Non è la solita guida

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Non è la solita guida

I Francescani

Gli ordini mendicanti, i Francescani e Napoli


Redazione a cura di

Valeria De Luca

Progetto grafico: Elena Carrucola

P.O.R. CAMPANIA FSE 2007/2013 _ D.G.R. n. 1205 del 3/07/2009_ D.D. n.25 del 5/02/2012 _ Comune di Napoli _ Progetto "Una Rete per le Donne" CUP B69E10005680009 _ CIG 380033794B Asse II Occupabilità Obiettivo Specifico f Obiettivo Operativo f2 Corso di formazione “Addetto Agenzie turistiche”

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INTRODUZIONE La storia della predicazione è uno degli aspetti riguardanti la vita movimentata della Chiesa. In Italia quando si diffondono gli ordini dei predicatori, l’orientamento spirituale da contemplativo diventa ferventemente missionario. Nascono nuove forme di cultura e di spiritualità. La predicazione è legata ai nuovi ordini Mendicanti (Francescani, Domenicani..) che sfuggono al particolarismo delle Diocesi e sono piuttosto connessi alla vita delle grandi Università europee ( Parigi, Oxford, Bologna). In questo modo l’ evangelizzazione assume un orientamento amplissimo e una capacità di penetrazione ecumenica. L’irruzione violenta, improvvisa e potente degli ordini Mendicanti, in particolare del Francescanesimo, nella spiritualità nella cultura, nella Chiesa, in una parola nel mondo tardo medievale ha provocato una sorta di rivoluzione e sconvolto assetti e pensieri consolidati anche nel microcosmo della parola scritta. La presenza dell’ordine Francescano nel corso del tempo è chiaramente riscontrabile nella città di Napoli, lo dimostrano le varie Chiese ed i Conventi dove è stata accertata la loro attività religiosa; oggi in molte di queste strutture sono ancora presenti. Diventa dunque affascinante compiere un percorso tra le chiese e i conventi legati alla figura del Francescano. Il percorso proposto non può lasciare indifferente nessun individuo, ammirando Napoli anche da questa prospettiva, ciò che colpisce come sempre è la straordinaria bellezza della città di fronte alla quale non esistono parole per definirla. Edwin Buzz Aldarin il 2° uomo a mettere piede sulla luna, disse riferendosi a ciò che vide:“La bellezza di quei luoghi era talmente lontana da ogni concetto terrestre che non esistono parole in grado di definirla”. Se qualcuno mi chiedesse di descrivere Napoli risponderei proprio con queste stesse parole.

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INDICE

Chi è il Francescano

Gli ordini mendicanti a Napoli

I Francescani e Napoli

I Conventi Francescani a Napoli

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“La bellezza di quei luoghi era talmente lont ana da ogni nostro concetto terrestre che non esistono parole in grado di definirla.� Edwin Aldrin

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Gli ordini mendicanti, i Francescani e Napoli

Chi è il Francescano I Francescani appartengono alla categoria degli ordini mendicanti. Uno dei motivi per cui il movimento di Francesco ha potuto rimanere efficace sino ai giorni nostri, è che con lui nacque un tipo di uomo nuovo: L’uomo francescano. Quest’uomo dona al mondo un senso nuovo della vita e una nuova spiritualità. E’ colui che ha il coraggio di mettere in pratica i testi più radicali del Vangelo e che riesce a mettersi vicino al fratello che soffre, seguendo l’insegnamento dell’amore che abbraccia contemporaneamente Dio e la creatura umana. Un francescano è un povero secondo il Vangelo; un uomo che liberamente e umilmente ha rinunciato a esercitare ogni potere; ogni mezzo di dominio sopra gli altri. Tuttavia nella sua vita non è condotto da un atteggiamento da schiavo, bensì dallo spirito più nobile ed alto che ci sia, quello del Signore. Seguire lo stile Francescano rappresenta la scelta di una via difficile, che solo pochi sono in grado di percorrere. Al frate solo Dio basta e Lui è la fonte della sua libertà. I Francescani giunsero a Napoli quando ancora Francesco era vivo. 10

Nella città molte sono le chiese nelle quali nel corso del tempo si sono insediati e in molte di esse sono ancora presenti. In questa sezione si procederà con una descrizione generale degli ordini mendicanti e del loro insediamento a Napoli, per poi giungere nello specifico a narrare dei francescani e della loro attività religiosa a Napoli e infine c’è una parte dedicata alle chiese di Napoli caratterizzate dalla loro presenza. Per il turista condurre un percorso che lo porti a visitare tutte queste chiese potrebbe essere sicuramente interessante. Molti sono gli stili e le tradizioni in cui potrebbe imbattersi.


L’accesso alle chiese secondo la tradizione italiana è garantito a tutti. I turisti che desiderano visitarle, devono tuttavia considerare che le comunità cristiane chiedono di osservare alcune regole riguardanti l’abbigliamento e lo stile di comportamento. Soprattutto si richiede il più rigoroso rispetto del silenzio in modo da facilitare il clima di preghiera anche durante le visite turistiche poiché bisogna sempre ricordare che al di là della curiosità di avvicinarsi a stili, culture e tradizioni delle varie strutture, restano comunque “case di preghiera”. Forse i racconti riguardanti questi religiosi che verranno proposti, potranno essere di aiuto a comprendere quanto sia importante e rispettoso non trascurare mai queste regole di buon comportamento indipendentemente se il turista sia non credente o credente. “Signore, fa di me uno strumento della Tua Pace: Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore, Dove è offesa, ch'io porti il Perdono, Dove è discordia, ch'io porti l'Unione, Dove è dubbio, ch'io porti la Fede, Dove è errore, ch'io porti la Verità, Dove è disperazione, ch'io porti la Speranza, Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia, Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce. Maestro, fa che io non cerchi tanto Ad esser consolato, quanto a consolare; Ad essere compreso, quanto a com-

prendere; Ad essere amato, quanto ad amare. Poiché, così è: Dando, che si riceve; Perdonando, che si è perdonati; Morendo, che si risuscita a Vita Eterna” Gli ordini mendicanti a Napoli Gli ordini mendicanti sono ordini religiosi sorti nella Chiesa intorno al XII secolo in Europa, la cui nascita è da porre in relazione con i movimenti pauperistici del tempo e la necessità di una riforma religiosa e morale in ambito cattolico. Gli ordini nati in questo contesto furono detti "Mendicanti", perché rinunciarono al possesso dei beni comuni, vivendo di quanto riuscivano ad ottenere con il lavoro o di quanto ricevevano in elemosina. Conducevano una vita regolare unita al ministero sacerdotale, apostolico, missionario, pastorale, ca­ ritativo-sociale e si basavano su un’organizzazione esente al regime centralizzato.

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Nello specifico queste caratteristiche si manifestano attraverso quattro elementi fondamentali che contraddistinguono gli ordini mendicanti. Il primo è la rinuncia a possedere anche in comune. Il secondo è quello della predicazione itinerante e urbana, attraverso la quale professano l'apostolato liturgico e pastorale nelle numerose chiese conventuali sparse ovunque nel mondo. I mendicanti professano la parola di Dio con lo studio e l'insegnamento anche universitario, con la partecipazione alle iniziative religiose, caritative e politico -sociali della Chiesa nella cristianità e in terra di missione. Il terzo è la dipendenza immediata dai propri superiori maggiori, oltre che dal Papa, invece che dai vescovi. Infine il quarto elemento che li contraddistingue è che i mendicanti raccolgono i propri conventi o case in province soggette a superiori

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centrali o provinciali. I superiori locali e i reli­giosi sono a loro volta legati al superiore generale dell'Ordine. Con queste caratteristiche, gli Ordini mendicanti furono identificati dal concilio di Lione I del 1274, che affrontò per primo, per volere di Gregorio X, i problemi suscitati dalla loro presenza nella Chiesa. Il Papa Gregorio X durante il concilio ricorda e, di nuovo proibisce, di istituire in avvenire nuovi Ordini, sopprimendo tutti gli ordini mendicanti che non hanno l’approvazione pontificia. Durante il concilio si stabilì che gli unici Ordini mendicanti approvati dalla Chiesa erano quelli la cui professione e la cui regola proibiscono di avere “redditi o possedimenti” e il cui sostentamento è perciò assicurato dalla “incerta mendicità”. L’insediamento dei mendicanti a Napoli avviene tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta del Duecento. I primi luoghi interessati da questo fenomeno furono i principali centri catalizzatori della Campania medioevale e delle zone limitrofe del capoluogo partenopeo (Salerno, Amalfi, Capua, Gaeta nella fascia costiera e Benevento nell'entroterra). Questi luoghi pur con storie diverse e con alterne vicende che li hanno caratterizzati in momenti differenti, nel corso del tempo rappresentarono i principali poli di riferimento sia economico che politico-amministrativo dei mendicanti. In seguito alcuni avvenimenti storici quali l'unificazione politica ad opera


dei Normanni e la riorganizzazione amministrativa degli Svevi, sminuì l’importanza di questi territori e di conseguenza anche il loro sviluppo. Ciò portò a uno spostamento dell'asse produttivo e commerciale verso l'Italia centro-settentrionale. Per questo motivo questi territori assunsero a livello nazionale un ruolo economico e culturale marginale. Man mano con lo stimolo di altri fattori politici e di altre circostanze economiche si andarono consolidando altri centri come ad esempio Aversa, che era la sede della prima contea normanna,ci fu poi la ristrutturazione di “villae” altomedioevali, come Maddaloni, e la ricostruzione di centri antichi come Avellino e Mirabella. In effetti, la crescita economica se da un lato favoriva la vita commerciale delle città costiere, dall’ altro permise anche all’ entroterra di svilupparsi pian piano. Ai centri di riferimento precedentemente citati va aggiunto anche il centro di Sessa Aurunca, che insieme a quello di Aversa furono i primi ad ospitare comunità di Ordini mendicanti. Il carattere essenzialmente urbano degli Ordini mendicanti e la loro tendenza a concentrare le proprie sedi nei principali poli di riferimento delle singole regioni appare dunque confermata. La "strategia'' insediativa dei religiosi si differenzia,tuttavia, per ciascun Ordine ed è legata al motivo per cui ognuno di essi è nato e ai rispettivi obiettivi. Nella città di Napoli possiamo verificare quali sono stati i territori maggior-

mente popolati dai mendicanti, prendendo in considerazione le grandi strutture ad essi appartenute. Se si considerano costruzioni quali: S. Lorenzo maggiore, S. Domenico Maggiore, il Carmine e S. Agostino alla zecca, si osserva come tutti i nuovi insediamenti mendicanti del XIII e XIV secolo si collocano in direzione dello sviluppo urbanistico verso est, verso sud e verso ovest, mentre non se ne registrano in direzione nord, poiché in questa ultima direzione la città si sviluppò solo a partire dalla prima età moderna. I francescani e Napoli Il primo inserimento dei Mendicanti a Napoli avviene tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta del Duecento ad opera della famiglia francescana. Con il nome Ordine Francescano viene indicato il “Primo ordine” fondato da San Francesco d’Assisi. I Francescani sono oggi raggruppati in tre famiglie ( Frati Minori Osservanti Riformati,

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Frati Minori Conventuali e Frati Minori Cappuccini). Ognuno di queste famiglie professano tutte l’identica regola del fondatore ma con costituzioni, tradizioni e caratteristiche proprie. Esse hanno in comune l’appellativo di Frati Minori. Il fine dei Francescani è quello di vivere il messaggio evangelico secondo il modello proposto dal loro fondatore Francesco e annunciarlo ad ogni creatura. L’ideale di Francesco e dei suoi compagni era quello di imitare gli apostoli. Il loro annuncio era legato alla povertà che rappresentava l’essenza della vita evangelica. La loro predicazione si basava sul motto “pace e bene”. Si rivolgevano agli uomini di tutte le classi sociali e alle varie fazioni in lotta tra loro. Il loro invito era al rinnovamento spirituale, alla conversione e alla penitenza. Come la storia ci narra, il primo insediamento a Napoli riguardò “S. Maria ad Palatium”, uno di quei “loci” che esprimono bene le loro prime sedi. Infatti lo stesso termine Palatium si riferisce non ad un impensabile palazzo francescano, ma ai ruderi di una villa romana che dette il nome al sito. Questa struttura era un luogo isolato e spopolato adatto alle esigenze eremitiche posta al di fuori delle mura cittadine, ma a poca distanza da esse. Il fatto che era un luogo isolato, permetteva alla stessa struttura di essere circondata da orti, dove i frati pro­ babilmente esercitavano il lavoro manuale per procurarsi quel che bastava per vivere. Tuttavia la prossimità alla 14

città, permetteva gli stessi di essere vicini al teatro principale del loro impegno di animazione religiosa. Nel 1279 con Carlo I i frati furono costretti ad abbandonare questo insediamento per l’inizio della costruzione dell’attuale Maschio Angioino trasferendosi nel convento di Santa Maria la Nova, al centro della città. Il convento era situato su una delle direttrici di sviluppo urbanistico principale (OvestSud- Ovest) e questo fu probabilmente il motivo per il quale sarebbe diventato un punto di riferimento della vita religiosa napoletana. In seguito, si fa risalire al 1234 un secondo insediamento francescano che può essere considerato quello in San Lorenzo. La basilica era già paleocristiana e per questo motivo non è da considerarsi come insediamento francescano ex novo. Fu concessa ai francescani dal vescovo di Aversa Giovanni Lamberto, dietro richiesta di fra Nicola Landi di Terracina. Quanto precedentemente narrato ci fa comprendere la tipica strategia insediativa francescana: dall’esterno


all’interno. Le tipologie di insediamenti, infatti, palesano come ci sia stato un passaggio da un’ area periferica fino a giungere nel cuore della città. La caratteristica del “modello” della strategia insediativa francescana così come per i Predicatori, fa si che all'apparenza sembri che essi abbiano seguito un percorso dal centro per poi giungere in periferia, ma in realtà ciò che avviene è l’opposto. I frati furono ben capaci a consolidare la loro presenza nell'area. Ciò avvenne al di là della concessione del vescovo di Aversa. Infatti cenni storici dimostrano che già negli anni Quaranta avevano dei beni, siti nell'attiguo “vicus Capuanus”. A dimostrazione vi sono alcuni documenti di una proprietà riconfermata in affitto il 15 settembre 1246 dalla badessa del monastero di S. Gregorio Armeno a Giovanni de Urso, dove si evince che proprio qui esisteva una “domus et gripta, quae detinuunt illis fratribus Minoribus”. Inoltre, è noto che nel 1267 erano proprietari di un orto che dava sulla platea Nustriana, l’attuale via S. Gregorio Armeno. Nel complesso i primi sovrani angioini non mostrarono un particolare attaccamento ai frati Minori né si legarono in qualche modo ai loro conventi dì S. Maria la Nova e di S. Lorenzo. In quest’ultimo nel 1305 registriamo la prima sepoltura di un membro della dinastia regia, quella di Raimondo Berengario, figlio di Carlo I e Maria d'Ungheria, seguita dopo poco da quella di Ludovico, figlio di re Roberto, e da quella di Caterina d'Austria, duchessa

di Calabria, prima moglie di Carlo l'Illustre, figlio di re Roberto. Ad esse ne seguirono altre, ma solo verso la seconda metà del XIV secolo, gli esponenti minori del ramo dei Durazzo optarono per la sepoltura in S. Lorenzo. Lo sviluppo dei francescani a Napoli va di pari passo con il crescere dei rapporti fra S. Lorenzo e l'aristocrazia che si intensificarono nel corso del Trecento, coinvolgendo anche esponenti del ceto feudale. Un esempio può essere il testamento del 6 novembre 1334 della contessa di S. 'Angelo, Ilaria de Sus. La donna moglie di Tommaso d'Aquino, conte di Belcastro, lasciò a S. Lorenzo 6 once per la celebrazione di messe cantate e stabilì che, le 80 once che si sarebbero ricavate dalla vendita di alcuni suoi beni siti a Scafati, fossero destinate alla costruzione di una cappella a S. Lorenzo, dove i frati avrebbero celebrato messe per lei e per il marito. Altre personalità furono sepolte a San Lorenzo agli inizi del Tre­ cento; Enrico III, conte di Bar-le-Duc, Filippo di Fiandra, titolare delle contee

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di Chieti e di Loreto, Manfredi Maletta, conte di Mineo. Tra i benefattori non mancano nobili non residenti a Napoli, come ad esempio i coniugi amalfitani Matteo Magnello e Violante Cognata di Amalfi, che donarono a S. Lorenzo alcune terre site nel casale di Casapuzzano, nelle pertinenze di Aversa, chiedendo ai frati di celebrare dopo la loro morte messe presso l'altare di S. Francesco sito nella chiesa, dove volevano essere seppelliti, riservando, tuttavia, ai loro eredi il diritto di trasferire questi beni all'ospedale dell'Annunziata di Napoli, con lo stesso peso di messe, se i frati fossero stati inadempienti. Di Amalfi era anche Franchetta de Sturionibus, che nel suo testamento aveva lasciato 8 once ai frati per la celebrazione di una messa alla settimana per la sua anima. Questa donazione giunta in possesso dei religiosi il 23 aprile

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1487, permise la riparazione del dormitorio. Con il passare del tempo i frati riuscirono a radicarsi maggiormente nella città e per questo motivo giunsero più donazioni da membri della nobiltà di seggio, in particolare da quelli appartenenti al seggio di Montagna, nella circoscrizione del quale era appunto il convento di San Lorenzo. Masella Brancaccio, moglie di Martinello de Sisto, e madre del fu Santillo Scriniario, il 28 febbraio 1374 donò al convento alcune case site nel vico di Santa Maria Maggiore, per la costruzione di un altare presso il quale far collocare le proprie insegne e fare una sepoltura per lei, il figlio e il marito, dove i frati avrebbero celebrato tre messe alla settimana, nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì, nonché un anniversario l'anno per le loro anime. Il sostegno della corte angioina ebbe un forte impulso con Roberto e Giovanna I, al tempo dei quali S. Lorenzo figurava al primo posto nell'elenco delle istituzioni religiose destinatarie della beneficenza regia. Ma intanto i frati avevano stretto forti legami anche con le famiglie della nobiltà del regno e di quella cittadina. Ne è un esempio la donazione giunta da Bartolomeo di Capua, protonotario del Regno, il quale finanziò la facciata della chiesa. Ancora si ricorda la donazione del vescovo di Capaccio, Goberto, che assistito già in vita da alcuni frati Minori come confessori, nel suo testamento del 1291 destinò 50 once per la costruzione di una cappella e per


la sua sepoltura in San Lorenzo. I frati sono presenti nei documenti come confessori ed esecutori testamentari. Anche gli esponenti della nobiltà che si sentivano ancora fortemente legati al monachesimo tradizionale di stampo benedettino e alle congregazioni chiericali ben presenti a Napoli, mostrarono attenzione per i Frati Minori di San Lorenzo non trascurando di dettare le loro ultime volontà e di fare lasciti anche ai nuovi conventi mendicanti della città. Ciò avvenne per gli ultimi anni del Duecento e a oggi si rilevano poche tracce che, tuttavia, dimostrano che il convento di San Lorenzo faceva parte degli enti religiosi verso i quali si orientavano le famiglie ricche di estrazione nobile o borghese. Ritornando agli esponenti del seggio di Montagna legati a San Lorenzo ricordiamo ancora Antonio di Caserta, marito di Costanza Russo, che il 24 aprile 1384 lasciò al convento una casa a più vani sita nel vico di Sant'Arcangelo, per la celebrazione di messe e un an­ niversario ogni anno in perpetuo per la sua anima. Al di là di queste donazioni, cui altre se ne potrebbero aggiungere, il legame tra gli esponenti del seggio di Montagna e il convento di S. Lorenzo risulta evidente sia dalla presenza all'interno della chiesa di cappelle di famiglie appartenenti a quei seggi, quali ad esempio, oltre le già citate, quelle dei Pignone, dei Carmignano, degli Orìmina, dei Mosconi e dei De Balzo, sia anche dal fatto che sono gli esponenti di queste famiglie, fin dai primi anni della

venuta dei Minori a San Lorenzo, a svolgere la funzione di procuratori del convento, a custodirne il denaro e a gestirne le entrate, le spese e, in parte, anche l'archivio. Ne sono prova alcuni documenti, dove ritroviamo come procuratori laici del convento personalità quali: Andrea Mantella, Andrea Rocco, Giovanni Gemello, Bartolomeo Mugnazia e Francesco Francone, Nicola Russo, tutti nobili appartenenti al seggio. Il legame così stretto con il seggio di Montagna non limitò, tuttavia, i campi d'azione dei frati di San Lorenzo né precluse loro rapporti a più ampio raggio, innanzitutto essi accolsero nella loro chiesa le cappelle e le sepolture, oltre che dei membri della casa reale precedentemente menzionati, anche di esponenti di famiglie ascritte ad altri seggi nobili della città, quali gli Aldomorisco del Nido e i Capuano di Portanuova, nonché le sepolture di alcuni esponenti del ceto mer17


cantile, quali quelle di Gabriele Tonno d'Afflitto, mercante di Scala, e di Ciccio de Puteo, mercante di Amalfi. Inoltre, i religiosi consentirono sin dal 1471 ad una corporazione artigiana, quella dei calzolai, di avervi una loro cappella, dedicata ai loro santi protettori Crispino e Crespinìano. Il collegamento dei frati con altre categorie sociali e con famiglie di altri quartieri della città corrispondeva del resto al carattere dello stesso seggio di Montagna, il quale, a differenza di quelli di Nido e di Capuana, che erano chiusi nei loro privilegi e nella rivendicazione di uno status sociale e politico superiore a quello delle famiglie ascritte agli altri seggi, ebbe nel corso del Quattrocento un atteggiamento di maggiore apertura verso i nobili immigrati in città e verso coloro che si erano elevati socialmente attraverso i commerci, le professioni liberali e soprattutto attraverso il servizio militare e civile nella pubblica amministrazione. In ogni caso il convento di San Lorenzo si configurò, fin dal duecento, come il punto di riferimento principale dell'intera comunità cittadina, dato che presso di esso aveva sede il governo della città, il cosiddetto tribunale di S.Lorenzo.

I conventi Francescani a Napoli Di seguito un breve prospetto dei conventi francescani a Napoli e delle chiese dove è stata indicata la loro presenza.

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S. Maria ad Palatium In questa chiesa la presenza dei frati è indicata intorno al 1216. Fu abbandonata tra il 1276-1279. S. Lorenzo Maggiore La basilica di San Lorenzo Maggiore è una delle più antiche chiese di Napoli. Si trova nel centro antico della città, presso piazza San Gaetano. Giovanni Boccaccio la definì "grazioso e bel tempio" e si dice che qui egli incontrò Fiammetta nel 1334, mentre nel 1346 Francesco Petrarca dimorò nel convento annesso. Nel 1235 il papa Gregorio IX ratificò la concessione di una chiesa dedicata a san Lorenzo da erigere in città. All'epoca, è documentata la presenza di almeno altre cinque chiese dedicate al santo, e la chiesa del Foro (di epoca paleocristiana) fu assegnata ai frati francescani come edificio su cui sarebbe stato costruito il nuovo tempio.


A partire dal 1270 Carlo I d'Angiò, non molto tempo dopo la sua vittoria su Manfredi, iniziò a sovvenzionare la ricostruzione della basilica e del convento, in una mescolanza di stile gotico francese e francescano. Ad architetti francesi si deve l'abside, ritenuta unica nel suo genere in Italia ed esempio classico di gotico francese. Nel passaggio dall'abside alla zona del transetto e della navata si andò affermando invece uno stile maggiormente improntato al gotico italiano, segno del mutamento dei progettisti e delle maestranze con il passare degli anni. Negli anni successivi, la basilica fu protagonista di importanti eventi per la città ed il regno più in generale. San Ludovico da Tolosa, che aveva rinunciato al trono del padre Carlo II d'Angiò, fu infatti, consacrato sacerdote in questa basilica (celebre è il dipinto, oggi al Museo di Capodimonte di Simone Martini che rappresenta San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d'Angiò). Altra consacrazione celebre fu quella di Felice Peretti, vescovo di Sant'Agata de' Goti, il futuro papa Sisto V. Francesco Petrarca invece soggiornò nel convento nel 1343, come egli stesso documentò in una lettera all'amico Giovanni Colonna, descrivendogli il maremoto che il 25 novembre colpì la città, mentre Giovanni Boccaccio pare che qui si innamorò di Fiammetta, la bellissima Maria d'Aquino, figlia del re Roberto d'Angiò, sua musa ispiratrice, dopo averla vista nella basilica durante la messa del sabato santo del 1334.

Nei secoli seguenti, a causa dei danni dei terremoti che colpirono la città a partire dal XVI, la basilica è stata poi oggetto di numerosi rimaneggiamenti. Vi si aggiunsero, ad opera di architetti locali, pesanti sovrastrutture barocche. A partire dal 1882 i restauri, più volte interrotti e ripresi, sino all'ultimo, terminato nella seconda metà del XX secolo, cancellarono progressivamente le aggiunte barocche, ad eccezione della facciata e della controfacciata, opera di Ferdinando Sanfelice, della cappella Cacace e del cappellone di Sant'Antonio, opera di Cosimo Fanzago. Tra gli anni cinquanta e anni sessanta del Novecento per bloccare il crollo delle mura, furono eseguite opere di consolidamento da Rusconi attraverso un contrafforte e opere di cemento armato. Concludendo si può dire che nel corso del tempo hanno trovato, nella basilica, degna sepoltura diverse illustri personalità della storia napoletana,

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come il filosofo e commediografo Giovanni Battista Della Porta, il letterato amico del Petrarca Giovanni Barile, il marchese Giovanni Battista Manso e l'insigne musicista Francesco Durante. S. Barbara o Cappella Palatina La trecentesca Cappella Palatina o di Santa Barbara, si apre sul quattrocentesco cortile di Castel Nuovo. La chiesa è stata fondata intorno ai primi del ‘300 e ubicata all’interno di Castel nuovo, o maschio Angioino, precisamente sul lato del castello rivolto al mare. E’ nominata "Cappella palatina", o chiesa di "San Sebastiano" o di "Santa Barbara". Fu danneggiata durante il terremoto del 1456 e in seguito restaurata. Oggi rappresenta l’unico elemento superstite del castello angioino trecentesco. S. Maria di Monteverginella È un luogo di culto d'origine medioevale. Alla sinistra della sua facciata, ricordiamo che vi si trova un ulteriore

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luogo di culto denominato Cappella di Santa Maria della Concezione. La costruzione con il monastero adiacente, venne fondata nel 1314 da Bartolomeo di Capua, protonotario del re Roberto d'Angiò che vi risiedeva. L’uomo in questo sito aveva una propria residenza. Nella nuova costruzione venne accorpata l'antica edicola di Santa Maria di Alto Spirito. Nel 1588, il complesso subì un parziale rifacimento ad opera dell'architetto e ingegnere Vito Alfieri e nel XVII secolo ad opera di Francesco Antonio Picchiatti. La decorazione interna a stucchi e marmi si deve a Domenico Antonio Vaccaro, che vi lavorò nel 1726. Nel 1843, la chiesa venne nuovamente ristrutturata da Gaetano Genovese, il quale eliminò gran parte delle decorazioni settecentesche. Già monastero dei benedettini della congregazione di Montevergine, alla fine del XIX secolo fu acquistato dai frati minori (OFM) e vi rimasero fino al 1906, anno in cui fu venduto alle suore salesiane.


S. Chiara « Munastero 'e Santa Chiara / tengo 'o core scuro scuro... / Ma pecché, pecché ogne sera, / penzo a Napule comm'era, / penzo a Napule comm'è... » (Questa canzone venne scritta in memoria della semi-distruzione della basilica, in seguito ai bombardamenti aerei del 4 agosto 1943, data in cui il notevole interno barocco andò distrutto). il monastero fu edificato tra il 1310 e il 1340 su un complesso termale romano del I secolo d.C., per volere di Roberto d'Angiò e della regina Sancha d'Aragona, nei pressi dell'allora cinta muraria occidentale, oggi piazza del Gesù Nuovo. Del convento faceva parte anche il complesso delle Clarisse, oggi luogo di culto a sé. Si tratta della più grande basilica gotica della città. I frati subentrarono in un secondo momento come cappellani delle clarisse. Nella seconda metà degli anni trenta del ventesimo secolo le clarisse andarono via a causa della soppressione e vi subentrarono i Frati minori. Oggi il mo-

nastero appartiene all’Ordine dei Frati Minori (OFM). S. Angelo a Nilo E’ ubicata nel cuore della Napoli greco -romana, si trova nel centro storico di Napoli in piazzetta Nilo, al cui culto erano votati i mercanti egiziani. All'angolo sud-est di piazza San Domenico. La facciata principale è rivolta su via Mezzocannone. La chiesa conserva al suo interno diverse opere tra cui il monumentale sepolcro del cardinale Rainaldo Brancacci scolpito da Donatello, Michelozzo ed aiuti. Il cardinale Rinaldo Brancaccio fece erigere nel 1385 una prima cappella dedicata ai Santi Angelo e Marco, in prossimità del palazzo nobiliare di famiglia. Il rifacimento che diede alla chiesa l'attuale aspetto è del 1709, per opera di Arcangelo Guglielmelli. Il portale principale risulta essere ciò che resta dell'antica costruzione gotico-catalana. Esso è dotato di un architrave con figure di angeli, così come un affresco

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nella lunetta raffigurante La Vergine e i Santi Michele e Baculo con il Cardinale Brancaccio (secolo XV), in scarse condizioni di conservazione. Il portale laterale presente sull'altro ingresso databile intorno alla seconda metà del XV secolo, presentava nella lunetta una raffigurazione scultorea di San Michele, poi trasferita nell'interno. Nel 1958 la chiesa fu donata ai Frati minori Conventuali dal principe Marc’Antonio Brancaccio e dal marchese Talamo. Oggi appartiene alla provincia napoletana dei Frati Minori Conventuali (OFMConv). SS. Trinità di Palazzo Fu costruita nel 1344. Il motivo per la quale fu eretta era di ospitarvi una comunità di frati che avesse la cura spirituale delle clarisse del vicino monastero di S. Croce. Nel 1517 con la divisione dell’ordine passò ai frati osservanti. Nel 1767 la chiesa e il convento sono stati demoliti per poter procedere con la costruzione del Palazzo del comando del dipartimento marittimo.

S. Severo al Pendino È una chiesa monumentale, attualmente sconsacrata ed utilizzata come spazio espositivo. Questa chiesa è stata fondata da Pietro Caracciolo nel 1448 insieme all’attiguo ospedale. L’uomo era abate della vicina chiesa di San Giorgio Maggiore; il suo nome originario era quello di Santa Maria a Selice. Nel 1550 fu concessa ai Domenicani che nel 1587 acquistarono il vicino Palazzo Como per utilizzarlo come convento. Tra il 1599 e il 1620 la chiesa venne demolita e ricostruita su progetto di Giovan Giacomo Di Conforto, che diede all'edificio un aspetto tardo manierista. Nella prima metà del XVIII secolo venne rimaneggiata in stile barocco. La chiesa era caratterizzata da una pregevole scala con balaustra finemente scolpita in piperno e a dimostrazione vi sono le stame del primo Ottocento del D'Ambra. I frati Domenicani dopo la soppressione francese lasciarono la struttura. Nel 1835 passò ai frati francescani dell’osservanza che vi rimasero fino al 1863 quando furono mandati via a seguito delle leggi di soppressione italiana. S. Maria della salute È un luogo di culto sito nella zona dell'Arenella. Le origini dell'edificio risalgono al 1586, quando i Complateari della Concezione dei Cappuccini edificarono una chiesa fuori le mura della città, che fu poi affidata ai Padri Agostiniani. In seguito,

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passò ai padri della chiesa di San Giovanni a Carbonara, ma anche quest'ordine religioso durò poco tempo. Il 25 gennaio 1621 i fratelli Ruperto e Marco Pepe, Benigno e Ruperto Ruperti, assieme ad alcuni Complateari presentarono all'arcivescovo di Napoli una supplica affinché il complesso fosse affidato ai Francescani Minori Riformati della Croce di Palazzo. I Francescani durante gli anni successivi, modificarono ed ampliarono la struttura, da cui furono espulsi il 17 aprile 1865 e il convento divenne un edificio privato. San Diego all'Ospedaletto È più conosciuta come S. Giuseppe Maggiore, in origine chiesa di San Gioacchino, ubicata in via Medina. La denominazione San Giuseppe Maggiore deriva dal fatto che a questa chiesa fu attribuito il titolo della chiesa di San Giuseppe Maggiore, ubicata a poca distanza e demolita nel 1934 durante il riassetto urbanistico del rione Carità.

Venne eretta su interessamento di Giovanna Castriota nel 1514 e fu dedicata a San Gioacchino. Successivamente grazie a una beneficiaria venne realizzato un ospedale per i poveri gentiluomini. Morta la beneficiaria dell'opera, la chiesa fu consegnata ai frati minori dell’osservanza. Questi ultimi provvidero ad una radicale ricostruzione nel 1595 e dedicarono la chiesa a San Diego di Alcalá. Nel 1784 a seguito di un terremoto l'interno venne danneggiato e in seguito restaurato. Successivamente fu ancora seriamente danneggiato dai bombardamenti alleati del 1943. Durante il Decennio francese il convento fu soppresso e nella chiesa fu insediata la sede parrocchiale, spostata dalla chiesa dei Santi Giuseppe e Cristoforo. Per questo, in alcune carte topografiche cittadine la chiesa è attestata anche come chiesa (rettoria) dei Santi Giuseppe e Cristoforo. S. Eframo Vecchio Ubicata nel centro storico della città, nell'omonima piazza. La chiesa è di fondazione antichissima, essendo stata edificata sul luogo dove il vescovo Eframo (corruzione posteriore del nome Efebo) sarebbe stato sepolto; secondo alcuni, i resti di Eframo sarebbero stati traslati qui, assieme a quelli di San Massimo e San Fortunato nel XIII secolo, secondo altri la sepoltura avvenne in una catacomba del V secolo dotata di decorazioni pittoriche coeve. Ciò che risulta essere certo, è che la costruzione successivamente edificata 23


fu donata ai Frati minori cappuccini nel 1530 e subì numerosi restauri nel corso dei secoli, come nel 1776 quando, sulla facciata, vi fu apposto un bel rivestimento in maioliche (cinque ovali maiolicati di Tommaso Bruno). Rappresenta il primo complesso che è sorto nell’area della Provincia Cappuccina di Napoli, quando la stessa non esisteva ancora. Con la soppressione degli ordini religiosi, i Cappuccini furono costretti a lasciare l'edificio nel 1865 e l'annesso convento fu acquistato dalle Monache delle Trentatré che lo resero ai frati solo nel 1887. Fu ricomprato dai frati il 1898, oggi è Parrocchia. Appartiene ai Frati Minori Cappuccini (OFMCap). Madonna dell’Arco È un luogo di culto ubicato in piazza Madonna dell'Arco a Miano. La struttura risulta già esistente in documenti del 1542 e la tradizione racconta che venne edificata sul luogo dove sorgeva un

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arco di fabbrica sotto al quale era affrescata un'immagine della Madonna con il Bambino, ritenuta miracolosa a séguito di molti eventi prodigiosi verificatisi a séguito della sua intercessione. Era un ex convento dei Domenicani passò ai francescani riformati nel 1842. Oggi è una parrocchia e appartiene ai Frati Minori (OFM). La costruzione attuale è frutto di importanti restauri voluti dai Frati Minori Riformati nel 1842 dopo oltre 34 anni di abbandono del complesso. Ciò avvenne in seguito alla costruzione del ponte di Bellaria, che avrebbe messo in comunicazione Capodimonte con piazza Dante e per la volontà degli abitanti del luogo di avere un cimitero. All'interno sono sopravvissute alcune tracce medioevali. S. Anna a Porta Capuana La struttura si innalza nelle immediate vicinanze della chiesa di Sant'Anna a Capuana, in via Rosaroll.


Fondata dal P. Gaspare Crispo frate minore conventuale (OFMConv) nel 1556, fu soppresso con la legge generale del 1809. Santa Maria della Mercede a Montecalvario La chiesa di Santa Maria della Mercede a Montecalvario (nota anche come chiesa di Montecalvario) è situata in largo Montecalvario. Fu fondata nel 1560 grazie alla nobile napoletana Ilaria D'Apuzzo. La donna successivamente la diede in dono ai frati osservanti. I religiosi in seguito alle vicende oppressive del 1809 abbandonarono la casa e la chiesa. Oggi la chiesa è officiata dal clero secolare e il convento è in uso a privati. La chiesa è ben visibile dalla Veduta di Lafréry che evidenzia l'edificio con la cupola. Negli anni ottanta del Cinquecento venne fondata la congrega dell'Immacolata Concezione. Agli inizi del XVII secolo la chiesa fu ampliata, venendo preceduta da una scalinata monumentale e da un portico a cinque arcate; nel 1677 venne realizzato un intervento decorativo ad opera di Gennaro Schiavo che diede all'interno un tocco barocco. Nel 1808 quando fu abolito il convento, lo spazio antistante fu riservato a mercato di commestibili con un progetto di Stefano Gasse. L'intervento distrusse la scalinata, che fu sostituita con un'anonima scala circondata dalle botteghe del Gasse. La sistemazione fu conclusa soltanto nel 1816. Dopo dieci anni i Francescani ritornarono al convento e restaurarono la chie-

sa; altri restauri furono effettuati nel 1858. Nella pianta dello Schiavoni si nota l'insula occupata da altri edifici. Nel 1928, al posto del collegio della Concezione, fu innalzato un edificio scolastico, ma il complesso fu lievemente danneggiato dal terremoto dell'Irpinia del 1980 e nel 1990 fu nuovamente restaurato. Nel 1980 è stata rinvenuta, sotto i marmi dell'altare maggiore, la predella con la processione con il sangue di San Gennaro. S. Lucia al Monte Il complesso di Santa Lucia Vergine al Monte è un'importante struttura religiosa. Sita in corso Vittorio Emanuele, nel centro storico della città. Nacque come abbazia francescana nel XVI secolo. Nel 1587 il papa Pio IV, con la bolla papale, assemblò i frati Francescani scalzi di Spagna, con i frati minori. Questa unificazione diede il vita al loro monastero. La prosperità dell'edificio

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permise diversi rifacimenti ed ingrandimenti a partire dalla seconda metà del XVII secolo e poi nei due secoli avvenire. Oggi la chiesa appartiene alla provincia napoletana dei Frati Minori (OFM). Lo stile dominante è quello barocco, anche se non mancano tracce architettoniche medioevali e rinascimentali che donano all'intero complesso un aspetto molto originale. La struttura fu abbandonata dopo la Controriforma e ritornò ad essere abitata da un gruppo di francescani spagnoli nel Seicento. La struttura architettonica si è sviluppata intorno alla chiesa, estendendosi lungo la collina di Sant'Elmo; la chiesa è ricca di opere scultoree e pittoriche. S. Antonio a Tarsia S. Antonio a Tarsia o Spirito santo si erge nell'omonima piazzetta. La struttura venne edificata nel 1550 sul terreno donato da Evangelista Perrone al capitolo di San Giovanni in Laterano affinché venisse eretta una primitiva chiesa dedicata a Santissima Maria del Soccorso. In seguito, il suolo dove fu eretta questa chiesa venne concesso ai padri francescani, Frati Minori Conventuali (OFMConv). I religiosi nel 1559 vi eressero un nuovo convento e di conseguenza un nuovo tempio. Il tempio era dedicato allo Spirito Santo. La chiesa ben presto venne soprannominata "Spiritosantiello" poiché, nelle sue vicinanze si ergeva già una basilica sotto questo nome.

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L'immagine sacra di Sant'Antonio di Padova, posta all'interno, spinse al popolo ad attribuirle la denominazione odierna. La chiesa ha subito rilevanti rimaneggiamenti nella prima metà del XVIII secolo. Gli stucchi sulla facciata sono di Angelo Viva; la pregevole statua marmorea di Sant'Antonio è stata creata da Francesco Pagano. Il pavimento maiolicato del 1739 è opera di Donato Massa, mentre nella sacrestia sono conservate ulteriori opere: La Sacra Famiglia di Andrea Vaccaro e La Pentecoste di Andrea Miglionico. S. Antonio ai Monti La chiesa di Sant'Antonio ai Monti è una struttura di interesse artistico che si trova nel centro storico, nell'omonima via gradinata. L'antico complesso, per moltissimo tempo noto come "Santa Maria ai Monti" o "Santa Maria del Monte", viene descritto per la prima volta


dall'Araldo, in questo modo: "Santa Maria del Monte sopra il pertuso officiata dai padri conventuali di San Francesco", dando anche, più in là nella descrizione, delle utili informazioni conoscitive. Il monastero fu ceduto a dei frati spagnoli detti "della Mercede", che s'erano trasferiti a Sant'Orsola a Chiaia. Altre informazioni di questo monastero, ci vengono dati dal D'Aloe; quest'ultimo, risulta nettamente più capillare nel descriverla, infatti le dà una precisa data di fondazione, riconducendola all'anno 1563: fondata dalle famiglie Ferrante e Cuomo e ceduta due anni dopo ai frati spagnoli della Mercede. Si sa anche di un violento nubifragio del 1569, che diede un duro colpo alla struttura e alle finanze dei frati spagnoli, che, di lì a poco, furono costretti a cederla ai frati del terzo ordine di San Francesco (TOR) Il Chiarini la ricon-

duce invece all'anno 1664, ma molto probabilmente si tratta di un rimaneggiamento. I frati l’officiarono fino alla soppressione del 1809. S. Eramo nuovo È una edificio monumentale di Napoli che si erge in salita San Raffaele a Materdei. È stato denominato nuovo, per essere distinto dall'omonimo, sito sul colle della Veterinaria. La struttura fu costruita nel 1572 e perduta nel 1865 a causa della soppressione, venne in seguito trasformata in carcere giudiziario. La sua edificazione avvenne grazie a un fondo donato da Gianfrancesco De Sangro principe di Sansevero e venne eretta come insediamento dell'Ordine francescano grazie alle generose largizioni della nobildonna Fabrizia Carafa. I religiosi adibirono alcuni ambienti della struttura ad uso farmacia. La chiesa fu fondata nel 1661. Nel 1840 il complesso fu totalmente ristrutturato a seguito di un incendio che distrusse ogni cosa all’interno della chiesa eccetto una statua di San Francesco d'Assisi opera di Giuseppe Sammartino e una statua della Madonna del Brasile, giunta a Napoli nel 1828. Invece si distrussero gli affreschi della volta, opera di Filippo Andreoli. Nel 1841 il tempio grazie all'interesse di Ferdinando II delle Due Sicilie, era già riaperto. Oggi lo stile architettonico della chiesa ivi annessa e dell'intera struttura, rispecchia il gusto neoclassico dell'epoca. Nel 1865 l’edificio fu abbandonato dai Francescani a causa della confisca 27


dei monasteri e divenne dapprima sede di una caserma e successivamente nel 1925 dell'ospedale psichiatrico giudiziario. Nel 1868 i Francescani tentarono invano di conservare per sé la chiesa. Nella chiesa del monastero fu sepolto Antonio Genovesi grazie all'interesse dell'amico Raimondo di Sangro principe di Sansevero. Fu deposto nella cripta. In seguito a ristrutturazioni della chiesa nei primi anni trenta del XX secolo, le ossa della cripta (e dunque anche quelle del Genovesi) furono trasferite in Sant'Eframo Vecchio. S. Severo alla Sanità La chiesa di San Severo fuori le mura è meglio conosciuta come San Severo alla Sanità è un'antica chiesa di Napoli e sorge in uno dei quartieri più popolosi del capoluogo campano (rione Sanità), in piazza San Severo a Capodimonte. Alla fine del IV secolo, il vescovo Severo, pose il suo sepolcro gentilizio sul sito dove poi vennero erette le sue catacombe. Quando le spoglie del vescovo vennero trasferite nella chiesa di San Giorgio Maggiore, la devozione popolare che circondava l'area cimiteriale andò man mano a diminuire. La chiesa attuale fu eretta dopo molto tempo nel XVI secolo. Il tempio infatti fu costruito nel 1573 per volontà dell'arcivescovo Carafa, che la concesse ai Frati Minori Conventuali (OFMConv). Nel 1862 i religiosi vi costruirono un convento. Fu soppresso nel 1806. Nel 1680, i frati, inaugurarono un riassetto globale del complesso, attuarono 28

dei rimaneggiamenti, mentre l'ampliamento venne affidato a Dionisio Lazzari. S. Francesco a Capodimonte Inizialmente era un cappella donata ai Frati Minori Conventuali nel 1574 (OFMConv), fu soppressa con decreto speciale del 1809. S. Maria degli Angeli alle Croci La chiesa di Santa Maria degli Angeli alle Croci è una delle più belle chiese barocche di Napoli; si erge in via Veterinaria, nei pressi dell'Orto botanico. la chiesa è stata costruita nel 1581 assieme al Convento dei Francescani Osservanti. Il suo nome è legato alla via crucis che veniva fatta sulla salita di via Michele Tenore dai Francescani Osservanti. Fu soppressa con le leggi eversive francesi (1809). Attualmente la chiesa è del clero secolare, mentre il convento è sede della facoltà di veterinaria.


S. Maria a Parete È una delle chiese monumentali di Napoli; è situata in corso Vittorio Emanuele. La struttura è stata fondata nel 1581 da padre Filippo da Perugia per poter ospitare l'immagine sacra della Vergine già collocata in una edicola. Il progetto venne affidato a Gian Battista Cavagna. Padre Filippo, più tardi, fece costruire, accanto alla chiesa, anche un convento. Appartenuto ai Frati Minori Conventuali (OFMConv), fino alle leggi di soppressione del 1809. La denominazione più antica del tempio è quella di Santa Maria Apparente; ciò è stato riscontrato in una lapide del 1624, tuttavia il popolo ha tramandato anche la versione inesatta di Santa Maria a Parete. Il nome “apparente” è legato a un’antica tradizione orale. L’appellativo pare sia stato decretato dal popolo, dopo che alcuni pescatori, dispersi a mare in una notte burrascosa, videro "apparire" una luce proprio dal colle dove sorge l'attuale chiesa. Nel 1634 vi fu un ampliamento del tempio grazie a padre Eugenio.

1447 vennero iniziati i lavori del primo vero complesso fondato dal beato Pietro da Pisa nel 1412; la chiesa fu terminata nel 1473, ma negli anni 1516-35, fu oggetto di un importante intervento di ripristino, nel corso del quale fu eseguito anche il portale, opera di Francesco Di Palma. Un ulteriore restauro si ebbe nel Settecento. Durante la seconda metà del Settecento fu un attivo centro segreto della Massoneria napoletana guidato dall'eremita Serafino Pinzone (poi accusato di congiura giacobina nel 1794). La chiesa venne soppressa nel 1809 e gestita dal Complesso degli Incurabili fino al 1933; per vent'anni passò quindi ai frati originari e successivamente venne mantenuta per mezzo di donazioni elargite dai fedeli. Alla fine degli anni settanta, il tempio, ricco di opere d'arte, subì diversi furti e devastazioni. Oggi è una parrocchia. Appartiene ai Frati Minori Conventuali (OFMConv). S. Caterina a Chiaia

S. Maria delle Grazie La chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli è un luogo di culto di Napoli; è ubicata a margine del largo omonimo, nel centro storico della città. Il tempio conserva importanti opere d'arte, tanto è vero che è stato più volte definito come il museo della scultura napoletana del Cinquecento. Nel 29


La chiesa fu costruita nel 1600 ed è dedicata a Santa Caterina Vergine e Martire. Prima della sua edificazione in questo sito, c’era soltanto una cappella chiamata “Santa Caterenella”. L'attuale forma imponente ed armonica della chiesa è databile 1713. Infatti numerosi sono stati gli interventi che hanno abbellito, arricchito ed allungato l'edificio. Oggi rappresenta l’unica presenza del Terz’Ordine Regolare di S. Francesco (TOR). S. Maria alla sanità La basilica di Santa Maria della Sanità (o popolarmente San Vincenzo alla Sanità) è una chiesa basilicale di Napoli. Sorge nel popolare rione Sanità ed è nota ai suoi abitanti con il nome di San Vincenzo detto 'o Munacone, poiché in essa è custodita la statua del santo domenicano Vincenzo Ferreri, il cui culto è molto radicato e sentito nel rione; fu eretta su disegno del domenicano fra' Giuseppe Nuvolo nel 16021613, sul sito delle catacombe di San Gaudioso. Nel 1809 i religiosi domenicani l’ abbandonarono in seguito alla soppressione francese del 1809. Dopo il concordato di Terracina fu concesso ai francescani riformati e in seguito all’ l’unione con gli osservanti, è appartenuto all’Ordine dei Frati Minori (OFM). Agli inizi degli anni ’90 del XX secolo, sia il convento che la chiesa sono stati lasciati dai frati minori S. Maria dei miracoli, fondato nel 1616 da parte dei Conventuali riformati che vi abitarono fino al 1656. In questa data il convento 30

fu demolito per costruirvi l’attuale chiesa. I Francescani non vi sono più ritornati. S. Antonio a Posillipo È una chiesa santuario di Napoli; ubicata nel quartiere omonimo, è raggiungibile sia dalle rampe di Sant'Antonio (dette anche Tredici discese di Sant'Antonio), sia dalla via Minucio Felice. Si può raggiungere la chiesa anche con la funicolare da Mergellina, scendendo alla prima fermata Sant'Antonio. La fondazione della chiesa risale al 1642. I frati del terz'ordine vi fondarono una chiesetta ed un piccolo convento che ebbe nei primi anni la funzione di sanatorio. Soppresso con la soppressione napoleonica nel 1824 il complesso fu affidato ai domenicani. E’ appartenuto al terz’Ordine regolare di S. Francesco (TOR). San Pietro ad Aram La basilica si erge nel centro storico della città e, fino all'Ottocento, era


affiancata da un chiostro monumentale. E’ molto conosciuta poiché la tradizione narra che il tempio custodirebbe l'”Ara Petri”, ovvero l'altare su cui pregò S. Pietro durante la sua venuta a Napoli. Per la sua particolare antichità papa Clemente VII, le concesse il privilegio di poter celebrare il giubileo un anno dopo quello di Roma. Il Papa optò per questa decisione in modo da evitare un eccessivo affollamento nella città eterna e soprattutto per evitare al popolo napoletano l'allora faticoso viaggio. In seguito nel 1805 fu affidato ai francescani riformati. Oggi appartiene ai Frati Minori (OFM). S. Pasquale a Chiaia E’ una delle chiese monumentali di Napoli; si erge sull'omonima piazza. È un punto di riferimento per chi vuole ammirare l'arte barocca in città. La chiesa nacque inizialmente come ospizio degli alcantarini riformati, successivamente fu soppresso nel 1866. Nel 1899 fu riscattato dai Frati Minori (OFM) e ad essi appartiene ancora oggi.

re dei bambini diversamente abili, oggi appartiene ai Frati Minori (OFM). Immacolata a Piedigrotta Appartiene ai Frati Minori cappuccini, fu costruita dopo gli eventi soppressivi del 1866. I lavori di costruzione ebbero inizio l’11 novembre 1875 e nel 1879 erano già pronti la chiesa e il primo piano del convento. La chiesa, dedicata all’Immacolata, fu aperta al culto il 2 luglio 1879. La bella statua dell’Immacolata, collocata sull’altare maggiore in un artistico tempietto è di gesso fatta sul modello dello scultore Tito Angelini. La chiesa, a tre navate, è molto bella: è nota soprattutto in Città per l’annesso artistico presepe, uno dei più belli nella storia dei presepi napoletani. Da che è stato fondato il convento è stato quasi sempre sede del Provinciale, ad eccezione di limitati periodi in cui il Provinciale si è trasferito a S. Eframo Vecchio (1959-1974). Nel 1983 sono stati sistemati nella chiesa i resti mortali del Beato Geremia.

S. Gennarello al Vomero Fu data ai Frati minori conventuali in seguito al Concordato di Terracina (1819). Oggi è una casa filiale del convento dell’Immacolata dei Frati Minori Conventuali (OFMConv) S. Maria Immacolata Fu fondata dal P. Ludovico da Casoria nel 1852 per le opere caritative a favo31


Oggi Appartiene ai Frati Minori cappuccini (OFMCap). S. Francesco d'Assisi al Vomero E’ un luogo di culto cattolico di interesse storico; è sito nel quartiere del Vomero. La chiesa, il convento e il chiostro vennero costruiti tra il 1892-94, per opera di un progetto di un ingegnere italiano. La direzione della sua costruzione fu affidata a un frate tedesco. Oggi è parrocchia e appartiene ai Frati Minori (OFM). Madonna di Montevergine Appartiene ai Frati cappuccini e la casa è situata nel quartiere Soccavo. La loro presenza è datata dall’11 gennaio 1910 per opera del sacerdote Giacomo Morra, il quale fece dono ai Cappuccini di una Cappella, un fondo e la casa colonica per abitazione. I frati avevano l’obbligo di officiare l’annessa

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Cappella, dedicata alla Madonna di Montevergine. Il fondo e la casa colonica furono venduti nel 1940 e per questo motivo ai Frati restarono la Cappella e un piccolo appezzamento di terra. Il 26 maggio 1957 fu posta la prima pietra e l’anno dopo il convento era realtà e fu inaugurato il 28 agosto 1958. Alcuni anni più tardi, per l’incremento edilizio della zona e per l’erezione della piccola cappella a Parrocchia, si dovette procedere all’abbattimento sia del convento sia della cappella, per far spazio alla costruzione di un moderno complesso parrocchiale. L’11 febbraio 1973 il Vescovo di Pozzuoli Mons. Salvatore Sorrentino poneva la prima pietra della nuova chiesa e complesso parrocchiale. Oggi Appartiene ai Frati minori cappuccini (OFMCap). Immacolata al Vomero È stata fondata nel 1956. Oggi è convento e parrocchia della Provincia napoletana dei Frati Minori conventuali (OFMConv).


NOTE ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— ————————————————————————————— —————————————————————————————

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