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CANTO LE STORIE
DAVID RIONDINO È NATO A FIRENZE NEL 1952, FIGLIO DI UN MAESTRO ELEMENTARE ESPONENTE DELLA AVANGUARDIA EDUCATIVA
DAVID RIONDINO, LA SUA PRATO E IL SUO NUOVO RECITAL AL POLITEAMA
DI TERESA FAVI
Musicista, attore, cantastorie, scrittore David Riondino lega le parole alla musica con la cadenza dei racconti popolari andando avanti e indietro nel tempo come se non esistesse un prima e un dopo. Fiorentino, compagno di scuola di un altro fuori serie come Paolo Hendel, vive a Roma da anni. Ha debuttato ventenne allo Zelig di Milano, ha fatto il bibliotecario alla Nazionale di Firenze, ha letto di tutto accumulando una cultura spaventosa. Storiche le sue collaborazioni: quella con Stefano Bollani e Mirko Guerrini sfociata in una delle più belle trasmissioni radio degli ultimi vent’anni il dottor Djembe, in teatro con Sandro Lombardi e Federico Tiezzi, nell’editoria con Milo Manara e Sergio Staino. Al Teatro Politeama, che riparte con una bella stagione teatrale, David Riondino porta il 27 ottobre il recital Fermata Provvisoria.
Titolo curioso, a cosa si riferisce?
Fermata provvisoria è il momento in cui un venditore passando da una città all’altra si ferma e fa vedere la sua merce. È un titolo che diedero tanti anni fa dei torinesi, quando in un teatrino proposero a degli attori di passaggio di passare il lunedì, che è il giorno libero in teatro, a far vedere i loro pezzi di repertorio prima di ripartire. Invitarono anche me e feci una raccolta di pezzi che avevo costruito nel tempo. Questa cosa mi piacque e nel tempo l’ho fatta mia. Lo spettacolo che porto a Prato, dunque, è una raccolta di brani del mio repertorio - canzoni, monologhi, poesiole, storielle - che rende conto della mia attività… un po’ da cantastorie. Insomma, immaginatemi come un venditore di pentole al mercato che intrattiene i curiosi per vendergli pentolini e padelle.
C’è un legame speciale con il Politeama?
C’è, assolutamente. Agli inizi degli anni Duemila feci una cosa molto bella proprio qui con Bollani, Petra Magoni, Monica Demuru, Paolo Benvegnù e Mauro Mengali. Si chiamava La cantata dei pastori immobili, commissionata dal Teatro per Natale con la premessa che non avevano tanti soldi da spendere. Proposi a Stefano di fare le statuine immobili del presepe che cantavano, dunque non c’era bisogno di un grande allestimento. Stefano sulla scena suonava il pianoforte, io facevo il narratore, e 4 statuine cantavano il loro fatto d’esser immobili. Per esempio, c’era il pastore con la pecora sulle spalle che si domandava dove diavolo avesse preso quella pecora. A forza di esser tirato fuori dalla scatola e rimesso dentro, aveva perso il senso della vita. Ne uscì un vero musical, divertente e poetico, a cui seguì anche un libro illustrato da Sergio Staino.
Chi sono stati i tuoi maestri nell’arte di raccontare storie?
La prima è stata la mia nonna materna che stava a Castel Fiorentino. Mi addormentava raccontandomi storie, spesso erano in versi come quel poemetto sulla Pia dei Tolomei che iniziava così: “Negli anni che de’ Guelfi e Ghibellini / Repubbliche a que’ tempi costumava / Batteano i Cortonesi e gli Aretini / Specie d’ogni
L’ATTORE E MUSICISTA È AL TEATRO POLITEAMA DI PRATO IL 27 OTTOBRE CON IL RECITAL FERMATA PROVVISORIA
partito guerreggiava… e via dicendo”. Il gusto del racconto mi viene dall’antico.
Concludi sempre le tue storie con una canzone, le due cose sembrano complementari...
Per me la storia raccontata è sempre il prologo di una canzone, un po’ come nell’opera: dopo il recitativo viene l’aria.
A cosa stai lavorando?
Sto preparando un disco con Maurizio Geri con cui, tra l’altro, abbiamo ultimato da poco una serie web a puntate TG Suite. È una trasmissione settimanale di canzoni sui fatti di cronaca velocemente realizzate e videoclippate. Poi, una volta alla settimana ne abbiamo conversato su zoom con gli artisti e gli autori tra cui mia sorella Chiara (musicista anche lei, ndr), Mirko Guerrini, Mirio Casottini, Massimo Altomare e tanti altri. Sono 6, 7 canzoni originali per ogni trasmissione, tutte molto belle. Dante quest’anno è stato con te sulla scena
ma anche in radio,non è vero?
Certo, con il poeta Davide Rondoni. Oltre alla curiosa assonanza tra i nomi, c’era il fatto che io sono fiorentino e lui romagnolo: i due punti estremi della biografia dantesca. Insieme abbiamo fatto 30 puntate su RaiRadioTechetè dal titolo Tipi Danteschi in cui ogni volta intervistavamo un personaggio che in vario modo ha intercettato Dante nella sua vita pur senza essere un filologo. Abbiamo parlato con Virgilio Sieni che è un coreografo, astrofisici, matematici come Piergiorgio Odifreddi, storici come Franco Cardini ed è venuto fuori che sono molti i ‘tipi danteschi’ ad aver incontrato Dante nella propria vita, e ad aver riconosciuto centrale il suo invito al viaggio, come ricerca del senso dell’esistenza.
Da Dante a Boccaccio passando per Prato. Chi ti viene in mente?
Madonna Filippa! La novella del Decamerone che racconta di una bella e giovane pratese che colta in flagrante adulterio dal vecchio marito, rischia per legge di essere condannata al rogo. Al processo che si consuma in piazza davanti al podestà e ai concittadini la bella si difende dicendo: “Una legge per essere rispettata deve essere condivisa, e non mi risulta che qualcuno mi abbia mai chiesto se ero d’accordo o se le donne siano d’accordo con questa legge”, un bel concetto per il 1300. A questa novella ho dedicato una canzone in un disco di qualche anno fa Bocca baciata non perde ventura. La faccio anche al Politeama ma con la proposta di una statua in onore di Madonna Filippa… Del resto, dove se non a Prato?