questa volta ha avuto campo libero soprattutto in occasione di “Zombie Shuffle”. I Saint sono una delle band di punta del così detto movimento white metal, caratterizzato da sempre, dal messaggio positivo delle sue liriche, è stato così anche in occasione del nuovo arrivato? Si, come sempre ho cercato di mettere in ogni brano, molto di me stesso e delle mie esperienze personali, in modo che l'ascoltatore, anche il più distratto, ci si possa in qualche modo riconoscere. E un modo come un altro per avvicinarsi a Dio.. in questo modo mi metto in contatto
Quindi mi pare di capire che sei totalmente soddisfatto del lavoro svolto dalla band, dico bene? Onestamente, non ho mai conosciuto un musicista che si sia detto gratificato al 100% del suo lavoro !!! Io naturalmente, sono molto felice di come siano andate le cose in studio, anche se, potendo tornare indietro, cercherei di concentrarmi di più sul versante compositivo dei vari brani, cercando di migliorare gli errori che ho fatto. Personalmente sono stato colpito da brani come "Crucified" e "Let It Rock", due composizioni che mostrano molte caratteristiche del vostro tipico sound. Secondo te, c'è un brano in particolare che è in grado di rappresentare al meglio lo spirito della band? Non so..... penso che "Crucified" sia sicuramente un brano molto diretto e dall'impatto assicurato, non sei il primo che si dice affascinato da quella song, per cui, può essere uno dei più rappresentativi del lotto, certamente. Che tipo di reazioni ha suscitato il vostro ultimo album? In generale le reazioni sono state molto positive, soprattutto per quel che concerne la stampa estera, qui da noi negli Usa, a parte qualche web zine locale, il resto dei magazine, sono poca roba!!! Puoi spiegarci qual è la situazione per quanto riguarda l'attività live della band? So che in passato avete avuto la possibilità di supportare alcune formazioni più blasonate della vostra, che cosa avete appreso da queste esperienze? ...
e sempre se non è troppo, quali sono i vostri progetti attuali e le prospettive future? In questo momento ci stiamo concentrando sul making of del nostro primo live DVD che pubblicheremo a breve. Abbiamo raccolto molto materiale negli ultimi anni, sia per quel che riguarda lo stage, che per il così detto “dietro le scene”... il live uscirebbe in doppio formato, supportato da una serie di date organizzate per l'occasione!! Naturalmente rappresenterebbe il nostro ideale saluto discografico a Josh. In passato ho letto molte volte del raffronto che fanno i vostri sostenitori, ma non solo, con i maestri Judas Priest, non siete stanchi di sentir nominare la band inglese dopo tutti questi anni? Ancora? Aahahah, si, questo paragone è antico come il mondo, comunque non può farmi che piacere essere paragonato alla band che ha dato i natali all'heavy metal. Toglimi una curiosità, perché avete deciso di pubblicare l'album "The mark" con il titolo "The Revelation"? Non pensi di aver creato confusione fra i vostri fan? Io stesso in passato ho acquistato le due versioni di "Crime Scene Earth" credendo di trovarmi di fronte a due album diversi, e la seconda volta non sono stato contento dell'acquisto, ahah ..... Hai ragione, vedi, nel caso di “Crime Scene Earth” è stata una decisione della Retroactive Records, sono stati loro che hanno voluto la versione dell'etichetta non apportando nessuna modifica al dico. Per quel che concerne “The Mark” invece, la prima versione godeva di un mixaggio non proprio eccezionale, in più, alcune parti di batteria non avevano mordente. In questo caso il risultato ottenuto con la seconda versione, è molto evidente, un enorme miglioramento rispetto all'originale. Dal debutto con i "The Gentlies" a "Desperate night", come pensi sia cambiato il tuo modo di relazionarti con la musica concepita e suonata? Sai, è un po' come cucinare, quando si inizia a scrivere e a registrare, il languore è notevole, poi col passare del tempo, si impara a perfezionare gli ingredienti, e dopo un po', riesci a trovare il mix di fame e di esperienza, che ti portano a concepire un gustoso piatto a base di metallo pesante!!
Discografia: The Revelation (2012) Desperate Night (2012) Contatti: www.facebook.com/saintband www.saintsite.com
"croce", lingua a cui Andrea è particolarmente legato; Murdock, derivava dal tizio svitato di Ateam...data la mia guida automobilistica dell'epoca...su questo punto, però, dovresti chiedere agli altri!!!
Cult metal band!! E chi più dei Machine Head può fregiarsi di questo appellativo oggigiorno? Formazione romana assorta agli onori della cronaca per la realizzazioni di due seminali lavori da studio, “Let it rock” del 1986, e “No border” dell'anno successivo, demo che, come la storia ci insegna, avevano messo in luce la caparbietà, nonché la crescita artistica, di un quartetto che, oltre a qualità compositive più che buone, poteva far leva attorno ad uno stuolo di musicisti che, in seconda battuta, con fortune alterne, sono riusciti ad esprimere le proprie velleità artistiche all'interno di altre formazioni minori della capitale. Intervista a cura di Beppe Diana Ciao Ubaldo, ciao Andrea e grazie di cuore per il tempo che ci stai volendo dedicare, come prima cosa vorrei proporti un salto nel tempo di quasi trent'anni, come ed in che occasione entrasti in contatto con i ragazzi della band? La scelta del vostro monicker era un tributo ai maestri inglesi, vero? Andrea: Ho conosciuto il Mitico Ubaldo Ricci, perchè era un caro amico di un mio amico di infanzia e quando lo andavo ad ascoltare con una band in cui suonavano cover dei Rainbow, rimasi affascinato dalla sua bravura. Invece Sarmax,
Strappetti), lo conoscevo già da alcuni anni, ed infatti, venne a sentire le nostre prove nella sala dei Rude in Via degli Zingari, così, in amicizia e per curiosità...rimase colpito favorevolmente delle nostre idee e del nostro heavy sound, tanto che divenne il lead singer...così nacquero i Machine Head.... Ricordo con piacere che tu Andrea facevi parte dei Messerschmitt, per gli altri componenti della band, invece i Machine Head furono la prima seria esperienza?
Ok, capisco, uno dei primi passi della band, fu la realizzazione ufficiale del demo “Let it rock”, quattro brani di gustoso heavy rock sullo stile anglosassone, che conteneva brani come la title track e “Mach one”, quali sono i tuoi ricordi? Andrea: Ricordo con piacere ed entusiasmo la registrazione del primo demo, anche se registrarlo in presa diretta era sempre rischioso, data la nostra inesperienza di studio e l'età giovane. Riascoltandolo oggi, devo dire che siamo stati comunque capaci di attirare l'attenzione del pubblico sempre numeroso ai live. Ubaldo: Anche io ho un bellissimo ricordo della registrazione di quel demo tape, decidemmo di suonarlo in presa diretta per cogliere tutto l'entusiasmo che caratterizzava la nostra musica, all'epoca...certo, il suono è carente e zanzaroso, ma per noi era bellissimo!!! Ma è vero che le sessioni di registrazione ai Legenda studio di Roma furono fatte in presa diretta? Problemi di budget, oppure volevate catturare la vera essenza dal vivo della band? Andrea: Verissimo, e il motivo era molto semplice: non avevamo una lira! Altroché, problemi di budget. E comunque non avremmo neanche avuto la benché minima esperienza in fatto di studio di registrazione, tanto è vero che non abbiamo più il master originale, perché nessuno di noi pensò a tenerselo (oltre al fatto che non avremmo avuto i soldi per comprarci i nastri) Ubaldo: Sicuramente il budget era importante per noi che, all'epoca eravamo tutti ancora studenti, ma devo dire che non fù una scelta, nel senso che partimmo direttamente per una registrazione "live". La copertina molto semplice e spartana faceva pensare a :”questi siamo noi, giudicateci per la nostra musica e basta”, dico bene? Andrea: Corretto,eravamo molto essenziali e diretti Ubaldo: Dici molto bene, noi eravamo persone semplici che suonavano la musica che amavano... registrazione spartana con copertina altrettanto spartana!!!
Francesco e poi Emiliano, li conobbi frequentando lo stesso ambiente underground metallaro romano. Riguardo il nome della band, diciamo che ci piaceva molto come suonava, e il fatto che fosse anche il titolo di un disco dei Deep Purple ci convinse del tutto. Ubaldo: Si, io ricordo di aver conosciuto Sarmax (Massimiliano Sartor) ed Elegos (Francesco Latini) in occasione di un concerto presso l'aula Magna della Scuola di Ragioneria "Eugenio Pertini", dove, per l'appunto, nel giugno 1984 suonammo con le rispettive bands dell'epoca (brani propri di musica rock). Tra noi fù subito simpatia e stima a prima vista, tanto che decidemmo di rimanere in contatto (con i numeri di casa, dato che i cellulari non esistevano ancora!!!). Dopodichè, ci rincontrammo circa un anno dopo in occasione di un loro concerto in un locale all'Eur e, in quell'occasione, noi tre decidemmo di fondare una band insieme, una band metal di brani propri. Kreuz (Andrea
Andrea:Non fu' la loro primissima esperienza musicale per gli altri ma sicuramente tra le prime poichè eravamo tutti molto giovani....sigh.. Ubaldo: Esatto, tutti noi provenivamo da altre esperienze musicali importanti, a livello formativo, intendo. A parte il soprannome di Massimiliano, mi puoi spiegare da che cosa derivavano i vari Kreuz, Murdrock ed Elegos? Andrea: Ubaldo si scelse "Murdock" per via del suo carattere un po' "matto" come diceva lui. Franco si scelse "Elegos", ma sinceramente non mi ricordo proprio perché (e neanche cosa voglia dire in realtà) Per Kreuz che in tedesco significa afflizione, lo scelse non mi ricordo chi per me, comunque, dava un senso di potenza ascoltandolo pronunciare. Ubaldo: Elegos deriva dal greco antico e significa "elegia", data la particolare natura romantica del caro Francesco Latini; Kreuz in tedesco significa
Che affinità legava una band di Roma a Tonino Carino che era l'inviato di novantesimo minuti da Ascoli Piceno? Andrea: Assolutamente nulla! Diciamo che era un nostro "inside joke". In questo ci legavamo molto agli Outrage che facevano anche loro cose simili. Ubaldo: Beh, la storia di Tonino Carino (oggi purtroppo scomparso) è legata allo show "Drive in", le cui prime due edizioni, ho visto con gusto e simpatia!!! Ah ahah, ok, a proposito di live, quale era l'essenza che riuscivate a ricreare quando vi ritrovavate su uno stage? Avevate escogitato qualche trovata goliardica che caratterizzava le vostre performance? Quale concerto ricordi con piacere? Andrea: Per quel che riguarda me, ne facemmo talmente pochi di concerti, se non ricordo male solo quattro, che sono tutti ugualmente importanti. Non ricordo preparazioni particolari sinceramente a parte la strizza prima di salire sul palco......
Ubaldo: Ti dirò che l'esperienza live fu quella decisamente più esaltante per i Machine Head, sebbene suonammo live per pochi concerti tra il 1986 ed il 1987. Una grande energia ed entusiasmo, senza nulla di precostituito, una chitarra, un basso, una batteria ed un grande cantante. Il concerto che ricordo con grande emozione è quello del 7 febbraio 1987 al Teatro Orione...ho ancora il nastro di quella serata!!! Un'esperienza che non dimenticherò mai. Dopo un cambio nella line up ufficiale con Emiliano Negro al posto di Francesco Latini, la band produce il più maturo “No border” che presenta un lavoro d'artwork antitetico rispetto al titolo, con dei pacifisti dietro le sbarre... Andrea: La copertina la prese Sarmax da un disegno di un fumettista americano, del quale però non si ricorda assolutamente il nome. Da lì, tra parentesi, prese l'ispirazione per il testo di "No Border" Ubaldo: Si, purtroppo Francesco, per motivi suoi personali lasciò la band, pur rimanendo in contatto con noi, data l'amicizia che ci legava. Per il nuovo demo, decidemmo di tentare la realizzazione di un prodotto più rifinito e su più tracce. A parte la reprise di “The Tiger” e la live version di “Erection”, le novità sono solo due, ma la qualità è senz'altro superiore al precedente lavoro in studio. Andrea: Non è corretto, perdonami, di canzoni nuove ce n'erano tre, più l'intro di “Dreamer”, oltre "The Tiger" ed "Erection" Ubaldo: Si, è vero, abbiamo prestato più attenzione al lato tecnico, cosa che, inevitabilmente, si è riverberata sull'impatto sonoro. Riascoltando il nastro, ho come l'impressione che avevate anteposto la tecnica al groove primitivo, dico bene? Andrea: Diciamo che eravamo molto cresciuti in quel lasso di tempo che divideva "Let It Rock" e "No Border" Ricordo alcune recensioni entusiastiche da parte di molte fanzine dell'epoca, ma l'interesse delle label nei confronti dei Machine Head, qual'era? Ubaldo:E' vero, molte fanzine dell'epoca, oltre che la rivista nazionale "Chitarre" scrissero in termini molto positivi di noi, ma la band ebbe vita troppo breve perchè si potesse proporre qualcosa a quanche etichetta discografica. Andrea: Nessun contatto purtroppo, e del resto non era facile per noi stabilire dei contatti discografici senza un management, oggi con il
digitale puoi farti i cd in casa, cosa che prima era impensabile. Capisco, un'esistenza artistica la vostra, breve ma intensa, in che maniera arrivaste allo split? Andrea: Se devo essere proprio sincero non me lo ricordo, anche se contò molto sia il fatto che Sarmax si trasferì a Milano, sia il mio ingresso nei Maskim. Ubaldo: La fine del gruppo? Nel luglio 1987 io dovetti partire per il servizio militare, seguito da Sarmax e da Andrea nei mesi successivi. Finito tutti il servizio militare verso la fine del 1988, ricominciammo a suonare con un nuovo batterista, Gianfranco Piccaro ed un nuovo cantante, Stefano Desideri, entrambi molto bravi, Andrea era entrato nei Rude. Il gruppo intraprese una nuova strada verso un sound metal progressive, ma durò ben poco: un giorno, credo proprio verso la fine del 1988, io e Sarmax ci incontrammo per parlare ed, in quel frangente, prendemmo atto che la band aveva perso ragione di proseguire, privata di un vero stimolo...succede. Forse l'interruzione causata dal servizio militare era stata fatale. Ancora una volta, l'unico di cui ho notizie è Andrea che entro nei Maskim che incisero un cd, Ubaldo invece? Sarmax: Per la cronaca: io ho avuto un gruppo post-rock qui a Milano che si chiamava Mr.Bread, con il quale fummo molto attivi tra il 1990 e il 2007, anno in cui ci sciogliemmo. Incidemmo un 7" split con i noisers torinesi Larsen, e partecipammo con quattro pezzi a una compilation della Wallace Records, chiamata "P.O. Box 52" uscita nel 2003. Suonammo molto in giro e ricevemmo svariate ottime recensioni. Inoltre io ho fatto parte del gruppo che accompagnava Bugo dal vivo, tra il 2002 e il 2004, suonando una 50ina di concerti in giro per l'Italia (tra cui il Brand New Tour organizzato da MTV). Di Ubaldo sinceramente ricordo che con Andrea hanno suonato in un gruppo di brani in italiano originali, stile rock i "Penisola" non ricordo il periodo pero'. Ubaldo: Si, ma procediamo per gradi, personalmente, dopo l'esperienza Machine Head, ho intrapreso per circa due-tre anni lo studio del jazz, per poi proseguire nella classica. Nel contempo, ho suonato in varie bands di vari generi, ed ho fondato nel 1991 un gruppo rock italiano chiamato Penisola che eseguiva brani propri, nel quale ho suonato tantissimo in giro
per i locali di Roma e dintorni. Intorno alla fine degli anni 90, primi del 2000, ho fondato i Black Stars, cover band di Malmsteen, con la quale ho suonato live solo una volta all'Alcatrazz di Fiumicino, nel 2003. Nel 2004 anche questa band si è sciolta, dopo la mia defezione, dato che la mia professione forense mi impegnava fino a sera. Dopo di chè, ho continuato ad esercitarmi solo a casa, fino all'anno scorso, in cui ho creato un repertorio su basi Deep Purple, Malmsteen, Gary Moore, Satriani, con il quale ho intenzione di proporre una situazione live ben presto. Di solito si è soliti pensare che le cover band sono il capolinea per un musicista che si diletta a riproporre schemi musicali senz'anima, quel'è il tuo pensiero? Andrea: Personalmente ti confesso che suonare brani propri è molto più stimolante, ma non sempre si incontrano le persone giuste. Per le numerose tribute band con le quali tuttora collaboro, è sempre stato fatto per amore della musica e per divertimento, mai a scopo di lucro. Ubaldo: Non so che dirti sullo specifico punto, io ritengo che nella musica c'è posto per tutti, anche per le cover bands...ognuno fà quello che più lo aggrata...io, personalmente, ritengo che anche nell'eseguire un brano altrui, l'artista debba, comunque, mettere la propria sensibilità ed ispirazione. …..ma ad una reunion dei Machine Head non ci avete mai pensato? Andrea: Per il concerto tributo al Baffo che però mi sembra di capire che non verrà fatto al momento Ubaldo: Una reunion? Direi non ne abbiamo mai parlato. Massimiliano ho saputo che hai suonato il basso nell'ultimo cd dei milanesi Adramelch? È vero? Sarmax: Sono il nuovo bassista degli Adramelch, ma non ho registrato il loro ultimo disco. Io sono entrato in sostituzione del loro bassista che ha registrato il disco. Abbiamo solo fatto dei concerti insieme, e al momento stiamo preparando dei pezzi nuovi che dovrebbero far parte del prossimo album. Umberto: Si sono in costante contatto con Massimiliano...sono contento per lui, perchè ama davvero molto la musica...è parte di lui!! Ok ragazzi, siamo alla fine, per cui.... Andrea: Grazie a te e la redazione per averci contattato per l'intervista e ovviamente avvisaci se verrà pubblicata l'intervista!! Un saluto a voi e tutti i lettori dai Machine Head....
Discografia: Let it rock (1986) No Border (1987)
Intervista di Beppe Diana, traduzione a cura di Enrico Pulze
Ciao Art e grazie per la tua disponibilità, per me è un onore poter parlare con te. La vita artistica dei Karion è sempre stata avvolta nel mistero, sai, alcuni mettevano addirittura in dubbio la vostra reale esistenza, ci credi? Ciao Beppe, grazie per le gentili parole. Sono onorato e riconoscente. Sono molto contento di fare un'intervista per gli appassionati di metal in Italia. E 'strano che anche tu ricordi i Karion. Io stesso non sapevo che ci fosse tanta popolarità attorno alla band fino a quando nel 2006 mi sono imbattuto in alcune informazioni online. E' stato allora che ho deciso che avrei pubblicato le vecchie registrazioni della band. In effetti, esistevamo davvero, e abbiamo suonato insieme ad altre metal band texane in varie sedi tra San Antonio e Austin per circa tre o quattro anni, non di più.. Quando è nata l'idea di stampare "Iron shadows"? Perché hai deciso di lasciare fuori alcuni dei brani registrati nel primo demo? E' vero che alcuni di questi erano stati scritti per il disco degli S.A. Slayer "Prepare to die"? Nel 2006, dopo aver raccontato ad un amico alcune storie della vecchia scena qui in Texas, lui stesso ha iniziato la ricerca sugli S.A. Slayer. Ha scoperto che la band, e la scena texana di allora si erano guadagnate un po' di popolarità nell'underground europeo. Fino ad allora, ero solo a conoscenza delle registrazioni bootleg di "Prepare to die" e "Go for the Throat" che circolavano negli Stati Uniti. Ho visto anche un po' di vinili in vendita a prezzi molto elevati. Non mi rendevo conto che il nome della band era diffuso ancora oggi . Quindi, questo mi ha spinto a cercare le vecchie registrazioni dei Karion, foto e video, con l'intento di pubblicarli. Avevo sempre creduto che i Karion meritassero una vita più lunga, e più successo di quanto non fosse stato raggiunto in precedenza. In effetti, due delle canzoni sono state registrate prima delle sessioni di "Prepare to Die", ma non
sono stati inclusi nell' ep. Non mi ricordo esattamente perché. Mi sembra di ricordare che il nostro produttore (Bob O'Neill) prese la decisione finale sulle tracce che dovevano essere incluse. Ho sempre pensato che "Panzer" avrebbe dovuto essere inclusa, era molto popolare ai nostri concerti, ed è diventata un piccolo successo locale. Ricordo che una volta entrai in un negozio di chitarre, c'erano dei ragazzini che la suonavano, incredibile!! E 'stato divertente. Le abbiamo registrate prima delle sessioni per l'ep, quando inizialmente l'idea era registrare un demo degli S.A. Slayer. Quando O'Neil ci ha visto suonare dal vivo dopo quella sessione, ci ha voluto per registrare un EP, e abbiamo portato altre canzoni, era l'estate del 1982. Metto le mani avanti, so di chiederti troppo, magari avrai i pensieri annebbiati dal tempo, ma quali sono i tuoi ricordi su quelle sessioni? Beh, abbiamo dovuto ottimizzare il programma in studio dato che non abbiamo registrato tutti i nostri brani in una sola sessione, quindi abbiamo finito per dilungarci per più di due o tre mesi. E 'stata una procedura abbastanza normale, davvero. Abbiamo impostato in primis i livelli di batteria e da lì siamo andati avanti, poi è stata la volta delle tracce ritmiche e poi siamo tornati per la voce e gli assoli. Il budget era piuttosto modesto considerando che ci eravamo auto finanziati l'intero costo con i soldi che abbiamo ricavato con i nostri show . Sai, mi incuriosiscono molto due brani del lotto che trovo molto affascinanti, "Against all flags" e "We are the law", cosa puoi raccontarci di queste due chicche per intenditori? "Against all flags" parla fondamentalmente di una situazione in cui un soldato stanco di combattere, è alle prese con la comprensione dei motivi del suo scopo e il significato di ciò che viene combattuto. Non è una canzone contro o a favore della guerra . Si sta solo cercando di immaginare il punto di vista di un uomo o di una donna in quella situazione. Tuttavia, nella mente del soldato,
Lunga ed interessante intervista quella intercorsa con l'enigmatico Art Villareal, chitarrista che i più appassionati di voi ricorderanno per essere stato il leader dei cult heroes S.A. Slayer, formazione texana che poggiava le sue basi attorno ad un manipolo di ottimi musicisti che, in precedenza, avevano suonato assieme nei più oscuri Karion, omaggiati qualche mese addietro con il cd/DVD retrospettiva "Iron Shadows", pubblicato dall'indipendente Cameo Fontana, label di proprietà dello stesso chitarrista della band!! Classic metal dal taglio tipicamente progressivo, ecco cosa è possibile trovare fra le sei tracce dell'ep, un recupero che, per quel che ci riguarda, oltre ad assumere un indubbio valore storico, rappresenta un tassello mancante di un'esistenza artistica durata veramente troppo poco tempo...
c'è il desiderio di sfidare i suoi ordini e interrompere la sua lotta. Penso che descriva la guerra e non il nemico come antagonista. Questa considerazione potrebbe benissimo essere percepita come un sentimento contro la guerra, ma come dicevo prima non lo è!! Per quanto riguarda "We Are the Law", haha, beh non ci si confonde. E 'palesemente contro l'autorità. Proprio come le altre canzoni del nostro repertorio, la musica è stata scritta prima, e poi i testi sono stati scritti e arrangiati così come li senti. Non ci sono dubbi che questa canzone metta la nostra polizia in una luce molto negativa. E 'stata sempre una delle canzoni preferite da cantare dai fans della band, haha. Mi chiedo perché. Fatto interessante, il padre di Chris era un poliziotto, dubito che avrebbe approvato Hehe. "Panzer" che hai descritto nella tua recensione come enigmatica, credo che lo sia solo in una certa misura. Per la maggior parte, la vedo solo come descrittiva . E' vero che i testi e la musica, insieme dipingono uno scenario, ma in nessun modo dovrebbero creare alcun tipo di glorificazione! Ho scritto la musica quando ero molto giovane, e il testo è venuto poco dopo. Il tema e la musica sembravano andare bene insieme quindi li abbiamo sviluppati. E 'sembra ancora essere una di quelle canzoni che fa presa molto facilmente. Suppongo che sia quasi iconografica, usata sia da Sa Slayer che Karion . Quali emozioni hai provato , dopo aver ascoltato le vecchie bobine con i nastri della band?
Ottima domanda! Beh, è stato bello e strano haha ! In alcuni momenti ho volutamente deciso di non riconoscere quello che stavo ascoltando o di sapere cosa aspettarmi alla battuta successiva. Mentre ascoltavo, ho avuto flashback continui, delle sessioni di registrazione, delle nostre prove e concerti . Sono ricordi emozionanti per me, alcune volte anche magici. Fra i solchi dei sei brani del cd, si possono ascoltare reminiscenze che vanno dai Maiden ai primi Fates Warning e Watchtower, quindi è logico che ti chieda, quali erano all'epoca le vostre influenze musicali? Beh, eravamo ancora abbastanza influenzati dai primi Iron Maiden . A quel tempo, "primi" significava i primi tre album, haha. Per quanto riguarda le altre band da te citate, direi che erano più che altro formazioni che consideravamo contemporanee, piuttosto che influenze, in quanto avevano circa la nostra età ed erano una novità al tempo. Quali sono le difficoltà oggettive che hai dovuto affrontare prima di pubblicare tutto il materiale su cd? E' vero che Cameo Fontana Records è la tua etichetta personale? Questa è un'altra domanda molto buona. Sì, questa uscita discografica ha avuto più problemi di quanto mi aspettassi. E 'stato un processo di apprendimento lento per me, e la raccolta del materiale è stata sicuramente una lotta. Le note di copertina da sole hanno occupato un bel po' di tempo, ho cercato di ricordarmi quanto ho potuto. Ho voluto fare questo ricordo il più completo e autentico possibile per i fans che sono rimasti incuriositi dalla band per così tanto tempo. Sì, Cameo Fontana è la mia etichetta. Avevo bisogno di un nome da dare alla mia label per questo disco , e Chris Liebendgut ha avuto la brillante idea di chiamarla così in onore delle nostre due locations più famose di allora. Beh, l'album è uscito da un po 'di tempo sul mercato , che tipo di accoglienza avete avuto dalle riviste specializzate e dai tuoi fan, specialmente lì da voi ... Beh, ho avuto molta più attenzione da parte della stampa 'europea. Ho rilasciato un'intervista per "Robb’s Metal Works" qui a San Antonio l'anno scorso, ed è andata molto bene. Ma in questo momento, anche se abbiamo venduto alcune copie negli Stati Uniti, l'interesse proviene in gran parte dal continente europeo, e
siamo molto riconoscenti con i nostri fan.
questa riscoperta.
All'epoca provenire da San Antonio, poteva essere un vantaggio sotto certi punti di vista, ma quanto era difficile per una giovane band come la vostra costruirsi una solida reputazione nella vostra zona? Qui non è un vantaggio ora, né lo è mai stato veramente. I negozi e le etichette erano sempre a Los Angeles o New York. Così, per le band Texane come la nostra, ottenere la popolarità che abbiamo avuto è stato un duro lavoro. Per quanto riguarda il costruirsi una reputazione nella nostra zona, direi che non era poi così difficile fino a quando provavi a dare il meglio e suonavi spesso. Ho avuto qualche vantaggio grazie alla popolarità degli S.A. Slayer. I Karion erano conosciuti in città ancora prima che iniziassimo a suonare. Ma con gli S.A Slayer c'è stato bisogno di lavorare un po' di tempo per guadagnarsi un seguito, perché prima non c'era davvero nessuna scena. E' stato quasi come crearne una.
Quindi che cosa significa Heavy Metal per te oggi? Il metal con cui sono cresciuto è ancora una parte molto importante della mia vita. Non c'è nulla di simile, e ho intenzione di goderne per tutto il tempo della mia vita. Oggi mi piacerebbe vedere più gruppi attingere all'influenza del metal classico, in particolare per quel che riguarda i cantanti.
Come ti senti a venire a sapere che la gente sta riscoprendo band underground che non hanno avuto attenzione nella loro carriera? Sì! Sono molto felice di vedere questo interesse che è stato, a quanto pare, coltivato per così tanto tempo. Speriamo di poter essere una parte importante di
Segui ancora la scena musicale di oggi? C'è qualche nuova band che ha attirato la tua attenzione? Non ci sono molti gruppi che mi fanno impazzire, anche se c'è tanto a livello strumentale che valga la pena di essere ascoltato nei gruppi recenti degli ultimi anni. Prima della fine, potrebbe ricordare con noi la figura del Cooper di Steve? Wow ..... è difficile dire tutto in poche frasi. Ma, credo che tutti dovrebbero sapere che, a parte il suo ovvio talento, Steve era anche una persona eccezionale. Durante il mio periodo con gli S.A. Slayer, Steve era l'unico membro della band, me compreso, che non sia mai stato coinvolto in risse o che si sia lamentato o che abbia avuto problemi di ego. Era sempre allegro e prendeva la vita alla leggera, che fosse una prova, un concerto o altro. Era un ragazzo incredibilmente gentile, con tutti e per tutto il tempo. Questo era molto importante per lui. Era un ragazzo di paese, e amava i suoi amici e la sua famiglia e i suoi fans. Non l'ho mai, mai sentito parlare male di nessuno, nemmeno una volta. Sì, certamente amava esibirsi e cantare. Gli piacevano tutti i generi di musica, ma tra tutti il suo preferito era sicuramente il metal , che era il suo primo grande amore. Ok man, questa è davvero la fine, quindi … Un grosso saluto a te Beppe e a tutti i fan italiani del metal, grazie!!
Discografia: Iron Shadows (2012) Contatti: https://www.facebook.com/karionmetal http://www.myspace.com/karion1
Ancora una formazione cult della capitale, questa volta ad essere presi sotto esame dal fuoco incrociato delle nostre domande, sono i Way Out dei fratelli Riccardo e Stefano Strizzi, enigmatico ensamble fautore di un energico heavy rock contraddistinto da architetture classiche che, nelle due demo rilasciate, ovvero “We are ready” del 1984 e “The Sound of the Night” di qualche anno più tardi, seppero mettere in mostra una crescita ed una maturità artistica esponenziale alquanto stupefacente, tanto che, l'interesse della critica prima, e del pubblico in seconda battuta poi, li portò più volte su e giù per i palchi dello stivale per dare vita a veri e prpopri incendiari live set. Nelle parole dell'amico Riccardo i ricordi di quel primo intenso periodo.... Intervista a cura di Beppe Diana Ciao Riccardo, ciao Stefano e grazie di cuore per il tempo che ci state dedicando, partiamo dagli inizi, come e quando nacque l'idea di mettere in piedi i Way Out? Mi pare di capire che l'altro Riccardo fosse un vostro vecchio amico d'infanzia... Si con Riccardo siamo cresciuti insieme, io facevo le medie con lui, ricordo i giorni in cui avevamo l’ora di musica, portavamo a scuola la chitarra e durante la ricreazione coinvolgevamo anche le altre classi noi due con la chitarra e 20/30 persone a cantare. L’idea Way Out però nacque un anno dopo finite le medie, all’epoca Riccardo suonava le tastiere io la chitarra e Stefano piu' piccolo di noi con una batteria usatissima, cominciava a darci dentro ispirato all’epoca da Jonh “Bonzo” Bonham È vero che nel primo periodo la band proponeva un hard rock venato da reminiscenze seventies con cantato in lingua madre? Quando sentiste l'esigenza di cambiare registro sonoro, passando anche all'inglese? Certamente, ma quelli: erano gli anni 70, anche se verso la fine i nostri miti erano i Deep Purple i Led Zeppelin ed altri del genere, solo nei primi anni 80 quando uscirono i vari Iron Maiden, Saxon ecc cambiammo approccio. Diciamo che, nella prima nuova ondata heavy metal, sentimmo l’impulso di cambiare e lasciarci alle spalle quello che per noi era un punto di partenza e una buona base su cui costruire qualcosa di nuovo
cosa ci potete dire a riguardo? Vi va di parlare del “I° Metal Day di Fossano” una manifestazione che non tutti si ricordano? Quale fu la vostra esperienza? Ripeto che per noi suonare live era molto importante certe sonorità non riuscivamo a ricrearle in studio, vuoi perché all’epoca non c’erano fonici molto portati per registrazioni con suoni Metal o perché quello che facevamo sul palco lo sentivamo di più, stare davanti ad un pubblico per noi era il massimo del divertimento, lo si vedeva dal nostro entusiasmo e da ciò che davamo alla gente, ma la gratificazione più grande era l’apprezzamento verso il nostro lavoro che i fans ci davano. L’esperienza di Fossano ci ha sicuramente fatto crescere, ricordo che quel giorno eravamo l’unica delle quattro band non piemontese, e al nostro arrivo ci comunicarono che saremmo stati noi ad aprire il 1° Italian Metal Day, storcemmo un po’ la bocca in quanto non sapevamo che ambiente e che pubblico ci aspettava, ma la cosa ci si girò a favore e si rivelò una bellissima sorpresa, quando sbucammo da dietro le quinte sentimmo un vero boato, le gambe ci tremavano ma passati i primi minuti, dammo seguito ad un vero e proprio massacro. Alla fine del nostro concerto fummo letteralmente presi d’assalto dai fans ci trovammo un po’ in imbarazzo perché ci chiedevano autografi, foto, vendemmo una cinquantina di demo nel giro di cinque minuti ne avessimo portati il doppio non sarebbero comunque bastati. Personalmente mi chiedevo perché quegli autografi, non eravamo mica delle rock star, eppure per tutto il resto della giornata la gente ci continuava a chiamare ad esaltarci addirittura a ringraziarci, solo dopo qualche giorno realizzai che quello che facevamo era buono e che dal palco la gente vedeva il nostro lavoro e la nostra passione Con la stessa formazione nel 1986 viene registrato un nastro promozionale di tre brani che contiene alcune reprise dal primo lavoro, suonate questa volta con più cognizione di causa e convinzione Si ma diciamo che quello fu un altro punto prima di una definitiva trasformazione
la sagacia di tre agguerriti metallari alle prese con sonorità classiche dal gusto squisitamente arcaico, come ed in che maniera nacquero composizioni come “Steel Blade”, “Black hell” e “Lady of Metal”? Niente di particolare era solo quello che ci piaceva fare in quel momento e ancora oggi penso che era proprio quello che volevamo, anche se in modo molto grezzo. Si, credo rispecchiasse perfettamente il nostro modo di sentire la musica. La copertina oddio mi sa che non la ricordo Si, anche perchè, nonostante tutto, dall'estero arrivavano degli ottimi feedback a riguardo, dico bene? Ottimi, credo che abbiamo vissuto il miglior periodo della storia musicale
Capisco, dunque, sempre come terzetto la band registra la sua prima tape “We are ready” che, sin dal titolo, faceva presagire che la band era finalmente matura per fare il grande passo nella scena musicale tricolore.... Non siamo mai stati amanti delle registrazioni in studio, ma certamente non puoi farne a meno. Non so se eravamo ancora pronti, di certo quei pezzi avevano un bell’impatto dal vivo ed ogni volta che li suonavamo, ci accorgevamo di poterli migliorare. Quelle canzoni dopo un po’ le abbiamo accantonate del tutto, non le abbiamo più suonate, sono stati presi dei piccoli passaggi ed inseriti nei nuovi brani.
Ancora qualche mese e nella band entra Enzo Tauriello alla chitarra solista che permette a Riccardo di potersi dedicare completamente alle parti vocali... No, con l’arrivo di Enzo cercavamo delle sonorità più dure, lui veniva da un gruppo HardCore ma mantenemmo sempre la nostra ritmica, con Riccardo Strizzi all’epoca chitarra e voce abbandonando definitivamente le tastiere, cosi Riccardo Di Felice passò definitivamente al basso e devo dire con risultati ottimi
Caratterizzato da una copertina dal gusto fantasy, “W.A.R” è un lavoro abbastanza artigianale che, comunque, mette in risalto
All'epoca si diceva che la dimensione live era proprio quella più adatta alla band,
Dopo una pausa dovuta ai servizi militari, la band ritorna con gli innesti di Alessandro Massari e Dario Marcoaldi con i quali mettete a ferro e fuoco l'hinterland laziale, ma non solo.... A questo punto io appesi come si suol dire la chitarra al chiodo dedicandomi solamente alla parte vocale fu soprattutto una mia scelta, cantare era quello che volevo, ritengo ancora oggi che due cose insieme non sia possibile portarle avanti in modo soddisfacente perché l’una toglie qualcosa all’altra, e cantare per me era vita. Dario suonò poco con noi, forse non era neanche molto adatto per ciò che avevamo in mente, mentre Alex che rimase con noi per molto tempo ci portò ad ottenere dei suoni diversi, diciamo molto più puliti, con lui forse non andavamo più ad altissima velocità ma sicuramente ad alta qualità, con tutti e due siamo comunque rimasti in contatto soprattutto con Alex nonostante stia sempre in giro a suonare Con il solo Alessandro alla chitarra, nel 1989 è la volta di “The sound of the night” che contiene ben cinque brani, ma che non ho mai avuto l'onore di ascoltare, cosa ci potete dire a riguardo? E non sai cosa ti sei perso. Scherzi a parte, un bel lavoro, forse non il massimo, ma il bello di quei pezzi è stato trasformarli nel tempo. A volte risentirli ci faceva
dire “Hei ma queste canzoni quando le abbiamo registrate?”. Ci piaceva crescere adeguare le canzoni a ciò che sentivamo e imparavamo crescendo. Volevamo uscire dagli schemi e dagli standard di quei tempi, vedi, molte volte mi capitava di ascoltare gruppi italiani, nel mio caso cantanti che usavano stesse tonalità e stessi timbri piatti di voce, io volevo essere qualcosa di diverso dalla massa la natura fortunatamente mi aveva dato una bella voce, stava solo a me migliorarla tecnicamente e sfruttarla al massimo Ci parlereste di brani come “Under russian fire”, “Kiss me down” e “Broken love”? Dai titoli presuppongo fossero più orientati verso un hard rock di stampo americano, è veramente così? Non credo siano etichettabili, erano pezzi di metal puro, tirato ma ben curato non abbiamo mai pensato a come fossero le nostre canzoni o a quale tipo di sound si ispirassero per noi era solo Way Out Music. Under Russian Fire divenne il nostro cavallo di battaglia, come detto prima è uno di quei brani che si trasformò nel tempo soprattutto nella parte vocale. Kiss me down era quello che dal vivo apriva le nostre esibizioni live, per iniziare un concerto era davvero adatto, come si dice, SPACCAVA.
Brooken love era una ballad anche se pian piano cresceva nei ritmi, sai tenere a freno Stefano dietro la sua batteria era un po’ difficile soprattutto su un palco, ricordo che dopo un concerto gli appiopparono il sopranome di “Locomotive”. All'epoca Roma era una delle poche città a poter vantare una vera scena musicale con band di primo piano e alcuni locali che consentivano agli artisti della città di potersi esibire, che tipo si spazio vi eravate ritagliati all'epoca? Non ci siamo mai buttati del tutto nella mischia, forse eravamo anche un po’ pigri da questo punto di vista, non volevamo comunque inflazionare le nostre uscite, ci piaceva più creare ed ogni volta proporre qualcosa di nuovo. Con l’arrivo di Stefano Scarfone devo dire che la vena creativa aumentò di molto, era una chitarra eccezionale e lo è ancora, oggi lui e Riccardo Di Felice sono gli artefici di molti dei nostri pezzi anche se poi ognuno di noi metteva qualcosa in tutti i brani. Roma offriva molto, ma non è stata mai all’altezza di altre città del nord, è una città troppo dispersiva, all’epoca quando organizzavi un concerto dovevi tappezzarla di manifestini e non riuscivi a coprire tutto, oggi basterebbe un twitt!!!!
E veniamo ai giorni nostri, cosa c'è dietro questo ritrovato interesse nella band? Una sporadica reunion, o qualcosa di più concreto? Diciamo una rimpatriata tra amici, poco tempo fa siamo andati nello studio di Stefano Scarfone ormai diventato uno dei migliori chitarristi d’Europa, ci siamo divertiti molto e credo che la ruggine che abbiamo addosso sarebbe molto difficile da togliere ma quello che avevamo dentro ho notato che lo abbiamo ancora e allora chissà………… Si, anche perchè il sogno di diventare rock star è tramontato definitivamente, o no? Forse quello era il sogno di quando iniziammo a suonare, ma poi con gli anni ci siamo resi conto che per noi la cosa più importante era suonare, creare, divertirci, dare sfogo a tutto ciò che avevamo dentro, tirarlo fuori e trasformarlo in musica, ancora oggi pensiamo questo..... Che cosa spinge dei cinquantenni briosi a rimettersi in gioco dopo tutto questo tempo? A vedere se ancora ci regge la pompa!! Scherzo, non credo sia rimettersi in gioco, ma sai la musica è una droga puoi smettere ma prima o poi ci ricadi e sinceramente in certi momenti non vediamo veramente l’ora di ricaderci, credimi!!
materiale. Registrammo 4 brani alla Sonic di Roma, commissionati appunto dalla EMI. Ma non capisco come possano essere stati immessi sul mercato! La EMI non lo pubblicò perchè voleva che cantassimo in italiano, e ci affidò il paroliere di Patty Pravo, ma fu un disastro!
Se c'era una band che doveva e poteva avere successo, quelli erano sicuramente i The Raff. No, non sono mie le parole, anche se l'ho sempre pensato, ma quelle di tutti i musicisti, romani e non, che hanno avuto il piacere, ancora prima dell'onore, di condividere il palco con questa piccola leggenda tutta nostrana. Già, in attività dalla fine degli anni settanta, la band capitolina guidata dai fratelli Bianco, Chris e Fabiano, è arrivata più volte sulle soglie per lo slancio finale che le permettesse di spiccare il fatidico salto di qualità auspicato da più parti, rimanendo però impelagata nella soluzione di problemi che, ahimè, ne hanno decretato il prematuro abbandono. Ritornati on the road da qualche anno, i nostri, con l'ausilio del chitarrista Tony Arcuri, già in forza ai concittadini Tanatos, si apprestano a pubblicare il primo full lenght album che, a quanto pare, arriva a sancire la rinascita artistica del combo nostrano, e ribadisce l'assoluta qualità di un manipolo di musicisti veramente mai domi.....
Qualche anno dopo avvenne una sorta di metamorfosi a livello artistico verso sonorità più metalliche anche il cambiamento di nome, degli attuali Raff... Chris - Fu Elio “Ciccio” Donato a trasformarci, dandoci un impronta piu' hard. Ci faceva provare per ore in sala anche solo basso e batteria per farci quadrare i tempi alla perfezione. Il nome venne in mente a Master, ma non ha alcun riferimento a Riff Raff degli AC/DC.
Intervista a cura di Beppe Diana Ciao Chris, ciao Master e benvenuti sulle nostre pagine! Grazie del tempo che ci state volendo dedicare! Iniziamo a parlare del primo periodo della band che inizia la sua storia con il monicker di Trancefusion, vi va? Come ed in che occasione conosceste gli altri ragazzi della band? Se non erro all'epoca la formazione era dedita ad un punk sullo stile inglese, è così? Master - No, i primissimi Trancefusion erano una school band la cui meta era di suonare alle feste dell' American School di Milano. Io, Chris e Steve Osella suonavamo alla meno peggio covers di Dylan, Crosby, Stills, Nash & Young, Deep Purple e Led Zeppelin. Chris - Non mi ricordo come, ma fummo notati da Maurizio Arcieri dei Chrisma che ci fece ascoltare per primo del punk inglese e ci diede
una mano con gli strumenti. Con il vostro trasferimento in pianta stabile a Roma, la band riesce ad attirare l'attenzione, non solo dei fan, ma anche della Spaghetti record, distribuita dalla RCA, fortemente interessata alla band... Chris - In realtà la Spaghetti Records aveva già i Decibel, di cui eravamo grandi amici già a Milano. Ci furono svariati contatti con Carlo Basile e Alfredo Saitto della RCA appunto, ma alla fine atterrammo alla EMI. Sai, non ho mai capito se il 7” “Scream all night/Baby baby 29” che vedo in circolazione su parecchi mail order, è un bootleg o un'uscita ufficiale? Chris - Non sapevo neanche che esistesse questo
In quel periodo comunque la band cresce ancora di popolarità e si forma un importante seguito di fans grazie anche alla sala prove di Piazza degli Zingari che diventa un punto di riferimento e ritrovo.... Chris - E' vero. Il muretto era un vero e proprio ritrovo all'epoca. Suonavamo molto in giro per l'Italia, ma si può dire che ogni pomeriggio in sala, facevamo dei veri e propri concerti. Cosa ti ricordi dei mitici concerti di spalla a mostri sacri come Ramones, Ian Gillan Band e Iron Maiden? Come a dire, proprio altri tempi? Chris - Erano proprio altri tempi. Era impensabile infatti che un gruppo senza etichetta aprisse per dei big. Con i Ramones fu mitico perchè per sbaglio l' organizzatore ci assegnò i loro camerini, e ovviamente svuotammo tutta la birra che c'era. Fu un concerto strano perchè era il punto preciso in cui abbandonammo le sonorità punk per un sound piu' hard. Con i Maiden fu un sogno e ancora ricordo Steve Harris che ci riempì il pulmino di panini, bibite e frutta perchè gli ricordavamo lui agli inizi! E Bruce Dickinson che era alla sua prima tourneè con loro ci chiedeva in continuazione com'era andato. Alla fine ci disse che eravamo i suoi porta fortuna, tanto che sulla copertina di Number of the Beast indossa la spilletta dei Raff sul giubbotto. Con la Gillan Band, nessun contatto. Sono arrivati con le limo, saliti sul palco, e via di nuovo con le limo. ….azzzz!!! Capisco, con l'ingresso nella line up dell'ex Metal Force Bruno Vagnarelli, la band incide l'album “Gates of Fortune” missato a Londra dall'ex Iron Maiden Paul Di'Anno che, nonostante un titolo profetico, non vedrà mai la luce, cosa c'è di vero in tutto questo? Chris - Quella di Paul Di Anno è una leggenda metropolitana. Il disco venne interamente registrato alla King Steve Records da noi e da Stefano “Mazinga” Lalli. So che su internet ne girano delle copie, ma sono veramente di scarsissima qualità. Il disco non uscì perchè la King Steve non aveva una grande distribuzione, e quando la Polygram si interessò a noi, il direttore della KS pensò bene di proporre tutto il catalogo alla Polygram, la quale disse “no, grazie”.
E' vero che negli ultimi tempi avete proposto il master di quel disco ad una famigerata label tedesca che si è rifiutata di pubblicare il disco o anche questa è solo l'ennesima leggenda metropolitana? Master - E' verissimo. Ma anche altre etichette si sono rifiutate dicendo che il suono era datato. Non saprei, che suono ti aspetti da del materiale inciso nel 1983!!! Hai perfettamente ragione!! Però, dopo l'apparizione sulla compilation “Metallo Italia”, finalmente nel 1984 arriva il debutto, in forma autofinanziata di un EP di quattro brani che porta il nome della band, e sancisce una rinascita artistica della band grazie a composizioni raffinate, forse meno immediate, ma in possesso di grande personalità, tu come la vedi? Master - I brani dell'ep vennero scritti proprio per l'occasione. Non erano mai stati suonati live. Chris - Volevamo dare un impronta piu' “raffinata” al nostro sound, su suggerimento di vari “pseudo-produttori” e consiglieri dell' epoca. Ricordo che qualcuno definì “Rock the World” come una commistione di metal e dance, dico bene? Master - Beh, lo scratch nell'intro era 'ironico' .. altrimenti avremmo scratchato tutto il brano.
In quel periodo anche l'hard rock stava andando verso soluzioni più commerciali grazie band come i Van Halen che cambiarono veramente lo stato delle cose!!! Master - I primi a cambiare le cose furono Maiden e Saxon. Le bands americane non fanno testo perché nascono in un ambiente culturale 'assai' differente dal resto del mondo. Chris - Beh, se intendi Jump, non era proprio il nostro riferimento. Nonostante i buoni riscontri di pubblico e critica, tu e tuo fratello decidete di interrompere l'esperienza con la band e di partire seguendo i fratelli Codeluppi negli States, questo fino al gennaio del 1988 ultimo concerto della band al Piper di Roma.... Chris - Si facemmo la tourneè americana con i Raw Power. Master partì con loro, mentre io rimasi a Roma per finire la produzione dell' EP. Poi, la tournee dei Raw Power si prolungò e i fratelli Codeluppi dovettero tornare in Italia. Master mi chiamò e mi ritrovai da un giorno all'altro a cantare i loro brani per due tournee americane. Nella seconda rimpiazzai anche Dodi al basso e Fausto sostituì Giuseppe alla chitarra. Alla fine del tour, dopo cinque mesi passati insieme dentro un furgone in giro per gli
States non volevamo neanche piu' vederci. Questo fino al 2001 segna il momentaneo ritorno della band con l'ausilio dell'amico Anthony Drago alla voce e.... Chris - … di Gianni Russo, chitarrista all'epoca di “Gates of Fortune” e del Festival storico di Certaldo, e di Maurizio Bidoli, vecchia ascia urlante. Dopo diversi concerti fatti con questa formazione, abbiamo rimesso in piedi la band dell' Ep, ovvero io, Master, Fausto Donato e Bruno Vagnarelli, ma in seguito al dramma vissuto da Bruno, abbiamo abbandonato questa formazione. Poi, sempre grazie all' interessamento di Anthony, veniamo contattati da Arturo Iustini per la mitica Heavy Metal Night, alla quale abbiamo partecipato nel 2010 e 2011 con la formazione a noi piu' cara. Ovvero il power-trio con Gianni Russo alla chitarra. E veniamo ai giorni nostri con l'ingresso in line up dell'ex Tanatos Tony Arcuri che, mi sembra di capire, abbia portata una ritrovata freschezza all'interno della band che, per l''occasione, è tornata ad essere un trio, è così? Master - Guitars are everything in rock and roll. Chris - Tony è un chitarrista straordinario. Ci ha seguito negli anni. Quando abbiamo capito che con Gianni avevamo perso il feeling, ho contattato Tony, quasi per scherzo, chiedendogli se conosceva i brani nostri. Mi ha risposto semplicemente “Dammi una settimana”. E' bello suonare con Tony, ripropone esattamente quello che avevamo in mente io e Master, ma con un tocco personale veramente di classe. Le foto che avete postato su Facebook lasciano trapelare la convinzione che state registrando del nuovo materiale, potete parlarcene o è tutto top secret? Master - Top Secret? E perchè? Chris - Ma no, nessun segreto. Siamo in studio proprio in questi giorni e abbiamo registrato 14 brani, per poi pubblicarne dieci. Stiamo lavorando con un fonico eccezionale, Fabio Lanciotti, anche lui della vecchia guardia, e il sound che hanno i brani al momento è a dir poco favoloso. Analizzando la storia della band, credete di potervi ritenere soddisfatti? Avete qualche rimpianto? Potendo rifareste tutto. Master - Io rifarei tutto .. ma mi farei pagare. Chris - Rifarei tutto anch'io … ma con l' accortezza e il fiuto che ho acquisito negli anni. Eviterei tante persone e tanti suggerimenti, ma non voglio aprire polemiche, né fare nomi. Avete tempo e voglia di seguire la scena musicale nostrana attuale? Se si, c'è qualche band del nuovo corso che ha attirato la vostra attenzione? Master - A me piacciono i Verdena e tutto il nuovo punk italico. Chris - Nessuna band in particolare, ma tutta la scena sembra essere rinata. Vedo molto fervore e molta voglia in giro e mi fa solo che piacere. Ok ragazzi… siamo alla fine, per cui... Master - … tanti saluti! Chris - Si Beppe siamo alla fine … ma solo di questa chiacchierata. Per il resto siamo solo all'inizio. Grazie dell'interessamento e alla prossima. Rock on!
Discografia: Gates of Fortune (1982) Raff (1985) Contatti: www.facebook.com/group.php? gid=66692429344 www.facebook.com/pages/TheRaff/3 15191718566286
L.A Connection!! No, nell'articolo che segue non parleremo certo della celebre serie televisiva americana, ma dei capitolini Wildee che, per molto tempo hanno rappresentato la connessione, l'ipotetico ponte di collegamento con gli states, e questo grazie soprattutto a due ottimi nastri caratterizzati da uno stile musicale così tremendamente radicato attorno ad un heavy rock patinato a stelle e strisce, con il quale seppero farsi apprezzare durante la loro breve, ma intensa, carriera discografica. Nelle parole del chitarrista Rudy Costa, il resoconto di quel periodo, a dir poco, fatato..... Intervista a cura di Beppe Diana
Ciao Rudy e grazie di cuore per il tempo che ci stai dedicando, inizierei la nostra intervista facendo un salto indietro di qualche anno: parlaci dei Mayhem del nastro di debutto “Kick ass Rock n’Roll”? Ciao a tutti e grazie a te Beppe, che mi permetti questo tuffo indietro nel tempo. Un momento meraviglioso per la band che si apprestava alla sua prima esperienza di studio. Eravamo 5 ragazzi (Luca Lombradi – voce; Ray Sperlonga – Basso; Alex Infascelli – Batteria; Marco Capasso – Chitarra; Rudy Costa – Chitarra) caricati a pallettoni, avremmo spaccato tutto quello che ci capitava a tiro e, nonostante l’inesperienza, riuscimmo a completare la registrazione in un paio di giorni soltanto…. La demo trasuda energia da tutti i pori, energia difficilmente contenibile su di un nastro, ma che una volta trasportata sul palco, avrebbe raso al suolo chiunque si fosse messo a tiro di ampli .ricordi indelebili nella memoria. ….si, anche il festival di Jorocin in Polonia davanti a circa 10.000 persone, è così? Si, è così. Anche quella fu un’esperienza difficile da raccontare, un bagno di emozioni fortissimo, passare da band che rubava il posto a gente del luogo, a rockstar acclamate ed adorate… intervistati da radio e tv nazionali, autografi ad ogni angolo di strada, trattati come i Kiss, insomma! Per non parlare dell’effetto che fa vedere 10.000 capocce davanti a te che ballano e cantano i tuoi pezzi!!! Un’organizzazione ed una professionalità che ancora oggi ci sogniamo, in Italia, in un posto nel quale ci chiedevano di vendergli i nostri jeans, dato che li vedevano solo sulle riviste musicali…. Ma nonostante il successo underground della band, la line up si frammentò in due, da una parte i Funny Toy, e dall’altra proprio i Wildee, e…. In realtà solo Marco lasciò (Roberto il bassman era entrato temporaneamente, si può dire…), ma nonostante una divergenza puramente artistica, i rapporti umani sono rimasti ottimi, ancora oggi Se non erro, una delle prime mosse della neonata band, fu quella di registrare una demo che, nonostante una copertina anonima, presentava tre brani di sano e robusto hard rock de luxe come l’opening track “Life walks through danger” e “Venture Maniac”…. C’era anche “Botch the Devil”, che ha girato con vari testi fino a fermarsi sul demo. La copertina la ricordo molto bene: estremamente semplice ma di classe, nuovo logo con la W molto stilizzata e cerchiata, in nero su sfondo bianco.
Secondo me cominciava una nuova era compositiva della band, la possibilità di iniziare ad utilizzare, sperimentando, le nuove tecnologie digitali, uno studio estremamente professionale (oltre che costoso…). La banda si stabilizza sulla formazione a 4, io e Ray che scrivevamo tutti i pezzi, Alex che si scatena negli arrangiamenti e Luca alla ricerca di nuove soluzioni vocali. Che ricordi hai di quelle sessioni di registrazione in studio? Qual’era l’atmosfera che si respirava all’interno della band? Aaaahhhh, fantastica! La tagliavi col coltello, tanto era densa di idee, emozioni, coinvolgimenti… come arrivava un’idea subito ne seguiva un’altra ed un’altra ancora, di continuo, un fiume in piena, inarrestabile. Una demo che vende bene, e che fa accrescere la popolarità della band all’interno di un circuito musicale, come quello romano dell’epoca, nel quale i Wildee svettano per qualità compositive, ma anche per un look molto “americano”, come a dire che anche l’immagine della band contava tanto quanto la musica, dico bene? Certamente! Avevamo uno spettacolo da offrire e non eravamo soddisfatti se non lo avessimo realizzato in pieno. Sempre estremamente attenti alla musica, siamo stati tra i primi in Italia a portare sul palco delle coreografie d’insieme con dei movimenti studiati in sala, in punti specifici della gig, con una
scaletta studiata per infiammarci ed infiammare. Wildee i già citati Funny Toy ma anche Schooldaze e Dolly Danger, certo che la scena dell’epoca nella capitale era frequentata da band d’un certo retaggio artistico, dico bene? Si, ma c’erano anche i Raff e i Fingernails prima di ogni altro, i Thunder poi trasformati in Schwartz…grandi bands Invece di gongolare sugli allori, la band si imbarca in una nuova avventura in studio, e se ne esce con un master tape di tutto rispetto dal titolo inequivocabile di “XXX – Rated, baby naked”, prodotto in uno studio professionale, dotato di una gamma di suoni che, all’epoca in Italia, quasi nessuno poteva vantare…. Per questo mi prendo un po’ di merito, nel senso che registrammo allo Zasko lab (che allora iniziava la sua sfolgorante carriera), che io avevo conosciuto grazie ad alcuni lavori chitarristici che avevano richiesto la mia presenza, e dopo essermi trovato benissimo anche dal punto di vista umano, lo proposi ad un cantante (Ulisse Minervini), che mi voleva nel suo progetto ed aveva bisogno di uno studio. Organizzai una band con Ingo Schwartz al basso e Fabiano “Master” Bianco alla batteria e scrivemmo le musiche per questo progetto….una demo MOSTRUOSA!!!! I vecchi ancora ne parlano Da lì alla registrazione di “Rated” il passo è stato brevissimo.. Cinque brani che svelano il vostro amore incondizionato per sonorità statunitensi e che si assestano sullo stesso piano di formazioni
Quello che doveva segnare la grande svolta, in realtà si traduce come l’inizio della fine, tutta colpa di Kurt Cobain, o cosa? Ha-ha, in realtà nasce un bel po’ di tempo prima, l’inizio della fine. Kobain mette solo il punto Comunque nonostante tutto, alcuni sono rimasti a vivere per un breve periodo da quelle parti, prima di fare ritorno a casa, dico bene? Si, sono rimasti Ray e Marco (il drummer che aveva sostituito Alex), ma poi, in momenti diversi, sono rientrati anche loro. Non capisco chi glie l’ha fatto fare… Ascolti ancora qualche classico hard n’heavy dell’epoca, oppure ti sei rincoglionito come molti dei tuoi colleghi dell’epoca che ascoltano solo jazz e musica classica? Hahahahaha, Van Halen rimane la mia Colonna Sonora, anche se per il resto ho spostato il tiro di una decina d’anni, attestandomi all’ascolto dei ’70. Il jazz no, non fa per me, mentre la classica…anzi la sinfonica
all’ora cardine come L.A. Guns, Motley Crue e Skid Row…. …e non dimenticare i Van Halen senza i quali, io non sarei qui a raccontare queste storie Anche la carta stampata comincia ad accorgersi della band ,tanto che alcuni dei magazine più quotati dell’epoca, fra i quali “HM”, vi dedicano delle pagine intere… Anche questa è stata un’esperienza fantastica; diventi improvvisamente famoso, tutti che parlano di te e ti riconoscono quando vai in giro, ad ogni spettacolo c’è la fila all’ingresso…che dire…grazie di cuore a tutti i ragazzi di HM che si sono appassionati al nostro progetto. Ricordo che quelle interviste facevano trapelare il vero carattere di una band determinata, pronta veramente a tutto pur di poter coronare il proprio sogno discografico... Ricordi benissimo. C’era una volontà ferrea e determinatissima a raggiungere gli obiettivi prefissati…purtroppo alcuni imprevisti non erano stati messi in conto. Si, anche perché avevate deciso di lasciarvi tutto alle spalle e di trasferirvi per un breve periodo negli states, giusto?Appunto. Come andò la trasvolata oceanica? Qual’era l’atmosfera che trovaste una volta arrivati nella città degli angeli? Credo che non fosse tutta rosa e fiori come il buon Alex Solca ci lasciava intendere nei suoi famosi articoli, no??? La problematica principale fu quella di inserirsi in un ambiente che non te lo permette (per ovvi motivi…), aggravate dal fatto che io, per problemi personali, non partii e la band si trovò a dover cercare un chitarrista che ne caratterizzasse il suono quanto me. Si, anche perché vigeva lo status del “Pay to play”…. E questo era un problema in più, perché se non hai seguito fai fatica a venir fuori… …e a proposito di concerti, qual’era l’impatto live della band in quel periodo, come mi dicevi, avevate adottato delle trovate sceniche particolari per il vostro pubblico live
dell’epoca? Si, avevamo uno spettacolo da proporre, completo in ogni sua parte, immaginato milioni di volte e studiato in ogni minimo dettaglio in sala e, singolarmente, a casa. Avremmo potuto suonare al Madison Square Garden così come davanti a 20 persone, il risultato sarebbe stato lo stesso e giornalisti come J. Raynolds di Metal Forces, se n’erano accorti abbondantemente. Sempre sul famoso “HM” ogni tanto arrivavano notizie di un vostro imminente album di debutto, sembrava veramente che potesse uscire da un momento all’altro, invece? Invece non abbiamo mai avuto intenzione di fare un album in Italia, eravamo fin troppo consapevoli che non avremmo mai avuto la possibilità di registrarlo esattamente come volevamo. Potevi fare delle buone demo, ma per quanto riguarda i dischi, non eravamo assolutamente all’altezza degli americani con le loro superproduzioni.
Dato che sei rimasto attivo in ambito musicale, che consigli ti sentiresti di dare ad un giovane musicista che muove i suoi primi passi all’interno del fantomatico music biz odierno? Povero… a parte gli scherzi, le solite cose: passione, determinazione, massimo impegno e tanta, tanta voglia di investire su se stessi. Mai scendere a compromessi, tanta curiosità e voglia di imparare dagli altri. Una domanda alquanto retorica, non hai mai pensato che, se fossi nato in un paese d’oltralpe, la vostra carriera artistica avrebbe forse preso un’altra piega? Sempre. Anche se non posso averne la controprova. Ok, siamo veramente alla fine, ti lascio carta bianca, concludi l’intervista nella maniera che più ti aggrada….. Vi lascio con una chicca: sto preparando il mio primo album e spero, di riuscire a fargli vedere la luce entro la fine dell’anno. Keep on Rockin’ Guyz.
Discografia: Wildee (1986) XXX – Rated, baby naked (1988)
Certo che suonare in una giovane band devota anima e cuore ad un US Metal si tecnico, ma anche derivativo, negli states a cavallo fra la fine degli anni ’80 e i primi del ’90, non doveva essere una cosa facile, vuoi perché la concorrenza fra formazioni minori era talmente agguerrita e spietata, da non consentire repliche alle cadute di tono, vuoi per la presenza di autentiche big band che, a livello quantitativo che qualitativo, riuscivano veramente a fare il vuoto intorno. Un confronto arduo al quale dovettero cedere decine e decine di giovani compagini, fra le quali si inseriscono pure i Damien, un quintetto con base operativa a Toledo nell'Ohio che, tentò più volte la scalata nelle liste di gradimento del popolo underground dell’epoca, lasciando ai posteri alcune degne pubblicazioni su cd che, solo negli ultimi anni, sono diventati di sempre più di difficile reperibilità. Every dog has its day!! Ognuno ha la sua ora, ed il 2012 è stato l'anno che ha visto nuovamente il come back dei nostri, ridotti a semplice quartetto che, con il nuovo “Beyond Apathy”, tentano in ogni modo di recuperare l'affetto dei propri sostenitori, riportando in auge quel suono profondamente radicato attorno ad una matrice old style... Intervista a cura di Beppe Diana, traduzione di Silvia Omodeo Zorino
Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine di Graveyard Symphony, come prima cosa vorrei chiedervi se ci sono delle novità rilevanti dell'ultima ora... (Randy) Ciao Beppe, è tutto pronto per il concerto del nostro trentesimo anniversario a Toledo, Ohio, e stiamo aspettando che alcuni dei nostri fan in Europa si organizzino per potervi partecipare. Siamo molto entusiasti di questo concerto! (Kevin) Grazie per l'intervista! Stiamo ancora presentando il nuovo album "Beyond Apathy" al mondo e siamo davvero felici di essere qui e poterlo fare! Credo che, dopo aver navigato in mari agitati per molto tempo, sia stato alquanto difficile rimettere in moto la macchina Damien e tutto quello che c'è dietro, dico bene??
(Randy) Kevin mi ha chiamato qui a Seattle nel 2009 e mi ha chiesto se ero interessato a realizzare un nuovo album dei Damien. Mi ha inviato alcuni brani e siamo partiti da lì. Non abbiamo avuto influenze esterne, abbiamo solo cercato di registrare un disco di cui essere orgogliosi. (Kevin) In realtà, siamo stati attivi per la maggior parte di questi 15 anni, ma non con la line-up originale. Non c'è mai stato un notro split definitivo. Io e Chuck abbiamo mantenuto vivo il nome della band pubblicando alcuni dischi negli ultimi anni. Abbiamo realizzato "Angel Juice", personalmente ho suonato su alcuni album di David Chastain, Chuck invece ha pubblicato un paio di dischi solisti, ma quando abbiamo avuto la possibilità di ristabilire la line-up originale,
con Randy e John, è stato un sollievo enorme. Non ci sarebbe un nuovo album dei Damien senza la band originale, non avrei avuto alcun interesse nel farlo! Quindi mi pare di capire che il livello di soddisfazione oggi è veramente enorme... (Randy) Le nuove registrazioni suonano dannatamente bene nella loro forma più pura. Nessun tipo di contaminazione - puro Damien sound. Ci sono voluti un paio di anni per completarlo, ma dopo aver detto e fatto tutto ciò che dovevamo, penso che questo sia il nostro miglior album di sempre. (Kevin) Ci sentiamo molto bene al momento ed abbiamo delle ottime sensazioni per il futuro! Per i Damien è sempre stato un fatto di qualità. Non avremmo pubblicato un album se non fosse stato di qualità: nella produzione, ma anche nelle nostre prestazioni e nel songwriting. Ci sforziamo tutti per ottenere l’eccellenza in questo gruppo! Capisco, ma a livello di velleità artistiche, credete che “Beyond apathy” sia il miglior prodotto mai realizzato fino a questo momento dalla band, oppure in futuro la band potrà riservarci ancora delle sorprese? (Randy) In questo gruppo siamo tutti dei perfezionisti, me compreso. Ci saranno sempre degli aspetti che avremmo potuto elaborare in modo diverso, il che è abbastanza normale, se ti piace il tuo mestiere. Nel complesso questo è un lavoro unico e si può sentire che ci siamo presi il tempo necessario per lavorarci…
(Kevin) Si può sempre fare di meglio! Non abbiamo avuto limiti di tempo e ci abbiamo pensato davvero un sacco ai contenuti di questo disco. Avremmo potuto continuare a migliorarlo, ma a un certo punto abbiamo deciso che andava bene così. E’ un disco completo e non ci sono rimpianti! E se vi chiedessi di fare un raffronto fra il nuovo arrivato e le vostre precedenti produzioni da studio? (Randy) Naturalmente. Voglio dire, pensa a questo: sono passati 22 anni tra “Stop This War” e “Beyond Apathy”. Ognuno di noi è passato attraverso diverse vicende più o meno piacevoli durante questi due decenni, ma siamo cresciuti. Come cantante, a fine anni '80, davo importanza a quanto in alto poteva arrivare la mia voce o quanto tempo avrei potuto tenere una nota. Non sono più interessato a queste cose, per me si tratta di cantare con onestà, lasciando che l’anima passi attraverso una voce che infonda emozioni.. Innegabilmente ora passa tutto attraverso la soddisfazione di aver raggiunto l’obbiettivo prefissato! So che posso parlare anche per gli altri ragazzi quando dico che adesso sono molto più importanti le canzoni che il talento individuale, talento che traspare in ogni caso quando lavori onestamente sulle composizioni e sui suoni.
(Kevin) Per prima cosa, siamo tutti cresciuti come musicisti, songwriters e produttori. Gli album precedenti erano forgiati nella nostra sala prove durante centinaia, se non migliaia, di ore di prove. Abbiamo suonato alcune delle nostre canzoni dal vivo per parecchi anni prima di registrarle su questi album, ed è per questo che hanno un forte feeling live. " Beyond Apathy" è stato scritto e registrato senza una prova e, anche così facendo, non è una registrazione sterile. Fra le sue trame c’è una forte componente live e questo materiale è fatto per essere suonato dal vivo!! L'altra grande differenza è che abbiamo imparato a usare lo studio come uno strumento, quindi sappiamo come utilizzare i livelli, i toni ed i suoni... Leggendo i credits, mi è sembrato di capire che vi siete occupati in prima persona della produzione finale del disco che, è innegabile, rappresenta un punto focale dell'intero lavoro!!
(Randy) Eravamo in una situazione unica in quanto non abbiamo avuto limiti di tempo con questo progetto. Conosci il detto, "finchè si può!"! Oltre a questo, siamo stati abbastanza fortunati ad avere un brillante ingegnere, Randy Wilson, al timone. Lavora con noi da più di due anni... wow... ed è ancora vivo! ahahah Sto scherzando! E’ una persona splendida, è stato il quinto membro di questo progetto, non ci sarebbe stato modo di avere il sound che abbiamo ottenuto se non ci fosse stato lui! (Kevin) Le tecnologie di registrazione sono cambiate drasticamente in vent’anni, e questo ha avuto un effetto sulla nostra evoluzione come band. Registrare oggi è un'esperienza diversa rispetto ad anni addietro. Non credo che abbiamo guardato al passato volutamente, ma il nostro passato è parte di noi! Non vogliamo allontanarci e non rinneghiamo noi stessi, ma non vogliamo neanche ripeterci. E sì, il lavoro del nostro ingegnere e co-produttore Randy Wilson agli Ape Studios rappresenta una parte enorme del suono del disco! Visto che non vivete più nella stessa città da tanto tempo, mi sembra di capire che abbiate svolto un grosso lavoro di pre-produzione, quanti brani avete registrato prima di scegliere la track list definitiva? (Randy) Solo questi 11 brani. E’ stato unico, in quanto la band mi ha voluto inviare tonnellate di musica che ho potuto vagliare attraverso la scelta dei grooves. Alcuni viaggi nel Midwest ci hanno permesso di lavorare tutti insieme sugli arrangiamenti: è stato davvero un progetto unico e, ripensandoci adesso, è stato fottutamente cool! (KK) Non scriviamo musica riempitiva!!!
Ogni canzone dei Damien sta in piedi da sola e tutto ciò che scriviamo ha il 100% del nostro impegno e della nostra attenzione, sempre rivolti alla canzone e non alle persone, quindi non ci sono filler! Brani come “Living Dead” o “With a Smile” sono delle killer song, fra le più rappresentative del lotto, che mi dite? (Randy) Beh, potrei scrivere un piccolo libro sulle liriche del disco, ma mi soffermerò sui brani da te citati. “Living Dead” tratta di qualcuno che se ne va in giro senza anima, cercando di agire normalmente: una persona che è passata attraverso un tritacarne per la maggior parte della sua vita e non crede nel suicidio, così continua ad andare avanti cercando di essere normale, anche se è solo un guscio vuoto, una persona insensibile senza alcun sentimento. C'è anche l’allusione che, se una donna rimane troppo chiusa in sé, può essere danneggiata dalla sua stessa energia negativa. “With a Smile” è l’evoluzione di “Living Dead”: lo stesso uomo, stanco della sua vita vuota, è riuscito a trovare se stesso, non importa come. È più ottimista e positivo e, qualunque cosa accade, accetta il suo destino e vive la sua vita come una cometa fiammeggiante e con un sorriso sul volto, anche quando ci sarà la possibilità o la definitiva certezza della morte. Come state vivendo questa vostra seconda giovinezza artistica? ….e se non è troppo, che
genere di ruolo possono ricoprire oggigiorno i Damien all'interno di una scena musicale sta attraversando un periodo di transizione? (Randy) Ci sarà sempre un posto per la musica heavy, sempre. Sono felice che gli artisti stiano iniziando a liberarsi delle restrizioni sulle composizioni. Ci abbiamo pensato prima di realizzare “Beyond Apathy”: abbiamo preso una decisione
consapevole scegliendo di non seguire le "regole del commercio", ne abbiamo parlato durante il nostro primo incontro. “Se troviamo un groove che piace, lo useremo nelle canzoni finché vogliamo”: questo è quanto vedo nelle nuove generazioni metal. (Kevin) Personalmente, sono davvero fuori dal giro per quanto riguarda la scena metal di oggi, o qualsiasi altra scena in questo ambito, ma, certamente, il metal sta cambiando. Tutto sta cambiando, ma il metal c’è sempre e sempre ci sarà. Il cambiamento è davvero l'unica costante nella vita. I vostri vecchi album sono difficili da trovare nella versione originale, questo è il motivo per cui, per molti anni, sono circolate versioni bootleg: non c'è nessuna possibilità di avere delle ristampe legali? (Randy) La possibilità c’è sempre. Potremmo stampare autonomamente i nostri vecchi dischi, ma non ne abbiamo ancora discusso: ovviamente tutto è possibile. (Kevin) Sì, ma è una cosa difficile. Questioni
legali e tutto ciò che ci gira intorno. Alla fine, penso che questa situazione si risolverà a beneficio dei Damien e dei fans che desiderano la nostra musica: dobbiamo trattare direttamente con i nostri fan tagliando fuori i bootleggers. Chi desidera la nostra musica può contattarci direttamente! Visto che siete on the road da molti anni, vorrei chiedervi secondo voi qual'è stata l'evoluzione della scena musicale dai vostri esordi ad oggi, e che cosa ha contribuito maggiormente ala sua evoluzione? Perché i Damien in passato sono rimasti indietro rispetto alle altre band che sono diventate più famose e rinomate? (Randy) Quando ho cominciato a muovermi nella scena ero un adolescente e Ruby Star, zia di Johnny, una volta mi disse che una canzone avrebbe potuto cambiarmi la vita. Aveva ragione. Il fatto che i Damien siano “rimasti indietro” potrebbe essere ricondotto ad un singolo incidente avvenuto subito dopo il mixaggio di “Stop This War” a New York. Era un dato di fatto che la canzone “Rising Dawn” dovesse essere il singolo e il video musicale. Tutti sapevano che era una hit, ma nessuno ci ha sostenuto, punto. Abbiamo avuto un incontro prima di lasciare New York e, non appena siamo arrivati a casa, il nostro manager ci ha contattato e ci ha detto che la casa discografica non ci avrebbe dato appoggio se non avessimo tagliato circa 90 secondi della canzone per portarla a circa 3 minuti e 30 secondi, la durata standard di quel periodo. Beh, non è andata come pensavamo. Abbiamo preso la decisione di non tagliare nulla e abbiamo accettato il compromesso con “Break Out", brano da spingere come singolo e video. Questa è stata una decisione unanime di ogni membro dei Damien, me compreso. Non fraintendetemi, io amo “Break Out”: è uno dei miei brani preferiti, ma “Rising Dawn” modificata avrebbe potuto portarci ad un livello superiore. Detto questo, sono felice che il controllo sia tornato ancora nelle mani dell'artista, perchè grazie ad Internet stiamo godendo dello stesso spazio creativo che avevano gli artisti durante gli anni '70. Non ho rimpianti, non c'è tempo nella vita di uomo per i rimpianti! (Kevin) Penso che ciò che ha contribuito al Metal statunitense siano le stesse cose che hanno contribuito a tutto il Metal. La città di
Birmingham, Inghilterra, e le sue tre grandi band: Black Sabbath, Judas Priest ed Iron Maiden!
Prima di loro, non c'era Metal in America... c’era l’Hard Rock di gruppi come Kiss, Aerosmith, Alice Cooper, Ted Nugent, ecc.. Poi gli Stati Uniti hanno prodotto band come Metallica, Megadeth, Anthrax, Chastain e naturalmente, Damien. Da lì, il Metal si è sviluppato in molte direzioni.. Non credo che i Damien siano stati lasciati indietro, diciamo che si sono distratti molto! Come ha detto Randy, sono cose che accadono nella vita! A volte si sono verificate situazioni inaspettate che ci hanno occupato a tempo pieno: le abbiamo affrontate, ed oggi abbiamo un nuovo album.. e noi siamo i migliori di sempre! Quali sono i vostri piani per il futuro? Credete che possa esserci un tour in Europa? Avete suonato live in questi anni o lo avete pianificato per questo 2013? (Randy) C'è una forte possibilità di realizzare un altro video musicale questa primavera e il concerto per il trentennale potrebbe essere l’occasione giusta. Fans europei, fateci sapere se verrete al concerto! (Kevin) Più Damien!! Più Damien! Sì, ci piacerebbe venire in Europa!! Noi, dal profondo del nostro cuore, siamo una band live! Abbiamo suonato insieme per trent’anni, così quando arriviamo sul palco ci troviamo in un territorio familiare!! E ancora, più Damien!!! Questo è tutto. Grazie mille per il vostro tempo e per questa meravigliosa conversazione: vi auguro tutto il meglio per i Damien e per tutte le vostre attività! (Randy) Grazie a te per l'opportunità di essere parte della tua fanzine, spero che il 2013 sia fortunato per voi tutti! (Kevin) Grazie!!! E che sia lo stesso per voi!! Auguri per il 2013 a voi e a tutti i nostri fans!!! ROCK FOREVER!!!
Discografia: Every Dog Has Its Day (1988) Stop This War (1989) Angel Juice (1995) Beyond Apathy (2011) Contatti: www.myspace.com/damienlives06
Si, delle band americane presentate in questo numero, sicuramente i Briar Rose rappresentano il versante più underground, il nome meno conosciuto, anche perchè, nonostante la formazione del Massachusetts sia on the road dalla fine degli anni ottanta, ed abbia alla spalle una discografia di tutto rispetto, non è riuscita mai a scrollarsi di dosso quello status di band di secondo piano che non gli si addice affatto. Guidati dall'enigmatico frontman Randy Black, da sempre il vero perno compositivo attorno al quale ruota l'assetto compositivo del combo, i nostri sono ritornati in auge già da qualche anno, ed il nuovo “Dark Lord”, che arriva a ben tre anni dal precedente “Roses Are Rare, Violence Is True”, ha veramente tutte le caratteristiche peculiari che potrebbero portare il nome dei nostri, nella personale play list di molti estimatori del buon caro vecchio heavy metal classico.... Intervista di Beppe Diana, traduzione di Federico Di Crescenzo
Ciao Randy e grazie per il tempo prezioso che ci sta dedicando, se non sbaglio il 2013 segna il venticinquesimo anno di attività per la band, un ottimo traguardo, dico bene? Ciao Beppe, si, dici bene, il problema è che non abbiamo nessuna intenzione di fermarci!! Non abbiamo mai voluto avere uno stile che seguisse i trend del momento, e continueremo a pubblicare nuovo materiale finchè possiamo, pensa che stiamo anche cominciando a scrivere il prossimo album, è un periodo davvero eccitante per tutti noi!! Qual'è lo stato all'interno della band oggi dopo aver dato ancora una volta piena dimostrazione di attraversare uno stato di forma veramente invidiabile? Direi che tutti quelli coinvolti nella produzione di "Dark Lord" sono senza dubbio felicissimi del risultato finale. Fondamentalmente tutto è andato nel senso in cui volevamo che andassero le cose, il che è abbastanza raro per noi. Di solito incappiamo in qualche sorta di fattore caotico, ma non stavolta. Tutto è andato per il verso giusto e siamo tutti molto contenti del risultato finale Credimi se ti dico che “Dark Lord” è uno dei pochi dischi attuali che ascolto con vera passione e trasporto dalla prima all'ultima song, la cura con cui lo avete realizzato, premia ogni vostro singolo sforzo, complimenti!! Grazie per le belle parole, si, teniamo molto a "Dark Lord", penso sia uno dei dischi più completi che abbiamo realizzato negli ultimi anni. Ci sono alcune passaggi sull'album, che hanno richiesto parecchio tempo prima di poter vedere la luce del giorno, anche perchè, tutto quello che c'è su "Dark Lord", è stato specificamente disegnato per far parte dell'album, scusa il gioco di parole. Si, capisco, per ovvie ragioni non conosco tutte le vostre produzioni, ho acquistato il vostro precedente album che mi è piaciuto parecchio, secondo te quali sono gli elementi distintivi fra il nuovo disco, ed i precedenti? "Roses Are Rare, Violence Is True" è davvero un buon prodotto discografico, ma mancano alcune cose che, con il senno di poi, avrei voluto inserire, siamo stati un po' troppo frettolosi..... Ogni album che viene registrato dovrebbe essere l'evoluzione di quello precedente. L'EP "Briar Rose" ha segnato l'inizio. Il primo album "Dark Tales Of Optimism" è molto diverso, "Win If You Can..." lo è ancora di più. Il live album "Detention" non conta visto che è appunto una registrazione dal vivo, ma "Roses..."
è parecchio differente da "Win...", mentre con "Dark Lord" abbiamo raggiunto un nuovo standard qualitativo, almeno lo spero, anche perchè è il frutto di un processo evolutivo. Si deve accogliere il progresso, o si finisce per produrre sempre lo stesso materiale tutte le volte. Realizzare questo disco è stato un impegno per la band, e credo che abbiamo centrato in pieno l'obbiettivo che ci eravamo prefissati. In che modo siete entrati in contatto con il famoso producer Chris Tsangarides? Chris è uno con cui avrei voluto lavorare sin dal 1982. Ho apprezzato molto il lavoro che ha svolto con il nostro nuovo album, ho sempre pensato che avrebbe potuto fornire ai Briar Rose quel quid in più che cercavo. Siamo riusciti a coinvolgerlo sulla produzione del precedente disco, che per quello nuovo, e se posso sbilanciarmi, spero possa lavorare con noi anche sul prossimo disco. Andiamo molto d'accordo, e ci divertiamo parecchio durante le sessioni di registrazione. Molti dei brani del disco hanno quel certo fascino arcaico, quel feeling old style che si lascia apprezzare fino in fondo, come te lo spieghi? Ahahah, pensa che delle dodici composizioni apparse sull'album, solo sette sono effettivamente state scritte per "Dark Lord", le restanti erano state composte già nel 1994, una di queste addirittura dal 1991. Sentivo che c'era del materiale davvero valido mai utilizzato, così ho registrato delle demo per la band, e ho fatto scegliere loro le migliori. Per la verità c'è ancora materiale più o meno completato per dieci album che potremmo utilizzare e rifinire, insieme ovviamente al materiale per il nuovo album. So di essere un ignorante in materia, ma non credevo che "My Girlfriend Is A Witch" fosse la cover di una sigla televisiva degli anni sessanta, sorry... Si, "My Girlfriend Is A Witch" è una cover originariamente pubblicata nel 1968 che ho sempre voluto suonare in tutte le band in cui sono stato, e solo questa versione dei Briar Rose ha avuto il merito di essere registrata, pensa che stiamo pianificando di registrarne un video. Sono sicuro che uscirà fuori qualcosa di simpatico. La Rooar Records per cui è uscito il vostro nuovo album, è la tua personale etichetta, vero? Credi che in futuro la label possa essere interssata nella produzione di altre band?
La Rooar Recors è la mia etichetta e ci sono piani per allargarla ad altre band, ma al momento la questione è sospesa. Preferisco essere pronto prima di espanderla.... Ci sono molti dettagli in cantiere, nulla che possa già annunciare, ma tutto lo sarà a tempo debito. C'è qualche giovane band che hanno catturato la tua attenzione negli ultimi mesi? Ho una pila di album sulla mia scrivania che mi sono stati mandati per la Rooar Records e che devo ascoltare, ma solo i Briar Rose hanno la mia attenzione al momento" Quindi è anche logico che ti chieda come vedi la scena metal odierna.... Dalla sua nascita, il metal è sempre stato una costante. Forse non è il genere musicale più popolare, c'è andato molto vicino negli anni 80 ma non è mai scomparso, oggi sta tornando alle sue radici underground da cui ha sempre attinto. Solamente in quell'ambito puoi trovare le band che tengono davvero alla musica. Molte hanno quest'idea esagerata di fare successo ad ogni costo e cercano di seguire quegli stili e quei suoni alla moda per cercare di arrivarci, e tutto questo non mi piace, non stanno cercando di fregare gli altri, stanno fregando anche loro stessi!! Quali sono i vostri piani per il futuro? Credi che nei prossimi mesi avrete la possibilità concreta di suonare almeno una volta nel vecchio continente?? "Suoniamo con piacere ovunque e in qualsiasi momento. Se qualcuno crea la giusta situazione e i giusti accordi per noi, non abbiamo alcun problema a suonare qui o oltreoceano, quindi se qualcuno è interessato a fissare un tour o un festival, basta solo creare i giusti accordi e contattarmi. Abbiamo suonato ogni anno da quando abbiamo ripreso l'attività, in più posso dirti che i brani di "Dark Lord" sono molto divertenti da suonare dal vivo... E' tutto..... Grazie a te Beppe!!!
Discografia: Dark Tales of Optimism (1990) Shoot the Producer!! (1991) Win If You Can... (1992) Detention Live (2000) Party Favor (2008) Roses Are Rare...(2009) Dark Lord (2012)
Prima o poi qualcuno la dovrà pagare cara per tutti i crimini commessi in passato, crimini discografici s’intende, vittime apparenti le decine e decine di band sacrificate sull’altare delle mode imperanti che da sempre regolano le inflessibili leggi di mercato, contro le quali ben poco si può, se non che cercare di farsi giustizia con le uniche risorse a noi disponibili, come la parola e i ricordi con i quali riuscire, se non altro, a tramandare le gesta di musicisti che, sicuramente, avrebbero meritato maggior fortuna. Prendete ad esempio gli Oliver Magnum.... Speciale a cura di Beppe Diana
Di sicuro una delle meteore più luminose che da sempre hanno costellato l’universo US metal, sono sicuro che ben pochi si ricorderanno di questo solido quartetto proveniente dall’Oklahoma, Enid per la precisione, autore di un platter che, per carisma e qualità espresse, dovrebbe essere senz’altro annoverato fra le pietre miliari della scuola power metal americana, ed invece, causa la sua difficile reperibilità ed altri fattori annessi e connessi alla label che nel lontano 1989 lo pubblico', ovvero la poco rassicurante New Renaissence, “Oliver Magnum”, il disco, vive nel ricordo di chi, sottoscritto compreso, nutre nei confronti di questa band, una devozione ed un’ammirazione senza confini e raffronti.
oniano, Oliver Twist, e la famosa casa di fabbricazioni di armi da fuoco Magnum, come in una sorta di ipotetico incrocio fra melodia e
MarkII – Il debutto
Mark I – Le origini La prima line up ufficiale della band risale addirittura al 1983, allorquando due giovani collegiali Dan Kurtz (basso) e Curt Daughterty (batteria), decidono di unire le proprie forze col promettente chitarrista Monte Humphrey, formando un trio strumentale che, all’epoca, aveva un repertorio basato quasi esclusivamente su cover di Allan Holdsworth, Ted Nugent e Rory Gallagher. Solamente sul finire del 1984 la formazione si completa con l’ingresso in pianta stabile del vocalist Mark Mueller, con il quale i nostri propenderanno per la stesura di materiale di propria fattura, decidendo di adottare il moniker Oliver Magnum, creato dal contrasto fra la figura del trovatello dell'omonimo romanzo Dickens-
contest che i nostri hanno a disposizione ben dodici ore da passare all'interno di uno studio di registrazione. Vede in questo modo la luce il demo “01986”, cinque brani dalla carica dirompente, fra cui uno strumentale, che, nonostante goda di un suono non proprio all'altezza delle aspettative, e di una produzione live oriented, mostra comunque una band alle prese con un heavy metal classico d'indubbio gusto compositivo, a volte incentrato attorno ad arroventati passaggi strumentali, altri sicuramente più attiguo ad atmosfere rilassate, che fanno di episodi come la straripante “Trapped”, o dell'altrettanto belligerante “Silent screm”, dei veri e propri cavalli di battaglia in sede live. L'accoglienza degli appassionati e dei così detti addetti ai lavori è così buona che, le prime mille copie del demo, vanno letteralmente a ruba, se si pensa che in soli due anni la band ne venderà altrettanti. Il primo ad accorgersi delle qualità intrinseche della band, è il buon Brian Slagel che inserisce la loro “Old World Nites” nella compilation “Metalmassacre IX”, mentre nello stesso anno i nostri registano il brano "Metal Cruelty" per uno split che, purtroppo, non verrà mai pubblicato. Dopo aver letteralmente invaso i club e i palchi della loro regione, nel 1988, quando il materiale per il primo album era pronto e le registrazioni sembravano oramai vicine, gli Oliver Magnum devono attutire l’abbandono forzato del proprio vocalist deciso ad intraprendere una, poco fruttuosa, carriera solistica lontana dalla musica dura, e, dopo varie audizioni, lo sostituiscono degnamente con il più giovane e, vocalmente, dotato James Randel proveniente dai Fortè.
potenza. Così, dopo il primo periodo di rodaggio grazie ai live nei posti più impensabili della loro città natale, è la vittoria al concorso "Battle of the bands" di Tulsa, a decretare l'avvenuta presa di coscienza da parte del quartetto in questione, non a caso, è proprio grazie alla vittoria del
Con il nuovo arrivato gli Oliver Magnum decidono che è arrivato il momento del grande passo, e registrano, a proprie spese, l'album omonimo che presenta sia i brani del demo, che altre quattro succulenti composizioni. Prodotto in maniera egregia dalla band con l'ausilio esterno di Terry Slemmons (Micheal Harris, Misfits e Fortè) e stampato dalla New Renaissence records, con la SPV che cura la distribuzione europea, “Oliver Magnum” è, nel suo insieme, un piccolo gioiello nel quale convivono unitamente l’anima metallica dei primi Queensryche e Crimson Glory, le tentazioni hard rock di Fifth Angel e Savatage, e gli echi più vicini ad una matrice heavy/thrash a la Metal Church, il tutto evidenziato da strutture armoniche e passaggi chitarristi davvero di prim’ordine, in cui la voce roca ed aspra del già citato James Randal, riesce a ritagliarsi la classica parte da leone.
Oliver Magnum – Il disco Composizioni come la memorabile “Sister Cybele”, alla quale tocca aprire le danze, veloce ed indemoniata, giocata su un riff-orama articolato, nervoso e maledettamente sincopato, contornato da una sezione ritmica sempre sugli scudi, come in un ipotetico connubio fra i Ryche di “Warning” e i Riot di “Nightbreaker”, o “The Last Prophet” sostenuto mid tempo che mette in mostra tutti i suoi contorni più epici ed arcani, e che richiama in più parti i Mystic Force di “Take command”, si alternano, dicevamo, a composizioni più diretti come “Old World Nites” che riportano la band su velocità
mettono in bella mostra una vena compositiva figlia putativa del retaggio classico, a la Liege Lord, Malice e Obsession, con lo strumentale “Tongue Tied” invece, danno sfogo alle loro velleità più nascoste, prima che “Silent Scream (Prelude To Death)” idealmente divisa in due parti, rafforzi il sentore di trovarsi di fronte ad un piccolo capolavoro. Il disco ottiene un'ottima accoglienza sia in patria che in Germania, e la band riesce a partire per un tour itinerante di sei mesi in compagnia dei vari Metal Church, Savatage, Lizzy Borden, e gli viene offerta la grande chance di essere raggiunta sul palco da Mickey Dee, mentre il culmine verrà toccato con le dare in Texas in compagnia degli inglesi Magnum.
Mark III – Drive By
sostenute, quasi speed metal, fra riff spaccaossa e continui richiami al heavy/thrash metal, in un mix di Savage Grace meets Agent Steel, scanditi da accelerazioni e ripartenze da brividi, mentre ad “Evilution”, alla quale tocca chiudere il lato A del platter, stupisce per le sue aperture progressive con un Monte Humphrey sempre sugli scudi Ancora classic metal venato da aperture e modulazioni atmosferiche, si odono sulla granitica “Trapped”, marziale up tempo le cui struttura portante risulta essere non molto distante dai Fates Warning di “Inside out”, ottimo l'apporto ritmico ed che supporta un James Randal che riesce a fornire una prova sempre più significante, mentre se sulle note di “Mendes Prey”, autentico esempio di techno/power metal, gli Oliver Magnum
La fine del tour purtroppo, porta con se la stanchezza ed i primi dissidi interni, che si concretizzano con l'abbandono del singer, che ritorna nelle fila dei Fortè, e sarà sostituito prima dal Jimmy King, proveniente dalla stessa formazione dell'Oklahoma, e successivamente dal ritrovato Mark Mueller. Il boom del rock alternativo da una parte, e del grunge dall'altra, marcarono in maniera indelebile, non solo il mercato discografico di quegli anni, le scelte di gran parte del pubblico, ma non certamente lo stile musicale degli Oliver Magnum che, si rifecero sotto grazie al demo tape “Drive by” che, oltre a presentare un cover artwork equidistante dai precedenti, mostra una band ben più consapevole delle proprie qualità tecnico/compositive, sicuramente libera di dare pieno sfogo alla propria inventiva, ascoltando episodi come l'opening “Invertigo” giocata attorno ad un groove che amalgama una sezione ritmica su base funky e partiture thrash
metal, e l'heavy rock moderno della seguente “Soon to be sane”, non si può che evincere quanto detto, mentre le altre tracce, giocano con sonorità tradizionali, come l'ottima “Lies” che ricorda le cose vecchie della band, un up vigoroso dalle reminiscenze thrash metal, proprio come fa la conclusiva “Artificial Inceneration”, che media alcune cadenze sludge, a ripartenze sicuramente più vicine ad un techno/thrash ottimamente strutturato!!!
Mark IV – I sogni infranti Ancora una volta è la Metal Blade a sembrare molto interessata al combo statunitense, ma anche la Shark records si fa sotto, e chiede dell'altro materiale ai nostri che, grazie ad un amico comune, riescono a sintetizzare una propensione artistica innata, all'interno di tre ottime composizioni che, se non fosse per una produzione alquanto deficitaria, potrebbero benissimo rappresentare il vertice espressivo di anni ed anni di dedizione alla causa della musica dura, ed episodi come l'intricata “Perfect picture” che richiama il progressive metal tecnico, l'aggressiva “Kill again tonight”, giocata su movenze feline e ritmi più ostenuti, o la stralunata “Bet'em of Bet'em” che si muove su ritmi più tenui. Come spesso accade in quete occasioni, il vertice artistico non coincide con la sigla del deal tanto voluto, e la band ha ancora la forza per autofinanziarsi un nuovo lavoro da studio, il più che egregio “Troubled life”, che racchiude in un unico contenitore ben cinque composizioni, alcune nuove di zecca, altre invece provenienti da vecchie sessioni di registrazione, ma nonostante tutto, la qualità è ancora alta, ed episodi come la corrosiva “American queen” o la stessa title track, mostrano una band veramente capace di poter dire la sua, ma che deve piegare la testa a leggi di mercato poco attente ai valori intrinseci. Il 1997 segna la fine dell'avventura Oliver Magnum dopo tre lustri vissuti sempre al massimo, mentre nel 2006 per festeggiare il ventennio, il chitarrista Monte Humphrey annuncia la reunion da più parti auspicata ma, nonostante il brusio e l'apertura di una pagina ufficiale su myspace, non si hanno più notizie...
Ricordati soprattutto per il più che discutibile lavoro d'artwork della loro unica testimonianza vinilica a titolo “Munity”, che per le qualità intrinseche della stesso, i californiani Dammaj da San Francisco, potevano essere la classica matricola che avrebbe potuto rappresentare una fulgida realtà del panorama musicale statunitense, se solo la dea bendata avesse avuto in serbo per loro un destino meno avverso e più producente, ed invece.. Beh, invece come al solito abbiamo dovuto attendere più di quattro lustri affinchè qualcuno, in questo caso la label polacca Skol Records, si ricordasse di loro, e ci restituisse intatta la magia e la perspicacia insite all'interno di quelle otto splendide composizioni, avvalorate per l'occasione da ben cinque bonus track proveniente dalle prime demo della band.. Nelle parole del chitarrista Mick Gilbert i ricordi legati al trascorso artistico della band.... Intervista di Beppe Diana, traduzione di Victor Solinas e Susy Porcedda
Ciao Mick, benvenuto, grazie per il tempo che ci stai volendo dedicare, visto che la maggior parte delle persone che stanno leggendo questa intervista cosa puoi dirci sul passato e ul presente della band? Ciao Beppe, grazie per il tuo interesse per i DAMMAJ. E' nostro piacere rispondere alle tue domande ed essere presenti nella tua Heavy Metal fanzine. La band sta molto bene, grazie, e per fortuna manteniamo ancora la line-up originale. I DAMMAJ sono: Greg Hill voce; Steve Gilbert basso; Mick Gilbert chitarra; Richie Gilbert chitarra; Bob Newkirk batteria. Ci stiamo godendo il nostro tempo assieme, e gli ultimi spettacoli che abbiamo fatto in due anni e mezzo, sono stati divertenti e hanno riscosso un gran successo! Il nostro primo live risale al luglio del 2010, quando abbiamo aperto per i Dokken. È stato motivo che ci ha fatto ricominciare a suonare di nuovo assieme dopo aver ricevuto una telefonata con la quale ci invitavano a prendere parte a questo evento. E' stato un fantastico concerto, con un buon pubblico, abbiamo suonato molto bene considerando che avevamo fatto solo una prova per prepararci a questo spettacolo. Abbiamo deciso di suonare dal vivo solamente quando ci siamo sentiti che era il momento giusto, con molti mesi di stacco da un concerto all'altro per far sì che ogni concerto nella zona fosse uno spettacolo speciale. Da allora abbiamo fatto uno spettacolo da headliner con oltre 650 persone, abbiamo aperto per gli MSG facendo quasi tutto esaurito, e alcuni spettacoli minori... Alla fine di gennaio siamo entrati in studio per registrare due nuove canzoni.
Come è nata la collaborazione con la Skol records? Avete firmato un contratto per la sola ristampa di “Mutiny”? Nel gennaio del 2012, Bart Gabriel della Skol Records Polonia, ci ha contattato con l'idea di una ristampa del nostro vinile del 1986 "Mutiny". Bart era un fan dei DAMMAJ e dell'album fin dall'inizio degli anni '90, ha pensato che era il momento di portare in cd "Mutiny" per avere una maggiore qualità e non come quella del bootleg che sta circolando in Europa da anni. Ha giustamente pensato che sarebbe stata anche una grande idea includere alcune bonus tracks per renderlo ancora più speciale. Eravamo molto eccitati di questa proposta, e l'idea di avere questo classico album di nuovo disponibile per far scoprire e godere della nostra musica i fans, così abbiamo firmato con la Skol Records solo per questa ristampa. I ragazzi dell'etichetta hanno fatto un ottimo lavoro con questo cd, il packaging è fantastico e il libretto è ben fornito di informazioni e foto, penso siate soddisfatti del loro lavoro, dico bene? Sì, siamo molto soddisfatti di questa release. La Skol ha fatto un ottimo lavoro su tutto. Bart ha ri-masterizzato per intero il cd e sembra davvero fantastico! La band ha scelto cinque bonus tracks tratte da due dei nostri demo dell'83, tre di queste canzoni erano rimaste fuori dalla prima versione di "Mutiny" perchè erano troppo crude. Il libretto con i testi e le foto si è rivelato una chicca, ed hanno qualcosa di stile vecchia scuola anche se nel vinile rende ancora di più. Abbiamo deciso di mantenere la copertina originale, anche se l'abbiamo sempre detestata,
per lasciarlo il più autentico possibile. La Skol ha la licenza della versione in cd, mentre la Blood & Iron/Metal Soldiers in Portogallo, quella in vinile. E' molto eccitante per noi averlo in entrambi i formati perchè il vinile è e sarà sempre speciale. Anche i portoghesi hanno fatto un lavoro fantastico, pensa che all'interno del vinile c'è anche una copertina interna che ha un poster. Ti sei in qualche modo emozionato ascoltando nuovamente il vostro vecchio materiale? Ogni volta che sentiamo o suoniamo i brani di "Mutiny", si sente ancora la magia che avevano quando sono state scritte. C'è qualcosa sulle melodie e sul suono generale che rende canzoni come "March of the Gladiators" , "Mutiny" e "Clashes of Steel" delle songs epiche. Queste e altre canzoni sull'album continuano ad avere ai giorni nostri un suono classico rilevante. Ci portano indietro nel tempo a quando le abbiamo scritte, arrangiate, al lavoro per le armonie delle chitarra e voce, a volte cambiando qualcosa per farle diventare ciò che sono ora, e all'intero processo di registrazione. Erano almeno 27 anni che non sentivamo le canzoni utilizzate come bonus-tracks nella riedizione. Quando Bart mi ha chiesto le canzoni del vecchio demo, ho dovuto cercare nei vecchi cassetti della mia soffitta, fino a quando non mi sono imbattuto in una vecchia bobina contenente delle registrazioni. Onestamente non sapevamo che cosa ci fosse li dentro, in quanto non recavano nessuna dicitura, ma in cuor mio sapevo che almeno due delle songs di quella bobina erano quelle di cui avevamo bisogno.
Dopo che le ho sentite per la prima volta dopo tanto tempo, era incredibile, come abbiamo potuto dimenticarci di quanto suonassero bene! Solo ascoltando le differenze delle versioni di "Leather Master", "Devils & Angels" e "Smuggler" ci siamo accorti di quanto fossero cool! Ci hanno restituito tanti bei ricordi... Sono piuttosto curioso, per cui vorrei chiederti se puoi darci qualche dettaglio sulle registrazioni, sul tempo speso in studio e sulle altre canzoni che sono state inserite sull'album? "Mutiny" è stato registrato ai R.O. Studios a Concord, (Ca), con un 24 piste, da "State of the art" recording studio nel Capodanno 'dell'83/ '84.
Altra curiosità, ma dei brani che avete in repertorio, secondo te c'è ne una che per tutti voi ha un significato speciale? Noi tutti abbiamo delle preferenze diverse riguardo le canzoni dell'album per vari motivi. La preferita di Greg è "Mutiny", lui ha sempre amato quel ritmo, le melodie e i testi, e si sente che ha eseguito le migliori parti vocali dell'album in quel frangente. Steve ama suonare "Leather Master" per le sue cavalcate. A me piace "March of the Gladiators" per il suo tema storico-epico, lo splendido testo e il suo groove melodico delle chitarre. Richie ama "Smuggler" per le parti armoniche soliste e "Mutiny" per le melodie. Il brano preferito di Bob è "Leather Master" per l'energia del brano. I DAMMAJ provenivano da San Francisco, una zona conosciuta come la culla del thrash metal, quanto era difficile per voi costruirsi una solida reputazione come band di classic/power metal? La baia di San Francisco ha sempre avuto una buona scena musicale, soprattutto nei primi anni '80. Come band locale dovevamo addirittura pagare i club per suonare nelle serate di meno rilievo come il martedì e il mercoledì, con la speranza che un giorno fossimo ammessi a serate e locali di maggior rilievo, purtroppo lo abbiamo fatto molte volte. Alla fine ci hanno offerto dei buoni concerti per i sabato sera, il primo è stato come band di apertura per un gruppo locale che si
La batteria è stata registrata per prima con tracce di chitarra ritmica e basso. Il suono della batteria sembrava molto intenso e pesante attraverso i monitor dello studio nel brano "Mutiny". E' stato messo un microfono nel corridoio tra la sala registrazione e la sala controllo che ha fatto diventare tutto ciò enorme. Nel pomeriggio le linee di basso sono state registrate con un basso Charvel attaccato direttamente al mixer, e poi, sono state registrate le chitarre ritmiche. Entrambe le chitarre utilizzate per le registrazioni erano Gibson Flying V con amplificatori Marshall JCM800 50w microfonati con Shure SM57 e un microfono della sala che gli ha dato un suono grandioso. In tarda serata è arrivato il momento di inserire alcuni solo di chitarra in modo che Richie riuscisse a finirli per tarda serata. C'era molta eccitazione in studio per ciò che stava venendo ed è stato molto divertente che fosse successo a Capodanno. Abbiamo ri-iniziato presto la mattina successiva con Mick per finire alcuni dei suoi solo, aggiunto sovraincisioni e ha iniziato le parti vocali soliste. C'è voluta un'altra sessione di fine settimana al R.O. Studios per terminare le voci principali, un paio di sovraincisioni e i cori. A lavoro terminato eravamo tutti molto felici del lavoro svolto e dell'esperienza vissuta. Le altre canzoni che non hanno fatto parte dell'album ma che erano nei nostri demo dell'83, come "Boneyard" "Lover's Leap" and "Another Lonely Night", sono state considerate canzoni più vecchie e più deboli, ed hanno lasciato la strada al materiale più pesante ed attuale come "Leather Master", "Mutiny" e "Clashes of Steel" sopratutto perchè lo spazio nell'album era questo. L'ultimo brano "Metal Rules" probabilmente avrebbe dovuto far parte dell'album, ma il produttore, ci disse che lo spazio era esaurito con le altre canzoni già scelte risparmiando "Metal Rules" per un futuro album che purtroppo non c'è mai stato. Quali erano all'epoca le vostre influenze? A quel tempo le nostre influenze erano e sono ancora le bands con cui siamo cresciuti, ti posso citare The Who, Status Quo, Queen, Deep Purple, UFO, Rainbow e AC / DC. Poi ci sono le bands che avevano un suono più pesante come Judas Priest, Iron Maiden e Saxon Black Sabbath che naturalmente ci hanno fatto modificare la nostra cognizione di musica rock!!
chiamava Y & T, nel 1981. E' stato il primo concerto di Richie con i Dammaj ed è stato subito sold out. Nel 1982 abbiamo aperto per i Krokus, Y & T ed Overdrive giusto per citarne alcuni. Il 1983 è stato un buon anno per noi, abbiamo fatto alcuni grandi spettacoli con tutto esaurito, aprendo per Girlschool, Y & T, Vandeberg, Quiet Riot, Motorhead, Ratt, Nazareth, Riot e Saxon. Le reazioni che abbiamo ricevuto da questi spettacoli ci ha portato ad avere fans più appassionati nella zona e a fare spettacoli maggiori anche da headliner. Anche se il thrash metal stava diventando sempre più popolare, non tutti lo hanno accettato e non a tutti è piaciuto compresi noi, è per questo che abbiamo mantenuto il nostro stile più classico e melodico. Dopo l'uscita dell'album, c'è stato un momento in cui la band stava per diventare qualcosa di più di un semplice gruppo di amici a cui piaceva suonare, sembrava davvero un trampolino di lancio ipotetico per la conquista di un sogno, cos'è realmente accaduto che vi ha portato a sciogliervi? Purtroppo prima di rilasciare "Mutiny", la relazione tra etichetta (Par Records) e noi divenne aspra durante le trattative. E' per questo che l'album non è stato affatto promosso da loro. E' anche per questo che non abbiamo mai fatto un tour in Europa, anche se ci hanno fatto credere che l'avremmo fatto, anche per questo l'album non è mai stato rilasciato negli Stati Uniti. Abbiamo continuato per un po' a fare live e a scrivere canzoni fino a quando Richie e Bob hanno deciso di voler iniziare una nuova
esperienza musicale con una direzione diversa..quindi con molta delusione si è decretata la fine dei DAMMAJ Dopo lo split della band qualcuno di voi è rimasto attivo nella scena con altri progetti? Richie e Bob hanno fatto parte di una band chiamata Jack the Lad per circa 5 anni. Successivamente, Bob è stato coinvolto in due band, talvolta contemporaneamente, chiamate Krenshaw e Kevel. Steve è stato membro di una band per un po' di tempo, ma non ricordo il nome. E veniamo ad oggi, posso immaginare che state progettando un nuovo album, cosa ci puoi dire a riguardo? Le nuove composizioni seguiranno lo stile classico della band? Ti prego, dimmi che vi state preparando per un grande ritorno... Beh, siamo entrati in studio sabato 19 gennaio e abbiamo iniziato ad incidere due tracce nuove. La seconda "Under my skin" è qualcosa ni nuovo a livello si sound, molto lenta ed oscura, ed apporta alcune belle modifiche. Abbiamo finito di registrare tutti gli strumenti nel fine settimana e siamo tornati il 26 per registrare i soli e i cori. Anche se entrambe le canzoni hanno un suono diverso dai lavori passati targati Dammaj, abbiamo mantenuto una certa coerenza. Speriamo di registrare due canzoni alla volta fino a quando ne avremmo abbastanza per fare un nuovo album. Quali sono i piani futuri per i Dammaj? Ci sarà la possibilità di vedervi dal vivo in Europa il prossimo anno? Dopo aver finito il mix finale ci concentreremo a scrivere alcune nuove canzoni perchè ne abbiamo un disperato bisogno. Abbiamo alcune idee e vogliamo prenderle tutti assieme o almeno uno o due di noi per vedere il da farsi. Ci prenderemo una pausa dai live per concentrarsi su questo. E 'eccitante, in questo periodo siamo molto creativi, anche se molto ansiosi. Dobbiamo appesantire alcune canzoni, alcune sul palco specialmente "Under my skin". Sarebbe un sogno che si avvera per noi suonare finalmente in Europa, come doveva succedere molti anni fa, sappiamo come è dedito e leale il
pubblico laggiù, tanto più che negli Stati Uniti. Sarebbe bello suonare al "Keep it True" o al "Metal Assault" in Germania. Prima di concludere, che cosa fate quando non siete coinvolti in attività della band? Andiamo a lavorare tutti i giorni, suoniamo, stiamo in famiglia, guardiamo football Americano ed Inglese e cerchiamo di mantenerci in forma. Siamo alla fine, grazie di tutto... Ciao a tutti i fan italiani della musica Heavy Metal. Siamo molto lieti di essere in grado di entrare finalmente in contatto con voi appassionati di grande musica, e se siamo abbastanza fortunati, potremmo conoscere quelli di voi che ci supportano da anni. Vi preghiamo di acquistare, se potete, la nuova versione di “Mutiny” in cd o vinile nei siti delle due label qui sotto. Grazie per il vostro sostegno.
Un altro nome riportato in auge dalla label polacca Skol records è quello dei cult heros Taist Of Iron formazione con base operativa nello stato di Washington, Tacoma per la precisione, autrice anche questa di un'unica testimonianza discografica, l'oscuro “Reurrection”, passato alla storia per essere uno dei dischi più ricercati dai collezionisti di cimeli storici appartenuti alla scena musicale americana degli anni ottanta. Di difficile reperibilità, distribuito in maniera autofinanziata in poche centinaia di copie dalla Iron records, di proprietà della stessa band, i dodici brani che trovano posto nella track liti finale del disco, riescono ad affascinare grazie ad un particolare mix di heavy metal dall'approccio oscuro, rafforzato da alcune parti più atmosferiche che ne accrescono la componente arcaica........ Intervista di Beppe Diana
Ciao Mark e grazie di tutto, partiamo subito con la prima domanda, come ed in che maniera state vivendo questa vostra seconda opportunità? Ciao Beppe, la band si sta comportando molto bene ultimamente, anche se, oggigiorno, a volte è difficile rubare del tempo ai nostri impegni personali, oramai siamo tutti dei professionisti in altri campi. E 'stato meraviglioso avere la possibilità di rivivere il nostro passato e speriamo anche di portare a compimento alcune cose che non abbiamo avuto la possibilità di fare la prima volta. Ok, dalle foto che ho visto sulla vostra pagina personale di Facebook, ho notato che siete tornati a suonare nuovamente dal vivo, siete stati in grado di ricreare lo spirito che vi caratterizzava in passato? Si, lo spirito vive nelle canzoni che abbiamo composto e suonato per anni. Per quel che concerne il palco, abbiamo allestito uno spettacolo all'altezza delle aspettative, per poter, in qualche modo, ricreare un'esperienza che lascerà, lo spero, un ricordo indelebile in chi ci verrà a vedere dal vivo!! Nella prima parte della vostra carriera, la band ha avuto una vita breve ma intensa, quali sono i ricordi di quel periodo? I ricordi migliori sono sicuramente legati agli spettacoli che abbiamo organizzato in supporto all'uscita del primo disco, eventi live sia nella nostra zona, che nei paesi limitrofi. Ricordo i
giorni delle prove e quelli vissuti a preparare il palco, lo spettacolo che avevamo messo su, aveva quella teatralità che ha caratterizzato sempre le nostre esibizioni dal vivo..
E 'incredibile, ahahhaha. Vorrei averne ancora una pila per poterne vendere qualcuno e finanziare le registrazioni del secondo disco della band, mi sto letteralmente mangiando le mani!!
Quanto è stato difficile registrare un album come "Resurrection" che, in pratica, era un album autoprodotto? E 'vero che la Iron record era la vostra etichetta personale? Sì, è vero era la nostra label. Il difficile del gestire un'etichetta discografica, era sicuramente trovare il denaro per la distribuzione del disco, per farlo abbiamo venduto anche il nostro impianto luci che avevamo acquistato agli inizi della carriera. Anche oggi mi piace entrare in studio a registrare il materiale che di solito compongo, negli ultimi anni non sono mai stato fermo, ecco perchè posso annunciarti che stiamo già lavorando ad un secondo album.
Avere in formazione una grandissima vocalist come Lorraine era certamente un elemento che,
L'autoproduzione è uno dei motivi per cui la prima stampa del disco è diventata molto rara, dico bene?? Sì, dici bene, “Reurrection” è un album rarissimo distribuito in poche centinaia di copie nella tiratura originale, diciamo che ci ce l'ha, può ritenersi fortunato!!! Sai, un paio di mesi fa ho visto vendere che il vostro vinile per circa 400 euro ad una fiera del disco, che ne pensi?
almeno all'epoca, caratterizza parecchio il vostro sound, ma credo anche che avete dovuto fare fronte a parecchi pregiudizi, è vero? In realtà all'epoca non era nei nostri pensieri, anche perchè avere al fianco una come Lorraine, era come affidarsi nelle mani di una musicista talentuosa, per cui, ogni pregiudizio, anche il più insignificante, sarebbe stato come buttare del combustibile sul fuoco!!! Il suono dell'LP è molto particolare, un mix di heavy metal con un approccio oscuro e alcune parti più atmosferiche, questo mi ha sempre fatto pensare che, voi musicisti, avevate un background musicale molto eterogeneo... Si, senz'altro, pensa che addirittura alcuni di noi provenivano da un'estrazione classica, mentre altri, come il sottoscritto, erano autodidatti, e dei rocker sfegatati!!! Da quest'incontro fra musica raffinata e rock da strada, nascevano e nostre composizioni!! La copertina del disco l'ho sempre trovata molto affascinante, l'equilibrio perfetto fra la luce e tenebre, credenze religiose e pratiche esoteriche Sì, la tua potrebbe essere una buona chiave di lettura, ma non chiedermi che cosa nasconda esattamente, perchè non c'è una motivazione ragionevole dietro a quella rappresentazione grafica, veramente!!! Mi parleresti di brani come “Victim child”, “Evil” e “Cross of fire”? "Victim child" è una delle mie composizioni preferite, penso che potrebbe essere la traccia più rappresentativa dell'album, la parte centrale con i cori che sembrano trascendere dall'opera lirica, mi sono sempre piaciuti, sembrano quasi degli angeli che cantano come dei demoni e creano davvero uno stato d'animo unico. "Evil", è una grande canzone da suonare dal vivo, ci piace miscelarla con alcune parti che
provengono da "War Pigs", tra la seconda strofa e l'attacco degli assoli, è sempre piaciuta al pubblico. "Cross of fire", racconta la storia di una battaglia e della vendetta che ne è seguita, è la preferita di Lorraine. Siete soddisfatti della nuova edizione del disco curata dalla Skol record? So che la prima stampa è un doppio cd con l'ep "Cold Day In Hell" come bonus, cosa ci può dire a riguardo? Sì. Credo proprio che Bart Gabriel ha fatto un enorme lavoro, siamo molto soddisfatti del prodotto finale, diamine!! Per il cd bonus, è un EP di 4 brani che abbiamo registrato e prodotto nel 2011, alcuni sono dei semplici remake come "Metal Beast", altre invece sono totalmente nuove come nel caso di "Dont Look Away", Head Bangers Ball" e della title track "Cold Day In Hell". In giro sulla rete ho sentito parlare di un secondo album mai uscito, è vero? E 'vero c'è stato un secondo album del progetto che non è mai stato completato, di recente ho acquistato due bobine con quelle registrazioni di alcune delle canzoni, e forse alcuni di quei brani saranno nell'album che abbiamo attualmente in lavorazione. Un'altra leggenda relazionata ai Taist of Iron sono i Ruzskullen dalla quale line up proveniva lo zoccolo duro della band.. Ma chi ti ha parlato di questa band? Innanzi tutto devo dirti che ci chiamavamo "Ruz Skullen", e la prima formazione è stata assemblata nel 1980, con i seguenti membri originali, Brad Petrovich alla voce, Randy Ortogero e Steve Gale alle chitarre, io al basso e Tom Cleeves alla batteria. Lorraine prese il posto di Brad poco dopo.
Classica intervista botta-risposta per uno scambio di vedute con i giapponesi Blaze, formazione con alle spalle l'ottimo debutto omonimo realizzato in maniera autofinanziata nel 2007, ridistribuito nuovamente per il territorio europeo la scorsa stagione dalla mai doma High Roller Records che, per la nuova versione, ha pensato bene di includere una bonus track, proveniente dall'unica demo della band, artefice di un heavy rock muscolare, posto a metà strada fra le locuzioni di matrice albionica, e le propensioni sevenities di Budgie, Thin Lizzy ed UFO. Parola al chitarrista Hisashi Suzuki Intervista di Beppe Diana
Ciao Hisashi e benvenuto alle nostre pagine, ho saputo che da qualche mese avete un nuovo batterista, ce lo puoi presentare? Ciao Beppe, sì, abbiamo un nuovo batterista, si chiama Takashi Funabiki e fa parte della band già da un anno. È un'ottima musicista, ma prima di tutto una persona stupenda, credo possa dare alla band quella marcia in più che stavamo cercando da tempo, non a caso le registrazione del prossimo album inizieranno alla fine di maggio. In che modo è nato l'accordo con l'etichetta tedesca High Roller Records? Avete firmato solo per un album, oppure credi che la label possa essere interessata anche al nuovo album di cui mi parlavi? Come ben saprai, il nostro disco è uscito in forma auto finanziata nel 2007, la High Roller ci ha contattato lo scorso anno per la pubblicazione della versione Europa, e solo per questo gli siamo davvero molto grati. Quando avremmo finito di registrare le 5 tracce del nuovo ep, li contatteremo nuovamente.
La band era fortemente influenzata dai Riot, suonavamo molte cover della band nel nostro primo periodo, ma eravamo influenzati anche da Scorpions, Black Sabbath, e Thin Lizzy. Nell'ottobre del 1982 Lorraine lasciò la band per unirsi ai Taist of iron, e per ironia della sorte, l'attuale formazione dei Taist è formata da ex membri dei Ruz Skullen, Steve Gale è con noi dal 2009, mentre Tom Cleeves si è unito a noi nei primi mesi del 2012. Pensando al vostro passato credi di avere qualche rimpianto? Avrei voluto che i Taist Of Iron non si fossero separati perchè avevamo ancora molto da dire, ed il materiale nuovo, lo dimostrava pienamente, ma la vita è così, che ci vuoi fare, anche per questo stiamo vivendo in maniera intensa questa nostra seconda opportunità!! Spero ancora di avere la possibilità di venire ad esibirmi dal vivo in Europa, è stato sempre il mio desiderio, solo allora potrò dire di aver realizzato il mio sogno.. Ok è tutto... Ciao Beppe, grazie per l'intervista.
Cosa puoi dirci di questa prossima release, il suono seguirà il sentiero tracciato dal vostro debutto, o ci saranno dei cambiamenti? Come ti ho detto, ci piacerebbe pubblicare un EP quest'anno. Spero che la qualità del suono sia migliore, in particolare quella della sezione ritmica. Per quel che concerne la nostra musica, beh, non credo sia cambiata in modo radicale, almeno lo spero!! Ottimo, anche perchè il vostro stile musicale, influenzato dall'heavy rock dalla NWOBHM, ma anche da band dei primi anni '70 come Thin Lizzy o Ufo, piace per la sua genuinità!!! Grazie, è la musica con la quale siamo cresciuti e con la quale ci siamo formati come musicisti, io sono un patito della NWOBHM più oscura, ed amo alla follia gli anni settanta, per cui, è tutto molto naturale come vedi.. .. anche il carattere che avete scelto per il vostro logo è tipicamente anni settanta .... Non è malvagio il nostro logo attuale, abbiamo cercato di renderlo più cool, però poi siamo tornati ad esibirne una versione più semplice... non ti piace?
No, per carità, anzi, mi piace parecchio, poi trovo che risalti bene sulla copertina del vostro album, un artwork a metà strada tra passato e presente, ma dov'è diretto il vascello dei Blaze? Uhm, non c'è alcun significato speciale. Il ragazzo che ha disegnato la nave che vedi, è un mio amico. In passato ha lavorato con alcune band giapponesi come Genocide ed Hurry Scurry. Non è un disegnatore di professione, ma volevamo lo stesso che fosse lui ad occuparsene. Quanto è difficile portare avanti una band come la vostra quando suonare non ti paga di certo le bollette? Io suono solo per il piacere di farlo e il piacere di chi viene a vederci e a sostenerci dal vivo, anche se siamo ben consci di non non ricavarne dei guadagni. Ho sempre apprezzato i nostri fan, grazie a loro, possiamo continuare a suonare e lo faremo finchè ne avremo le forze. Fino a pochi anni fa, il Giappone era conosciuto come l'Eldorado per molte band americane ed europee, ricordo con molta nostalgia che parecchie formazioni del vecchio continente erano solite registrare i loro dischi live al Budokan, come oggi la situazione da voi? Penso che la crisi finanziaria ha colpito anche voi, dico bene? Sì, hai ragione. L'economia giapponese non attraversa un buon periodo proprio dal 1995, ed il grande terremoto che ha colpito il paese, ha inferto un ulteriore duro colpo. A livello puramente monetario non è un buon periodo, ed è anche per questo che, per la prima stampa del disco, avevamo deciso per l'autofinanziamento. Adesso invece la destinazione preferita di molte band è il vecchio continente, e per i Blaze? Anche per i Blaze, sarebbe fantastico potersi esibire in Europa, ma al momento, nessuno ci ha invitato.. Ok Hisashi è tutto... Grazie a voi per il sostegno e per la possibilità di farci conoscere in Italia, magari un giorno ci incontreremo sotto uno stage, chissà, per ora non ci rimane che attende il nuovo ep...ciao
cercheremo di suonare in Europa durante il prossimo anno, purtroppo però, le tribute band stanno togliendo spazio sia alle formazioni più giovani e motivate che alle band come la nostra che fanno dell'integrità artistica e musicale uno stile di vita ….
La new wave della new wave? Si, a parte il giro di parole, gli inglesi Nightblade sono la tipica formazione che annovera fra le sue fila musicisti con un certo trascorso artistico come il chitarrista Dave Parrish, già attivo con gli oscuri Scarab, e nuove leve, in un una sorte di unione di intenti che fanno del loro album di debutto “Servant to your liars” un connubio riuscito di trame old style ed arrangiamenti più elaborati che potrebbero fare la felicità degli amanti di un certa musica pesante. Nelle parole dello stesso chitarrista la genesi di un disco consigliato da noi di Graveyard Symphony Intervista di Beppe Diana, traduzione di Niccolò Clemente
Ciao Dave e benvenuto sulle pagine di Graveyard Symphony cartacea: le ultime notizie parlano di un nuovo singolo in uscita, puoi illuminarci a tal proposito? "Over my dead Body" è un piccolo assaggio del nostro nuovo album che stiamo al momento finendo di registrare. Potete effettuare il download direttamente dal nostro sito internet, ci siamo presi alcuni mesi di tempo per la registrazione del prossimo album. Lo split con il nostro precedente drummer ci ha costretti a riprendere il lavoro di registrazione delle parti di batteria, quindi quello che ascolterete sull'album, sarà una versione leggermente diversa rispetto a quella ascoltata sul single. Ok, molti fans ti conoscono grazie ai tuoi trascorsi negli Scarab, invece conoscono poco i NightBlade, cosa ci puoi dire di questa nuova realtà musicale? Avete registrato un demo prima dell'album? Dopo la pubblicazione dell'ep "Soul for a Soul" nel 2009, Paul Britton, leader della band, decise di mettere in ibernazione gli Scarab, e si unì prima con i Solstice, e poi con i Jameson Raid, mentre io decisi di mettere in piedi una nuova band. Mio fratello mi mise in contatto con un bassista, Billy Fiz...insieme fummo d'accordo nel cercare
un cantante che fosse duttile, e così reclutammo Mark Crosby che rispondeva alle nostre necessità, mentre eravamo in uno studio di registrazione. Con l'ingresso di Richard Lawley nel Dicembre 2010 abbiamo dapprima registrato sei brani, e poi siamo partiti per un mini tour nella nostra zona per fomentare la nostra solidità. Perfetto, cosa puoi della genesi del vostro album di debutto? Il songwriting è frutto di un lavoro di gruppo, o di una sola mente? Sia io che il cantante contribuiamo alla stesura delle canzoni in maniera equa: io butto giù un abbozzo della canzone direttamente nel mio Home Studio, e poi lo invio tramite email alla band, Mark come puoi ben capire, scrive il testo e butta giù alcune melodie. In questo modo, quando ci troviamo per provare, ogni componente della band conosce già la propria parte. Ad esempio io utilizzo il BOSS mini studio e non posso che consigliarlo alle bands per archiviare le proprie idee o le bozze dei loro brani. Credo che il principale mercato per la vostra musica sia rappresentato dalla Grecia e dalla Germania, avete avuto delle richieste per delle esibizioni dal vivo in queste due nazioni? Abbiamo suonato al di fuori dell’Inghilterra e
Un aspetto che ho notato riguardo la vostra label, ti chiedo di correggermi nel caso sbagliassi: sembrerebbe che non promuova al meglio il vostro album, come se non le interessasse venderlo, tu come la vedi? Avremo un incontro in queste settimane proprio per fare un punto della situazione, anche se siamo al corrente che l’album sia acquistabile online in vari siti internet, però hai ragione, la promozione potrebbe essere migliore.... Per quanto riguarda l’aspetto prettamente live, il video di “When Two Souls Collide” mostra una band fantastica, avete avuto la possibilità di suonare nella vostra zona? Potete spiegare che tipo di atmosfera si respirare durante i vostri live show? Abbiamo organizzato un tour giusto nel 2012 e che dire, abbiamo respirato una bella atmosfera durante le nostre esibizione live…e noi abbiamo dato tutti noi stessi. Ci piace che ciò che regaliamo con la nostra musica sia in egual misura potente ed emozionante! Quanto è difficile crearsi una solida reputazione nella vostra area dove a farla da padrone sono i generi più estremi dell'heavy metal? Difficile, molto difficile. Noi crediamo in ciò che facciamo e capiamo che non possiamo piacere a tutti; in città abbiamo avuto una tiepida accoglienza, è normale, ma non ci lasciamo abbattere, tutt’altro, sfruttiamo queste vittorie e queste sconfitte per migliorare e crescere. Negli ultimi anni siamo stati testimoni di varie reunion, quindi vorrei conoscere il tuo parere a riguardo.... Penso che dal momento in cui il metal si sposa con la tua anima, niente al mondo potrà impedirti di suonarlo e viverlo, ed è per questo che alcune vecchie band, ad un certo momento della loro vita, sentono il bisogno di riunirsi e suonare i vecchi cavalli di battaglia. Noi nel nostro piccolo vorremmo parlare ai sostenitori dei nuovi generi musicali nati negli ultimi anni, e vorremmo fargli capire che è proprio dal metal classico è partito tutto. Un buon esempio è stato il BROFEST dello scorso marzo con moltissime band della NWOBHM nate negli anni ’80; il grande numero di spettatori provenienti da tutta Europa e dall’America, ha trasformato questo evento in qualcosa di molto importante nel panorama europeo. Prima di terminare vorrei sapere quali saranno i prossimi passi della band. Stiamo registrando il nostro nuovo album “Closer to Threshold”, dovrebbe essere pronto in questi giorni, quindi ci aggregheremo ai Diamond Head per un tour di supporto. Speriamo di suonare fuori Europa il prima possibile in modo da far sventolare la bandiera della NWOBHM anche oltremare. Dave siamo alla fine Un saluto a tutti coloro che stanno leggendo quest'intervista. Supportate la scena underground, supportate i NightBlade cosicché presto potremo suonare anche da voi! Ciao!!!
Per la prima volta, credo, una fanzine italiana è orgogliosa di presentare un'intervista con gli Attacker, storica formazione del New Jersey, un combo che, con una storia ultra decennale, è diventato un esempio di dedizione, perseveranza, e l'amore profondo per l'heavy metal che l'ha da sempre caratterizzata, l'hanno portata ad essere una grande risorsa per la scena mondiale, e per quella legata US Metal. Ed il nuovo album "Giants of Canaan", è ancora una volta una raccolta di brani musicalmente complessi , prodotti e suonati in maniera eccelsa, che abbracciano l'intera storia dei nostri, e che ne amplificano, dove possibile, le qualità intrinseche di un combo che è deciso più che mai a non mollare la presa, anche perchè ogni album supera il precedente per qualità e peculiarità attitudinali. Lascio la parola a Michael Sabatini batterista/portavoce della band americana, che ci introdurrà al nuovo album partendo proprio dalle news attuali, per cui... Intervista di Beppe Diana
Ciao Michael e grazie per il tuo tempo prezioso che ci stai concedendo, l'ultima notizia che ho sulla band riguarda la vostra partecipazione all'ultima edizione del Metal Assault in Germania, ci potresti dire che genere di reazione che avete avuto dal pubblico in occasione di questa vostra partecipazione? L'accoglienza è stata incredibile. Mancavamo dalla Germania da 5 anni ed è stato meraviglioso essere accolti ancora una volta a braccia aperte. Siamo sempre stati trattati benissimo dai nostri fan. E 'come la nostra seconda casa, e non vediamo l'ora di tornarci ancora una volta. Bene, la band è tornata in pista dopo una pausa di riflessione di qualche anno, apportando qualche sostanziosa modifica alla propria line up ufficiale con l'inserimento di un nuovo bassista e un nuovo cantante che, senza dubbio,
ha caratterizzato il songwriting dell'ultimo cd, possiamo dire che per voi si tratta di un nuovo inizio? L'ingresso in pianta stabile sia di Jon Hanemann che di Bobby Lucas, ha completamente rivitalizzato la band. Il loro contributo al nuovo lavoro da studio è stato immenso. Credo che avevamo bisogno di un po 'di sangue fresco nella band che ci facesse proseguire lungo il nostro sentiero musicale, si, in definitiva per noi è veramente un nuovo inizio. Quanto è stato importante per voi sapere che Bobby è, prima di tutto, un fan di vecchia data della band? Per noi ha significato molto sapere che lui conoscesse quasi tutto il nostro repertorio, essendo stato un nostro sostenitore in passato, non lo nego, anche perchè avere a che fare con
un musicista che non è un fan della band, significherebbe anche intraprendere una collaborazione che potrebbe rivelarsi di breve durata. Toglimi una curiosità, ma c'è stato un momento durante la vostra pausa in cui hai pensato che gli Attacker non avrebbero mai più pubblicato un nuovo album? Sicuramente. Mi è capitato di pensarlo la scorsa primavera, come band abbiamo attraversato un momento buio della nostra esistenza artistica, non avevamo più stimoli, ed ho pensato più volte di mollare la presa, conscio della situazione che non avremmo più avuto occasione di suonare ancora una volta insieme. Mi stupisce che la situazione intorno alla band si sia evoluta nel migliore dei modi. Cosa puoi dirci a proposito del disco? Si tratta di brani composti adeguatamente per questa sessione di registrazione, o qualche traccia proviene invece da vecchie demo? Ben quattro composizioni, ovvero Steel Vengeance, Black Winds Calling, Sands of Time e The Hammer sono più datate essendo state composte alcuni anni addietro. Naturalmente abbiamo apportato alcune modifiche prima di registrarle e pubblicarle. Tutte le altre invece sono state scritte per l'occasione e sono venute fuori in maniera abbastanza rapida, diciamo in un periodo di tempo che va dall'aprile all'agosto del 2012. Sai, musicalmente parlando, la fame che avevamo era tanta, e quando ci siamo incontrati
in sala prove, le idee erano talmente tante che ci hanno permesso di lavorare in maniera molto proficua, non eravamo mai stati così tanto tempo senza pubblicare un nuovo album. In effetti, ho notato che alcune composizioni sono state arrangiate da Lou Ciarlo.... Lou aveva scritto un paio di brani che aveva composto prima della sua dipartita dalla band, così noi abbiamo deciso di registrarle per il nuovo album. Lou è stato, e sarà sempre parte della nostra famiglia.
band, infatti tutti sono tornati più carichi, e questo si è rivelato una mossa vincente per la riuscita finale del disco. Da quello che le tue parole lasciano trapelare, ho capito che la produzione è il piatto forte del nuovo lavoro, quante settimane avete speso in studio per ottenere il risultato finale?...e se non è troppo, durante le sessioni di registrazione avete usato alcuni programmi di nuova generazione come Q-base o Nuendo? Si, mi fa piacere che hai capito che abbiamo dato molto di noi stessi per risaltare il prodotto finale.
Per la Bibbia i “Giganti di Canaan” erano i figli di Anak, gli angeli caduti, credi che queste figure “mitologiche” siano esistite davvero? Non saprei cosa dirti, non essendo una persona molto religiosa, non lo so, probabilmente potrei dirti che non è vero, ma commetterei un errore.... Te lo chiedevo solo perchè, l'ottimo lavoro d'artwork messo a punto da Jowita Kaminska credevo fosse in forte correlazione con lo stesso titolo dell'album, non è così? Sì lo è, Bobby ha scritto il titolo e il testo di molti brani del disco, in più ha disegnato uno schizzo della copertina del disco che abbiamo dato a Jowita, e proprio quello schizzo si è rivelato di fondamentalmente importanza per l'opera finale. Da parte sua Jowita ha fatto un lavoro assolutamente incredibile. Molti dei vostri testi sono incentrati attorno a temi di natura bellica, "prepararsi per la battaglia", sono le parole ricorrenti all'interno di molte liriche, era davvero questo lo spirito della band durante la registrazione del CD? Non ci abbiamo mai pensato, ma credo che siamo stati prima di tutto in lotta con noi stessi, volevamo che il nostro nuovo album potesse suonare veramente nel migliore dei modi, in modo da essere considerato come il ritorno ai fasti della nostra discografia, e a mente fredda, penso che ci siamo riusciti alla grande!!! Quali sono le difficoltà che avete dovuto affrontare prima della pubblicazione del vostro cd? E quali sono state invece le soddisfazioni? Alcuni dei ragazzi hanno avuto dei problemi personali da affrontare, ed è per questo che ci siamo presi una lunga pausa prima di tornare al lavoro. Penso sia stata la cosa migliore per la
In totale abbiamo trascorso in studio poco più di due mesi, ma centellinati fra una pausa e l'altra. Abbiamo usato Pro-Tools per la registrazione e devo ammettere che, quello che è venuto fuori, è stato un gran bel risultato per noi, è stata la nostra prima volta, e sicuramente, mi piacerebbe poterlo usare di nuovo in futuro. Quindi mi fai capire che, per un musicista come te, così attaccato alle proprie radici musicali, la tecnologia possa essere utile, dico bene? Si, la tecnologia per la registrazione basata su computer che usa ProTools, ha molti vantaggi utili. Credo sia stupido dire il contrario, oramai è tutto computerizzato, ed anche noi ci siamo dovuti in qualche modo adeguare. Adesso il mio rapporto personale con la tecnologia è migliorato, ahhaha!! Cosa vi aspettate dal vostro nuovo album? Di vendere un buon numero di copie, o semplicemente di poter raggiungere nuovi fan della band?
Speriamo sempre di vendere un sacco di cd, ma è davvero dura con tutti i download in corso in questi giorni. Dovremo aspettare e vedere quanto successo avrà l'album, anche perchè mi piacerebbe davvero poter arruolare molti nuovi fan accanto a quelli vecchi. È innegabile nono dover ammettere che la scena legata all'hard 'n heavy è totalmente cambiata dai vostri inizi, vi siete in qualche modo adattati ai nuovi trend, oppure oramai non ci fate più caso? Ho notato che molte persone più giovani hanno scoperto gruppi come Iron Maiden e Judas Priest, espediente questo che, oltre a farmi piacere, aiuta una band come la nostra ad essere scoperta ed apprezzata da molti appassionati in erba che amano le cose più recenti dell'heavy rock, è per questo che posso asserire in definitiva che la situazione in questo senso oggi è molto meglio rispetto ad alcuni anni fa. Bene, prima di concludere vorrei chiederti un paio di cose, prima fra tutte l'accoglienza che è stata riservata al vostro nuovo album dalle riviste specializzate e dai fan di tutto il globo terracqueo... Le recensioni e le opinioni dei fan sono state incredibili. Abbiamo notato che molti recensori hanno scritto che “Giants of Cannan” potrebbe essere l'album dell'anno, e questo non può farci che piacere... . Qual è il tuo sogno per più ricorrente per quel che concerne gli Attacker? Cosa ci dobbiamo aspettare dalla band in futuro? Mi auguro davvero di poter vivere di musica un giorno, e non lavorare per vivere come stiamo facendo adesso, ma a causa del nostro genere musicale al quale siamo devoti, dobbiamo essere contenti del successo e delle opportunità che abbiamo avuto fino a questo momento. Abbiamo intenzione di continuare a suonare in futuro, con i ragazzi stiamo già lavorando su nuove canzoni, in modo da non dover attendere altri sette anni prima di un nuovo album! Ok, siamo arrivati alla fine, per cui.... Grazie per l'aiuto che ci stai fornendo e per il tuo attaccamento alla causa degli Attacker, speriamo di vedere te e tutti gli appassionati del mondo Attacker sotto il nostro palco!!!!
La formazione italiana più famosa in Canada? No, anche se ci siamo andati quasi vicino, perchè? Perchè all'interno della line up ufficiale dei Warmachine gl oriundi sono ben tre su quattro, e sono ben orgogliosi delle loro origini italiche. Attivi da qualche anno, e guidati da sempre dal paisà Joe Di Taranto, la formazione con base operativa a Toronto, si ripresenta ai nastri di partenza dopo ben sei lunghissimi anni dal precedente “The beginning of the end”, e lo fa grazie ad un secondo platter che cerca di prendere le distanze dal suo precedessore, grazie ad un corposo groove metallico che, accanto alla componente classica, presenta delle novità compositive, che potrebbero rappresentare per i nostri un nuovo inizio, per cui... Intervista di Beppe Diana
Ciao Joe e benvenuto sulle nostre pagine, iniziamo subito dalla prima domanda, analizzando il nuovo corso della band, mi pare di capire che da "The Beginning of the End", molte cose sono cambiate all'interno della band, ti va di raccontarci che cosa è successo negli ultimi sei anni? Ciao Beppe e grazie per l'intervista. Hai ragione, abbiamo avuto molti cambiamenti da quando abbiamo pubblicato "The Beginning of the End". Per prima cosa, abbiamo rivoluzionato completamente la line up della band appena finito di registrare il disco, con l'inserimento in pianta stabile di Johnny Salerno e Alberto Campuzano, rispettivamente chitarra e basso, che si sono aggregati a noi già nel 2005. Con i batteristi abbiamo avuto diversi problemi nel corso degli anni, siamo stati molto fortunati ad ottenere la collaborazione di Darren Smith (Harem Scarem) che si è ufficialmente unito ai Warmachine come batterista nei primi mesi del 2012. Darren è uno dei miei batteristi preferiti di tutti i tempi. Lui è un cantante straordinario e una persona meravigliosa. Adesso i Warmachine sono veramente al completo!!! In più abbiamo anche cambiato etichetta discografica per il mercato del Nord America, siamo passati dalla Nightmare Records a Mondo Tunes record, precedentemente conosciuta come JMD. Penso che questi sono i cambiamenti più significativi che abbiamo fatto prima della pubblicazione del nuovo album . "Left for Dead" è un titolo che nasconde molti significati, penso che la scelta non sia casuale come sembra, dico bene? Beh, l'album è stato chiamato così facendo riferimento ad uno dei brani, che è stata anche il primo che ho scritto per l'album. Così mi è sembrato opportuno che tutto cominciasse da li. Però hai ragione, in parte il titolo assume altri significati diversi che mostrano lo stato d'animo in cui versava la band alcuni mesi addietro, che mi sono portato dentro mentre
componevo le liriche delle nuove composizioni. In definitiva Si tratta i un titolo di un album molto appropriato per non dire altro. Anche la scelta di una copertina semplice, mi sembra sia veramente oculata, come a dire: questi siamo noi, giudicateci per la nostra musica ... Questa era l'idea, bravo!!! Penso che la musica parli da sola. In questo disco abbiamo messo da parte molti brani che ritenevamo dei semplici “riempitivi”, e la track list si è semplicemente snellita. Volevamo un lavoro d'artwork che riflettesse la musica dell'album, semplice e diretta!! Come per l'album precedente, la produzione del nuovo arrivato è stata affidata a Murray Daigle, possiamo dire che lui è il quinto membro ufficiale della band? Anche perché questa volta lui ti ha aiutato, e molto, nel songwriting ... Murray non è solo un produttore fantastico, ma è
anche un ottimo cantautore. Lui capisce veramente cosa i Warmachine vogliono da lui. Lavorare con lui è molto rilassante per la band, anche perchè oramai ci conosce da sempre e non poteva di certo mancare per "Left for Dead". Mi è piaciuto molto lavorare con lui sul nostro album di debutto, e sapevo che la partnership avrebbe funzionato ancora meglio questa volta. Questa è stata la prima volta che Murray mi ha affiancato come autore di alcune composizioni. Ho incontrato diverse difficoltà a rimettermi in carreggiata e ritornare a comporre come in passato. Così noi due ci siamo chiusi in studio per circa una settimana, lui ascoltava le mie idee, e mi aiutava a metterle assieme, diciamo che mi ha fornito la giusta direzione!!! Mi ha letteralmente preso a calci in culo, fino a quando non ho trovato la giusta ispirazione. E 'stato bello essere in grado di collaborare con lui, sono molto soddisfatto dei brani che abbiamo scritto assieme!! L'approccio di qualche brano mi è sembrato moderatamente moderno, anche se le radici di tutte le composizione si incentrano su un versante classico, forse la parola che potrebbe riassumere il vostro nuovo disco è "groove", che ne pensi? Direi che suona abbastanza bene. Da un punto di vista produttivo, abbiamo certamente adottato un approccio più moderno. Da un punto di vista del songwriting, ho scritto quello che, letteralmente, è venuto fuori come faccio sempre. Il mio songwriting è in continua evoluzione, e può essere influenzato dalla musica che sto ascoltando al momento, ovvio. Il groove è sicuramente una parte molto importante del suono dei Warmachine. I brani devono sentirsi bene e avere un fattore groove, appunto, ma, come ti dicevo, non è una cosa studiata a tavolino, viene fuori, senza nemmeno pensarci. Se sento dentro di me che suona bene, allora va bene, altrimenti niente!!! Ok, ho capito, nei vostri testi c'è il desiderio di non essere superati dalle avversità della vita, e anche se tutto sembra finito, c'è sempre la speranza di un nuovo inizio ... Questo è vero. La vita può essere una lotta, ed a volte trovo che sia molto terapeutico scrivere
quello che mi succede intorno. Sono una persona molto felice e ottimista per natura. Quindi, non importa quanto la vita sia buia, secondo me alla fine del tunnel c'è e ci sarà un barlume di speranza. Io dico sempre che "ogni giorno trascorso sulla terra, è una buona giornata". Penso che i miei testi riflettono questo punto di vista, anche se alcuni di loro possono sembrare abbastanza desolante, a volte.
fisiologica. Così è stato nel nostro caso, ho scritto una parte di "Freom beginning to the end" in un'età compresa tra i 14 e i 18 anni. "Left for Dead" invece, lo sento più vicino a quello che sono adesso, e penso che la differenza, si senta, comunque sono molto orgoglioso di entrambi gli album.
tutta la vita, vale più di tutto l'oro del mondo. Onestamente posso dire di essere veramente felice. Non sono molte le persone possono che possono dire la stessa cosa!!! Sul serio, non cambierei la mia vita. Sono molto fortunato ad essere in grado di fare il musicista di professione!!!
Quanto è difficile portare avanti un progetto
E 'vero che Alberto è entrato a far parte per un periodo nella leggendaria band degli Annihilator come bassista e Glenn FiveGyorffy degli Anvil ha invece suonato con i Warmachine? Beh, questa è una bella domanda. Sì, è vero. Alberto è entrato negli Annihilator come bassista nel loro tour del 2010. Così, quando lui era con loro, noi siamo stati molto fortunati ad avere Glenn Five-Gyorffy a suonare al basso.
La track list del disco mi sembra strutturata in maniera perfetta, questo mi fa capire che, anche su quel versante, volevate che tutto fosse a dovere.. Anche in questo caso devo darti ragione!! Diciamo che anche quello è stato un processo interessante, abbiamo avuto un sacco di idee su come scegliere i brani da posizionare all'interno della track list finale. Volevamo che l'album avesse un flusso molto naturale tra le canzoni. La tracklist è destinata trasportare l'ascoltatore in un viaggio musicale ed emozionale. Così abbiamo provato un paio di combinazioni diverse e deciso su quello che ora trovate su "Left for Dead" Molte volte si pensa che il secondo album è il più importante nella discografia di una band, perché mostra la vera inclinazione artistica, tu nel tuo piccolo che mi puoi dire? Si, anche perchè il più delle volte si ha veramente tutta la vita per portarlo a termine. Di solito si tende a trascinarsi dietro un sacco di influenze, come se facessero parte della propria identità
musicale, quando suonare "non ti permette di pagare nemmeno le classiche bollette"? A volte può essere una sfida. Saprai meglio di me che, oggi come oggi, non ci sono soldi per la musica in generale. Ma ho preso una decisione quando ero molto giovane, volevo fare il musicista per il resto della mia vita. Il denaro va e viene. Ma fare ciò che si ama per
Prima di lasciarci toglimi una curiosità, ma è solo un caso che la band sia quasi esclusivamente formata da oriundi italiani? In effetti è una coincidenza molto divertente che tre quarti della band sia in realtà italiana. Johnny è mio cugino di primo grado. Alberto, in realtà viene dal Venezuela, ma le sue origini non sono completamente italiane, credo che suo padre sia mezzo italiano. Siamo molto orgogliosi delle nostre radici italiane Ok Joe, siamo alla fine, puoi fare un saluto in italiano per i nostri lettori? Grazie per il vostro sostegno! Speriamo di vedere tutti i nostri Warmachine Italiani molto presto!!
Second Grave - S/T Hanno bruciato letteralmente le tappe arrivando all’ep d’esordio a pochi mesi dalla propria messa in atto i Second Grave, formazione di Boston attorno alla quale si radunano musicisti con un trascorso artistico di una certa rilevanza underground che, per in occasione di questo nuovo debutto discografico, hanno deciso si lasciarsi trasportare dall’istintività stessa di una proposta musicale che affonda le proprie radici nel doom metal più classico ed iconoclasta. Sei brani che catturano a pieno titolo l’essenzialità delle influenze musicali di chiara matrice seventies, che si divide fra pura ed incommensurabile attitudine aggressiva, ed un certo retaggio più lineare, soprattutto per quel che concerne la passione per le lunghe jam session propria della scuola psichedelica, e li riveste di suoni magmatici e lugubri, amplificando quell’alone di misticismo autoctono, grazie ad un approccio lirico intriso di elementi pragmatici vicini ad una concezione legata ad uno sconfinato fatalismo cosmico, che gli conferisce quel retrogusto visionario, all’interno di un escursus sonoro che cinge in un unico abbraccio elementi che arrivano dalla scuola dei maestri High Tide, Dust e Sir Lord Baltmore, fino ad arrivare alle dissonanze più marcatamente doom metal di Black Sabbath, Pentagram e Necromandus. Ne scaturisce un quadro sonoro intriso di una sorta di “apatia” quasi crepuscolare pregno di vaghi riferimenti esoterici che trovano il proprio culmine fra le brume di composizioni esemplari come ad esempio la progressiva “Divide and Conquer” che porta avanti un discorso sonoro posto a metà strada fra un guitar riffing di tipica impostazione doomish, e quelle armonizzazioni lisergiche di natura stoner, la più cadenzata e marziale “Mountain of madness”, contraddistinta da un basso ipnotico e giri armonici che sanno di fughe siderali, o il capolavoro “Covet” lento, decadente e fatalista, imperniato ancora una volta attorno a lunghe fughe strumentali di chiara impostazione psichedelica. Detto che la band si sta attrezzando per entrare in studio per registrare il primo full lenght album, non ci rimane che rimandarvi al sito ufficiale dei Second Grave e trarre da soli le vostre considerazioni finali… (Beppe Diana) Anvil Teraphy - Away from here Lirismo, tecnica ed abilità compositiva, ecco quali sono i vettori inscindibili che caratterizzano l’esordio sulla lunga distanza degli Anvil Therapy, formazione toscana nata dalle ceneri degli Holy Sinner, dai quali arriva lo zoccolo duro della line up ufficiale della band che, in quest’occasione, riesce dare fondo a tutte le proprie velleità artistiche, portando alla luce un album di debutto che amalgama con sapienza atmosfere progressive, partiture metalliche e soluzioni armoniche legate ad ambientazioni vicine ad una certa corrente elitaria. Arrangiamenti sopraffini, melodie ricercate ed arabeschi strumentali ma non solo, anche perché i nostri dimostrano in più occasioni di essere in possesso di quella spiccata maturità, figlia putativa di una presa di coscienza globale, capace di abbinare alle trame intricate, sempre presenti all’interno di queste nove composizioni,
passaggi ed aperture atmosferiche alquanto suggestive che, oltre a spezzare i ritmi serrati, mettono in luce quella che è la vera natura degli Anvil Theraphy, che si contraddistingue per equilibrio armonico e capacità espressiva. Evoluzione musicale, ecco la parola chiave con la quale si potrebbe sintetizzare quello che si cela dietro ai solchi di “Away from here”, quella stessa evoluzione grazie alla quale la cerca di dare forma e sostanza a composizioni bilanciate, come nel caso della cangiante “Absence”, episodio caratterizzato da dilatazioni atmosferiche irrobustite da suadenti locuzioni melodiche, o del groove sprigionato dalla splendida “White Cube”, che abbina mirabili aperture progressive e splendide armonizzazioni di reminiscenza funky che, senz’ombra di dubbio rappresentano il vero zenit dell’intero lavoro. Nove brani suggestivi, nove tappe intermedie all’interno di un intenso viaggio onirico che porta alla consapevolezza di essere difronte ad una formazione alla quale i confini imposti fra diversi generi musicali stanno dannatamente stretti…. questi sono gli Anvil Therapy, prendere o lasciare!!! (Beppe Diana) Shutdown - Heavy as Metal.. Ambizioso lavoro di debutto per gli sloveni Shutdown, giovane ed agguerrita formazione con base operativa in quel di Nova Gorica, i quali si apprestano a conquistare i cuori dei fan più oltranzisti di una certa frangia del metallo nobile per antonomasia, e questo grazie ad un suono che amalgama reminiscenze legate ad un classic metal di chiara ispirazione old style, sia per quel che concerne le architetture sonore che per gli intrecci strumentali, andando a collocarsi proprio a metà strada fra le pulsioni di natura albionica, e quei richiami mai velati ad una corrente statunitense ante litteram. Heavy metal d’annata dunque, privo di sorprese e colpi ad effetto, suonato con gusto e con passione, pervaso da quel sentore pionieristico, che ci riporta direttamente alla memoria i tempi d’oro del genere preso in esame dai nostri, e ci restituisce intatte quelle ambientazioni musicali e quelle atmosfere pregne di pathos, e dal sapore vintage, che scaturivano lungo i solchi dei dischi polverosi con i quali siamo cresciuti, e che, in questo caso, portano in dote un insieme di brani, ben dieci per la precisione, caratterizzati da un perfetto senso armonico e da melodie che denotano un certo gusto per la cura dgli arrangiamenti, proprio come si evince dall’ascolto di episodi quali la convulsiva “Desert”, caratterizzata da un incipit a base di corrosivo metallo vecchia scuola, l’hard rock chitarristico di “Do it now”, episodio legato a reminiscenze di chiara impostazione d’oltreoceano, l’incalzante “Virginia”, sicuramente fra gli episodi più heavy dell’intero lavoro, impostata sui toni accesi e su un up tempo condotto alla grande dall’espressività di un singer di razza come il mai domo Jurij “Egzi” Cotar, mentre se le note della ballad “Dedicated to mars”, delicata nel suo incedere atmosferico, sigillano la prova maiuscola di un combo proiettato verso i piani alti dell’establishment del vecchio contiente, ci pensa la conclusiva “Krizarji”, cantata in lingua madre, a riporta in alto il vessillo del classic heavy metal ’80ies style. Ottima la produzione, pulita, forse anche troppo, del lavoro d’artwork, ne avete già preso visione, non ci rimane che evidenziare ancora una volta l’ottimo operato di questo fantastico combo jugoslavo al quale credo che il futuro possa riservare un domani pieno di ottime aspettative. Per quel che mi riguarda promossi a pieni voti!!!!! (Beppe Diana)
Quelonio - Rebelion Come back discografico anche per gli iberici Quelonio, formazione con base operativa in quel di Valencia, che tornano a farsi sentire a ben due anni dal precedente vagito discografico “Vicio y Virtud”, album che segnava il sodalizio del rapporto con l’etichetta nipponica Red River records, la stessa dei concittadini Opera Magna, che ha puntato nuovamente forte sulle qualità attitudinali della band e sul nuovo “Rebelion”, disco che mette definitivamente in luce l’evoluzone compositiva di una formazione che ha trovato la giusta quadratura, sempre alle prese con un heavy metal dalla forte impronta classica, attorno al quale si fondono sia l’anima più tradizionale, che quella più prettamente power metal, per un risultato sempre e comunque ad alta gradazione metallica. Un album che, da quanto potete facilmente intuire, si contraddistingue ancora una volta per l’uso del cantato in lingua madre che, se da una parte potrebbe precludere ai nostri molte strade, dall’altra riesce ad infondere maggiore profondità e passione ad un versante lirico, pregno di rimandi filosofici legati a problematiche reali, in un compendio di musiche e testi che si combinano alla perfezione. Naturalmente il vero fulcro su cui ruota l’intera riuscita di questo disco, è sicuramente l’ottima interpretazione della vocalist Teresa Broseta, una che dal vivo dovrebbe garantire prestazioni sfavillanti, anche perché è proprio la sua verve canora così sentita e piena di trasporto, che rende accattivanti ognuno di questi dieci episodi dal melodic power metal di “Camino de dos”, l’up tempo di “Tormenta” costruito su accelerazioni in doppia cassa ed un ottimo refrain, o le locuzioni classiche della title track “Rebelion”. Certo, i margini di miglioramento sono sempre ampi, lo smalto, così come la malizia compositiva, arriveranno con il tempo, anche perché, la giovane età di ognuno dei componenti della band, non fa altro che farci sperare per un degno proseguimento di carriera… (Beppe Diana) Lich King - Born of the bomb Weapons of mass destruction!!! Una vera e propria macchina da guerra, un assalto sonoro perpetrato con cinica violenza, sta ancora una volta alla base del manifesto musicale degli statunitensi Lich King, qui al come back ufficiale dopo l’interlocutorio “8bit Retro Thrash”, sorta di joke album che era servito più che altro a portare a compimento il rimpasto all’interno della propria line up ufficiale, con l’ingresso di ben due nuovi adepti, devoti ad un credo artistico forgiato ancora una volta attorno a reminiscenze che conducono sempre e comunque verso lidi compositivi vicini ad una certa bay area per antonomasia. Cambiano gli interpreti, ma non di certo lo scopo finale della band, che è sempre e comunque quello di rinverdire la passione per certe sonorità spigolose che stanno a metà strada fra uno stagionato thrash metal d’annata, sorretto da una certa propensione tipicamente hardcore, che ci riconduce alla sacra triade formata da Slayer, Exodus e S.O.D. Tecnica strumentale, velocità d’esecuzione, zero inventiva, tutta sostanza, sta nascosta dietro a queste poche parole la riuscita del nuovo parto discografico di casa Lich King, e se come detto, i nostri non saranno certamente degli innovatori,
riescono pur sempre a mettere in evidenza una maturità artistica figlia putativa di quella presa di coscienza, che li ha portati ancora una volta ad imbarcarsi in un estenuante trip sonoro di dieci tappe, ottima anche la reprise della cover “Agent Steel” dell’omonima band, e se a tutto questo si aggiunge una produzione finalmente degna delle aspettative, si ha il quadro definitivo di un come back perfetto sotto ogni punto di vista. Le dissonanze claustrofobiche di “We came to conquer” da una parte, contraddistinta da liriche pregne di un humus ludico straordinario, e quelle più classiche e deleterie di “Agnosticism” dall’altra, potrebbero valere da sole il prezzo del biglietto legato a “Born of the bomb”. (Beppe Diana)
Ryal - Alliance Italia terra di santi, di eroi e di….epic metallers!!! Si, siamo arrivati a cambiare i luoghi comuni tanta e tale e la mole di formazioni devote alla più nobile delle frange del metal classico, ed i new comer Ryal, formazione che vede affiancati fra le fila della propria line up musicisti provenienti da mostri sacri del genere come Salem’s Lot ed Holy Martyr, ne sono la più lampante testimonianza!! Ed è ancora una volta la splendida Sardegna a dare i natali a quest’ottima compagine nostrana, autrice di uno splendido album che, dati alla mano, possiede tutti, ma proprio tutti, i crismi del genere più nobile ed anticonformista per antonomasia, ed alterna soluzioni musicali che abbinano con naturalezza epos, lirismo interpretativo e stilettate metalliche, come in un ipotetico abbraccio simbiotico, che vive sui chiaroscuri di potenza e melodia allo stato puro. Epic Metal, epic metal ed ancora epic metal e ad ascoltare attentamente dietro ai solchi di queste piccole gemme forgiate attorno a dissonanze arcaiche stentoree e deflagranti, si può essere facilmente trasportati dall’impeto con il quale i Ryal riescono a dare pieno sfoggio di una caparbietà stilistica fatta sicuramente di notti insonni sopra i dischi polverosi di artisti oramai, a torto, considerati come dinosauri, tanto che l’attacco frontale perpetrato dalla sagace “Hand of Glory”, sorretta da una sezione ritmica quadrata e dinamica, e su partiture di chitarre affilate come lame di rasoio, o dell’altrettanto letale “God of Mountains”, attorno alla quale il versante più prettamente classic metal si accentua maggiormente, per poi stemperarsi attorno ad un bridge sicuramente più epico e solenne, riportano, dicevamo, alla memoria band del calibro di Heavy Load, Manilla Road, Running Wild, Manowar e Virgin Steel, per non parlare della feroce e sanguinaria “Sword of the slain”, la title track “Alliance” giocata su atmosfere accese e dall’impatto assicurato, e la delicata e progressiva “Comrades” che porta con se anche quel retrogusto dal vago sentore folkloristico. Che ci resta da dire, beh, da quello che potete capire da soli, per fortuna i Ryal non solo la solita band da quattro soldi che cavalca l’onda del genere più in voga al momento, quindi come al solito, se state cercando l’originalità, devo proprio ammettere che le vostre aspettative sono ridotte veramente al lumicino, mentre se siete alla ricerca di emozioni, quelle vere emozione, beh, qui troverete benissimo pane per i vostri denti anche perché, quante oggi sono le che possono fare fede su un’attitudine così dannatamente old style? (Beppe Diana) Ravensire - Iron Will Caratterizzato da un lavoro d’artwork dall’indubbio gusto arcaico, il debutto sulla lunga distanza dei lusitani Ravensire, si districa
egregiamente su territori sonori che ci conducono per mano lungo il viale alberato dell’epic metal ottantiano, quello lastricato e ridondante di riminiscenze sonore tanto care a band del calibro di Heavy Load, Manilla Road band e Warlord che, naturalmente, rivivono una seconda giovinezza lungo lo scorrere di queste suadenti ed atmosferiche tracce di epic metal cadenzato ed elitario, squisitamente sorretto da armonie ancestrali volutamente rarefatte. E nella mezz’ora scarsa a disposizione, il quintetto confeziona un trittico di brani, ben quattro per la precisione, più la cover degli eroi minori Wild Shadow, che ci riportano direttamente ai tempi d’oro del genere preso in esame dai nostri, restituendoci intatte quelle stesse ambientazioni musicali e quelle atmosfere pregne di epos dal sapore vintage, che hanno nell’interpretazione del carismatico singer Ze Gomes, a quanto pare estromesso dal gruppo all’indomani dell’uscita dell’ep, il vero perno attorno al quale ruota la riuscita dell’intero lavoro che, naturalmente, non lesina forti suggestioni emotive come quelle fatte trapelare lungo i solchi di “Aamon” episodio adombrato da un feeling epico ed istintivo che porta ben impressi i caratteri genuini dell’epic metal tout court di natura volutamente doomish. Non da meno l’opening track “Facing the wind”, mid tempo sicuramente più malleabile incentrato su sonorità di estrazione NWOBHM, o l’auto celebrativa “Ravensire” che porta ancora alto il vessillo del classic heavy metal più nobile ed incontaminato, inanellando melodie emotive che, senza alcun dubbio, incontreranno la stima e l’ammirazione degli amanti di una certa frangia di metalhead più oltranzista. Nella speranza che si possa tornare a parlare di loro in occasione di un ipotetico full lenght album, non ci rimane che rimandarvi alla pagina ufficiale del combo portoghese… (Beppe Diana)
Other View - Going Nowhere Che splendida sorpresa!!! Si, che la scena heavy rock nostrana stia crescendo a dismisura, non è di certo una sorpresa, ma sapere che formazioni come gli Other View, nonostante le difficoltà dell’auto produzione, possano arrivare a pubblicare dischi di questa portata, è sempre un fattore positivo, anche perchè, nelle nove composizioni che fanno parte del loro come back, i nostri sono riusciti a portare avanti un discorso artistico che verte attorno ad una spinta compositiva, nella quale convivono sia le radici proprie della tradizione heavy metal, che quella più tacitamente progressiva, il tutto caratterizzato dall’estro e dalla verve di sei ottimi musicisti, che nei quaranta minuti a loro disposizione, hanno dato fondo a tutte le proprie velleità. Si, “Going Nowhere è un prodotto discografico, mi si permetta il termine, davvero niente male, che ha la prerogativa principale di mettere in evidenza la voglia, quasi smaniosa, dei nostri di saper osare, cercando di andare anche oltre i classici schemi compositivi, riuscendo ad imbastire trame articolate, senza per questo cadere nel retorico, tanto che brani del calibro di “Rebirth”, con le sue atmosfere soffuse e fluide, la corrosiva “Lost in heaven and hell”, che intreccia soluzioni power metal ad aperture più sinfoniche, passando per “Exile”, sicuramente fra
gli episodi più riusciti del lotto, risultano essere senz’ombra di dubbio una solida base sulla quale edificare un futuro artistico, si spera ben più roseo delle aspettative. Un suono ricercato ed allo stesso tempo graffiante, caratterizzato da una certa ricercatezza, e non solo a livello di arrangiamenti, che riesce a mediare l’irruenza propria della componente heavy rock, con sapienti porzioni in cui è la melodia vera e propria a farla da padrone, ecco cosa si cela dietro a questo disco registrato e prodotto da una formazione finalmente pronta a spiccare il volo verso lidi d’una certa valenza artistica. Per quel che mi riguarda, promossi a pieni voti!! (Beppe Diana)
Wild Bitch - Streets of Danger Questo si che è uno spirito heavy rock dannatamente ancorato agli ’80ies!! Si, moniker della band, titolo e cover artwork non lasciano dubbi, i veneti Wild Bitch sono dei tradizionalisti, dei conservatori o più semplicemente degli inguaribili nostalgici, ed è certo che il loro particolare timbro musicale piace, ed anche tanto, grazie soprattutto alla verve di una formazione mai statica, che preferisce muoversi su sostanziosi up tempo costruiti attorno ad una sezione ritmica solida e compatta, e ad un guitar work dinamico che, quantunque sia legato a dettami che si perdono nella notte dei tempi, riesce comunque ad essere nel contempo incisivo. Otto brani, per trequarti d’ora di buona musica, niente di più, niente di meno, ecco cosa hanno da offrirci i quattro rockers di casa nostra sul loro “Streets of danger”, e se i margini di miglioramento, naturalmente, sono ben evidenti sin dalle prime battute, alcune metriche potrebbero essere più fluide, ed un vocalist di ruolo gioverebbe non poco ad una formazione così determinata, brani dall’appiglio goliardico e just for fun come “Rock night”, caratterizzata da uno splendido refrain e da inebrianti hooks melodici, la stessa “Neoclassical Dream” veramente deleteria nel suo incedere heavy and wild, costruita attorno ad ottime chitarre armonizzate, o la stessa title track che fomenta, dove possibile, quell’approccio compositivo votato all’hard rock legato ad impostazioni di tipica concezione americana, ne sono la più lampante testimonianza. Ribadisco, se i nostri riusciranno a smussare quelle piccole imperfezioni, stiamo parlando pur sempre di un debutto sulla lunga distanza, ne vedremo veramente delle belle, d’altronde la giovane età e la determinazione sono dalla loro parte, cosa chiedere di più??? Se il buongiorno si vede dal mattino….ci siamo capiti, vero???
Ruthless Steel - Die in the night Ennesima interessante realtà partorita da una scena musicale che sembra davvero inarrestabile, come quella legata al sud del vecchio continente, gli ellenici Ruthless Steel con base operativa nell’hinterland della capitale Atene, si presentano al traguardo del debutto dicografico ufficiale, raccogliendo nella propria line up ufficiale, quattro ottimi musicisti guidati dalla splendida Aliki Kostopoulou, avvenente singer attorno alla quale si giocano le fortune di questa neonata formazione aggrappata a quel drappo che sventola fiero e sprezzante, proprio come il loro heavy metal di matrice tipicamente tradizionale. Quattro brani per un quarto d’ora scarso di durata, sembrano veramente poca cosa per
capire dove veramente la band voglia andare a parare, ma le atmosfere pregne di rimandi al buon metallo degli ’80ies che ruotano attorno a “Die in the night”, edito dall’attenta Iron on Iron, cercano in qualche modo di mediare una certa irruenza tipica del metallo rovente di natura teutonica, quello di Zed Yago e Warlock per intenderci, con le tipiche scansioni melodiche di una corrente americana, che vede come numi tutelari mostri sacri del calibro di Chastain, Leather e primi Bitch, per un risultato finale di sicuro gradimento. Brani dalle atmosfere ricche di fascino arcano, il caso della title track “Die in the night, ben si amalgamano ad episodi più risoluti e cruenti, che puntano gran parte del proprio gioco forza, attorno a partiture cariche di pathos suggestivo, proprio come nel caso di “Ruthless Steel”, che da sola vale il prezzo del biglietto, o della più convincente “Power of hate”. Manca veramente poco per il salto di qualità definitivo, sicuramente una produzione più curata, e poco più, anche perchè il definitivo salto di qualità, sembra veramente dietro l’angolo, incorciamo le dita!!! (Beppe Diana)
Kalidia - Dance of the four winds Certo che se i Kalidia provenissero da qualche sperduto paesino svedese o tutt’al più della Finlandia, adesso staremmo qui a parlare della next big sensation in campo prettamente melodic power ed affini, anche perché durante l’ascolto prolungato del demo di debutto della formazione toscana, s’intuisce sin da subito che i musicisti che compongono la band, dimostrano in più occasioni di avere veramente le carte in regola per poter ambire a traguardi alla portata delle migliori formazioni del settore. Non a caso durante l’ascolto prolungato delle quattro tracce che compongono il loro ep di debutto, i cinque musicisti nostrani si rendono artefici di un suono elegante ed al contempo affascinante, che viene di sovente ammantato da una splendida componente sinfonica, che bilancia alla perfezione una certa propensione progressiva di fondo, con aperture ed armonizzazioni melodiche d’un certo gusto velatamente melodrammatico. Prodotto egregiamente dal mastermind Alessio Luccatti, suonato con gusto ed una buona cognizione tecnico/compositiva, “Dance of the four winds” è sicuramente quanto di meglio ci si possa aspettare da una formazione al debutto assoluto, anche perché sia la splendida opening track “The Lost Mariner”, song che racchiude nel suo insieme i canoni tipici del symphonic metal per eccellenza, che “Reign of Kalidia ”, di sicuro il brano di maggior pregio del lotto, in cui alla miscela sonora di partenza, si innestano alcune reminiscenze melodiche di fondo, senza per questo tralasciare la suadente “Shadow will be gone”, e l’atmosferica,e per certi versi progressiva, “Winged lords”, rappresentano molto di più di un degno biglietto da visita per una formazione che, sicuramente, può puntare veramente in alto. Una piccola postilla infine per i testi sempre profondi e pregni di lirismo interpretativo, che sono quanto di più poetico e melodrammatico mi sia mai capitato d’ascoltare negli ultimi tempi, insomma se non l’avete ancora capito i Kalidia sono una band dal grande potenziale espressivo che vi potrà aiutare a respirare una boccata
d’ossigeno, in un periodo in cui molti acts di casa nostra giocano a rincorrere modelli ispirativi sicuramente non alla loro portata. (Beppe Diana)
Dust Devil - Riled Up Nuova ed interessante realtà musicale o semplice progetto parallelo? Ecco qual’è l’enigma che si trascinano dietro i fiorentini Dust Devil formazione che, nonostante arrivi con questo ep al debutto assoluto, possono contare sulla coesione di una formazione agguerrita che verte sull’asse portante formato da ben quattro musicisti che fanno, o che hanno fatto parte dell’entourage dei Frozen Tears, nonché sul contributo dell’ottimo singer Leonardo Romeo, con trascorsi artistici nei seminali Electric Fluid, e nei più quotati Anvil Teraphy, che rappresenta sicuramente la vera punta di diamante di una line up immolata anima e corpo sull’altare dell’heavy metal classico di fattura tacitamente old style. Contornato da un’ottima produzione, e da una straordinaria veste grafica, “Railed up” è un lavoro che poggia le proprie basi attorno ad un suono potente e coriaceo, pervaso comunque da soluzioni atmosferiche dotate di un certo fascino arcano, nonché da aperture melodiche pregne di modulazioni sensoriali, giocate sulle incursioni chitarristiche della ritrovata coppia Torrini/Taiti, nonché su un’incessante tappeto ritmico che aiuta a fomentare quell’incisività propria di composizioni del calibro dell’aggressiva “Live to die for you”, up tempo disseminato lungo il corso da sapienti iniezioni in territori NWOBHM, dell’ottima opening track “Blurred mind”, con le sue inflessioni che sanno tanto di locuzioni classiche di matrice svedese, Gotham City ed Heavy Load su tutti, nonché dell’altrettanto valida “Back to the metal show”, ipotetico cavallo di battaglia in sede live, in mezzo tanta energia, caparbietà e determinazione, elementi che fanno dei Dust Devil ben più che dei semplici sparring partner!!! Come detto in apertura, non ci è dato sapere dove i Dust Devil vogliano arrivare, spero molto lontano, anche perchè, in definitiva, la loro risulta essere ben più di una semplice proposta artistica e musicale, che va ad incarnare alla perfezione un particolare modus vivendi tutto underground. Per quel che ci riguarda ben più di una semplice rivelazione!!!! (Beppe Diana)
Anarchy - Scriptorium È una storia fatta di sacrifici, di rinunce, di ripensamenti e, perchè no, anche di vittorie quella che si portano dietro gli egiziani Anarchy, che debuttano sul mercato discografico che conta, grazie ad un interessante ep che, nel complesso, riesce a mettere in risalto le qualità peculiari di una formazione che sa come abbattere certi sentimenti di pregiudizio ed avversità, potendo contare su qualità di scrittura ed abilità tecniche tutt’altro che di secondo piano. Nonostante le difficoltà oggettive di un paese poco ricettivo come il loro, nelle sei tracce che conducono a “Scriptorium”, i cinque musicisti chiamati in causa in questo
interessante progetto musicale, sono riusciti a mettere in risalto una buona versatilità artistica, qualità non di poco, riuscendo ad incastonare un vero e proprio mosaico sonoro fatto di sensazioni ed umori che si intrecciano mirabilmente in un sinuoso abbraccio, per dare vita ad un progressive metal intricato, ed intrigante, che verte attorno ad alterazioni sensoriali degne dei maestri del genere. Certo, risultare personali senza cadere nei soliti e scontati clichè, in un genere abusato, è alquanto improbo, soprattutto per una formazione musicalmente giovane come la loro, ma nonostante tutto, gl Anarchy hanno dato ampiamente dimostrazione di avere parecchie frecce al proprio arco, e si immolano sull’altare del metallo più nobile ed aristocratico per antonomasia, per dare forma e sostanza ad ottime composizioni come l’intensa “The battle within”, l’intrigante “The dragon and the king”, o il piccolo gioiello “Pandora”, sicuramente l’apice qualitativo, nelle quali a svettare è senz’ombra di dubbio alcuno, la teatralità del singer Adham Kafafy, autentica punta di diamante dell’intero lavoro. Determinazione e passione, ecco quali sono le qualità che risaltano maggiormente da questo debutto ufficiale, sei brani suonati con gusto e proposti con la giusta umiltà che caratterizzano una band dal futuro garantito… Aprite gli occhi e le orecchie, mi raccomando!!! (Beppe Diana)
Absolon - Darkness - Rising Arriva in forma autofinanziata, e non poteva essere altrimenti, il disco di debutto degli americani Absolon, formazione con base operativa nella splendida Orlando, che vede ritornare a splendere la stella compositiva dell’enigmatico Ken Pike, vocalist che, i più accorti, ricorderanno come perno portante degli eroi minori Malachia, formazione con due ottime release alle spalle, che per questa sua nuova avventura musicale, è riuscito a dare completamente sfogo a tutte le sue velleità artistiche, dimostrando, più con i fatti che con le parole, d’avere ancora parecchie cose da dire!! Non a caso all’interno di“Darkness Rising: The Tale of Derek Blackheart”, la formazione americana, che si completa, ricordiamolo, di validi musicisti, che tutto sono tranne che dei comprimari, si immola lungo un tortuoso sentiero compositivo che si snoda attraverso un concept di sedici tappe, nelle quali convergono sia quelle propensioni classiche di tipica scuola US Metal , atmosfere pacate di tipica estrazione progressiva, ed alcune pulsioni sinfoniche, elementi che si amalgamano alla perfezione, come in un ipotetico trait d’union che lega in maniera indissolubile i Queensryche del periodo mediano, con i Savatage più nobili ed ambiziosi del capolavoro “Streets: A rock opera”. Lirismo e tecnica compositiva, ecco i due vettori inscindibili che caratterizzano l’escursus artistico dell’entourage statunitense in questione, e se brani come l’articolata title track “Darkness Rising”, o la più melodica “Even Heroes Fall”, riprendono le lezioni progressive degli anni ottanta, e le rileggono in chiave moderna, episodi come la travolgente “Devastation Suffocation” o la policroma mini suite “The Escape”, esprimono quella cura per i particolari e per quelle parti cariche di enfasi, veramente degne della massima attenzione. Tecnica asservita al versante compositivo, emotività e un inebriante senso melodico, completano il quadro di un disco destinato probabilmente a diventare un cardine della scena musicale underground degli anni a venire, almeno questo è il nostro augurio… (Beppe Diana)
Voice of M.I.N.D. - Metal Is Not Dead Debutto assoluto per gli scaligeri Voice of M.I.N.D. che oltre a portarsi dietro un monicker alquanto particolare, dimostrano d’avere ben insiti nel proprio DNA, alcuni elementi distintivi che li hanno condotti negli anni, ad un imbastire uno stile musicale ben definito che, partendo da reminiscenze sonore riconducibili ad una certa matrice d’impostazione prettamente classica, si apre di sovente ad armonizzazioni di natura tipicamente progressiva, e questo grazie ad alcune arrembanti escursioni che si colorano di tipiche dissonanze thrash metal old style. Una formazione supportata naturalmente da ottime capacità tecniche individuali, elementi questi, completamente asserviti ad un versante compositivo multiforme, grazie al quale i nostri riescono a dare pienamente sfogo alle loro sconfinate velleità artistiche, e a portare alla luce una manciata di ottime composizioni, ben dieci per la precisione, nei quali perizia, impatto ed abilità compositiva si fondono in un unico intenso ed inebriante tessuto musicale che trova in episodi come l’intricata “Sadness”, che riassume perfettamente il complicato percorso intrapreso dai nostri, o nella più violenta e brutale “The renegade god”, giocata su intrecci ritmici sincopati e locuzioni techno thrash metal di scuola tipicamente statunitense, la perfetta chiave di lettura delle serie possibilità di una band davvero pronta al grande salto di qualità. Che dire, beh, sicuramente la determinazione e la tenacia sciorinata dai cinque in questo debutto sulla lunga distanza, ci fanno ben sperare per il loro futuro, si spera ricco di soddisfazioni personali, le qualità intrinseche ci sono, è inutile negarlo, così, in attesa di poter ascoltare stringere fra le mani la copia fisica del cd, non ci rimane che rimandarvi alla pagina ufficiale della band….. Geniali!!! (Beppe Diana)
Absolute Priority - Hunter Tornano sul mercato discografico che conta anche i toscani Absolute Priority che, a qualche anno dal demo di debutto, riescono nuovamente a mettersi in discussione, grazie ad un lavoro incentrato attorno ad uno stile compositivo eterogeneo, figlio putativo di quella personalità più volte paventata in passato che, in questo nuovo frangente, viene sottolineata dalla maturità artistica a cui la formazione nostrana è andata incontro in questo periodo di apparente stasi mediatica. Contraddistinto da una produzione asciutta ed allo stesso tempo speculare, il nuovo “Hunter” è in definitiva un disco intenso, ed allo stesso tempo energico, pregno di soluzioni musicali intelligenti, nel quale la tecnica di ognuno dei singoli musicisti chiamati in causa, viene spesso messa a completa disposizione del versante compositivo, e porta alla luce alcuni brani di assoluto spessore come nel caso dell’opener “The Confessor”, contaminata da soluzioni musicali vicine ad un prog metal caratterizzato da ottime porzioni strumentali, o della più melodica “Things i’ve never done”, giocata attorno ad architetture e soluzioni armoniche perfette. Spontaneità compositiva, certo, ma anche una cura quasi maniacale per gli arrangiamenti che, abbinata ad una certa ricercatezza di fondo, riescono a porre l’accento sulle doti qualitative di
un ensamble che, senza strafare, riesce comunque a creare delle ottime melodie, mai troppo banali o scontate, puntando il proprio approccio su modulazioni calibrate e d’ottima fattura, ed episodi dal potenziale elevato come “Again”, che mescola intrecci progressive e partiture dal taglio moderatamente “moderno”, l’intrigante “L.O.S.T.”, ricca di modulazioni classiche, o l’approccio melodrammatico dell’intensa e struggente “Tragic Reconciliation”, ne sono la più lampante testimonianza. Che dire, gli Absolute Priority sono un’ottima realtà, lo hanno dimostrato in passato, e lo ribadiscono ancora una volta in questo ennesimo episodio, band di questo calibro meriterebbero sicuramente palcoscenici più adatti alla loro portata, nella speranza che questa volta la dea bendata possa finalmente restituire gran parte della notorietà finora rimasta legata a doppia mandata ad un ambito strettamente underground. Mai come in questo caso non acquistare un disco di siffatte proporzioni, equivarrebbe ad un delitto, per cui BUY of DIE.
Nuclear - Apatrida Idolatrati nel loro paese d’origine come delle autentiche star, sicuramente fra le formazioni più apprezzate della scena sud americana, fra i pochi ad essere entrati a far parte del rooster della Metal Blade americana, nonostante tutto i cileni Nuclear, non riescono a staccarsi di dosso quell’etichetta di eterna promessa che si portano dietro da sempre, vale a dire dal 1996, ovvero dai tempi della prima reincarnazione della band a nome Escoria, i quali proponevano un repertorio incentrato quasi esclusivamente su composizioni in lingua madre. Ed il nuovo ep “Apatrida”, che vede l’ingresso ufficiale in line up del nuovo bass player Roberto Soto proveniente dagli UDK, è una sorta di mini concept album che si staglia contro il governo del loro paese, la cover artwork con il presidente maximo Augusto Pinochet parla chiaro, arriva dicevamo, a ben due anni dal precedente “Jehovirus” album che, a ben vedere, aveva amplificato le qualità artistiche del combo sud americano che, ancora una volta, si rende artefice di un thrash metal ibrido e dall’impatto assicurato, giocato attorno ad accelerazioni ed accenti hardcore tipici di band come Sepultura e soprattutto Slayer, che rappresentano ancora una volta delle vere e proprie muse ispiratrici. Cinque brani, fra i quali trova spazio pure la cover rivisitata di “Chaos is my life” dei punks Exploited, che, pur peccando di scarsa originalità, sicuramente non sarà una delle priorità principali dei nostri, riescono a focalizzare la determinazione e l’intensità di un manipolo di musicisti che riesce a tracciare un immaginario apocalittico nel quale corruzione, concussione ed abusi di potere la fanno da padrona, il tutto corroborato attorno a riffing serrati, sezione ritmica spaccaossa e vocals aspre e lancinanti, che formano da sempre il tipico trade mark dei cileni in questione!!! Un’ottima anticipazione in attesa del full lenght album… (Beppe Diana)
We Are Legend - S/T Si sono cuciti addosso un monicker imponente che non passa di certo inosservato, eppure, nonostante la line up che sta alla base di questo nuovo ed interessante progetto musicale made in Germany, sia formata da musicisti di provata esperienza internazionale, i nostri dicevamo, preferiscono tenere un profilo piuttosto basso, anteponendo i fatti alle parole, anche perchè, il debutto omonimo che li vede protagonisti, in
poco più di venti minuti, riesce a mettere a fuoco la caparbietà di un manipolo di musicisti che sa osare senza strafare. Un compendio di perizia tecnica e spontaneità compositiva sta alla base della riuscita di questo splendido ep, caratterizzato da una cura per i particolari che ha veramente del maniacale, che alterna con maestria rimandi classici ed aperture melodiche, riuscendo a bilanciare con intelligenza potenza, gusto compositivo ed un certo senso ludico, il tutto sottolineato da una produzione speculare che innalza ancor di più le qualità peculiari di una unsamble che si immola anima e corpo all’interno di un estenuante escursus sonoro che vede come propri numi tutelari formazioni più affermate come Gamma Ray, Helloween, Chroming Rose e Crows. Splendidi fraseggi di chitarra ed una sezione ritmica solida e quadrata a supporto di un vocalist che, da solo, rappresenta il vero ago della bilancia all’interno di un versante compositivo che porta alla luce brani di assoluto valore come nel caso della straripante “In pale moonlight” e dell’altrettanto valida “ Enemy within”, entrambe contaminate da soluzioni musicali vicine ad una concezione heavy/power metal di fondo, sensibilmente vicina a connotati sinfonici la prima, caratterizzata da pregevoli porzioni metalliche la seconda, mentre se “This Holy Dark” è un mid tempo roccioso che mette in evidenza le eneormi potenzialità artistiche della band, splendido l’interludio iniziale, “God is dreaming” porta con se quelle reminiscenze heavy rock che, se sfruttate a dovere, potrebbero fare la fortuna della band. Una band destinata ad un futuro lungimirante? Solo il tempo e l’affetto dei fan potranno dirlo, le premesse per fare bene ci sono, ed il full lenght album, previsto per il prossimo autunno, non potrà che confermarcelo, non ci credete?? (Beppe Diana)
Crimson Dawn – Advance cd Intenso ed emozionante, il disco di debutto dei redivivi Crimson Dawn e il classico debutto sulla lunga distanza che mette in mostra la caparbietà di una formazione che, nonostante le difficoltà oggettive, è riuscita finalmente a tirarsi fuori dalle sabbie mobili nelle quali era rimasta impelagata, riuscendo a portare alla luce un lavoro che, diciamolo, vive attorno a qualità peculiari di prim’ordine. Nonostante la presenza dell’enigmatico Dario Beretta, chitarrista che divide il suo estro nei più quotati Drakkar, i nuovi Crimson Dawn non sono il classico progetto parallelo privo di quell’anima e di quell’identità artistica, ma una ensamble che, oggigiorno, può finalmente contare sull’apporto di validi musicisti che tutto sono tranne che dei comprimari, e vedono nel batterista Luca Lucchini, con un trascorso artistico fra le fila di All Souls Day e degli storici Dark Age, e nel cantante Antonio Pecere, Sigma, Betoken e Rapidfire fra gli altri, gli elementi di maggior spicco, all’interno di una line up ufficiale ottimamente amalgamata che riesce a donare alle nuove composizioni maggiore profondità e spessore, e quell’intensità che, in passato, era venuta meno. Dieci sono gli episodi che fanno parte di questo advance cd, che mettono in risalto le qualità interpretative di questa solida compagine
tricolore, che fa si sfoggio di una buona padronanza tecnica, anche se, in questo nuovo frangente, ad emergere prepotentemente è quell’epos primordiale, che fa di queste splendide composizioni delle piccole chicche per intenditori, a partire dall’opener track “Tower of sin” pervasa da ritmi cupi ed ossessivi, che bilanciano con precisione il fascino ipnotico del doom, e la forza evocativa dell’epic metal, o la pragmatica “Black Waters” pregna di atmosfere criptiche ed evocative che oscurano maggiormente le tetre ambientazioni che si vengono a creare, e che coniugano alla perfezione la pesantezza ossessiva dei padri Black Sabbath, con la maestosità macabra di un certo filone NWOBHM sullo stile di Angel Witch e Pentagram, Disco immenso, lo ripeto, sarebbe un vero peccato vederlo relegato nel ruolo marginale di semplice auto produzione, anche perchè potrebbe fare seriamente la fortuna di qualche label intraprendente..incrociamo le dita!!! (Beppe Diana)
Highlord – The Warning after E sette!!! Non sbagliano mai un colpo gli Highlord, nonostante le difficoltà oggettive incontrate durante un’esistenza discografica pluridecennale, ed il loro continuo peregrinare di etichetta in etichetta, la formazione torinese dimostra, ancora una volta, di riuscire a confezionare un album che presenta tutti, ma veramente tutti, i crismi e i caratteri distintivi dell’album di assoluta qualità. Ed in tutti questi anni di intensa attività, il quintetto ne ha macinata di strada, dovendo magari ingoiare qualche boccone amaro di troppo, ma rimanendo fortemente ancorato ad un credo artistico che, nel tempo, l’ha comunque condotto a consolidare un certo follow up di pubblico e di estimatori di tutto rispetto, e questo grazie soprattutto ad una proposta musicale, oggi sicuramente più versatile e convincente che in passato che, partendo da elementi vicini ad un melodic metal di fondo, si permea di contaminazioni e diramazioni di natura tipicamente heavy rock, che danno luogo ad un suono elegante ed elitario, che raggiunge in brani come l’articolata “Standing in the rain”, il proprio zenit qualitativo. Come era accaduto in passato, anche per questa nuova release, il vero ago della bilancia del songwriting degli Highlord, è rappresentato sicuramente dalla perfetta dicotomia di potenza e melodia, che si regge tanto sulla sei corde del chitarrista Stefano Droetto, autentico deus ex machina della formazione nostrana, quanto sull’espressività teatrale del singer Andrea Marchisio, uno dei pochi in grado ancora una volta di fare la differenza, tanto che episodi come “Inside the vacuity”, che ammalia proprio per la commistione di suoni che si intrecciano all’interno di un unico tessuto musicale, “Brothers to the end” con le sue pregevoli scansioni progressive, o la perentoria “In the wicked world”, vicina a ricami hard rock ’80ies style, che metteno in mostra la carica esplosiva di un combo mai domo, potrebbero rappresentare, dicevamo, un biglietto da visita davvero niente male. Detto che la produzione, altamente speculare, è ad opera del maestro Luigi Stefanini, “The warning after” rappresenta l’ennesima riconferma che, in Italia, non c’è gusto ad essere intelligenti!!! (Beppe Diana)
Syron Vanes – Evil Redux Non hanno il timore referenziale di guardare avanti i redivivi Syron Vanes, formazione che i più attenti ricorderanno per il successo effimero
legato ai primi due platter editi dall’allora iper attiva Ebony records, ristampati di recente dalla Steelheart italiana, qui al come back ufficiale a ben quattro anni di distanza dal precedente “Property of….” disco che, in qualche modo, ne aveva rilanciato le quotazioni dopo un periodo di puro stallo compositivo. Ed “Evil: Redux”, questo il titolo del nuovo arrivato, è in definitiva una raccolta di brani, ben quattordici per la precisione, che evidenziano ancora una volta il vettore caratteriale di una band dotata di quel carisma, e di quell’istintività, tali da attirare l’attenzione sia dei vecchi appassionati di sonorità vintage, che delle giovani leve, e questo grazie ad un melange compositivo, attorno al quale si convogliano accenti heavy rock di matrice tipicamente britannica, e partiture musicali tacitamente moderne, che convivono in perfetta simbiosi, rafforzati dall’ottima produzione del guitar player Anders Hahne, oggi come allora al timone del vascello svedese. Certo, la qualità di scrittura, la malizia, così come la spontaneità, non sono certamente paragonabili a quelle dei tempi migliori, anche se la verve, così come la padronanza strumentale, sono nettamente migliorate, e si mettono al servizio di una forma canzone abbastanza contratta che, se da una parte riesce a dare vita ad una serie di episodi che vivono dell’alternanza fra groove metallico e partiture più melodiche, dall’altra si permea lungo composizioni coinvolgenti che piacciono per la loro semplicità e la linearità con la quale vengono proposte. Dimenticate il passato, questi sono i nuovi Syron Vanes, prendere o lasciare…. (Beppe Diana)
Ritual Steel - Immortal Grezzo, anzi no, minimalista, ma anche dannatamente affascinante, ecco quale potrebbe essere il leitmotiv che caratterizza il nuovo lavoro da studio dei Ritual Steel, terzetto teutonico qui al come back ufficiale dopo ben sei anni di latitanza che hanno portato il drummer Martin Zellmer e la sua ciurma di prodi, lontani dai riflettori per un'attesa spasmodica durata tanto, troppo tempo.. Ed “Immortal”, è una raccolta di brani, ben dieci per l'esattezza, grazie ai quali la band si rende ancora una volta abile nel tessere arcane armonie sonore, erette su partiture compositive, che cingono in un unico, e fascinoso abbraccio, reminiscenze di tipica estrazione classica, e dilatazioni armoniche di derivazione epica, che riportano alla memoria le gesta di mostri sacri del genere, grazie ad una commistione tecnico/interpretativa davvero ben congeniata. Un suono che viaggia sicuro su ottimi binari interpretativi, ricco com’è di atmosfere ammantate da un’aura enfatica e da un alone suggestivo, che portano in dote composizioni ammalianti come ad esempio la marziale “The ritual law” e le sue scansioni metalliche, l'incendiaria “Fire” che pigia decisamente il piede sull'acceleratore, “Judgment day” caratterizzata da un ottimo guitar work, o la stessa “Metal Sanctuary”, sicuramente fra i brani più sarcastici del lotto. Affascinante, non ci sono dubbi, certo, come al solito, non aspettatevi rivoluzioni interpretative o quant’altro, sareste fuori strada, se invece siete in cerca di forti emozioni, beh, avete trovato la band che fa al caso vostro, statene certi. (Beppe Diana)
Lady Beast – Leady Beast Onesto e sincero proprio come la band che lo ha concepito, il debutto discografico degli americani Lady Beast, è il classico concentrato di energia e vitalità che, grazie soprattutto ad una produzione speculare, riesce a dare forma, e sostanza, ad un suono magmatico, arroccato com’è attorno a chitarre avvolgenti, che si aprono sempre più di sovente verso soluzioni pregne di pathos, le quali mettono in luce un versante più tradizionalista che, comunque, non pregiudica di certo il mordente finale di molte delle composizioni ivi presenti. Due anime, quella prettamente metal, e l’altra più diligentemente melodica, coesistono in perfetta simbiosi all'interno di un versante compositivo scevro di cadute di tono, con una band che si immola sull'altare sacrificale del metal più classico ed iconoclasta, concetto ben evidenziato all’interno di episodi efficaci come “The lost boys”, caratterizzato da uno straripante incipit metallico, “Birth rite” che si colora di avvincenti dissonanze classiche di fondo, la più duttile “Armor” o dell'altrettanto decisa “Hot pursuit”, dotate di uno spettro old style che le rende uniche. Innovazioni e personalità non sono di certo le prerogative principali di questi autentici new comer, che si prodigano in una sapiente rilettura dei dettami tramandati negli anni dai maestri del genere, il tutto giocato attorno ad atmosfere suadenti, chitarre armonizzate, una sezione ritmica solida e compatta, ed alcuni refrain melodici veramente indovinati, che piacciono proprio per la loro semplice ingenuità di fondo, anche se non aggiungono niente a quanto stato detto precedentemente da decine e decine di formazioni prima di loro. (Beppe Diana)
Predatory Violence – Marked by death Ruvido e penetrante, il suono portato alla ribalta dai Predatory Violence, è ancora una volta una vera e propria colata di metallo fuso incandescente, che si lascia apprezzare per la voluttuosità dei suoni e la dinamicità di alcune ritmiche che sostengono le architetture sonore erette dalle due asce della band, tecnicamente ineccepibile nel loro rincorsi in effusioni heavy and loud. Thrash metal si, ma di una forma abbastanza scarna e primitiva, fatta di suoni “in you face”, registrazione e produzione molto raw and wild, espediente questo che, naturalmente, aiuta a fomentare l’attitudine live della formazione teutonica in questione, intenta a radere al suolo ogni cosa sotto i colpi incessanti di vere e proprie bordate metalliche, ben dieci per l’esattezza, che trovano campo fertile all’interno del qui recensito “Marked for Death”. Una band che punta molto del suo gioco forza proprio sul groove che riesce a creare, riuscendo alla perfezione ad alternare partiture classiche ed atmosfere molto più sincopate e claustrofobiche, in una perfetta antitesi che colpisce l'ascoltatore, proprio come succede ascoltando brani intricati come nel caso di “Mercy shot”, che in alcuni frangenti richiama addirittura i Kreator di “Endorama”, la marziale “Always on the Prowl”, il cui riffing portante è smaccatamente copiato a quello di “Walk” dei Pantera, o della stessa
“Puppet on a string”, nella quale l’anima più prettamente speed/thrash metal riesce a prendere il sopravvento, e partorisce visioni alquanto apocalittiche. Consapevoli delle proprie qualità, ma anche dei loro limiti, nonostante il quarto sigillo. Da riascoltare in futuro ... (Beppe Diana) Nightglow – We Rise Si portano dietro un bagaglio artistico davvero niente male i ritrovati Nightglow, con due demo alle spalle ed un repertorio a base di cover band dei Manowar, ma nonostante tutto, per il loro disco di debutto giocato sulla lunga distanza, i nostri sembrano veramente prendere le distanze da quanto proposto in passato, e mettono a punto un versante compositivo che si assesta su territori sonori non tanto distanti da un classic metal dagli influssi tacitamente tradizionali, e di matrice statunitense, che fomentano queste nuove otto composizioni. Suonato con il cuore e con la passione da gente che ha fatto dell’heavy metal ben più di una semplice ragione di vita, caratterizzato da capacità strumentali tutt’altro che di secondo piano, “We rise” è il classico concentrato di perizia tecnica e gusto compositivo che poggia gran parte della propria indole metallica, sull’impatto fisico delle due asce, ben sorrette da una sezione ritmica compatta e dinamica, nonché dall'istrionismo vocale di un singer di razza, abile sia sui brani dotati di maggiore dinamismo come l’up tempo “Shine of life”, pervaso da accenti heavy/power metal, o la stessa title track contraddistinta da evoluzioni power/thrash metal, che su episodi in cui è proprio la teatralità a prendere il sopravvento, come in occasione di “Don't cry” giocata su tonalità plumbee, o “Between Heaven & Hell” che viaggia su ritmi più cadenzati. Il disco della definitiva consacrazione? Ce lo auguriamo, anche perché sarebbe piuttosto riduttivo non dover attribuire i giusti meriti ad una formazione che, negli anni, ha sempre dimostrato di sapersi reinventare, pur senza snaturare minimamente il proprio approccio in nome dei tempi che cambiano.... (Beppe Diana)
Twintera - Lines Arrivano finalmente al disco di debutto ufficiale anche i giovanissimi Twintera, formazione con base operativa nell'hinterland veronese, assorta agli onori della cronaca grazie soprattutto agli ottimi auspici fatti registrare dal precedente “Demotion” lavoro che, come dimostrato, poneva le basi per un futuro lungimirante. Lontani dal clamore suscitato dal marasma di molti loro colleghi forse più fortunati, i cinque musicisti in questione, sono riusciti ancora una volta ad anteporre i fatti alle parole, espediente questo che li ha portati sempre di più a legare un filo diretto con gli amanti di certe sonorità ricercate, proprio come in occasione del nuovo “Lines”. Orfani dell'apporto di un keyboard plyer che, in un recente passato, aveva fortemente caratterizzato l'approccio stilistico dei nostri, i Twintera del nuovo corso riescono, dicevamo, ad
arricchire il proprio bagaglio musicale, grazie soprattutto a quei fraseggi e a quelle aperture melodiche di natura moderna, e dal retrogusto progressivo che, senz’ombra di dubbio, impreziosiscono ancor di più un tracciato sonoro istintivo, che arriva ad edificare alcune infrastrutture sonore degne dei migliori interpreti del genere. Splendide a tal uopo le armonizzazioni melodiche offerte dall’istrionica “Oversight”, brano coraggioso, che mette in risalto alcune peculiarità sicuramente non di secondo piano, in un crescendo pregno di emozioni, mentre se “By hand of justice”, eredita i caratteri somatici di un certo progressive metal d’autore, “Cool 18” con i suoi canoni classici e le atmosfere adombrate da ritmiche e dissonanze ricche di fraseggi tecnici, ne amplia in modo definitivo gli orizzonti sonori. Band da supportare in maniera incondizionata, niente se e niente ma!!! (Beppe Diana)
Power Crue - Wreck the Eternal Tyranny Inarrestabili Power Crue!! Già, il ritorno discografico degli ateniesi, potrebbe sancire la definitiva rinascita artistica di questa piccola/grande realtà del panorama heavy metal ellenico che, dopo aver assestato la propria line up ufficiale con l'innesto di alcuni validi musicisti, ritorna sul mercato discografico che conta grazie ad un disco che, oltre a restituirci intatte le potenzialità espressive del quintetto in questione, li proietta verso lidi compositivi sicuramente più stentorei che in passato. Sicuramente l’album più heavy pubblicato dai nostri negli ultimi anni, “Wreck the Eternal Tyranny” è un lavoro nel quale l’anima più classica ed integerrima della band, si sposa perfettamente con sonorità più levigate ed oscure, e questo grazie anche ad una produzione, incentrata attorno ad un incessante lavoro di chitarre, mai così incisive come in quest'occasione. Ne scaturisce un lavoro vigoroso ed allo stesso modo profondo, che trova la sua massima espressione all’interno di composizioni energiche come ad esempio l'up tempo di “Killing Sun” corrosiva ed acuminata song pervasa da accelerazioni arricchite da influssi heavy/thrash, “Modern Tiranny”, irrorata da accenti musicali ricchi di suadenti arabeschi classici, e da un vorticoso guitar work, la stessa “Oedipus rex” che si snoda attorno ad una riuscita commistione di power metal ed aperture dilatate dall'incipit quasi progressivo. Che dire, certo “Wreck the Eternal Tyranny”non fa certo gridare al miracolo, ma piace proprio per quella semplicità di fondo che lo rende a suo modo affascinante, lo vogliate o no….. (Beppe Diana) Cyanide Scream – Battle On Americani di provenienza, ma europei d'adozione, i redivivi Cyanide Scream, tornano nuovamente sul mercato discografico che conta, e lo fanno nel migliore dei modi, confezionando un nuovo platter, il secondo per loro, infarcito di brani ottimamente strutturati, in un connubio di potenza e melodia, caratterizzato da avvincenti armonizzazioni di chitarra e da alcuni azzeccati refrain. Heavy rock di estrazione classica dunque, che guarda intensamente da entrambe le parti dell’oceano, ecco quanto propostoci dai tre su questo come back discografico, contornato da una grafica minimale, alla quale fa da eco una produzione scarna ed essenziale, con la chitarra del leader Steve Cone, autore di alcuni dischi strumentali davvero niente male, a dettare il tempo al resto della ciurma, che delinea un tracciato a tratti melodico, altri più
marcatamente metallico, in cui brani dal forte impatto emotivo come nel caso dell’heavy rock “Run for your life”, up tempo dal riffing penetrante, o l’heavy rock sostenuto ed accattivante di “Metal head”, contornata da splendidi reminiscenze melodiche, la fanno da padrone. Tredici brani, per tre quarti d'ora di buona musica, niente di trascendentale come al solito, ma se amate il buon caro vecchio heavy metal, quello suonato con il cuore e con la convinzione dei propri mezzi, non certo del cospicuo conto in banca, allora questo disco potrebbe fare seriamente per voi, nel caso contrario, passate oltre…. (Beppe Diana)
Echotime - Genuine Teatrale, drammatico, enfatico, genuino, già, il debutto degli Echotime è un'opera discografica capace di abbattere i confini, soprattutto quelli esistenti fra diversi generi musicali, riuscendo con una buona dose di malizia, ad amalgamare diverse sfumature ed influenze musicali, grazie ad arrangiamenti sopraffini, e a riversarle in un unico contenitore sonoro, con una naturalezza ed un’eleganza, che da luogo ad autentici trip visionari e ad atmosfere oniriche, quasi irreali. Un vero e proprio melange musicale dunque, nel quale riescono a convivere in perfetta simbiosi sonora, elementi che vanno dal prog/metal moderno più elaborato, al rock progressivo tecnico ed articolato, fino a riuscire a sfiorare atmosfere dal vago stentore gotico, il tutto risaltato da una prova d’insieme veramente coinvolgente, nella quale ogni strumentista si ritaglia la sua parte del leone, con una menzione particolare per l’istrionismo vocale di mr. Alex Cangini, autore di una performance da applausi a scena aperta. Un variopinto mosaico di suoni dai colori dalle tonalità accese, difficile da descrivere in sintesi, anche perché le emozioni e le sensazioni che gli Echotime riescono a trasmettere con la loro classe, sono molteplici, e riescono a colpire nel segno come una carezza in un pugno, tanto che basterebbe ascoltare pochi secondi il cd per rendersi conto di avere a che fare con una band che sa come prodigarsi in costruzioni armoniche, che innalzano un wall of sound a volte imperioso ed imponente, ai limiti del symphonic/thrash metal. Schematicamente diviso in quattro imponenti suite, per ben diciotto tracce totali, molte delle quali sono dei semplici cameo atti a sottolineare i vari passaggi in quello che, a livello concettuale sembra essere un intrigante, quanto intricato concept album, “Genuine” è in definitiva un vero e proprio caleidoscopio di influenze che cingono in un unico abbraccio mediatico soluzioni musicali che vanno dal metal, all’hard rock, passando per sonorità più elitarie, contraddistinte da un dinamismo ritmico alquanto apprezzabile!!! Da ascoltare senza preconcetti di sorta... (Beppe Diana)
Autori di tre pregevolissime demo, i mantovani Palgue Angles si apprestano a debuttare su etichetta ETN e a diventare una delle migliori new comer metal band di casa nostra, questo grazie soprattutto ad uno stile musicale asciutto e coeso che, pur non rinnegando affatto le proprie radici musicali, sempre e comunque ben ramificate attorno alla scena thrash metal degli anni ottanta, riesce ad inanellare una manciata di brani davvero memorabili che, facendo leva su di un'eccellente padronanza didattico/esecutiva, e a rinverdire la fede e la passione metallica, forse per troppo tempo assopita, verso quelle sonorità spigolose ed ardite di band del calibro di Watchtower, Testament, Heaten ed Overkill. Parola al chitarrista/cantante Michele Mich Vanoni Intervista di Beppe Diana Ciao Mich e grazie per il tempo che ci stai volendo dedicare, dunque il vostro debutto sulla lunga distanza “Militia of Undead” è già in giro da qualche mesetto, ti va di tirare delle somme per i nostri lettori? Se non erro avete ricevuto degli ottimi riscontri, ve lo aspettavate? Ciao Beppe,per iniziare ti ringrazio immensamente per questa opportunità. Per una piccola band come la nostra è sempre un piacere poter parlare con tanta gente attraverso fanzine importanti come questa. “Militia of Undead” è il nostro terzo lavoro e segue i precedenti “Plague Holocaust” e “Fake Mind” e per noi è il nostro biglietto da visita finale per presentarci al pubblico prima di un vero full-lenght. Questo per dire che con gli Ep abbiamo chiuso,ultimo step prima del livello successivo. Sinceramente no non ci aspettavamo tutto questo entusiasmo,ne siamo stati felicissimi. Anche perche partiamo da una citta che di scena metal e underground non ha nulla,essere apprezzati in altre regioni e città italiane ci ha reso molto entusiasti. Anche perché difficilmente riesco ad essere obbiettivo sui nostri lavori quindi mi affido e mi fido della gente,senza però sfociare nell’ingenuità. Bel colpo in sostanza,ci sta aiutando non poco. Credo che, registrare anche una semplice ep, per un musicista sia già un ottima soluzione, anche perché prevede un buon lavoro di gruppo ed una coesione e non solo artistica, puoi dirci quali sono state le emozioni e gli stati d’animo che avete attraversato durante tutte le sessioni? Quanti sacrifici e non solo economici vi è costato portare a termine un’operazione di queste proporzioni? Sono d’accordo in pieno con te, gia l’emozione di entrare in uno studio professionale ti fa sentire una piccola persona importante in campo musicale anche solo per quei quattro che magari ascolteranno il lavoro. Noi in primis siamo amici e quando prendiamo una decisione la prendiamo insieme,per Militia abbiamo cercato di dare il meglio di noi anche se dopo due mesi avevamo gia idee che lo surclassavano magari ma però ci ricorderà per sempre un periodo fondamentale della band. Ci siamo divertiti, abbiamo provato ansia, abbiamo discusso per testi e passaggi e anche quello ci ha rafforzato. E in studio,anche se siamo abbastanza grossolani,eravamo minuziosissimi.I sacrifici fanno parte del pacchetto è inevitabile; economici,visto che lavoro solo io, di tempo,visto che alcuni di noi hanno la morosa, ma in ogni caso il tutto è stato speso in maniera proficua e
siamo soddisfatti. Dopo ci pensi e ti metti a ridere. Il vostro è il classico lavoro che colpisce l’ascoltatore, presentando un lotto di composizioni che lasciano trapelare la
determinazione di una band che vuole andare subito al sodo, dico bene? Esatto hai colto l obbiettivo. Amiamo essere diretti,un po come siamo nella vita di tutti i giorni. Cerchiamo di variare i pezzi con bridge che sorprendano l'ascoltatore ma andremmo volentieri avanti tre minuti con il tupa tupa semplice e grezzo che ha fatto storia. Quello che facciamo deve produrre un impatto violento e nostalgico. Di solito si dice che il primo lavoro è una sorta di raccolta del materiale che una band ha prodotto in passato, cosa puoi dirci invece delle nuove composizioni che avete in mente di inserire all’interno del vostro ipotetico secondo parto discografico? Il suono che avete tracciato, seguirà le orme del vecchio repertorio della band, o vi siete in qualche modo incattiviti? Dunque,come ti dicevo il prossimo lavoro sarà il
nostro full lenght,di conseguenza i pezzi saranno tutti quelli di Militia,tre pezzi di fake mind,un pezzo del nuovo split in vinile che uscirà a marzo e tre inediti. Sicuramente proveremo una registrazione piu aggressiva e meno accurata ma il nostro stile
sarà sicuramente quello gia tracciato. Poi per i nuovi pezzi del futuro sicuramente proveremo un approccio alla “Pleasure to Kill” con un po piu di tecnica. Il vostro genere musicale è tendenzialmente focalizzato attorno un assalto sonoro perpetrato con cinica violenza e con convinzione, che porta a galla un suono snervante che trae forte ispirazione dalla scena thrash metal della vecchia scuola, espediente questo che, se da una parte non può far che piacere vista la vostra giovane età, dall’altra invece può porre delle perplessità sul fatto che i Plague Angels stanno cercando di cavalcare l’onda del revival del genere più oltranzista per antonomasia, tu come la vedi? Non pensi che prima o poi si possa arrivare ad un punto di saturazione proprio come è successo con altre correnti musicali
riportate prepotentemente alla ribalta negli anni passati? Ho notato che in questo periodo ormai se si formano cinque band,tre sono thrash old school. Da un lato la cosa mi fa piacere,dall altro incazzare. Perche molte di loro secondo me non credono,non provano passione per quello che
suonano e saranno destinate a sciogliersi entro breve. Sono esempi di gente che cavalca l’onda. Se tenti di cavalcare l onda,ti stufi appena l’onda cala,o anche prima. Ma se come noi vuoi portare avanti una bandiera trentennale,anche se tra death black heavy e anche prog i nostri ascolti sono numerosi, non ti stufi e questo fenomeno di saturazione non puo avvenire. Se la gente è coerente quel che dici non succederà. E questo lo dice un ragazzino di vent’anni che gli anni ottanta mancco li ha visti,ma la passione che mi muove mi da il diritto di crederci,anche se molti sostengono il contrario. Qualche mese fa su facebook è scoppiato il caso del “pay to play” e del fatto che a molte band considerate minori venga chiesto del denaro per suonare come gruppo spalla di formazioni più blasonate, mi piacerebbe sapere qual è il tuo punto di vista dato che si tratta di una cosa vecchia come il mondo del rock… non è peggio registrare un master e poi dover acquistare i propri cd nel tentativo, a volte vano, di rivenderli ad amici, fans e parenti? Mi vien da sorridere ti giuro. Sia per il pay to play sia per il resto. Sarò conciso. Questo fenomeno distrugge la musica ed è avvilente. Non sarai mai una star anche se suoni da spalla ai “tizio & caio” e se suoni questo non è il tuo obbiettivo. Per me anche se sei il cantante degli Exumer e vieni li a pavoneggiarti sei meno di zero perche quello che suoni non si fonda su questo. Men che
meno quindi gente che si vanta per aver suonato con grandi gruppi magari pagando. Ormai se vuoi diventare i nuovi Megadeth è finita l epoca signori miei. Avere grandi obbiettivi ma raggiungerli onestamente. Per quanto riguarda il resto mi metto proprio a ridere,mi trovi d’accordo al 100%, per me non è un obbiettivo andare sotto un etichetta che poi
mi rivende le copie del mio stesso disco. Il problema è che oggi se non sei sotto quelle due o tre etichette “true metal” italiane non ti lasciano andare avanti. E qui mi fermo. Bazzicando l’underground da parecchi anni, ho tristemente notato che molte giovani band underground conoscono poco, a volte anche per niente, la scena musicale della propria zona, ed in seconda battuta quella nazionale se non per alcune band storiche, snobbando la formazioni del classico “vicino di casa” o per semplice campanilismo, o per fomentare delle rivalità che, a mio modestissimo parere, non portano mai niente di buono, che mi dici? Dunque,qui mi viene da usare l’aggettivo poser. Spiego. Per me il poser non è chi non si veste o si atteggia come un thrasher e tutte ste menate qui. Se lo fai lo fai per scelta ma questo non comporta nulla. Che fa una persona un metallaro al giorno d’oggi è la cultura in fatto di metal. È l andare a vedere i concerti,anche pochi,visti i tempi di crisi. È comprare anche quel cd ogni tanto per convinzione. È conoscere le band che girano in italia e supportarle per darsi una mano a vicenda. Questo è il metallaro nel 2013, e puo avere dai 10 ai 90 anni. Poi, come c’è sempre stata,c’è l invidia. Ammetto che anche io invidio certi nomi italiani attuali e se li critico nel mio piccolo per me le motivazioni ci sono. Ma mai li ostacolerei nel loro percorso. Certo,non ci suonerei mai assieme. Partendo dal presupposto che ognuno è
libero di suonare ciò che più gli aggrada, secondo te quali possono essere le emozioni/sensazioni nel suonare in una cover band? Come mai questo “fenomeno” ha preso piede in maniera così ampia solo dalle nostre parti? E se non è troppo, cosa spinge voi come band a mettersi in gioco cercando di proporre un repertorio che si basa quasi esclusivamente su materiale originale? Ma guarda,sinceramente il fenomeno cover band non lo capisco. Sarai sempre soggetto a critiche pesantissime perche ovviamente la gente che ti viene a vedere non capisce che te non sei i Led Zeppelin ma una band che suonau n tributo. Secondo, non capisco la soddisfazione che ci trovano ad essere applauditi per pezzi che hanno fatto altri. E terzo, con che coraggio metti su una cover band di un gruppo storico e vai a suonare fuori. Detto questo noi siamo spinti dal voler dare un contributo che resterò con il nostro nome e con il nostro sudore in italia o all estero. Se ci ricorderai saremo i “Plague Angels” con il nostro stile e i nostri difetti,non i Led Zeppelin con i nostri difetti e il loro stile. Da quanto visto su facebook, la vostra attività live è comunque più che buona, qual'è l'atmosfera che viene a crearsi durante vostro concerto? Che genere di audience riuscite ad attirare nei vostri live show? Avete escogitato delle trovate sceniche con le quali shokkare il vostro pubblico? Cerchiamo sempre di far pogare la gente questo è sicuro ahah per noi è l estrema soddisfazione. Se un pubblico che ascolta thrash poga è fatta ahah. Cerchiam anche di spiaccicare un po di presentazioni in inglese cosi per dare atmosfera piu aggressiva e veloce. Poi ognuno si veste come vuole e fa quel che gli pare,ma quando si imbracciano gli strumenti l obbiettivo è di riportare l ascoltatore indietro nel tempo. E poi chi viene viene, siam contenti di chiunque venga ad ascoltarci anche se non ha lo smanicatino in jeans con le toppe. Potendo guardare in un’ipotetica palla di cristallo, come ti ricevi fra sette/otto anni? Con famiglia e prole al seguito, oppure ancora on the road a promulgare sempre e comunque il verbo del sacro metallo? Spero entrambi!! Sono uno che crede nella famiglia ma anche nell Heavy metal. Spero di poter fare ancora dei bei concerti con un buon seguito ma di avere accanto anche una donna che mi ama. Prima di concludere, chi è il Michele Vanoni di tutti i giorni, ovvero che cosa fai per vivere quando non sei impegnato con la band? Posso con orgoglio dire che lavoro,che non è poco oggi come oggi. Esco,bevo,guardo molti film,cerco di dare il mio contributo al mondo vivendo bene senza rompere le palle a nessuno. e poi ovviamente sto con l unica persona che mi sopporta in tutto e per tutto,la mia ragazza. Ok fratello, siamo alla fine, Tante cose sono finite e finiranno. Tante cose sono sporche di mafia,di potere e di soldi. Facciamo in modo che l’Heavy metal resti una certezza inviolabile fino a quando avremo fiato in corpo.
THE SHORE WILL ARISE In tutti questi anni ho avuto l'opportunità di ricercare numerose band perse attraverso il corso della storia hardn'heavy, soprattutto in Italia, ma questa band di Wichita, occupa un posto speciale nel mio cuore. Sì ragazzi, quelli di voi che hanno ascoltato il loro primo EP, conoscono l'inizio di una scena metal, quella americana, che viveva dell'energia di giovani band come questa, e degli scambi di nastri registrati su cassettine amatoriali. Quest'intervista ha come protagonista uno dei membri della band, il bassista Greg Marshall, un buon musicista e un grande uomo. Intervista di Beppe Diana Ciao Greg, e benvenuto sulle nostre pagine, Ciao Greg e grazie per il tuo tempo prezioso, partiamo dalla prima domanda, in che occasione conoscesti gli altri membri della band? Ciao Beppe e grazie a te. Dunque io Mike, Pete siamo stati compagni di scuola per molto tempo, oltre a questo ci univa la passione per la musica. Abbiamo formato il primo nucleo della band proprio al liceo, iniziando a comporre materiale originale sin da subito. Molte volte il nome della band è correlato con quello di Mark Shelton, e come è nata questa amicizia? Ricordo che fu dopo un nostro spettacolo per la scuola, alla nostra insegnante di musica la nostra band piacque molto, lei conosceva Mark e i suoi Manilla Road grazie al marito, e lo chiamò dicendogli di questa giovane band di ragazzini scatenati. Lui venne a vedere la prima dello spettacolo, e da li in poi, ci seguì durante i primi passi nel mondo della musica. Siamo amici da allora, ovvero dal 1983. Il primo step discografico della band fu registrato nel 1984, un ep di quattro composizioni che comprendeva solo una futura traccia del vostro nuovo album, vale a dire "Tidal Wave". Ecco, uno degli errori che molti hanno commesso è definire “The Shore Will Rise” come un nuovo album della band, non lo è affatto, diciamo che lo possiamo definire una sorta di raccolta con il meglio della produzione della band. “Tidal Wave” è sempre stato uno dei brani preferiti dei nostri fan. Si tratta di una delle prime canzoni che abbiamo mai scritto. Avevate messo da parte un budget decente per registrare l'ep? E se non è troppo, prima ancora avevate registrato delle demo? Diciamo che ci siamo autofinanziati le registrazioni. Abbiamo provato tutto il mese, prima di entrare in studio in modo che tutto andasse per il meglio. Quello che senti è stato registrato in presa diretta, e tutto in due soli giorni...si hai letto bene!! È stato fantastico, era la nostra prima volta in uno studio di registrazione. Sapevi che, qualche tempo fa, è stato ristampato come bootleg da una sedicente etichetta greca? No, purtroppo non sapevo niente di questo. Comunque credo che, anche dietro a quell'azione illegale, c'è nascosto una dose di passione smisurata, ma sarebbe meglio se fatto con il consenso unilaterale delle band. Oltre ai già citati Manilla Road, all'epoca il Kansas era conosciuto come il territorio per le scorribande sonore di formazioni, a torto considerate minori, come Dead Orchestra e Vyper, avevate instaurato dei rapporti di amicizia con queste formazioni? Provenire dalla nostra regione non era e non è mai stato un vantaggio, non c'erano case discografiche o dei management con da cui essere gestiti, abbiamo dovuto fare sempre tutto
da soli. Mark Shelton ci ha aiutato, e grazie a lui abbiamo cercato di farci conoscere. Per le band da te citate si, eravamo molto amici dei Dead Orchestra. Se vuoi sorridere, ho proprio due membri della band seduti qui accanto a me nel Net-Caffè dal quale ti sto scrivendo, e ti salutano. Ora una domanda delicata, se mi permetti, ho letto nella vostra biografia che, qualche mese dopo l'uscita del vostro debutto, sei stato coinvolto in un incidente ferroviario, e i tuoi colleghi hanno pensato bene di fermare l'attività della band, per il rispetto che avevano nei tuoi confronti. Mike e Pete non sono solo degli amici, sono parte della mia famiglia, ed il loro sostegno è stato per me un grande stimolo per ritornare alla normalità. Dal primo giorno dopo l'incidente ho detto che sarei tornato nuovamente a suonare, ed avrei anche fatto di tutto per poter tornare ad essere come prima , almeno ci avrei provato. Ho iniziato a suonare tutte le mie linee di basso con il synth mentre stavo imparando ad usare il mio “uncino”. Pensa che abbiamo organizzato delle date appena due mesi dopo che sono uscito dall'ospedale, e siamo tornati in studio a distanza di sei mesi. Nel 1989 tornate in studio nuovamente sotto la guida di mr. Shelton, per registrare questa volta un album full lenght, domanda: ma questo secondo lp è stato registrato per essere pubblicato da una casa discografica, o avevate semplicemente portato a termine un master per trovare un contratto? Ci siamo separati per due anni, dal 1987 al 1989. Pete aveva lasciato la band all'inizio del 1986, noi
per un periodo abbiamo continuato con un nuovo batterista, Grant Smith che, nel frattempo, era anche dietro le pelli dei Dead Orchestra. Quando anche Grant ha deciso di lasciarci nel 1987, io e Mike ci siamo presi una pausa. Nel 1989 abbiamo iniziato a ricevere telefonate dai fan e da organizzatori di eventi per delle serate live, quindi siamo tornati insieme. Tornare in studio di registrazione è stato per noi una normale conseguenza. Scegliemmo il Miller's studio che, all'epoca, stava facendo circolare delle ottime produzioni. Purtroppo Mark Shelton non ha prodotto questa sessione di registrazione, è tutta farina del nostro sacco, con l'aiuto di Larry Funk, ma Mark ha fatto la ri-masterizzazione per la release della Shadow Kingdom records. Naturalmente le composizioni del disco sono molto più mature di quelle del vostro debutto, classic/epic metal con un tocco di hard rock anni settanta, né thrash né tanto meno hair metal i due generi musicali che, alla fine degli anni ottanta, regnavano sovrani all'interno delle classifiche americane... Sì, stavamo attraversando un momento difficile per farci notare, perché non eravamo thrash o abbastanza pesante per labels più underground e non avevamo abbastanza capelli e lustrini per essere giudicati Glam e cercare di ottenere un deal con una major dell'epoca. Il lavoro in studio ha in qualche modo edulcorato il nostro suono con la produzione e il mix, ma ci piaceva, anche se dal vivo eravamo molto più pesanti. Eravamo più heavy dal vivo rispetto alla nostra versione in studio. Che cosa hai combinato, a livello artistico, dalla separazione del gruppo fino alla reunion? Devo deluderti, nonostante quello che leggo sulla rete, non siamo tornati insieme come band. Si parla di un nuovo lavoro di studio da anni, come di una nuova release di materiale più vecchio. Vorremmo riformare la band per delle date live, gli stessi Manilla Road ci hanno chiesto di essere i loro opening act per alcune date nel vecchio continente. In questo momento non abbiamo niente di segnato sul nostro calendario. Vorremmo tornate a scuotere il mondo, abbiamo messo su un spettacolo stupefacente dal vivo. Ok, siamo alla fine, per cui... La musica unisce le persone, e i fan sono coloro che la fanno andare avanti. Voglio ringraziare tutti voi per essere dei sostenitori dell'heavy metal e della nostra musica. Senza di voi questo non sarebbe mai stato possibile.
validi, per lavorare con una band seria? Ho scelto degli ospiti perché odio perdere ore in sala prove discutendo su poche note di una canzone. Al di la di questo, ci sono sempre musicisti che lasciano la band nei momenti cruciali e, inoltre, penso che non puoi essere amico con tutti i musicisti del gruppo, anche se molti pensano il contrario. Ho pensato che facendo tutto da solo non avrei avuto problemi, anche se, quando ho cominciato non avevo nemmeno uno studio. Ho comprato un pc dell'ultima generazione, una buona scheda audio, e ho cominciato a lavorare sui demos. Non sapevo niente di Cubase. Frank Schiphorst dei Mayan, è stato gentile ad aiutarmi ed insegnarmi per un po’ di cose. Lavorare in solitudine vuol dire essere responsabile di tutto e non puoi accusare nessun altro se non te stesso se qualcosa va storto. Se invece tutto va bene, il merito è esclusivamente tuo. Lavorare su questo disco è stata una grande esperienza.
"Never say die" recitava il titolo di un vecchio platter dei maestri Black Sabbath, e quale frase migliore potevamo trovare per salutare il ritorno sulle scene di mr. Noud Smeets? Già, aver avuto l'onore di scambiare quattro chiacchiere telematiche con il, per me, mitico axe hero degli olandesi Masquerade, è stato come rincontrare un vecchio compagno di banco del quale se ne erano perse le tracce, ed il venire a conoscenza che, dentro del suo animo artistico, dopo tutti questi anni di apparente silenzio artistico, la fiamma del sacro metallo arde ancora sprezzante, rappresenta, per me, un motivo in più per continuare a perseverare lungo il cammino di umile scribacchino/appassionato. E' perciò con immenso piacere che lascio la parola al nostro interlocutore che, come leggerete più dettagliatamente, ci condurrà con mano all'interno del mondo musicale e passionale di una delle formazioni più sottovalutate della storia recente, per cui..... Intervista di Beppe Diana, traduzione Corrado Franceschini
Ciao Noud e grazie di tutto, incominciamo l’intervista parlando dei Project Masquerade. Cosa puoi dirmi sulla tua nuova creatura? Ciao e grazie a voi!! Beh, nel 2009 ho deciso di cominciare a lavorare da solo su del nuovo materiale nel mio piccolo home studio, quando ho ricevuto una e-mail dalla Steelheart Records che voleva realizzare del vecchio materiale dei Masquerade. Nel 2010 abbiamo realizzato l’album “Cybernetic Empire” con registrazioni rimasterizzate, outtakes, demos e un libretto di 16 pagine. I Project Masquerade come potrai ben capire, sono il mio progetto personale. Ci sono io alla chitarra, curo anche l'aspetto compositivo, e mi faccio aiutare da dei musicisti ospiti. L’E.P a 6 tracce è stato realizzato nell’autunno 2011 ed era intitolato “Nothing But Everything will remain”. Se non erro è anche un disco auto finanziato; stai forse cercando qualche etichetta per firmare un contratto?
L'ho auto finanziato e ci ho investito un sacco di soldi. Speravo lo realizzasse la Steelheart perché aveva pubblicato anche l’album precedente, ma mi hanno detto che suona troppo brutale e moderno. L'ho preso come un complimento. Ho impiegato anche un sacco di tempo: ci sono voluti 3 anni per finirlo. Alcune etichette mi hanno chiesto di pagare tra i 700 e i 500 euro per realizzare l’album! Oltre a questo volevano il 30% dei diritti di pubblicazione. Questo è più un ladrocinio che un contratto. La gente vuol investire solo su idoli o stelle di X factor, questo perché si fanno soldi facili e tanti. So che puntare su un nome nuovo è sempre un rischio per un'etichetta ma, d’altra parte, io offro loro un prodotto completo, mixato e masterizzato professionalmente, artwork incluso. Non dovrebbero fare neanche tanti Cd fisici visto che la gente preferisce il download digitale. Ho bisogno solo della loro promozione e della distribuzione Quanto è difficile per te trovare musicisti
Lo stesso discorso lo possiamo fare per i Masquerade, una delle migliori formazioni olandesi che abbia mai ascoltato. Cosa puoi dirmi dei primi anni della band? Tutto è partito quando hai, lasciato gli eroi belgi Lionspride giusto? Giusto! I Lionspride avevano lavorato sodo per realizzare un secondo album, ma abbiamo avuto parecchi problemi con le etichette discografiche. Tutte le canzoni erano pronte, avevamo passato intere settimane in sala prove. C'era persino un video con le nuove composizioni suonate allo Shockwave festival. Stavamo aspettando che qualche cosa si muovesse, ma dopo un anno mi sono stancato di aspettare. Ho cominciato a scrivere brani con il bassista Robert Klatt ed abbiamo trovato Jack Krall (ex Avalon). Il vero problema è stato trovare un cantante decente, il nostro primo gig è stato per una radio locale, fronteggiati da un vocalist trovato pochi giorni prima. La prima release ufficiale è stato il demo a tre tracce “Behind The Mask” che mostra una buona qualità del suono e composizioni che segnano uno stile maturo che cattura l’essenza di elementi come tecnica, melodia, e alcune atmosfere Progressive. Quel demo ha venduto 400 copie in poche settimane, questo senza l’ausilio di Internet!! E’ stato registrato in pochi giorni su un 8 piste nel Joe’s Garage: un piccolo studio olandese molto famoso nell’ambito Rock e Metal. Abbiamo avuto ottime recensioni da tutto il mondo e i giornali ci hanno paragonato a Crimson Glory e Queensryche. In Olanda non abbiamo ricevuto molta attenzione. Questo grazie anche alle capacità del vostro cantante dell'epoca, diamogliene atto!! Richard è un grande cantante e performer. Quando ci ha lasciato, abbiamo impiegato più di un anno e 35 audizioni, ma non abbiamo trovato nessuno che potesse prendere il suo posto. Penso che l’esatta alchimia della band sia quella di
essere in 4, ma abbiamo avuto validi singers come puoi sentire su “Cybernetic Empire”. Se non sbaglio all’epoca avete avuto l'occasione di suonare come spalla ai Crimson Glory in alcune date europee. Cosa ricordi di quella esperienza e…hai mai parlato con Midnight? Non sbagli: abbiamo fatto delle date con Helstar, Elegy e, naturalmente, Crimson Glory. Non abbiamo mai parlato con i Crimson Glory in quanto sembrava che all’epoca avessero parecchi problemi personali. Ricordo che tenevano gli occhiali da sole tutto il giorno per paura di essere riconosciuti senza maschera. Anche io avevo problemi visto che Richard mi aveva detto pochi giorni prima che avrebbe lasciato la band e, in più ho suonato alcune date con un piccolo ampli che rendeva il suono uno schifo, ahahhah. Dimmi la verità: come mai Richard lasciò la band? All'epoca si disse che il sono dei Masquerade era troppo “pesante” per lui, è vero? Quella fu l’unica ragione; nient’altro da dire. Comunque ci sentiamo spesso, siamo rimasti in ottimi rapporti con lui. Non vorrai farmi credere che non avete mai negoziato un contratto con una etichetta interessata al vostro stile musicale. C’era una label francese, non farò il nome, che voleva realizzare l’album. Ne parlammo a Parigi ma loro volevano la line up originale e Richard ci aveva lasciato la settimana prima. Negli anni novanta l’industria musicale stava cambiando, così come i gusti del pubblico, ma non era cambiato il tuo desiderio di fare musica. Cosa puoi dirmi delle sessioni di registrazione di “Cybernetic Empire”? Non volevo mollare la presa. Dopo l’abbandono di Richard trovammo solo una cantante di Amsterdam che era all’altezza. Ci offrimmo di spostare la band ad Amsterdam per facilitarle il “lavoro”, dato che il nostro studio era distante più di due ore da casa sua; decise di raggiungerci, bevemmo alcuni drinks assieme, andò a casa…e non avemmo più sue notizie. Dopo un anno di prove Jack ci lasciò. Klett ed io decidemmo di avere un piccolo break, ma nel 1994 affittammo uno studio e registrammo nove tracce con Rob Snijders alla batteria, ora negli Areon. Alla voce c'erano tre cantanti ospiti: Michel Zangbergen (Ex Picture), Gregor Vd Loo (Lemur Voice), e Hans Reinders (Form), cinque tracce furono mixate da Ron Lieberton (Zinatra), le
inserimmo in un promo per ottenere un contratto, ma come hai detto tu…tutto era cambiato. Sconfortato da tutto, men e andai nel Nord Irlanda per lavorare come cameraman per la TV nazionale, e persi i contatti con Roland. Entrai a far parte di una band chiamata New Breed che era molto differente dai Masquerade. Registrammo un E.P. nel 2002 etichettato dal prestigioso giornale olandese Music Maker come album olandese, con il miglior lavoro di chitarra del 2002. Facemmo un sacco di concerti in Olanda. La nostra ultima registrazione fu una colonna sonora per un film olandese e come ospite alla batteria avemmo Tennis Leeflong. Quindi quello di camera-men è la tua principale attività remunerativa, dico bene? Sono anche a capo del Dipartimento di scuola di fotografia olandese, e questo influenza anche la mia musica. “Masterplan”, l’unica traccia strumentale dell’ultimo album, è ispirata dal film Metropolis di Fritz Lang. Mi piacciono un sacco i film antecedenti il 1940. “Metropolis è un film espressionista tedesco di Science fiction: è stato di ispirazione per film come Star Wars, Matrix e Blade Runner. L’espressionismo tedesco si riferisce ad un sacco di momenti creativi cominciati in Germania prima del picco della Prima Guerra mondiale a Berlino del 1920. Queste creazioni furono parte di un più largo movimento espressionista della cultura Centro Nord europea in campi come cinema, pittura e architettura. Guardando al tuo passato hai qualche rimpianto? Se fosse possibile tornare indietro, rifaresti tutto di nuovo? Non sono così vecchio da
guardarmi indietro, ahhahah!!! Rifarei tutto, ma in maniera diversa. L’unica cosa sulla quale ho dei rimpianti, è che non mi sono concentrato al 100% sui Masquerade nel tempo. In Italia l’Olanda è conosciuta per la sua lunga tradizione nel campo dell’ Hard Rock melodico; hai mai pensato di rendere il tuo suono più “easy”? No, mai! Ho una sorella di sei anni più grande e quando io avevo otto anni, lei cominciò a comprare dischi di Led Zeppelin, Deep Purple, così quando lei ascoltava canzoni come “Speedking” e “ Highway Star”, io suonavo una chitarra di cartone. Tempo dopo, un amico mi regalò un pacco di dischi, perchè lui stava traslocando, dentro c’erano Deep Purple, J.Henrdix, Steppenwolf. Questa è la musica con la quale sono cresciuto. Quando ho cominciato a comporre non ho mai pensato: “questo deve somigliare a…”. Credo che la musica sia il migliore strumento per esprimere me stesso. E’ la mia più importante passione. Il fotografo Eve Arnold disse una volta: “non puoi essere un buon fotografo o un buon musicista se non c’è magia in ciò che fai”. Ho subito diverse influenze. Naturalmente tutti i chitarristi della scuderia Shrapnel, ho ascoltato molto Malmsteen quando faceva solo dei demos, ma ho ascoltato anche molte altre cose. Quando ho cominciato a suonare la chitarra, più di 20 anni fa, suonavo molto jazz. OK Noud! A te le ultime parole per concludere l’intervista. Grazie per il tempo che mi hai dedicato. Ho apprezzato molto. Come detto, sto lavorando al nuovo album che dovrebbe essere realizzato alla fine del 2013. Sono molto eccitato nel dirti che ho ricominciato a lavorare con Richard Muermans. Al momento abbiamo una canzone che finirà nel nuovo album. Posso dirti che, nonostante tutti gli anni passati, Richard ha ancora la stessa bella voce.
della polizia a sirene spiegate mentre persone "diciamo normali" che erano per la strada ci urlavano: "delinquenti, assassini". Ci mettemmo a correre come lepri, saltammo tutti dentro la mia macchina e partimmo come dei razzi verso l'autostrada.
Uno degli aspetti più intriganti di un appassionato musicale, è quello di trovarsi a scambiare quattro chiacchiere, anche se in maniera molto distaccata e in via del tutto telematica, con i propri idoli di gioventù, e provare quella sensazione del sentirsi ancora una volta adolescenti, tornando indietro nel tempo con i ricordi che nessuno e niente potrà mai cancellare, non ha veramente prezzo. E di ricordi quest’intervista intercorsa fra il sottoscritto ed il buon Maurizio Samorì, eccelso chitarrista, nonché deus ex machina dei cult heroes Rex Inferi, ne ha fatti scaturire parecchi, provate voi stessi a leggere... Intervista di Beppe Diana Ciao Maurizio, allora come prima cosa vorrei che mi togliessi una mia curiosità personale, in che maniera hai conosciuto il resto della band, e come è nata l'idea di mettere su un gruppo metal? Conobbi il bassista una volta che andai a suonare in una cover band dove si eseguivano pezzi dei Black Sabbath, Deep Purple, AC-DC ecc, il tipo mi disse che era un po'stanco di suonare sempre le stesse cose, avevamo in comune gli stessi gusti musicali ed una certa passione per l'occultismo, così decidemmo di fondare una band tutta nostra insieme ad un nostro amico in comune che era un batterista veramente bravo, mentre l'origine del nome Rex Inferi è veramente singolare, nelle campagne di Forlì vi era allora una vecchia casa disabitata soprannominata la casa del diavolo dove tutti di notte avevano paura di avvicinarsi perché si diceva che accadessero cose strane, insomma la classica casa infestata, decidemmo di andare a dare un'occhiata armati di torce elettriche in una notte di luna piena entrammo nella casa da una finestra, non successe nulla di strano, ma in una parete vi era scritto a caratteri cubitali Rex Inferi, grande! Pensammo fosse un nome fantastico per una band come la nostra. In che maniera arrivaste al contratto con la LM record? Se non sbaglio avevate pubblicato solo una demo prima dell'album? Una volta finito di comporre i brani che avevamo in mente, registrammo il nostro primo demo tape ed iniziammo a suonare un po'ovunque finché non incontrammo Luigi Mazzesi della LM Records che ci propose di entrare in sala di registrazione per incidere il nostro primo disco "The damage has been done". Ed infatti, nonostante siano passati più di tre lustri, il vostro splendido ep, viene tutt'ora considerato come uno dei migliori prodotti italiani di sempre in campo heavy metal, non trovi strano che nonostante le super produzioni odierne, quelle cinque composizioni continuino tutt'ora a donare sempre nuove emozioni? In una società come quella attuale in cui tutto si consuma e si brucia in fretta, è veramente una grossa soddisfazione fare qualcosa che resta nel tempo, si vede che la musica ha raggiunto il suo scopo indipendentemente dal successo commerciale e poi il metal è come il vino, più vecchia più acquista sapore.
"Il danno è stato fatto", a che cosa si riferiva il titolo del vostro ep? E come mai uscirono due differenti versioni con copertina su sfondo bianco e nero? È un titolo a libera interpretazione, ognuno può attribuirgli il significato che meglio crede, lasciamo spazio alla fantasia. Per quanto riguarda la copertina non ho mai saputo che ci fosse una versione del genere, anche Luigi Mazzesi non ne sa niente, forse si tratta di un bootleg. Ricordo che all'epoca assieme ai Run After To, eravate considerati come i figliocci di Paul Chain, questo appellativo ti dava più fastidio o era uno stimolo per dare sempre e comunque il meglio? Paul Chain lo conobbi quando ancora suonava con i Death SS, diventammo amici e quando i Rex Inferi registrarono il loro primo demo tape si offrì personalmente per farlo ascoltare agli addetti ai lavori della carta stampata visto che noi all'epoca non conoscevamo ancora nessuno, fu veramente un amico, il fatto che il nostro nome venisse spesso accostato suo era un onore, un impegno e una sfida nel senso positivo del termine. Quale era l'impatto live degli Rex Inferi? Avevate creato qualcosa di particolare per i vostri fan dell'epoca? Che concerto ricordi con particolare emozione? Noi preferiamo suonare dal vivo anziché stare in sala di registrazione, c'era sempre la possibilità di fare nuove conoscenze e la gente era molto simpatica, di ricordi ne ho veramente tanti, un concerto che ricordo con particolare soddisfazione fu una volta che ci invitarono suonare a Lugano, nessuno ci conosceva e c'era nell'aria una certa diffidenza, poi quando iniziammo suonare le cose andarono posto e alla fine il pubblico era tutto con noi, mentre un'altra serata che ricorderò sempre per la comicità della situazione fu un festival rock a Modena agli inizi degli anni 80, c'era veramente di tutto metallari, punk, rockabilli ecc. ad un certo punto si scatenò una rissa furibonda a causa di una bellissima ragazza punk, il locale sembrava un saloon da Far West, quando d'improvviso fra le bottiglie e le sedie che volavano fece irruzione una squadra di poliziotti col manganello alla mano ed iniziarono a menar botte da orbi, io e quelli del mio gruppo riuscimmo a svignarcela da una porta di servizio insieme a Paul Chain che era fra il pubblico, quando fummo fuori per strada stavano ancora arrivando altre due pattuglie
A cuore sereno, puoi raccontarmi come si consumò lo split della band, e come mai abbiamo dovuto attendere tutti questi anni prima di vedere pubblicato l'ottimo "Like an hurricane"? La mancata pubblicazione all'epoca di "Like a Hurricane" da parte della LM Records ci lasciò un po' di amarezza, Gianni, il batterista decise di partire per gli Stati Uniti in cerca di fortuna, Flavio il bassista dopo poco tempo sarebbe dovuto partire per servizio militare così decidemmo di sciogliere la band almeno per il momento. A distanza di anni la LM Records ha ricominciato a lavorare e insieme all'Andromeda Relix ha fatto ascoltare brani registrati all'epoca a diversi addetti ai lavori, in particolar modo Forgotten Steel in Germania e Sonic Age in Grecia si sono dati disponibili per dare una mano nella distribuzione inoltre avevano iniziato a girare copie non autorizzate della registrazione, anche questo ha aiutato a fare uscire il lavoro. Cosa puoi raccontarci di più dettagliato su quell'album e sulla line up che lo registrò? Ho notato con piacere che il vocalist era Alessandro Zazzeri degli altrettanto oscuri Zephyr, in che maniera nacque la vostra collaborazione? Rispetto al mini LP d'esordio, alla line up si erano aggiunti Chris de Rossi alla voce e Gianni Lorenzini alla batteria che aveva sostituito Franco Bonassi che aveva dovuto abbandonare la band per motivi familiari, durante le registrazioni Chris si ammalò e per completare il lavoro fu chiamato di comune accordo Alessandro Zazzeri in arte Zephyr che oltre ad essere un ottimo cantante era ed è nostro amico da sempre. Musicalmente parlando, cos'hai combinato dopo lo split della band? Pensi che con l'esperienza che hai maturato in tutti questi anni, la tua band avrebbe avuto un futuro più roseo? Guardando al passato, pensi di avere più ottimi ricordi, o rimpianti? Potendo tornare indietro, rifaresti tutto daccapo?.. e se non è troppo, a livello puramente artistico, com'è cambiato in tutti questi anni il modo di rapportarti alla musica suonata e concepita? Dopo lo scioglimento della band, ho continuato suonare per conto mio, ho fatto parte di alcune cover band ho scritto parecchio materiale che spero di poter pubblicare prossimamente. Guardando al passato mi vengono in mente tante belle cose, abbiamo fatto anche degli sbagli che ovviamente col senno del poi non rifaremmo, ma questo penso sia abbastanza normale, secondo me bisogna guardare sempre avanti tenendo presente che certe esperienze negative possono diventare formative. Il modo di rapportarmi con la musica non penso sia cambiato nel corso degli anni, cerco sempre la musica che mi colpisce profondamente e mai quella che scivola via Cosa potresti consigliare ad una band che stà per muovere i suoi primi passi all'interno del mondo musicale? Di non prendere esempio dei Rex Inferi, a parte le battute credo che la costanza e la determinazione siano fondamentali per un musicista, di tanto in tanto fare qualche autocritica è lavorare sui punti deboli, inoltre tenere lontano il più possibile le persone invidiose. Ok Maurizio, siamo veramente alla fine, ti ringrazio veramente di cuore per il tempo che ci hai concesso, vorrei che concludessi la nostra intervista nel modo che più ti aggrada… Sono io che ti ringrazio tantissimo, è stato un bell'incontro, keep on metal sa tutti.