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Anno X, n° 86 DICEMBRE 2012 - 0,30 euro
www.uozzap.com il
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PReMiARe i GiOVAni, nOn SOLO COn TARGHe e MedAGLie. L’AUGURiO PeR iL 2013
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di Riccardo Severi
o scorso 27 Novembre si è tenuta la VI Edizione del Premio What’s Up Giovani Talenti che da anni si pone l’obiettivo di valorizzare e sostenere giovani meritevoli che hanno avuto occasione, grazie alle proprie capacità, di farsi valere nel mondo delle Professioni, in Italia e all’Estero (vedi pag. 7). Il tasso di disoccupazione record nel 2012, associato all’endemica scarsa propensione della classe dirigente italiana ad offrire reali opportunità, mi ha spinto pubblicamente, in apertura della cerimonia, che come di consueto ha avuto luogo in Campidoglio di fronte a numerosi rappresentanti delle Istituzioni, a domandarmi/ci se abbia ancora un senso dare un premio ai giovani in Italia, dove essi continuano ad essere tenuti ai margini della società, che si tratti di mercato del lavoro, di vita professionale o di ricambio in politica. Una marginalità non solo offensiva, ma che oggi è drammaticamente insanabile, almeno per una intera generazione: quella che nel 2008, con la crisi economica che iniziava a fare sentire la sua gravità, aveva appena finito l’università o la stava per concludere. Una generazione che ha lealmente, genuinamente e ingenuamente sentito di potersi fidare dell’Italia. Una fiducia tradita dalla miopia senile di una intera classe dirigente. L’Italia ha bruciato anni cruciali di una intera generazione.Anni che non verranno ripagati da nessuno. È terribile. L’Unione Europea, come ho già scritto in precedenza, ha sancito il 2012 quale Anno dell’Invecchiamento Attivo e della Solidarietà delle Generazioni, chiuso in bellezza lo scorso 4 dicembre con una conferenza italiana presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, aperta dal premier Mario Monti e alla presenza confermata, tra gli altri, di Gina Lollobrigida, Piero Angela, Pippo Baudo, Sandro Mazzola, e Sergio Zavoli.
mensile Per i giovani scritto dai giovani
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iSTRUZiOne e CRiSi / dALLe iSTiTUZiOni TAnTe PAROLe, QUAnTi TAGLi
GiOVAni FReGATi /
Frà Alessandro
ALT Ai MediATORi (APPenA FORMATi) nei TRiBUnALi
iL nATALe /
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in TUTTe Le TRAdiZiOni deL MOndO
(segue a pag. 002)
Che legge fa
Risposte alla crisi
ora anche una donna potrà chIamarsI andrea Facciamolo strano, il lavoro
mestIere barman
cosa fare, per un sussulto culturale Art & The City
Rewind. Il rock ItalIano dIventa arte
Scienza & Psiche
un paIo dI sms al gIorno tolgono la sIgaretta dI torno Moda
gIoIellI e bIjoux. come arrIcchIre (con poco) Il vostro 2013
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ormazione&lavoro
COM’È diFFiCiLe iSTRUiRSi, SPeCie AL SUd, Ai TeMPi deLLA “STABiLiTÀ” dalle istituzioni, tante parole quanti tagli
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di Marco Corazziari
arliamo di scuola e università pubblica in giorni in cui, in Italia, decine e decine Istituti sono occupati dagli studenti che le scorse settimane hanno sfilato per le strade esprimendo il dissenso sulle politiche del Governo. Manifestazione clou quella europea del 14 novembre scorso dedicata al precariato lavorativo e che per questo ha fatto convergere nelle piazze anche non studenti. È ancora, e forse più, esasperazione. D’altronde, senza alcuna pretesa d’esaustività, solo la cronaca degli ultimi mesi ha sollevato questioni imbarazzanti per un Paese industrializzato come l’Italia: presidi che non hanno fondi per riparare vetri e maniglie rotte delle aule dei propri Istituti, che non possono permettersi di acquistare detersivi per pulirle. Questione che tuttavia, nella sua gravità, appare di poco conto rispetto alle famiglie italiane che, in attesa delle indicazioni del Ministero sui fondi pubblici da destinare per quest’anno solare (si parla, manco a dirlo, di tagli), rischiano di pagare personalmente con simil collette/finanziamenti gli straordinari al personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) e permettere alle scuole di non dichiarare il default. Se queste sono le premesse, non stupisce certo che una recente indagine di Alma Laurea evidenzi, rispetto alla media Ocse, il ritardo dell’Italia sulla dotazione di computer e dispositivi digitali. (segue a pagina 4)
edItorIale PReMiARe i GiOVAni, nOn SOLO COn TARGHe e MedAGLie. L’AUGURiO PeR iL 2013
di Riccardo Severi (segue dalla prima) Se in Europa il rapporto tra giovani e vecchi sembrerebbe andare meglio, non lo è in Italia, dove uninvecchiamentopiù attivodi così si muore (anche anagraficamente). Non c’è poi da stupirsi se monta con forza, e spesso rabbia, la voglia di rottamazione e ricambio generazionale su sono state mosse le più flebili obiezioni (dagli invecchiati attivi italiani) per nascondere il vero nodo del problema: che in gioco non c’è l’età, ma l’incapacità tutta
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ORA AnCHe UnA dOnnA POTRÀ CHiAMARSi AndReA
Una recente sentenza della Cassazione ha abrogato uno dei divieti più anacronistici ancora in vigore in italia
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di Mario Relandini
a chiamerete Daniela?” “No”. “Allora la chiamereteAnna, Teresa, Barbara, Tiziana, Samantha?” “Neppure: la chiameremoAndrea”. “Come Andrea? Andrea è un nome maschile. Così maschile che, nell’antica Grecia, Andreas indicava l’uomo proprio in riferimento alla sua mascolinità in contrapposizione alla donna”. “E a noi che cosa importa? Ci piace il nomeAndrea, che suona ancora più dolce per una bambina, e la nostra bambina la chiameremo Andrea”. Solo un accademico scambio di vedute storico-morfologico tra amici? Così aveva immaginato quella coppia di Pistoia che, una volta nata la bambina, si era recata ad iscriverla nei registri anagrafici. “Come volete chiamarla?” aveva chiesto loro l’impiegato. “Andrea” avevano risposto. “Non si può”. “Come non si può? È nostro diritto scerglierle il nome che più ci piace”. “Sì, ma dovete sceglierlo fra quelli femminili: Andrea, in Italia, è invece nome esclusivamente maschile e, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n° 316 del 2000, io non posso accettarlo perché non si accorda con il genere della bambina”. “No – aveva protestato la coppia – ora lei ce lo accetta e poi si vedrà”. “E va bene – aveva concesso alla fine l’impiegato – io ve lo accetto, ma dovrò segnalare il tutto alla Magistratura e siate certi che un giorno sarete
italiana di dare oggi l’opportunità ai giovani di farsi strada nel mondo che conta grazie al merito. Un’incapacità, questa, che è certificata. Di qui la nostra risposta alla domanda iniziale. Premiare i giovani talenti ha sì ancora senso, anzitutto per ribadire che è un dovere e una speranza di tutti rintracciare e valorizzare i giovani di talento che non siano raccomandati e protetti, e le cui uniche virtù sono la competenza, lo studio, la dedizione al lavoro. Ma targhe, stelle e stelline per valorizzarli sono poca cosa rispetto all’impegno verso di loro che dovrà mostrare il prossimo governo eletto nel 2013. Così come non deve mancare l’impegno dei giovani nel darsi da fare per conquistare spazio nella vita pubblica italiana, come la battaglia portata avanti dal candidato alle primarie del Partito Democratico Matteo Renzi che, al fuori dei colori, ha gasato ed ha avuto il merito di spronare (spaventare) la vecchia classe politica italiana, che avrà poche settimane per rigenerarsi prima delle elezioni. La battaglia dei giovani va combattuta senza distrazioni, così come quella che straordinariamente impegna da anni le donne ad affermare in concreto le pari opportunità. Sacrosanta quella, come è sacrosanta e inderogabile la battaglia per le pari opportunità tra giovani e vecchi. Come minimo, e con la sola deroga a Babbo Natale.
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What’s Up sottotitolo “Il mensile per i giovani scritto dai giovani” (www.uozzap.com). Anno X n. 86 dicembre 2012. Autorizzazione Tribunale di Roma n. 440 del 14/10/2003. Direttore Responsabile Riccardo Severi. In redazione Luisa Foti, Emanuela Brugiotti, Marica Ciraci. Stampa Seregni Roma s. r. l., viale Enrico Ortolani, 00125 Roma. Distribuzione Servizi Editoriali Regionali s.r.l. Via Stadera, 76 Napoli. In copertina: Carlo Verdone (Foto di Romolo Eucalitto), Zucchero (Foto di Andy Earl), Anna Foglietta (Foto di Alessandro Pizzi), Alessandro Brustenghi. Immagini di questo numero Archivio What’s Up e autori vari riportati in didascalia. Editore HelpSos Soc. Coop. a r. l. Piazza San Giovanni in Laterano 18/b, 00184 Roma tel. e fax +39 06 9003132, +39 345 2366761, contatto Skype: redazione.uozzap. Il materiale pervenutoci non viene restituito. L’editore si riserva di ottemperare a involontarie omissioni. La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla Legge 7 Agosto 1990, n. 250. Chiuso in redazione il 6 dicembre 2012, finito di stampare nel mese di dicembre 2012. Per informazioni redazione@uozzap.com. Il responsabile del trattamento dei dati raccolti in banche dati ad uso redazionale è il direttore responsabile. Per esercitare i diritti previsti dal dlgs n. 196/03 ci si può rivolgere alla redazione in Largo Enea Bortolotti 38, 00146 Roma. Comunicazione all’abbonato ai sensi del dlgs 196/2003. I suoi dati (nome cognome indirizzo) presenti nel nostro archivio informatico verranno da noi utilizzati esclusivamente per il rapporto editore-abbonato. Potrà chiederne l’aggiornamento o la cancellazione. Il responsabile del trattamento è: Riccardo Severi.
COLLABORATORi
Emanuela Brugiotti, Marica Ciraci,
Marco Corazziari, Ilaria Crestini, Valerio D’Angelo, Alma Daddario, Elena Del Duca, Jacopo Domenicucci, Luisa Foti, Roberta Isceri, M.L. Kevin, Fabio Melandri, Alessandro Mercanti, Christian Mezeckis, Gabriella Poggioli, Mario Relandini, Mauro Scansa, Romeo Scansa, Silvia Tempesta, Maria Flavia Vecchio.
chiamati a cambiarlo”. “Ora ce lo accetti, allora, poi si vedrà”. Poi, naturalmente, la coppia aveva visto eccome. Convocata in Tribunale, il “caso” si era chiuso, inAppello, con questa sentenza:Andrea no perché contro la nostra legge. Se proprio non volete rinunciare a questo nome, d’accordo, ma dovrete farlo precedere da uno “esclusivamente” femminile. Che cosa fare di fronte a una tale sentenza? La coppia aveva allora deciso due mosse. La prima era stata quella di accettare, come compromesso, di anteporre al nome Andrea un nome “esclusivamente” femminile e aveva scelto il nome Giulia. La seconda era stata quella di ricorrere in Cassazione perché venisse legittimata la loro volontà di chiamare la loro bambina non Giulia Andrea, ma solamente e semplicemente Andrea. E la Cassazione non solo ha dato loro ragione, ma gliel’ha data – magari casualmente – proprio alla vigilia del 30 novembre, giorno in cui si celebra, nel calendario gregoriano, la festa di Sant’Andrea il maschio. La motivazione della sentenza? Anche perché già da tempo quel nome, ma solo il nome, ha assunto “una natura sessualmente neutra” nella maggior parte dei Paesi non solo europei. Auguri allora, ad Andrea di Pistoia, sessualmente femmina, anche se dal nome sessualmente neutro.
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ON SI FA in TRiBUnALe… “MediAZiOne SÌ” (2010), “MediAZiOne nO!” (2012) e mentre i giovani che hanno investito soldi e tempo per diventare “mediatori” se ne restano a casa… la domanda ora è: la mediazione è la soluzione alla lungaggine processuale?
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di Laura Guercio
seguito del d.lgs 28/2010 con il quale è stato istituito in Italia l’istituto della mediazione, una nuova “era” sembrava aprirsi per il nostro “sistema giustizia”: non più lungaggini processuali, controversie risolte in breve tempo, e l’istituzione di una nuova figura professionale - quella del mediatore - che poteva essere ricoperta, dopo un breve corso, da orde di giovani in cerca di un lavoro.Almeno questi dovevano essere gli scopi. Due anni dopo, il 24 ottobre 2012, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del decreto istitutivo della mediazionenella parte in cui ne ha previsto il carattere obbligatorio. Tutto da rifare, tutto da rivedere. Le reazioni stizzite, arrabbiate, rassegnate di chi ha creduto nella figura della mediazione e per essa ha investito tempo e denaro sono comprensibili. Meno comprensibili le forzature della politica che ha tentato di presentare emendamenti al decreto legge sulla crescita che, di fatto, puntavano a reintrodurre la mediazione obbligatoria, sia pure a termine fino al 2017, in totale inosservanza del pronunciamento di illegittimità. Tentativo fallito. La domanda che sorge spontanea è: perché così tanto ostinato palese interesse a salvare il decreto legislativo dichiarato incostituzionale? Dell’interesse contrario, ossia degli avvocati e dei diversi organismi forensi, si è detto e ridetto. Si è accusata la cd casta degli avvocati di respingere la mediazione in quanto rappresenterebbe una soluzione alla lungaggine dei processi sui quali gli avvocati guadagnerebbero fior fiori di quattrini. Se fosse così, i primi che allora dovrebbero essere interessati alla mediazione sarebbero proprio i cittadini che di tale istituto ne dovrebbero pertanto fare grande uso. I dati però sembrerebbero smentirlo: in un anno le persone iscritte ad una mediazione sono state 91.690, di cui il 35% è comparso davanti al mediatore (il 65% non si è presentato) e solo il 16,8% ha raggiunto un accordo (fonte Ministero della Giustizia).Allo stato dei fatti e dei dati alla mano, la mediazione in Italia non ha ottemperato alla esigenza di alleggerire il carico di lavoro dei tribunali. Viceversa, ha gravato i cittadini che oltre alla spese processuali successive al mancato accordo, hanno dovuto sostenere anche le spese per la mediazione. D’altronde non è stato l’Organismo unitario della Avvocatura (uno per tutti), ma il Codacons ad affermare che la mediazione ha introdotto “un aumento dei costi per l'utente e un allungamento dei tempi per la risoluzione dei casi”. Dispiace ovviamente per migliaia di giovani che sulla base del decreto 2010/28, che apre la figura del mediatore a qualunque professionista iscritto a un qualsiasi albo (infermiere, geometri e così via), hanno investito tempo e denaro per un corso di una cinquantina di ore nella speranza di avere successivamente un lavoro. E dispiace per tutti coloro che hanno istituito scuole di formazione per mediatori e centri di mediazione. Ma non è svilendo una questione di diritto a una seduta di psicologia e “buona comunicazione” che si fanno gli interessi dei cittadini. A fronte di tutti coloro che difendono la mediazione come mezzo per agevolare i rapporti tra le controparti, c’e da domandarsi se è serio per un Paese affidare una causa di eredità, per esempio, a un infermiere? Oppure una controversia di inadempimento contrattuale a un geometra? È come dire di farsi operare di appendicite da un avvocato. Al contrario ben venga la mediazione se viene prevista come effettivo istituto di agevolazione delle soluzioni delle controversie senza aggravio di costi e lungaggini, se affidata a chi ha conseguito un regolare corso di laurea in giurisprudenza. Ben venga ogni sistema che aiuti effettivamente la giustizia, compresa, prima ancora della mediazione sì/mediazione no, una riforma seria dell’intero sistema giustizia che garantisca il rispetto del diritto fondamentale ad un equo processo.
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l PERSONAGGIO dALL’AVAnA COn AMORe. iL RiTORnO di
ZUCCHeRO
“la gente è disperata, eppure nessuno si incazza. tranne i giovani, forse…” “Il mio nuovo look? mi hanno ridotto a una specie di mortadella, con una tazza in testa. ma non sono mica male, no?” di Gabriella Poggioli
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uando lo incontriamo a Milano in novembre, forse la valigia non l'ha neanche disfatta: appena tornato da Cuba con un disco nuovo di zecca, La Sesión Cubana, Zucchero “Sugar” Fornaciari era già pronto per tornare all'Avana l'8 dicembre per un un concerto storico. È un fiume di entusiasmo e parole che raccontano del suo amore per la gente e per i suoni dell'isola. Il risultato è una manciata di canzoni profumate di Caraibi, tex-mex, soul e rhythm'n'blues: un compasso sonoro che, tra classici cubani, pietre miliari del suo repertorio e due inediti, comprende nel suo raggio anche New Orleans, Baja California e Jamaica e che ti fa venire di voglia di farla anche tu, quella valigia. Bentornato su What's Up! Sembra che l'aria di Cuba ti abbia un po' cambiato: dove sono finiti capelli e cappello? Quando sono arrivato a Cuba per registrare il disco, il caldo era terribile, con umidità all'80%. I capelli lunghi mi si appiccicavano dappertutto. Ho detto basta. Mi hanno portato in studio un cubanito che secondo me non era nemmeno un parrucchiere: in questo i cubani sono molto simili agli italiani, raccontano un sacco di balle! (ride) E infatti alla fine ero ridotto a una specie di mortadella con una tazza in testa. L'unico modo di salvare la faccia per video e servizi fotografici era buttarmi i capelli indietro. Ma non sono mica male, no? Niente affatto! E il sigaro completa il nuovo stile? I sigari li compro all'Hotel Nacional de Cuba. Ne ho persino inventato uno anni fa,
quando fui invitato al Festival del sigaro dell'Avana. Mentre mi faceva visitare una fabbrica a Pinar del Rio, da dietro la sua pancia enorme il Ministro dell'agricoltura mi disse: “Disegnane uno, che lo faccio fare apposta per te!”. Presi spunto dal sigaro Diadema e creai Diamante, affusolato a entrambe le estremità: come promesso, pochi giorni dopo me ne vidi recapitare in albergo tre piramidi. Che onore. Sì, anche perché a Cuba il sigaro è un fatto culturale. Nelle fabbriche, mentre le donne selezionano e tagliano il tabacco a mano su lunghi banchi di formica, a turno una sale in cattedra, prende il microfono e legge un libro. Mica robetta facile: perché credete che uno dei sigari cubani più famosi si chiami Romeo y Julieta? Ascoltando storie, non ci si aliena. Saranno pure poverissimi, ma sembra che laggiù nessuno possa fare a meno di cultura e musica. Come ti sei innamorato di Cuba? Amo Cuba, ma senza connotazioni politiche. Intendiamoci: è chiaro negli anni dell'università anch'io rimasi suggestionato dallo spirito della rivoluzione e da eroi giovani e belli come Che Guevara e Camilo Cienfuegos. Poi, però, ho visitato Cuba quattro volte e a colpirmi sono sempre state la sua grazia e la sua armonia, pur nella decadenza: le stesse che respiri al Cafè Fresa y Chocolate dell'Avana, mentre ti servono del vino francese in guanti bianchi sotto un soffitto tenuto su con i puntelli. Sei quasi romantico. A Cuba è romantica la gente. Prendete i musicisti che hanno suonato con me nel
BeLLO, BRAVO, ROCK e… FRATe
Alessandro Brustenghi, il francescano sotto contratto con una major che canta in latino, con il piglio di una pop star. “anche s. francesco scriveva poesie e musica. Il nostro carisma prevede la fama”
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di Luisa Foti
e hanno parlato anche i quotidiani: è il primo francescano ad aver firmato un contratto con una major discografica (Universal Music), l’uomo che ad un passo dal matrimonio sente una voce, quella di Assisi, e cambia direzione. Una storia straordinaria, prima ancora che un grande album, ce la racconta Alessandro Brustenghi, frate con la voce di un tenore e occhi di bambino. Introverso e ottimista, spirituale e pop, l’artista canta in latino e appare su youtube come una star, con video da 35 mila visite. Sorriso immenso. Uomo felice. Il produttore dei Cure e degli U2 lo nota per poi accorgersi che quella voce proviene da un saio e da due sandali francescani. La storica Decca Records lo blinda e gli fa fare un album che viene registrato nel tempio del rock. Unico. Perché di francescani negli Abbey Road Studios non se ne sono visti molti… “Ero davvero emozionatissimo quando ci sono entrato - racconta in esclusiva a What’s Up - e ho pensato a quanta musica lì dentro è stata registrata, quanta bella musica capace di muovere i cuori e di sciogliere tante durezze di spirito”. Una scelta forte la sua, di sicuro insolita: “Non ho avuto paura, ho fatto quella scelta e l’ho portata avanti. Ho un animo da artista, uno spirito creativo e a volte originale, ma non vado in cerca di cose ‘insolite’; piuttosto può apparire singolare che un frate divenga un cantante, diciamo, famoso...”. In effetti. Lei come lo spiega? “Il nostro carisma francescano prevede pure questo tipo di evangelizzazione tramite l'arte e anche la fama: Francesco stesso scriveva poesie e musica e di frati diventati famosi lungo i secoli ce ne sono davvero tanti”. Ma uno come lei non avrebbe potuto mettere in atto diversamente il messaggio di Cristo? “Lo spirito francescano prevede tanti diversi modi di vivere la vocazione. Incidere quest'album è la nostra risposta, è il nostro servizio alla comunità sociale. In tempi di crisi Dio non dice “tirate i remi in barca!”, ma
“continuate ad amare, fosse pure fino alla morte peggiore che potete immaginare”. Ha ricevuto critiche? “Sì, in diversi criticano la nostra scelta”. Nostra? “Sì, dico “nostra” perché non sono solo; questo progetto lo consideriamo una missione comunitaria che Dio ci chiede per condividere qualcosa di bello con tanta gente, per mostrare un po' di luce del volto di Gesù. Tanti credono che agiamo per soldi o per immagine e questo non è vero; sono sicuro che chi ha un cuore aperto potrà non solo capire, ma anche partecipare alla nostra missione”. Chiesa cattolica e crisi nella fede. C’è bisogno di più frati cantanti? “Non c'è tutta questa crisi di fede di cui si parla, anzi. Si vede una rinascita globale non solo della spiritualità, ma anche della fede cristiana. Questa rinascita è silenziosa, ma autentica e la “crisi” altro non è che un momento di transizione che porta alla riscoperta di un nuovo entusiasmo, di una fede più vera. I giovani hanno sete non tanto di risposte, ma di persone capaci di amare seriamente, un amore senza compromessi, che dura per sempre e Cristo è la risposta più piena a questa sete”. Le ha mai avuto una crisi vocazionale? “Non sono mancate le crisi e i dubbi perché sono un uomo come tutti, il cammino è sempre un continuo rialzarsi e ripartire, ma chiedo solo la grazia al buon Dio perché so di non poter contare solo sulle mie forze”. E dopo un augurio ai lettori - “che è una preghiera, e se è preghiera, è naturalmente un canto!” -, mentre ci saluta tiene a ribadire, semplicemente: “la musica è capace di descrivere i sentimenti e i pensieri dell'uomo come null'altro... non è questa una somma preghiera quando la rivolgiamo a Dio?”.
disco, i migliori del Paese: siamo stati chiusi per un mese in studio di registrazione e loro si sono sempre dimostrati professionali, generosi, semplici, spontanei e dolci, come vorrei che fossero tutte le persone del mondo, e come forse noi italiani siamo stati negli anni Sessanta. Fidel non c'entra. Tanto è vero che il concerto dell'8 dicembre non l’ho fatto nella piazza della Rivoluzione, ma nel parco dell'Istituto superiore d'Arte dell'Avana. La data non è casuale... L'8 dicembre del 1990 feci il mio famoso concerto al Cremlino: forse chi leggerà questa intervista non era neanche nato, ma fu un evento storico, in un luogo in cui fino al mese prima si tenevano solo comizi di partito. In quell’occasione per la prima volta ebbi l'idea di un concerto a Cuba. Ora capisco che solo un pazzo come me poteva pensarci, perché all'Avana non c'è niente: né logistica, né promoter, né generatori, nemmeno le corde per la chitarra. Abbiamo dovuto spedire 10 container con tutto il necessario, palco compreso, dal porto di Genova. Vorrei aggiungere, poi, che proprio l'8 dicembre cade l'anniversario della morte di John Lennon. A lui ho dedicato la cover di una sua canzone. Da fan dei Beatles, allora, sarai stato contento quando Don Was, che ha prodotto La Sesiòn Cubana, ha preferito rimandare le registrazioni del nuovo disco dei Rolling Stones pur di finire il tuo! Don aveva pianificato gli Stones molto prima di me, ma l'idea di venire all'Avana per un mese lo allettava troppo. Così li ha chiamati per spostare l'inizio delle registrazioni di un paio di giorni. Mick Jagger in effetti si è un po' incazzato (ride)... Che vuoi, sono soddisfazioni! Cuba continua a essere un mito per gran parte della sinistra italiana. Hai seguito le primarie? Sono molto demotivato e avvilito. Dai Berlusconi fino ai Fiorito, non c'è un partito che non abbia avuto qualche indagato. Amo l'Italia, continuo a vivere qua e non mi sposterei da nessun'altra parte. Ma ogni tanto mi vergogno un po' di essere italiano. Chi puoi votare, oggi? Mentre guardavo in tv il dibattito delle primarie, mi dicevo: quasi quasi voto Pannella, sembra che sia l'unico a non avere mai avuto scandali. Però, appunto, sembra: ormai non credo più in niente e in nessuno. Qui c’è bisogno di fare casino. Infatti… Infatti? Infatti vado a Cuba per raccogliere dei rivoluzionari da portare in Italia, cominceremo la rivoluzione dall'Appennino tosco-emiliano! (ride) Sto scherzando, eh. Ma una bella rivoluzione senza armi ci vorrebbe, sembriamo inermi: la gente è disperata, eppure nessuno si incazza. Tranne i giovani, forse: Occupy Wall Street, Indignados spagnoli e indignati italiani... E io sono totalmente con loro. Quest'anno ricorre il trentennale del tuo esordio a Sanremo. A questo punto della carriera che cosa ti auguri ancora per il futuro? Quando mi dicono che faccio blues, rispondo sempre che non è vero: io attingo dal blues, ma quello vero e puro ancora mi manca. Solo pochi bianchi possono permetterselo, per esempio Eric Clapton. Bisogna invecchiare bene per fare un disco blues. E io Foto di Andy Earl prima o poi lo farò.
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COM’È diFFiCiLe iSTRUiRSi, SPeCie AL SUd, Ai TeMPi deLLA “STABiLiTÀ” dalle istituzioni, tante parole quanti tagli
(segue da pagina 2)
di Marco Corazziari
È di inizio novembre uno scambio di battute, non sappiamo se giocato nel politichese o dettato da coscienti misure d’intervento, tra Antonio Saitta, il neopresidente dell’Upi (Unione delle Province Italiane) che minaccia di tagliare per disperazione i riscaldamenti nelle aule, e chi come il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, lo invita ad avere un comportamento “più consono all'Istituzione che rappresenta”. O ancora, Giorgio Rembado, presidente dell'Associazione italiana presidi, getta acqua sul fuoco affermando che tutto sommato i tagli ci sono sempre stati. Saitta, dal canto suo, incalza: “500 milioni di tagli della spending review per il 2012 e 1,2 miliardi di euro per il 2013, non sono sopportabili”. Il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, non offre garanzie: “I cambiamenti potranno essere fatti soltanto nel 2013, nell'ambito della legge di stabilità”. Ovvero passa la palla al prossimo Governo. In questo contesto, e mentre si mandano a casa 10mila precari della scuola pubblica, spuntano nel ddl Grilli 223 milioni di fondi per le scuole private (le cosiddette paritarie): un risarcimento promosso dal governo Berlusconi per bilanciare i tagli a queste ultime che esso stesso attuò. Sul fronte universitario, il quotidiano La Repubblica a fine ottobre titola “Università meno efficienti, ma più care. Rispetto al 2011 rette più alte del 7%” proprio quando i rettori chiedono sovvenzioni “per un sistema che sta precipitando minando lo sviluppo del Paese”, lamentando che il Ffo (Fondo di finanziamento ordinario) non provvede a coprire neppure le spese ordinarie di bilancio. Se l’Unione degli studenti lamenta di pagare tasse persino oltre a quanto previsto dalla legge, tanto (a ragione) da vincere un ricorso contro una università del nord (vedi “Tasse universitarie troppo alte, vinto il primo ricorso degli studenti (e gli atenei tremano)” su What’s Up Dicembre 2011), i tagli all’Istruzione possono avere una incidenza ancor più drammatica per i giovani del sud, alle prese con Atenei non certo noti per la gestione virtuosa delle proprie risorse. Dalle elaborazioni 2012 del Sole 24 Ore, su 58 Università dello stivale quelle del sud compaiono in graduatoria qualitativa solo dal 31° posto in giù (fa eccezione il Politecnico di Bari, al 22°). Dati che confermano quelli già elaborati nel 2009 dal Censis che rilevò un numero di oltre 120 000 ragazzi/e che in un anno scelsero la vita da fuori sede, al centro/nord. Tema, quello del divario tra nord e sud, che nel 2008 ha scomodato persino l’autorevole The Economist: qui si citavano le analisi dell’esperto “della meritocrazia scolastica”, Roger Abravanel, che senza mezzi termini dichiarava: “Se il nord è sulla media OCSE, il sud è a livello di Uruguay e Thailandia”. Tra gli scontri nelle piazze europee, trasversali nel lamentare precarietà, e un’Ue tutta incentrata su un’idea che al momento non sembra discutibile di “stabilità”, l’istruzione malandata resta in agenda, ma senza un vero piano per il futuro. E il sud, tra sprechi, scarsa lungimiranza, e ora altri tagli, meno che mai.
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ACCIAMOLO STRANO... IL LAVORO
COMe diVenTARe “BARMAn”
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di Alessandro Mercanti
olti ragazzi, per arrotondare o mantenersi gli studi, trovano spesso impiego come barman all’interno di locali notturni, discoteche e pub. È un mestiere che si può improvvisare e che richiede un percorso formativo definito. Non è sufficiente, insomma, sapere spinare una birra senza schiuma. Per diventare barman esiste un percorso formativo di indirizzo alberghiero o, in alternativa, corsi professionalizzanti organizzati da scuole o associazioni di settore. All’interno di questi corsi apprenderete come creare cocktail che possano essere apprezzati, sia nel gusto che nell’aspetto, fino a come gestire un efficiente servizio bar. Il barman è generalmente dotato di manualità, destrezza e prontezza di riflessi, se poi con il tempo vorrete migliorare, potrete sempre integrare la vostra formazione con corsi per barman freestyle, puntando magari a diventare il nuovo Brian Flanagan (Tom Cruise nel mitico film Cocktail) e comunque a spaccare meno bottiglie e bicchieri possibili. Importante sarà anche l’apprendimento di tutte le norme igieniche. Una volta conseguito un diploma alberghiero o ottenuto il certificato specifico, sarà importante fare tanta pratica che vi aiuterà non solo a ricordare tutti gli ingredienti dei numerosissimi cocktail, ma vi preparerà ad avere pazienza con i clienti e a saper gestire qualsiasi situazione. Potrete approfittare inoltre per farvi qualche esperienza all’estero, la conoscenza di una lingua può di certo contribuire a trovare un buon posto di lavoro in Italia. Le opportunità sono buone. Per ogni contratto di lavoro potrete fare riferimento al Contratto Collettivo Nazionale per il settore del Turismo. Le retribuzioni dipendono dal tipo di rapporto di lavoro posto in essere, stagionale o meno. Se si viene pagati a serata, variano dai 50 ai 150 euro, a seconda della tipologia di locale e delle mance. Ecco, magari per ottenerne di più consigliamo una lunga esperienza nei Paesi anglosassoni, dato che in Italia spesso si usa ringraziare il barman con un cenno della mano, soprattutto di questi tempi.
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portivamente parlando
iL PATTinAGGiO SU GHiACCiO
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on è uno sport impossibile da praticare, come possono pensare in molti. Ci si può avvicinare a questa disciplina a qualsiasi età, anche solo per esercitarlo nel tempo libero. L’importante sarà bardarsi di tutto punto e prendere le giuste precauzioni prima di iniziare. Innanzitutto dovremo trovare i pattini giusti che non devono calzare troppo stretti o larghi. Ne esistono di due tipologie: a lama lunga, per i più veloci; a lama corta, per chi si volesse dare al pattinaggio artistico. Noi vi consigliamo la prima tipologia. Se siete alle prime armi sarà opportuno proteggersi con un caschetto, magari anche con ginocchiere e paragomiti per attutire le cadute che, vi assicuriamo, alle prime uscite saranno molto frequenti. I primi tempi il vostro migliore amico sulla pista sarà il corrimano, al quale vi appoggerete spesso per evitare di avere un incontro esclusivo con il ghiaccio. Con il tempo riuscirete ad essere meno goffi maturando maggiore autonomia, assumendo pose più eleganti e di maggiore leggiadria. Ricordatevi che per pattinare correttamente sarà opportuno protendere il busto leggermente in avanti, piegando le ginocchia e tenendo le spalle allineate. Almeno all’inizio, vi consigliamo di prendere lezioni o di andare al palazzetto del ghiaccio con una persona esperta che possa starvi affianco. Un avvertimento: ricordatevi che sotto i pattini ci sono delle vere e proprie lame, per cui sarà importante anche saper cadere; niente di particolarmente pericoloso, ma nell’eventualità cercate di farlo appoggiandovi sul fianco, raccogliendo al petto le mani e rialzandovi il prima possibile. I benefici di questo sport saranno presto evidenti, tonicità della muscolatura degli arti inferiori, equilibrio, controllo del corpo ed agilità. Per chi volesse praticarlo saltuariamente, c’è la possibilità di noleggiare stivaletti direttamente al PalaGhiaccio e, ricordatevi, a volte saper cadere potrebbe diventare un’ottima strategia di approccio… (Alessandro Mercanti)
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cienzA&PSICHE
Un PAiO di SMS AL GiORnO TOLGOnO LA SiGAReTTA di TORnO
dalla nuova Zelanda, un nuovo metodo per smettere di fumare. Robyn whittaker, a capo dell’equipe, lo spiega a What’s up
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di Luisa Foti
alattie d’ogni specie, invecchiamento della pelle, ingiallimento dei denti, alito cattivo, soldi sprecati, declino cognitivo. Eppure i fumatori sono sempre di più. E più aumentano i fumatori e più aumentano le strategie per farli (farci) smettere di fumare. Tempo fa ci aveva pensato Allen Carr, l’uomo che dopo essere arrivato a fumare 100 sigarette al giorno, rendendosi conto di aver esagerato (ma forse “esagerato” è poco, no?), sul fumo ci ha fatto una fortuna vendendo milioni di copie del suo libro-terapia. I tempi cambiano, e con esse le strategie. Dopo la sigaretta elettronica (che per alcuni sembra far più danni di quella originale), dalla Nuova Zelanda arriva l’ultima trovata: smettere di fumare per mezzo di sms con un metodo realizzato da una equipe dell’Università di Auckland (unità di ricerca sperimentazioni cliniche) guidata dalla professoressa Robyn Whittaker, raggiunta da What’s Up. Sostanzialmente l’idea è quella sostituire la psicoterapia tradizionale “de visu” con sms e video “stimolanti” per farci smettere, quasi fosse un tutor a portata di mano. Un’idea non proprio originale, ma che sembra dia discreti risultati: in uno studio condotto su 9.100 fumatori, delle 4.550 persone “seguite” dagli sms per sei mesi, 444 sono riuscite a liberarsi dal vizio. Di quelle che non hanno ricevuto sms, solo in 240 hanno rinunciato alla bionda. Una percentuale quasi doppia. Insomma, smettere da soli è davvero impossibile, o quasi? “No, non è impossibile - ci dice Robyn Whittaker -, sappiamo che in molti Paesi il 5% dei fumatori smette senza aiuti ma solo con buone politiche di controllo del tabacco e campagne di promozione della salute. Se questa percentuale riceve un supporto smettere diventa più efficace”. Come funziona questo programma? “I vari programmi - continua - hanno un numero diverso di messaggi da mandare che di solito oscilla tra i 2 e 5 messaggi al giorno nelle prime settimane in cui si decide di dare un taglio alle bionde”. Il periodo più difficile “perché fumare crea una dipendenza fisiologica dalla nicotina e smettere di fumare causa astinenza con sintomi come l’irritabilità e la perdita di concentrazione”. Quali sono i contenuti degli sms? “Sono motivazionali, input di incoraggiamento, anche a cercare il supporto di familiari e amici. Ci sono anche consigli su come affrontare i sintomi dell’astinenza, che sono comunque passeggeri”. L’identikit del fumatore? “Tutti potrebbero fumare. Quello che è difficile da comprendere è perché un sacco di giovani comincia a fumare nonostante si conoscano benissimo tutti i danni che prova il fumo. Quindi - conclude - non cominciate, invece di smettere”.
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nternational
BUOn nATALe,
in TUTTe Le TRAdiZiOni deL MOndO di Valerio D'Angelo
festa il 28 dicembre con l’arrivo dei Los Reyes, i Re Magi, che portano i doni ai bambini. I cavalieri attraversano la città a cavallo, partendo dal mare per arrivare poi nel Parco della Cittadella, distribuendo ai passanti dolci e caramelle.
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e erudite dissertazioni di Papa Benedetto XVI presentate nel suo ultimo libro (“L’infanzia di Gesù”), e tradotte semplicisticamente sulla stampa come negazione del bue e dell’asinello nella grotta di Gesù, non pensioneranno di certo i quadrupedi più noti del 25 dicembre, così come non metteranno in crisi fedeli e in particolare laici che trovano nel Natale ragione e occasione di condivisione. Di celebrazioni religiose per gli uni, di usi, tradizioni e moti di buoni sentimenti anche per gli altri. E se l’abete di Natale lascia il passo in Africa all’albero del mango, se in Danimarca i bimbi si travestono da folletti (essere aiutanti di Babbo Natale magari aiuta anche ad avere un regalo più bello) o se in Australia lo si festeggia in spiaggia, in costume da bagno, state pur certi che in qualsiasi angolo del mondo una famiglia di origine giudaica-cristiana non mancherà di festeggiarlo, come si deve. Ecco come.
in eUROPA In Svezia le case vengono decorate con oggetti in legno come pupazzetti raffiguranti Santa Claus con la slitta, le renne, e tutto attorno i tipici biscotti allo zenzero. In Danimarca i bambini si vestono da folletti (gli aiutanti di Babbo Natale). Diffusa in tutto il nord Europa è l’usanza di dar da mangiare agli uccellini e di prendersi cura di loro, tanto che in Finlandia - la Lapponia è la terra natia di Babbo Natale - oltre al tradizionale albero, viene preparato nel giardino esterno un alberello solo per gli uccellini. Altro destino per quelli che svolazzano in Irlanda, dove fino a non molto tempo fa il 26 Dicembre era il giorno del rituale (simbolico) della caccia allo scricciolo, un piccolo volatile. Il motivo risiede in una leggenda: si narra che santo Stefano, patrono del Paese, si fosse nascosto dietro a un cespuglio per sfuggire ai suoi persecutori ma che uno scricciolo, volando via, ne rivelò la presenza, condannandolo al martirio. In Gran Bretagna i bimbi appendono al camino le calze per Santa Claus, insieme a un bicchiere di latte, un dolce per ringraziarlo - il mince pie -, e una carota per la fidata renna Rudolph. Il 25 alle 15, dopo il Christmas Cake o il Christmas Pudding, ci si riunisce davanti alla tv per ascoltare il discorso della Regina. In Polonia il pranzo di Natale prevede ben 12 portate e, per tradizione, si lascia sempre un posto in più in tavola, in caso arrivi un ospite inatteso. Si mangiano solo cibi magri, come pesce o verdura, non si usa burro, olio o altri grassi, nemmeno per fare i dolci. La vigilia è chiamata Festa della Stella e la tradizione vuole che, sino a quando in cielo non compare la prima stella, non si possa iniziare la cena. Le donne incinte prestano particolare attenzione al primo visitatore che entra in casa: se è uomo avranno un figlio, se donna una figlia. In Russia, a maggioranza cristiana ortodossa, si celebra il Natale il 6 gennaio, cioè durante la festa di San Nicola, che è l’equivalente del nostro Babbo Natale. In Romania, per molto tempo, i cattolici hanno festeggiato il Natale di nascosto per evitare le rappresaglie del regime comunista. In Germania il periodo natalizio inizia già l’11 novembre (San Martino) quando le scuole organizzano processioni in cui i bambini portano delle lanterne, da loro costruite, per illuminare la strada. La vigilia qui viene chiamata Stomaco Grasso: il nome deriva da un antico detto, per cui coloro che non mangiano bene verranno perseguitati da demoni per tutta la notte. I tedeschi così si saziano di carne di maiale, insalata di maccheroni, salsicce bianche e altre specialità regionali. Nella vicina Francia non manca mai a tavola La bouche de noel, un dolce tipico con la forma di un tronco d'albero che richiama il ceppo che un tempo veniva acceso per riscaldare Gesù Bambino nel presepe, mentre nella festaiola Barcellona, in Spagna, c’è una grande
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in AMeRiCA LATinA In Argentina, nonostante il 24 dicembre capiti in piena estate, non si negano i festeggiamenti: si mangia l’asado, la carne alla griglia, rigorosamente in giardino, e si brinda con lo spumante. In Bolivia, come in tutti i paesi andini, un ruolo fondamentale è occupato dal presepe, che adorna le case e le chiese. Il 24 Dicembre si celebra la Misa del Gallo, al termine della quale molte strade vengono cosparse di zucchero. In Cilei bambini attendono con ansia il Viejo Pascuero, una specie di Santa Claus andino molto simile al nostro Babbo Natale, e in Colombia, con l’avvicinarsi del 25, decine di candele vengono accese in ogni casa e nei borghi delle strade. L’influenza degli Stati Uniti però si fa sentire, accogliendo la comparsa di pupazzi di Babbo Natale appesi alle porte e il tacchino ripieno per il pranzo di natale.
in AFRiCA La Nigeria è tra i paesi del Continente Nero in cui la tradizione natalizia è più sentita perché la religione cattolica è ben radicata. Qui il Natale si caratterizza per i numerosi spettacoli di danza che le ragazze inscenano di casa in casa a ritmo della musica dei tamburi, e per le sfilate in strada dei ragazzi con le caratteristiche maschere in legno. In Congo l’albero natalizio non è certo il pino, ma il mango. In Kenia la ricorrenza è più simile all’Halloween statunitense, con i bambini che vanno di casa in casa a chiedere piccoli doni e dolcetti, e in Egitto si festeggia il 7 Gennaio, ma le celebrazioni iniziano addirittura il 25 di Novembre, quando da pranzi e cene spariscono per 40 giorni sia la carne che il latte, fino alla sera del 6 gennaio che interrompe il digiuno.
neL ReSTO deL MOndO In Giappone, nonostante i cristiani siano solo l'1% della popolazione, il Natale si festeggia comunque. Tuttavia il significato religioso lascia il passo a quello prettamente commerciale, dove i centri commerciali e negozi fanno sfoggio di un numero impressionante di Babbi Natale, personaggio quasi cult per i giapponesi, chiamato anche Santa Kurohsu, e a volte raffigurato con un paio di occhi anche sulla nuca. I giapponesi non vanno in Chiesa, né esiste un tipico menu natalizio, ma fanno regali in gran quantità. In Cina il regime consente ai cristiani di festeggiare il Natale, e le celebrazioni avvengono quasi solo nelle grandi città. Pochi gli alberi e ancor meno i presepi. Esiste anche una sorta di Babbo Natale locale, chiamato Dun Che Lao Ren. A Betlemme, in Israele, si festeggia il Natale in tre modi: la chiesa cristiana cattolica lo celebra il 25 dicembre, quella ortodossa il 6 gennaio e la chiesa armena lo celebra il 19 gennaio. Qui si trova la chiesa della natività, costruita nel luogo dove si dice che sia nato Gesù. In India, nonostante sia un Paese a minoranza cristiana, non mancano i festeggiamenti, anche in luoghi pubblici, mentre in Arabia Saudita i pochissimi cristiani festeggiano in maniera privata e modesta. Il caldo dell’Australia non impedisce agli isolani di mangiare il tradizionale Tacchino Arrosto, con tanto di Pudding come dessert. Una tradizione molto singolare esorta i turisti a riunirsi sulla Bondi Beach, vicino Sidney, per consumare il pranzo di natale in costume da bagno.
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orld news di Silvia Tempesta
AUSTRiA, in ARRiVO LA CASA CHiUSA PiÙ GRAnde d’eUROPA
La prostituzione è un’attività sempreverde. Se poi catalizza anche il consumismo può fruttare un giro di affari (legale) da capogiro. Così un gruppo di imprenditori (alias palazzinari) nei pressi di Vienna sta attrezzando la casa di piacere più grande d’Europa. Un super-market del sesso di 11mila metri quadrati in grado di accogliere fino a centoventi ragazze per circa un migliaio di clienti al giorno. Fra un amplesso e l’altro si potrà fare la spesa e visitare la zona fitness, darsi un’aggiustata al taglio dal parrucchiere, “spararsi” un goccetto al bar, mangiare, abbronzarsi nel solarium, rimorchiare in discoteca e per finire (perché troppa eccitazione fa male) farsi dare una controllata nell’ambulatorio medico. Italiani già con il bagaglio pronto? Scordatevelo: la casa chiusa è aperta solo ai residenti in Austria. Saranno contenti i no-global…
CinA, BASTA TRAFFiCO, AL LAVORO in PARAPendiO
Scorato dal traffico delle metropoli cinesi, un 42enne di Zhuzhou, nella provincia di Hunan, ha deciso letteralmente di “buttarsi giù”. Con il parapendio. Grazie al singolare mezzo di locomozione, Zeng Wen impiega appena un minuto, cioè un “batter d’ali” per arrivare in ufficio. E se il tempo è denaro, anche i 60mila yuan - circa 10mila dollari - costati per l’equipaggiamento verranno presto ammortizzati. L’esperimento è piaciuto ai residenti della zona e c’è già chi tenta di imitarlo. Ma Zeng, che è un veterano del paracadutismo, avverte: “il parapendio richiede una preparazione specifica e rigorosa”. Lo riferisce LaPresse.
GeRMAniA, TROPPe TASSe. LAVORA in AUTO
Soluzioni alternative anche per un 35enne imprenditore della regione tedesca di Saarland che ha installato un ufficio mobile all’interno di una Ford Mondeo. Ma dimenticandosi di moderare la velocità del veicolo è stato fermato dalla polizia stradale che ha trovato su una struttura di legno nell’auto con un computer, una stampate, un’antenna WLAN, un navigatore satellitare e un telefono cellulare e un invertitore di corrente. In assenza di prove che testimoniassero l’uso dell’attrezzatura alla guida, il principe dell’arte-diarrangiarsi ha ricevuto solo una multa per eccesso di velocità da 120 euro.
eCUAdOR, ASinO CAndidATO ALLe PReSidenZiALi
La sentenza è inappellabile: Mr. Burro non potrà concorrere alle elezioni presidenziali di Guayaquil, in Ecuador. Con buona pace delle decine di cittadini che lo hanno appoggiato marciando per le vie del Paese. Motivo? I funzionari ritengono che un asino, almeno nel senso stretto del termine, non possa entrare negli uffici comunali. Eh sì, perché Mr. Burro è un ciuccio. E sul suo modulo di registrazione della candidatura vi è impressa la foto sovrapposta a quella di un uomo in giacca e cravatta. L’iniziativa, che non è piaciuta alle Autorità, è stata promossa da Daniel Molina - a detta sua e per chi ci crede - non per scimmiottare la politica ma allo scopo di richiamare l'attenzione degli elettori sull'importanza delle prossime presidenziali.
AnCHe iL nOnnO VUOLe FARe LA MOdeLLA
Da fare invidia a Oliviero Toscani. Una stilista cinese ha ingaggiato il nonno come indossatore della sua ultima collezione femminile ed è riuscita, grazie all’irridente trovata pubblicitaria, a quintuplicare le vendite. E a scalzare, almeno per una volta, l’immagine di capi di abbigliamento vestiti da bellezze giovani e plastificate. Riferisce The Telegraph che l’idea è nata per caso durante una visita all’atelier del 72enne Liu Qianping, che avrebbe per curiosità deciso di vestire uno degli esemplari realizzati dalla nipote designer Lyu Ting. Qianping racconta di non avere mai indossato abiti femminili prima di allora ma “è evidente che si piace parecchio”.
RiSSA FRA PReTi PeR Un POSTO AUTO
L’abito non fa il monaco. Il detto non passa mai di moda, come conferma la storia di due anziani preti che, a dispetto dell’età e della “professione”, si sono presi a botte a causa di un posto auto. Secondo l’australiano Perth Now, l’80enne Padre Thomas Byrne e il Padre Thomas Smith, di 81 anni, entrambi pensionati, avrebbero litigato furiosamente per accaparrarsi uno spazio nel parcheggio condominiale. Risultato: un orecchio staccato a morsi che è costato all’aggressore, Padre Byrne, un fermo per aggressione. L’uomo si è presentato all’udienza con un occhio pesto.
ISPOSTE ALLA CRISI
PeR Un SUSSULTO CULTURALe SOLO PAROLe, PAROLe, PAROLe di Jacopo Domenicucci
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l nostro riconoscimento internazionale nell’ambito artistico è oggi un sesto di quello che era all’inizio del secolo scorso. Lo dicono i risultati dell’“Indice 24”, l’indice creato dal Sole 24 Ore che associa diversi parametri (con i database Google Harvard) per valutare l’esportazione e riconoscibilità della cultura italiana nel mondo. E nel patrimonio museale e architettonico il peso italiano è un terzo di quello che era. Solo nel design resistiamo a stento e solo nella cultura culinaria siamo in crescita. La crisi della nostra influenza culturale potrebbe non essere che una difficoltà settoriale come tante altre, nell’informatica, la chimica, l’automobilistica, l’aeronautica… E i problemi settoriali sarebbero il risultato di una reazione a catena nata dalla crisi economico-finanziaria. Ma questo modello non permette di dare una risposta sensata al presente. Viviamo un’unica crisi globale, globale non solo per estensione delle conseguenze, ma per profondità delle cause. Da dove partire, allora? Proprio da questo settore che può sembrare un lusso. Gli stati generali della cultura, organizzati dal Sole 24 Ore, dall’Accademia Na-
zionale dei Lincei e dall’Enciclopedia Treccani, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, nonostante le polemiche, nonostante i fischi, hanno dato voce ad una risposta che consideri le specificità italiane. La cultura non è un costo, non è un problema, ma è la principale risorsa italiana. Lo ha ricordato il Presidente della Repubblica nel suo intervento a questa manifestazione, tornando sull’articolo 9 della nostra Costituzione, a norma del quale: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. E se è vero che il miracolo italiano è stato reso possibile, come lo disse lo storico dell’economia Carlo Maria Cipolla, dalla nostra capacità di “fare le cose belle, che piacciono al mondo”, allora si tratta di riattivare il motore italiano della circolarità della cultura, una cultura che è portata avanti dalle sue eccellenze ma si diffonde e si fortifica in un ampio spettro sociale. La figura dell’artigiano del made in Italy è il simbolo di questa circolarità della cultura italiana, in cui la qualità e il bello non sono prerogative delle élites ma animano anche i piccoli indipendenti. I due periodi della nostra storia invocati come modelli a cui ispirarci in questo sussulto culturale sono il Rinascimento e il Dopoguerra. Comun denominatore? Proprio la circolarità dei processi culturali, che a questa dia vita la contiguità tra artisti e botteghe o la nascita della cultura di massa.
Solo tornando ad essere un grande brand culturale l’Italia Masaccio, La Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre, vedrà l’orizzonte di fine crisi. Per affresco, Firenze, Chiesa del innescare nuovamente il meccaCarmine, Cappella Brancacci nismo inceppato, bisogna, come ha detto il Ministro dei Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi, favorire la cooperazione tra Stato centrale, enti territoriali, privato sociale, associazioni e mondo universitario. Non possiamo quindi dimenticare che cultura non è solo tutela dei beni culturali in quanto risorsa turistica, cosa che già ci riesce male ultimamente, ma è scuola, ricerca, formazione, università. Settori su cui è caduta pesantemente la scure dei tagli di Governo. Tutto ciò adesso è solo, come al solito, parole parole parole. Per uno dei patrimoni culturali più ricchi al mondo, spendiamo solo lo 0,22 del Pil, ben sotto la media europea. E i fondi del Mibac, da 180,5 milioni che erano nel 2011 saranno dimezzati nel 2013 e passeranno a 90,5 milioni, per calare ancora nel 2015. Forse però una speranza c’è. Tornando sull’emblema della crisi della nostra credibilità culturale, Pompei, il Ministro della Coesione Territoriale, Fabrizio Barca, ha annunciato la riapertura dei cantieri questo mese, in modo da tornare a gennaio con il commissario europeo. Che sforzo, però.
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INEMA E SPETTACOLO
“Ci VediAMO A CASA” (REGIA DI MAURIZIO PONZI) HHHII di Maria Flavia Vecchio
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asa: croce e delizia di ogni giovane coppia, soprattutto in Italia. Tre sono quelle protagoniste del nuovo film di Maurizio Ponzi. Vilma (Ambra Angiolini) e Franco (Edoardo Leo), due ragazzi semplici e sanguigni che desiderano vivere sotto lo stesso tetto ma non possono permettersi una casa tutta loro. Si offre di ospitarli nella propria Giulio (un simpaticissimo Antonello Fassari), amico attempato di Vilma: la convivenza a tre non è semplice, soprattutto se si insinua anche il sospetto che Giulio abbia un debole per Vilma. Gaia (Miriam Catania) e Stefano (Giulio Forges Davanzati), due ragazzi della Roma bene, si incontrano in un circolo di tennis e tra loro nasce subito la passione. Capiranno non essere quello l’amore quando decideranno di convivere più per necessità di Gaia (che sta ristrutturando il suo loft) che per il sentimento che li unisce. Infine, Enzo (Nicolas Vaporidis) e Andrea (Primo Reggiani), due ragazzi apparentemente liberi di volersi bene, dolci e realmente innamorati. Sentiranno più che mai il peso l’uno dell’invadenza della madre (Giuliana de Sio), l’altro della divisa da Carabiniere che indossa. Un film leggero e piacevole, non banale.
prossimamente… forse… in Italia
THe dinOSAUR PROJeCT (REGIA DI SID BENNETT)
di Fabio Melandri
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rendete un 33% di Jurassic Park, un 37% di The Blair Witch Project e miscelate il rimanente con il classico della fantascienza di Jules Verne, Viaggio al centro della terra. Il risultato è The Dinosaur Project, un curioso film di fantascienza inglese che strizza l'occhio all'horror. Il ritrovamento di uno zaino con al suo interno una serie di hard disk con immagini che ricostruiscono il viaggio ed il destino della spedizione scientifica criptozoologica inviata nel cuore del Congo per far luce su una serie di avvistamenti di animali sconosciuti da parte della popolazione locale, è la cornice su cui si apre e chiude la pellicola. Si evince sin da subito che qualcosa di brutto sia accaduto ai suoi membri e che questa non fosse nata sotto i buoni auspici è data dall'incidente in cui viene coinvolto l'elicottero per il trasferimento in loco. Ma questo è solo l'inizio... Girato completamente in soggettiva (da qui il riferimento anche nel titolo a The Blair Witch Project) il film incuriosisce, e perché no, avvince nella prima parte quando la spedizione viene a contatto con la minaccia che si nasconde nel cuore dell'Africa nera. Più noiosa e prevedibile la seconda parte, quando i conflitti tra i membri della spedizione diventano il perno di una storia che fatica a chiudersi, mentre la reiterata scelta della soggettiva (diegetica e non) inizia a creare i primi giramenti di testa e confusione di rappresentazione. Altalenante. Avvertimento al pubblico qualora dovesse uscire nelle sale: evitare accuratamente le prime file... Avebbero lo stesso risultato di un inaspettato giro sulle montagne russe!
“THe TwiLiGHT SAGA: BReAKinG dAwn – PARTe ii” (REGIA DI BILL CONDON) HHIII
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uscito nelle sale l’ultimo attesissimo episodio della saga tratta dai romanzi di Stephanie Meyer. Bella (Kristen Stewart) ed Edward (Robert Pattinson) hanno coronato il loro sogno d’amore mettendo al mondo la piccola Renesmee (Mackenzie Foy). Bella ha dovuto però abbandonare la sua vita da mortale per intraprendere quella da vampiro. Ora, con i nuovi poteri e la sua famiglia al fianco si sente viva e più forte che mai. Ma la creatura che è nata dalla sua unione con Edward è rara, per metà umana e per metà vampiro, e spaventa le forze oscure che tramano ai danni della vita della piccola Renesmee. Per proteggerla, l’intera comunità dei Volturi si riunisce per prepararsi a combattere una battaglia che tutti aspettano da tempo. Scene cariche d’azione movimentano il sentimentalismo tipico dell’intera Twilight Saga in questo episodio in cui tutti sembrano trovare la propria collocazione. Anche il tormentato licantropo Jacob (Taylor Lautner), il quale, non potendo avere Bella, si dovrà accontentare della figlia. (Maria Flavia Vecchio)
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“iL PeGGiOR nATALe deLLA MiA ViTA” (REGIA DI ALESSANDRO GENOVESI) HHHII
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equel de “La peggior settimana della mia vita”, “Il peggior Natale della mia vita” riprende le vicende dello sfortunato Paolo (Fabio De Luigi). Ormai marito di Margherita (Cristiana Capotondi), Paolo viene invitato nella lussuosa tenuta di Alberto (Diego Abbatantuono), amico della famiglia della ragazza, nonché futuro datore di lavoro di suo padre Giorgio, a trascorrere il Natale in famiglia. Margherita è al nono mese di gravidanza e vuole partorire in acqua, per cui Paolo è costretto a raggiungere gli altri nella tenuta in montagna con una piscina componibile sul cruscotto della macchina che guida senza patente. Da qui iniziano una serie di guai che lo sbadato Paolo porta a compimento uno dietro l’altro. Film tipicamente natalizio dalla comicità già vista, col pregio di non essere volgare. (Maria Flavia Vecchio)
l cinema con... ANNA FOGLIETTA
“L’AMORe È iMPeRFeTTO” di Emanuela Brugiotti
da celebrare in questo, è pura felicità e gioia. Trasgressione e amore possono andare el film “L’amore è imperfetto”, nelle sale dal 29 d’accordo? Assolutamente sì! Credo che il problema dei rapporti sentimentali novembre, la simpatica attrice romana interpreta Elena, una giovane donna che a causa sia spesso proprio nel rendere tutto abitudinario. Trasgredire non vuol dire per forza qualcosa di perverso, strano o fetish, ma può tranquillamente far parte dell’equilibrio di una forte delusione non crede più nell’amore, alsentimentale e sessuale di una coppia. meno fino a quando incontra Ettore (Bruno Wolkowitch), un uomo maturo e affascinante, e Adriana Fine primo tempo! C’è l’omino con le bibite, ti porto qualcosa? Un’altra birra, grazie! (Lorena Cacciatore), una diciottenne senza freni inibiE olè! Ciak si gira, ancora. Qual è la scena che hai trovato più difficile intertori, che la travolgeranno oltre ogni regola fisica e menpretare? tale, ma che allo stesso tempo l’aiuteranno a ritrovare se stessa. La scena dello spogliarello di Giulio Berruti (alias Marco) perché era un po’ rigido. È Incontriamo Anna per vedere il film assieme, e… Ciao Anna! Prima di andarci a sedere in sala ci compriamo qualcosa al bar? molto bravo e bello però, e lo dico con simpatia, mi faceva troppo ridere (ride ancora). Direi di sì… facciamo un pop corn. Anzi no, una birra! Cin! Elena è un personaggio tosto da interpretare. Facciamo una classifica Si è da poco concluso il Festival Internazionale del Film di Roma che ha premiato come miglior attrice, per l’interpretazione in “E la chiamano estate”, fra quelli che hai recitato finora…. questo in che posizione lo collochi? Alla prima, perché è il più complesso e il più completo. Isabella Ferrari, contestata al momento della premiazione… Tu il E fra quelli che secondo te sono venuti meglio? film l’hai visto? Sempre al primo posto, seppure “Nessuno mi può giudiAncora no, ma non ho apprezzato le contestazioni. C’è una giuria che care” di Massimiliano Bruno è il film a cui devo tutto, anche decide e per quanto sia legittimo manifestare il proprio disappunto, essere se è vero che, per quanto incisivo, è stato un ruolo abbacosì maleducati verso un’attrice come lei e che con questo film ha fatto stanza piccolo all’interno del film, mentre Elena è stata la una scelta molto coraggiosa, francamente non lo condivido. L’ho trovata mia grande prova di attrice. molto violenta come reazione e la Ferrari ha tutta la mia solidarietà. Eccoti finalmente sullo schermo. Che effetto ti fa? Come ti aspetti vengano accolti invece il tuo film e la tua interpreDi solito mi faccio piuttosto orrore, invece qui mi apprezzo tazione? un po’ di più, non sono ricorsa a camuffamenti per interSpero con tanti fischi, così danno un premio anche a me! (ride) Scherzo, pretare il personaggio, che fisicamente mi rappresenta sono molto soddisfatta del film e del mio lavoro, quindi mi auguro bene. molto. Film finito. Coming soon. Andiamo al cinema, ora che il tuo l’abTotal look Fendi La regista, nonché autrice dell’omonimo romanzo, biamo visto, che ci vediamo? Sempre i miei… “Colpo di fulmine” e “Mai stati uniti”! Francesca Muci, ha definito il film non “un inno a trasgredire, ma sempliceUn augurio ai lettori di What’s Up? mente un inno a lasciarsi andare”. Tu… Nel mio passato sono stata un po’ insicura e spesso ho avuto rapporti inutili che Vi auguro un Natale magari meno spendaccione, ma è ovvio lo sarà, e un po’ più portavo avanti per nulla. Oggi sono una donna felicemente sposata e non c’è niente di cuore, vissuto con le persone che amiamo.
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INTERVISTA
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“un rIcambIo generaZIonale cI vuole anche nel cInema”
CARLO VeRdOne “la ricerca di giovani talenti non deve mai venire a mancare, altrimenti il cinema morirà”
PReMiO wHAT’S UP 2012 A CATeRinA FALLeni e A LeLe SAVeRi di Roberta Isceri
di Alma Daddario
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linfa vitale al settore cinematografico? Ci vorrebbe un graduale ricambio generazionale, come anche nei settori culturali e politici, che cominci a raccontare in maniera originale. Solo che questo ricambio, pur emergendo nomi interessanti, stenta a decollare. Per dare linfa vitale al cinema innanzitutto non si dovrebbero chiudere 200 sale all’anno. In genere si tratta di monosale: è un danno che va fermato all’istante! Come consideri, oggi, la Commedia all'italiana? Credo che sia arrivato il momento di pensare più alla qualità che non alla quantità. Se il film è valido qualitativamente, il passaparola ci sarà e di conseguenza arriverà anche un buon incasso. La Commedia deve alzare il tiro nella stesura di soggetti intelligenti, di temi che non siano sempre i soliti, anche ispirandosi ai problemi reali della gente “vera”. Solo rinnovandosi nei contenuti la Commedia potrà far ancora da traino all’industria cinematografica. Una crisi, oltre che economica, anche di idee, di autori nuovi, di registi che siano davvero innovativi e motivati… Certo. Se ci sono meno soldi si tenterà di rischiare di meno e di andare sul sicuro. Ma ora abbiamo capito che nulla è più sicuro. In ogni caso la ricerca di giovani talenti nel campo della regia o della recitazione non deve mai venire a mancare, altrimenti il Cinema morirà. Ti cimenteresti, oggi, come interprete o come regista, in un film drammatico con tematiche “sociali” legate all'attualità? Certamente. Dopo più di 30 anni di lavoro durissimo nel campo della Commedia, si sente il bisogno di fare un’incursione in un altro tipo di Cinema. Quello italiano sta vivendo una nuova stagione di gloria grazie sopratPer questo ho risposto positivamente alla chiamata di Paolo Sorrentino per tutto a un certo filone di “impegno sociale” legato alla cronaca e alinterpretare un ruolo ne “La Grande Bellezza”: una specie di Dolce Vita dei l'attualità… giorni nostri, vista con gli occhi di un regista formidabile. Anche la regia delDefinirla “stagione di gloria” è forse eccessivo. Sicuramente si stanno fal'opera “La Cenerentola” in mondovisione è stato un altro tentativo da parte cendo strada nuovi autori e si stanno girando molte pellicole di impegno somia di lasciare momentaneamente la Commedia e mettermi alla prova in ciale. E questo è un bene, altrimenti il cinema rischierebbe di essere solo un altro settore. Sono molto soddisfatto di queste esperienze, e non escludo intrattenimento popolare. Ma c’è un problema di fondo: l’assenza di pubblico altre incursioni in territori cinematografici. per i film italiani. In particolare per quelli che hanno tematiche importanti. Si C'è qualcosa che dovremmo imparare dall'estero? ha la sensazione di una momentanea disaffezione alla Il coraggio. All’estero raccontano storie internazionali o sala cinematografica. Questo sarebbe tragico perché almeno con temi europei, che riguardano tutti. Da noi significherebbe che non si sente più il bisogno di condiescono fuori film “condominiali”, improponibili e invendibili fuori dalla nostra realtà. videre un’emozione sullo schermo con gli altri. Che consigli daresti ai giovani che vogliano lavoA cosa si deve quest’affezione, secondo te? rare in questo settore, anche come tecnici, non Mi auguro che sia frutto anche della crisi economica che solo come attori o registi? ci sta attanagliando. Ma se si preferisce vedere un film Difficile dare una risposta. In ogni caso formare un bel al computer o in TV allora il problema è drammatico: si gruppo di amici con i quali si condivide la realizzazione tratterebbe di un nuovo atteggiamento sociale che non di un corto o di un mediometraggio a basso costo, dove porta nulla di buono, se non un progressivo isolamento ognuno è appassionato di un settore, sarebbe già un dell'individuo. primo passo importante. Oggi molti nuovi registi venLa voglia di innovazione nel nostro Paese si scongono scelti per aver fatto un “corto” interessante che tra spesso con l'immobilismo in vari settori. Quale Foto di Romolo Eucalitto faccia prevedere una buona maturazione. potrebbe essere la soluzione per dare una nuova na tenda del salone come sipario: mamma, papà, zii e cugini come spettatori. “Devo la mia creatività artistica alla mia famiglia - racconta a What’s Up Carlo Verdone -, i miei mi spingevano a visitare il mio quartiere - Trastevere -, a parlare con la gente, e questo mi ha aiutato nella costruzione di tanti personaggi, come l'ingenuo Leo di “Un sacco bello”, o l'imFoto di Maurizio Riccardi branato Ivano di “Viaggi di Nozze”. Fondamentale la figura del padre, lo storico cinematografico e docente universitario Mario Verdone, che l'attore ricorda come genitore molto presente e carismatico, ma anche molto severo. Come non essere condizionato poi dalle presenze importanti che si avvicendavano a casa dei Verdone: Vittorio De Sica, Bernardo Bertolucci, Pierpaolo Pasolini e Sergio Leone, per citarne solo alcuni. E proprio a quest'ultimo Verdone deve i primi incoraggiamenti e i consigli di regia cinematografica. Nel documentario “Carlo” di Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni, presentato lo scorso 10 Novembre alla settima edizione del Festival del Cinema di Roma, si mostrano episodi poco noti della vita privata dell'attore-regista, come una festa di compleanno dove Massimo Troisi gli augurava “Quarantamila anni di vita” e testimoni affettuosi si avvicendano davanti alla telecamera. Ma più che di sé Carlo Verdone vuole parlarci del cinema.
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iovani, belli e bravi: questo il ritratto di Caterina Falleni e Lele Saveri, i vincitori del Premio What’s Up Giovani Talenti, giunto alla sua sesta edizione. Un’occasione speciale per chi, come loro, “ce l’ha fatta” in mezzo alla giungla in cui tutti noi giovani viviamo. L’età di Caterina e Lele sconvolge se paragonata alle loro esperienze: Caterina, 23 anni, è una designer e ricercatrice. Diplomata all’ISIA di Firenze, 1 vanta già un’esperienza notevole: ha infatti lavorato in Olanda, in Finlandia e in Tanzania, dove ha progettato interni di abitazioni e resort.Alle spalle ha già una serie di riconoscimenti, ma quello che le ha permesso di emergere più degli altri è uno dei suoi ultimi progetti: il frigorifero senza corrente. Si chiama Freijis, un’idea per la quale ha ottenuto una borsa di studio presso il Centro di ricerca Nasa nella Silicon Valley dove, quest’estate, ha cominciato a lavorare ad un altro progetto innovativo, X & Y Genomics, che permetterebbe di interagire con il proprio corredo genetico e, grazie al sezionamento del DNA, di prevenire alcune malattie. Che dire?Ammirati, attendiamo novità. Lele Saveri non è da meno: fotografo trentaduenne, romano, oggi lavora tra Milano e New York. Da bravo artista visuale preferisce raccontarsi e raccontare con le immagini piuttosto che con le parole. A soli 27 anni è stato photo-editor di Vice Magazine, rivista di arte e cultura, distribuita in 28 Nazioni. L’anno scorso ha pubblicato “Incubi et succubi”, libro edito da Seems e presentato anche a Tokyo con cui ha espresso (sempre per immagini) paure e angosce che lo scuotono dal profondo. Lele è anche l’autore di reportage di stampo sociale e antropologico in Italia e nel mondo che hanno richiamato l’attenzione di riviste come GQ, L’Uomo Vogue e Rolling Stone. Ma soprattutto a Lele il merito di avere messo a disposizione il 2 proprio talento per sostenere altrettanti giovani fotografi dando loro l’opportunità di farsi conoscere nel mondo, attraverso gallerie virtuali e fisiche. La premiazione di Caterina e Lele è avvenuta nella Protomoteca del Campidoglio, nell’ambito della XXIII Edizione del Premio Minerva Anna Maria Mammoliti, la manifestazione con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana dedicata alle donne che si sono distinte nei vari campi del sapere. Donne e giovani, del resto, sono ancora oggi da considerarsi due minoranze e noi di What’s Up ci augu- 1. Caterina Falleni riamo che eventi del genere possano 2. Lele Saveri Entrambe le foto sono di dare una scossa al nostro sonnolento Laura Camia Paese.
event Area Sanremo: il pop è un termometro del futuro Anche quest’anno What’s Up è Media Partner di Elena Del Duca
“I
l pop è sempre stato un termometro del futuro”. Parola di Paolo Giordano, capo – struttura di Area Sanremo 2012, l’unico concorso musicale, organizzato da Sanremo Promotion S.p.A., che permette ai giovani cantanti dai 16 ai 36 anni di partecipare al Festival della Canzone Italiana. Prospettive ottimistiche, dunque, per l’edizione di quest’anno che ha visto l’adesione di 296 iscritti (nelle due sezioni di SanremoLab e SanremoDoc) di cui ben 44 finalisti. L’ultimo passaggio è quello che prevede la proclamazione da parte delle commissioni di Area Sanremo dei vincitori. Sarà poi una commissione RAI a decidere i due cantanti (interpreti o band) che approderanno sul palco della kermesse canora in programma a febbraio 2013. “Il panorama artistico dei partecipanti? L’ho trovato migliore degli anni scorsi – rivela lo stesso Giordano -. I ragazzi sono in genere più positivi e più creativi e questo è un buon segno”. Insomma, la spending review non ha influito sull’estro artistico delle nuove generazioni di interpreti
nostrane che vedono il Festival di Sanremo come un’ottima rampa di lancio a cui ci si arriva non solo con la valorizzazione del talento ma anche con molta preparazione. Tra ottobre e novembre, infatti, si sono tenuti i corsi di formazione e di perfezionamento con artisti di primo piano del panorama italiano (Beppe Carletti, Marco Masini, Gaetano Curreri, Luca Jurman e Paolo Vallesi) e la stessa commissione selezionatrice è costituita da importanti professionisti: Andrea Mirò (presidente), Omar Pedrini e Niccolò Agliardi. Ma sveliamo qualcosa in più ai nostri lettori: cosa cercano quest’anno: la voce, il talento o il personaggio? “Ci fossero tutti e tre riuniti in una sola persona, sarebbe l’ideale, - risponde senza mezzi termini Giordano. - In ogni caso non si può fare una graduatoria di preferenza. E, a pensarci bene,
tutti i grandi artisti sono sia belle voci che talenti che personaggi. Ecco, noi cerchiamo un grande cantante del futuro”. E ancora. Nell’edizione 2011, l’hanno spuntata due band, Io ho sempre voglia e i Bidiel, in controtendenza con i talent show televisivi dove invece i “gruppi vocali” non stanno avendo molti riscontri: “Il ‘mercato’ delle band è sempre stato molto grande. Il concetto di band è di per sé lontano da quello di interprete. Di solito le band cantano e suonano la musica che compongono e scrivono. I talent invece hanno per loro stessa natura un format che premia l’interprete. Sono quindi due realtà diverse. Ma una non toglie spazio all’altra. In questo momento le band stanno vivendo una nuova rinascita. Ma questo è già accaduto tante altre volte negli ultimi quarant’anni”. Ancora al vaglio la possibilità di riproporre l’ottima iniziativa dell’edizione 2011 ossia, la chance data agli altri otto vincitori di Area Sanremo di esibirsi durante la settimana del Festival, nell’ambito dell’evento Area Sanremo Festival ospitato da Casa Sanremo. Insomma, il sipario rosso porpora deve ancora alzarsi ma dietro le quinte c’è un emozionante “work in progress” che potrà essere seguito sul sito: www.areasanremo.it e anche in modalità interattiva su Facebook, YouTube e Twitter.
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GiOieLLi e BiJOUX
COMe ARRiCCHiRe (COn POCO) iL VOSTRO 2013
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di Ilaria Crestini
on l’arrivo del Natale ad illuminare qua e là i capi e gli accessori: li come l'onice o il granato poiché sdrammatizzano parlare di gioielli viene ricoprono. È il caso di cinture, fasce e colli un gioiello che tenderebbe ad essere altrimenti estrequasi spontaneo. Da che, dal décolleté al punto vita, illuminano e Brosway Jewels mamente elegante. sempre sono loro il regalo che rendono importanti abiti, cappotti, Macro sono poi anche gli anelli e a vincere su tutti sono le donne desiderano di più, Miluna - Collezione Luna gonne e pantaloni. quelli monopietra che spesso vantano una montatura che lo ricevano da un fidanzato o sem- Non sono quelli che siamo soliti intendere gioielli in altrettanto importante. Dall'anulare al mignolo, sapranno apò plicemente da qualcuno che vuole disenso tradizionale, ma non c'è dubbio che è su di loro dare risalto alla mano che deve essere però molto cuS'Ag yer ra P mostrare il suo affetto. che dovrete puntare se ciò a cui ambite è vestire ferata. Seppure tutto ciò è vero, questa delmente l'idea di opulenza che domina le colleNei bracciali restano dominanti i bangles che possono essere indosvolta, vedendo le tendenze che la zioni. sati anche in coppia e che vengono proposti nei più svariati materiali. moda ci propone nei look da sfilata, Si va dall'ottone alla resina, dal legno all'acciaio, senza dimenticare i ci accorgiamo che forse pensare i gioielli esagerati preziosi argento, oro e platino. L'alternativa alla dimensione importante ai gioielli in senso tradizionale è, di questi modelli la si può trovare nei piccoli rigidi che vanno indossati Sono certamente le collane plastron, ossia quelle che, a ridosso del 2013, davvero in numero generoso riuscendo così a ricreare lo stesso effetto dei bancome lascia intendere la traduzione letterale, sono formate troppo riduttivo. Vediamo pergles, ma offrendo in più l'opportunità di mescolare colori, materiali e da piastre rigide dalle forme arrotondate che riempiono le ché. forme diverse tra di loro. scollature e sorprendono per la loro imponenza. Ricoperte di Anna Rachele Bijou Brigitte pietre, traforate, arricchite da fili che scendendo ne compen- Breil - Stelle Silk Per concludere non si può non parlare degli orecchini. Ormai il gioiello non convenzionale va sul sano la rigidità, sono grandi protagoniste e le ritroveremo anche abituate a sceglierli pendenti, un po' nelle collezioni vestito come le collane, sono della prossima priLa tendenza di tessuti e capi incrostati di pietre è domiuna cascata di pietre e mavera. nante. Quasi sempre non preziose ma coloratissime e di diluce. Bellissimi in ogni Sullo stesso stile mensioni medio-grandi, "macchiano" cappotti, chiudono colli, versione, fortunatatrionfano le colcadono sulle spalle e rendono i look fortemente opulenti. È il mente anche non prelane chandelier trionfo delle spille che, sdoganate dall'idea di gioiello deziosa, sono anch'essi che riempiono a sueto, diventano l'accessorio capace di rendere anche il capo preferibilmente propocascata i décolleté più semplice perfetto per rispecchiare il must che vuole i look sti con pietre colorate o dando ad ogni ricchi, barocchi ed esagerati. nere nelle versioni più look un'aria sofistiParticolarmente originale è che le pietre non si limitano solo cata e retrò. Per Swatch Bijoux - da sera, ideali per completare i look darkquesti modelli vinCollezione Glance gotici tanto decantati. Ilary Blasi interpreta la collezione Chic Embrace cono le pietre scure Berenice Marlohe per
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di Stroili Oro
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iL ROCK iTALiAnO diVenTA ARTe di Gabriella Poggioli
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arà perché il 2 febbraio 1962 tutti i pianeti, a eccezione di Nettuno, si allinearono per la prima volta dopo quattro secoli, ma a ben guardare quell'anno fu memorabile per un'eccezionale concentrazione di eventi: a Kennedy scoppiò tra le mani la crisi missilistica di Cuba e Castro finì scomunicato persino dal papa buono, Sean Connery debuttò al cinema insieme al bikini di Ursula Andress in Agente 007 Licenza di uccidere, il Burundi e le Samoa Occidentali ottennero l'indipendenza e in gennaio nevicò a Palermo, profetica anticipazione dell'agosto fatale in cui morì Marilyn Monroe e nacquero i Beatles. Senza dubbio, dunque, anche l'intraprendente Giovanni Bauer deve aver risposto inconsapevolmente a un preciso richiamo cosmico quando, proprio nel 1962, decise di importare a Granarolo dell'Emilia la chitarra elettrica che aveva già rivoluzionato la musica d'oltreoceano: fu così che la Fender e il rock'n'roll sbarcarono in Italia. Le ricorrenze felici vanno festeggiate e la leggendaria musa di Jimi Hendrix, Keith Richards e Kurt Cobain lo fa con una mostra degna della sua storia: REWIND. 50 anni di FENDER in Italia, al Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna fino al 3 febbraio 2013 (www.museomusicabologna.it). Musica e arte contemporanea si incontrano in un gioco divertente e suggestivo. Si parte dalle Fender customizzate, quasi fossero novelle Marilyn warholiane, da ventidue artisti italiani e internazionali, chiamati dal curatore, Luca Beatrice, a reinterpretare creativamente
il mito secondo una manciata di linguaggi diversi: come la voce graffiante della Fender ha intrecciato negli anni rock, pop, alternative, dance e hip hop, così la mostra mescola pittura figurativa e arte concettuale, oggetto e 3 installazione, street painting e sound art. Se per Matteo Fato le corde della chitarra sono neon luminosi che la trasfigurano in un’icona da venerare, per Anna Galtarossa la Fender è un mondo di colori e culture differenti fatto di pon pon, perline, pizzi, collage, fiori e piume. L’inglese Chris Gilmore realizza una perfetta riproduzione in cartone della Stratocaster, mentre la chitarra di Daniel Gonzalez è tutta lustrini sgargianti e paillettes. E se Davide Bertocchi preferisce ridurla in polvere, celebrando il gesto distruttivo di molti musicisti della scena underground, Carlo Benvenutoritrae la sua Stratocaster rossa avvolta in un silenzio assorto. Ironico il punto di vista di Cuoghi e Cor4 sello, che con Mobile n.16 hanno scelto di dilatare la chitarra trovan2 dole un punto d’appoggio a terra, mentre il Discobolo del collettivo The Bounty Killart assume la posa di un rocker fenderista. All'interno delle sale storiche del Museo, queste inedite Fender d’autore dialogano, in un allestimento ricco di spunti e memoria, con gli elementi visivi e scenografici di una microstoria della musica italiana, che parte dall’inizio degli anni Sessanta e arriva fino a oggi secondo una successione più stilistica che cronologica. C'è il rock del primo Adriano Celentano e quello contemporaneo di Vasco, Ligabue, Litfiba e Afterhours, ma
anche il rock che si incontra con il pop nelle canzoni degli Stadio o di Cesare Cremonini; le “voci” dei grandi interpreti italiani, da Gianni Morandi a Tiziano Ferro, da Mina a Laura Pausini; la tradizione del pop melodico di Claudio Baglioni e Biagio Antonacci; una lunga serie di fenomeni alternativi, duri e puri o incrociati con il mainstream e il pop commerciale, come il Beat (dal Piper alla contestazione del ’68), la psichedelia, il pop sinfonico degli Area e dei Pooh e l’indie rock. Ampio spazio viene riservato alla canzone d’autore, dalla prima scuola di Genova (Paoli, Tenco, Lauzi, Bindi) a quella milanese di Giorgio Gaber, da Roma alla “via Emilia” di Guccini, Dalla, Carboni, Ron fino a Dente e Vasco Brondi. Né si dimenticano le culture giovanili, capaci di trasformarsi in fenomeni di moda e di massa, come la dance, l’electropop, il rap e l’hip hop. Arte contemporanea, musica ma anche fotografia. Gli ultimi cinquant'anni su e giù dai palcoscenici italiani sono ripercorsi, infine, attraverso una serie di scatti firmati dagli obiettivi musicofili di Guido Harari, Efrem Raimondi, Caterina Farassino e Paolo Proserpio, a disegnare una sorta di timelineche accorda la Fender con la storia del costume musicale italiano. In attesa del prossimo ecci6 tante allineamento planetario. 1. The Bounty Killart, Discobolo fenderista, scultura in gesso, chitarra Fender Stratocaster rossa, amplificatore, distorsore 2. Dario Arcidiacono, Evil Fender Box, acrilico su plexiglass e pennarello su chitarra, courtesy Antonio Colombo arte contemporanea, Milano 3. Chris Gilmour, Stratocaster, scultura in cartone e colla 4. Daniel Gonzalez, Macho Stratocaster Pinata, mylar su chitarra, courtesy Studio la Città, Verona 5. Hubertus Von Hohenlohe, Music Remains Long After Words Are Forgotten, collage 6. Giuseppe Veneziano, Stairway To Heaven, acrilico su tela, courtesy Contini Art Gallery, Venezia