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IL MAGO DELLA VOCE
ROBERTO GABBIANI, UN LIBRO DI STORIA DELLA MUSICA MODERNA CHE CAMMINA
DI TERESA FAVI
Tra i suoi grandi meriti, uno sicuramente è stato quello di allargare il repertorio del coro lirico, spingendolo verso il Rinascimento e il Barocco da un lato, e verso la produzione contemporanea dall’altro. Ha lavorato con i più grandi direttori, voci, registi e compositori del nostro tempo. Roberto Gabbiani fu chiamato a dirigere il coro del Maggio Musicale Fiorentino nel 1972 da Riccardo Muti. Da allora, una carriera in ascesa passata dal Coro della Scala, l’Accademia di Santa Cecilia e il Coro dell’Opera di Roma che dirige da venti anni. A Prato, ha inaugurato il Politeama con una Tosca fatta nel ’99.
Maestro, da quanto tempo manca da Prato e cosa le manca di Prato?
Manco da quando sono partito per Milano nel 1990 per lavorare al Teatro alla Scala. E dal 2000 vivo a Roma. Ma torno a Prato per vedere i miei figli, la mia famiglia e ritrovare un contatto con i miei ricordi di gioventù a cui sono molto legato. Sono cresciuto anche culturalmente a Prato, dove ho studiato al liceo classico Cicognini con Agostino Ammannati, un grande professore che ha aperto molte menti. Poi, sono arrivati gli studi musicali al Conservatorio Cherubini, dove punto di riferimento principale è stato Luigi Dallapiccola che con il suo sigaro viaggiava sempre tra le aule di composizione. A Firenze c’è stato negli anni ’60 un grande fermento musicale che la poneva all’avanguardia rispetto al resto d’Italia. Basti pensare al Maggio Musicale Fiorentino, più tardi a un giovanissimo Riccardo Muti che si è dedicato a lungo a Firenze e dopo di lui altri grandi, come Zubin Mehta.
Quanto c’è di Prato nella sua carriera?
È stata il mio punto di partenza, mi ha formato anche nel carattere, abitata com’è da persone che hanno sempre voglia di fare anche durante i periodi di crisi. Aver creato una Camerata è un merito eccezionale della città. Mi ha reso anche molto deciso e convinto nelle mie idee, ma allo stesso tempo disponibile ad ascoltare anche gli altri, perché è davvero questo che si fa a Prato.
Qual è la sua conoscenza della scena musicale classica pratese di oggi?
Lorenzo Fratini, oggi direttore del Coro del Maggio Musicale, è stato mio allievo. È un po’ il proseguo della mia vita, sta facendo quello che ho fatto quando ero giovane e mi fa piacere che in un certo senso porti avanti il mio testimone.
Una delle più importanti produzioni liriche della nuova stagione dell’Opera di Roma sarà la Turandot con la regia di Ai Weiwei, per la prima volta alle prese con un’opera lirica. Può anticiparci qualcosa?
Ai Weiwei è un personaggio incredibile.
DUE FOTO DEL MAESTRO ROBERTO GABBIANI CHE DIRIGE IL CORO DELL’OPERA DI ROMA (PH. FABRIZIO SANSONI)
LA PLATEA, I PALCHI E IL SOFFITTO DEL TEATRO COSTANZI SEDE DELL’OPERA DI ROMA (PH. YASUKO KAGEYAMA E FABRIZIO SANSONI)
AI WEIWEI ALL’OPERA DI ROMA PER TURANDOT DI PUCCINI, IN PROGRAMMA DAL 22 AL 31 MARZO 2022 (PH. YASUKO KAGEYAMA)
L’ho conosciuto quando abbiamo iniziato le prove nel 2020, poi interrotte l’8 marzo per il lockdown. Anche con questa Turandot sembra voler graffiare il mondo, come lui fa spesso nelle sue produzioni artistiche, per denunciare ciò che secondo lui c’è di sbagliato. I costumi che ho visto erano dirompenti, quasi laceranti, fatti con la plastica. La scenografia era suddivisa nei tanti continenti del nostro pianeta. Credo che tutto questo lo riporterà in scena anche quando riprenderemo le prove per il grande evento di marzo 2022 (dal 22 al 31, ndr).
Ma adesso, con il Coro e l’Orchestra dell’Opera di Roma siete impegnati nelle prove del titolo che apre la stagione il 20 novembre.
Sì, inauguriamo con un’opera contemporanea, una prima assoluta commissionata dal Teatro a Giorgio Battistelli. Si tratta del Julius Caesar dall’opera di Shakespeare. Una scrittura contemporanea è sempre un difficilissimo approccio per tutti i teatri, ma anche una grande novità culturale per il pubblico. Credo che il viaggio di due ore - quello in treno che separa Prato da Roma - sia ben speso anche per un pratese nel caso di entrambe i titoli.
Con il Maestro Riccardo Muti ha condiviso buona parte della sua carriera, cosa l’ha sempre colpita di lui?
Il suo estremo rigore e il suo grande umorismo. Insieme ci siamo divertiti molto e insieme abbiamo lavorato molto per far andare le cose al loro posto. Per me è stato un mentore meraviglioso.
Tra i grandi registi con cui ha collaborato, anche Franco Zeffirelli. Cosa ricorda di lui?
Ricordo di averlo conosciuto per una Traviata del ‘67 al Maggio Musicale Fiorentino come un grande regista, una personalità dal fascino indiscutibile ma allo stesso tempo molto semplice e disponibile. Non amava stare sullo scranno. Un grande uomo.
Cos’è il coro per il Maestro Gabbiani?
Il coro è la società perché lì dentro si ritrova di tutto. Il coro è fatto di tanti esseri umani uno diverso dall’altro, ma quando cantano insieme diventano un unicum rinunciando a qualcosa di se stessi, ed è questa la bellezza sociale del coro.