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DELICATE, FRAGILE, LIGHT

TIMOTHÉE CHALAMET. THE NEW GOLDEN BOY OF INTERNATIONAL CINEMA TELLS IT ALL TIMOTHÉE CHALAMET. IL NUOVO VOLTO DEL CINEMA INTERNAZIONALE SI RACCONTA

We met with him in Venice, or rather, at the Lido, in a room of the Excelsior Hotel, the hideaway of actors, actresses and film directors during the Venice Film Festival. Timothée Chalamet has been the golden boy of world cinema for a few years now, since he rose to international fame by starring in Call Me by Your Name by Luca Guadagnino, making it to the top of the contemporary star system. His features, his thinness. His delicacy. Timothée has been the first actor to embody the modern man. The figure of a young man who is less macho and more fluid. Less cockiness, more introspection. We have gone from Tom Cruise’s perfect smile to Brad Pitt’s brazen beauty, to George Clooney’s coolness and self-irony. And now here comes Timothée’s quiet intensity, his shy gaze. Timothée is ethereal, fragile, light. He seems made of a different material as compared with Bradley Cooper or Johnny Depp. If you were to compare him to a movie star of the past, an obvious choice might be someone like Montgomery Clift. The same absorbed, a bit disorientated look. And slightly feminine traits, instead of turtle shell abs. And yet women adore him. The Guardian coined a new term for him: ‘Chalamania’. After The King by David Michôd (2019), Chalamet returned to Venice in 2021 with Dune, the spectacular remake of the David Lynch film by Denis Villeneuve, and with the movie by Luca Guadagnino, Bones and All, in competition at the latest Film Festival. Such scenes had not been seen on a red carpet for ages. Crowds of girls waiting for him to appear, sitting on the ground or on towels since sunrise, with umbrellas to shade themselves from the sun, hoping to take a selfie with him. Him, the divo opposite of a divo. Chalamet, what do you think about social media, the

Lo incontriamo a Venezia, o meglio al Lido, in una stanza dell’hotel Excelsior, rifugio degli attori e dei registi durante la Mostra del Cinema di Venezia. Timothée Chalamet è, da qualche anno, il volto nuovo del cinema mondiale. Da quando si è affacciato alla ribalta internazionale con Chiamami col tuo nome - Call Me by Your Name - di Luca Guadagnino, si è conquistato un ruolo di primissimo piano nello star system contemporaneo. I suoi lineamenti, la sua magrezza. La sua delicatezza. Timothée è stato il primo attore a incarnare l’aria nuova dei tempi. Una figura di giovane uomo meno macho e più fluido. Meno spavalderia, più introspezione. Siamo passati dal sorriso inattaccabile di Tom Cruise alla bellezza sfacciata di Brad Pitt, agli sguardi più ironici e consapevoli di George Clooney. Per approdare ai silenzi, agli sguardi quasi timidi di Timothée. Timothée è etereo, fragile, leggero. Sembra fatto di un altro materiale, rispetto a Bradley Cooper o a Johnny Depp. Se assomiglia a un divo del passato, viene da pensare a Montgomery Clift. Lo stesso sguardo assorto, un po’ smarrito. E tratti un po’ femminei, invece della tartaruga di addominali. Eppure lo adorano. Il Guardian ha coniato per lui una parola nuova: ‘Chalamania’.

Dopo The King di David Michôd (2019), a Venezia, Chalamet è tornato nel 2021 con Dune, lo spettacolare remake del film di David Lynch firmato da Denis Villeneuve, e, nell’ultima edizione, con il film di Luca Guadagnino Bones and All, presentato in concorso.

Da anni non si vedevano scene come quelle che si sono viste nel settembre scorso, davanti al red carpet. Ragazzine in attesa fin dall’alba, a sedere per terra o sugli asciugamani, con gli ombrelli per ripararsi da un sole implacabile, e la speranza di un selfie con lui. Lui, il divo non divo.

Chalamet, ma lei che cosa pensa dei social, della ma-

‘I’VE ALWAYS DREAMED OF SHOOTING A MOVIE BASED ON THE AMERICAN LANDSCAPE SUCH AS BONES AND ALL’ ‘DA SEMPRE VOLEVO GIRARE UN FILM CARATTERIZZATO DAL PAESAGGIO AMERICANO COME BONES AND ALL’ selfie mania, about the way we are always showing who we are though a smartphone screen? nia dei selfie, di come ci mostriamo sempre attraverso lo schermo dello smartphone?

I think that being young today means always exhibiting yourself, constantly being judged. To me, it is a relief to play characters that do not live on Twitter, Instagram or Tik Tok. I do not enjoy instagramming my life minute by minute.

What do you usually post on social media?

I like posting something about writers and poets: a piece of poetry by Dylan Thomas, the verse of a song or the frame of a film that really struck me, perhaps a 1927 film, such as Metropolis by Fritz Lang. But the world of social media is not my world. Some people find their tribe there: I was lucky enough to find it in real life, on film sets around the world, in Europe, in Israel, in the United States. You attracted the audience’s attention by starring in a film by an Italian director, Luca Guadagnino, mostly shot in the city of Crema. Now you are working with Guadagnino again on an ‘on the road’ story entirely shot in the US.

I was born and grew up with American cinema and I’ve always dreamed of shooting a movie based on the American landscape. I believe that I’m old enough now to rise to the challenge of my greatest dream, American cinema. A film that tells, in depth, about people living an isolated life who find a connection through love.

What were the hardest moments in your career?

I do not focus on the troubles in my career. Instead, this year, I lost my grandmother, a real person, who meant a lot to me. It was hard to cope with such a loss. I realized that, besides the very few people I love, my tribe is the filmmaking world. I found comfort in my actor and film director friends. How do you feel right now?

I’m happy, professionally speaking. On a personal level, I’m still searching for the special people I wish to have in my life. We have lived for two years in isolation, all of us. The pandemic deprived everyone of a tribe. Now people need real contact. We need to regain the pleasure of doing things together.

Penso che essere giovani, oggi, significhi essere sempre in vetrina, essere sempre giudicati. Per me, è un sollievo interpretare personaggi che non vivono su Twitter, su Instagram o su Tik Tok. Non amo instagrammare la mia vita minuto per minuto.

Lei che cosa mette sui suoi social?

Mi piace scrivere qualche pensiero di scrittori o poeti: una poesia di Dylan Thomas, il verso di una canzone, oppure il fotogramma di un film che mi ha davvero colpito, magari un film del 1927, come Metropolis di Fritz Lang. Ma non è sui social il mio mondo. C’è chi pensa di trovare lì la sua ‘tribù’: io per fortuna l’ho trovata in persone reali. Sui set dei film, in giro per il mondo, in Europa, in Israele, negli Stati Uniti. Ha trovato la grande attenzione del pubblico con il film di un regista italiano, Luca Guadagnino, girato in gran parte a Crema. Adesso, sempre con Guadagnino, affronta una storia ‘on the road’, tutta girata negli Stati Uniti. Sono nato e sono cresciuto con il cinema americano, e da sempre volevo girare un film che fosse caratterizzato dal paesaggio americano. Ho pensato che adesso avessi l’età giusta per affrontare il mio grande mito cinematografico, l’America. Un film che - nel profondo - racconta di persone isolate, che trovano una connessione attraverso l’amore.

Quali sono stati i momenti difficili della sua carriera? Non penso alle difficoltà della mia carriera. Quest’anno, invece, ho perduto mia nonna, una persona reale, che ha significato moltissimo per me. È stato difficile assorbire questa perdita. Mi sono reso conto che, al di là di pochissime persone che amo, la mia tribù è nel mondo dello spettacolo. Ho trovato rifugio nei miei amici attori e registi. Adesso, che momento sta vivendo?

Sono felice professionalmente. A livello personale sto ancora cercando le persone speciali che voglio trovare nella mia vita. Abbiamo vissuto due anni in isolamento, tutti quanti. La pandemia ci ha fatto rimanere, tutti, senza tribù. Adesso c’è bisogno di contatto reale. Abbiamo bisogno di trovare il piacere di fare le cose insieme.

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