2009
I MILLE COLORI DI NAPOLI
Giallo
Tufo g ia llo, gia llo S ole, e tutti i g ia lli di Na poli...
Racconti/itinerari tematici nell a citt à di Napoli a c ura degli allievi dell’IPSSCT “G . FALCONE” 2
PREFAZIONE
Copyright 2009 ©
REGIONE CAMPANIA - Assessorato Istruzione, Formazione e Lavoro IPSSCT “G. FALCONE” - Pozzuoli (NA) A.I.T.A. - Associazione Italiana Tecnologia e Ambiente, Napoli
L’esperienza maturata nel corso degli ultimi due anni dagli studenti del profilo di specializzazione per “Addetto al Turismo Ricettivo Crocieristico” si è rivelata, alla chiusura delle attività, andare ben oltre gli aspetti culturali e professionali previsti dal programma, segnando la crescita personale del
Redazione a cura di
Per la sezione “Tufo Giallo Napoletano”: Annalisa Gargiulo, Dominic Intignano, Eliana Picone
gruppo classe. Le attività di post-qualifica con il loro sguardo ravvicinato al mondo del lavoro permettono ai ragazzi di ritrovare rinnovato interesse nelle materie di studio e di mostrare un coinvol-
Per la sezione “Giallo Oro”: Adele Ferrante, Roberta Ferrante, Giovanna Reggio
gimento reale nelle attività svolte. All’interno di tale cornice, la scelta di un progetto editoriale che vedesse la partecipazione produttiva della classe e il ruolo di docenti e tecnici limitato alla supervisione e al sostegno logistico, ha subito messo in luce le ulteriori poten-
Per la sezione “Giallo Sole”: Maria Coppola, Filomena Onorato, Daniela Romano,
zialità del contesto scolastico, finora inesplorate. L’incitamento alla produttività, l’assegnazione dei ruoli e la chiara identificazione di metodologie e tempi, il tutto finalizzato alla realizzazione di un prodotto reale e tangibile,
Per la sezione “I gialli di Napoli”: Nunzia Guarracino, Raffaella La Ragione, Antonietta Marcello
mutano l’atteggiamento degli studenti che scoprono l’autonomia di azione e l'entusiasmo della condivisione e della creazione.
Questa pubblicazione è stata realizzata nell’ambito delle attività di postqualifica dagli allievi della classe V E dell’IPSSCT “G. FALCONE” di Pozzuoli (NA)
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PRESENTAZIONE
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l manuale “Giallo Napoli” nasce dall’idea di coinvolgere gli alunni della V E, sezione turistica dell’Istituto “G. Falcone”, nello studio della propria città, nella riscoperta le bellezze, le grandi ricchezze artistiche e culturali che ne hanno fatto nel corso dei secoli una delle più importanti capitali d’Europa, analizzarne il potenziale turistico e capire il ruolo strategico che tale settore può ancora giocare nello sviluppo economico e sociale di Napoli. Il compito dei docenti è stato quello di aiutare i ragazzi ad organizzarsi come una vera e propria redazione giornalistica, in cui ognuno, nell’ambito del proprio gruppo, avesse un preciso ruolo di progettazione del lavoro e di ricerca sul campo. Da semplici facilitatori hanno quindi permesso lo sviluppo di un dialogo costruttivo attraverso il quale è stato possibile programmare ed elaborare i 4 itinerari tematici di cui è composta l’opera realizzata e che sono appunto simbolicamente legati al colore guida, cioè il giallo. Strutturato il piano dell’opera, l’ultimo compito degli “autori” è stato quello di ripercorrere materialmente gli itinerari tracciati e sviluppati valutandone la razionalità e la forza d’attrazione che avrebbero potuto esercitare sull’eventuale turista che ne avesse a sua volta ripercorso i sentieri. Il risultato è questo piccolo ed interessante manuale per la cui realizzazione gli allievi hanno lavorato con determinazione ed impegno riversando in esso tutta l’eccitazione e l’entusiasmo di chi si sente parte di un progetto condiviso; ed è proprio per l’importante vittoria ottenuta in termini di coinvolgimento ed partecipazione attiva degli studenti che speriamo di poter riproporre il progetto migliorandolo ed ampliandolo nelle prossime edizioni.
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INTRODUZIONE
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l giallo di Napoli - colore universale così chiamato da tutti gli artisti nei cinque continenti - inteso sia come colore caratterizzante della cultura figurativa partenopea di tutti i secoli, che come una metafora dell’identità creatrice napoletana in armonia con il resto del mondo. Cromaticamente Il Giallo di Napoli è un pigmento dalla tonalità molto chiara, soprattutto funzionale alla rivelazione delle altre cromie, quella parte luminosa del nero che risalta fin dalle opere di Caravaggio per non risalire a prima del Cinque e Seicento. L’immagine è quella del sole, il cui centro è Napoli che irradierà coi suoi raggi l’arte del mondo e il cuore di Napoli. Colore che porta universalmente il nome di Napoli: un artista cinese, australiano, africano, tedesco, russo, americano, messicano, coreano, irlandese… chiede, quando compra i colori: il Giallo di Napoli – o, più semplicemente, nell’emisfero nord come nell’emisfero sud, “il Napoli”… Cosicché i cinque continenti si rifletteranno nella trimillenaria Città. Grazie al colore che la caratterizza, Napoli rivelerà l’identità, la civiltà, le radici degli altri paesi, sarà in primo luogo sorgente e fonte creativa del XXI secolo, modello per i cinque continenti e non solo passiva ricettrice della cultura degli altri popoli.
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INDICE
Tufo giallo napoletano: Palazzi, Castelli e Cavità di Napoli Pag 12. Pag 14. Pag 17. Pag 20.
Presentazione itinerario La Tomba di Virgilio Piazza Bellini e la Chiesa di San Pietro a Majella Complesso di San Lorenzo Maggiore
Giallo oro: Napoli Barocca Pag 28. Presentazione itinerario Pag 30. San Gregorio Armeno Pag 33. La Chiesa di S. Maria del Purgatorio ad Arco Pag 37. Basilica di San Paolo Maggiore Pag 40. Duomo e Capella del tesoro di San Gennaro Pag 46. Guglia di San Gennaro e Pio monte della Misericordia
Giallo sole: Napoli Città del Sole Pag 52. Pag 54. Pag 57. Pag 60. Pag 64. Pag 69.
Presentazione itinerario Teatro Mercadante Teatro San Carlo La chiesa di Santa Chiara ed il chiostro maiolicato Il Conservatorio di San Pietro a Majella Museo Archeologico Nazionale
I gialli di Napoli: Leggende e Misteri della Città di Napoli Pag 74. Pag 76. Pag 82. Pag 87. Pag 92.
Presentazione itinerario Il Maschio Angioino (Castel Nuovo) La Chiesa del Gesù Nuovo Palazzo San Severo e Cappella San Severo Il Complesso dei Girolamini
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(F. Do sto evsk ij )
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TUFO GIALLO NAPOLETANO
Sognavo se mp re una grande città come Napoli, In cui c’e rano palazz i, ch iasso, frastuono, vita…
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a 3000 anni e fino all’uso del calcestruzzo armato il materiale per la costruzione delle case napoletane è stato il tufo. Forse i Greci che scelsero questi luoghi per fondare la loro antica Neapolis furono attirati proprio dalle rocce gialle del monte Echia, un piccolo vulcano spento che sorge alle spalle della attuale centralissima Piazza del Plebiscito, infatti secondo molti archeologi il tufo usato per edificare la cittadella sul vicino isolotto di Megaride venne estratto proprio da quella montagna. Napoli è stata quindi costruita con la stessa pietra del suo sottosuolo, con una "continuità geologica" forse unica al mondo: le fondazioni dei palazzi spesso poggiano direttamente sul banco di tufo sottostante. Questa pratica secondo alcuni avrebbe reso la città più "elastica" salvandola dai tanti terremoti che si sono avuti nel corso dei secoli, e inoltre la terribile onda sismica risulterebbe attenuata grazie a tutte le cavità del suo sottosuolo. Non si sa chi iniziò a scavare queste cavità, anche se le notizie più antiche risalgono al tempo dei Cimmeri, abili minatori provenienti dal Caucaso che nell’ VIII secolo a.C. popolarono la regione; Plinio il Vecchio e molti altri autori dell’epoca raccontano che i Cimmeri abitavano poco lontano da Napoli, sulle sponde del Lago d’Averno, in grotte e dimore sotterranee chiamate argillae, e vivevano con i guadagni delle loro miniere. Il geografo Strabone invece ci riferisce degli Eumelidi, un popolo che viveva a Neapolis e che si occupava di miniere e di tombe. Tutte le cavità comunque risalgono a tempi molto antichi e sono state realizzate dall’ uomo per l’estrazione del "tufo giallo napoletano", una eccellente pietra da costruzione. Molti cunicoli, negli anni, diventarono catacombe, antri pagani o acquedotti e le grandi cavità furono adibite a cisterne pluviali e a granai. Oggi gli esempi più rappresentativi di come gli architetti napoletani hanno utilizzato il tufo giallo sono il Castel dell’Ovo costruito sull’isolotto di Megaride, il Castel Sant’Elmo del 1329 sulla collina di San Martino, e il secentesco Palazzo di Donn’Anna sul mare di Posillipo. Naturalmente ovunque ci sono case e palazzi di tufo e in città cresce l’attenzione per il recupero degli edifici realizzati con questo materiale.
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Palazzo donn’Anna
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TUFO GIALLO NAPOLETANO
Palazzi, castelli e cavità di Napoli
Itinerario L’itinerario Tufo Giallo Napoletano propone un percorso che consentirà di visitare cinque siti testimoni di altrettante leggende più o meno note, ma tutte dal fascino tutto particolare. Il primo sito proposto è la Tomba di Virgilio, alle spalle della chiesa di S. Maria di Piedigrotta. Il percorso prosegue con Piazza Bellini e le sue mura greche recentemente restaurate e da qui giunge alla Chiesa di San Pietro a Majella. Attraverso i vicoli del centro storico napoletano, si arriva infine alla Chiesa di San Lorenzo Maggiore, incredibile esempio di stratificazione architettoniche di epoche diverse.
Tomba di Virgilio Napoli, Virgilio era un mito, rappresentava per i napoletani qualcosa di meraviglioso e tale rimase anche dopo morto. L’amore dei napoletani per Virgilio era paragonabile a quello per il martire Gennaro e innumerevoli sono i prodigi attribuiti al vate mago, a partire dalla costruzione delle fogne, alla creazione di una mosca benefica che distruggeva tutte le altre cattive, in modo tale da annullare il fetore delle acque putride, fino all’incantesimo di una pietra per rendere abbondante la pesca. Famosissima, poi, è la leggenda del Castel dell’Ovo, che vuole Virgilio porre un uovo in una caraffa e poi sotterrarla nelle fondamenta del castello, in modo tale che sia il castello che la città durassero tanto quanto: “lo dicto ovo in la predicta carrafa...” Ma Virgilio è soprattutto il sommo poeta, è l’autore delle Georgiche e dell’Eneide ed è il Maestro di Dante, quello a cui il padre della lingua italiana si ispira, colui che nella Divina Commedia lo accompagna attraverso la porta degli
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inferi, che la mitologia e lo stesso Virgilio collocano presso il lago d’Averno, in un viaggio attraverso il Regno dei morti che segnerà la crescita interiore del Dante pellegrino. Il divino Virgilio scelse quindi Neapolis come sua dimora e qui volle che le sue resta riposassero affinché il suo nome rimanesse inscindibilmente legato alle meraviglie della città e all’esuberanza del suo popolo che lo adorava; ed i napoletani continuarono infatti ad adorarlo anche dopo la sua morte e nel corso dei secoli, sovrapponendo la sua figura a quella dei Santi e delle più profonde credenze religiose. In quest’ottica va collocato il racconto della violazione della tomba di Virgilio e il trafugamento delle sue ossa, avvenuti durante il regno di Ruggero di Sicilia. Come si legge in varie fonti, il re, che aveva conquistato Napoli dopo un lunghissimo assedio, avrebbe dato permesso ad un medico inglese di prelevare le ossa del poeta per farne degli studi, ma quando il medico si recò presso le autorità cittadine con l'ordine
bolica della sua autonomia; dall’altro, l’imperterrita resistenza dei napoletani che vollero proteggere le reliquie virgiliane nel tentativo di salvaguardare l’integrità propria e del mito. Il sepolcro si svuotò, ma il culto non si disgregò mai completamente; finì piuttosto per fondersi in una sintesi sincretica con le altre espressioni mitico-rituali che, prima pagane e dopo cristiane, connotarono i luoghi legati alle leggende napoletane di Virgilio. Si pensi alla Grotta di Posillipo che, con la festa di Piedigrotta, continuò ad essere luogo e oggetto di culto popolare fino agli anni Sessanta del XX secolo. È dal parco che ospita la sua tomba quindi che vogliamo fare iniziare il nostro itinerario. Sito ai piedi della colli-
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a procedere, esse temettero gli infausti effetti della profanazione e consegnarono allo straniero soltanto i libri magici posti in un “vasello di rame” sotto il capo del poeta, trasferendone le ossa a Castel dell’Ovo. Per un certo tempo, fu possibile vedere queste preziose reliquie attraverso una grata, ma poi, quando Napoli subì una definitiva “conversione” alla Chiesa romana per opera dei Normanni, vennero murate ed eclissate per sempre. Il senso storico della vicenda è abbastanza evidente: da un lato, il tentativo perpetrato dai normanni, con il consenso interessato della Chiesa, di indebolire e sottomettere la città al proprio volere e all’ortodossia cattolica, distruggendo l’oggetto di culto che era la base sim-
Palazzi, castelli e cavità di Napoli
TUFO GIALLO NAPOLETANO
Palazzi, castelli e cavità di Napoli
na di Posillipo, alle spalle della quattrocentesca chiesa di S. Maria di Piedigrotta, il parco racchiude al suo interno importanti testimonianze della storia dell'antica Neapolis. Il tracciato viario corrispondeva all'antichissima via Puteolana con la quale si giungeva in città provenendo da occidente, e lungo la quale era consueto rinvenire resti di costruzioni funerarie, tipo mausolei e tombe singole, che venivano edificate lungo le strade extra -urbane. Oltrepassato l’ingresso, dopo aver percorso un incantevole sentiero immerso nel verde, nel cavo trapezoidale di una tra le grotte tufacee più suggestive della città è possibile ammirare una nicchia scavata nella parete, contenente la scultura a mezzo busto di Virgilio, poggiante su una piccola colonna. Si tratta di un dono fatto negli anni Trenta dall'Accademia dell'Ohio. La presenza della tomba del poeta è ricordata anche da un'iscrizione all'interno di una seicentesca edicola, voluta dal vicerè Pietro d'Aragona. Più in alto si trova il monumento sepolcrale di Giacomo Leopardi che dagli anni Trenta
Versi di G. Leopardi Sepolcro di Virgilio - interno - Durau - XIX sec. 15
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Parco Virgiliano - La tomba di virgilio
del Novecento custodisce le sue spoglie, originariamente collocate nella scomparsa Chiesa di San Vitale. I mausolei sono separati da una galleria in tufo denominata Crypta Neapolitana, aperta nel I sec. a.C, dall’architetto Lucius Cocceius Auctus lunga circa 700 metri, costruita in epoca romana per collegare Piedigrotta con Fuorigrotta; nel tempo questo traforo, parallelo all’acquedotto romano del Serino, è stato oggetto di molteplici funzioni, inizialmente associato al paganesimo orfico e alla magia medievale poi al culto religioso della Madonna di Piedigrotta sino alle riflessioni letterarie del turismo colto a partire dall’età umanistica. All’imbocco della grotta era collocata nella metà del Quattrocento la chiesa di S. Maria dell’Idria, edificata forse nell’VIII sec. avente la funzione di atrio sacro. Il termine Idria deriva dalla parola Odigitria che associata alla Madonna significa “colei che indica la via”, quest’espressione diretta al viaggiatore che s’inoltrava nella galleria contrapponeva la sacralità cristiana ai
Piazza Bellini e la chiesa di S. Pietro a Majella roseguendo il nostro percorso attraverso i sentieri del tufo, un altro sito di grande interesse è certamente Piazza Bellini con le straordinarie mura greche da poco restaurate e restituite in tutto il loro splendore alla città. La Piazza è oggi un importante punto di incontro (per giovani e non ), circonda-
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Resti delle mura greche di Napoli
Chiesa di S. Pietro a Majella
ta da deliziosi ristorantini etnici e caffè letterari, dove è possibile assistere a dibattiti e partecipare ad incontri culturali di grande interesse. Uno tra questi caffè letterari è stato, tra l’altro, promotore ed artefice del recupero delle antiche e maestose mura tufacee della città greco-romana risalenti al IV sec. a.c.. Portate alla luce nel 1954 in seguito a dei lavori per l’istallazione di una cabina elettrica, le mura furono poi completamente abbandonate, solo nel 1984, grazie proprio all’impegno degli intellettuali che frequentavano la piazza ed i suoi caffè, furono finalmente sottoposte ad un importante restauro durante il quale vennero scoperte altre mura e resti dell’epoca. Le mura sono i resti delle antiche strade e delle spesse mura difensive, formate da grandi blocchi di tufo giallo, della Nea17
TUFO GIALLO NAPOLETANO
culti pagani di Priapo e di Mitria da sempre presenti nella tradizione popolare napoletana. La grotta nei secoli subì notevoli trasformazioni, molti i re e viceré che s’interessarono a questo luogo carico di significato. Dalla piazzola antistante l’ingresso della grotta tufacea, mediante alcune rampe di scale che si arrampicano tra la vegetazione della collina, è possibile raggiungere i resti di un antico Colombario Romano.
Palazzi, castelli e cavità di Napoli
TUFO GIALLO NAPOLETANO
Palazzi, castelli e cavità di Napoli
polis greca a cui l’assetto urbanistico della città contemporanea corrisponde perfettamente. Piazza Bellini con il suo scenografico fondale settecentesco, può essere considerato l’inizio ideale di un itinerario dedicato ai decumani; è qui infatti che parte il Decumano Maggiore, che attraversando Via Duomo, termina a Via Tribunali. I Decumani erano le strade principali presenti nella pianta delle antiche città che si ispiravano ai fondamenti ateniesi e che erano caratterizzati da una particolare struttura a scacchiera formata da tre grandi strade orientate est-ovest, i Decumani appunto (decumanus superior, decumanus major e decumanus inferior), intersecate da una serie di strade (circa 20) di collegamento nord-sud, i Cardini (cardines). Il cosiddetto Decumanus maior (strada di Capuana, poi detta dei Tribunali), ha visto molta parte della storia cittadina e del regno di cui fu per molti secoli capitale: dall'entrata del fondatore normanno, Ruggiero II nel 1140, all'altra entrata del restauratore della sua indipendenza, Carlo di Borbone, nel 1734. Tra questi due termini ci furono naturalmente molti eventi quasi sempre tragici, mentre tuttavia la strada si riempiva di bellissime chiese e di palazzi nobili, conservando nel suo centro, al posto della greca agorà, la funzione commerciale e amministrativa. Questo ruolo durò finché l'altra strada, chiamata col nome del viceré spagnolo Pietro di Toledo, che l'aprì attorno al 18
1540, subentrò come nuova arteria cittadina, con la sua bellezza e vivacità, mondana nonché culturale e politica. La strada di Capuana, con tutta la zona antica, conservò chiese, palazzi e avanzi archeologici, ma fu irrimediabilmente declassata al ruolo commerciale e popolare, in un quasi irrimediabile abbandono. Oggi il vecchio decumano non ha certo ritrovato gli antichi fasti, ma sembra, se pur a fatica aver riacquistato prestigio, almeno da un punto di vista turistico e culturale anche grazie alla vitalità di cui palpita la sua Piazza più bella. Al centro della moderna Piazza Bellini è possibile ammirare l’importante monumento dedicato al noto compositore catanese Vincenzo Bellini che visse a Napoli tra il 1819 al 1827 e frequentò il conservatorio di San Pietro a Majella dove anche altri tra i più grandi compo-
Palazzi, castelli e cavità di Napoli tufo che presentano cicli completi di affreschi del trecento come “La storia della Maddalena”, nella cappella di Pipino, e “La storia si San Martino” nella cappella Leonessa. Numerosi però sono i capolavori pittorici conservati nella chiesa, sono magnifiche per esempio le dell’artista Mattia Preti rappresentanti la vita di San Pietro Celestino e di Santa Caterina D’Alessandria eseguite tra il 1657 ed il 1659, durante il breve soggiorno napoletano dell'artista. L'altare maggiore seicentesco, realizzato su disegno di Cosimo Fanzago, è decorato con candelieri e grandi vasi in argento e preceduto da un balaustra rivestita di marmi colorati. Di notevole bellezza è la pavimentazione maiolicata della prima cappella a sinistra del presbitero la quale, di tipica fattura napoletana, presenta caratteristici disegni aragonesi rappresentanti figure geometriche, stemmi e
TUFO GIALLO NAPOLETANO
sitori classici si formarono. Seguendo la linea degli splendidi palazzi si giunge proprio alla Chiesa di San Pietro a Majella, annessa al già citato famoso conservatorio. Interamente costituita da mura tufacee, la Chiesa, nata dall’unione dei due monasteri femminili di Sant’Agata e di Sant’Eufemia, fu costruita ad opera dell’ architetto Pipino da Barletta, su ordine del re Carlo II D’Angiò. Fu dedicata, sotto la tutela dell'ordine dei Celestini, al santo pontefice Celestino V, al secolo Pietro Angeleri da Morrone, e fu comunemente detta di "San Pietro a Majella", in ricordo del romitaggio del santo sulla Maiella. Nel corso dei secoli successivi vennero decisi diversi interventi che modificarono l’assetto dell’edificio: un radicale restauro infatti fu voluto dal re Alfonso I, restauro che terminato nel 1508, spostò in avanti la facciata, originariamente allineata col campanile. Nel XVI secolo l'interno ricevette una decorazione barocca in stucco e marmo, il presbiterio venne rialzato e si sostituì il vecchio soffitto a capriate. L'ordine dei Celestini fu cacciato nel corso della Repubblica di Napoli del 1799. I restauri novecenteschi, terminati nel 1933 rimossero le decorazioni barocche per restituire alla chiesa l'originario aspetto gotico. Alla riapertura il culto venne affidato all'ordine dei Servi di Maria. L’interno della chiesa conserva la pianta rettangolare e presenta tre navate, separate da archi ogivali gotici, cappelle laterali e abside a cinque cappelle. Ai lati di quest’ultima sorgono due cappelle con muratura in
Pizzaioli a Spaccanapoli 19
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