LE CITTÀ INVISIBILI. ALBERTO ANDREIS E GIOVANNI MARINELLI

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giovanni marinelli ALBERTO ANDREIS Le cittĂ invisibili


1/32 GE publication by greta edizioni publishing department of bildung inc.

LE città invisibili Venice, Officina delle Zattere September 4 - October 18, 2015 Curated by Gaia Conti, Christina Magnanelli Weitensfelder Organisation: ZEITGEIST, Art Exhibit Group In collaboration with: BAG PHOTO ART GALLERY, Pesaro ROMBERG ARTE CONTEMPORANEA, Latina Le città invisibili ISBN 978-88-99367-06-0 Art Direction: Bildung Inc. © Greta Edizioni. All rights reserved

Printed in Italy in July 2015 Published in accordance with directives of the publishing house. Courtesy of the artists and Bag Photo Art Gallery Cover, from the top: Giovanni Marinelli, Blackplaces #02, 2015 (detail) Alberto Andreis, Reds #4, 2012 (detail) www.gretaedizioni.com


“Cities are a collection of many things: memories, desires, and signs of a language; cities are places of exchanges, as explained by every book on the history of economics, but these exchanges are not only of goods, they are exchanges of words, desires, memories.� Italo Calvino




ALBERTO ANDREIS He was born in Brescia, Italy, in 1959, he’s a painter, set designer, decorator and photographer. The ‘80s saw him as assistant to the set designer Ezio Frigerio, collaborating on the project for the film Cyrano de Bergerac with G. Depardieu, which won an Oscar for costume design and was also nominated for scenography. Since 1985 he has worked on design for both theatre and opera in Italy and abroad. From 2002 onwards he created the sets for various operas with the director Vittorio Sgarbi. Simultaneously he was broadening his activities creating several trompe l’oeil in Italy and abroad. Painting, which runs parallel to his other creative output has intensified in recent years and amongst his many exhibitions worth consideration: XII Quadriennale d’arte in Rome, 1996; Il Surrealismo padano da De Chirico a Foppiani at the Palazzo Gotico in Piacenza nel 2002; Arte Italiana at Palazzo Reale in Milan, 2007; exhibits featured in the Lombardia della Biennale di Venezia 2011; Dopo De Chirico. La pittura metafisica in Italia, at Panorama Museum in Bad Frankenhausen in Germany, 2012. In the last two years he has consolidated his photographic work and been invited to exhibit at the Fotografia Europea in Reggio Emilia at the prestigious Banca Albertini Syz, 2014. Andreis continues to live and work between Parma and New York.


Greens #1, 2014 Previous pages: Blacks #11, 2007


Greens #04, 2014


Blues #16, 2010


Reds #5, 2014


Blues #11, 2012


Blues #17, 2012


Reds #4, 2012


Chi non ha mai scattato fotografie di architettura, alzi la mano! Per passione, per lavoro o per ricordo, probabilmente chiunque possieda un dispositivo fotografico ha, nel corso degli anni, scattato lungo le strade delle città. È la normalità per ognuno di noi rapportarci quotidianamente con l’architettura: lo spazio che siamo abituati a percorrere è stato quasi interamente disegnato, progettato e realizzato da qualcuno.

le città invisibili Gaia Conti Può essere lo sfondo del nostro scatto, può trattarsi del soggetto oppure dell’oggetto, ma più che ogni altro, sono i monumenti, gli edifici e le piazze i protagonisti del nostro interesse fotografico. Alberto Andreis e Giovanni Marinelli sono i protagonisti di una bi-personale il cui oggetto è l’interpretazione della realtà attraverso lo studio della città come organismo fisico e meta-fisico. Il titolo dell’esposizione, Le città invisibili, è un chiaro omaggio alla sorprendente, e ancor oggi innovativa, opera del grande scrittore italiano Italo Calvino – “Ora scrivevo solo città contente, ora solo città tristi... uno stato d’animo, una riflessione, una lettura, una suggestione visiva, mi veniva di trasformarli in un’immagine di città” – da Sono nato in America. Interviste 1951-1985. Questo, lo spirito dell’esposizione: raccontare di una città personale, intima, nascosta, di città che potrebbero essere qui, ma forse si trovano altrove. Un altrove, che essendo difficilmente localizzabile, le rende di fatto invisibili. Ciò non significa che le loro città


non siano reali, come reali all’interno delle pagine del libro sono Laudomia, Olinda, Despina, Trude, Eutropia e le altre magiche terre di Calvino. Quelle dei due fotografi sono realmente palpabili nel racconto fotografico nel momento stesso in cui l’idea viene catturata dall’obbiettivo, assorbita dalla carta e contenuta all’interno di una cornice. Giovanni Marinelli, è un fotografo di lungo corso, abituato a catturare momenti della quotidianità, spazi, situazioni e tempi cadenzati. In questa nuova produzione, invece, riesce a cristallizzare in

“Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi.” Italo Calvino un gesto un’atmosfera, un pensiero. Giovanni propone un punto di vista che, volontariamente, mette in discussione i canoni della rappresentazione attraverso l’uso di una prospettiva verticalizzante, a disorientare lo sguardo. Il soggetto del suo obiettivo si dematerializza, si estrae volontariamente da un contesto che non gli appartiene e diventa un unicum a sé stante. In qualche modo questa serie di lavori mi ricorda i grandi grattacieli moderni immortalati da Tim Griffith, fotografo australiano conosciuto per la sua propensione ad utilizzare tecniche non oggettive, e per le sue atmosfere aperte e luminose. A mettere la dovuta distanza, la peculiare scelta espressiva di Marinelli che individua nell’oscurità e nel non detto il suo modus operandi. Poca, pochissima luce, quasi il buio totale. Il nero è il colore del mistero, del caos e dell’inconoscibile. I suoi Blackplaces creano una comunicazione liberata dai canoni tradizionali, che tende a sussurrare l’incomunicabile, piuttosto che


gridarlo apertamente. Una scelta che sembra scaturire da una determinazione interiore velata da nostalgia, da tristi ricordi che affiorano piano piano. Un sogno metafisico. Un’identità incerta. Il tempo che traballa. Le atmosfere degli scatti di Alberto Andreis, artista poliedrico, sono altrettanto nostalgiche, anche se fattivamente dissimili. Non è, infatti, il tipo di soggetto, l’inquadratura o il percorso linguistico che accomuna il lavoro di questi due artisti, ma il sentimento, l’intento di distacco dall’oggettività. La sua città invisibile non è abitata, è viva e immota allo stesso tempo. Non si percepisce la presenza dell’uomo, ma ve ne è traccia evidente in ogni scatto. Il lavoro di Andreis si muove in un territorio di prossimità, ma non di compiuta identificazione e i suoi sono dei soggetti urbani non asserviti alle esigenze della visualizzazione architettonica. Anzi, l’ambiente architettonico è “costruito” e diventa non una realtà da rappresentare, ma uno spazio da esplorare. Blues, Reds, Blacks e Greens sono i titoli delle immagini, i blu, i rossi, i neri e i verdi. Il filo conduttore che lega la sua narrazione sta nel particolare che sottolinea, una luce, un cartellone, un’atmosfera, un profilo diventano il punto di emanazione tematica. Il lavoro artistico di Alberto si dipana e si esprime attraverso molteplici canali: la pittura, la decorazione, il disegno, la scenografia, ed è anche attraverso la fotografia che è tangibile il suo intento nell’attraversare spazi mentali e non geografici. Le sue “visioni” catturano l’attimo che passa attraverso degli squarci statici, rendendoli fluidi ed eleganti. La luce, i materiali, le superfici, le linee, le geometrie, le prospettive caratterizzano la scena con estrema pulizia compositiva e ordine degli elementi. Gli occhi. Il vedere. Gli stati d’animo.


La vista. Ciò che catturiamo con la retina si imprime a forza nella nostra mente e viene classificato, memorizzato, rielaborato. Il modo di vedere di ognuno di noi è diverso e incredibile. Non mi riferisco solo alla presunta oggettività delle cose, ma anche alle idee e ai pensieri per i quali i diversi modi di percepire visivamente dipendono in buona parte anche dagli stati d’animo. Talvolta reale e irreale si mescolano in maniera indefinita specchiandosi l’uno nell’altra. Città. È un concetto limpido, familiare, semplice nella sua complessità. Una città è un luogo che si conosce bene, che si abita, che si esperisce, è insomma ben visibile. Invisibile. È questo aggettivo, invisibile, ad essere singolare. È astratto, è un qualcosa che non possiamo toccare, non possiamo odorare, ci è anche difficile solo immaginare, e tutto perché non possiamo vederlo. La memoria. Il desiderio. I segni. Gli occhi. Il nome. Le città continue. Le città nascoste. Le città sottili. La città invisibile è un’atmosfera onirica, un simbolo, è finzione e chimera, è mentire e dire la verità. La propria. Con gli occhi di chi guarda e diversamente negli occhi di chi vede. Le città invisibili di questi due fotografi ritrovano nel fondo della memoria, nell’inconscio o nella ragione, le figure di molte città, per raccontarle. Entrambi hanno la capacità di interpretare, attraverso l’arte, lo spirito del proprio tempo e restituirlo in assoluta libertà. Può essere un frammento, uno squarcio di strada, un’idea di grattacielo. Ed è nel rispetto delle innegabili differenze e peculiarità che la distanza tra Andreis e Marinelli trova, attraverso la visione e l’idea, la giusta finestra di comunicazione, rendendo l’essenza delle loro città “luoghi di scambi [...]” – come sosteneva Calvino – “[...] scambi di parole, di desideri, di ricordi”.


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