Zombie Holocaust

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Editoriale Ma come, un'altra fanzine? Ma non ne bastava già una? Ecco quali sono state le parole che mi sono sentito risuonare nelle orecchie ogni volta che portavo a conoscenza degli appassionati della nascita di Zombie Holocaust, come se, un'altra fanzine, desse loro fastidio!!! Ma allora perchè proprio un altro periodico totalmente devoto al versante underground? Beh, soprattutto perchè, quella legate a certe sonorità, è ancora una delle poche scene musicali che vive attorno alla passione delle band, delle label e di noi semplici fruitori, e poi anche perchè volevamo passare ai fatti, e mettere nero su bianco questo nobile sentimento che ci spinge, ancora oggi, ad interessarci a questa nostra musa ispiratrice. E come numero di lancio, abbiamo preferito fare luce sulla scena musicale nostrana, anche perchè riteniamo che, volenti o nolenti, le band di casa nostra stanno crescendo, ed a vista d'occhio, tanto che, formazioni come gli UltraViolence, posti in apertura, stanno sempre più riscuotendo successi su successi, e questo grazie soprattutto a caratteristiche tecnico/compositive davvero invidiabili. E che dire del ritorno sulle scene di formazioni più stagionate come Homicide Haggridden, venti anni on the road e non sentirli, i tenaci Brain Dead, anche loro al come back dopo un rimpasto a livello di line up, e i meneghini Torment, da sempre in prima linea? Nomi storici, ma anche nuove leve, su tutte i coriacei Atomizer che con il loro “Unexpected Truth” stanno raccogliendo sempre più proseliti, o i simpaticissimi Rawfoil e Gravelead, senza dimenticare i Minkions qui presenti con quella che, forse, sarà la loro ultima interista rilasciata prima dello split, si spera, non definitivo, o i Krieg on il loro thrash metal tecnico e d'impatto. Questo è il resoconto del primo numero, a tal uopo vorrei ringraziare Arturo@ETN Records per averci creduto, Corrado, Cristian @ Punishment 18 records per la loro onestà e per la pazienza e simpatia, Kieran@Slaney records my irish brother, thanx for all my friend, Massimo Moda@Homicide Haggridden per esistere, Felix Liuni@Brain Dead, Simone@UltraViolence, Gigi, Fabri@Torment, Benny@Atomizer, Alessandra per il logo fantastico, Alice@Gravelead, Pietro La Barbera and Stefano Manzone.

Interviste: Ultra-Violence pag.4 Homicide Haggridden pag. 6 Torment pag 8 Gravelead pag. 10 Brain Dead pag.12 Minkions pag.14 Rawfoil pag.15 Atomizer pag.16 Krieg pag. 27 contatti hardnheavy@email.it



passione; non abbiamo scelto a priori il numero di canzoni, le abbiamo scritte e basta, e non abbiamo scartato nessun brano dalla tracklist, tutto quello che abbiamo composto lo abbiamo inserito perché rappresenta un periodo della nostra evoluzione. Di sacrifici ne abbiamo fatti e ne continueremo a fare moltissimi affinché questo progetto salga sempre più di livello. Noi ci sentiamo molto uniti sia in sala, quando componiamo, sia in studio, quando incidiamo, questo è un elemento molto importante che non tutti i gruppi possiedono. È una sensazione fantastica realizzare un prodotto che è frutto di numerosi sforzi e rinunce! Si, anche perchè, d'altra parte, la produzione speculare da parte dell'amico Simone Mularoni, mi sembra che rappresenti uno die punti focali attorno al quale ruota la riuscita dell'intero lavoro, dico bene? Assolutamente sì! E’ stato per noi un onore aver registrato “Privilege To Overcome” ai “Domination Studio” di Simone Mularoni (www.dominationstudio.com) e non solo per l’ottima qualità audio che è riuscito a regalarci, bensì perché si è rivelata una delle esperienze più formative mai vissute… lo ringraziamo molto per questo. Il vostro è il classico lavoro che colpisce l’ascoltatore, presentando un lotto di composizioni che lasciano trapelare la determinazione di una band che vuole andare subito al sodo, dico bene? Esatto! Durante la scrittura del disco ci siamo impegnati affinchè ogni canzone presentasse una particolarità rispetto alle altre, e abbiamo cercato di creare delle strutture che non annoiassero l’ascoltatore. Gli Ultra-Violence punteranno sempre alla concretezza, senza tanti giri di parole… come un bel cazzotto in faccia! Pulito, potente e diretto!

E chi l’ha detto che per dare del tu a certa musica concepita e suo nata, e di estrazione tendenzialmente old style, si debba per forza essere avanti con l’età? Già, prendete ad esempio i torinesi Ultra Violence che, nonostante siano giovanissimi, si sono resi artefici di un'escalation che, nel giro di due sole pubblicazioni, li ha portati ad essere considerati da più parti, come una delle migliori promesse degli ultimi anni!! Un thrash metal ottimamente strutturato, tecnicamente ineccepibile sia sul versante puramente tecnico/esecutivo, che su quello compositivo, correlato da una manciata di brani che abbinano in modo molto spontaneo potenza, velocità d'esecuzione ed oculatezza compositiva.... Ecco il resoconto di una lunga chiacchierata con il drummer Simone Verre. Ciao Simone, e grazie per la tua disponibilità, dunque, il vostro “Privilege to overcome” è uscito da pochi mesi, vi va di tirare as sieme delle conclusioni? Potete ritenervi soddisfatti dell'accoglienza ottenuta?....e della promozione della Punishment 18 che sembra davvero credere molto nelle potenzialità della band? Ciao a voi tutti metalheads! Certo, siamo molto soddisfatti dell’accoglienza di “Privilege To Overcome”, tutte le recensioni di qualsiasi webzine sono risultate molto positive, chi ha comprato il CD ne è rimasto estasiato, que ste sono soddisfazioni per noi e con il tempo speriamo di diffondere sem pre di più la nostra musica. Nulla da dire anche sulla nostra fantastica etichetta, ci supporta e ci aiuta a divulgare il nostro Thrash in tutto il mondo, non chiediamo altro. Infatti da più parti siete additati come il futuro della scena metal di casa nostra, ma tutte queste attenzioni ed occhi puntati addosso vi danno più fastidio, oppure vi spingono a fare sempre e comunque di meglio? Siamo onorati di essere classificati in questo modo, vuol dire che siamo sulla strada giusta! Il nostro obbiettivo resterà sempre quello di migliorare, abbiamo ancora molta strada da percorrere ma ci stiamo impegnando molto per raggiungere questo traguardo. Il fatto che gli occhi siano puntati verso di noi è nel modo più assoluto un bene, poiché è soprattutto questo che ci spinge ad andare avanti… come io dico sempre “la band non ha vita lunga senza un pubblico che la segue e la acclama”. Ringraziamo perciò tutti coloro che ci supportano e che ci supporteranno! Credo che, registrare anche un cd, per un musicista sia già un ottima soluzione, anche perché prevede un buon lavoro di gruppo ed una certa coesione, e non solo artistica, potete dirci quali sono state le emozioni e gli stati d’animo che avete attraversato durante tutte le sessioni in studio? Quanti sacrifici e non solo economici vi è costato portare a termine un’operazione di queste proporzioni? Le composizioni dei 13 brani contenuti in “Privilege To Overcome” sono frutto di un anno di lavoro e

Ahahah, ok, di solito si dice che il primo lavoro è una sorta di raccolta del materiale che una band ha prodotto in passato, cosa puoi dirci invece delle nuove composizioni che avete in mente di inserire all’interno del vostro ipotetico secondo parto discografico? Il suono che avete tracciato, seguirà le orme del vecchio repertorio della band, o vi siete in qualche modo incattiviti? Tutto verrà scritto da zero perché, come ho detto prima, non abbiamo scartato niente dalla tracklist di “Privilege To Overcome”. Io penso che sia un po’ presto per decidere come suonerà il nostro secondo album, abbiamo abbozzato solo un paio di canzoni fino ad ora. Posso solamente dire per certo che sarà una ulteriore evoluzione. Cosa mi dite della collaborazione con il maestro Ed Repka? Il lavoro d'artwork di cui si fregia “Privilege to overcome” è spettacolare!!! È stato un vero onore per noi lavorare con il grande Ed Repka… ha dato il meglio in questa copertina e i risultati si vedono. Ringraziamo molto la Punishment 18 Records per averci fatto collaborare con uno dei mostri indiscussi dell’artwork thrash metal sia old school che contemporaneo. Com'è nata l'idea di coverizzare un brano dei mitici IRA visto che, quando la band era assieme, molti di voi non erano forse nemmeno nati? Lo dobbiamo leggere come una sorta di espediente che avvicina sensibilmente la vostra band alle tradizioni metal della città sabauda? “Metal Milizia” non è una semplice cover, bensì un omaggio a tutti i metallari della nostra zona che trent’anni fa si ritrovavano in Piazza Statuto a Torino per condividere e aggiornarsi su tutto quello che riguardava questo fantastico genere…


L’idea è partita da un membro degli IRA stessi dopo aver visto una nostra esibizione live, ci ha chiesto appunto se avessimo avuto intenzione di rielaborare un pezzo del loro unico lavoro rilasciato (un demo del 1985 intitolato Power In Black) e noi abbiamo accettato di buon grado. Qualche mese fa su facebook è scoppiato il caso del “pay to play” e del fatto che a molte band considerate minori venga chiesto del denaro per suonare come gruppo spalla di formazioni più blasonate, mi piacerebbe sapere qual è il tuo punto di vista dato che si tratta di una cosa vecchia come il mondo del rock… non è peggio registrare un master e poi dover acquistare i propri cd nel tentativo, a volte vano, di rivenderli ad amici, fans e parenti? Il “Pay to Play” è purtroppo una delle cose più disgustose che esistono nel mondo della musica… molte band sono demoralizzate da questa vera e propria pressione finanziaria, poiché ormai la società ti mette di fronte al fatto che o hai i soldi o te ne torni a casa, e questo è davvero infimo e meschino a mio parere… ci sono moltissime band valide che non possono permettersi tutto ciò! Bazzicando l’underground da parecchi anni, ho tristemente notato che molte giovani band underground conoscono poco, a volte anche per niente, la scena musicale della propria zona, ed in seconda battuta quella nazionale se non per alcune band storiche, snobbando la formazioni del classico “vicino di casa” o per semplice campanilismo, o per fomentare delle rivalità che, a mio modestissimo parere, non portano mai niente di buono, che mi dici? Sono d’accordo, ma in ogni caso non penso sia tanto per rivalità, ma per pura ignoranza… il cambio generazionale sta per avvenire e io penso che sia ora che i colossi del nostro genere, ancora in circolazione, debbano lasciare più spazio alle giovani speranze del Metal contemporaneo. Per quanto riguarda la gioventù, non possiamo permettere di non supportaci l’un l’altro, soprattutto in periodi come questi. Partendo dal presupposto che ognuno è libero di suonare ciò che più gli aggrada, secondo te quali possono essere le emozioni/sensazioni nel suonare in una cover band? Come mai questo “fenome-

no” ha preso piede in maniera così ampia solo dalle nostre parti? E se non è troppo, cosa spinge voi come band a mettersi in gioco cercando di proporre un repertorio che si basa quasi esclusivamente su materiale originale? Io non condivido molto l’idea di formare un gruppo e suonare canzoni che sono già state composte e pubblicate da altre band, non ne ricaverei alcuna soddisfazione. I componenti delle cover band saranno anche molto bravi e appassionati ma completamente privi di fantasia compositiva! Da quanto visto su facebook, la vostra attività live è comunque più che buona, qual'è l'atmosfera che viene a crearsi durante vostro concerto? Che genere di audience riuscite ad attirare nei vostri live show? Avete escogitato delle trovate sceniche con le quali shokkare il vostro pubblico? Nei nostri concerti diamo sempre il massimo. Molti gruppi riescono a comporre un album ricco, potente e articolato, ma la prima domanda che si pone l’ascoltatore è sempre: “saranno così bravi anche dal vivo?”. E’ proprio così che noi cerchiamo di stupire chiunque ci venga a vedere in una nostra esibizione Live, colpendoli con la stessa potenza con cui suoniamo su disco. Potendo guardare in un’ipotetica palla di cristallo, come ti ricevi fra sette/otto anni? Con famiglia e prole al seguito, oppure ancora on the road a promulgare sempre e comunque il verbo del sacro metallo? Ahahah! Non ne ho la più pallida idea, noi giovani musicisti viviamo di sole speranze, la sola certezza è che gli Ultra-Violence lotteranno sempre per raggiungere i loro obbiettivi. Prima di concludere, chi sono gli Ultra-Violence di tutti i giorni, ovvero che cosa fate per vivere quando non siete impegnati con le attività manageriali della band? Gli Ultra-Violence sono 4 ragazzi di 19 anni! Andiamo a scuola e nel tempo libero ci piace divertirci, ascoltare musica, fare i coglioni e stare insieme agli amici. Ok ragazzi, siamo veramente alla fine, concludete l'intervista ricordandoci se potete, le principali mosse della band da qui alla fine dell'anno.. Arrivati alla conclusione di questa intervista non posso che ricordarvi di supportare sempre la scena Metal underground comprando il merchandise e andando ai concerti delle band affinché il genere possa durare sempre nel tempo. Grazie ancora a tutti voi per l’attenzione e ricordatevi: ”le band sono importanti ma il pubblico è fondamentale!”

Privilege to overcome (2013)


Più forti della sorte avversa!!! Già, li avevamo dati per finiti, per spacciati, ed invece eccoli ancora una volta fra di noi!! Risorti dalle ceneri proprio come l'araba fenice, i torinesi Homicide Hagridden, sono tornati a mostrare il proprio muso duro a ben otto anni di distanza dal precedente “Dead Black Sun”, ultimo lavoro in tempo cronologico che, invece di fomentare le potenzialità del combo nostrano, li aveva condotti, per molti anni, sull'orlo del precipizio, dal quale si sono tirati fuori grazie ad un come back di tutto rispetto che porta il titolo emblematico di “US”. Nelle parole del chitarrista/cantante Max la genesi legata ad un disco atteso per molto tempo... Ciao Max e benvenuto sulle pagine di Zombie Holocaust, come prima cosa ti pongo la domanda che in molti ti vorrebbero fare, che cos'è successo alla band negli ultimi anni? Che cosa si cela veramente dietro questo lungo ed estenuante silenzio mediatico? Ciao e grazie per l'intervista che mi concedi per i lettori di Zombie Holo caust! Negli ultimi anni la band non è stata del tutto ferma, abbiamo registrato diversi promo, un ep "Mechanism dead" che abbiamo provato a mettere disponibile in forma digitale. Abbiamo costruito da zero l'Orion recording studio, che ci ha preso molto molto tempo, anche perchè non è stato facile cercare un posto adatto dove vivere e suonare senza avere le classiche rotture della città. Non a caso ci siamo trasferiti in campagna dove abbiamo realizzato uno spazio non solo per noi, ma anche per le band che vorranno realizzare le loro produzioni. Nel frattempo ci siamo dati un'occhiata attorno per trovare una label per il nostro album "US", e ci siamo affidati alla BUIL2KILL di Trevor dei Sadist. Visto che siamo in argomento, raccontaci qualcosa in più sull'Orion recordings studio, come ed in che maniera è nata l'idea di aprire uno studio di registrazione in un periodo non proprio aureo per l'economia di casa nostra? Vi siete tuffati in quest'ennesima avventura con lo stesso entusiasmo con il quale torturate i vostri strumenti on stage, oppure è stata una decisione più ragionata? L'Orion recordings è nato per una serie di motivi! Volevamo un posto tutto nostro dove poter creare con calma la nostra musica, così, dopo aver girato diversi studi di registrazione, abbiamo maturato l'idea di una nicchia tutta nostra. Abbiamo dato fondo a tutti i nostri risparmi, sia quelli della band, sia nostri personali, e ci siamo lanciati senza pensarci due volte. Sinceramente ragioniamo molto poco sulle scelte che ci poniamo, ma nonostante l'età che avanza, siamo sempre i soliti di quando avevamo quindici anni, gli stimoli non ci mancanomai, e procediamo a testa bassa come sempre. Capisco, dunque, dopo la pubblicazione del nuovo full lenght album, ho notato che c'è stato una sorta di rimpasto all'interno della line up ufficiale con la defezione dello storico bassista Davide Ruo Roch, e l'inserimento di due nuovi musicisti, cosa ci puoi raccontare in merito? Ci presenteresti i nuovi arrivati? Purtroppo la crisi oltre ai nostri lavori, che in pratica non abbiamo quasi più, ha anche segnato la band in modo pesante. Con Dave non siamo amici ma di più, ma come tante cose della vita, siamo arrivati ad un punto dove la musica stava rischiando di avere una situazione di stallo che non ci potevamo permettere, visto l'ultimo anno passato ad aprire le date italiane di VADER, NAPALM DEATH, SAMAEL, per dirtene alcune, abbiamo dovuto prendere una decisione in base a delle sue particolari scelte di vita, e devo dire che non è stato facile per nessuno. Come hai detto tu, lui è stato il bassista storico e per noi è una persona sempre ed ancora presente all'interno degli HOMICIDE HAGRIDDEN, ma molto pacificamente ci siamo detti “OK basta cosi”. Al suo posto è entrato Valerio Possetto con il quale già ci conoscevamo, e al posto di Daniele Bidoggia è arrivato Alessandro Verando, anche lui amico di vecchia data. Io e Stefano (batterista/produttore) siamo molto contenti di averli nella band perchè sono due tipi eccezionali, ma la cosa che per noi conta molto, è che a livello umano sono fantastici, c'è molta rilassatezza, e zero tensioni. Penso che un musicista con un trascorso artistico ben preponderante come Alex, abbia apportato all'interno della band una ventata di nuove idee, è ve-

ramente così? Alex è un chitarrista preparato ed umilissimo, stiamo lavorando bene insieme tutti quanti e credo che nel prossimo album questo si sentirà in modo marcato! C'è molto affiatamento tra di noi e ovviamente la musica ne sta guadagnando enormemente!!! Uno dei punti focali attorno a cui ruota il nuovo lavoro, è senz'om bra di dubbio la produzione ad opera di tuo fratello Stefano, toglimi una curiosità, ma avete fatto, come si dice in questi casi, di ne cessità virtù, oppure credete di aver raggiunto un'esperienza tale da poter fare veramente tutto da soli senza farsi condizionare da menti esterne? Nessuno meglio di te può conoscere le caratteristiche della tua musica, neanche il produttore più attento.... Stefano è uno che ha avuto molto occhio nel mettere a fuoco l'idea di come doveva svilupparsi “US” e direi che ci è riuscito in pieno, infatti quando ci ha fatto sentire il mixaggio dei brani, abbiamo sgranato gli occhi e drizzato le orecchie per quanto “in your face” suonassero i brani. Con questo non vorrei dare l'idea di essere dei presuntuosi, ma quando sentiamo che una cosa funziona, per noi funziona e basta. Ho stima di molti produttori e tra i miei preferiti saprei chi scegliere se avessimo un giorno la possibilità di lavorarci assieme, ma per ora siamo contenti cosi. Credo che il sapere che le sessioni di registrazione non avevano una scadenza prestabilita sia stato da una parte un fattore positivo, ma dall'altra parte anche molto snervante, cosa mi dici? La cosa positiva di “US” è che abbiamo realizzato il tutto in un mese circa, in totale rilassatezza, avere un ambiente tuo aiuta. Avevamo tutti i brani pronti sul tavolo e non vedevamo l'ora di sentirli ad alto volume, cosi abbiamo registrato e mixato tutto in 30-40 giorni circa. Sono state giornate intense, sono volate in un amen, ma tutto molto molto figo!!! Solo una curiosità, avete utilizzato diavolerie tecnologiche come Nuonedo o Q-base? Pensi che l'uso di questi programmi per una band di qualità media sia un fattore vantaggioso, oppure credi che obblighi molti musicisti a suonare in un modo che, dal vivo, non potranno mai ripetere? Quasi tutti gli studios oggi utilizzano i software di registrazione, ma questo non vuol dire che bisogna abusarne. Ci sono molti giocattoli in studio che puoi utilizzare per rendere le tue produzioni il “black album” di turno, ma poi se su di un palco non puoi repli carne la qualità, fai una figura pessima. La prova del nove è li davanti alla gente, e se menti, loro se ne accorgono... Noi siamo dell'avviso che bisogna essere veri e umili, e la gente apprezza, questo, ci da veramente soddisfazione!!! In che maniera è nata la collaborazione con i fratelli Wiesławski degli Hertz Studio? Come mai avete deciso di avvalervi dei loro servigi? Abbiamo aperto per i Vader a Roma nel 2011, curiosando in rete abbiamo raggiunto gli Hertz studio che sono un 'icona nelle produzioni estreme. Abbiamo sentito alcune cose che ci sono piaciute e li abbiamo contattati subito per conoscere cosa potevano fare per HOMICIDE HAGRIDDEN, ed abbiamo detto subito OK!!! In due settimane hanno dato al nostro lavoro un contenuto superiore, più maturo... siamo rimasti davvero colpiti!!! I testi delle vostre liriche sono da sempre legati a tematiche di interesse


sociale, è stato così anche per il nuovo arrivato? Visto che sei uno sei principali compositori, mi faresti una piccola disamina track by track? Scrivo i testi della band da sempre, e da sempre ho coltivato un interesse particolare per queste tematiche! World decline - Parla di come i nostri reggenti ci trattano...ridono di noi, sanno che siamo un popolo di coglioni che non saremo mai in grado di reagire a qualsiasi forma di abuso. Loro sono il male in persona. Black as war - Parla di quanto è ridicolo andare in guerra contro un altro paese nascondendosi dietro la bandiera della democrazia e della giustizia. Se pensiamo che sono i soldi e gli interessi economici che spingono gli stati a scontrarsi e i poveracci a piangere i loro cari. Empty thoughts - Descrive quanto non si presti attenzione al nostro prossimo. La società sempre più indifferente verso le persone e le loro necessità basilari come il cibo, la compagnia, lo scambiare due parole, cose semplici che sono date per scontate ma che invece spingono questi poveracci verso soluzioni estreme a volte portandoli alla morte

alla fine. Ghost Messiah - Una mia personale riflessione sugli ultimi istanti di vita di un uomo in croce! Sign of the death - La corsa e i sotterfugi che usiamo per cercare di fuggire alla morte,sapendo chi vince... Perfetto, cambiando discorso, come ho notato piacevolmente sul vostro canale youtube, la data ad Odessa, è andata più che bene, no?? Il tour in Ucraina è andato benissimo, dal punto di vista della partecipazione in tutti i club dove abbiamo suonato, siamo rimasti a bocca aperta!!! Alla fine dei concerti autografi e foto! E' un riconoscimento che ci ha dato la consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono!!! Prima di concludere vorrei che ricordassi assieme a noi la figura di Jeff Hanneman visto che siete dei fan degli Slayer da tempo immemore... Ho sempre ritenuto Jeff uno dei padri fondatori del metal estremo insieme a King e soci e quando ho saputo da Trevor della sua morte ci sono rimasto malissimo, perchè mi aspettavo di rivederlo su di un palco. Ok Max, è veramente tutto, ti lascio campo libero...... Ringrazio il tempo che mi hai concesso per quest'intervista e ai ragazzi che decideranno di visitare il nostro sito ufficiale, grazie di tutto..

The Ones - E' la giustizia che per me dovrebbe esistere per chi abusa di un minore. Per questa gente senza distinzione di casta vedrei solo la tortura perchè la morte è troppo poco. Slaved from darkness - E' un inno al non servilismo. Nasciamo tutti liberi e dovremmo continuare a vivere in questa condizione ma non funziona cosi purtroppo Dimnsion zero - Quando si è in totale solitudine ho immaginato il posto dove ripararasi senza avere nessuna influenza esterna che mini la propria tranquillità,in modo da poter riflettere sulle eventuali decisioni future!!!

US (2012)


zazione dei nuovi brani? È stata più travagliata rispetto al passato, oppure oramai avete trovato uno specifico modus operandi? Qual'è stato l'apporto dei nuovi arrivati in fase compositiva? Fabri: Non è cambiato nulla a riguardo rispetto al passato. Mi sono sempre occupato io della composizione di musica e testi. Parto sempre da una base di chitarra tenendo conto del ritmo di batteria che definisco e arrangio allo stesso tempo. Quando la scrittura di un brano è completa di tutti gli strumenti e la voce, se ne inizia la stesura in sala prove, uno strumen to per volta. Si parte da dalla batteria per ottenere insieme alla mia chitarra la prima base sulla quale aggiungere in seguito gli altri strumenti e infine la voce. Con qualche ritocco in sala per arricchire la struttura e il tocco personale di ognuno dei componenti, ecco delineato il lavoro di ste sura delle songs. Chi si è occupato del nuovo lavoro d’artwork del disco che, a quanto mi sembra di capire, si lega in maniera indissolubile al testo di “Pseudo freedom”? Fabri: La copertina è stata disegnata da Emiliano Campedelli, in base alla mia descrizione. Credo che il cervello incatenato possa rappresentare un po’ tutti i testi, che descrivono il “danno fatto” appunto, ovvero la schiavi tù irreversibile del cervello provocata dal disagio esistenziale presente nella nostra società capitalista e consumista.. Eccetto per “chaos lords” che si riferisce all’operato dei politici, nei testi ho cercato di mettere in luce aspetti, comportamenti e atteggiamenti tipici dell’individuo del nostro odierno contesto sociale.

E' una storia fatta di sacrifici, di ripensamenti e di passione, quanta passione, quella che si cela dietro il trascorso artistico dei meneghini Torment, formazione che, nonostante le difficoltà oggettive, torna nuovamente a farsi sentire a ben cinque anni di distanza dal debutto “Suffocated dreams”, da poco ristampato dalla Punishment 18 records, e lo fa con un nuovo incendiario album, all'interno del quale torna a sventolare alto il vessillo del thrash metal old style, lo stesso che da sempre scandisce ogni singola mossa artistica del combo nostrano. Nelle parole del cantante/chitarrista Fabri e del bassista Gigi le vicissitudini legate ad uno dei migliori come back dell'ultimo periodo... Ciao ragazzi e grazie per la vostra disponibilità, come sta proce dendo l'attività di promozione del nuovo disco in questo periodo di apparente attività mediatica? Fabri: Grazie a te per lo spazio concessoci. Giro la domanda a Gigi, essen do esclusivamente lui ad occuparsi dell’attività promozionale del gruppo. Gigi: Grazie a te per averci proposto questa intervista. Per quanto riguarda l’attività promozionale penso che abbiamo avuto una svolta rispetto alle formazioni passate, siamo riusciti a rimetterci subito in pista iniziando con un semplice singolo del nuovo cd “Forced cynicism” su tutta la rete e sfruttando i vari Bandcamp, Itunes, Facebook e Youtube. Da li è partito tutto, ci sono stati dei riscontri molto positivi a livello di commenti e anche di vendite di cd e maglie e i vari gadget. Abbiamo stabilito di fare una decina di date per sponsorizzare il cd con ri scontri anche li molto positivi. “The Damage is Done” arriva a sancire il vostro come back ufficia le che vede una formazione rinnovata nel proprio organico, ed un deal con l'etichetta messicana EBM, possiamo fare un punto sugli ultimi tre anni delle vicissitudini in casa Torment? Fabri: Dunque, se parliamo degli ultimi tre anni, la prima metà del 2010 è stato il periodo in cui i rapporti con Luca ed Erman, rispettivamente seconda chitarra e voce della precedente formazione, si sono andati via via sempre più incrinando per divergenze varie, fino a giungere al loro abbandono della band. A questo punto, con l’entrata di Johnny alla seconda chitarra, ho deciso di assumere io il doppio ruolo di cantante/chitarrista. Da allora le cose sembrano funzionare meglio a quanto pare, con una maggiore coesione generale tra i membri del gruppo, una nuova registrazione e un lavoro promozionale molto più concreto svolto da Gigi che ci ha portato, tra le altre cose, ad ottenere il deal con la EBM. Gigi: Beh per le vicissitudini penso sia stato molto chiaro Fabri, non ho nulla da aggiungere. Abbiamo voluto provare l’etichetta messicana dopo che i nostri amici Sofisticator e Violentor Si sono trovati molto bene. Capisco, ma quanto è difficile gestire i rapporti con una label che si trova letteralmente dall'altra parte del mondo? Fabri: Secondo me uno dei maggiori vantaggi di Internet è quello di poter gestire i contatti e inviare materiale in tempo reale anche se ci si trova rispettivamente ai poli opposti del pianeta. Gigi: Devo dire che non è molto semplice perchè devi organizzarti con un margine di tempo, cioè se hai dei progetti o delle scadenze devi riuscire a calcolare i tempi e i ritardi sapendo che è dall’altra parte del mondo. Com’è stata la gestazione compositiva che ha portato alla realiz-

Visto che ci siamo, ci potresti fare un piccolo track by track delle liriche legate ad ogni singolo brano? Fabri: Cercherò di essere il più sintetico possibile: “Dead” parla della morte del cervello di gran parte degli individui che seguono le logiche economico-sociali non rendendosi conto di essere schiavi del sistema. “Pseudo-freedom” si riallaccia a questo concetto, descrivendo coloro che si sentono liberi ed emancipati seguendo il flusso della moda ad ogni costo, pervasi da un senso di fanatismo e superiorità. “The cage” parla di chi mostra un atteggiamento di orgoglio ed arroganza, che in realtà serve a nascondere la propria debolezza e la propria invi dia verso chi possiede beni materiali. Essendo schiavo di questi ultimi, egli si auto-costruisce una gabbia. “Chaos lords” descrive la corruzione dei politici che operano attraverso il potere mediatico cercando di sottomettere la massa a proprio vantaggio e profitto, favorendo l’interesse solo delle categorie sociali più abbienti e facendo aumentare il divario tra ricchi e poveri. “The beast within” parla della violenza e dell’aggressività presente in molte persone. “Dissolution” descrive il disfacimento dei rapporti sociali, l’odio e la tendenza a considerare il prossimo come un potenziale nemico, la totale sfiducia negli altri, sempre in riferimento allo stile di vita acquisito in una so cietà che dà prevalenza alle spietate logiche del profitto, causando stress mortale e distruggendo i sogni degli individui. “Forced cynicism” delinea un atteggiamento usato come auto-difesa, ovvero forzarsi ad essere cinici su ogni cosa e non concedendo nulla agli altri per paura di essere sopraffatti e di esporsi troppo. Anche qui si vuole deli neare il concetto di base che lega questo testo agli atri: la mancanza di serenità, di libertà di comunicazione e di espressione, caratteristiche sempre più evidenti di uno stato sociale che sembra andare sempre più verso il suo declino. Quanto è stato difficile riuscire ad amalgamare le metriche dei te sti con le atmosfere musicali che si sono venute a creare? Fabri: Non saprei dire quanto è stato difficile adattare le metriche dei testi, anzi direi che non lo è stato. Scrivo sempre la musica prima, poi quan do mi viene qualche idea per un testo la adatto al pezzo che mi sembra più idoneo e la sviluppo in base alla sua struttura, in genere aiutandomi con rime baciate o alternate. Tante volte le parole e l’argomento mi vengono in mente pensando ai riffs di un determinato pezzo, usando le rime e pensando come potrebbero essere anche quando le parole non ci sono ancora. Rispetto ad si è evoluto te old style, ci classiche

un passato non tanto recente, il vostro stile musicale verso un thrash metal compatto di matrice tipicamensenza per questo aver minimamente rinnegato le radi sempre presenti all’interno delle vostre composizioni,


un progresso/crescita artistica che, mi pare di capire, si pone in stretta relazione con la vostra consapevolezza di aver finalmente raggiunto una certa maturità a livello puramente tecnico/compositivo, dico bene? Fabri: Ritengo che tutto quello che è stato composto fino ad ora abbia più o meno lo stesso stile e caratteristiche strutturali. Tuttavia credo sia naturale evolversi per via dell’esperienza. La differenza che ci può essere già dal secondo cd, l’ep “Scars remain”, rispetto al primo full “Suffocated dreams” è che si avverte un certo distacco dalle strutture più semplici e classiche di quest’ultimo a favore di composizioni più “progressive” e più studiate, affiancate da altre più veloci e dirette sempre in confronto al pri-

mo cd. Credo che “The damage is done” sia la somma dell’esperienza compositiva di questi due albums. Quindi mi pare di capire che vi riteniate veramente pronti per spiccare il grande salto di qualità, è veramente così? Fabri: Credo che ogni musicista sia sempre alla ricerca di un miglioramento, sinceramente non so dire se c’è stato un salto di qualità, credo piuttosto che tutto si sia svolto in maniera progressiva e lineare e che comunque ci siano stati dei miglioramenti. Oltretutto i primi due cd sono stati registrati nello stesso studio e, non essendo pienamente soddisfatti della produzione, per “The damage is done” abbiamo optato per un’atra sala di incisione per cercare di ottenere un prodotto dai suoni più curati. Crediamo di esserci riusciti, poiché la differenza della qualità di produzione ne ri sulta evidente. Da qualche anno oramai stiamo assistendo al ritorno d'interesse per certe sonorità tipicamente raw and in your face di tipica estrazione bay area, con la nascita di label e blog interamente dedicate al supporto di band giovani e più navigate, vi sareste aspettati tutto questo? Fabri: Io personalmente, che ho fatto in tempo a vivere da ragazzo gli ul timi anni ’80 e, quindi, assistere al declino del thrash metal negli anni seguenti, sinceramente no. Per questo motivo credo di ritenermi fortunato a vedere crearsi questo terreno favorevole proprio quando finalmente ho avuto la possibilità di formare una band, nel 2002. Gigi: Io sono contento che vedo molti giovani e giovani band che hanno

voglia di creare qualcosa di personale, di certo posso dire che non me l’aspettavo però magari puo essere che sia una moda passeggera o per chi ci crede veramente uno stile di vita. Staremo a vedere! ...e se vi dicessero che i Torment si sono adeguati al trend del momento, cosa rispondereste? Fabri: Ti risponderei di no. Semplicemente, sfruttiamo le possibilità che ci vengono offerte a livello promozionale. Gigi: Io ti dico di no, perchè i Torment sono sempre stati cosi, abbiamo solo voluto perfezionare i suoni delle registrazioni e abbiamo lavorato sulla sponsorizzazione del prodotto stesso semplicemente per far girare il cd in Italia ma anche all’estero. Come procede l'attività live? Ho visto che ultimamente avete avuto la possibilità di condividere lo stage con diverse band, quali sono quelle con cui vi siete trovati meglio? Avete dei simpatici aneddoti da raccontarci? Fabri: L’attività live procede discretamente bene, adesso ripetto al passato abbiamo più date di supporto a nomi importanti della scena internazionale. Le serate sono in genere tutte belle e ci si diverte tra amici oltre che suonare, quindi non avrei alcun episodio particolare da raccontare. Gigi: L’attività funziona molto bene, anch’io onestamente non ho episodi in particolare però con le conoscenze acquisite negli anni siamo riusciti a costruirci un giro di amici che ci aiutano molto e supportano le band. Molte date le ho organizzate io personalmente e le altre ci hanno chiamato per aiutarci a sponsorizzare il cd e perchè per condividere il palco assieme! Quale è il vostro rapporto con internet e con la rete estesa? Credete veramente che un mezzo di comunicazione come myspace sia veramente adatto per la promozione di una giovane compagine come la vostra? Fabri: Oggi ogni cosa circola su Internet. Più che myspace, adesso è facebook ad aver preso il sopravvento, e credo che sia fondamentele come mezzo per farsi conoscere, come del resto lo era il myspace. Puoi diffondere materiale della tua band in tempo reale e conoscere tante altre bands e persone della scena. Gigi: Funziona molto bene perchè ti aiuta per gli eventi live e lo sponsorizzazione del tuo gruppo, ora come ora myspace è morto ed è stato sostituito pienamente da face book. Ok, capisco, quindi nell’oramai eterna diatriba web zine contro stampa cartacea, voi da che parte vi schierate? Fabri: Io sarei per il cartaceo. Quello che leggi su una rivista o una fanzine ha tempi diversi di lettura, rimane più impresso, non è come quando sei davanti al pc che mentre stai leggendo o ascoltando qualcosa sei inevitabilmente martellato da qualcos’altro o semplicemente dallo “stress da schermo”. E’ totalmente un’altra dimensione. Ha però minore possibilità di diffusione rispetto ad Internet che è alla portata di tutti. Gigi: Bella domanda e difficile da rispondere.... beh ci sono dei pro e dei contro su tutti e 2, Nella stampa cartacea ti rimangono piu impresse le notizie ma poca gente spende soldi per un giornale se poi la guardi su internet gratis, invece la web zine è immediata e le news sono aggiornate giorno per giorno. Ok, siamo veramente alla fine, prima di concludere, potete ricordare ai nostri lettori quali saranno le vostre mosse future? Fabri: Ne parlerà Gigi. Un saluto a tutti i nostri supporters e i nostri amici, le bands con cui abbiamo suonato insieme e ancora una volta grazie a voi per questa intervista. Stay thrash!!! Gigi: Stiamo facendo i pezzi nuovi per un prossimo cd, cercando date estere e cercare di allargare le conoscenze al di fuori dell’Italia. Ringrazio molto tutta la gente che ci ha sempre creduto in noi e che continua a supportarci. Ringrazio a voi per la bella intervista. Total thrash!!!

The Damage Is Done (2012)


Interessante new comer band proveniente dall'immenso bacino musicale friulano, i triestini Gravelead sono riusciti, nel giro di qualche anno, ad imbastire un discorso compositivo che, oltre a far leva attorno ad un versante lirico alquanto cruento, presenta qualità peculiari sulle quali converrebbe soffermarsi. Guidati dall'istrionica Alice, presente nelle duplici vesti di cantante/chitarrista, con l'opera di debutto “Pathology”, il quartetto oggetto oggi delle nostre attenzioni, si rende artefice di un solido concentrato di thrash metal di tipica estrazione slayer-iana, nel quale la musica, naturalmente, funge da ipotetica colonna sonora all'interno di un concept album davvero interessante... Nelle parole della vocalist della band, la genesi dell'intero lavoro... Ciao Alice e benvenuta sulle nostre pagine, ti ringrazio del tempo che ci stai volendo dedicare, partiamo subito con la domanda classica, ti andrebbe di raccontarci le partendo magari dalla genesi del vostro monicker? AKM: Intanto vi ringraziamo tantissimo per questa opportunità!! Dunque, il nome è composto dalla parola "tomba" e dalla parola "comando"; il comando della tomba in questo caso altro non è che un passaggio di testimone alla morte, all'aldilà, e quindi a tutto ciò che inconsciamente temiamo di più e che rappresenta sempre qualcosa di misterioso, inconoscibile, segreto. Noi parliamo infatti di ciò che la gente non dice, e quindi il nome sta ad indicare questo: lasciamo che siano gli argomenti più oscuri (da problemi sociali, a quelli religiosi, alla violenza, sino alla morte) a guidarci, a prendere il comando. Inoltre l'espressione "to lead to the grave" da cui si può ricostruire il nostro nome indica la processione verso la sepoltura, momento di presa di coscienza e di avvicinamento alla morte e all'oscuro. A livello puramente strutturale come sono nate le composizioni che fanno parte del nuovo “Pathology”? E’ stato un processo naturale, o avete trovato delle difficoltà oggettive a cui fare fronte? Sinceramente io l'ho trovato un processo abbastanza naturale. Componiamo sempre tutti insieme, nel senso che ogni idea viene sottoposta agli altri e in caso rimodellata in sala prove secondo i gusti di tutti, ci troviamo molto bene a lavorare così, in comunione diciamo. Esatto, anche perchè i brani sono il frutto del lavoro di gruppo in cui tutti hanno collaborato in maniera dico bene? Tutti hanno sempre collaborato attivamente alla stesura dei pezzi, nessuno escluso, ed è una grande fortuna per me poter lavorare così e trovarmi così bene con tutti, pur avendo idee diverse gli uni dagli altri. Ascoltando le nove tracce del vostro debutto sia a livello di atmosfere che lirico/visive, si ha come l'impressione di trovarsi di fron te ad un concept album, è veramente così? Non è proprio un concept album... abbiamo più che altro voluto dedicare dell'attenzione anche alle grafiche per dare un tono più realistico al nostro

prodotto. Non volevamo il solito prodotto DIY, volevamo qualcosa di più "professionale"; l'impatto grafico di questo tipo poi colpisce molto chi compra il cd senza conoscerci, e questo è sicuramente un punto a nostro favore. L'unico concetto di fondo che attraversa l'intero cd sta nel titolo che si lega indissolubilmente alle canzoni. I problemi che presentiamo attraverso i testi sono "patologie" del mondo moderno, sono quegli argomenti che la gente considera malati, evitabili, fuori dal comune. Liriche inquietanti e sonorità claustrofobiche, sembra proprio che nel mondo dei Gravelead non ci sia altro che violenza, è veramente così? L'impatto (anche in sede live) vuole essere violento al 100%, a livello visi vo e sonoro; ci sono poi alcuni testi violentemente anti-religiosi e di critica alla società (un nostro inedito parla proprio di questo). Per quanto riguarda la maggior parte degli altri testi, tanti parlano di sen timenti, trattandoli in maniera anomala. Parlo spesso del lato oscuro dell'amore, forse quello che più mi affascina; quel lato doloroso, violento, difficile da accettare. Parto dal concetto che una qualsiasi storia d'amore lasci sempre un sacco di cicatrici; io voglio aprire quelle cicatrici, vedere che cosa sgorga fuori e cosa rimane dentro, analizzarlo e lanciarlo addosso alla gente tramite le parole dei miei testi. L'amore violento, l'amore/odio, le gelosie sfrenate... siamo pieni di questo nella quotidianità, ma nessuno ne vuole parlare. Io invece sì. Altre canzoni invece parlano di violenza nella sua massima espressione; ho analizzato lo stupro in più testi. Senti Alice, toglimi una curiosità, dove si sono svolte le sessioni di registrazione e, soprattutto, avete fatto tutto da soli, o dietro alla consolle c’era un elemento esterno che vi ha dato qualche dritta? Abbiamo registrato al Truck Terminal Studio del nostro amico Francesco "Bardy" Bardaro, batterista dei MySpace Invaders. Ci ha dato qualche consiglio, ma devo dire che ci ha lasciato molta libertà e ha seguito profondamente le nostre intenzioni. Il suono che ne è uscito è volutamente imperfetto, volevamo un disco "old school", crudo e graffiante, e lui ci ha dato davvero carta bianca senza intromettersi con i suoi gusti, che differiscono di molto dai nostri in quanto spesso ha privilegiato sonorità moderne e pulite. Ha lavorato con noi in maniera davvero paziente, dedicata e professionale. Quali sono le aspettative che hai nei confronti dell’uscita di questo ennesimo parto discografico? All’interno di una scena musicali così asettica come quella nostrana, come pensi possa essere accolto il vostro debutto? In Italia non abbiamo molte aspettative; in effetti il disco è stato accolto da tante fanzine e webzines in maniera negativa, in molti ci hanno bollati come nostalgici, copie e via dicendo... Dal pubblico che è venuto a sentirci invece abbiamo sempre ricevuto grandi soddisfazioni, e grazie a Facebook siamo riusciti a farci ascoltare e seguire da posti impensati, come la Colombia o l'Indonesia, dove abbiamo una buona base di ascoltatori. La scena nostrana oggi è dominata da tutt'altri generi, e in ogni caso servono come al solito conoscenze e un pizzico di feeling commerciale. Noi non abbiamo nulla di ciò, e quindi è più difficile andare avanti. Abbiamo sempre i volumi troppo alti, facciamo un genere sempre troppo "old"... mi sembra quasi che per certi versi ora fare questo tipo di metal


non vada abbastanza "di moda", e questa è una cosa che odio della scena italiana. Ci stiamo organizzando per suonare fuori dall'Italia il più possibile quest'anno perchè qui sappiamo di non concludere nulla, per quanto in questa band ognuno di noi metta l'anima, e non i soldi o le conoscenze o le commercialate di tanti altri gruppi. Credi che, musicalmente parlando avrete ancora modo di sviluppare ulteriormente il vostro stile, oppure l'evoluzione che adesso vi spinge ad andare avanti, e' destinata comunque a cedere il passo ad una formula musicale e compositiva ben precisa? L'evoluzione è alla base di tutto. Stiamo crescendo, e pur restando fermi sull'impasto thrash metal stiamo inserendo nuovi elementi a particolarizzare la nostra musica. Abbiamo di recente composto dei pezzi in cui si possono distinguere elementi molto moderni, come ad esempio il tipico breakdown (tipico del metal degli ultimi anni), oppure momenti strumentali recitati (non cantati) e riff dal sapore nu metal anni '90 incastrati insieme a riff old school, dei veri e propri ibridi. La ricerca stilistica è appena iniziata, oserei dire, quindi davanti abbiamo ancora molto da sperimentare. Più che ad Angela Gossow o Sabrina Classen, il tuo range vocale si avvicina con dovizia di particolarità a quello del buon Tom Araya, che difficoltà trovi in sede live a doverti occupare sia delle parti vocali che chitarristiche? Beh intanto ti ringrazio dell'enorme complimento, dal momento che Araya è il mio idolo da quando avevo 15 anni e avevo iniziato ad innamorarmi degli Slayer. Effettivamente non mi sono mai piaciute le voci femminili nel metal e non ho quindi mai preso ispirazione se non dagli uomini, quindi per questo la mia voce risulta abbastanza maschile e io cerco sempre di renderla più mascolina, cavernosa e oscura possibile. Lo faccio perchè a me le presenze femminili spesso disturbano, e non vorrei mai dare lo stesso feeling al mio pubblico. So che il metal è sempre stato un boys' club, e quindi io non mi considero la cantante dei GraveLead, ma il cantante, e cerco di non pensare di avere dei limiti, cerco di pensare che io posso fare esattamente come gli uomini, anche se sono piccola e non ho teoricamente le loro corde vocali e i loro polmoni. Me ne frego e faccio comunque. La Classen in ogni caso è fortissima perchè è una grezza ed è parecchio mascolina anche lei, la Gossow invece non mi piace per niente. Detto questo, ammetto che a volte è difficile occuparsi di entrambe le cose, ma son difficoltà che spariscono con le prove. Io sul palco mi trovo perfettamente a mio agio, mi emoziono tantissimo ogni volta, ma non trovo difficile ciò che faccio perchè è la mia vita e so di poterlo fare. Forse è un po' stancante cantare e muoversi per tenere la scena, a volte rischi che ti manchi l'aria ma con un po' di allenamento tutto è possibile. Sul palco io non penso alla performance, quanto all'emozione e alla rabbia che riesco a trasmettere, voglio solo dare qualcosa a chi mi sta di fronte, e quindi tutte le difficoltà e i blocchi decadono; voglio solo fare degli show con i controcoglioni, reali, crudi e duri fino al midollo. Qual è il vostro rapporto con internet e con la rete estesa? Credete nelle potenzialità dei così detti “social network”? Avete intrecciato dei rapporti di collaboraz ione con qualche band od appassionato in particolare? Internet si sta rivelando utilissimo, perchè abbiamo conosciuto un sacco di bands e di fans grazie a Facebook soprattutto. Io credo che questi social network siano davvero una vetrina interessante ed in continua espansione; noi usiamo molto FB, in secondo piano Twitter. Ci piace tenere aggiornati i fan, e vediamo che con un po' di impegno al giorno si possono fare molte cose su queste pagine. Grazie mille per la tua disponibilità. A questo punto lascio a te l' ultima parola. Concludi come i sembra più opportuno... Ti ringraziamo tutti tantissimo per questa opportunità, e speriamo di ve derti in qualche nostro pogo la prossima volta cazzo!!

Pathology (2012)


RAGE OF THRASH Intervista face to face con il cantante Felix Liuni portavoce dei Brain Dead, formazione eporediese di lungo corso, pronta a rimettersi ancora una volta in gioco dopo gli ottimi responsi ottenuti dell'album di debutto “In the deep of vortex”, e questo, grazie ad una nuova line up ufficiale, con l'innesto di ben due nuovi musicisti, ed un disco che, da quanto potuto appurare con mano, potrebbe condurli veramente lontano. Lascio con piacere a parola al nostro interlocutore, il quale ci aiuterà a scoprire quali sono gli aspetti più salienti di questa forthcoming release, per cui…. Ciao Felix e benvenuto sulle pagine di Zombie Holocaust, grazie di cuore per il tempo che ci stai volendo dedicare, prima di tutto volevo chiederti qual'è lo spirito della band in questi giorni di stasi mediatica? State ricaricando le pile prima di partire per una nuova avventura discografica? Ciao Beppe e grazie infinite a te per mostrarci ancora interesse! Siamo molto eccitati e, come dici tu, ci stiamo caricando per questa nuova avventura discografica. È da molto che non pubblichiamo qualcosa a livello discografico, torneremo molto carichi in sede live, contateci, questa è solo la quiete prima della tempesta!!! Adesso permettimi di fare un piccolo passo indietro, volevo sapere come ed in che maniera è avvenuto lo split con gli altri ragazzi del gruppo, soprattutto se è stato difficile separarsi da Haron che, da quel che ricordo, era diventato uno dei punti focali dei Brain Dead dell'ultimo periodo, vi siete lasciati senza rancore spero... Con Danilo Bonuso abbiamo dovuto separarci per una questione di divergenze stilistiche, ma siamo rimasti in buonissimi rapporti, siamo molto amici. Separarci da Haron è stata una scelta presa a malincuore. Purtroppo per suoi motivi personali non aveva più il tempo necessario e sufficiente per dedicarsi ai BRAIN DEAD, sopratutto in questo periodo nel quale dovevamo concentrarci molto sulla realizzazione e sulla registrazione del nuovo album. Comunque lui ora ha un suo nuovo progetto, gli auguriamo tanta fortuna per il futuro. Capisco, puoi presentarci i nuovi arrivati in seno alla line up uffi ciale della band? È la prima esperienza importante per ognuno di loro, oppure sia Alberto che Davide hanno avuto già l'onore di militare in formazioni di un certo peso del panorama musicale torinese? Sia Davide che Alberto provengono da Torino, ora la band è 3/5 Eporedie

se e 2/5 Torinese. Davide è con noi da ormai più di un anno, si è integrato benissimo all'interno della band, è un ragazzo molto preciso ed ha apportato nuove migliorie nel sound, ci ha dato più potenza e si è fatto valere anche nell'ar rangiamento dei nuovi pezzi dei Brain Dead, si, siamo molto contenti di questo! Alberto ci è stato presentato da Davide. Che dire..è un polistrumentista, sa suonare oltre il basso, la chitarra e la batteria, come bass palyer man è eccezionale imparando i nuovi pezzi alla velocità della luce. Di sicuro questa è la loro prima esperienza con una band Thrash metal, ma entrambi hanno molta esperienza... attualmente suonano rispettivamente chitarra e batteria negli Hard Rockers Torinesi HELLFUKKERS Perfetto, parliamo appunto del vostro nuovo disco che, a quanto pare, è già in fase avanzata di registrazione, il nuovo singolo “Pay for better life” che ne anticipa l'uscita, sembra ribadire che, nono stante tutto, il processo evolutivo della band iniziato nel lontano 2001, non ha subito nessun stop, dico bene?? Chiunque conosce i BRAIN DEAD sa che siamo una band old school al 100 per 100...abbiamo iniziato a suonare nel 1999 quando il Thrash Metal era un genere considerato vecchio e superato, e non abbiamo mai cambiato, questo è il nostro sound, la nostra vera natura.... Il nuovo album presenterà un'evoluzione in termini di melodia ed approccio al songwriting, ma è Thrash Metal in ogni sua forma...potente, tagliente, melodico e tecnico al punto giusto. Quindi vuoi farmi capire che il singolo sarà accompagnato da ben due brani live e da un outtake? Sarà disponibile solo il versione di gitale o anche fisica per tutti i dei hard fan della band? Si stamperemo a breve un CD singolo per spezzare l'attesa dell'uscita del nuovo album che oltre a contenere il nuovo pezzo"PAY FOR A BETTER LIFE" includerà 2 tracce live una registrata durante l'Union we thrash tour 2012 nella data di Verona, ed un'altra registrata all'Halloween metal fest 2011 all'Inferno cafè a Torino. Ed in più la cover di una band che ci ha sempre ispirato molto nel corso della nostra storia, la mitica "Piranha" degli EXODUS. A proposito di versante compositivo, cosa puoi dirci dei nuovi bra ni che andranno a formare la track list definitiva del nuovo arriva to? Da quel che ho capito analizzando con dovizia il primo singolo, le tematiche liriche che avete preso in esame, analizzano ancora più approfonditamente interessi di stampo sociale e di dominio pubblico, dico bene? Il disco suonerà potente dalla prima all'ultima nota...c'è un lavoro migliore di chitarra, ora ci sono due asce in formazione rispetto al primo album, anche a livello di assoli si alterneranno uno stile aggressivo e nervoso, e quello più melodico e raffinato. Le tematiche sono sempre impegnate su interesse di stampo sociale,


equiparate fra tematiche personali ed individuali, anche se l'argomento pilota del disco riguarderà una minaccia che l'umanità spesso tralascia, ovvero le conseguenze dovute alle radiazioni nucleari.... ti ho anticipato già qualcosa..... Perfetto...ci parleresti degli One Black Sock gli studi di registrazione dove si stanno svolgendo le sessioni che riguardano il vostro disco? Te lo chiedo sia perchè il nome mi risuona nuovo, ma anche perchè, la qualità della registrazione, che la produzione del singolo, mi hanno lasciato favorevolmente colpito... One black sock è uno studio di registrazione nato a Torino circa 4 anni fa, gestito da Carlo "Fajo" Girardi....dopo aver sentito l'album dei Concrete Block registrato da lui, abbiamo deciso di contattarlo... Ci siamo trovati molto bene, è una persona che musicalmente sa davvero far uscire il meglio da ognuno di noi, non si limita solo a registrare, ma vuole che tu dia il meglio di te stesso, lavorando come un vero produttore discografico. Personalmente mi ha aiutato molto e sentirete che sound potente potevano tirar fuori dai Brain Dead... Ahaha, capisco, però almeno puoi svelarci se il disco sarà almeno distribuito dalla Punishment 18 di Corrado che, anche in passato, ha dimostrato di tenervi in giusta considerazione? Si, il disco come per il primo album sarà pubblicato, e distribuito a livello mondiale sempre dalla Punishment18 Records di Corrado. Lo conosco da più di 10 anni e mi sono sempre trovato bene con lui. Da vecchio appassionato della scena metal torinese degli anni ottanta, come stai vivendo questo ritorno in auge di certe sonorità spigolose e classicamente in yourface? C'è qualche rapporto di amicizia e/o di stima reciproca che vi lega a formazioni più giovani del calibro di Ultra Violence, Atomizer, Acidity ed Endovain? Sono cresciuto col metal old school sia che si parli di Heavy, hard rock, thrash e death....ed il thrash è sempre stato il mio genere fin dagli anni '90, anche se era davvero preso poco in considerazione...come tutti sapete il thrash negli ultimi 5 anni è tornato ad essere preso in considerazione dalle nuove leve e sono uscite fuori nuove bands. Spero solo che possano mantenere la passione e non mollare al calo del presunto "trend".. le band che hai citato le conosco tutte e sono contento che i più giovani si siano impegnati musicalmente in qualcosa di old school, ma diciamo che personalmente con gli Endovein in particolare con Paolo e Mirko, ho un buon rapporto di amicizia, ormai ci conosciamo da diversi anni.

vostra che danno sempre il massimo pur di puntare tutto su un repertorio originale, pensi ci sia una soluzione adeguata o dovremmo rinunciare per sempre? Siamo in Italia, e i miracoli non avvengono da soli....la situazione la conosciamo tutti..finchè ci sarà chiusura mentale, quel senso che porta il pubblico a snobbare le bands nazionali underground, e preferire di andare a vedere solo le grosse bands, o peggio ancora le cover bands..non cambierà mai nulla....questo mi rattrista molto, noi come musicisti non sappiamo che fare, oltre a rimetterci soldi per produrre dischi e pubblicizzare il più possibile... Ti confesso che col nuovo disco cercheremo di aprirci ad altre soluzioni, cercheremo di vedere di organizzare delle date live all'estero dove pare che le bands che producono musica propria vengano prese più in conside razione che da noi... Dalla registrazione di “Rage of thrash” a “Pay for better life” quali pensi sia cambiato il modo di rapportarti alla musica concepita e suonata? Dentro te c'è sempre la solita voglia degli esordi, oppure tutto in qualche modo si è piani piano ridimensionato? Che cosa ti spinge oggi a rimetterti in discussione ancora una volta? Siamo maturati con l'approccio alla nostra musica, siamo più consapevoli delle nostre capacità e fin dove possiamo spingerci e migliorarci, e questa è pura passione caro Beppe lo sai... Abbiamo questo fuoco che brucia dentro....non ci migliorerà la vita in termini economici, ma sentiamo la necessita di suonare, di esprimere quello che siamo con la nostra musica sul palco...solo chi ha questo fuoco che brucia dentro continua...chi guarda avanti e non si ferma! L'entusiasmo magari dopo tanti anni cala un pò..è normale...ma la voglia c'è sempre, e quando sali sul palco e senti ancora la carica capisci che non ne puoi farne a meno! Ok Felix, siamo alla fine, ti lascio l'ultima parola, per cui.... Ti ringrazio immensamente per lo spazio che ci hai dedicato ancora una volta e vi invito a tenerci d'occhio in quanto stiamo per pubblicare un nuovo album sincero al 100 per 100 come sempre sinceri sono stati musicalmente i BRAIN DEAD.. Vi aspettiamo alle nuove date di supporto all'album per questo autunno/inverno...quindi a presto Fuckin' Thrashers!!

Qual'è la situazione live per i Brain Dead del nuovo corso, avete avuto occasione di tastare la nuova formazione in sede live? Qua l'è stata la reazione del pubblico? Con Alberto in formazione ancora non abbiamo avuto modo di esibirci live, ma stiamo lavorando per organizzare nuove date in autunno di supporto al nuovo album, e sono sicuro che riusciremo a tirare fuori la giusta potenza in sede live con la nuova formazione, vedrete.. Si, hai perfettamente ragione, nonostante tutto, le cover band riescono sempre e comunque a togliere spazio a formazioni come la

Pay For Better Life (2013)


Raw hardcore splatthrash punk. Più che una semplice locuzione, un vero e proprio manifesto che identifica l'attitudine artistica messa in gioco dai patavini Minkions che, con “Distorted Pictures From Distorted Reality”, portano avanti un discorso sonoro legato a doppia mandata ad un crossover che, per concezione e qualità intrinseche espresse, richiama l'operato di prime mover del calibro di DRI, MOD, Suicidial Tendencies ed Accused, da sempre le icone inarrivabili per la formazione nostrana. Al cantante Simone l'onore/onere di presentarci questa nuova interessante realtà... Ciao Simone e grazie per la tua disponibilità, dunque dopo due demo ed altrettanti split, anche per i Minkions è arrivato il momento del debutto sulla lunga distanza, questo mi fa capire che, per il primo importante step ufficiale, volevate che tutto fosse per fetto, è veramente così? Ciao Beppe, si, ci abbiamo messo un bel po’ tra registrazione, art work, testi, arrangiamenti vari, proprio perché volevamo che il primo album fosse per noi, per le nostre capacità e per ciò che ci piace “perfetto”!! Alla fine possiamo dire di esserne usciti molto soddisfatti, da tutti i punti di vista!! In che maniera siete arrivati al deal che vi lega alla FOAD records? Potete ritenervi soddsfatti della loro promozione fino a questo momento? Personalemente ho conosciuto Marco Garripoli (Zapping prod – Ex FOAD) nel 2008 se non sbaglio, poiché sapevo che era un coltivatore di musica punk/hardcore italiano e una delle poche persone per cui il thrashcore (di quello che intendo io) è stato più che una passione!!Perciò già ci sentivamo via mail, e quando ci incontravamo scambiavamo sempre quelle due parole!! Poi ho conosciuto Giulio quello stesso anno, essendomi avvicinato a Marco, e sapendo fosse il cantante dei Cripple Bastards!! Poi una sera al concerto dei Peggio Punx ad Alessandria, scambiando le solite due parole con Marco, mi ha chiesto se eravamo interessati a buttar fuori il CD con la FOAD, che lui e Giulio sarebbero stati molto contenti!! Anche con Luca ci siamo conosciuti da poco, ma ci siam sentiti spesso per date e dettagli del CD!! Per la promozione ne siamo molto soddisfatti, girano molto e si danno da fare un casino con la FOAD Records!! Ok, toglimi una curiosità, puoi spiegarmi il significato che si cela dietro alla definizione "raw hardcore splatthrash punk"? La definizione è stata scritta in mezzo secondo per far capire che la nostra musica non è metal, come il 90% della gente crede, ma è thrashcore, è una via di mezzo tra hardcore/punk e thrash, nel vero senso della parola!! Raw è per dargli quel tocco di grezzo, sporco. In poche parole il significato è sinonimo di old school.. splatt è in riferimento a splatter, alla copertina ed allo stile della voce!! Influenze musicali le vostre che arrivano direttamente dagli '80ies e da formazioni come DRI, MOD, Suicidial Tendencies, Scatterbrain e Ludichrist per esempio, dico bene?? Si, dici bene, soprattutto DRI e Suicidal li abbiamo sempre tenuti da riferimento!! Anche gli altri gruppi citati fan parte delle influenze anche se noi come siamo molto più afferrati su molti gruppi hardcore, con i quali siam cresciuti!! Non so perchè, ma il lavoro d'artwork del vostro debutto mi ha ricordato, e non poco, le copertine dei dischi degli storici Upset Noi se che, se non ricordo male, oltre a proporre uno stile musicale molto simile al vostro, dovevano essere della vostra stessa area geografica, solo un caso? Si si, gli Upset Noise li conosciamo eccome, eran di Trieste loro se non sbaglio!! In realtà, e non mi sembra neanche un tentativo troppo celato, l'intento era di ricordare un altro gruppo, gli Accused. Abbiamo avuto l'opportunità di farci fare il nostro nuovo logo da Gaither!! Diciamo che ci siamo ispirati molto più a copertine di gruppi come Accused/ Ratos de Porao e non solo...però è figlia di un viaggio mentale sulla realtà distorta in cui ognuno di noi vive, perciò posso dire che sia solo un caso, anche se chissà quanti altri ne potrebbero venir fuori, dato che l'hardcore in generale ha usato molte volte lo splatterato negli art-work e parla spesso di realtà distorte!! Capisco, quindi quali sono state le difficoltà che avete dovuto af frontare prima della pubblicazione del cd?...ed in definitiva, potete ritenervi soddisfatti del prodotto finito? Si, ne siamo totalmente soddisfatti, ovviamente la difficoltà maggiore è

Raw hardcore splatthrash punk sempre quella economica, però avendo già una base dovuta al merch siam riusciti a far tutto ugualmente!! Potenza, velocità d'esecuzione, ma anche tecnica e, se vogliamo, anche un tocco di melodia, credo proprio che la vostra musica sia il risultato della perfetta antitesi di questi elementi, quindi mi piacerebbe capire se, quando scrivete i vostri brani, tenete sempre conto di questo equilibrio, oppure lasciate che l'ispirazione non abbia limiti?? Diciamo che il limite dato all ispirazione sta, delle volte, nel modellarne riff e composizioni in modo tale che sia comunque inseribile nel contesto del genere che suoniamo Comunque il risultato premia senz'altro la vostra caparbietà musicale, quanto tempo avete passato fra registrazione e mixing finale dei brani?..c'è qualche simpatico aneddoto capitatovi in studio che puoi raccontarci? Intanto ci tengo a precisare che il tutto è stato registrato dal nostro chi tarrista Umberto. Ci è voluto un po’ di tempo per questione sia lavorative nostre, che di tempi legati alla disponibilità della sala di registrazione, poi ché c'erano anche le vacanze natalizie in mezzo!! Ci son voluti 3 mesi circa per aver tutto in mano!! In studio di divertente è successo che.....mentre noi registravamo in una stanza dello studio, in qualche sala più in là stava registrando niente di meno che Umberto Tozzi!! Tutto il resto accaduto in studio non si dice!!! Essere giovani oggi ed avere pochi soldi a disposizione, ti porta a dover far fronte ad un eterno dilemma, spendere i tuoi pochi risparmi cercando di acquistare dell’ottima musica, per poi non doverti pentire in seconda battuta, puoi spiegare ad un giovane appassionato i motivi per i quali dovrebbe comprare il vostro disco… Compralo perché all interno di qualsiasi versione (LP-CD-TAPE) del nostro disco c’è una banconota da 100€, non te ne pentirai..o forse si! Guardando le foto on line, mi pare di capire che la dimensione live per voi abbia una certa rilevanza, vero? Speri di poter suonare su qualche palco prestigioso quest'estate? Ma in realtà noi suoniamo un po’ ovunque, e devo dire che i migliori live sono stati dove il palco non c'era, un feeling diretto, senza alcuna superiorità tra osservatore e gruppo, pari, stessa altezza, molta più emozione!! Ok Simone, siamo alla fine, ti lascio campo libero, chiudi tu l'intervista.... Grazie Beppe per lo spazio dedicatoci,in bocca al lupo

Distorted Pictures From... (2012)


Di solito si dice che il primo demo è una sorta di raccolta del materiale che una band ha prodotto in passato, cosa puoi dirci invece delle nuove composizioni che avete in mente di inserire all’interno del vostro ipotetico secondo parto discografico? Il suono che avete tracciato, seguirà le orme del vecchio repertorio della band, o vi siete in qualche modo incattiviti? Decisamente il nuovo sound è molto più potente! Anche i pezzi scritti dopo i 3 del demo di debutto, hanno un tiro molto diverso. Piu veloci , piu tecnici. Insomma stiamo crescendo e stiamo cercando un genere che ci appartiene completamente! Si ci siamo incattiviti! Ahahaha anche per quanto riguarda i testi , ci siamo ispirati a situazioni private successe a me in primis o ad altri componenti.

Davvero molto simpatici, e disponibili, i milanesi Rawfoil, sicuramente fra le poche new comer band ad aver capito lo spirito giusto con il quale affrontare l'agognato mondo del music biz, divertirsi e far divertire, dopo, tutto quello che viene, è tutto guadagnato. E poco importa se il loro primo demo non fa di certo gridare al miracolo, produzione e registrazione lasciano piuttosto a desiderare, stiamo pur sempre parlando di un debutto assoluto, ma se le premesse sono queste, la scaltrezza e la malizia compositiva, si affineranno nel tempo, ci sarà di che gioire. La parola al vocalist Francesco.. Ciao Francesco, dunque il vostro debutto sulla lunga distanza è già in giro da qualche mesetto, ti va di tirare delle somme per i nostri lettori? Se non erro avete ricevuto degli ottimi riscontri, ve lo aspettavate? Ciao Beppe e grazie per l'opportunità che ci stai concedendo... per quel che concerne il demo, sinceramente non ci aspettavamo l'ottima accoglienza riservataci!! È stata una cosa fantastica vedere a quanta gente siamo piaciuti sin dal primo live! La demo è piaciuta a parecchie persone , pur non essendo registrata benissimo. Diciamo che è stato un ottimo motivo per continuare a darci dentro ancora di piu! Quanti sacrifici e non solo economici vi è costato portare a termine un’operazione di queste proporzioni? Un ottima domanda! Ci è costato moltissimo sacrificio perché era un periodo in cui eravamo abbastanza decisi, ma inesperti. Nessuno di noi aveva registrato in modo serio in uno studio, quindi aveva mo paura di non essere in grado. Durante i 2 giorni di registrazione eravamo in tensione continua. Anche se siamo riusciti ad aiutarci a vicenda! La cosa che non ci aspettavamo è divertirci cosi tanto! Ahahaha per questo in questi mesi stiamo tornando in studio per registrare altre tracce!

Oramai è davvero innegabile non dover ammettere che il thrash metal sia tornato nuovamente a mietere proseliti sia da parte della critica che del pubblico sempre più interessato a sonorità spigolose e di matrice Bay Area, quindi è logico che ti chieda come state vivendo voi questo momento d’oro, visto che oramai siete della partita da alcuni anni? Te lo saresti mai aspettato? No affatto! Nonostante in Italia la musica sia molto criticata, è piena di gente che ci sa fare e che sa apprezzare le band del nostro genere! Naturalmente il pubblico è molto esigente, e la maggior parte delle volte se non c’è un gruppo importante o un occasione particolare, non si fa vivo! Ma piu di tutto mi ha colpito il supporto che c’e tra le varie band, in tutto il paese! E mi piace parecchio poter conoscere altri musicisti in queste occa sioni! …….cosa penseresti invece se ti dicessero che voi Rawfoil vi state adagiando al trend del momento? Penserei che è sbagliato! Non ci piace ne essere scontati, ne utilizzare “mezzucci” per raggiungere ciò che vogliamo! Siamo dell’idea che con l’olio di gomito si può realizzare qualcosa! Ed è quello che ci è successo a noi fin’ora quindi non ci piacerebbe farci strada con metodi inutili come il “Pay to Play” per esempio. Diciamocelo chiaramente, suonare in una cover band oggigiorno ti regala un’esposizione live ben più preponderante di una band che ha un repertorio di brani originali come il vostro, ti sei mai chiesto perchè? Semplice, per i locali è facile attirare pubblico con le cover band. Al pubblico medio fa piacere ascoltare i grandi classici perchè si sentono ovunque , una band che propone pezzi propri non sempre viene apprezzata. Si può essere bravi finchè si vuole ma bisogna ammettere che il pubblico rimane “ignorante” a volte! però nonostante tutto ci sono molti locali che offrono spazio ai generi underground! Si, capisco, anche perché, da quanto visto su facebook, la vostra attività live è comunque più che buona? Si molto! Abbiamo avuto molte possibilità specialmente con i Warbringer!! Ora come ora vogliamo anche organizzare parecchie date con band “amiche”!!! Gente che ci viene a vedere o che vediamo noi! Segui la scena musicale tricolore? Se si, a parte i soliti nomi più conosciuti, ci faresti il nome di altre quattro o cinque formazioni sui quali dovremmo puntare il nostro interesse? Guarda purtroppo non mi piace fare nomi anche perchè conosco tantissime band e non vorrei che qualcuno si sentisse trascurato! Comunque tutti quelli che conosco hanno gia sentito parlare di te e della tua rivista quindi quando vedrò i nomi sulle pagine del giornale sarò contento.. Prima di concludere una curiosità, permettimela, chi è il Francesco Ruvolo di tutti i giorni? Ovvero cosa fai per vivere dismessi i panni di screamer dei Rawfoil? Beh , spaccio droga , vendo alcolici abusivamente , faccio i sollevamenti sull’uccello…. Quello che fanno tutti no?! Ahahha ok siamo alla fine, concludi come vuoi….. Innanzitutto ti ringrazio a nome di tutta la band per l’interessamento nei nostri confronti!! Auguro a te di continuare questa tua “avventura” perché sono sicuro che ti darà moltissime soddisfazioni! Invito tutti quelli che leggeranno quest'intervista a seguire una vita sana ed equilibrata e…… ahahahahahaha stronzate!! Bevete birra finchè non scoppiate! E continuate a seguire la musica! Quella con la M maiuscola! Vi saluto e vi aspetto tutti ad uno dei prossimi live dei Rawfoil!!

Rawfoil (2011)


dotto finale ancora più soddisfacente. Non a caso una delle qualità che mi ha particolarmente colpito della vostra band, è proprio l'assoluta convinzione, il feeling, che riu scite a trasmettere all'ascoltatore, attraverso la vostra musica, una qualita' questa, che mi porta sempre piu' ad esser convinto che l'heavy metal e' piu' che mai un genere musicale che richiede prima di tutto un attitudine particolare, piu' che una semplice e generica passione, sei d’accordo con questo mio personale pensiero? Su questo ci trovi tutti d’accordissimo, ma ci piace estendere questo discorso a tutto il filone “estremo” dal metal all’hc passando per tutto quello che sta nel mezzo: “No, non è soltanto musica”, come diceva qualcuno anni fa..

Giovani e determinati!!! Si, gli Atomizer da Torino sono il nuovo che avanza, e non solo perchè il loro demo di debutto fa sperare bene in prospettiva futura, ma soprattutto perchè, all'interno della line up ufficiale dei nostri, milita il cantante, qui nelle vesti di chitarrista, dei concittadini Acidity, espediente questo che ci fa comprendere che, a volte, il campanilismo tanto dilagante in ambito propriamente metal, ha le sue eccezioni che confermano la regola secondo cui volere è potere.. Una verità inaspettata, proprio come il titolo della loro prima fatica discografica, a parlarci della quale abbiamo contattato il bassista Benito Stavolone che si è sottoposto al fuoco incrociato delle nostre domande...

Come nasce di solito un classico brano degli Atomizer, chi di voi ha l'onore o l'onere di dare lo start iniziale? È’ più un lavoro di squadra, o tutto nasce da una sola mente? Le menti siamo io, Luca e Mattia. Principalmente sono io colui che scrive di più, una volta che ho ultimato una traccia inizia una catena di montaggio ahahah, la passo a Luca che fa alcuni aggiustamenti, inserisce qualche riff, insomma, cambia la canzone ahahah. Un esempio lampante è la traccia "Unexpected Truth" scritta da me, passandola poi al mio chitarrista di mio è rimasto solo l'intro ahahah. Nel terzo passaggio sono di nuovo io protagonista dove, eventualmente, scrivo le tamarrate per dirla tutta. Ultimo passaggio è in sala dove ovviamente il nostro batterista modifica la traccia di batteria come meglio crede. Mattia purtroppo, essendo impegnato con un' altra band fa poco, ma gli vogliamo bene lo stesso, anche perché ultimamente ha tirato fuori delle ottime idee. Questi sono i passaggi di una canzone degli Atomizer e non durano giorni, ma mesi! ahahah Credi che, musicalmente parlando avrete ancora modo di sviluppare ulteriormente il vostro stile, oppure l'evoluzione che adesso vi spinge ad andare avanti, e' destinata comunque a cedere il passo ad una formula musicale e compositiva ben precisa? Di sicuro il nostro prossimo lavoro sarà più ragionato, non sarà più tecnico, bensì più letale! Per quanto riguarda il futuro non saprei davvero dirti, per fare il pessimista potrei dire che la band potrebbe sciogliersi da un momento all' altro ahahah, per fare il razionale direi che è inutile pensare così tanto al futuro, alla fine la maggiorparte delle cose che si programmano falliscono, quindi per ora ci concentriamo sul presente mantenendo una certa mentalità di composizione e cercando di scrivere pezzi che siano rappresentativi del nostro percorso come band.

Ciao Ben, e grazie infinite per la tua disponibilità, dunque, partiamo subito con la prima classica domanda di rito, potresti presen tare la band ai nostri lettori delineando le tappe che vi hanno con dotto alla realizzazione del vostro primo ep? Certo! La band è nata nel 2010 da un' idea di Luca e Maik, successiva mente entrarono Gamme come bassista e Andrea come batterista. Diversi cambi di line-up ci hanno portato alla formazione attuale ovvero: Luca alla chitarra solista e alla voce, Mattia con un’altra chitarra solista, me al bas so e Andrea alla batteria. All'inizio il percorso era ostico pur avendo qualche canzone non ci soddisfaceva molto. La prima canzone dell' Ep che è stata scritta è Democracy, di livello nettamente superiore a tutto ciò che avevamo a quel punto. Ovviamente da lì in poi ci siamo impegnati per scrivere canzoni degne di questa traccia. Le fasi di composizione sono durate da maggio 2012 a circa settembre del medesimo anno (alcuni riff sono stati rispolverati da ciò che avevamo in precedenza) e ad ottobre siamo entrati subito in studio. Parliamo appunto di “Unexpected Truth” che è uscito da pochi mesi, quanti sacrifici, e non solo economici vi è costato portare a termine un’operazione di queste proporzioni? Tanti, soprattutto economici come hai ben detto. Non immaginavamo che la realizzazione di un disco di sole cinque tracce richiedesse una disponibilità di denaro così alta! Ciò ha influito molto sui tempi di uscita, ma il problema più grave è stato il missaggio: qualcuno di cui non faremo il nome, prima si rese disponibile e poi ci lasciò tutto ad un tratto, facendoci perdere qualche mese. Serietà alle stelle insomma. A mente fredda, potete ritenervi soddisfatti di come sia venuto fuori il "prodotto" finale, o con il senno del poi cambiereste qual cosa? Guarda, posso dire che io ERO soddisfattissimo di questo CD, il perchè? Beh, con i pezzi che abbiamo ora tra le mani posso dire che quelli dell' EP non sono niente a confronto. Insomma ci siamo accorti che possiamo dare ancora di più e per quanto riguarda me, posso dire che sono passato a delle composizione più standardizzate, ovvero, vorrei che che nell' insieme fossero ben compatte. In poche parole, mantenere una linea Atomizer. Infatti ascoltando tutte le tracce del disco, credo che abbiate dato tutto di voi stessi, mettendo in risalto un'evoluzione stilistica che ha premiato la vostra caparbietà e il vostro amore per certe sonorità bay area, ti trovi d'accordo con me? Per quanto riguarda l'amore mostrato verso alcune band mi trovo d'accordissimo ahaha, le influenze ci sono e si sentono parecchio in diversi riff e stacchi, ma non ci possiamo fare niente, dopo 30 anni è difficile anche solo fare due note di fila originali. Come detto in precedenza, queste tracce sono state scritte dopo "l' evoluzione Democracy" ahah l' impegno è stato tanto, forse non abbiamo tirato fuori il meglio di noi, ma di sicuro gli sforzi ci sono stati e ciò rende il pro -

...si, anche perchè di solito si dice che il primo step ufficiale di una


band raccoglie il meglio della produzione passata.. C'è più cuore che mente agli inizi, ma l' umanità punta sempre più in alto no? Non ci accontentiamo mai, è nel nostro DNA. Adesso una domanda a cui tengo particolarmente, perchè secondo fra formazioni della stessa area geografica si vengono a creare dei risentimenti e dell'astio che vanno ben oltre la classica competizione? Non pensi che tutto questo sia alquanto stupido e controproducente? Noi andiamo d' accordo con tutte le band torinesi, eccetto una con la qua le in passato abbiamo avuto parecchio da ridire, e con la quale ci siamo però da poco “riappacificati” risolvendo i malintesi che si erano creati in precedenza. Il motivo dei (rari) risentimenti non potrebbe essere più ovvio: non ci piace la gente che sputa nel piatto dove mangia, specie se lo fa animata da un istinto di superiorità (altrimenti detto puzza sotto il naso) che esula completamente da quella competizione naturale di cui parlavi. All’interno della scena ci si aiuta sulla base di una comune voglia di suonare, bere fino all’inverosimile e pogare come dannati, non certo per la fama o per avere opportunità su palchi “importanti”. Che ci propongano un concerto d’apertura per i Testament o di allietare il barbeque nel giardino di un amico, per noi l’importante è solo avere l’opportunità di condividere ciò che facciamo con chi lo sa apprezzare. ...ovvio, anche perchè il vostro Mattia, d'altro canto, è il vocalist degli Acidity.... Già, noi e gli Acidity non siamo solo colleghi, ci aiutiamo spesso a vicenda, Ci hanno aiutato molto agli inizi e gli siamo molto grati! Ci amiamo tanto ahahah Qual è lo spirito che si viene a creare durante un vostro live set? Avete messo in azione delle trovate sceniche per stupire il vostro pubblico? No, nessuna trovata scenica. Facciamo i cazzoni sul momento, il lavoro ripetitivo a lungo andare porta all' alienazione, ci accontentiamo dell' improvvisazione. Personalmente mi lascio trasportare parecchio dal fatto di essere su un palco, penso a tutte le cose brutte della mia vita e mi incazzo, a volte anche troppo rischiando di far del male agli altri. Mi devo contenere un po' ahahah Domanda pungente, che cosa ne pensi delle cover band che molte volte tolgono la possibilità di esibirsi a formazioni come la vostra

che invece propone un repertorio musicale originale? Sarò breve perché dal mio punto di vista l’argomento “cover band”/”tribute band” non è nemmeno degno d’esser considerato: gruppi come questi andrebbero relegati a pochi e sporadici eventi ad hoc. Domanda da un milione di euro, qual è il tuo pensiero personale sul download selvaggio di molti metal head nostrani, ma non solo, che con i loro hard disk di pura monnezza in mp3, insidiano l’esistenza artistica di realtà minori come la vostra? A dirla tutta anche io scarico, parecchio anche ahahah, è difficile che compri un album a scatola chiusa. Credo che però tu ti riferissi a coloro che scaricano e poi non comprano. E' una scelta dettata dal fatto che molti di questi “scaricatori” non hanno un reale contatto con la scena. Quando è uscito "Unexpected Truth" ho capito il vero significato della parola "supporto". Vero, magari il compratore lo ascolta una volta e poi lo lascia a prendere la polvere da qualche parte, ma per la band è importantis simo sia in termini di pubblicità che di introiti. Poi ci sono i furbi, quelli che comprano per poi rivenderli tra 30 anni e farsi i soldi, e questi ultimi li ri tengo dei geni ahahah. Ok Ben, grazie ancora, ti lascio campo libero, concludi tu l’intervista come vuoi…. Concludo cogliendo l'occasione di ringraziare tutti coloro che ci appoggiano e che ci hanno appoggiato in passato e ringrazio te per questa oppor tunità e auguro alla Zombi Holocaust fanzine tutto il successo possibile! Alla prossima!

Unexpected Truth (2013)


LP Hunter - A cura di Stefano Manzone VOMITORY "Catastrophical Expectations" Ep (1990) I Vomitory, eruttati dalla mia adorata ed iperproduttiva fucina metallica tedesca degli anni '80, provengono da Meppen, a pochi chilometri dal confine nord/est dell'Olanda. Sono un trio dedito ad uno speed'n'thrash, desueto nell'anno in cui hanno dato, privatamente, alle stampe questo Ep, che, ascoltato oggi, risulta molto piacevole ed "easy", grezzo ma non propriamente minimale. La registrazione è buona e le quattro canzoni abbastanza coinvolgenti. Ottimo l'apporto di "Blo" alla chitarra che già da "Dr. Speed", brano di apertura, si fa sentire con i suoi assoli mirati e tecnicamente apprezzabili. Suoi compagni d'armi in questa avventura sono il bassista/cantante "Lefty" dalla timbrica abbastanza personale, a tratti accostabile a quella di Kerrmit dei connazionali Tyrant, ed il drummer Planky, onesto batterista, non un innovatore ma comunque discretamente abile e personale. Le canzoni sono massicce, sia "Vicious Circle" che "Black messiah" sono pezzi trascinanti, con una velocità mai eccessiva o fuori controllo, pezzi composti con intelligenza, ottimo esempio di metallone underground. Qua e là sono impossibili da non notare sprazzi dei primi Metallica come il riff che inizia la prima citata "Vicious Circle". Le chitarre che si sentono in molte parti di questo platter sono due, frutto di sovraincisioni in quanto, come si evince dalla foto che li ritrae versione live sull'allegato flyer, sui palchi erano solo un trio. Detto questo c'è poco da aggiungere, un disco che trasuda sudore, sano e glorioso heavy metal, compatto come una colonna di cemento armato. Lo considero un gioiellino da riscoprire senza badare troppo al monicker veramente idiota (successivamente i gruppi Death/Black e compagnia li avrebbero di gran lunga surclassati). Nota collezionistica: non mi risulta sia mai stato ristampato in cd e, ahimè, l'originale vinile è veramente difficile da scovare... Buona fortuna!!! Valutazione:80-120 euro Stefano Manzone

HELLBREATH "Slave of God" Lp (1988) Mi piacerebbe tanto essere qua a tasteggiare lettere a caso, più o meno quello che hanno fatto gli Hellbreath con questo "Slave of God" solo che, invece delle lettere hanno utilizzato gli accordi. Vi ho spaventati? Non è nulla in confronto a ciò che si ascolta in questo vinile, mai ristampato in cd. La tiratura di questo gioiello dovrebbe essere stata di 5/600 copie e, onestamente, esclusa la cerchia degli amici, ma solo i più intimi, mi sfugge proprio chi lo possa aver acquistato nel lontano 1988. Iniziamo con il definire il genere che si vocifera essere Thrash, ma che in realtà azzarderei a definire Psichedelic Thrash con radici Hard Rock anni '70. Mi sembra chiaro come genere e potrei finire qua la recensione. Troppo facile, già..., me la caverei con due righe e, vista la difficoltà di questo plat ter, sarebbe anche un bel vantaggio. Purtroppo debbo fare i conti con la coscienza ed ho il dovere morale di esplorare un po meglio codesto lavoro. All'interno di questo album trovano collocazione composizioni tra gli 8 ed i 9 minuti (ben quattro!) e, nonostante la mia vista sia ancora decente, non si riesce a capire, anche osservando il vinile ad una distanza di pochi centimetri, dove finisca un brano e dove inizi il successivo, decine di solchi che sembrano la fine di un pezzo ed invece sono il proseguo di quello precedente, tutto si intreccia e non si riesce a venirne a capo. Le stesse canzoni non hanno alcun ritornello capace di orientarti, centinaia di stacchi, parti puramente Hard Rock si mescolano ad accelerazioni improvvise, atmosfere grevi e cavernose fanno da contraltare ad accordi ripetuti fino allo spasimo ed il continuo ragliare del cantante/bassista, sicuramente ubriaco durante le registrazioni, riescono a confonderti ancora di più le idee. In mezzo a questo miscuglio di suoni solo un paio di canzoni mi aiutano a capire che non ho mai fatto uso di LSD: "Riding Free", il cui inizio sembra "Living after Midnight" dei Judas Priest ed è un pezzo, sinceramente anche bellino, e "Invasion of the Undead" dove ad un iniziale ritmo cadenzato si susseguono importanti accelerazioni ed un bell'assolo, il tutto, ovviamente, rovinato dall'ubriacone che di nome fa Georg Manger. Album veramente tosto da decifrare, a confronto, i Mekong Delta fanno canzoncine di musica pop anni '80. Per esempio "Gambler", all'inizio, sembra un brano qualsiasi, senza arte ne parte, il solito intreccio di chitarre, una bella accelerazione e poi... Puff, vieni scaraventato in un nanosecondo sul prato di Woodstock ed incominci a bestemmiare perchè non puoi avere certezze di ritornare nel presente ad ascoltare il metallone che tanto ti piace. Mi sento di aggiungere ancora due note di colore su questi quattro evangelisti dello Psychedelic Metal, il loro look modello John Lennon fine anni '70 (vedi foto) e la scritta che, a caratteri ben visibili, campeggia nel retrocopertina: "No Thanks to SPV". Forse qualcuno si è rifiutato di pubblicare questo disco... Ma chi l'avrebbe mai detto... Questo disco mi da la conferma che sono un masochista. Come faccio a cacciarmi sempre nei casini nella vana speranza di dare un senso compiu-

to ad un disco fatto apposta per incasinarti il cervello?!? Basta, da oggi in poi solo AC/DC così posso utilizzare la recensione fatta di un qualsiasi loro disco degli anni passati e con copia/incolla il gioco è fatto. Dimenticavo il fatto che sono rimasto nel pratone di Woodstock, adesso come c***o tor no in Italia?!? Valutazione: 250/300 euro Stefano Manzone

S.E.D. "Starvation" Lp (1991) Inizio con il chiedere a chiunque legga questa recensione di alzare il mouse se in possesso di questo bizzarro vinile... Nessuno? Eppure ne hanno stampate ben 230 (!) copie ed hanno avuto una cura maniacale per la cover (una copertina neutra con su apposto un adesivo su ambo i lati). Non contenti della loro creazione hanno sbagliato la tracklist (4 canzoni sul primo lato e 5 sul secondo mentre in realtà è esattamente il contrario) e, non paghi, non avendo ancora a disposizione Google Translate (il disco è stato mixato il 2 Febbraio '91) hanno inciampato con il loro inglese crautico ciccando un paio di titoli: "Ruaway" al posto di "Run Away" e "Huricane" cui manca una una "r", peraltro scritti in maniera cor retta sul ring interno al disco. Inoltre, e poi smetto di criticarli troppo, sul retro-adesivo ci sono i loro tre nomi con le rispettive mansioni, cantante, batterista e chitarrista, tutto ok, ma il basso chi lo suona? Il loro monicker sta per Sexuelle Einheits Droge, qui vi risparmio la tradu zione, e mi introduco a tutte orecchie nell'ascolto di questo ipersconosciuto "Starvation". Sui due più famosi siti enciclopedici sono inclusi nel genere Thrash ma qualche dubbio nel mio cervello permane. Canzoni come "Alive" o "Angel", velocissime ed al limite dell'Hard Core di matrice americana, sembrano sposare la tesi ma, ad esempio, "Run Away" dopo un inizio tirato si trasforma in una ballata strappalacrime aiutata anche dalla voce cristallina del singer Oliver, sicuramente più adatto a cantare generi più soft. Questa è solo una delle tante contraddizioni che sono contenute in questa gemma metallica. La chitarra è registrata un po troppo ovattata ed il chitarrista/songwriter ha la malsana abitudine di inserire ovunque stacchi di chiara matrice doom in cui anche il vocalist "allunga", curiosamente, le parole. Non male "Love Story" una atipica doom-ballad o la strumentale "Power" dove il tema trainante del pezzo è un lungo assolo di chitarra. "Electric Love" è una canzone potente e veloce che termina con una parte acustica che sembra non avere fine, adatta ad un uso smodato degli accendini in sede live, ma un po troppo avulsa dal contesto generale per essere digerita al primo colpo ascoltandola sdraiati sulla poltrona di casa. Qua e la sono presenti sovraincisioni di chitarra che aiutano non poco a rendere il suono un po più corposo. L'album, di per se, non è malaccio, il problema è che c'è di tutto: melodic metal, ballate, parti acustiche, Doom, Thrash, Hard Core. Anche loro sembrano essere consci della loro a tratti stridente diversità e, nell'unica foto che li ritrae il batterista sfoggia una t-shirt dei Napalm Death mentre il cantante indossa un giubbotto di pelle a stelle e strisce ed un improbabile capigliatura bionda e cotonata. Per concludere, "Starvation" non è assolutamente un disco imperdibile, è un disco strano, molto strano che però ha il vantaggio dell'essere disomogeneo, non tedia l'ascoltatore e, nel bene o nel male, sa stupire. E' suonato discretamente bene con il solo cantato un po monocorde e, spesso, data la timbrica particolarmente pulita, troppo distante dal contesto della canzone. Vi sconsiglio di acquistarlo, viste le valutazioni, ma, se doveste avere tra le vostre conoscenze qualcuno in possesso di questo reperto archeologico, qualche minuto investitelo ed auscultatelo... è strano, molto strano... Valutazione: 200 euro Stefano Manzone

VENDETTA "Search in the Darkness" Ep (1986) No, non sono i thrasher tedeschi (autori di due bei dischi sotto la Noise Records sul finire degli'80), questo quartetto è di origini finlandesi, Helsinki, per essere precisi. Nati nel 1982 come "Varaus", un gruppo punk/hard core, verso la metà del 1985 decidono di sana pianta di passare al metal e, dopo alcuni aggiustamenti all'interno del gruppo danno alle stampe questo Ep storico. E' infatti il primo disco di speed metal nella terra di madre Nokia. Il risultato è sicuramente acerbo ma,non per questo, disprezzabile in toto, anzi... La opener track "No Future, No Past", dal titolo vagamente collegato al loro passato, ce li mostra come una specie di cloni dei Motorhead con una voce tra il sempre roco Lemmy e lo strillone dai toni bassi Gerre (Tankard), un brano senza capo ne coda da dimenticare immediatamente. La seguente "Shake Your Brains" incomincia ad assomigliare ad una canzone degna di rispetto, un paio di stacchi con abbinati cambi di tempo ed un discreto assolo, sempre però soggiogata alla voce gutturale e poco modulata di Timppa (che ricopre anche il ruolo di


LP Hunter - A cura di Stefano Manzone chitarrista). La registrazione, probabilmente avvenuta in qualche grotta, è penosamente dilettantesca, l'eco è talvolta insopportabile, tutto rimbomba ed anche il piatto del mio stereo denuncia sinistri scricchiolii dovuti alle vibrazioni ma, stoicamente, proseguo nell'ascolto. Girato il vinile sul secondo lato scopro, con immenso stupore, che il centro del ring in cartone non è scritto ma vi è raffigurata una dolce fanciulla ed indovinate un po a che punto del suo corpo ignudo corrisponde il foro? Esatto! L'idea è quantomeno originale e, perchè no, anche visivamente apprezzabile. Tempo di pensare ai miei ormoni ormai spenti a causa dell'incedere del tempo ed ecco che "Search in the Darkness" mi stupisce iniziando con uno splendido giro di chitarra e, anche se costruita a velocità inferiore alle precedenti, suona proprio come una metal song con tanto di intrecci chitarristici che donano un'armonia ed un senso di compiutezza assente sul primo lato. La conclusiva "The Dead End" è sicuramente la più bella del quartetto di brani ivi proposti, una sfuriata di basso in apertura, una velocità apprezzabile, un accurato ritornello, uno stacco basso/batteria e veloci ed incazzati fino alla fine. Sembrerà una panzana da osteria ma, nel loro piccolo, queste quattro canzoni che non ricorda nessuno, fanno capire quella che è stata l'evoluzione del punk ed il suo incrocio con l'heavy metal. provate ad ascoltare i brani nell'esatta sequenza in cui sono registrati e sappiatemi dire. In conclusione, come mia abitudine di malsano collezionista, tendo ad illustrare la reperibilità del disco censito. Detto chiaro e tondo: ho sputato sangue per trovare questo vinile ed immagino che la tiratura iniziale sia stata assolutamente risibile. Nel 2006 "Search in the Darkness" è stato ristampato su CD con diversa copertina (una foto della band in primo piano ed il logo parzialmente rivisto ed inclinato) ad opera della King Foo Entertainment in poche centinaia di copie (dovrebbero essere 300 ma non ne sono sicuro al 100%) e, cosa importantissima, è stato rimasterizzato! Il disco è una pietra miliare per i metalloni finlandesi per noi, il possedere questo Ep è sicuramente un optional ma, vi assicuro che nel mio vasto scaffalone ci sono cose ben peggiori. Non indispensabile ma ascoltabile, tanto per accrescere il proprio bagaglio di cultura metal. Valutazione: 80/120 euro Stefano Manzone

MYSTO DYSTO "The Rules Have Been Disturbed" Lp (1986) Conosciuti in futuro come Mandator, gli olandesi Mysto Dysto furono autori di un unico vinile che, nel tempo è diventato molto ma molto raro, essendo stato stampato solo in duecento copie vendute esclusivamente ai concerti. Il bello è che questo pezzo di plastica nero è, a buon diritto, da considerarsi un album seminale per l'allora nascente movimento thrash nonchè un ottimo lavoro a prescindere da tutte le altre considerazioni. "Power of the Law" apre le danze e... mena di brutto, gran velocità mista ad un'ottima tecnica, per l'epoca, otti mo, anche se un pelo lunghetto, l'assolo. Il cantato, già, il cantato. Il nostro caro Peter Meijering ha una buona voce che modula e dosa anche con sapienza, pur succube del retaggio lasciatogli dalla Nwobhm. Fin qui sembrerebbe tutto ok. Il problema è che, all'epoca, il nostro, doveva aver sentito a dosi massicce i due demo ed il primo (mitico!) Lp degli Agent Steel, innamorandosi perdutamente di John Cyriis. Il risultato è un continuo acutizzare le parole finali delle strofe e, peggio ancora, abusare di un falsetto tipo tacchino castrato. Detto questo, non mi soffermerò a descrivere oltre questa che, a mio mo desto avviso, risulta essere l'unica pecca di un grandissimo disco. Brani come "Tarantula", "Atilla the Destructor" sono delle mazzate, prepotenti ed insolite per il periodo storico. "Confused" cui va perdonato l'iniziale effetto tipo organo Bontempi e tutta un'accelerazione e stacco, "Indenter" con la sua martellante doppia cassa risulta antesignana di molte altre killer song che giungieranno da li a poco dalla confinante Germania. "Full Speed to Hell" ha nell'attacco delle chitarre un che di veramente geniale ed omicida, l'aria, durante l'ascolto nel mio "bunker" viene tagliata a colpi d'ascia ed l'intrecciarsi continuo delle due chitarre è sublime. Che disco!!! Peccato che, quantomeno in fase di registrazione, nessuno abbia avuto il coraggio di mettere un tappo in ... bocca a Peter alfine di impedirgli quei continui ed alienanti acuti. Gli otto pezzi sono anche di una rispettabile lunghezza, il vinile passa abbondantemente i 40 minuti, cosa molto rara all'epoca. Nonostante ciò è ancora fresco ed assaporabile ai tempi nostri. Curiosità finale: l'orrido monicker è stato adottato, sembrerebbe, copiando il nome di un pedale utilizzato per le grancasse dell'epoca. Questo storico ed importantissimo "The Rules Have Been Disturbed" è stato, fortunatamente, ristampato in analogico nel 2006 dalla Rusty Cage Records nella collana "Dutch Metal Cult Series", con un po di fortuna si dovrebbe trovare a modici prezzi. Fossi in voi cercherei di accaparrarmelo. Per la versione in vinile... beh è più facile che Monica Bellucci mi suoni il campanello di casa... Chiudo qui la recensione facendo un applauso con inchino a questi quattro tulipanotti (in seguito diventati poi cinque con l'inizio dei Mandator). Vi debbo saluta re perchè una certa Monica mi ha appena citofonato. Bohhh chissà chi

cazzo è.... Valutazione: 250/300 euro Stefano Manzone POSEIDON "The Final Gate" Ep (1987) Con un venticello ed un riff tagliente come ne ho sentiti pochi, i Poseidon ci introducono all'esplorazione musicale di "B.T.S.O.G.H.", il brano d'apertura di questo ep di tre pezzi. Questo quartetto, manco a dirlo, di crucchi, erano originari di Biberach (ad una manciata di chilometri dalla Svizzera). La musica propostaci è un thrash di vecchia scuola, irto di stacchi, rallentamenti ed improvvise quanto fulminee ripartenze. Quando viaggiano a tutta velocità sono paragonabili ai Kreator di "Pleasure to Kill" ma con un senso melodico molto più accentuato. Il pezzo non è male, sicuramente, e non è poca cosa, non è banale ed il loro sound ha quel qualcosa di differente che riesce nell'impresa di renderli riconoscibili all'interno del panorama di centinaia (o forse migliaia...) di band dell'epoca. mi sento solo di criticare, ma è poca cosa, l'urletto, a circa metà brano nel quale il nostro Konde (il nick di colui che si addanna dietro il microfono) poteva sicuramente fare meglio. Sulla side b ci imbattiamo in "Freedom of Thought" (dopo una breve introduzione in lingua madre), una song piuttosto anomala dalla difficile descrizione. Potrei considerarla un midtempo ma sempre restando in ambito strettamente thrash. Il chitarrista affetta letteralmente l'aria ed il suo assolo è pregevole e ben strutturato, il coro è bellino e la voce "Petrozziana" graffia il giusto. Niente di epocale ma il pezzo convince pur non rientrando a tutto tondo nei clichè dell'epoca. "Violence" chiude il loro lavoro. il brano è più semplice, senza troppe alchimie, tutto incentrato sul refrain e sull'assolo. Perfetti e cattivi entrambi, quel che serve. A fine pezzo hanno registrato uno scroscio di applausi, i tedeschi hanno veramente un gusto tutto loro... A parte questa piccola "ingenuità", che mi sento di perdonargli abbondantemente, posso dirvi che "The Final Gate" non è nulla di trascendentale, a me piace. Il suono è grezzo, tipica mente anni '80, la registrazione un po casalinga ed assolutamente perfettibile, ma, con l'orecchio volto al thrash che fu, penso sia ingiusto dimenti care questo Ep e sono contento che qualcuno possa riscoprirlo magari proprio con questa recensione. Peccato che vi siano solo tre pezzi che, seppur validi, sono davvero pochini. Mai vista circolare una copia in cd e neppure una ristampa\raccolta ecc... Penso esista solo il plasticoso vinile che, al solito, non è facilissimo da reperire. Valutazione: 50/100 Stefano Manzone GLADIATOR "Designation" Lp (1992) Rarissimo? No, raro. Bello? No, bellissimo!!! Tutto vero ma ad una condizione ben precisa e ferrea: "Beneath the Remains" e "Arise" dei Sepultura debbono, nel vostro cuore, essere considerati due capolavori assoluti. Questi otto pezzi (più intro) sembrano infatti eseguiti a totale immagine e somiglianza del più grande gruppo carioca mai esistito, in grado, ai tempi, di cambiare il corso di un certo sottogenere del metal chiamato thrash... Dopo una intro ridotta ai minimi termini è con "Profitable Losses", che facciamo la conoscenza del sound degli slovacchi Gladiator, attivi, per quanto a mia conoscenza, ancora oggi. La prima volta che li ho sentiti rimasi fermo ed immobile, come una pietra. Basito in quanto le mie orecchie stavano percependo la copia carbone in musica dei grandi fratelli Cavalera, stessa timbrica, stessi suoni, stesso approccio devastante ma mai cieco e fine a se stesso, assolutamente identici. Questo primo brano ne è la riprova, ascoltatelo e sappiatemi dire (tra l'altro avevano girato anche un video promozionale di questa song, facilmente fruibile su YouTube). Anche la chiusura pezzo è spiaccicata a quella che termina "Arise" (la canzone). Si continua con "Bastard Death", stessa solfa, un thrash death martellante e preciso. E' stupendo poter riascoltare queste sonorità ormai scomparse, quell'immediatezza di suoni che, colpa anche della tecnologia sempre più pressante (e stressante), sembrano scomparsi eppure erano così fottutamente speciali, avevano quel lato selvaggio, quella "facilità" d'ascolto che non si riesce più a trovare in nessuna produzione moderna. Anche in "Mortal Glare" gli intrecci di chitarra sono in primo piano come il forsennato drumming, mai confusionario e capace di dirigere con maestria il muro di violenza senza perderne mai il controllo. La situazione non cambia girando il platter sulla bside. "Sorrow" colpisce duro mentre la successiva "Morbid Murdering" è un po più ragionata e misteriosa, con una parte iperveloce avvitata all'interno di un'efficace mid tempo. Partiture, a volte, piuttosto intricate quanto efficaci e letali. "Bloody Property" rappresenta un altro manifesto della loro violenza senza confini, stacchi, un cantato rabbioso e tanto sudore dietro le pelli con il poster dei quattro di Sau Paulo do Brasil sempre davanti agli occhi, giustamente. Chiude le ostilità "Stinking Masses" che nulla aggiunge a quanto sinora detto ma giustifica un bel nove virtuale a questo lavoro cui non riesco a trovare alcun difetto. Siccome è stato sfinente il lavoro di ricerca ed acquisto di codesta opera in


LP Hunter - A cura di Stefano Manzone vinile, non mi sono stressato troppo nel verificare l'esistenza della stessa su supporto digitale. Sicuramente è invece disponibile su cd (ma non riesco a capire se esista su vinile...) il seguito, uscito l'anno seguente dal titolo "Made of Pain" che prosegue sulla stessa condotta sonora. Per me questo vinile vale oro, bello, bello, bello!!! Valutazione: 80/120 euro Stefano Manzone

HELLER "Heller" Lp (1989) Con questo disco, volenti o nolenti, dobbiamo fare i conti con la storia. Infatti, anche se all'epoca era ancora Yugoslavia, questa è indubbiamente la prima uscita di thrash made in Serbia. Questo quintetto, proveniente da Belgrado, ci propone un lavoro molto compatto, feroce e sufficientemente accettabile, musicalmente, anche al giorno d'oggi. "Inferno" è il primo assaggio e non lascia adito a dubbi riguardo al loro messaggio musicale, una specie di "brutal thrash" sul tipo dei Darkness tedeschi, per meglio capirci. La successiva "Armageddon", nonostante una parte centrale più cadenzata, è votata alla furia cieca. Velocità ipersonica nel drumming e riff malsani sono la loro ricetta. In "Inverzija" la voce, a dire il vero un po punkeggiante, riesce a rendersi accettabile nonostante l'idioma a noi piuttosto ostico che entra nelle orecchie con un suono strano. Lo slavo, infatti, non è propriamente un linguaggio "sciolto", uno scoglio che si deve superare per apprezzare questa gemma. "Demonska Devojka" è un altro pezzo tritatutto, al limitar dell'hardcore ottantiano, nonostante l'impegno profuso nell'assolo. Certo, inutile negarlo, su questo vinile non sono presenti chissà quali virtuosismi e neppure brani che passeranno alla storia, un prodotto acerbo e piuttosto basilare. Esemplificativa in questo senso è anche l'ultima track del primo lato: "Grob Bez Dna". Si parte, dopo il classico uno due tre via, come dei cavalli imbizzarriti per poco più di due minuti che riportano alla mente la magia di "Train Raid" dei mai troppo celebrati Grinder tedeschi. "Dead or Alive" è l'abbraccio ipersonico che ci avvolge ad apertura del secondo lato, litri di sudore ed adrenalina. Un inaspettato arpeggio (che poteva venire meglio) ed entriamo in "Krvava Osveta" sempre con il vento nei capelli data la solita velocità d'esecu zione. Difficile aggiungere qualcosa data la compattezza di stile e la tendenza all'assomigliarsi dei pezzi nonostante, proprio su questo, è necessario un distinguo in quanto presente un ottimo intreccio di chitarre. La registrazione è piuttosto scabrosa e non aiuta di certo ad apprezzarne la genuinità. Saltando "Adam I Eva", la solita menata di pochi secondi, passiamo a "Varvarska Horda" ben sostenuta dal basso con un lieve ral lentamento si rivela ben composta e piuttosto varia. Fa rabbrividire solo il fonema usato. Neppure l'italiano risulta essere così terrificante nel metal. La penultima fatica è "Inkvizcija", sembra quasi che si riesca ad avere un midtempo con un costrutto un po più vario ed invece corre, anche lei, sui binari sin qui percorsi senza alcuna variante degna di nota. La titletrack "Heller" inizia con un allarmante chitarrismo di maideniana memoria e, visto che è un brano strumentale, le sei corde diventano, gio coforza, le regine del brano. La "bolgia" sonora che ne scaturisce sembra non aver freno ma lascia indubbiamente un segno positivo su questo prodotto, molto estremo per i tempi (ed i luoghi) in cui fu partorito. Per quel che riguarda le solite note collezionistiche posso dirvi che il disco, stampato in sole 200 copie, è rarissimo in quanto, non bastasse la risibile tiratura, molti di questi vinili si presume siano andati persi durante la maledetta guerra. Non essendo però ricercatissimo dai collezionisti, come tutto il materiale dell'est Europa, ha, tutto sommato, un prezzo "accettabile" tenuto conto dei presupposti di cui prima. Rimane il fatto che vederne una copia circolante è pressochè impossibile. Valutazione 150/200 euro Stefano Manzone BOOTLEGS "Same" Lp (1990) Bene... Iniziamo con il fare una domandina di geografia/storia musicale. Quanti gruppi di metal ha sfornato la "terra dei ghiacci" (o Islanda che dir si voglia) negli '80, riusciti nell'impresa di raggiungere la stampa sul nero vinile, quando il morbo del metal si diffuse a macchia d'olio su tutto il globo? La risposta, per quel che ne so, ma accetto ben volentieri smentite, è tre band per un totale di quattro dischi. Ho escluso gruppi hard rock oriented come i Prumuvagninn perchè di metal voglio parlare, non di prog o altre varianti al tema. Oltre a questi Bootlegs, fautori di un'altra uscita l'anno precedente ("W.C. Monster"), vi sono i "famosi" Drysill ed i blasfemi Flames Of Hell (autori di un disco impossibile, "Fire and Steel" che non ho mai visto circolare "originale" in nessuna asta o sito di metal-pusher, si trovano solo copie pirata sia in vinile che cd). Provenienti dalla capitale, i nostri cinque ghiaccioli sfornano questo lavoro

omonimo sul limitare del precipizio che di li a poco avrebbe risucchiato quasi tutte le bands di thrash metal "canonico" proponendosi con un lavoro onesto, ben registrato, e tragicamente autoprodotto e distribuito pressochè a mano... Pochissime le copie arrivate sul continente, forse qualche centinaio tra Germania e paesi nordici. Sicuramente anche il fatto che i te sti ed il cantato fossero in madrelingua non li ha aiutati molto. Peccato perchè questi dodici brani, di cui un paio sul minuto, o poco più, di durata, sono un valente esempio di speed/thrash prima maniera. Canzoni come "Oljoslega Stjornlaus", "Gamli Noi" sono veramente delle gemme, pulite, essenziali, veloci ed immediatamente amabili. "Vid Daudans Vyr" è un proto techno thrash, dalle partiture abbastanza intricate, stop & go improvvisi, bella davvero, a parte la chiusura blues che è uno schiaffone sul grugno. "Sod II" fa le veci di "Butt F**k" (contenuta sul seminale "The Plague" dei Nuclear Assault), praticamente la stessa cosa con lingua diversa, "Sein" ci bombarda con un basso tritatutto, "Mesti & Besti" dopo un inizio acustico ci morde le orecchie con le sue accelerazioni e gli splendidi assoli che si annodano tra loro in perfetta unione. "Augun" è divertente quanto borderline, un pezzo speed punk, strano ma gustosamente apprezzabile. "Eymd" con la sua ragguardevole velocità di crociera... Tutto è perfetto, anche la voce è, nello stile e nella timbrica, ben calata nella parte. D'accordo, c'è "Tippikal" che è un pezzo slegatissimo dagli altri essendo un R'n'R anni '50/'60 (penso ed immagino sia una cover ma non sono riuscito a venirne a capo...) e "Vogguvisa" che con una "R" iniziale, digrignata a denti stretti dal singer, alla "Rrrrrotten to the Core" (Overkill) scivola impalpabile nel suo minuto e trenta secondi di durata ma il disco è veramente ottimo e, se avete letto le altre mie recensioni, sapete che non sono propriamente un diplomatico. Le cose che penso le scrivo e questo disco, di cui ignoro possa esisterne una versione in supporto digitale, vale tanto. Il suo prezzo è esoso ma le "misteriose" vie del web permettono gli ascolti, buttateci un orecchio e sappiatemi dire. Ultima nota di colore riguarda la backcover dove la band non appare in foto ma i volti sono disegnati al di sopra dei rispettivi strumenti, idea non geniale ma quantomeno simpatica. Valutazione: 180 euro Stefano Manzone

CATALEPSY "Scream" Ep (1991) Oggi, nel mio eterno girovagare, ho deciso di ritornare in Finlandia per parlare di questo ipersconosciuto Ep di quattro pezzi ad opera di un trio proveniente da Mietoinen, piccola cittadina sparsa in mezzo alle fredde terre del nord. Iniziamo con la copertina. Realizzata in bianco e nero, rappresenta il famoso "Urlo" di Edvard Munch e, ci tengono a specificare i nostri nella backcover, per utilizzare questa beltà hanno avuto il permesso (da chi esattamente non è dato sapersi). L'idea potrebbe non essere malaccio, peccato che l'avessero già utilizzata, ma a colori, i Bitches Sin di "Invaders" cinque anni prima. Non mi sembra una colpa così immane. Il titolo dell'Ep in questione è quindi abbondantemente spiegato. Passiamo alla musica. "Scream" è l'opener track e mi colpisce immediatamente per il cantato identico, non simile, a Janne, pietra miliare dei connazionali e ben più famosi Stone. A parte questo "doppione" vocale la canzone si snoda attraverso uno strano costrutto, la batteria continua imperterrita nel suo speedeggiare a discrete velocità mentre la chitarra ogni quindici secondi si stoppa per poi riprendere come se niente fosse. A parte un inserto corale con un "Ahh, Ahh, Ahh" che mette i brividi e fa rivoltare la vescica è un buon pezzo. La frase conclusiva termina con un "... I Scream..." alla Anacrusis, per chi se li ricorda. Con un intreccio di chitarre si apre "A Winter's Tale", un midtempoad ampio respiro anch'esso caratterizzato dall'ugola del buon Petteri Eeva. Ribaltato il vinile ci si trova al cospetto di "In Weal and Woe". Un basso tuttofare ci martella sino al giungere di Tero-Petri Suovanen che con il suo riff riporta la loro musica la dove viene indicata dalle enciclope die del web, un power speed abbastanza fresco e poco noioso, personale e vivace. La rimanente "Autumn", sempre anticipata dal bassista non sposta l'ago della bilancia pur essendo molto più pesante ed a tratti forse un pò troppo doomy ed oscura per i miei gusti contadini. Il finale è stranamente molto Maiden con un vigoroso reprise ed un assolo importante. Da far notare anche la sua lunghezza inusuale per l'epoca. Supera infatti i sette minuti. Che posso aggiungere se non le solite note a margine per i collezionisti. Questo Ep 12" sembra essere stato stampato in 200 copie ed infatti la sua reperibilità è quasi pari a zero, praticamente impossibile da trovare. Il valore è però relativamente basso in quanto la band, resasi autrice di due 7", oltre a questo "Scream", si è inabissata nel nulla e sono davvero pochi quelli che possono dire di aver avuto sentore della loro presenza nella scena metal di fine '80/inizio '90. Mai visto circolare, in digitale, nulla che li riguardasse ma, come sempre, tutto può essere e posso anche sba gliarmi. Quotazione: 70/100 euro Stefano Manzone


Blast from the past - A cura di Pietro La Barbera PARADOX - Product Of Imagination Da Wurzburg (Germania) i Paradox,formazione capace di affascinare con l'ottimo debut album Product Of Imagination,disco la cui caratteristica principale è quella di irrorare il loro assalto Speed/Thrash con soluzioni Power che rendono l'ascolto meno monocorde.Dopo l'introduzione sinistra Opening Theme i nostri ci deliziano con le splendide trame dell'autocelebrativa Paradox e della seguente Death Screaming And Pain,quest'ultima uno dei vertici del disco,non esistono istanti deboli e la title-track non fà prigionieri.Dal breve strumentale Continuation Of Invasion si passa alla rabbiosa Mystery con un'interpretazione ferale del singer Charly Steinhauer,le successive Kill The Beast e Pray To The Godz Of Wrath racchiudono un comparto melodico di grande impatto che non lesina momenti granitici,la successiva Beyond Space è una bordata irresistibile e anticipa la brevissima Wotan II che chiude l'ascolto di un classico del Thrash teutonico da riscoprire ad ogni costo,il successivo Heresy è un altro capitolo pregevole ma le compo sizioni di questo disco restano il picco di questi piccoli eroi. Pietro La Barbera WATCHTOWER - Energetic Disassembly Le origini del Techno Thrash risiedono in questo disco che i texani Watchtower pubblicarono nel 1985,una complessa ragnatela di riff e cambi di tempo che nonostante non portò un vero riconoscimento alla band fù una lezione che molte formazioni più note appresero spingendo oltre le loro proposte,la voce potente e acuta di Jason McMaster,la chitarra creativa di Billy White e la sezione ritmica Keyser (basso)/Colaluca (batteria) esaltano l'ascolto del disco tra peripezie sorprendenti se ascoltate in riferimento al periodo,le influenze di Rush e King Crimson si fanno strada tra i vortici di Asylum e Meltdown,le intricate strutture di Tyrants In Distress, Argonne Forest (dalle molteplici influenze),la title-track e Social Fears,il caos regna sovrano in Violent Change e la conclusiva Cimmerian Shadows. Una riscoperta per un opera che nonostante una produzione piuttosto scialba offre un caleidoscopio di influenze che di lì a poco cambieranno le sorti compositive di un genere intero,ne sapeva qualcosa Chuck Shuldiner..... Pietro La Barbera

FLOTSAM AND JETSAM - Doomsday For The Deceiver Tra i dischi di culto degli anni d'oro del Thrash c'è sempre uno spazio per Doomsday For The Deceiver,album che segna l'esordio dei Flotsam And Jetsam,formazione ingiustamente ricordata "solo" per essere stata il trampolino di lancio del bassista Jason Newsteed verso i Metallica, i pregi della band invece sono tutti racchiusi nella loro proposta,un Power/Thrash fatto di tempi lunghi e strutture intricate in cui spicca la bella voce del singer Eric Knutson. Le chitarre taglienti dell'opener Hammerhead sono un esaltante biglietto da visita e la successiva Iron Tears è una composizione da antologia in cui la sezione ritmica mostra tutta la sua esplosiva forza,le trame dinamiche e gli ottimi spunti melodici spadroneggiano in Desecrator e Fade To Black prima della monumentale e splendida title-track,un pezzo da sgranare senza esitazioni,la successiva Metalshock non lesina partiture cupe e assoli esaltanti mentre la seguente She Took An Axe ci regala un ritmica possente ricca di cambi di tempo,la buona U.L.S.W. allenta per un attimo la pressione prima della devastante Der Fuhrer capace di mescolare partiture cupe ad esplosioni rabbiose,la conclusiva Flotzilla è un compendio strumentale ben riuscito di tutte le proprietà compositive della band, Doomsday For The Deceiver è semplicemente un gioiello da possedere e custodire con cura vicino ai grandi nomi dell'epopea d'oro della scena. Pietro La Barbera EVILDEAD - Annihilation Of Civilization Dopo un demo nel 1987 e un'EP nel 1988 gli Evildead arrivarono all'agognato fulllenght intitolato Annihilation Of Civilization,un disco pubblicato nel 1989 e che sà colpire il bersaglio grazie ad una forza d'impatto notevole e originale,i riff a doppia mandata e la ritmiche serratissime sono un susseguirsi di pugni in pieno volto! L'anticristianesimo e i malesseri sociali diventano lo sfondo di un'approccio violento quanto tecnicamente impeccabile,l'opener F.C.I./The Awakening accoglie in modo inquietante e ci trascina in una traccia velocissima impreziosita da un esemplare parte strumentale,con Annihilation Of Civilization le due asce duella -

no con la sezione ritmica distillando scenari apocalittici,la furia della successiva Living Good viene di tanto in tanto allentata da linee melodiche che evidenziano la pulizia vocale del singer Phil Flores ma le due asce non perdono tempo a rubare nuovamente la scena. Future Shock è un pezzo meno dinamico che non inficia le potenzialità del disco che infatti propone subito la spettacolare e minacciosa Holy Trials seguita dalla devastante ritmica della successiva Gone Shooting che sfiora i confini del Death.Parricide è un pezzo ricco di linee melodiche assortite che evidenziano la capacità degli Evildead di non essere mai ripetitivi o scontati,Unauthorized Exploitation è una scarica di violenza che colpisce per quanto sia diretta,la conclusiva B.O.H.I.C.A. è una scheggia impazzita che devasta l'ascoltatore già inerme! Annihilation Of Civilization è semplicemente un disco che ogni amante della vecchia scuola targata Bay Area deve possedere a ridosso dei grandi nomi,una grande capacità compositiva e una forza d'impatto che nulla ha da invidiare a formazioni ben più note,un disco che merita una riscoperta. Pietro La Barbera

DEFIANCE - Beyond Recognition I Defiance nonostante una qualità compositiva indubbia non hanno mai raccolto il giusto riconoscimento e se a tutto ciò aggiungiamo che la pubblicazione del loro album più maturo avvenne nel 1992 in piena ascesa Grunge è davvero probabile che i nostri abbiano un conto aperto con la sfortuna.Beyond Recognition è un album che contiene molte delle caratteristiche appartenenti alle formazioni più conosciute della Bay Area e ad un primo ascolto il paragone con i Testament non è poi così azzardato tanto che anche l'interpretazione vocale di Steev Esquivel esprime una timbrica non dissimile da Chuck Billy! L'ingresso nel nuovo decennio porta i nostri a irrorare le loro composizioni di nuove influenze,interessanti molti innesti derivati dal Prog Metal del periodo che danno un tocco di originalità a molti passaggi ritmici.L'introduzione in crescendo dell'opener “The Killing Floor” ci trascina immediatamente in una traccia che fonde mirabilmente un muro ritmico tipico dei Testament a cambi ritmici molto elaborati che orientano l'ascolto verso un Techno-Thrash sulle cui evoluzioni si stagliano assoli di elevato spessore. La successiva Step Back espone ulteriormente le potenzialità della sezione ritmica evolvendosi in strutture vorticose ricche di cambi di tempo,l'atmosfera cambia con Perfect Nothing, le linee melodiche arpeggiate introducono in un vortice che alterna sapientemente arpeggi a granitici stacchi che mettono in moto una macchina ritmica sempre molto pulita nella sua costruzione,il cantato di Esquivel esprime in questa traccia un maggiore dinamismo complessivo. Con No Compromise entriamo in una composizione figlia del nuovo decennio, la coppia d'asce Harrington/Adams è esaltante nelle sue scorribande,interessante la parte centrale con una ritmica che "profuma" Prog Metal sul quale vengono eseguiti gli assoli, Dead Silence torna a guardare al passato (e ai Testament...) e si segnala per le ottime scorribande soliste eseguite sulle sorprendenti evoluzioni ritmiche del batterista Matt Vander Ende e del basso chirurgico di Mike Kaufmann. “Inside Looking Out” è una traccia che esprime tutto il potenziale dei Defiance, ritmiche chirurgiche,riff a due chitarre, assoli esaltanti e un ottima interpretazione vocale,la successiva “The Chosen” è una possente track che mostra un approccio più ragionato ma non privo di carica,la sequenza di assoli è tra le migliori del disco. “Power Trip” sembra un pezzo dei Testament a tutti gli effetti ma risulta gradevole nel suo crescendo,la conclusiva “Promised Afterlife” è un pezzo che in apertura sà di Megadeth prima di divincolarsi in una serie tentacolare di riff e fraseggi tecnici molto ispirati. Beyond Recognition non è un capolavoro assoluto ma risulta essere un di sco meritevole di ascolto sia per l'elevato tasso tecnico dei musicisti sia per le ottime composizioni che pur essendo derivative soddisfano durante l'ascolto. Uno degli ultimi dischi Thrash prima della grande crisi. Pietro La Barbera


Jester Beast – The Infinite Jest Torna nuovamente a brillare d’una intensità raggiante la stella del firmamento dei Jester Beast, formazione storica torinese che, a ben vent'anni anni dal precedente lavoro in studio, il singolo “Serial Killer”, si ripresenta ancora una volta ai nastri di partenza con un nuovo lavoro, l'ep “Infinite Jest”, pubblicato dalla neonata Zapping records, che funge da viatico per il ritorno in grande stile di una formazione, pronta a rituffarsi a capofitto nella mischia, con la consapevolezza, questa si, che non tutto è andato veramente perso per sempre. Così, dopo aver assestato la line up ufficiale con l'ingresso in pianta stabile del bass player Piero Grassilli e del drummer Roby Vitari, proveniente degli storici Headcrasher, la formazione capitanata dal cantante Steo Zapp e dal chitarrista Cc Muzz, da sempre il fulcro attorno al quale ruota il songwriting del combo sabaudo, ci delizia con quattro estratti dal nuovo repertorio, riuscendo nel non facile compito di porre ancora una volta in netta evidenza la tenacia e la perseveranza di una compagine a cui solo la fortuna ha più volte girato le spalle. Certo, capire realmente dove la band voglia andare a parare con un ep, seppur di ottima fattura, è alquanto arduo, anche se gli elementi che scaturiscono da episodi come la viscerale “The ultimate pilgrimage” o della visionaria “Lost in space”, consunte al ritrovato equilibrio, e quella verve artistica che da sempre ha contraddistinto le principali mosse artistiche della band, non fanno altro che farci sperare in bene per il proseguo dell’avventura Jester Beast. Un breve assaggio interlocutorio che amplifica, dove possibile, la propensione hardcore da sempre in possesso di una formazione che, ancora una volta, ha dimostrato, più con i fatti che con le parole, d'essere in netto anticipo sui tempi.... Bentornati ragazzi!!! Beppe Diana

Exarsis – The Brutal State Conosciuti più che altro per essere l'altra band di Christos T. dei Suicide Angels, gli Exarsis del debutto “Under Destruction”, avevano lanciato dei segnali contrastanti attorno al proprio essere artistico, vuoi per difficoltà e contrattempi di pura natura organizzativa, vuoi per i scarsi risultati ottenuti da un album che, in definitiva, era risultato piuttosto “ordinario”. Ed invece... beh, invece il nuovo parto discografico “The brutal state”, non solo riesce a strappare un deal con la label teutonica MDD, ma arriva a compensare le lacune passate, ponendosi da ipotetico spartiacque, e questo grazie soprattutto ad una produzione che, in questa nuova occasione, riesce a bilanciare ogni singolo strumento, chitarre in primis che, in occasione del disco precedente, erano state relegate ad un ruolo quasi marginale e che, in quest'occasione, reggono da sole le strut ture compositive di un album che mette in netta evidenza le velleità artistiche di un combo sicuramente motivato, che si rende abile nel tessere contrappunti metallici che portano a galla dieci composizioni di un thrash metal si minimale, ma anche piuttosto persuasivo!! Un disco che viaggia su binari sicuri a velocità impressionanti, non una caduta di tono, ne un'indecisione mostrata dai nostri, solo mazzate fra capo e collo dall'inizio alla fine, per tre quarti d'ora scarsi di headbanding sfrenato, niente più, niente meno!! Beppe Diana

Nucleator . Home is were war is Impressionante!!! Il come back sulle scene dei Nucleator non fa prigionieri e colpisce duro assestando gancio e diretto in pieno volto!!! E non sorprende sapere che questi cinque loschi figuri hanno come base operativa la bassa Sassonia, da sempre fucina instancabile di giovani leve devote al versante più tagliente ed incisivo del metallo rovente per antonomasia, ed arrivano al disco di debutto dopo un ep, ripreso in toto su questo debutto ufficiale, che in qualche modo era servito da viatico per mettere nero su bianco le velleità belliche, ben evidenziate nel titolo, e

da un artwork più che indovinato!! Thrash metal sporco e grezzo, di tipica estrazione teutonica, naturalmente, ecco cosa ci propongono i Nucleator sulle dieci composizioni che fanno parte di “Home is where war is”, album imperniato attorno ad un versan te compositivo abbastanza lineare, costruito sul riffing nevrotico delle due asce, che puntano gran parte del proprio giocoforza proprio sull'impatto fisico, più che sulla tecnica fine a se stessa, disegnando veri e propri anfratti sonori claustrofobici, che ci riportano alla mente band del calibro di Sodom, Kreator e Destruction, grazie soprattutto al cantato greve e gutturale di un Dominick Nowatzek, sempre più calato nelle vesti di novello Mille Petroza. Brani come la belligerante opening track “Hours of war”, giocata su tempi medi, “Napalm”, veloce ed incalzante, la stessa title track o la selvaggia “Toxic breath”, veramente deleteria nel suo incedere old style, sono solo alcune delle perle di un disco destinato ad un target di ascoltatori più che esigente!! Da ascoltare e riascoltare.. Beppe Diana

Adrenicide – Bursting into decadence Dei veri e propri stacanovisti delle sette note, ecco chi sono in realtà gli Adrenicide, formazione che riesce a pubblicare dischi con una scadenza ed una regolarità che, a volte, ha proprio dell'impressionante. Beh, a dire tutta la verità, non sempre la quantità delle uscite discografiche, riesce poi a collimare con la qualità delle stesse, anche se la proposta musicale messa in gioco del quartetto albionico in questione, non richiede poi chissà quali peculiarità produttive, assestandosi attorno ad un crossover che, il più delle volte, sfocia su aperture di pura concezione thrash/speed metal. Semplice, grezzo e minimale, l'assetto compositivo attorno al quale ruotano queste nuove tredici composizioni, si abbevera come sempre alla fonte dell'eterna promiscuità metallica, arrivando a disegnare un ibrido sonoro fra reminiscenze che sanno di DRI, MOD e Suicidial Tendencies, solo per citare alcune delle muse ispiratrici di una formazione, che si prodiga al meglio delle proprie possibilità, cercando, a volte, di risultare anche credibile. Arroccati come sempre attorno alla figura, losca, del singer Nuno Evaristo, ancora una volta presente nella duplice veste di chitarrista/cantante, i nostri continuano imperterriti lungo un sentiero che, da tempo immemore, si è tramutato in una sorta di credo artistico, e se le critiche, a volte pesanti, degli addetti ai lavori, non lasciano più dubbi, l'affetto e la stima dello zoccolo duro dei die hard fan, che da sempre li segue, sembra invece premiare una perseveranza che, oramai, si protrae da almeno una decade. Possono piacere o meno... Beppe Diana

Atomizer – Unexpected Truth Ottimo senza remore il debutto discografico dei giovanissimi Atomizer che, nel loro primo step ufficiale, si rendono portabandiera di un suono che trova le proprie radici formative attorno ad un thrash metal d’impatto, ottimamente strutturato, e dalle tipiche cadenze crossover che, nell’arco di poco più di venti minuti, riesce comunque a mettere in risalto quelle che sono le qualità peculiari di una band che, in più occasioni, si dimostra veramente pronta per il grande pubblico. Una miscela esplosiva edificata attorno ad architetture armoniche dotate di un appiglio metallico d'alto retaggio tradizionalista, nel quale trovano spazio sia un certo humus primordiale, che un approccio tecnico/strumentale d’ottima fattura, elementi questi che, oltre a formare i perni focali dell’intero ep, si riescono ad insinuarsi fra le brume tempestose di brani della portata della sostenuta “The speed”, e dell’altrettanto persuasiva “Democracy”, ottimi esempi di thrash metal etereo e arrembante, contraddistinto da una pioggia di riff prettamente "in your face", con la voce del chitarrista Luca, a tessere le trame di un assalto sonoro all'arma bianca perpetrato con cinismo e convinzione, da un ensamble che conosce bene le sue qualità, ma anche i propri limiti. Il definitivo salto di qualità sembra davvero dietro l'angolo, la perseveranza, e la giovane età dei nostri, lasciano sperare per il meglio....continuate così!!! Beppe Diana


Blasfemador - A Meia Noite Levarei.... Blasfemador, letteralmente il bestemmiatore!!! Si, non lasciano trapelare il minimo imbarazzo questi quattro sinistri figuri basiliani, qui alle prese con un debutto giocato veramente sulla lunga distanza, focalizzato attorno ad una produzione nuda e cruda, proprio come la proposta musicale che trapela dai solchi delle dieci composizioni portate a galla in questa nuova occasione, che pongono in evidenza, non solo la passione smisurata per un suono grezzo e minimalista, ma anche una smisurata devozione per i così detti classici minori del genere horror, stupidamente definiti come B-movie, tanto che, sia il lavoro d'artwork, che il titolo del disco stesso, sono palesemente ispirati a certe pellicole da culto. Posto a metà strada fra roboanti porzioni speed metal e ripartenze che sanno di sanguinolento thrash old style, il suono attorno al quale si fortifica questo “A Meia Noite Levarei Tua Alma”, è quanto di più grezzo e visce rale mi sia capitato d'ascoltare negli ultimi mesi, non a caso ben tre dei quattro musicisti della band carioca in questione, sono legati a doppia mandata a sonorità black metal, tanto che il raffronto con formazioni più blasonate come Venom, Atmokraft e primi Tank, non mi sembra poi così azzardato. Certo, di strada da fare i nostri ne hanno ancora tanta, e tutta in salita, il cantato in lingua madre poi, non gioca a loro favore, anche se stilettate metalliche come l'ipersonica “Holocausto Canibal”, brutale e spietata come poche, lo speed tout court di “Destruição Total”, e l'heavy n'roll di classica estrazione NWOBHM di “O estirpador”, rappresentano ben più di un mattone sul quale edificare il proprio futuro. Se vi dovesse capitare sottomano, dategli un'ascoltata!!! Beppe Diana

Human Slaughter - Omonimo È un attacco all'arma bianca perpetrato con cinica violenza quello che gli Human Slaughter ci offrono sul loro disco d'esordio, non a caso la proposta musicale della quale si rendono artefici i quattro ellenici in questione, è una sorta di melange che raccoglie all'interno di un unico contenitore reminiscenze che arrivano in egual misura sia dal thrash metal più sporco e cupo, che da elementi vicini ad una concezione hardcore/punk primigenia, per un risultato finale ad alta gradazione metallica. La registrazione, volutamente low-fi, dei sette brani contenuti su questo debutto assoluto, aiuta in seconda battuta a fomentare, dove possibile, la spregiudicatezza di questa formazione che, com'è facile prevedere, punta gran parte del proprio giocoforza soprattutto sulla fisicità e sull'impatto, piuttosto che sulle atmosfere, sempre tese e pungenti, che si vengono a creare, sommergendo l'incauto ascoltatore sotto tonnellate e tonnellate di riff devoti al più deleterio pogo di massa. Politicamente schierati, a livello puramente lirico gli Human Salughter si fanno portavoce del disagio borghese che regna all'interno della classe media greca odierna, così se episodi come “Victim of ignorance” e “Questions and answears” rappresentano il giusto equilibrio fra attitudine sovversiva, rabbia repressa incanalata su un tessuto thrashcore, sono le deleterie “Don't thrust” prima, ma soprattutto la caotica “Loulou-le”, alla quale tocca chiudere il disco, ad affondare definitivamente il colpo nella piaga sociale ridondante di collera e dissapore. Solo per appassionati del genere!!! Beppe Diana Restless Breed – No walls can hold Disco retrospettiva anche per i Restless Breed, formazione seminale proveniente da Columbus, cittadina dall’Ohio, le cui vicissitudini vengono riportate agli onori della cronaca, grazie a questa raccolta antologica ad opera della mai doma StormSpell Records, atta a risaltare l’operato di una formazione che, carte alla mano, aveva veramente i numeri giusti per poter puntare in alto. Già, nonostante le difficoltà oggettive incontrate durante una carriera discografica breve ma intensa, vissuta a cavallo fra la fine degli anni ottanta, e l’inizio della decade successiva, pervasa da un’instabilità interna e da conseguenti stravolgimenti in seno alla line up ufficiale, con il solo screamer Dave Cowgill a tenere ben saldo il timone del vascello Restless Breed, i nostri dicevamo, seppero dare ampia dimostrazione di poter competere ad armi pari con le decine e decine di formazioni che si accalcavano sopra i

palchi più rinomati al di la dell’oceano, e questo grazie soprattutto ad un energico speed/thrash metal che, naturalmente, oltre a non rinnegare le proprie radici formative, sempre e comunque ben radicate in ambiti classici, abbinava con sagacia una discreta tecnica e un oculato senso compositivo Come detto, “No Walls Can Hold” è una collection antologica che raccoglie gran parte del amteriale edito dalla formazione oggetto oggi della nostra disquisizione riassuntiva, a partire dal full lenght demo omonimo, registrato dai nostri in cerca di contratto, che arriverà quando la band si era oramai separata da diversi mesi, con lo stesso vocalist audizionato per entrare a far parte degli Hollow’s Eve, lavoro questo che mostra quella matura zione alla quale la i cinque erano andati in contro, forti di una coesione tecnico/strumentale che portava ben impresso nel proprio gene artistico le stigmate del thrash metal tout court, al quale si aggiunge la demo di debutto “After the Holocaust” giocata su velocità più sostenute, fino a quella “Those That Never Were”, unico inedito ripreso da “All Did Fall”, i cui brani naturalmente, saranno ripresi sull’opera di debutto. Resa sonora più che dignitosa, i brani sono stati completamente rimaste rizzati, e booklet esaudiente come nella migliore delle tradizioni di casa StormSpell, completano il quadro di un omaggio sonoro da non sottovalutare!!! Beppe Diana Mesmerize - Paintropy Quello che non mi uccide mi fortifica!!! Quale frase migliore per salutare il come back sulle scene dei Mesmerize, arcigna fromazione meneghina, che torna a farsi sentire dopo un silenzio artistico che oramai si protraeva da diverso tempo, e lo fa con un album, il qui recensito Paintropy che, oltre a ribadire quanto di buono espresso sul precedente ep “One door away“, sancisce definitivamente la rinascita artistica di una delle migliori formazioni di casa nostra degli ultimi anni!! Un nuovo capitolo musicale che segna un’ulteriore evoluzione artistica, con una band che, in poco più di tre quarti d’ora a disposizione, cerca di scrollarsi di dosso le facili etichettature, pur rimanendo legata a doppio filo ad una tradizione classica di partenza, e che, grazie soprattutto al lavoro incessante delle due asce della cop pia formata da Piero Paravidino e Luca Belbruno, ottima tecnica abbinata ad uno straordinario gusto melodico, riesce ad edificare un wall of sound si criptico e a tratti magmatico, ma molto più diretto ed accessibile che in passato, dando segno di un’incredibile versatilità artistica. Una rabbia repressa incanalata all’interno di un tessuto compositivo che vive sui chiaroscuri di un heavy metal potente e quadrato, fatto di ritmiche serrate ed affilate come lame di rasoi, il tutto stemprato dalla grande verve canora di un Folco Orlandini veramente ispirato, che, naturalmente, si rivela ancora una volta il vero perno sul quale ruota il song writing del combo nostrano, quell’asso nella manica capace d’infondere il giusto appeal ad ognuna delle singole composizioni ivi presenti, così se “Monkey In Sunday Best” è l’esempio più lampante dei retaggi classici forgiati nel metallo più pesante ed incandescente, caratterizzato da fiammanti accelerazioni in doppia cassa, le telluriche ”It Happened Tomorrow” prima, e“2.0.3.6” poi, fortificano, dove possibile, le incursioni heavy/thrash metal di partenza, riuscendo a disegnare un ipotetico trait d’union che va dai vecchi Overkill, fino alle propensioni sonore di certi Metal Church/Vicious Rumors, mentre “One way door”, con le sue atmosfere cangianti, mitiga l’attacco frontale perpetrato con cinica violenza sonora, con delle aperture progressive e dei giri armonici, che rendono la proposta musicale dei cinque sicuramente più ricca ed affascinante. Una pausa riflessiva dunque, che è servita ai nostri sia per ricaricarsi in vista di una nuova avventura che, dati alla mano, potrebbe seriamente allontanare il quintetto dall’agognato limbo di cult band, e catapultarli definitivamente nell’olimpo dei nomi che contano, sia per recuperare in qualche maniera le proprie radici musicali ed artistiche, oggi ancorate, ancor più che in passato, a stilemi classic metal di tipica estrazione ottantiana. Beppe Diana

Warchest - Aftershock Cile. Si, la carta d'identità dei Warchest parla chiaro, anche se, nonostante la provenienza geografica, la formazione di stanza in quel di Santiago, fa di tutto per sviare l'incauto ascoltatore, rendendosi portabandiera di un thrash metal dotato di tipiche cadenze statunitensi, arrivando ad incastonare le tessere di un mosaico variopinto che vive e si alimenta attorno ad aperture melodiche, ricche di atmosfere tecnicamente ineccepibili, che il più delle volte si contrappongono, ed in maniera vigorosa, a soluzioni musicali più corpose e ricche di quel groove annichilente e deleterio, nel quale le due asce presenti in formazione, naturalmente, riescono a snocciolare una manciata di riff devoti al più scatenato pogo di massa. Unica pecca il


cantato, a volte davvero monocorde del singer, qui presente nelle duplice vesti di chitarrista che, comunque, si cala alla perfezione nel contesto musicale che si viene a creare. La produzione pulita, pure troppo, risalta dove possibile le qualità peculiari del quartetto in questione, che si prodiga al meglio delle proprie possibilità, tanto che episodi ricchi di fascino arcano come la stilettata metallica “Contraddisction”, ricca di stop and go, l'up tempo “Mental masses”, la stessa title track o la più corrosiva “Army of revolution”, con le sue tipiche assonanze hardcore, potrebbero fare la felicità degli amanti di formazioni del calibro di Exodus, Anthrax e Suicidial Tendencies. Detto che, dopo qualche mese dall'uscita ufficiale del disco, la band è sta ta totalmente rivoluzionata, con il solo JT García a tenere alto il vessillo del vascello Warchest, non ci rimane che attendere nuove mosse da parte di una band che, se saprà mantenere fede a quanto di buono proposto in quest'occasione, potrebbe togliersi qualche piccola soddisfzione. Beppe Diana

Eruption - Tenses Collide Autori di un album di debutto che, nonostante una promozione inesistente, era riuscito a lanciare il nome della band in ambito puramente underground, gli sloveni Eruprion erano attesi al varco da parte di molti afecionados di certe sonorità taglienti e spigolose, nel tentativo di per poter verificare con mano se, le buone impressioni fatte registrare con il precedente "Lifless Paradise", corrispondevano a realtà o meno. E se è vero che il secondo album di una band mostra la sua vera inclinazione artistica, possiamo asserire con tutta franchezza che, con il nuovo “Tenses Collide”, i nostri sono riusciti, nel giro di pochi mesi, e con i giusti innesti in seno alla line up uf ficiale, ad impostare una proposta musicale che si è fatta sicuramente più matura, razionale, e tecnicamente ineccepibile che in passato. Magari i cinque non proporranno niente di nuovo o di realmente stupefacente, ma quello che suonano, ovvero un thrash metal classico sia nell'impostazione che nell'esecuzione, piace, e parecchio, e ci riporta indietro nel tempo, grazie alle sue cadenze tipiche di dischi immortali del genere preso in esame dai nostri, tanto che brani come la coriacea opener “Fractured”, dai ritmi frenetici, l'ossessiva “Last transmission”, contraddistinta da atmosfere quasi smorzate, o l'incalzante “The forlorn” contraddistinta da un ottimo guitar riffing, da sole valgono davvero il prezzo del disco!! Da avere. Beppe Diana

Moral Crusade – An Act of Violence Certo che suonare in una giovane band devota anima e cuore ad un thrash metal ben concepito, ma piuttosto derivativo, nel vecchio continente a cavallo fra la fine degli anni ’80 e i primi del ’90, non doveva essere una cosa facile, vuoi perché la concorrenza fra formazioni minori era talmente agguerrita e spietata da non consentire repliche alle cadute di tono, vuoi per la presenza di autentiche big band che, a livello quantitativo che qualitativo, riuscivano veramente a fare il vuoto intorno. Un confronto arduo al quale dovettero cedere decine e decine di giovani compagini, fra le quali si inseriscono pure i Moral Crusade di cui ci an dremmo ad occupare in questa recensione i quali, ra l’altro, dovevano fare i conti con il pregiudizio dei metalhead dell’epoca, poiché provenivano dall’Irlanda, non proprio la nazione più rinomata in campo thrash metal ed affini. E a rendere giustizia a questa misconosciuta entità britannica, ci pensa la Slaney Records, in collaborazione con l’altra indipendente Boss Tuneage Records, grazie ad un esaustivo cd nel quale si celano tutte, ma proprio tutte, le fasi salienti della carriera discografica della band, dalla sua prima demo del 1988 ‘Immoral Condition’, presente come bonus, sino all’ultima release della band targata 1990, ovvero il full lenght album “An act of vio lence”, vero e proprio epitaffio sonoro della band. Certo, la qualità sonora di questa reprise, lascia un tantino a desiderare, anche se, musicalmente parlando la predisposizione “raw and in your face” del compatto compositivo del quartetto è tale da farne aumentare la carica dirompente ed esplosiva, e a rinverdire la passione per il thrash metal giocato su cadenze tipicamente hardcore, su episodi come “The end” e “No mercy”, volutamente più classico e tecnico, come nel caso di “Streetwise” o “Hate War”, entrambe legate a schemi e congetture bay

area. Detto che il cd è in tiratura, non ci rimane che approvare senza remore al cuna operazioni di questa portata, anche perché forse i Moral Crusade non saranno stati degli innovatori assoluti, ma avrebbero sicuramente meritato più considerazione, questo è certo. Beppe “HM” Diana

Riffobia – Laws of devastation Passione e sola passione, ecco l’elemento primario che scaturisce ascoltando gli ellenici Riffobia che, dopo una pausa di ben otto anni, tanti ne sono passati dalla precedente fatica in studio, sono riusciti finalmente ad arrivare al debutto sulla lunga distanza, e questo grazie alla collaborazione sinergica che unisce le due label indipendenti Secret Port records, si, sono ancora attivi, e l’intraprendente Athens Thrash Attack, che hanno reso disponibile, per il mercato del vecchio continente, questo parto primigenio. E “Laws of devastation”, questo il titolo scelto dai nostri per il grande pas so, è in definitiva un lavoro che riprendete in toto gli stilemi compositivi tipici del thrash metal bay area, e li condensa all’interno di otto tenaci composizioni per poco più di trenta minuti scarsi di durata, per un risultatp fi nale che, seppur vivendo di luce riflessa, e come potrebbe essere il contrario, piace proprio per questa sua ingenua semplicità di fondo. Ok, sicuramente non siamo difronte ad un non un vero e proprio masterpiece, ma nonostante tutto, il disco si lascia ascoltare con piacere, e que sto grazie soprattutto alla tenacia e al lavoro incessante di una formazione che riesce ad imbastire con dovizia ottime strutture armoniche e ritmi ser rati, che portano alla luce composizioni dotati di una verve strumentale più che soddisfacente, proprio come nel caso della guizzante opening track “War Machine”, il mid tempo “Remnants of Faith”, o la più sostenuta “L.T.A.T.”, le quali abbinano una certa spigliatezza compositiva, buona padronanza tecnica e un innato senso melodico. Ottima la produzione, zero inventiva e tutta sostanza, niente di più, niente di meno!!!! Beppe “HM” Diana

Shrine of Suffering - Omonimo Dai riprovaci ancora Dave!!! Si, gli Shrine Suffering sono la nuova band portata avanti con passione, e dedizione, dal granitico frontman Dave Cowgill, singer con un trascorso artistico di tutto rispetto, speso nelle fila di formazioni minori come Acid Black, ma soprattutto Restless Breed, recensiti proprio su queste pagine, che, per questa sua nuova creatura artistica, si è lasciato circondare dall'affetto, ma soprattutto dalla sagacia artistica, di alcuni strumentisti provenienti dall'area geografica della sua Columbus, in una sorta di comunione d'intendi che, per fortuna, ha dato luogo ad una line up ufficiale con i giusti attributi che, da quanto potuto appurare con mano, possiede nel proprio DNA artistico, le giuste potenzialità per poter fare bene sulla lunga distanza. E nelle due demo fatteci pervenire in redazione, la band statunitense si rende artefice di un heavy metal tetragono, abbastanza oscuro e cadenzato, che trova le proprie radici formative attorno ad un corposo groove me tallico nel quale, le influenze thrash old school, sono comunque ben evidenziate. Certo, il primo raffronto che viene alla mente ascoltando la componente musicale portata avanti della band, è quella con i ben più celebri, ed osannati, Nevermore, e questo sia per l'indovinata miscela sonora dei nostri, ma soprattutto per l'inclinazione canora di un Dave Cowgill che, in questa nuova occasione, si adagia attorno ad un range canoro molto più baritonale, e teatrale, che in passato. Otto mini sinfonie metalliche edificate attorno ad inquietanti stacchi e dissonanze di impenetrabili, caratterizzati da oniriche esplosioni elettriche che si contraddistinguono per il perfetto controllo delle ritmiche, fra dinamiche, arpeggi inquietanti, ed aperture progressive che caratterizzano episodi come l'inquietante “Forsaken”, sei minuti di pura estasi in musica, o il crescendo inarrestabile di “False Martyr”, vera e propria galoppata metallica, ricca di trame intricate imperniata attorno a linee vocali assassine, assoli vorticosi e parti di batteria in continua evoluzione. Band da tenere in assoluta considerazione... Beppe Diana


Lich King – Born of the bomb Weapons of mass destruction!!! Una vera e propria macchina da guerra, un assalto sonoro perpetrato con cinica violenza, sta ancora una volta alla base del manifesto musicale degli statunitensi Lich King, qui al come back ufficiale dopo l’interlocutorio “8-bit Retro Thrash”, sorta di joke album che era servito più che altro a portare a compimento il rimpasto all’interno della propria line up ufficiale, con l’ingresso di ben due nuovi adepti, devoti ad un credo artistico forgiato ancora una volta attorno a reminiscenze che conducono sempre e comunque verso lidi compositivi vicini ad una certa bay area per antonomasia. Cambiano gli interpreti, ma non di certo lo scopo finale della band, che è sempre e comunque quello di rinverdire la passione per certe sonorità spigolose che stanno a metà strada fra uno stagionato thrash metal d’annata, sorretto da una certa propensione tipicamente hardcore, che ci riconduce alla sacra triade formata da Slayer, Exodus e S.O.D. Tecnica strumentale, velocità d’esecuzione, zero inventiva, tutta sostanza, sta nascosta dietro a queste poche parole la riuscita del nuovo parto discografico di casa Lich King, e se come detto, i nostri non saranno certa mente degli innovatori, riescono pur sempre a mettere in evidenza una maturità artistica figlia putativa di quella presa di coscienza, che li ha por tati ancora una volta ad imbarcarsi in un estenuante trip sonoro di dieci tappe, ottima anche la reprise della cover “Agent Steel” dell’omonima band, e se a tutto questo si aggiunge una produzione finalmente degna delle aspettative, si ha il quadro definitivo di un come back perfetto sotto ogni punto di vista. Le dissonanze claustrofobiche di “We came to conquer” da una parte, contraddistinta da liriche pregne di un humus ludico straordinario, e quelle più classiche e deleterie di “Agnosticism” dall’altra, potrebbero valere da sole il prezzo del biglietto legato a “Born of the bomb”. Lich King: impareggiabili!!! Beppe Diana Contorted – Clinically Denied Nuova fatica discografica anche per gli americani Contorted, formazione che ritorna a farsi sentire andando a colmare una lacuna spazio/temporale durata anche troppo, un periodo nel quale, comunque, ascoltando dietro le trame di questo nuovo album, il quintetto con base operativo a Tampa, non è rimasto completamente inattivo, portando a termine quell’evoluzione sonora che si protrae addirittura dalla fine degli anni novanta, e che, purtroppo, in quasi quindici anni di onorata carriera, ha portato alla pubblicazione di appena tre release ufficiali. Si, non si può di certo asserire che la prolificità sia una delle componenti caratteristiche della formazione guidata dall’enigmatico chitarrista Peter Sykes e del drummer Jim Coker, da sempre instancabile motore composi tivo della compagine, che, dopo lo split dei concittadini Brutality, decidono nuovamente di riesumare il monicker della storica band, arrivando ad infoltire la line up ufficiale, grazie ad un manipolo di ottimi comprimari. Proprio come in passato, il genere portato avanti con ostinazione dai no stri, è un death metal vecchio stile che, naturalmente, vede come fonti d’ispirazione mostri sacri del calibro di Morbid Angel, Immolation, Malevolent Creation e Cannibal Corpse, anche perché la tecnica strumentale, così come la creatività compositiva, messe in gioco dalla band in questo nuovo capitolo discografico, sono ben evidenti, e portano in dote composizioni di prim’ordine come ad esempio “Death Rides”, caratterizzata da ottimi fraseggi dal vago sentore classico, la più sostenuta “Hate and scorned”, brutale e selvaggia, o la stessa title track dinamica ed avvolgente quanto basta, con una band che macina senza tregua ferocia e potenza!!! Zero innovazioni, tutta sostanza, prendere o lasciare!! Beppe Diana Nuclear - Apatrida Idolatrati nel loro paese d’origine come delle autentiche star, sicuramente fra le formazioni più apprezzate della scena sud americana, fra i pochi ad essere entrati a far parte del rooster della Metal Blade americana, nonostante tutto i cileni Nuclear, non riescono a staccarsi di dosso quell’etichetta di eterna promessa che si portano dietro da sempre, vale a dire dal 1996, ovvero dai tempi della prima reincarnazione della band a nome Escoria, i quali proponevano un repertorio incentrato quasi esclusivamente

su composizioni in lingua madre. Ed il nuovo ep “Apatrida”, che vede l’ingresso ufficiale in line up del nuovo bass player Roberto Soto proveniente dagli UDK, è una sorta di mini concept album che si staglia contro il governo del loro paese, la cover artwork con il presidente maximo Augusto Pinochet parla chiaro, arriva dicevamo, a ben due anni dal precedente “Jehovirus” album che, a ben vedere, aveva amplificato le qualità artistiche del combo sud americano che, ancora una volta, si rende artefice di un thrash metal ibrido e dall’impatto assicu rato, giocato attorno ad accelerazioni ed accenti hardcore tipici di band come Sepultura e soprattutto Slayer, che rappresentano ancora una volta delle vere e proprie muse ispiratrici. Cinque brani, fra i quali trova spazio pure la cover rivisitata di “Chaos is my life” dei punks Exploited, che, pur peccando di scarsa originalità, sicuramente non sarà una delle priorità principali dei nostri, riescono a focalizzare la determinazione e l’intensità di un manipolo di musicisti che riesce a tracciare un immaginario apocalittico nel quale corruzione, concussione ed abusi di potere la fanno da padrona, il tutto corroborato attorno a riffing serrati, sezione ritmica spaccaossa e vocals aspre e lancinanti, che formano da sempre il tipico trade mark dei cileni in questione!!! Un’ottima anticipazione in attesa del full lenght album… Beppe Diana

Plague Angels - Reign In Terror Si confermano ancora una volta come una delle formazioni nostrane più prolifiche degli ultimi anni i mantovani Plague Angels, infatti, nonostante una giovane carriera artistica, i quattro possono contare su di una nutrita discografia, ben due ep ed una demo, ai quali fa da eco il debutto sulla lunga distanza “Reign of Terror” che, come nella migliore delle tradizioni, riprende alcune di quelle composizioni, e le ammanta di elementi riconducibili ad una certa corrente old style per antonomasia. Violenza, cinismo e determinazione, quanta determinazione si cela dietro queste nove schegge impazzite, con una band che si immola ancora una volta sull'altare del thrash metal di tipica impostazione classica, irrobustito da sapienti divagazioni in territori più estremi, in una miscela esplosiva che ci regala ben trentadue minuti di puro assalto metallico e di sano e sfrenato headbanding. Partiture armoniche dotate di un appiglio metallico, nel quale trovano spazio sia un humus primordiale, nonchè un certo approccio tecnico, sono questi gli elementi che fanno di brani come la deleteria opening track "Operation Rolling Thunder " o dell'auto celebrativa "Plague Angels", due ottimi esempi di thrash metal arrembante ed irriverente, contraddistinto da una pioggia di riff e solos vorticosi prettamente in your face, con la voce del buon Mich a tessere le trame malate di un assalto all'arma bianca perpetrato con ferocia. Una prestazione sopra le righe, un massacro imperterrito che non conosce pause ne cedimenti di sorta, così che da "Pain On The Battlefield ", vera e propria dichiarazioni d'intenti, irriverente e spregiudicata quanto basta, che si spinge su ritmi volutamente oscuri, alla splendida "Human Detec tor", giocata invece su tonalità deflagranti, si assiste impietosi all'evolversi di una valanga metallica d'immane portata, pronta a travolgere l'incauto ascoltatore in un turbinio continuo di infinite sensazioni spazio temporali. Un disco genuino, semplice, onesto e diretto, proprio come la band che lo ha confezionato, ottimo sotto ogni punto di vista sia esso strutturale che tecnico/compositivo, cosa chiedere di più ad una formazione così giovane? Beppe Diana

Atominated – World without flash Sembra proprio che ultimamente i Suicidial Tendencies abbiano trovato un bacino di die hard fan ben più rilevante di quanto non si possa pensare, soprattutto fra le giovani formazioni, le così dette nuove leve. Non a caso gli irlandesi Atominated, si dichiarano fedeli persecutori dei dettami di Mike Muir e soci, e con l'ep di debutto “ World without flash”, pubblicato nuovamente dalla loro conterranea Slaney records, dopo una prima tiratura self financed, riescono a porre in evidenza quel legame sottile che esiste fra partiture musicali che sanno di thrash metal vecchia scuola, e movenze più vicine ad un certo hardcore primige nio. Impatto e spregiudicatezza fanno il resto, all’interno di quattro brani giocati su ritmi cadenzati e vocalizzi al vetriolo, drumming forsennato e chi tarre pungenti come lame di rasoio, tanto che “My new age” prima, o “Contagion” poi, riescono a togliere il fiato solo dopo i primi ascolti. Musica suonata da appassionati per appassionati, cosa chiedere di più? Beppe Diana


Brain Dead – Pay for better life È un vero e proprio antipasto sonoro quello offertoci dagli eporediesi Brain Dead all'interno di questo singolo che anticipa di qualche mese l'uscita ufficiale del secondo parto discografico dei nostri, che vedrà la luce, con ogni probabilità, nel mese di ottobre. Un espediente valido questo, sia per tastare la nuova line up ufficiale, ben due i musicisti inseriti in organico, ma soprattutto per toccare con mano i progressi, soprattutto sul versante tecnico che compositivo, fatti registrare dal quintetto nei tre anni che ci hanno separato dal debutto ufficiale uscito su Punishment 18 records. E ad ascoltare “Pay for better life”, l'unico nuovo estratto dall'imminente full lenght, si ha come l'impressione di trovarsi di fronte ad una band cambiata, più matura e smaliziata rispetto al passato, ben conscia delle proprie potenzialità espressive, sempre e comunque in bilico fra reminiscenze legate ad una matrice tacitamente bay area, ed quella vena classica che prende corpo e volume, nei solos delle due asce presente in formazione, e nell'istrionismo vocale di un singer di duttile e versatile. La produzione naturalmente fomenta, dove possibile, le potenzialità del quintetto che dimostra di essere veramente in palla sia sulla versione live di “Death illusion”, registrata durante il mini tour In Union We Thrash nella data di Verona, che nella cover di “Piranha”, omaggio/tributo ai maestri Exodus.... Che dire, se il buongiorno si vede dal mattino.....ci siamo capiti, vero??? Beppe Diana Critical Solution - Evil Never Dies Arrivano dalle gelide lande norvegesi questi autentici enfant prodige della scena musicale del vecchio continente e, nonostante la loro giovane età, non sono affatto degli sconsiderati, avendo alle spalle una solida reputazione contornata dalla pubblicazione di un ottimo demo, il più che valido “Evidence of Things Unseen” di due anni or sono, al quale fa da eco il qui recensito “Evil Never Dies”, prodotto e distribuito ancora una volta in forma strettamente privata. Heavy/thrash metal asciutto e quadrato privo di contaminazioni di sorta, che va alla scoperta delle proprie radici musicali saldamente radicate in un contesto sonoro/musicale che guarda con ambizione alla scena americana legata alla bay area, e a formazioni come Exodus, Forbidden e Flotsam and Jetsam, anche se sono sempre e comunque i vecchi Metallica a rappresentare ben più di una semplice musa ispiratrice per i quattro musicisti

nordeuropei. Contornato da un'ottima produzione che, senz’ombra di dubbio, riesce a fomentare quell’alone da culto che la band sembra quasi trascinarsi dietro da sempre, “E.D.N.” rappresenta la quintessenza del gergo heavy metal, arroccato com’è attorno a locuzioni compositive semplici ma dannatamente convincenti, che piacciono proprio per questa loro spontaneità congenita, proprio come nel caso di “Wallace Green”, caratterizzata da ottimi break di chitarrista che citano liberamente i famigerati four horseman per antonomasia, o la spregiudicata “Dead man walkin'”, che cerca di mediare la spontaneità dei Xentrix, e la velocità d’esecuzione dei primi Toranaga. Ok, la sensazione di dejà vu è sempre dietro l’angolo, e sembra veramente non lasciare tregua, ma poco importa, in fondo i Critical Solution non sono, e forse non lo saranno mai, degli innovatori, e se il loro scopo principale era proprio quello di rendere omaggio ai grandi del passato, beh dobbiamo ammettere che ci sono riusciti, ed anche bene, il resto conta poco, veramente poco…. Beppe Diana

Farscape – Primitive Blitzkrieg Indistruttibili!! Si, i brasiliani Farscape non conoscono la parola stasi compositiva e, nonostante abbiano pubblicato solo tre album ufficiali, preferendo dare alle stampe una serie di demo, split ed ep di varia natura, riescono finalmente a raccogliere i frutti di una passione, che si perde veramente nella notte dei tempi, ed a ben sette anni dal precedente “Killer on the loose”, tornano a proporci il loro personale marchio di fabbrica grazie a queste nove sprezzanti locuzioni compositive. Rispetto a formazioni del loro stesso bacino d'utenza, quello legato alla megalopoli Rio de Janeiro, i quattro rivendicano, nel loro piccolo, un certo attaccamento al thrash metal grezzo, d'impatto e, perchè no, anche minimale, di stampo teutonico, naturalmente, lo stesso che ha portato tanto successo, e fama, a maestri del calibro di Destruction e Kreator, reminiscenze queste che riaffiorano prepotentemente lungo i solchi di “Primitive Blitzkrieg”. Caratterizzato da una produzione raw and wild, volutamente low-fi, il versante compositivo sul quale si arrocca il nuovo arrivato, brilla di luce riflessa, ma il retrogusto di ogni singolo è tale da far passare tutto in secondo piano, e se le trame di brani come “Place of Bones” o “Morbid convent”, solido mid tempo il primo, più voluttuosa ed al contempo malefica la se conda, hanno quel sapore di stantio, ci pensano la veloce ed incalzante “Behind the sweet mask” prima, e la più classica “Night Tripper”, legata a sonorità di derivazione NWOBHM, a riportare tutto in alto le quotazioni di un album tutto sommato niente male Manca quel tocco personale ed un pizzico di duttilità compositiva che renderebbe la loro proposta sicuramente più malleabile ed incisiva, per il resto possiamo pure accontentarci!!! Beppe Diana


tistica, è stato così anche per voi? Lo sentiamo più nostro perché è più recente, ma sarà sempre cosi!! Penso che ogni periodo ha le sue aspettative, credo che ogni album abbia la stessa importanza, ovvio. Quanto è difficile portare avanti un progetto musicale, quando suonare "non ti permette di pagare le classiche bollette"? Molto difficile, ma lo si fa con passione!! Solo quello ti porta avanti, altrimenti esisterebbero si e no una ventina di band metal al mondo. Come molte band della nuova onda, vi siete affidati ad un'agenzia promozionale, come mai questa scelta? Solo per apparire più professionali, oppure perchè se non c'è qualcuno che ti “guarda le spalle”, i media ed i locali non vi prendono nella giusta considerazione? Serve solo se trovi gente in gamba come abbiamo trovato noi, e sicuramente da un tocco di professionalità alla band. Cosa puoi raccontarci del versante live della band? Che tipo di persone vengono ad un vostro concerto? Ci puoi spiegare la tipica atmosfera che si respira durante un vostro live show? In Italia è dura suonare metal, questo lo sanno tutti, ma quando si riesce ad organizzare un buon concerto, è tutta un'altra storia! Gente calda ed incazzata che vuole ascoltare un po di sano metal, qualche pogata, qualche birra e si crea l’atmosfera giusta! Negli ultimi anni tantissime vecchie band si sono riformate o riattivate, vorrei chiederti un parere in merito. Pensi che siano tutte vere reunion o ce ne sono anche che non ti convincono? Non me ne convince neanche una…per me sono solo cagate per tirar su un po di soldi sputtanati un puttane ed alcool! Ma va bene così. Qual è il tuo sogno per più ricorrente per quel che concerne i Krieg? Cosa ci dobbiamo aspettare dalla band in futuro? Il sogno è il successo ovviamente…..ma sono sicuro che finchè i Krieg esisteranno faremo della musica degna , abbiamo molte potenzialità che secondo me, prima o poi, esploderanno in qualcosa di bello.

Evoluzione compositiva. È racchiuso in questa semplice locuzione quello che si cela dietro al come back ufficiale degli Krieg, solida formazione con base operativa nell'hinterland milanese, che, in occasione del nuovo “Humans Need War”, è riuscita nuovamente a porre l'accento attorno a qualità tecnico/compositive veramente sbalorditive, che hanno dato forma, ma soprattutto sostanza, ad un disco che, ne siamo certi, potrebbe proiettarli nell'olimpo dei nomi che contano. Ciao Christian e benvenuto sulle nostre pagine, grazie del tempo che ci stai volendo dedicare, iniziamo subito dalla prima domanda, qual'è lo stato della band in questo periodo di apparente stasi me diatica? Ciao Beppe. In questo momento stiamo suonando in giro per promuovere il nostro album….siamo caldi ed incazzati! Abbiamo avuto qualche ritardo sulla promozione per svariati motivi, ma presto cominceranno recensioni, intervisti ecc. ecc. Ok, perfetto, "Humans need war" è un titolo che nasconde molti significati, penso che la scelta non sia stata casuale come sembra, dico bene? È un titolo, tutto qui…nel senso che nell’arte non tutto quello che si rappresenta rispecchia le proprie opinioni...ma in fondo l’umanità nella storia ha sempre avuto bisogno della guerra… Domanda classica, chi si occupa del processo di composizione all'interno dei Krieg? È un lavoro “in solitaria”, oppure ognuno si sente libero di apportare le proprie idee? Io e mio fratello generalmente scriviamo le canzoni, ma poi comunque vengono arrangiate modificate e migliorate tutti insieme. Questo album rispetto al passato “è andato via liscio”, nel senso che ab biamo ormai la nostra tecnica di composizione ed affiatamento, che ci permette di comporre, arrangiare e tutto il resto in maniera fluida e veloce ri spetto al passato. Scusami se sono troppo invadente, ma ascoltando più volte il vostro disco, mi pare di capire che l'approccio di qualche brano sia moderatamente moderno, anche se le radici di tutte le composizione si incentrano su un versante classico, forse la parola che potrebbe riassumere “Humans...” è groove, che ne pensi? Io penso che facciamo spontaneamente quello che ci piace, qualche brano suonerà moderno, qualche altro sicuramente più classico, ma comunque è tutto di stampo Krieg! La produzione d'altra parte, risalta, dove possibile, le potenzialità espressive della band... Esatto, anche perchè mi sembra proprio che Glenn anche stavolta abbia fatto un lavoro veramente superlativo.. Molte volte si pensa che il secondo album è il più importante nella discografia di una band, perché mostra la sua vera inclinazione ar -

Prima di chiudere, ci puoi dire quali saranno i prossimi passi della band da qui al nuovo anno??? Abbiamo cominciato a lavorare sul terzo album….e, si spera di riuscire a fare piu live possibili per portare la nostra musica ovunque sia possibile Cristian siamo veramente alla fine, vuoi mandare un saluto specia le ai nostro lettori?? Ti ringrazio per la disponibilità! E a voi cari lettori, cercateci sulla rete, ascoltate la nostra musica, perché se siete dei buon gustai del metal aggressivo fatto come si deve, siamo la cazzo di band che fa per voi! Grazie a tutti Christian

Krieg - Humans Need War Professionalità e dedizione, sono ancora questi i vettori caratteriali attorno al quale ruota l'asse portante del progetto musicale dei redivivi Krieg, qui al come back discografico dopo l'ottima accoglienza fatta registrare da “Dead Sound Walking” di ben tre anni or sono. Una formazione questa, che porta avanti con ostinazione un discorso musicale legato a doppio filo ad una concezione thrash metal, di matrice tipicamente techno/death, nel quale la verve strumentale di ognuno dei musicisti chiamati in causa, si fonde magistralmente con quel senso di rabbia repressa ed insofferenza, che sfocia pur sempre all’interno di dieci ottime composizioni, che danno vita a questo ennesimo step discografico. Mixato e masterizzato ancora una volta dal guru canadese Glenn Fricker degli Spectresound, che per i nostri rappresenta ben più di un semplice trampolino di lancio, “Humans Need War” dicevamo, si presenta avvolto attorno in una veste grafica alquanto soddisfacente, avvalorato da una produzione speculare che aiuta, in seconda battuta, ad infondere ulteriore stima nei confronti di questa ennesima realtà tricolore, veramente tutta da scoprire. D'altra parte, la tecnica strumentale, così come la creatività compositiva, messe in gioco in questo nuovo capitolo discografico, sono ben evidenti, e si traducono in composizioni di prim’ordine, come ad esempio l’articolata “Duplicity”, ricca di modulazioni sonore e di ottimi fraseggi di natura progressiva, la marziale “My darkest nightfall”, caratterizzata da un guitar riffing magmatico, o l’opening “Don't scratch the wall”, episodio nel quale, gli elementi che caratterizzano il wall of sound dei nostri, riescono a com binarsi alla perfezione. Ottimo sotto ogni punto di vista sia esso strutturale che tecnico/compositivo, cosa chiedere di più ad una formazione di questa portata? Promossi a pieni voti!!! Beppe Diana



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