presents
° anniversario COLORS
For its 20th anniversary, COLORS
Per il suo 20
celebrates superheroes of our time.
celebra i supereroi del nostro tempo.
Eleven inspirational characters united
Undici personaggi esemplari, uniti dalla
by their desire to make this world
volontà di rendere migliore questo
a better place.
mondo.
In comics, superheroes fight
Nei fumetti i supereroi combattono
“baddies”, but in reality our enemies
i 'cattivi', ma nel mondo reale i nemici
are even more sinister. They are
sono ancora più sinistri. Sono problemi
global problems like child prostitution,
planetari, come la prostituzione
economic collapse, war, disease,
minorile, il collasso economico, la
illiteracy and the repression of civil
guerra, le malattie, l'analfabetismo
liberties. Fighting these evils, our
e la repressione delle libertà civili.
superheroes do not wear masks or
Nel combattere questi mali, i nostri
capes - they are real, extraordinary
supereroi non indossano maschere
people helping to save the world,
o mantelli: sono persone straordinarie
one step at a time.
ma reali che contribuiscono a salvare il mondo, un passo alla volta.
Like all the best hero legends, the episodes in this magazine are a mixture
Come le migliori leggende di eroi,
of fantasy and truth. Get ready. The
gli episodi in questa rivista sono il
wait is over. It's time to save the
frutto della combinazione di finzione
world.
e realtà. Tenetevi pronti: l'attesa è finita. È ora di salvare il mondo.
a founder and figurehead of the NGO Emergency. Established in 1994 to assist the victims of war and poverty, the organization treats one person every two minutes somewhere around the world. But the work of Emergency is not just confined to emergency medical care. Emergency is remarkable for its long-term vision, providing facilities, training local staff and promoting a culture of peace, solidarity and respect for human rights. A humble hero, Gino Strada has over twenty years of activism behind him — fighting inequality, opposing war and moving from one front to another in the battle for life. In the following interview, Gino Strada looks back at the interweaving of his personal history and the founding of Emergency, sharing his insights into human nature and the importance of helping others. I chose my job because I wanted to understand what it meant to be a surgeon in countries where surgeons do not exist, in the so-called “Global South”. My first mission was in Quetta, a city on the border between Pakistan and Afghanistan. I took care of the wounded in the Afghan war. It was 1987. I did not know then what a casualty of war really was. I learned it there, as I learned many other things that I have not forgotten since. My experience with the International Committee of the Red Cross (ICRC) was important as it allowed me to see a world and needs that I had only imagined before. But I struggled with the political and bureaucratic aspects of the organization and left the ICRC in 1992 as the organization underwent a change of “strategy”. War surgery wasn’t one of their priorities anymore, and the organization began to close its hospitals in war zones.
interview :
This change in ICRC policy left a huge need uncovered. In this “demobilization” I started thinking about how to respond to remaining needs with other doctors and nurses I had met in those years. We wanted an independent, small, agile and highlyspecialized organization, which would intervene to help war victims without having to suffer from the slow bureaucratic process of a larger organization. That was 1994, and Emergency was born, providing free and high-quality medical care for anyone who needs it, along with neutrality and independence. These were, and still are, the principles that guide our work. Emergency builds hospitals and cures people. The concrete nature of our work underpins the bond of trust we’ve established with our supporters in Italy and with the inhabitants of the countries in which we operate. Strong popular support for the organization began during the campaign against landmines and grew through all of our recent anti-war, human rights-based advocacy. As well as being a sign that people approve of what we do, the fact that Emergency takes 80 percent of its funding from private sources allows us to be independent in the goals and management of our humanitarian programs. In sixteen years, we have treated more than four million people in the hospitals, health and rehabilitation centers we’ve built in Afghanistan, Iraq, Cambodia, Sudan, Sierra Leone, the Central African Republic and in the polyclinics in Italy where we offer health care to migrants with or without a residence permit. Emergency is always on the side of those who suffer; intervening where there are people who need care and there is no one else who can or is willing to provide it.
Forgetting that “men are born free and equal”, as stated in the Universal Declaration of Human Rights, is at the origin of many problems in the world: war, the unfair distribution of resources, the exploitation of other human beings. As a species, humans have not developed a great culture of “the other”. We haven’t developed an idea of “the other” which is characterized by equality. I’m not saying it’s easy to get there, but if there is no effort to strive in that direction we lose as individuals and as a society. When someone asks me what they can do, first of all I say that you can do something: Emergency demonstrates that a group of highly motivated people with a clear and defined project can really affect the reality that surrounds them. I also say not to look the other way, ever, when faced with the suffering of other human beings. When you know what happens just outside of your daily routine, you cannot ignore it without somehow being guilty.
GINO STRADA è un chirurgo italiano, figura cardine e tra i fondatori dell’ONG Emergency, impegnata a favore delle vittime della guerra e della povertà. Fondata nel 1994, l’organizzazione cura oggi una persona ogni due minuti in tutto il mondo. L’impegno umanitario di Emergency non si limita tuttavia alle cure mediche d’urgenza. Emergency si differenzia per la visione a lungo termine, fornendo strutture e formando personale locale, per promuovere una cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani. Eroe umile, Gino Strada ha alle spalle più di vent’anni di attivismo tra un fronte e l’altro, nella lotta per la vita, contro le ineguaglianze, nel rifiuto della guerra. Nell’intervista che segue, Gino Strada torna sull’intreccio fra la sua storia personale e la fondazione di Emergency, sulla sua visione della natura umana e sull’importanza dell’aiuto al prossimo. Decisi di fare questo lavoro perché volevo capire che cosa significasse fare il chirurgo in paesi dove i chirurghi non esistono, nel così detto “Sud del mondo”. La mia prima missione fu a Quetta, una città al confine tra Pakistan e Afghanistan, curavoi feriti della guerra afghana. Era il 1987. Non sapevo allora che cosa fosse davvero un ferito di guerra. Lo imparai lì, come imparai molte altre cose che non ho più dimenticato. Quella con il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) fu un’esperienza importante perché mi permise di vedere un mondo e dei bisogni che prima di allora avevo solo immaginato. Facevo fatica, però, a convivere con gli aspetti più politici e burocratici dell’organizzazione. Lasciai il CICR nel 1992, quando avvenne un cambiamento di “strategia”. Non ritenendo più la chirurgia di guerra una sua priorità, l’organizzazione iniziò a chiudere i suoi ospedali in zone di guerra.
intervista :
Il cambiamento nella politica d’azione del CICR stava lasciando scoperto un bisogno enorme. In quella situazione di “smobilitazione”, insieme ad altri medici e infermieri che avevo conosciuto in quegli anni, pensammo a come dare una risposta a bisogni che sarebbero rimasti disattesi. Volevamo un’organizzazione indipendente, piccola, agile e altamente specializzata, che intervenisse in favore delle vittime della guerra senza soffrire le lentezze burocratiche delle grandi organizzazioni. Era il 1994 e nacque Emergency. Cure gratuite e di alta qualità per chiunque ne abbia bisogno, neutralità e indipendenza erano — e sono tuttora — i principi ispiratori del nostro lavoro. Emergency costruisce ospedali e cura persone: la concretezza del nostro lavoro è alla base del legame di fiducia che abbiamo stabilito con i nostri sostenitori in Italia e con gli abitanti dei paesi in cui operiamo. Il forte sostegno popolare di cui gode l’associazione è nato nel periodo della campagna contro le mine antiuomo e si è consolidato in tutte le battaglie condotte in questi anni contro la guerra e per il rispetto dei diritti fondamentali. Oltre a essere un segno importante di condivisione per quello che facciamo, il fatto che l’associazione tragga l’80% dei suoi finanziamenti da fonti private ci permette di essere indipendenti negli obiettivi e nella gestione dei nostri programmi umanitari. In sedici anni, abbiamo curato oltre 4 milioni di persone negli ospedali, nei centri sanitari e di riabilitazione che abbiamo costruito in Afghanistan, in Iraq, in Cambogia, in Sudan, in Sierra Leone, in Repubblica Centrafricana, e anche nei poliambulatori che — in Italia — offrono cure ai migranti con o senza permesso di soggiorno.
Emergency sta dalla parte di chi soffre, sempre: interviene dove ci sono persone che hanno bisogno di cure e nessun altro che possa o voglia offrirle. L’aver dimenticato che “gli uomini nascono liberi e uguali”, come recita la Dichiarazione universale dei diritti umani, è alla base di tanti problemi del nostro mondo: la guerra, l’ingiusta distribuzione delle risorse, lo sfruttamento di altri esseri umani… Come specie umana, non abbiamo sviluppato una grande cultura dell’altro, non abbiamo un’idea dell’altro improntata all’uguaglianza — e non dico che sia facile averla o arrivarci. Se manca lo sforzo di tendere in quella direzione, però, si perde come persone e come società. Quando qualcuno mi chiede cosa può fare, rispondo innanzitutto che si può fare: Emergency è la dimostrazione che un gruppo di persone fortemente motivate, con un progetto chiaro e definito, possono davvero incidere sulla realtà che le circonda. Dico anche di non voltarsi dall’altra parte, mai, di fronte alla sofferenza di altri esseri umani. Quando si conosce quello che succede appena fuori dalla nostra routine quotidiana, non si può ignorarlo senza rendersene in qualche modo colpevoli.
COUNTRY/PAESE
ITALY/ITALIA
GINO STRADA | colors 20th anniversary | 2 - 3
GINO STRADA is an Italian surgeon and
MARK REMBERT | colors 20th anniversary | 4 - 5
A KID WITH A DREAM fighting for the life of his town Il sogno di un ragazzo che lotta per la sopravvivenza della sua città COUNTRY/Paese
UNITED STATES/stati uniti
Art/disegni
James fosdike
It is the year 2008 and the financial crisis is spreading through the Usa like a plague - overrunning towns, devouring jobs, and ravaging local economies. The small town of Wilmington, Ohio, faces total ruin. Meanwhile, Mark Rembert, a young Economics graduate, is leaving his hometown for a future elsewhere... È il 2008 e la crisi finanziaria sta contagiando gli interi Stati Uniti come la peste, devastando intere città, divorando posti di lavoro e distruggendo l’economia locale. La cittadina di Wilmington, nell’Ohio, è sull’orlo del tracollo. Mark Rembert, giovane economista neolaureato, sta lasciando la sua città natale in cerca di un futuro altrove...
MARK REMBERT | colors 20th anniversary | 6 - 7
Questa non può essere Wilmington...
C’è puzza di...
fogna !
Questo buco infernale non può essere casa mia ??!
E questo rumore... È come...
1) This can’t be Wilmington... 2) Can this hellhole be my home??!
1) It smells like... 2) ...like a goddamn sewer! 3) And that sound... It’s like...
EN
EN
NO...
TI PREGO...
1) No... 2) PLEASE...
EN
MARK REMBERT | colors 20th anniversary | 8 - 9
Ho dimenticato lo spazzolino, Taylor. E che Wilmington è la mia città.
Mark, cosa diavolo ci fai qui?
Wilmington è spacciata per sempre?
Mi dispiace. Non posso lasciare Wilmington. Mi scusi. Devo scendere dall’ aereo.
Pronto??
Dice sul serio?!
Sul serio. Sono venuto qui per lodare Wilmington e non per seppellirla.
Resti seduto, per favore. Siamo in fase di decollo.
C’è del marcio nello Stato dell’Ohio. Ma possiamo salvare la nostra città!
Non avrò un’altra chance. Non c’è tempo da perdere.
Il sogno di costruire insieme una nuova comunità ecologica in cui saremo autonomi! Siete con me?!?
...Ho una città da salvare!
Ascoltatemi... io... io ho un sogno...
1) What a nightmare... Could it be true? / Is Wilmington doomed? 2) Sir, please remain seated. The plane is about to take off. / I’m sorry. I can’t leave Wilmington. I HAVE
1) Mark, what the hell are you doing here? 2) I forgot my toothbrush, Taylor, and I forgot that Wilmington’s my home. 3) It’s time to put the rock’n’roll into the words “economic
to get off this plane. 3) I won’t get a second chance. There’s no time to lose... 4) …I have a town to save!
model”. Get the phonebook. 4) Hello?? 5) Are you serious ?! 6) I’m totally serious. I came here to praise Wilmington, not to bury it. / Something is rotten in the State of Ohio. But we can save our town! 7) Listen to me… I… I have a dream… / A dream that we can build a new, green community, where we look after ourselves! Are you with me?!? EN
EN
MARK REMBERT | colors 20th anniversary | 10 - 11
È arrivato il momento di aggiungere un po’ di rock’n’roll all’idea di modello economico. Prendi l’elenco.
Che incubo... Sarà vero?
S U P ERHEROES | M a rk R e m be rt
: J a m e s fo s d ike
: J a m e s fo s d ike
È troppo voler sognare?
In the Superman legend, LuthorCorp is an evil corporation operating in and around the small American town of Smallville, where the young Clark Kent grows up. In our story, the problem corporation is a global shipping firm, and the small town is Wilmington, Ohio, the hometown of Mark Rembert.
Nella leggenda di Superman, LuthorCorp è una multinazionale del male che spadroneggia nella provincia americana, nella ridente cittadina di Smallville, dove cresce il giovane Clark Kent. Nella nostra storia, la multinazionale che dà filo da torcere è un’azienda di spedizioni internazionali, e la ridente cittadina è Wilmington, nell’Ohio, città natale di Mark Rembert.
More than three-quarters of the 12,000 residents of Wilmington used to work at Wilmington Airpark, a shipping hub. Even before the subprime crisis of 2008, rural southwest Ohio had been in crisis for decades, seeing generations of young people leaving town for good. Mark Rembert was no exception. He left the Midwest for the East Coast to study, with the intention of never coming back. But one day, while waiting to enroll with the Peace Corps in Ecuador, Mark did come home. His return coincided with the shipping firm’s announcement that they would pull out in a few months, leaving almost 9,000 people unemployed. With his childhood friend Taylor Stuckert, Mark decided something had to be done. From the beginning, it was obvious to Mark that the solution lay in green development. He began to channel community discussions towards bringing about sustainable economic, social and environmental change. People should be encouraged to buy local products, he argued, and a new program of weatherizing homes across the county could create jobs and provide savings on energy. Mark and Taylor founded Energize Clinton County, the organization through which they would provide the community with the tools and knowledge to rethink the local economy, and the project became a huge success. Mark says “service is too often framed in terms of sacrifice”. The satisfaction he gets from shaping the environment around him more than compensates for the salaries he foregoes on Wall Street, and now that he has saved his entire community from misery, Mark is hoping to export a model that could benefit small towns across the United States. The future looks bright over what he calls “the frontier of developing innovative solutions.” Anyone looking at Wilmington now would never imagine that this town recently faced total ruin. “It looks normal” says Mark Rembert, with a touch of pride.
Più di tre quarti dei 12.000 abitanti lavoravano in passato per la Wilmington Airpark, un centro di smistamento. Le zone rurali del sudovest dell’Ohio erano in crisi da decenni, ben prima che scoppiasse la bolla dei subprime, nel 2008. Intere generazioni di giovani avevano già dovuto dire addio alla loro città, e anche Mark Rembert sembrava rassegnato a quel destino comune. Aveva lasciato il mid-west per andare a studiare sulla costa orientale, con il progetto di non tornare mai più. Un giorno, però, mentre era in procinto di arruolarsi con i Peace Corps in Ecuador, Mark decise di fare rotta verso casa. Il suo ritorno coincise con l’annuncio che l’azienda di spedizioni avrebbe chiuso nel giro di qualche mese, lasciando a spasso circa 9.000 persone. Insieme all’amico d’infanzia Taylor Stuckert, Mark decise che bisognava agire. Convinto, fin dall’inizio, che l’unica soluzione fosse un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile, cominciò così a organizzare dibattiti con la collettività per discutere le politiche di cambiamento economico, sociale e ambientale. I cittadini — secondo la filosofia di Mark — dovevano essere incentivati a comprare prodotti locali, mentre un nuovo progetto edilizio di case ecoclimatiche e biosostenibili in tutta la contea avrebbe permesso di creare nuovi posti di lavoro e risparmiare energia. Mark e Taylor hanno fondato un’associazione — Energize Clinton County — che ha per missione di dotare la collettività degli strumenti e delle conoscenze necessarie per ripensare l’economia locale. Il progetto si è rivelato un enorme successo. Secondo Mark, “servire gli altri è troppo spesso sinonimo di sacrifici”. La soddisfazione che prova nell’aver trasformato la realtà locale compensa di gran lunga lo stipendio che ha perso rinunciando a Wall Street. Ora che ha salvato l’intera comunità dalla miseria, Mark spera di esportare questo modello di sviluppo virtuoso in molte altre cittadine degli USA. Il futuro sembra radioso per quel che Mark ha ribattezzato “la nuova frontiera delle soluzioni innovative”. Chiunque guardi a Wilmington ora non avrebbe mai immaginato che questa cittadina, fino a poco tempo fa, fosse condannata alla rovina. “Oggi è una città normale” dice Mark Rembert, con una punta di orgoglio.
Savior of forsaken cities Salvatore di città allo sfascio
1) Is it enough to dream?
EN
12 - 13
La leggenda di un ex bambino soldato COUNTRY/PAESE 
cambodia/cambogia
He was just a child when the Khmer Rouge killed his parents, kidnapped him and taught him to plant landmines. Now a man, Aki Ra uses his skills as a force for good. With little more than a knife and a stick, he has defused over 50,000 mines, venturing into areas where others fear to tread. Era soltanto un bambino quando i khmer rossi uccisero i suoi genitori, lo rapirono e lo addestrarono a piantare mine. Oggi uomo, Aki Ra mette a frutto le sue doti a fin di bene. Armato di un semplice bastone e coltello, ha disinnescato oltre 50.000 mine, avventurandosi lĂ dove nessuno osa mettere piede.
AKI RA | colors 20th anniversary | 14 - 15
The legend of an old child soldier
Art/disegni
Alberto Ponticelli
AKI RA | colors 20th anniversary | 16 - 17
Cambogia, 1995
Quindici milioni di abitanti
sei milioni di mine
1) Cambodia, 1995 2) Fifteen million inhabitants 3) Six million landmines
EN
EN
Aiutaci! Di qua!
!?!
una famiglia... il loro carro... una mina...
sono morti! Ma il bebè... il bebè è ancora vivo!
Sento il bimbo piangere! Ma le mine...
Solo Aki Ra può aiutarci.
Allora il bebè vivrà.
1) I can hear their baby! / But the mines... / Only Aki Ra can help us.
1) AKI RA! 2) !?! 3) Help us! This way! 4) ...a family... their cart... a landmine... 5) They’re dead! But their baby... their baby is still alive! 6) Then the baby will live.
EN
EN
AKI RA | colors 20th anniversary | 18 - 19
AKI RA !
AKI RA | colors 20th anniversary | 20 - 21
Un’intera famiglia. Che scempio.
Occhio...
Dannazione! È un inferno. Quante ne restano ancora??
absvwE
1) An entire family. What a waste. 2) Careful... 3) DAMN, it’s hot. How many of these things are left ?? 4) absvwE
EN
EN
S U P ERHEROES | AKI RA
: ALBERTO P ONTICELLI
: OSCAR CELESTINI
The sound of explosions forever echoes in his mind, the buzzing never leaves his ears. He is Aki Ra, and his mission is to disable the millions of landmines that still haunt Cambodia. Mines that in a past he would rather forget, he helped plant.
L’eco delle esplosioni gli risuonerà sempre nel cervello, un boato non darà mai pace alle sue orecchie. Lui è Aki Ra e la sua missione è disinnescare milioni di mine antiuomo che infestano ancora la Cambogia. Ordigni che contribuì lui stesso a piantare, in un passato che preferirebbe cancellare.
The life of Eoun Yeak (Aki Ra’s birth name) has never been a fairy tale. His parents were murdered by the Khmer Rouge, the genocidal government which ruled Cambodia between 1975 and 1979. The merciless regime then became his new family, teaching him to hate, to shoot and to plant landmines — an activity in which he became a specialist. As a teenager, some months Eoun Yeak would plant between 4,000 and 5,000 landmines. Mines became so common as to be mundane. A ‘click’ would be followed by a ‘bang’, and after the ‘bang’ would come a deadly silence, leaving the young Eoun Yeak trying to pull out, like a splinter, the guilt from his soul. In his childhood, he fought for the Khmer Rouge, the Vietnamese army and the Cambodian army. But when the United Nations came in the early 1990s to help restore peace, he saw a chance for redemption. He began to train with the UN to defuse mines, showing such talent that he earned the name Aki Ra, after the heavy duty appliance company, AKIRA. In 1993, he began to work alone, in places where the UN would not go. With only a stick and a knife, he began his act of contrition, an immense mea culpa to clean the soil of his country, mine by mine. Redemption drives Aki Ra and the volunteers on his Cambodian Self Help Demining team. Mines have killed more than 60,000 civilians since 1970, and it is estimated that four to six million devices remain active in Cambodia. Today, Cambodian Self Help Demining have defused over 50,000 of them, and Aki Ra’s story is narrated through the Cambodian landscape like an epic poem, the story of a man who returned from a land of death to protect the footsteps of his people. Anni fa, mi diedi una missione.
E ora non mi darò mai pace...
La vita di Eoun Yeak — il nome anagrafico di Aki Ra — non ha mai avuto nulla di fiabesco. I genitori furono assassinati dai khmer rossi, la dittatura al potere in Cambogia fra il 1975 e il 1979 che si macchiò di un atroce genocidio. L’efferato regime diventò la sua nuova famiglia, insegnandogli a odiare, sparare e piantare mine antiuomo, attività in cui divenne un vero specialista. Da adolescente, Eoun Yeak poteva posare fra le 4.000 e le 5.000 mine nel giro di un mese. Un’attività così ripetitiva da diventare banale. A un click faceva immediatamente seguito un bang, e dopo il bang un silenzio tombale, in cui il giovane Eoun Yeak annaspava nel tentativo di estrarre, come una scheggia, il senso di colpa che gli rodeva l’anima. Da bambino, combatté per i khmer rossi, l’esercito vietnamita e quello cambogiano. Ma, quando arrivarono le Nazioni Unite, nei primi anni 90, per riportare la pace, Aki Ra vide infine una possibilità di riscatto. Seguì un corso di addestramento con i caschi blu per imparare a disinnescare le mine, dimostrando un tale talento da guadagnarsi il soprannome di Aki Ra, dall’azienda di strumentazione per mezzi pesanti, AKIRA. Nel 1993 cominciò a lavorare da solo, in luoghi in cui l’ONU non osava neanche mettere piede. Armato soltanto di bastone e coltello, cominciò così il suo atto di contrizione, un immenso mea culpa per ripulire le terre del suo paese, mina dopo mina. È la volontà di riscatto a guidare Aki Ra e i suoi volontari di Cambodian Self Help Demining. Le mine antiuomo hanno ucciso più di 60.000 civili dal 1970 e si calcola che restino ancora fra i quattro e i sei milioni di ordigni ancora inesplosi nel paese. Fino ad oggi, Cambodian Self Help Demining ne ha neutralizzati oltre 50.000 e le gesta di Aki Ra sono narrate per monti e per valli come un poema epico: la storia di un uomo che è tornato da un paese di morte per proteggere i passi della sua gente.
Dismantling the guilt , defusing the past Smantellare il senso di colpa, disinnescare il passato
...finché il mio popolo non sarà al sicuro nel proprio paese.
AKI RA 1) Years ago, I gave myself a mission. / Now I will never rest... / ...until my country is safe for my people.
EN
22 - 23
BIRO BALA RABHA | colors 20th anniversary | 24 - 25
The elderly exorcist of ignorance L’ANZIANA ESORCISTA DELl’IGNORANZA COUNTRY/PAESE
india
In rural India, hundreds of women face death each year accused of witchcraft. Illiteracy and magic are the demons that haunt these sinister trials. Under their spell, neighbors and friends become executioners of the innocent and helpless. But from a small village in Assam, one woman fights back. Superstition and evil have met their nemesis. Ogni anno, nelle campagne indiane, centinaia di donne sono condannate a morte
Art/disegni
con l’accusa di stregoneria. Come demoni,
Vivek Shinde
analfabetismo e magia reggono questi sinistri processi, trasformando vicini e amici in biechi carnefici. Ma, in un piccolo villaggio dello stato di Assam, una donna osa ribellarsi. La superstizione e il male hanno trovato la loro nemesi.
Dannato.
È posseduto.
Qualcuno aiuti mio figlio! È posseduto da un demone che gli divora l’anima.
Stregato.
O polveri degli antichi spiriti, alimentate questo sacro fuoco. Mostrate cosa si nasconde dietro.
Non mi lasciare...
Crescete, o potenti fiamme ! Mostrateci la fonte di tutti i mali.
STREGA !!! È tutta colpa sua.
1) And like that, a trial opens and closes on a woman. Her fate has been marked. Perhaps her sentence will be exile, or perhaps, simply death. / WITCH!!!
1) A cold night, Golpara, India. / Somebody please help my son! A demon is in him. It is eating his soul. / Powders of the ancient spirits, feed this sacred fire. Let us see beyond. / He’s possessed. / Bewitched. / Cursed. / Don’t leave me... 2) Arise, oh mighty fire! Show us the source of all this evil. 3) This is all her fault. EN
EN
BIRO BALA RABHA | colors 20th anniversary | 26 - 27
È così che si apre e si chiude un processo contro una donna. Il suo destino è segnato: sarà condannata all’esilio o, peggio, alla morte.
In una fredda notte a Golpara, in India.
Cosa ho fatto ?
Sono una strega.
BIRO BALA RABHA | colors 20th anniversary | 28 - 29
Ci sono tante cose incomprensibili in questo mondo, che cerchiamo di spiegare con i miti o la magia. Io scelgo la razionalità.
Quel bambino non è posseduto, è solo malato. E tu non sei una strega.
NO ?
No, vogliono solo un capro espiatorio. E si sono approfittati di te.
Sono una strega. Sento il male dentro, nelle vene, nelle ossa. Sono io che l’ho fatto ammalare.
Di ritorno al villaggio.
Vecchia pazza !!! Hai riportato indietro quella strega! Adesso ci farà un incantesimo e maledirà tutto il villaggio.
La superstizione possiede chi ci crede…
ANDATE VIA ! O vi mettiamo al rogo.
…e fa brutti scherzi, facendo perdere la testa alla gente. BIRO, AIUTAMI !!
Sto trasformandomi in una...
Shh, piccola. Ora va tutto bene. Tutto bene. Cucitevi quelle boccacce, ora basta con le accuse. Questa ragazza non fa male a nessuno. E voi siete già vittime di un incantesimo.
1) In this world there are many things we do not understand, that we try to explain through myths and magic. I just prefer logic. / That kid isn´t possessed, he’s just sick. And you're not a witch, either. / No? / No, those people just want someone to blame. They took advantage of you. 2) Back in the village. / You crazy woman!!! You've brought us back this witch! Now she is going to put all of us under her spell. / Get out! Before we throw you both on the bonfire. / Tie your tongues and point your fingers elsewhere. This girl is harmless. And you are spellbound already!
1) I´m a witch. / What have I done ? 2) I´m a witch. I feel the evil inside me, in my veins, my bones. I made that child sick. 3) Superstition possesses those who believe it… 4) …and makes their minds play tricks on them. 5) Biro, help me! / I´m turning into a... 5) Shh, my girl. It’s ok now. It’s ok. EN
EN
S U P ERHEROES | BIRO BALA RABHA
Cosa? Un incantesimo?
Usate un po’ la testa. Quel bambino non è posseduto dal demonio, è solo malato.
TACI donna Vattene via.
: VIVEK SHINDE
In many villages in tribal north-east India, if a child gets sick
In molti villaggi, nelle zone tribali dell’India nordorientale,
it does not mean that there is a problem with sanitation. No! Clearly a vulnerable local woman is a witch and has brought misfortune to everyone. In most cases, this brutal game will end with the secret murder of the witch by the villagers. In this pointless, vicious way, between 150 and 200 women are killed every year.
se un bambino si ammala non è a causa dei problemi igienicosanitari. Macché! Ovviamente è tutta colpa di una donna, possibilmente vulnerabile: una strega che ha gettato il malocchio sull’intera comunità. In molti casi questo gioco al massacro avrà per epilogo l’omicidio della malcapitata, in segreto, a opera degli abitanti del villaggio. Fra le 150 e le 200 donne vengono uccise ogni anno in questa morbosa e irrazionale caccia alle streghe.
Biro Bala Rabha, 61, has lived in Golpara, Assam, all her life. Many years ago, a witch doctor accused her baby son of being married to a fairy and gave him weeks to live. Aware that her son was ill and not possessed, Biro stood up for the life of her child. Decades later, he is still alive. After this experience, with her eyes cleared, using the case of her son as evidence that witchdoctors can be wrong, Biro began a crusade to defend women accused of being witches.
Questo impostore sta inventando tutto per impossessarsi delle terre di questa donna... e dopo sarà il vostro turno.
Superstition hides in a dark hole of illiteracy, a hole in which 38 percent of Indians are still immersed, and Biro believes that education is the key to solving the problem of witch-hunting. She operates with the support of the Assam Mahila Samata Society, an independent society that works towards the betterment of women in Assam. With unwavering determination, she travels between villages, holding public meetings to convince communities to take collective decisions against the barbaric practice. Her reputation has spread. Innocent women now have someone to go to when they are accused. Our illustrated episode is based on the story of Rutila Rabha, a poor tribal woman who lives in the village of Samaguri, Assam. Often a witch is named in order to take their land or to settle scores, and ultimately, Rutila’s case was settled in court. But Biro’s hardest and most important task is to prove to the women themselves that they are not witches at all.
Spegniamo questo fuoco, assieme alle vostre stupide superstizioni.
Tu e le tue polveri.
Biro’s approach is logical; words are her most powerful weapons. She has been accused of being a witch herself, thrown out of towns, and threatened on many occasions, but she has never flinched. Her true heroism lies in refusing to remain silent, in refusing to be afraid.
Ohhhhh!!!
Il nostro fuoco.
: VIVEK SHINDE
Cosa abbiamo fatto?
Biro Bala Rabha, 61 anni, ha vissuto a Golpara, nello stato di Assam, per tutta la vita. Molti anni fa uno stregone accusò il figlio in fasce di aver sposato una fata, dandogli poche settimane di vita. Sapendo che non era posseduto ma solo malato, Biro lottò per salvarlo. Sono passati svariati decenni da allora e il figlio è ancora in vita. Forte di quest’esperienza, libera dalle superstizioni, testimone diretta dell’inganno che possono celare le tradizioni ancestrali, Biro lanciò la sua personale crociata per difendere le donne accusate di stregoneria. La superstizione si nasconde in un buco nero chiamato analfabetismo, una voragine in cui annaspa ancora il 38% degli indiani. Secondo Biro l’istruzione è la chiave per risolvere il problema della caccia alle streghe. Biro opera con il sostegno di Assam Mahila Samata Society, un’associazione indipendente che lotta per il miglioramento della condizione femminile nello stato di Assam. Così, con determinazione, viaggia di villaggio in villaggio e organizza riunioni pubbliche per convincere la comunità ad adottare misure contro questa barbara pratica. La sua fama è cresciuta e, oggi, le donne sanno a chi chiedere aiuto. Il nostro episodio illustrato si ispira alla storia di Rutila Rabha, una donna indigente della comunità tribale di Samaguri, un villaggio nello stato di Assam. Spesso, dietro un’accusa di stregoneria c’è la volontà di appropriarsi delle terre o un regolamento di conti. Alla fine, il caso di Rutila si è risolto in tribunale. Fatto sta che il compito più arduo e importante, per Biro, resta quello di convincere le stesse donne vittime di questo fenomeno che non sono delle streghe. La strategia di Biro si fonda sulla logica: la sua arma più potente sono le parole. Accusata lei stessa di stregoneria, cacciata dai villaggi, nonostante le ripetute minacce, non si è mai tirata indietro. Il suo vero eroismo è il rifiuto di restare in silenzio, il rifiuto di cedere alla paura.
Pensavo davvero di essere una...
Party pooper of primitive rituals Guastafeste di rituali primitivi
Calma, piccola, andrà tutto bene.
BIRO BALA RABHA 1) What? Spellbound? / Use your brains. That kid is not possessed, he’s just sick. / Shut up, woman. This demon has possessed you too. Go away. 2) This trickster is creating tales to take this woman’s lands from her… and he will trick you next. / You and your powders. / Ohhhhh!!! 3) Let´s extinguish this fire, and with it, your stupid superstitions. 4) Our fire. / What have we done? / I really thought I was a... / Easy, my girl, everything will be fine. EN
30 - 31
PAMELA BIJOUT | colors 20th anniversary | 32 - 33
The altruism of a drag queen diva L’altruismo di una drag queen COUNTRY/PAESE
Chile/cile
No money? Your house is collapsing? Your granDMA is sick? Don’t worry, there is a hero who can save you. Through the dark Santiago night, the legend is spreading. Who is she? Where did she come from? When there is no one else to turn to, follow the whispers to Pamela Bijout... Sei al verde? La tua casa sta crollando? Tua nonna è malata? Non tutto è perduto!
Art/disegni
C’è un eroe che ti può salvare. La leggenda
Marcelo Pérez Dalannays
corre nelle cupe notti di Santiago. Chi è quella donna? Da dove viene? Quando non sai più a chi rivolgerti, segui il passaparola fino a Pamela Bijout...
...signore e signori...
...la donna che tutti state aspettando...
Tutto in fumo !
10 ore prima.
Eduardo, caspita, tu sì che sei il mago del contropelo a Santiago.
...è qui per trasformare i vostri sogni in realtà...
...per rispondere alle vostre preghiere...
Oh mio dio!
huh ?
Tutto in fumo !
Ora calmati ! Stai bene? Cos’è successo ? Cos’è andato in fumo ?
...la magica, incantevole...
1) And now... 2) ...ladies and gentlemen... 3) ...the woman you’ve all been waiting for... 4) ...here to make your dreams come true... 5) ...here with the answers to your
1) 10 hours earlier. 2) All gone ! / Eduardo, my man, you give the closest shaves in Santiago. 3) Oh my goodness! / Huh ? 4) IT’S ALL GONE ! 5) Hey, relax ! Are you ok ? What’s
prayers... 6) ...the magical, the enchanting...
the matter ? What’s gone ? EN
EN
PAMELA BIJOUT | colors 20th anniversary | 34 - 35
E ora...
Credo di sì. Almeno spero, mm... Sono qui per ‘Pamela’.
Tanto non ho niente da perdere.
Come tutti noi. Entra.
Tutto ! Tutte le mie cose, i miei soldi, tutto quello che possiedo...
Hanno provato a spegnerlo, ma era troppo tardi.
Scusi, conosce per caso Pamela Bijout ?
Un’amica mi ha detto di venire qui e di chiedere di ‘Pamela’. Dice che lei dà una mano a tutti...
Ma certo ! Arriva subito, siediti a un tavolo.
Subito ?! Sono passati venti minuti. È stato uno sbaglio.
Sì, certo, a modo suo...
Sono venuta qui, in capo al mondo, circondata da loschi figuri...
Ecco. Vai a questo indirizzo stasera. A mezzanotte ci sarà Pamela Bijout. Ti aiuterà in qualche modo. Lo fa sempre.
...è qui per rispondere alle vostre preghiere, la magica, incantevole...
1) Everything! All my belongings, all my money, everything I own... 2) Last night, in my block of flats, there was a fire... I’ve lost everything! My life is ruined! 3) They tried to
1) What am I DOING? What on earth do I expect? But then... / I guess I’ve got nothing to lose. 2) You sure you’re in the right place, baby? / I think so. At least, um... I’m here
put it out, but it was too late. 4) A friend told me to come to you and ask for “Pamela”. She said Pamela solves problems... / She does, yes, in her way... 5) Here. Go to this
to see “Pamela”. / Aren’t we all. Step in. 3) Excuse me, do you know Pamela Bijout ? / Of course! She’ll be right out, just grab a seat. 4) Right out?! It’s been twenty minutes. This was a mistake. / I’m in the middle of nowhere, surrounded by strange men... / ...here with the answers to your prayers, the magical, the enchanting...
address tonight. At midnight, Pamela Bijout will be there. She’ll help, somehow. She always does. EN
EN
PAMELA BIJOUT | colors 20th anniversary | 36 - 37
Sicura che sei nel posto giusto, baby?
Ma che sto facendo ? Cosa diavolo mi aspetto ? Mah...
Ieri sera è scoppiato un incendio nel mio caseggiato… Ho perso tutto ! La mia vita è finita !
S U P ERHEROES | PA M ELA BI J O U T
Eduardo !
: M ARCELO P é RE Z DALANNAYS
THE BEST superheroes in fiction always have a double identity.
I MIGLIORI supereroi, nei grandi classici dei fumetti, hanno
Spiderman is a photographer, Superman a journalist, Daredevil a lawyer and Wonder Woman an Amazonian princess. Pamela Bijout, the singing heroine of Recoleta, Santiago, Chile is a hairdresser. And a man.
sempre una doppia identità. Spiderman è un fotografo, Superman un giornalista, Daredevil fa l’avvocato e Wonder Woman è una principessa dell’Amazzonia. La cantante Pamela Bijout, eroina del quartiere di Recoleta, a Santiago del Cile, fa il barbiere. Ed è un uomo.
Eduardo Santibañez is 46 years old. Ever since he was a boy he has felt a certain dissonance between how he feels and what he sees in the mirror, a certain asymmetry between what the world and the arbitrary genetic game wanted for him and what he truly desired. Gay since he was seven and a transvestite for the last ten years, Eduardo decided to make a virtue of what many around him saw as a problem, to use his peculiarity as a special power to be happy and to make others happy.
PAMELA !
Abbiamo un’ ospite davvero speciale stasera nel pubblico...
: M ARCELO P é RE Z DALANNAYS
Eduardo Santibañez ha 46 anni. Fin da bambino provava una certa dicotomia fra il modo in cui si sentiva e l’immagine che gli rimandava lo specchio, un’asimmetria fra ciò che il mondo e il gioco arbitrario dei geni gli avevano imposto e quelli che erano i suoi veri desideri. Gay convinto fin dall’età di sette anni, diventato un travestito negli ultimi dieci, Eduardo ha deciso di usare a fin di bene quello che molti intorno a lui vedevano come un problema, ossia di usare le sue “stranezze” come un superpotere per dare felicità a se stesso e agli altri.
In the mornings Eduardo can be found in “Hollywood”, his barbershop. Like many other hairdressers, between bottles of shampoo, scissors and hairdryers, he is an amateur psychologist listening to the problems and anxieties of his neighbors. But at nights, Eduardo puts on mascara, lipstick and a wig to become Pamela Bijout, a diva, a star of the stage who directs the charity performances of the “Hollywood” company in which he and other transgender artists impersonate Cher, Madonna, Gloria Gaynor and Thalia.
...ha perso tutto in un terribile incendio...
For ten years Pamela Bijout and her Hollywood company have been doing charitable shows in which the public makes donations to help neighbors who have fallen on hard times. Through fundraising performances for her community, Pamela has enabled the rebuilding of homes destroyed by fire, the purchase of coffins, the payment of hospital bills, the acquisition of medicines and the paying off of mortgages. Although Chile has one of the most stable economies in Latin America, 2.5 million Chileans still live in poverty. When misfortune strikes, when darkness seems to smother lives with its odious breath, extraordinary people look into themselves to exploit that which makes them unique, to shine a light into the void. Whether you call him Eduardo or Pamela, the only wish of this exceptional performer is for the light of his actions to do justice to the name he has taken: Bijout (jewel).
La mattina, per trovare Eduardo, basta fare un salto a “Hollywood”, la sua bottega di barbiere. Come molti altri colleghi, fra flaconi di shampoo, forbici e asciugacapelli, fa anche lo psicologo a tempo perso ascoltando i problemi e le ansie degli abitanti del quartiere. La notte, invece, con tanto di mascara, parrucca e rossetto, Eduardo diventa Pamela Bijout, la diva, la star del palcoscenico che dirige gli spettacoli di beneficenza della compagnia “Hollywood” in cui, insieme ad altri artisti transgender, impersona Cher, Madonna, Gloria Gaynor e Thalia. Sono dieci anni che Pamela Bijout e la sua compagnia organizzano spettacoli di beneficenza per aiutare gli abitanti del quartiere in difficoltà. Con le sue esibizioni, Pamela ha potuto raccogliere fondi per ricostruire case distrutte da un incendio, pagare un funerale o cure ospedaliere, acquistare medicinali o coprire le rate di un mutuo. Pur vantando una delle economie più solide dell’America Latina, il Cile conta ancora 2,5 milioni di persone sotto la soglia di povertà. Quando le disgrazie della vita si accaniscono, quando la notte buia sembra impregnare tutto con il suo alito nefasto, le persone straordinarie trovano dentro di sé quel che le rende uniche per illuminare il vuoto. Non importa se la chiami Eduardo o Pamela, l’unico vero desiderio di quest’eccezionale interprete è che la luce delle sue azioni renda giustizia al suo nome d’arte: Bijout (gioiello).
A double identity, a single purpose Una doppia identità, un unico obiettivo
...per questo chiedo a tutti di aiutarla stasera, come potete. Vi prego, siate persone di cuore.
PAMELA BIJOUT 1) PAMELA ! / EDUARDO ! 2) We have a very special guest in the audience this evening... 3) ...she lost everything she had in a terrible fire... 4) ...so I’m asking you all to help her tonight, in whatever way you can. Please — show your love. EN
38 - 39
La voce di una nazione imbavagliata COUNTRY/PAESE
cuba
March 2003, Cuba’s Black Spring, will be remembered as a time of ruthless State repression, when journalists were jailed and freedom of speech was caged. Ever since, every Sunday the wives of imprisoned dissidents dress in white, take gladioli in their hands and march through Havana. Defying reprisals, they demand freedom for the men they love. Il marzo del 2003 - la primavera nera di Cuba - sarà ricordato come un periodo di repressione spietata, in cui molti giornalisti finirono arrestati e la libertà di parola imbavagliata. Da allora, ogni domenica, le mogli dei dissidenti ancora in carcere sfilano per le strade dell’Avana, vestite di bianco, con in mano un gladiolo. Sfidando le rappresaglie, esigono la libertà degli uomini che amano.
Art/disegni
KIRé
DAMAS DE BLANCO | colors 20th anniversary | 40 - 41
The voice of a silenced nation
...quanto liberi siamo?
Perché il gladiolo simboleggia la vittoria. Era il fiore offerto ai gladiatori che trionfavano nell’arena...
dici che troveremo ancora oggi i nostri più accaniti sostenitori?
Che conquistavano la libertà e sconfiggevano la paura. Spiegami, perché abbiamo scelto il gladiolo e non il giglio bianco, che è il fiore nazionale?
PAURA?
...e di non fare niente per impedirlo, perciò protesto con coraggio. non ho piu niente da perdere.
sbattuti in galera come criminali, sono solo giornalisti, bibliotecari, intellettuali, mariti e padri. colpevoli solamente di avere le proprie idee.
Ci puoi giurare, tesoro. dobbiamo prepararci al peggio. Certo che ho paura della repressione, ma sono terrorizzata all’idea di non abbracciare mai più mio marito, di invecchiare senza di lui al mio fianco...
porco cane! Quelle pazze sono ancora lì a manifestare. Chiamate i compari... e date loro un assaggio di quello che hanno avuto domenica scorsa.
Se pensare è un peccato, se parlare è un reato, se dissentire è tradire, allora...
Mi raccomando, tutti in borghese, Devono sembrare parte del popolo.
Siamo le Dame in bianco. La nostra unica arma è un gladiolo. Vogliamo giustizia
1) Tell me, why have we chosen the gladiolus instead of the mariposa, our national flower? / Because the gladiolus stands for victory. It was the flower offered to triumphant gladiators in the arena… / …gladiators that won their freedom, that defeated fear. / FEAR? 2) Of course I am afraid of repression, but I am more terrified of not holding my husband again, of growing old without him by my side... / …and of doing nothing to avoid it. For all of this, I protest, with all my heart. I have nothing more to lose. 3) Slammed in jail like criminals, they are just journalists, librarians, intellectuals, husbands, and fathers. They are only guilty of having their own ideas. / If thinking is a sin, if speaking is a crime, if dissent is betrayal then...
1) …how free are we? / You think we’ll see our fiercest supporters again today? / You could swear by it, sweetheart. Let’s prepare ourselves for the worst. 2) Jeeez!! These crazy women are demonstrating AGAIN. Call the guys… we’ll give them a taste of what we gave them last Sunday. / Make sure everyone is in civvies, they have to look like they’re part of the people. / We are the Ladies in White. Our only weapon is a gladiolus. We want justice! EN
EN
Hahahahaha! staremo a vedere se avrai ancora il fegato. figlia di...
AVANTI RAGAZZI!!! FACCIAMO VEDERe A QUESTE DONNACCE chi è che comanda!!!
VIVA FIDEL!!!
Gusanas!!!
così pensate di continuare a rompere le palle? Bastarde!!!
Ti faccio vedere io
PBTASE
Tuo marito è un traditore, marcirà in carcere e tu finirai all’ospedale.
vendipatria!!!
picchiami se questo ti fa sentire uomo, Ma ogni domenica saremo qui, succeda quel che succeda.
Noi non ci fermeremo. finché non saranno liberi!!! LIBERTà!!!
LIBERTà!!!
Possono spezzare i nostri corpi, ma non il nostro spirito né la nostra determinazione.
LIBERTà!!!
1) Forward boys!!! Let’s show these women who’s boss!!! / Viva Fidel!!! / Gusanas!!! 2) So you’re gonna keep messing with us? / We won’t stop until they’re free!!! / FREEDOM!!! 3) Tramps!!! / Vendepatria!!! 4) They can break our bodies, but not our spirit, not our determination.
1) Hahahahaha! Let´s see if you still have the stomach for it. You crazy… 2) I’ll show you! PBTASE / Your husband is a traitor! He will rot in jail, and you will wind up in the hospital. / Beat me if it makes you feel like a man, but we’ll be here every Sunday no matter what happens. / FREEDOM!!! 3) FREEDOM!!! EN
EN
S U P ERHEROES | DAM AS DE BLANCO
: KIR é
: KIR é
‘Le lotte portate avanti dai popoli sono deboli solo quando il cuore delle donne non ne sposa la causa. Ma quando le donne sono partecipi e aiutano, quando le donne, per loro natura calme e misurate, danno il proprio sostegno e approvano, quando donne colte e virtuose
THE FRESH March breeze blows through the narrow streets of the humble Párraga neighborhood in Havana. More than thirty women dressed in white are walking towards the church with gladioli in their hands. As they approach the sanctuary they shout the word “libertad” (freedom). These are the Damas de Blanco (Ladies in White), the wives, mothers and daughters of political prisoners sentenced to long jail terms since the Black Spring of 2003. Their march is the sole expression of civil discontent that has managed to snatch from the Cuban government some fragment of the city, a piece of a country that remains frightened and silenced by control.
onorano la causa con la dolcezza del loro amore, allora questa sarà invicibile’.
José Martí
None of these sad-faced women could have imagined eight years ago that this misfortune would bring them together to create a citizens movement with growing sympathy among the population of the island. In March 2003, many of them were not aware of each other, but the Black Spring brought them together in sorrow, in the demand for freedom and in their long marches through the city. At the beginning of the US war in Iraq, Fidel Castro’s government thought it a good moment to take advantage of a distraction and jailed nearly a hundred opponents and independent journalists. This time the old trick of waiting for the international community to look the other way did not work. The repudiation was total, but failed to prevent the courtroom processing, with all urgency, 75 citizens under the dreaded Law 88, better known as the Gag Law. This year is the eighth anniversary of those summary judgments, yet a group of convicts remain in prison, accused of “acts that in agreement with imperialist interests are aimed at subverting the internal order of the nation and destroying its political system”. As additional punishment they were placed in prisons hundreds of miles away from their homes and allowed only a very spaced frequency of family visits.
LA FRESCA brezza di marzo soffia per le strade anguste del barrio di Párraga, all’Avana. Più di una trentina di donne vestite di bianco camminano verso una chiesa con dei gladioli in mano, e avanzano scandendo la parola “libertad” (libertà). Sono le Damas de Blanco — le Dame in bianco — mogli, madri e figlie dei prigionieri politici condannati a lunghi anni di carcere dopo quella che è stata ribattezzata la Primavera nera del 2003. La loro marcia è l’unica forma di scontento civile che sia riuscita a strappare al governo cubano un lembo di città, un pezzo di questo paese che continua a vivere terrorizzato e azzittito dalla repressione. Nessuna di queste donne dal viso triste avrebbe mai immaginato, otto anni fa, che, unite dalla comune sventura, avrebbero dato vita a un movimento popolare che riscuote sempre più simpatie fra la popolazione dell’isola. Nel marzo del 2003 molte di loro non si conoscevano neanche, ma la Primavera nera le ha accomunate nel dolore e nella lotta per la libertà, in queste lunghe marce attraverso la città. Con lo scoppio della guerra in Iraq, il governo di Fidel Castro era convinto che fosse la buona occasione per approfittare del diversivo e sbattere in galera centinaia di oppositori e giornalisti indipendenti. Questa volta, però, il vecchio trucco di aspettare che la comunità internazionale guardasse da un’altra parte non ha funzionato. La condanna fu unanime, pur non riuscendo a evitare il processo per direttissima a 75 cittadini, in base alla temibile legge 88, meglio nota come la “legge bavaglio”. Quest’anno corre l’ottavo anniversario di quelle sentenze sommarie e alcuni di loro sono ancora in prigione, con l’accusa di aver partecipato ad “azioni in combutta con gli interessi imperialistici per sovvertire l’ordine interno del paese e distruggerne il sistema politico”. Per rendere più gravosa la pena, le carceri si trovano a chilometri di distanza dalle loro case e le visite dei familiari sono ridotte al minimo. (continua alla pagina seguente)
(ctd. over the page)
The blossoming of the Gladioli Revolution La Rivoluzione dei Gladioli è in fiore DAMAS DE BLANCO 1) “The struggles waged by nations are weak only when they lack support in the hearts of their women. But when women are moved and lend help, when women, who are by nature calm and controlled, give encouragement and applause, when virtuous and knowledgeable women grace the endeavor with their sweet love, then it is invincible.” - José Martí EN
46 - 47
These women of different ages and social backgrounds live besieged by surveillance operations on their homes. Their days are marked by social stigma, by state security infiltration tactics and the remoteness of those — scared — that prefer not to interact with the families of political prisoners. They have lost many friends yet, every Sunday, there are new female faces to support the marches with their presence. Behind the blinds, many others look on without daring to join. The Damas de Blanco are not a party or a uniform bloc, but a group united by suffering and expectation. They have become a constant presence on our streets, their clear costumes generating admiration in some and an unbearable itching in the retinas of others. Every time that they are suppressed, the disparity between their
article :
fragility and the power of a government with a huge propaganda machine, the courts, the police corps and the ability to remake the law at its will has been demonstrated. Using a position of power to crush women who only require the release of their relatives is a sad role for the leaders of a social revolution that once called itself the cause of “the humble, by the humble, for the humble”, but has ended up filling the country with prisons populated with crowds of disadvantaged people. Trying to stigmatize these females has achieved the opposite: making them better known and respected inside and outside of our island. That admiration grows in the midst of a scenario where the symbolism that once emanated from beards and olive green uniforms has long ago lost all of its effectiveness and spent its political capital. All this wasted energy has only revealed that political processes based on masculine emblems are especially fragile when opposed by some motherly advice — a line of women walking down a street with gladioli in their hands.
Heroes. We have a mistaken tendency to believe that a hero is someone who shows military prowess, someone who, facing the greatest danger, will always emerge victorious. As a result of some inexplicable injustice, the defeated always stand in the second row, and aren’t evaluated according to the true measure of their heroism. Nor is the value objectively seen of the small, diminutive citizens who rarely look good in photos and are not given the opportunity to speak from stages. Individuals that underpin and reinforce the work of the champion, declining to receive plaques inscribed with their names, forswearing the exaggerated magical aura with which history surrounds them, and with which idols are invested.
Heroism and fearlessness are not synonymous, and the efforts of the fearless should be accompanied with a good dose of responsibility, so as not to drag others toward an unattainable utopia or a false illusion. The doctor who treats victims of a contagious epidemic, the fireman who saves strangers from the flames, the rescuer searching for survivors amongst still crumbling ruins, the one who dares to defend a truth that cannot be proved, the defenseless citizen facing a power that could crush them, the farmer who rescues fruit from the storm, all are titans willing to risk their health, life and prestige without expectation of applause or reward. Often immortalized in granite, bronze or marble, heroes may seem remote. The look into the distance, the arrogant gesture, the twisted torso... but they are superior without insignia, uniforms and medals. Stripped, they could be confused for one of us.
Yoani Sánchez, 36, is a Cuban journalist and activist. Her award-winning blog Generation Y tells the world about the restrictions of daily life in Havana. She defines her blog as “an exercise in cowardice”, allowing her to say what she cannot express with her civic actions. She has been named by Time, Gatopardo and Foreign Policy magazines as one of the most influential people in the world.
Di fronte al senso d’impotenza per una condanna ingiusta a una persona amata, è difficile prevedere come reagiranno i familiari dall’altra parte delle mura carcerarie. Nel caso delle Damas de Blanco l’indignazione e la tristezza sono confluite in un movimento pacifista senza violenze né grida, con azioni costanti ma pacate, che vanno dal pellegrinaggio settimanale ai ricorsi giuridici e alle petizioni. Non hanno niente da nascondere, anche se il governo cubano ha lanciato un’offensiva di calunnie contro di loro, per non parlare del violento braccio armato degli squadristi delle Brigadas de Respuesta Rápida. Il 10 dicembre del 2009, nella giornata dei Diritti umani, hanno sopportato le urla e gli insulti di alcuni sedicenti “cittadini adirati”, una montatura orchestrata dalla polizia politica. Schivando volgarità e spintoni, hanno continuato a sfilare in silenzio, con il fiore simbolo della resistenza ben stretto fra le mani. Queste donne di età diversa e diversa estrazione sociale vivono sotto assedio in casa loro, circondate dagli agenti. Le loro giornate sono segnate dalla stigmatizzazione sociale, dalle tattiche di infiltrazione della polizia segreta e dall’isolamento, tenute a distanza da chi — impaurito — preferisce evitare ogni contatto con le famiglie dei prigionieri politici. Hanno perso molti amici, eppure, ogni domenica, si vedono facce nuove di donne che si uniscono alle manifestazioni e le sostengono con la loro presenza. Dietro le persiane, molti altri stanno a guardare senza osare scendere in piazza. Le Damas de Blanco non sono un partito né un blocco uniforme, ma un gruppo unito dalla sofferenza e dall’attesa. Sono diventate una presenza costante nelle nostre strade e i loro abiti chiari generano ammirazione in alcuni, e un irresistibile
articolo :
prurito alla retina ad altri. Ad ogni azione repressiva, è evidente lo squilibrio fra la loro fragilità e il potere di un governo che dispone di una gigantesca macchina della propaganda, tribunali, corpi speciali di polizia e la capacità di stravolgere le leggi a suo piacimento. Approfittare di una posizione di potere per schiacciare delle donne che chiedono soltanto la liberazione dei loro cari è un triste ruolo per i leader di una rivoluzione sociale che si era autoproclamata come la causa “degli umili, per gli umili, con gli umili” e che ha finito per riempire le carceri con le persone più svantaggiate del paese. Il tentativo di stigmatizzare queste donne, però, ha sortito un effetto opposto, facendo guadagnare loro notorietà e rispetto, dentro e fuori dell’isola. L’ammirazione cresce in una realtà in cui il simbolismo veicolato un tempo dalle barbe e dalle uniformi verde militare ha ormai perso ogni efficacia e dilapidato il proprio capitale politico. Tutta quest’energia sprecata ci fa solo capire che la politica improntata sugli emblemi della mascolinità diventa particolarmente fragile quando ad essa si oppone una voce materna — un corteo di donne che sfilano per le strade con un gladiolo in mano.
a una targa con il proprio nome rifiutando quell’aura magica e spropositata con cui la storia avvolge i suoi idoli. Eroismo e temerarietà non sono sinonimi, così come l’intraprendenza deve andare di pari passo con una buona dose di responsabilità, per non trascinare gli altri in utopie irranggiunbili o false chimere. Il medico che cura i malati contagiati da un’epidemia, il pompiere che salva la gente dalle fiamme, il soccorritore che cerca i sopravvissuti fra le macerie mentre tutto continua a crollare, colui che osa difendere una verità indimostrabile, il cittadino indifeso di fronte al potere che rischia di restarne schiacciato, il contadino che salva il raccolto dalla tempesta, sono tutti titani pronti a mettere a repentaglio la propria salute, la vita e il prestigio, senza pretendere applausi né ricompense. Spesso immortalati nel granito, nel bronzo o nel marmo, gli eroi sembrano irraggiungibili. Lo sguardo rivolto all’orizzonte, il gesto altero, il busto proteso... li preferiamo senza insegne, uniformi o medaglie. Spogli, possono confondersi fra noi.
Eroi. Abbiamo l’errata tendenza a credere che un eroe sia un personaggio che compie prodezze militari, qualcuno che affronta i massimi pericoli della vita uscendone sempre vincente. Per qualche inspiegabile ingiustizia i vinti sono sempre relegati in secondo piano, senza che sia mai reso onore al loro eroismo. Né tanto meno viene riconosciuto, con obiettività, il giusto valore della piccola gente, di tutti quei cittadini anonimi, poco fotogenici, che non hanno mai l’opportunità di parlare da un palco. Persone che sostengono e amplificano le gesta del protagonista, che rinunciano
Yoani Sánchez, 36 anni, è una giornalista e attivista cubana. Il suo pluripremiato blog “Generazione Y” racconta al mondo le restrizioni della vita quotidiana all’Avana. Definisce il suo blog come un “esercizio di vigliaccheria” che le permette di dire ciò che non le è permesso esprimere per mezzo dell’azione civica. È stata citata dai giornali “Time”, “Gatopardo” e “Foreign Policy” come una delle persone più influenti al mondo.
COUNTRY/PAESE
CUBA
YOANI SÁNCHEZ | colors 20th anniversary | 48 - 49
Given the impotence that the unjust imprisonment of a loved one brings, it is difficult to predict how relatives who remain this side of the prison gates will react. In the case of the Damas de Blanco, indignation and sorrow transmuted into a peace movement that neither involves violence, nor screaming. Their actions are steady but sedate, ranging from their weekly pilgrimage to their final legal appeal and complaint. They have nothing to hide, even though the Cuban government has released swarms of defamation about them, along with the angry fist of the Rapid Response Brigades. On 10 December 2009, during a day devoted to Human Rights, they suffered the shouts and insults of some supposedly “inflamed people” that had all the signs of having been organized and convened by the political police. Ducking through vulgar phrases and shoving, they silently marched, their flowers of resistance pressed inside their hands.
australia
COUNTRY/PAESE 
Nascita di un supereroe
The birth of a superhero
JULIAN ASSANGE | colors 20th anniversary | 50 - 51
Stephen Thompson
Art/disegni
Dove andiamo?
Allo zoo, che domande! A vedere i pinguini, e i leoni...
DÌ LA VERITÀ!
Non ho mai avuto una casa.
Per anni traslocavamo in continuazione, all’improvviso. Mia madre diceva solo ‘dobbiamo scomparire’.
È tutta colpa dei segreti e delle bugie. Dobbiamo essere onesti fra di noi, o non ce la caveremo.
dobbiamo scomparire.
Non andiamo allo zoo.
Non sappiamo dove andiamo.
Non c’era un posto sicuro.
Una setta chiamata ‘La Famiglia’ voleva rapire il mio fratellastro per offrirlo in dono al loro capo. Un bel dono.
Piantala con quella radio! Do solo un’occhiata...
‘La Famiglia’ era infiltrata ovunque. Nella polizia, nel governo. Il loro motto è: invisibile, ignoto, silenzioso.
1) For as long as I can remember... / I have never had a home. 2) For years, we would move, without warning. My mother would say “We need to disappear.” / We need to
1) Where are we going? 2) To the zoo, of course! We’re going to see penguins, and lions... 3) TELL THE TRUTH! 4) It’s lies and secrets that made all this happen. We have to
disappear. / Nowhere was safe. 3) A cult called “The Family” were trying to steal my half-brother as a gift to their leader. Some gift. / “The Family” had people everywhere.
be honest with each other, or we won’t stand a chance. 5) We’re not going to the zoo. / We don’t know where we’re going.
In the police, in the government. They live by a motto: Unseen, Unknown, Unheard. / Will you leave that radio alone? / I’m just having a look... EN
EN
JULIAN ASSANGE | colors 20th anniversary | 52 - 53
Per quanto possa ricordare...
JULIAN ASSANGE | colors 20th anniversary | 54 - 55
C’è della gente che ti vuole portar via. Gente cattiva.
Non allontanatevi troppo...
I cattivi ci hanno ritrovato, e dobbiamo ripartire.
Giocattoli!
Ventun dollari per la benzina.
Ne ho solo venti...
Un giorno troveremo un posto sicuro.
Fico! Spiderman!
...muove le braccia! E fa la tela!
Che fico! Ehm... Salve signore.
Dove non ci potranno mai trovare.
1) There are people who want to take you away. Bad people. 2) The bad people found us again, so we have to go somewhere else. 3) One day we’ll find somewhere safe.
1) Don’t wander far... 2) Toys! 3) Twenty-one dollars for the gas. / I’ve only got twenty... 4) Cool! Spiderman! 5) ...with moving arms! And webs! 6) It’s so cool! I... Oh, hello,
4) Somewhere where they can’t find us.
mister. EN
EN
JULIAN ASSANGE | colors 20th anniversary | 56 - 57
Lo so chi sei. Capisci? Ti ho cercato. Ti abbiamo cercato tutti.
Ehi piccolo. Te lo posso regalare io? Tua madre non dirà di no...
CORRI!
MAMMA ! Ti hanno mai detto chi è la tua vera famiglia?
Invisibile, ignoto...
Silenzioso!
Su! Andiamo!
Ma che...?!
Non c’era un posto sicuro.
1) Hi kid. Why don’t you let me buy it for you? Your mother won’t mind... 2) You see, I know who you are. I’ve been looking for you. We all have. 3) Has anyone ever told you
1) RUN! 2) MUM! 3) Come on! Go! 4) Nowhere was safe.
who your REAL family is? / Unseen, Unknown... 4) Unheard! 5) What the...?! EN
EN
S U P ERHEROES | J U LIAN ASSANGE
Per il mio sedicesimo compleanno, mamma mi regalò un modem. Da solo, ho imparato ciò che mi serve. Posso andare dove voglio, e vedere quello che mi pare.
: STE P HEN THO M P SON
: STE P HEN THO M P SON
Ci danno la caccia da troppo tempo. Non mi farò trovare. Non gliela darò vinta.
Mendax was the pseudonym of Australia’s most notorious
Mendax era lo pseudonimo del più famigerato hacker australiano,
young hacker, but these days he is more famous under his real name: Julian Assange. The release of thousands of classified US embassy cables in November 2010 made him an instant celebrity, but well before then Assange had been connected with the leaking of documents exposing war crimes or cover-ups by major corporations. Before November, we knew he was a force for good over evil. Things are not so clear now.
oggi meglio noto con il suo vero nome: Julian Assange. La divulgazione di migliaia di informative riservate provenienti dalle ambasciate statunitensi, nel novembre del 2010, lo ha proiettato all’istante nell’olimpo delle celebrità. Eppure, Assange era stato implicato ben prima di quella data in altre rivelazioni scottanti, testimonianze in video di crimini di guerra o manovre di insabbiamento da parte delle grandi multinazionali. Prima di novembre, eravamo certi che rappresentasse una forza del bene in lotta contro il male. Oggi la situazione è molto meno chiara.
Was the embassy cables leak heroic, or an act of vandalism? Spiderman swings by the motto “with great power comes great responsibility”, but the sheer power and influence of what Assange is doing makes Spiderman look pathetic. What responsibility does Assange feel? What dark forces motivate him? How was this superhero born? There are few sources for his childhood, but in an interview with Raffi Khatchadourian for The New Yorker, he revealed the little information that we have. Tutte queste società segrete. Basta con le bugie e i segreti. Voglio gridare al mondo le loro bugie.
La fuga di notizie sui dispacci d’ambasciata è stato un atto eroico o puro vandalismo? L’uomo ragno, che dondola fra i grattacieli al grido di “Da un grande potere derivano grandi responsabilità!”, sembra una figura patetica di fronte all’enorme potere e alle vere ripercussioni dell’operato di Assange. Quale responsabilità prova lui? Quali forze oscure lo motivano? Come nasce questo supereroe? Le notizie sulla sua infanzia scarseggiano. Un’intervista a Raffi Khatchadourian di “The New Yorker” ci ha rivelato le poche informazioni che abbiamo.
Even as a child, Assange and his mother moved frequently. For a while, they settled on Magnetic Island, just off the northeastern coast of Australia, where one of his earliest memories was of their house there burning to the ground. His mother had another baby boy with a musician, but the relationship broke down and a custody battle for Julian’s half-brother ensued. Assange’s mother said “Now we need to disappear”, and they went on the run, moving 37 times by the time Julian was fourteen. Assange suspected the musician of being in a wellconnected cult called The Family, whose motto was “Unseen, Unknown, Unheard”. Children in this cult were sometimes taken from their mothers and given to the cult leader Anne HamiltonByrne. Always a fugitive, Assange got a modem at the age of sixteen and went on the offensive. Self-educated, he took his hacking name from Horace: splendide mendax means “nobly untruthful”.
E contro di loro mi servirò dei loro stessi mezzi. Sarò Invisibile, Ignoto, Silenzioso...
Già da bambino, insieme alla madre, Assange non restava mai a lungo nello stesso posto. Vissero per un periodo su Magnetic Island, al largo della costa nordorientale australiana, e uno dei suoi primi ricordi è l’incendio che distrusse completamente la loro casa. La madre aveva avuto un altro figlio da un musicista, ma finita la relazione con quell’uomo si scatenò una vera e propria lotta per l’affidamento. Bastava che la madre dicesse “Ora dobbiamo scomparire”, e scappavano come fuggiaschi. Arrivato all’età di 14 anni, Julian aveva già cambiato casa 37 volte. Assange sospettava che il musicista appartenesse a una potente setta, chiamata ”La Famiglia”, che aveva il motto “Invisibile, Ignoto, Silenzioso”. A volte i bambini degli accoliti venivano sottratti alla madre e consegnati alla loro guida spirituale, Anne Hamilton-Byrne. Sempre in fuga, all’età di sedici anni, Assange mise le mani su un modem e partì al contrattacco. Autodidatta, scelse il suo alias di hacker ispirandosi a Orazio: splendide mendax, che vuol dire “magnificamente bugiardo”.
Part-anarchist and part-lawyer, Julian Assange is twisting the rules to form a new world order. Remodeling our understanding of press freedom, creating a society without secrets, he answers to nobody but himself. The world’s elites are running scared.
Metà anarchico metà giurista, Julian Assange ha deciso di stravolgere le regole per creare un nuovo ordine mondiale, ripensare il concetto stesso di libertà di stampa e fondare una società senza più segreti. E sembra fare tutto di testa sua. Ora sono i potenti che governano il mondo a scappare con la coda fra le gambe.
Il mondo deve sapere la Verità.
His name is everywhere, he remains unknown Il suo nome è dappertutto, lui rimane in incognito JULIAN ASSANGE 1) For my sixteenth birthday Mum bought me a modem. I’ve taught myself the skills I need. I can go where I like. I can see what I like. / They’ve chased us for long enough. I won’t let them find me. I won’t let them win. 2) All those secret societies. Their lies and secrets will have to stop. I will throw their lies into the open. / I will use their own methods against them. I will be Unseen, Unknown, Unheard... 3) The world must know THE TRUTH. EN
58 - 59
ABDUL EDHI | colors 20th anniversary | 60 - 61
The noble beggar for a nation in need Il nobile mendicante per una nazione bisognosa COUNTRY/PAESE
pakistan
The people call him “the Angel of Mercy”. He calls himself a beggar for the poor. When this elderly man sits down in a Karachi street, his small basket overflows with donations. From the collected kindness of millions of strangers, Edhi has created the biggest fleet of private ambulances in the world. When no one else can save you, Edhi will be there. È soprannominato ‘l’Angelo della Misericordia’, ma lui preferisce definirsi un mendicante per i poveri. A Karachi, appena questo anziano signore si siede per strada,
Art/disegni
il suo cestino si riempie di offerte. Grazie
Gary Erskine
alla generosità di milioni di sconosciuti, Edhi ha creato il maggior parco ambulanze private del mondo. Quando nessuno ti può salvare, ci pensa Edhi.
Grazie infinite! Da dove venite?
Pfiuu! Salvi per un pelo!
AIUTO!
۔اکس ٹاپسا ںیہنا ےن مت ےہ ہزجعم کیا ہی
Shh! Queste persone ci hanno salvato, figliolo. Sono…
۔ایک ماک اھچا تہب اناھٹا بس ںیہنا ےن مت
Papà, ho paura... Sembrano…
Chi siete?
Calmi, per favore! So che è difficile mantenere la calma... Ricordo il dolore che provai vedendo il mio paese in subbuglio. Era una cinquantina d’anni fa, molto lontano da qui, a Karachi, in Pakistan...
?!?
1) Phew! That was a close one! / Thank you so much! Where are you guys from? 2) [It’s a miracle you could spot them] / [You did a great job pulling them all up] 3) Dad, I’m
1) New Orleans, USA, 2005 2) HELP! 3) ?!?
scared... They look like... / Shh! These people are SAVING us, son. They are… / Who are you? 4) Please be calm! Though I know how hard it is to stay calm... I remember the pain of seeing my own home in turmoil, too. It was almost fifty years ago, many miles away, in Karachi, Pakistan... EN
EN
ABDUL EDHI | colors 20th anniversary | 62 - 63
New Orleans, USA, 2005
ABDUL EDHI | colors 20th anniversary | 64 - 65
...allora eravamo un nuovo paese, in preda all’instabilità.
Oh mio Dio…
La violenza era sempre in agguato.
Ci sono qua io. Non morirai. Dobbiamo solo fermare l’emorragia. Sto morendo! Aiutatemi!
Aveva delle ferite spaventose. Cercai di riconfortarlo in ogni modo.
Poi lo lasciai, per andare a salvare gli altri.
1) ...we were a new country, then. But things were unstable. / Violence was never far away.
1) Oh my God… 2) I’m dying! Help me! 3) I’ve got you. You’ll live. We just have to stop the bleeding. 4) His injuries were truly terrible. I comforted him as best I could. 5) And then I left him. I had to save the others. EN
EN
Non posso portarti via con me. Non c’è posto. Mi dispiace.
ABDUL EDHI | colors 20th anniversary | 66 - 67
I morti erano tanti, ancora di più i feriti. Mi guidavano i lamenti della gente.
Tornai appena potei.
Ma tornerò. Fidati di me.
Nessuno l’aveva soccorso. Morì da solo, per strada, aspettandomi. Non ero riuscito a salvarlo.
Mi fido di te.
Ma nessun altro ci aveva provato.
1) Many were dead, but many more were injured. I followed the sounds of the wounded. 2) I can’t take you with me. There’s no room. I’m sorry. 3) I’ll come back. Trust me.
1) I came back as soon as I could. 2) No one had come to help. Waiting for me, he died alone on the street. I couldn’t save him. / But no one else was there to try.
4) I trust you. EN
EN
S U P ERHEROES | ABD U L EDHI
: GARY ERSKINE
: GARY ERSKINE
Sta a noi salvarci l’un l’altro. ...non si dovrebbe mai essere soli in questo mondo.
Ehi senti, io…
They call him “The Angel of Mercy” and “The Mother Teresa of Pakistan”. Even at the age of 83, he has lost none of his charisma. Tall, with calm eyes and a smile always at half mast, Abdul Sattar Edhi is a man with an Atlas complex. He has burdened himself with the daunting task of holding the world on his shoulders, of supporting those who have lost everything and supplying the needs of a people abandoned by their political and religious leaders.
Soprannominato “l’Angelo della misericordia”, ma anche la “Madre Teresa del Pakistan”, a 83 anni continua a essere una figura carismatica. Alto, lo sguardo sereno, un sorriso sempre abbozzato sul viso, Abdul Sattar Edhi è un uomo affetto dalla sindrome di Atlante, che ha deciso di farsi carico di un compito immane: tenere il mondo sulle spalle, sostenere coloro che hanno perso tutto e soddisfare i bisogni di un popolo abbandonato dai suoi leader politici e religiosi.
“Abandoned” is precisely the word that comes to mind when assessing the condition of hospitals and medical assistance in Pakistan. According to the Pakistani Ministry of Health, the country can boast only one doctor to every 1,600 people. If the situation sounds precarious today, in the 1950s it was simply terrifying. It was at that time that Edhi began to become the one-man healthcare system of the world’s sixth most populous nation. In 1951, with his own money Edhi opened a small dispensary. Small donations allowed him to buy medicines at wholesale prices and to sell them on below the market value. He started to earn people’s trust. Word spread, the operation grew and the Edhi Foundation was born.
“Abbandono” è la parola esatta che viene alla mente di fronte alle condizioni degli ospedali e dell’assistenza medica in Pakistan. Secondo il ministero della Sanità pachistano, il paese conta un solo medico ogni 1.600 persone. Ma, se la situazione oggi sembra precaria, negli anni 50 era semplicemente terrificante. Fu allora che Edhi creò — da semplice cittadino — il sistema sanitario della sesta nazione più popolosa del mondo. Nel 1951 aprì a sue spese un piccolo ambulatorio. Grazie alle modeste donazioni, poteva comprare i medicinali all’ingrosso e venderli al di sotto dei prezzi di mercato. Cominciò così a guadagnarsi la fiducia della gente. Si sparse la voce e l’iniziativa crebbe, dando vita alla Fondazione Edhi.
Seeing an urgent need, in the late 1950s Edhi bought a dilapidated blue van that he called the “poor man’s van”. This was to be the first ambulance in Pakistan. These days, his emergency service has expanded to become the largest voluntary ambulance service in the world. The Edhi Foundation runs 250 shelters and assistance centers, free hospitals and dispensaries, and assists those in need regardless of race, creed, nationality or caste, worldwide.
So che non è niente, ma è tutto quel che ho.
Disdaining notions of profit and materialism, Edhi lives like a poor man. He is an altruist in the purest sense, and has never taken anything for himself. Though personally a religious Muslim, he is openly critical of clerics and organized religion. It is the personal trust in him of millions of people that keeps donations flooding in, and it is easy to see why. Abdul Sattar Edhi is the kindest man in the world.
Grazie.
Non so neanche il suo nome.
Di fronte all’urgenza, alla fine degli anni 50, Edhi comprò un camioncino blu sgangherato ribattezzato il “furgone del povero”. Era nata così la prima ambulanza del paese. Oggi questo servizio di pronto soccorso, in Pakistan, è diventato il maggiore servizio di ambulanze su base volontaria in tutto il mondo. La Fondazione Edhi gestisce 250 strutture di accoglienza e centri di assistenza, ospedali e ambulatori gratuiti per curare tutti i bisognosi senza distinzioni di razza, credo, nazionalità o casta, in tutto il mondo. Rifiutando di cedere ai diktat del profitto e del materialismo, Edhi vive in povertà. È un altruista nel senso più puro del termine e non ne ha mai tratto vantaggio personale. Benché di fede musulmana a titolo individuale, è particolarmente critico sul ruolo del clero e di qualunque forma di religione organizzata. È proprio la fiducia che ripongono in lui milioni di persone che continua ad alimentare il flusso di donazioni. Ed è facile capire il perché. Abdul Sattar Edhi è l’uomo più buono del mondo.
“Serving humanity is the biggest jihad” “Servire l’umanità è la più grande jihad”
1) ...in this world, one should never be alone. 2) It’s up to us to save each other. 3) Hey, look, I... 4) I know it’s nothing, but it’s all I have. 5) Thank you. 6) I didn’t even get his name. EN
68 - 69
BIBLIOBURRO | colors 20th anniversary | 70 - 71
A man, two donkeys and a precious cargo Un uomo, due asini e un carico prezioso COUNTRY/PAESE
colombia
Violence, drug dealing and war, these are the usual themes of tales told about Colombia. Here is a nicer story. Here is the story of a library with ten legs. A Colombian peasant and his two donkeys roam the countryside, delivering knowledge, enlightenment and hope to the country’s most remote communities. Pensando alla Colombia, violenza, narcotraffico e guerra sono i classici luoghi comuni. Ma quella della ‘biblioteca a dieci gambe’ è un’altra storia. Due asini e un uomo percorrono in lungo e in largo le campagne, portando conoscenza, cultura e speranza alle comunità più isolate del paese.
Art/disegni
Thomas Labourot
Non mi sento al sicuro. Dove ci stai portando?
nelle vaste e polverose distese vicino a La Gloria.
BIBLIOBURRO | colors 20th anniversary | 72 - 73
La nostra storia comincia una mattina presto…
Tranquillo. Shhhh.
SORIANO!!
sono stanco...
Ahi! Soriano, perché mi dai il carico più pesante?
su, Alfa...
La farfalle sembravano spuntar fuori da Macondo. Un posto dove magia e realtà si incontrano.
Saranno tutti quei libri che hai sul groppone.
Dai che c’è un villaggio che ci aspetta.
siamo professionisti. Un po’ di contegno!
ah.
UN SERPENTE!
Ma non li leggi i nostri libri? Lo descrive José Mutis. È un falso corallo delle Ande.
Burros, ora basta! Abbiamo ancora tanta strada da fare!
Facile a dirsi per te Beto, ti sei beccato il carico più leggero...
ed è innocuo.
Mica ho cominciato io.
Sì, sei stato tu.
sì.
Sì.
PIANTATELA !!!!
Marameo! Mi fai un baffo!
No, non è vero.
AAARGHHH!!!
aspettatemi!
no. no.
1) Our story begins early one morning... 2) ...on the wide, dusty plains near La Gloria. 3) Ouch! Soriano, why do I get the heavy ones ? / Oh, Alfa... 4) Alfa, we’re professionals.
1) This doesn’t look safe. Where are you taking us? 2) SORIANO!! / Relax. / Shhhh. 3) I’m tired... / Must be all those extra books you’re carrying. 4) The butterflies there could
Act like it. / Come on, we’ve got a village to get to. 5) Easy for you to talk, Beto, when you get the lighter load... / Burros, stop it ! There’s a long way to go ! / I didn’t start it. /
have floated from Macondo, a place where reality and magic mix. 5) A SNAKE! 6) Don’t you read our books? José Mutis describes this. It’s an Andean Milk Snake. /
Yes, you did. / No, I didn’t. 6) Did. / Didn’t. / Did. / Didn’t. / THAT’S ENOUGH !!
It’s harmless. / Oh. 7) Hahaha ! You can’t hurt me ! 8) AAAAHHHH!!! / Wait for me! EN
EN
Nei campi nascosti dietro la montagna regna il Fantasma Bianco. Vive fra le foglie e ruba l’anima della gente, riducendola in schiavitù.
finalmente...
Beto! aiutami a svegliare Alfa! È ora di partire.
Soriano... dove siamo ora?
zitto, mi devo concentrare.
Ma... cos’è quest’odore?
Lo sapevo. Ci siamo persi.
Alfa, ti prego. Andiamo.
Su Beto. Solo un secondo. Dobbiamo chiedere indicazioni.
Mi rincresce oltremisura importunarla, messere, potrebbe dirmi, di grazia, se questa è la strada giusta per…
Ma non la trovi strana questa gente??
Soriano, perché hanno quello sguardo?
...ma com’è successo...?
Te lo dirò quando sarai più grande. Ora dobbiamo partire. Questa gente si è persa. Noi no.
e perché è tutto...
Forza, burros. Non è un bello spettacolo.
Dobbiamo arrivare al villaggio prima di notte. Questa è una scorciatoia. BIANCO?!
Statisticamente, Alfa, hai più probabilità di strozzarti con l’avena che di morire nella giungla.
Preferivo la strada più lunga...
1) It’s getting dark. Let’s rest here. / Finally... 2) Beto! / Help me wake up Alfa! It’s time to go. 3) Soriano... where are we now? / Quiet, I need to concentrate. / We’re lost.
1) In secret fields beyond the mountain, the White Ghost rules. He lives in leaves, and steals men’s souls. They work for him like slaves. 2) Let’s go, burros. Nothing to see here. / You don’t
I knew it. 4) But... what’s that smell ? 5) And why is everything... 6) WHITE?!
think these people look strange ?? 3) Alfa, please. Let’s go. / Come on Beto, It’ll only take a second. / We need directions. 4) Awfully sorry to bother you, kind sir, but could you possibly inform us if this is the correct direction for... 5) Soriano, what’s wrong with their eyes? 6) I’ll tell you when you’re older. But now, we need to leave. These people are lost. We’re not. / ...but what EN
EN
happened... ? 7) We need to reach the village before nightfall. This is a shortcut. / I prefer the long route... / Statistically, Alfa, you’re more likely to choke on oats than be attacked in a jungle.
BIBLIOBURRO | colors 20th anniversary | 74 - 75
Si fa buio. Fermiamoci qui.
Magari sono simpatici...
E il capo si prese una copia di Brida di Coelho...
Sì, ma ho un brutto presentimento...
Tu non sei umano, Beto!!
Una volta mi catturarono i banditi su un sentiero come questo.
BIBLIOBURRO | colors 20th anniversary | 76 - 77
Bravo, Alfa, fai progressi. Secondo Russell ‘vincere la paura è l’inizio della saggezza’.
Non fa mica paura ‘sta giungla.
Mi legarono. Frugarono fra le mie cose.
…che non ha mai restituito.
Disraeli dice che ‘La paura ci fa sentire umani’.
Giusto.
Mica funziona così una biblioteca!
accidenti.
Alfa, pensavo di non doverlo mai dire, ma… Ho paura anch’io.
1) It’s not so scary, this jungle. / You’re learning, Alpha. Russell teaches us that “to conquer fear is the beginning of wisdom.” 2) Still, I’m getting a bad feeling about this... / Disraeli says “Fear makes us feel our humanity.” / You’re not human, Beto! / True. 3) Oh dear. / Alfa, I never thought I’d say this, but... I’m scared too.
1) Maybe they’re friendly... / I was caught by bandits once, on a trail just like this. 2) They tied me up. They searched me. 3) Their leader took a copy of BRIDA by Coelho... 4) …and he never returned it. 5) That’s not how a library works ! EN
EN
S U P ERHEROES | BIBLIOB U RRO
...lo schivai di scatto, passandogli sotto come un fringuello, mentre Beto e Alfa se la davano a gambe. E non ci siamo mai voltati, arrivando sani e salvi per l’ora di cena…
: THO M AS LABOU ROT
: C h ris t ia n L e ro lle
“ One Hundred Years of Solitude ” is not only the name of a great literary work by Gabriel García Márquez. Centuries of solitude have been endured by the children and elderly of lost villages scattered through the mountains and jungles of Colombia, forgotten by God and left to fend for themselves by a negligent State. Without paved roads, running water or schools, submerged to the neck in poverty, surrounded by the drug trade and with war clawing at their lives the inhabitants resign themselves to hard lives in isolation.
“ Cent’anni di solitudine ” non è solo il titolo di una grande
Across Colombia, according to UNESCO, more than 413,000 children do not have access to basic primary education. When the State fails to answer demands, all one can do is pray to the Virgin Mary or await the serendipitous appearance of some kind of superman. But help did not come from a character wrapped in a cape and spandex. For people in northern Colombian villages such as La Gloria and El Difícil, help arrived in the form of an everyday hero — a neighboring villager and his two donkeys.
Secondo l’UNESCO, nell’intera Colombia, oltre 413.000 bambini non hanno accesso all’istruzione di base. Quando lo Stato non è in grado di far fronte ai bisogni dei cittadini, non resta che pregare la Madonna o aspettare l’apparizione fortuita di un qualche supereroe. Ma l’aiuto non arriva da un personaggio bardato di licra e mantello. Per la gente, nei villaggi del nord della Colombia come La Gloria e El Difícil, l’aiuto si è presentato nelle sembianze di un eroe ordinario: l’abitante di un villaggio vicino assistito dai suoi due asini.
Luis Humberto Soriano is a short man with a soft voice. His strong hands and tanned skin are silent witnesses to a life spent outdoors, close to the land. A lover of stories and adventure, Soriano learnt to read, obtained a degree in Spanish Literature and became a teacher. Tired of his students not doing their homework because they didn’t have the right books, Soriano decided one day to buy books with his own money and to use his donkeys, Alfa and Beto, as a wandering library to carry knowledge from the outside world to villagers in nearby settlements.
Luis Humberto Soriano è un tipo bassetto e dalla voce pacata. Le mani forti e la pelle abbronzata raccontano una vita trascorsa all’aperto, a contatto con la terra. Appassionato di storie e avventure, Soriano ha imparato a leggere, ha conseguito una laurea in letteratura spagnola ed è diventato insegnante. Stufo che i suoi studenti non facessero i compiti perché non avevano i testi, Soriano decise un giorno di comprare dei libri di tasca sua e con l’aiuto dei suoi due fidi asini — Alfa e Beto — creare una biblioteca itinerante per portare il sapere dal mondo esterno agli abitanti dei villaggi vicini.
opera letteraria di Gabriel García Márquez. Secoli di solitudine sono anche quello che hanno dovuto sopportare bambini e anziani, in Colombia, nei villaggi più isolati, disseminati fra le montagne e la giungla, dimenticati da Dio e abbandonati a loro stessi da uno Stato assente. Senza strade asfaltate, acqua corrente o scuole, sommersi fino al collo nella povertà, assediati dai narcotrafficanti e dilaniati dalla guerra, gli abitanti sono rassegnati a una vita di stenti e isolamento.
Thus, in 2000, the Biblioburro was born and the library now holds over 2,800 books. Soriano never charges people to borrow, but asks only that those who do borrow books return them and that they have clean hands. On each of his regular trips into the jungle and over the mountains, Soriano continues his quiet quest to break the solitude, and to show his neighbors the possibility of a different life.
Perché con me non ci parli?
Nacque così, nel 2000, Biblioburro: una biblioteca con oltre 2.800 tomi. Soriano non vuole essere pagato per dare in prestito i libri, chiede solo a chi li prende di restituirli una volta letti. E di leggerli solo dopo essersi lavati le mani. In ognuno dei suoi regolari viaggi per giungle e montagne, Soriano continua la sua silenziosa missione per rompere la solitudine e mostrare ai suoi compaesani che una vita diversa è possibile.
?
Traffickers of high-grade knowledge Trafficanti di conoscenza di primo taglio BIBLIOBURRO 1) ...and I dodged quickly under his arm, like a small bird, and Beto and Alfa ran and ran and ran, and we never looked back, not once, until we got here safely, just in time for dinner. / How come you don’t talk to me? / ? EN
78 - 79
KRU NAM | colors 20th anniversary | 80 - 81
The fearless scourge of the child sex trade L’impavida castigatrice dello sfruttamento sessuale minorile COUNTRY/PAESE
thailand/thailandia
A perverse tourist industry lurks in the backstreets of Thailand’s northern cities. In the bars and brothels of the child sex trade, young lives are captured, broken and thrown towards drug addiction, disease, and death. Witness to this depravity, Kru Nam could not stand by. She rescues children from the abyss in a quest to return stolen innocence. In Thailandia, nei vicoli delle città del nord, il turismo sessuale è sempre in agguato. La prostituzione minorile prende vita nei bar e nei bordelli, dove giovani vite vengono prese in ostaggio e condannate a un futuro di tossicodipendenza, malattia e morte. Testimone di questo orrore, Kru Nam ha deciso di reagire, lottando per salvare i bambini dal baratro e restituire loro l’innocenza perduta.
Art/disegni
Paolo Antiga
KRU NAM | colors 20th anniversary | 82 - 83
So io dove sono.
Chiang Mai, Nord della Thailandia
Pensi che li ferma la pioggia! Col cavolo. A loro piace essere bagnati...
Fottutissima pioggia...
Oh Cristo. Zitto e fuma.
L’ho sempre saputo.
Mi conosci, Sunan. E smettila di fumare quella merda. Devo trovare Kamol e Chang.
e tu chi diavolo sei, donna?
Che alternativa hanno?
Dimmi dove sono. So che lo sai.
Io... loro... sono…
Ma cosa…? Con cosa diavolo stavo parlando?
Quale via d’uscita?
1) But I know where they are. / This damn rain... 2) You think rain stops them ?! Hell no, buddy. Those guys like it wet... / Jeez. Shut up and smoke. 3) I always knew. 4) What choice do they have ? 5) What chance ?
1) Chiang Mai, Northern Thailand 2) Who the hell are you, lady ? 3) You know me, Sunan. Stop smoking that crap. I need to find Kamol and Chang. 4) Tell me where they are. I know you know. 5) You do ?! I... they’re... they’re… 6) What the…? What the hell was I talking to ? EN
EN
Kamol.
Cosa ci fai tu qui?
Fai piano. È finita. Ti porto via, per sempre.
Ma…
…Non posso abbandonare Chang! È nella stanza! Trova gli altri! Presto! Andiamo!
Sarà troppo tardi?
1) Kru Nam ! 2) Get the others ! Let’s go ! Let’s go !
1) Kamol. 2) Kru Nam! What are you doing here ? 3) Keep quiet. It’s over. It’s time to go. For good. / But… 4) …I can’t leave Chang ! He’s in the room ! / Am I too late ?
EN
EN
KRU NAM | colors 20th anniversary | 84 - 85
Kru Nam!
S U P ERHEROES | KRU NAM
: PAOLO ANTIGA
: DAVIDE A M ICI
ma che…
In the center of the Golden Triangle, where Thailand, Burma, and Laos join, in an area tangled with smuggling routes and illegal trade, 126 children find safety at Kru Nam’s side. At her shelter they are given food, health care and education. But these are the lucky ones. Sold by desperate parents or tricked by traffickers, most of these children have escaped lives as slaves in factories, but many were also among the estimated two million children who work worldwide in the sex trade. Born into marginalized minority groups on the Thai border, these children are considered “stateless” in Thailand, where they are denied basic rights or any prospects for a happy future. It started eighteen years ago when Kru Nam abandoned a promising career as a jewelry designer in Bangkok to volunteer with the charity VCDF (Volunteers for Children Development Foundation) in the northern city of Chiang Mai. An artist by training, she approached street kids with art materials and asked them to draw. To her horror, they crafted nightmarish images onto the paper. Living one day at a time, those over ten would work in sex bars at night, then buy hard drugs with the little money they had earned. Many would be HIV-infected and lacking any assistance.
Acciuffateli!
Al centro del Triangolo d’Oro, là dove s’incontrano Thailandia, Birmania e Laos, in un groviglio di loschi traffici e vie del contrabbando, 126 bambini hanno trovato rifugio e salvezza grazie a Kru Nam. Nella sua struttura ricevono cibo, cure mediche e istruzione. Di fatto, possono reputarsi fortunati. Venduti dai genitori disperati o irretiti con l’inganno dai trafficanti, molti sono sfuggiti a una vita da schiavi in fabbrica, altri si sono salvati dal mercato della prostituzione minorile che assolda in tutto il mondo ben due milioni di bambini. Appartenenti in gran parte alle minoranze etniche insediate lungo la frontiera thailandese, considerati “apolidi” in Thailandia, erano condannati a una vita negata, senza diritti fondamentali e qualunque prospettiva di un futuro felice. Tutto cominciò 18 anni fa, quando Kru Nam abbandonò una promettente carriera come creatrice di gioielli, a Bangkok, per andare a fare volontariato con un’associazione di beneficenza, VCDF — Volunteers for Children Development Foundation — nella città di Chiang Mai, nel nord del paese. Artista di formazione, avvicinava i ragazzini di strada chiedendo loro di fare un disegno. Scoprì con orrore che su quei fogli di carta i piccoli riproducevano immagini da incubo. I bambini sopra i dieci anni di età vivevano alla giornata, vendendo il loro corpo nei bar, di notte, per comprare droghe pesanti con i pochi soldi racimolati. Molti di loro erano sieropositivi e privi di qualunque assistenza medica.
By 1994, Kru Nam had already been working with the kids for a year when five young boys failed to turn up to an agreed meeting. Instinctively, Kru Nam went to a nearby sex bar. She found them there and walked straight in. Quickly, she gathered the children and took them back to her house. But what next? The hardest part was yet to come. She had to offer the kids an alternative to working in the sex trade. She soon received death threats from bar owners, too, accusing her of “stealing their property”. Kru Nam set up the children’s shelter and decided to try to beat the child sex trade at the source, opening a drop-in center on the Thai-Burmese border so that she could get to the kids before anyone else. Her tactics are working, and in collaboration with the anti-slavery campaign Not For Sale, Kru Nam continues her fight to preserve innocence, defeat injustice and save young lives.
Era il 1994 e Kru Nam lavorava con i bambini da un anno quando, un giorno, cinque di loro non si presentarono a un appuntamento. Istintivamente, si precipitò verso un bar vicino, li trovò ed irruppe senza esitazioni. Agguantò rapidamente i bambini e se li portò a casa. Come continua la storia? Il difficile doveva ancora venire. Bisognava offrire a quei bambini un’alternativa alla prostituzione. Nel frattempo, però, Kru Nam cominciò a ricevere minacce di morte da parte dei padroni dei bar che l’accusavano di “rubargli la merce”. Così, decise di fondare la sua struttura per combattere la prostituzione minorile alla fonte, aprendo un centro di accoglienza al confine fra Thailandia e Birmania per intercettare i ragazzi prima che cadessero nelle grinfie degli sfruttatori. La sua tattica si è rivelata vincente e, in collaborazione con la campagna contro la schiavitù “Not For Sale”, Kru Nam continua a lottare per preservare l’innocenza, sconfiggere l’ingiustizia e salvare giovani vite.
Chiamami pure come ti pare.
Guardian angel, alias badass nanny Angelo custode, alias tata cazzuta KRU NAM
E questo è solo l’inizio.
1) What the… /
2) Get them ! 3)
/ You can call me what you like. 4) This is just the beginning.
EN
86 - 87
PAUL VERRYN | colors 20th anniversary | 88 - 89
The renegade priest and his refugee army Il prete ribelle e il suo squadrone di rifugiati COUNTRY/PAESE 
South africa/sudAfrica
In South Africa, just the mention of his name courts controversy. Some say he does everything he can to protect refugees, the homeless and the abandoned. Others say he is a menace, and his church is an eyesore in rich central Johannesburg. A rebel cleric and an enemy of the state, to those Paul Verryn helps, he is a saint. In Sudafrica basta pronunciare il suo nome per scatenare un putiferio. Alcuni dicono che difende la causa dei rifugiati, dei senzatetto e degli emarginati. Altri lo considerano un pericolo e vedono la sua chiesa come un obbrobrio, nel ricco centro di Johannesburg. Sacerdote ribelle e nemico dello stato, agli occhi di coloro che aiuta Paul Verryn è un santo.
Art/disegni
Pat Masioni
La fede mi ha fatto aprire le porte della nostra chiesa alle anime smarrite, ai rifugiati...
Come si possono ignorare i bisognosi? Cos’è che ci fa voltare le spalle?
La città dell’oro.
Il cuore di un nuovo inizio. Il fulcro delle nostre speranze.
Non avrei mai pensato che la chiesa avrebbe perso la fede in ME. Il governo vorrebbe che i rifugiati tornassero a casa loro. Non capisce.
Questa gente non HA una casa. Opportunità per tutti...
Non per tutti.
E ce ne sono moltissimi altri. Stanotte la chiesa è piena. Oggi dormiranno fuori. Ma domani…
1) How can we refuse those in need? What makes us turn our backs? 2) Faith led me to open the doors of our church, to lost souls, to refugees... 3) I never expected the
1) Welcome to Johannesburg. / City of Gold. 2) The heart of our new beginning. The centre of our hopes. 3) Opportunities for all... 4) Not all.
Church to lose faith in ME. The authorities wish the refugees would go home. They don’t understand. 4) These people have no home. 5) But there are so many more. Tonight, the church is full. Tonight they sleep outside. Tomorrow... EN
EN
PAUL VERRYN | colors 20th anniversary | 90 - 91
Benvenuti a Johannesburg.
BASTARDI!
VIA! Domani. Forse, domani.
ttssé, e ora chiudono i battenti.
E se troviamo chiuso anche domani?
Chissà cosa ci porterà il domani...
E le nostre cose??
Al diavolo le vostre cose. Sali. Questo è il nostro fottuto paese! E queste sono le nostre strade!
Feccia zimbo.
I miei documenti!!
Falli sgomberare.
Quali documenti? Ora non sei più nessuno.
1) We heard so much about this place. / Yeah, and now they close the doors. / Tomorrow. Perhaps tomorrow. 2) And if the doors are closed tomorrow ? / Who knows what
1) MOVE ! 2) You bitches ! 3) What about our stuff ?? 4) Forget your stuff. Get in. 5) My papers !! / Whose papers? You’re nobody now. 6) This is our country !
tomorrow will bring... 3) Zimbo scum. [ Zimbo is slang for Zimbabwean ] / Clear them out.
These are our streets ! EN
EN
PAUL VERRYN | colors 20th anniversary | 92 - 93
Ci hanno parlato tanto di questo posto.
PAUL VERRYN | colors 20th anniversary | 94 - 95
Presto! Non c’è tempo!
FORZA! SBRIGATEVI! STOP !
il prete ! Non si deve imprecare nella casa di Dio.
DAI !
TUTTI DENTRO!
Verryn!
ahwsv di un prete!
1) Stop ! / The priest ! 2) Get inside ! / Verryn !
1) Quickly ! There’s no time ! 2) Come on! Faster! 3) Go! 4)
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EN
priest ! 5) Thou shalt not curse in a house of God.
S U P ERHEROES | PA U L VERRYN
: PAT M ASIONI
: PAT M ASIONI
È tutto finito. Sei al sicuro. Sono Paul. Iniko! Vieni, Iniko, bevi un po’.
At number 79 Pritchard Street, in the wealthy center
Io sono... Iniko...
of Johannesburg, South Africa, a huge building rises from the ground to the sky. This is the Central Methodist Church, but to thousands it is much more than just a church. To those without hope, to the desperate refugees who flood to Johannesburg looking for a better life, this is their last sanctuary, their last chance. Its guardian is a tall man with strong convictions. Despite furious opposition, in 2006 Bishop Paul Verryn opened the doors of his church to those without shelter, to protect them from brutality on the street. He has been rewarded for his efforts with public vilification, and in January 2010 was suspended from the Methodist Church. Undeterred, he continued his fight for the dispossessed. The population living in the church is itinerant, many come and go every day, but it regularly holds about 1,500 people. Our illustrated episode is based on events in early July 2009, when police attacked illegal immigrants sleeping on the street outside. Verryn brought the refugees inside for shelter, and in a couple of nights the number of people staying in the mission grew to nearly 3,500. Such attacks on refugees are not isolated. South Africa was gripped in 2008 by widespread xenophobic violence, and the situation is only likely to become more intense, as the United Nations Refugee Agency predicts that about 470,000 immigrants, refugees and asylum seekers will arrive in South Africa this year alone, mostly from Zimbabwe.
Stanotte siamo al sicuro.
The Central Methodist Church offers refugees a place to sleep and wash, a little help with finding food, a kindergarten and workshops for people to develop useful practical skills. But the project is chaotic and far from perfect. In the overcrowded conditions there are serious problems of security and sanitation. In an attempt to remedy the spread of disease and crime, Verryn sets ground rules and even hires some of the refugees as security guards or cleaners. But his is an unwinnable battle in an imperfect world. Verryn is just one man struggling to save the lives of thousands. In these circumstances, it is not cartoon heroism which defines Verryn but his extraordinary humanity.
Al numero 79 di Pritchard Street, nel ricco centro di Johannesburg, in Sudafrica, un edificio imponente svetta dalla terra verso il cielo. È la Chiesa centrale metodista, ma per migliaia di persone è molto più di una chiesa. Per chi ha perso ogni speranza, per i rifugiati disperati che approdano a Johannesburg in cerca di una vita migliore, questa è l’ultima via di salvezza, l’ultima possibilità. Custode dei luoghi, un uomo dalla statura imponente e dalle forti convinzioni. Sfidando un’opposizione accanita, nel 2006, il vescovo Paul Verryn ha aperto le porte della sua chiesa a chi non aveva un tetto, salvando migliaia di persone dai pericoli della strada. Ripagato dei suoi sforzi con il pubblico vilipendio, nel gennaio del 2010 è stato sospeso dalla chiesa metodista. Noncurante, ha continuato a lottare per difendere gli emarginati. All’interno della chiesa vive una popolazione itinerante: c’è un gran viavai quotidiano, anche se la struttura accoglie mediamente 1.500 ospiti. Il nostro episodio illustrato si basa su eventi accaduti ai primi di luglio del 2009, quando la polizia attaccò gli immigrati illegali che dormivano sulla strada antistante alla chiesa. Verryn diede riparo ai rifugiati all’interno, e nel giro di un paio di notti il loro numero salì a quasi 3.500 persone. Questo tipo di aggressioni contro i rifugiati non sono un caso isolato. Nel 2008 il Sudafrica si è ritrovato nella morsa delle violenze xenofobe, e la situazione oggi sembra solo destinata a peggiorare, con l’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite che prevede l’arrivo massiccio, in Sudafrica, di circa 470.000 migranti, rifugiati e richiedenti asilo provenienti dallo Zimbabwe, soltanto per l’anno in corso. La Chiesa centrale metodista offre ai rifugiati un luogo dove dormire e lavarsi, un aiuto per mangiare, un asilo nido e dei seminari per acquisire competenze pratiche. Tuttavia il progetto è caotico e lungi dall’essere perfetto. In condizioni di sovraffollamento come questa emergono gravi problemi di sicurezza e di igiene. Nel tentativo di porre rimedio alla diffusione delle malattie e alla criminalità, Verryn ha stabilito un regolamento interno e chiede ad alcuni rifugiati di lavorare come guardie o addetti alle pulizie. Ma la sua battaglia sembra persa in partenza in questo mondo imperfetto. Verryn è un uomo solo che lotta per salvare la vita di migliaia di persone. Viste le premesse, non è l’eroismo dei fumetti a contraddistinguere Verryn, ma la sua straordinaria umanità.
A sheep in wolf’s clothing Un agnello vestito da lupo PAUL VERRYN
Chissà cosa ci porterà il domani?
1) It’s over. You’re safe. I’m Paul. / I’m... Iniko... 2) Iniko! Here, Iniko, drink this. 3) Tonight we are safe. / Who knows what tomorrow will bring?
EN
96 - 97
I didn’t choose this job, it chose me. I grew up in tough neighborhoods in South and East London and even as a child I was fascinated by the way poor environments affected communities. From there the idea to become an architect of change emerged. By the time I graduated this thought had become my philosophy. I couldn’t find anywhere to practice this sort of socially-responsible design so with Kate Stohr, a writer on urban issues and documentary producer, I co-founded Architecture for Humanity. The rest is history. Architecture for Humanity works like zen chaos. We have fifteen people in the HQ, 25 people in our regional offices in Port-au-Prince and Cape Town and another twenty full-time architects living around the world. Additionally we have 73 city-based independent chapters around the world, made up for 6,700 design and construction professionals. These chapters work on local issues but when there is a situation on a national level they ”wake up and respond“ — like a sleeper cell for good! In terms of working with a community, we need to be asked. Once we’ve committed to a project we begin
interview :
a community-led development process. Our architects and designers don’t fly in on weekend trips, they live in the villages and towns from nine to eighteen months. To truly understand the client you must live, eat and breathe like them. Many of our designers are not your typical architects, they are more like PhD MacGyver — super smart with the street knowledge to get it done! They are all pretty badass. But in any humanitarian action, individuals need to guide, not dictate a process. You must be humble in your work but courageous in implementing it. In areas of great need or conflict, you will be a threat to the status quo — be prepared for the fight. The world’s always been going bad. The late 13th century sucked and the 15th wasn’t much better. Guess what? We are the most resilient species on the planet. It’s easy to be negative, but to come together and step up requires unwavering optimism and stubborn determination. It’s not about checkbook giving, it’s about developing a dialogue with your funders. People invest in you because they believe in what you do and want to be a part of the process. The most amazing group of donors we have now are not big companies or celebrities but hundreds of secondary school students who are raising money via www.studentsrebuild.org. On the anniversary of the Tsunami I happened to be sleeping on the beach. I woke up early and met a man in his sixties sitting by the water. He began talking and told how he had lost seventeen members of his family and just his daughter and his mother-in-law were left. I asked him how he was holding up and he replied, very calmly, ”we’re fine, but of all people, my mother-in-law?" We looked at each
other and started laughing. Then for the next hour we drew in the sand how to build a house that included mother-in-law quarters. At the end I got up and he threw his arms around me. He hugged me really tight for almost ten minutes. I didn’t know what to do. In the awkwardness of the situation, I realized that for a whole year no one had really listened to this man and it was the simple things that mattered. I always liked the darker comic books, conflicted characters who tried to do the right thing. I think it shows that life is tough and that solutions and actions need to be tougher. But there is no one ”hero“ for Architecture for Humanity, we are made up of dozens of amazing and unique individuals, all of whom have done heroic work. We are more like the Justice League or the X-Men (although over 50 percent women). The two greatest perils facing the world today are a lack of resources, and our fear of the unknown.
CAMERON SINCLAIR è il celebre
cofondatore e "Chief Eternal Optimist" (CEO) di Architecture for Humanity, un’organizzazione no profit che realizza opere di architettura e edilizia civile per le comunità bisognose. Negli ultimi 12 anni, con grande successo, Architecture for Humanity ha lavorato in 38 paesi, costruendo scuole, ospedali, infrastrutture comunitarie e alloggi a prezzi accessibili sia per le vittime delle catastrofi naturali sia per chi soffre dei fattori di povertà legati al sistema. In questa intervista, Cameron Sinclair racconta a COLORS come il suo team di architetti attivisti sta salvando il mondo, mattone dopo mattone. Non ho scelto questo lavoro. È lui che ha scelto me. Sono cresciuto nei quartieri difficili del sud e dell’est di Londra e, fin da bambino, mi affascinava il modo in cui la povertà e i fattori ambientali incidono negativamente sulla collettività. È proprio da questo che è nata l’idea di diventare un “architetto del mutamento”. Il tempo di laurearmi e questo pensiero era diventato la mia filosofia di vita. Ma non esisteva nessuna struttura dove potessi mettere in pratica il mio personale concetto di design impegnato e così, insieme a Kate Stohr — esperta di urbanistica, saggista e produttrice di documentari — abbiamo fondato Architecture for Humanity. Il resto è storia. Architecture for Humanity funziona un po’ come il caos zen. Siamo 15 in sede, coadiuvati da 25 collaboratori negli uffici regionali di Port au Prince e Città del Capo e altri 20 architetti sparpagliati in tutto il mondo che lavorano per noi a tempo pieno. In più, abbiamo 73 antenne indipendenti in altrettante città del mondo che vedono impegnati 6.700 professionisti del design e dell’edilizia. Queste antenne lavorano su progetti locali, ma quando si presenta
intervista :
un’esigenza a livello nazionale “si svegliano e si attivano” — un po’ come una cellula dormiente che opera per il bene comune! La collaborazione ad un progetto a favore di una comunità ci deve venir richiesta. Una volta accettato il lavoro, comincia il processo di sviluppo con il coinvolgimento della collettività. I nostri architetti e designer non prendono l’aereo per un soggiorno di un weekend, ma vivono dai 9 ai 18 mesi nei villaggi e nelle città interessati dal progetto. Per capire veramente i clienti, è necessario vivere, mangiare e respirare come loro. Molti dei nostri designer non corrispondono alla classica figura dell’architetto, sono più una sorta di MacGyver plurilaureato — gente sveglia ed esperta di sottoculture. Delle vere facce toste. Ma, in qualsiasi tipo di azione umanitaria, i singoli devono saper essere delle guide e non imporre un processo dall’alto. Ci vuole umiltà durante la fase progettuale e coraggio al momento della realizzazione. Nelle aree di conflitto o in situazioni di grande bisogno, sarai sempre percepito come una minaccia allo status quo. Per cui tieniti pronto a lottare. Il mondo è sempre andato a rotoli. La fine del XIII secolo era un gran casino e il XV non fu certo meglio. Sai una cosa? Siamo la specie più resistente del pianeta. È facile essere negativi, ma per lavorare insieme e cambiare le cose ci vuole una buona dose d’incrollabile ottimismo e di ostinata determinazione. Non si tratta di incassare assegni, ma di sviluppare un dialogo con le persone che ti finanziano. Se qualcuno investe su di te è perché crede in quello che fai e vuole partecipare al cambiamento. Il più incredibile gruppo di donatori con cui abbiamo a che fare non sono le grandi multinazionali né le celebrità, ma centinaia di studenti delle scuole superiori che raccolgono fondi su www.studentsrebuild.org.
Il giorno dell’anniversario dello Tsunami mi ritrovai a dormire in spiaggia. Mi svegliai all’alba e incontrai un uomo sulla sessantina seduto in riva al mare. Cominciammo a parlare e mi raccontò di aver perso ben 17 familiari e che gli restavano solo la figlia e la suocera. Gli chiesi come facesse ad andare avanti e lui mi rispose, con grande serenità, "stiamo bene, ma fra tutti quanti perché proprio mia suocera?". Ci guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere. Poi ci mettemmo a disegnare per un'ora sulla sabbia la sua nuova casa, con un'ala da destinare alla suocera. Alla fine, quando mi alzai mi gettò le braccia al collo abbracciandomi forte per quasi 10 minuti. Nell’imbarazzo della situazione mi resi conto che per un anno intero nessuno aveva mai ascoltato con attenzione quell’uomo e che le cose che contano davvero nella vita sono anche le più semplici. Mi sono sempre piaciuti i fumetti cupi e gotici, in cui personaggi combattuti cercano di fare la cosa giusta, perché ci mostrano che la vita è tosta e che le soluzioni e le azioni devono esserlo ancora di più. Architecture for Humanity, però, non ha un solo eroe! È un gruppo composto da decine di persone uniche e sorprendenti, tutte impegnate in gesta eroiche. Siamo più simili a Justice League o X-Men (anche se per il 50% donne). Le due maggiori minacce per il mondo oggi sono la penuria di risorse e la nostra paura dell’ignoto.
COUNTRY/PAESE
ENGLAND/INGHILTERRA
CAMERON SINCLAIR | colors 20th anniversary | 98 - 99
CAMERON SINCLAIR is the celebrated co-founder and ”Chief Eternal Optimist“ (CEO) of Architecture for Humanity, a nonprofit organization providing architectural and construction services to communities in need. For the past 12 years, and to great acclaim, Architecture for Humanity has worked in 38 countries, building schools, health clinics, community structures and affordable housing for those who have suffered from natural disasters or face systemic issues of poverty. In this interview, Cameron Sinclair tells COLORS how his team of activist architects are saving the world, brick by brick.
Architecture
for Humanity
6,700 design & construction professionals 73 independent chapters 38 countries 20 full-time architects
“ we are like the justice league or x-men” “Siamo come Justice league o x-men”
6700 professionisti del design e dell'edilizia / 73 antenne indipendenti / 38 paesi / 20 archite t ti a tempo pieno
EN
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RYU YANG SUN| colors 20th anniversary | 102 - 103
The secret millionaire and her fish stall philanthropy una misteriosa milionaria e il suo filantropico banco del pesce COUNTRY/PAESE
South Korea/corea del sud
As society surges towards consumerism and self-enrichment, in Seoul, south Korea, a 78-year-old woman dares to swim against the current. Born poor, and living without luxuries, Ryu Yang Sun saves all the money she makes from her seafood stall for donation. In eighteen years, she has donated over 100,000 books to schools. Mentre l’intera società insegue il consumismo e il profitto personale, a Seul, in Corea del Sud, una donna di 78 anni osa andare controcorrente. Nata povera, con una vita senza lussi, Ryu Yang Sun dà in beneficenza tutto quello che guadagna vendendo pesce. In 18 anni ha donato oltre 100.000 libri alle scuole.
Art/disegni
Geoff Shaw
RYU YANG SUN| colors 20th anniversary | 104 - 105
Città di Seocheon, Corea, 1950 ...mi odiano tutti.
PERCHÉ ?!
Perché sono povera ??
Voglio solo essere come gli altri! Voglio andare a scuola!!
Vorrei tanto stare insieme agli altri...
Vorrei tanto...
Maestra! C’è ancora fuori quella sudiciona di Yang Sun!
Sta’ zitto, marmocchio viziato. HAHAHAHA!
tornatene nel tuo porcile, maiala !
1) Seocheon city, Korea, 1950 2) Miss! Miss! That filthy Yang Sun is outside again! 3) Shut up, you spoiled little brat. 4) HAHAHAHA! / Go back to your sty, piggy !
1) ...everyone hates me. 2) Why ?! 3) Because I’m poor ?? / I just want to be like the other kids! I want to be at school ! 4) I wish I was with them... 5) I wish, I wish...
EN
EN
RYU YANG SUN| colors 20th anniversary | 106 - 107
60 anni dopo.
Brutta giornata?
‘Sto posto è un fottuto freezer...
Ogni giorno è un brutto giorno, figliolo.
Caro bambino. La vita è dura. Quello che impari adesso è ciò che conta. Non gettare tutto all’aria. Non riesco mai a dormire abbastanza... è così rumoroso...
Ti si sentiva russare da un miglio.
Dormito bene Yang Sun?
Non potrai mai tornare indietro.
Vivi la tua vita imparando dai libri. Ma non aspettarti un lieto fine.
Sembra una barbona. In confronto un pesce marcio fa bella figura.
Tieniti il tuo tanfo, Yang Sun.
E questo è tutto per stasera.
vabbè. A domani!
* Risparmi
1) 60 years later. 2) This place is like a bloody freezer... 3) Can never get enough sleep... So noisy... 4) Sleep well, Yang Sun ? / Could hear you snoring from a mile away.
1) Having a bad day ? / Every day is a bad day, son. 2) Dear kid. Life is hard. What you learn now is most important. Don’t screw it up. 3) You can never go back in time.
5) She looks like a tramp. She makes a rotten fish look good. / Keep your smells to yourself, Yang Sun. / Whatever. 6) *Savings
4) Live your life as you learn from books. But don’t expect a happy ending. 5) Enough for tonight. 6) See you tomorrow ! EN
EN
S U P ERHEROES | RYU YANG S U N
Ufff!! ‘Sta scuola è proprio in culo ai lupi...
: GEOFF SHA W
: A llie R o bke
“I continue because I started” is Ryu Yang Sun’s bluff, simple
“Continuo perché ho cominciato” è la risposta semplice e spiazzante che dà Ryu Yang Sun alla domanda su cosa la faccia andare avanti. Invidiata e derisa al contempo, affronta ogni nuovo giorno con una buona dose di stoicismo bardata nel suo grembiule impermeabile giallo canarino. Ma l’apparenza inganna: è dal 1983 che questa settantottenne, pescivendola su un umile banco al mercato del pesce di Noyangjin, a Seul, ha donato l’equivalente di otto milioni di dollari americani in terre e borse di studio alle università e quattro milioni in libri alle scuole della Corea del Sud.
answer, when asked what keeps her going. Both envied and ridiculed by those around her, she meets each new day with something like stoicism, wrapped in a yellow waterproof apron. But appearances deceive: from her humble stall in Seoul’s Noyangjin fish market, since 1983 this 78-year-old fishwife has donated the equivalent of eight million US dollars in land and scholarships to universities and four million dollars in books to schools across South Korea.
Bimbi, lo sapete chi è venuta a farci visita? Questa signora speciale è Ryu Yang Sun!
Her strange tale starts almost thirty years ago, when she began buying small quantities of salted seafood and reselling them on the street. With her first small savings she did what, then, was traditional — she bought small parcels of land. With the astonishing development of the country in the last decades, through more luck than judgement, these investments turned out to be fantastically shrewd, netting Ryu Yang Sun several billion Korean won. Born the youngest of five children and a girl, Ryu had a miserable childhood, where being poor corresponded with having no education. Still feeling the pain of this injustice, and remembering a time when all she wanted was a chance to study, she has donated every cent surplus to what she needs to live towards the education of young people.
Ma... è lei!
Brava, e chi se no?
Despite her incredible cash windfall, the grandma still doesn’t trust her luck. Her family has turned away from her, not understanding why she has given all of her money away to strangers. She describes her job as “shitty”, and grumbles that her fellow Koreans “spend too much money on themselves”, but through a combination of her rigorous work ethic, unusual stubbornness and a form of naivety, Ryu persists. With the books she sends out, Ryu always includes a letter, individually encouraging students to make the most of their studies. But Ryu does not only do education. When she hasn’t got any money but does have salted seafood from Jeju island — the very best stuff — Ryu sends it to poor, lonely and forgotten old people. People with whose fate she has a natural empathy.
I libri!
Servitevi, piccole pesti. EHi, uno alla volta!
La sua strana storia comincia una trentina di anni fa, quando iniziò a comprare piccole quantità di frutti di mare sotto sale per rivenderli in strada. Con i primi risparmi fece quello che si faceva tradizionalmente all’epoca: comprò dei pezzi di terra. Con l’incredibile sviluppo del paese negli ultimi decenni, più per fortuna che per senso degli affari, quell’investimento si rivelò essere una vera e propria manna, che fruttò a Ryu Yang Sun svariati miliardi di won coreani. Ultimogenita di cinque figli e, come se non bastasse, femmina, Ryu è cresciuta nella miseria, senza neanche avere la possibilità di andare a scuola. Con il senso d’ingiustizia ancora vivo per il danno subito e i ricordi dell’infanzia, quando l’unico sogno era la possibilità di studiare, ha donato ogni centesimo che le avanzava dallo stretto necessario per vivere, per finanziare l’educazione dei giovani. Nonostante la pioggia di soldi piovuta dal cielo, la nonnetta ancora non crede alla sua fortuna. La famiglia ha tagliato i ponti, non capendo perché abbia scelto di regalare tutti i suoi soldi a degli estranei. Descrive il suo lavoro come una “cagata” e si lamenta dei connazionali che “spendono troppi soldi per loro stessi”. Intanto, grazie a una strana combinazione di rigorosa etica del lavoro e d’incredibile ostinatezza insieme a una forma d’ingenuità, Ryu non demorde. Con i libri che regala, invia sempre una lettera, in cui si rivolge singolarmente agli studenti per incoraggiarli a impegnarsi e trarre il massimo beneficio dallo studio. Ryu, però, non si limita agli studenti. Quando non ha soldi, ma le resta un po’ di pesce sotto sale dell’isola di Jeju — una vera leccornia — Ryu lo offre agli anziani poveri rimasti soli e dimenticati. Persone per il cui destino prova una grande empatia.
“Don’t keep your money, you can die anytime” “Non mettere niente da parte, potresti morire in ogni momento” Nonna Ryu!
Posso prendere un libro?
RUY YANG SUN 1) Pufff!! This school is literally in the arse end of nowhere... 2) It’s... it’s you ! / You’re damn right it’s me. 3) Class, do you know who our visitor is ? This special lady is Ryu Yang Sun! 4) Books ! / Granny Ryu ! / Can I have a book ? / Go on, you little rascals. Hey ! One at a time ! EN
108 - 109
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Spring 2011 with the special contribution of Yoani Sánchez, Cameron Sinclair, Gino Strada
Creative Director and concept Erik Ravelo, (Kiré), Havana
Editor in Chief Jonah Goodman, Birmingham
Art Directors Erik Ravelo, (Kiré), Havana Dominic Langdeau McGee, Sherbrooke
Comics consultants Nicola Ferrarese, Jesolo Alberto Polita, Treviso
Writers Jonah Goodman, Birmingham Juan Pablo Gallón Salazar, Bogotá Julie Kassandra Savary, Geneva
Executive Editor Giulia De Meo, Venice
Graphic Designer Korean Version Namyoung An, Seoul
Editor Jonah Goodman, Birmingham
Managing Editor Erica Fusaro, Venice
Illustrators Marcelo Pérez Dalannays, Arica Geoff Shaw (SCAD), Cedar Rapids Stephen Thompson, Dublin Gary Erskine, Glasgow Erik Ravelo, (Kiré), Havana
Pat Masioni, Mikuzi Alberto Ponticelli, Milan Vivek Shinde, Mumbai James Fosdike, Naracoorte Thomas Labourot, Reims Paolo Antiga, Treviso
Geremia Vinattieri, Florence
Researchers and Scripts Jonah Goodman, Birmingham Juan Pablo Gallón Salazar, Bogotá Chelsea MacLachlan, Cape Town Julie Kassandra Savary, Geneva
Proof Reader Carlos Mustienes, Madrid
Fixers Vidhi Shah, Mumbai Mónica Muñoz Iglesias, Santiago de Chile Jungbee Lee, Seoul
Video Thiago de Oliveira, Belo Horizonte Chelsea MacLachlan, Cape Town
Music Geremia Vinattieri, Florence Jhon William Castaño Montoya, Pereira
Web Editor Giulia De Meo, Venice
Production Coordinator Mauro Bedoni, Padua
Press Office Angela Quintavalle, Padua angie@fabrica.it t +39 0422 516209 www.colorsmagazine.com
Korean Translation & Edit Jaeyong Park, Seoul Jungbee Lee, Seoul
colors@colorsmagazine.com
Editore Fabrica S.p.A., Villa Minelli, 31050 Ponzano V.to (TV) Proprietario Benetton Group SpA, Villa Minelli, 31050 Ponzano V.to (TV), Italy
Subscriptions STAFF srl abbonamenti@staffonline.biz t +39 02 45702415 f +39 02 45702434
Advertising & External Relations Erica Fusaro, Venice erica.fusaro@colorsmagazine.com t +39 0422 516315 French Translation & Edit Joseph Denize, Paris
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Italian Translation & Edit Giovanna Gatteschi, Rome
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Spanish Translation & Edit Clara Cabarrocas Piquer, Barcelona Spanish Copy Edit Fernando Linares Díaz, Madrid
Storyboards Geremia Vinattieri, Florence Paolo Antiga, Treviso
Colors Separation Grafiche Tintoretto, Treviso Printing Grafiche Tintoretto, Treviso
15 – 50 > €13
15 – 50 > €13 51 – 79 > €11
Subscriptions for Korean residents only THE DAWN Ltd, colorskorea@thedawn.co.kr
Paper Inside: Burgo ChoruSprint satin Cover: Burgo R4 matt
Direttore Responsabile Enrico Bossan. Reg. presso il Tribunale di Treviso (n. 980 del 20/12/1995 del Registro della Stampa) N° iscrizione R.O.C.: 387 ISSN numbers: 1121-8398 (French) 1121-824 (Italian) 1122-1453 (Korean) 1121-8371 (Spanish)
Benetton. All rights reserved. Reproduction without permission is prohibited. COLORS welcomes material of all kinds. We cannot be responsible for loss of or damage
to unsolicited materials. Periodicals postage is paid at Rahway, NJ. Llamas ISSN no. 016-878. COLORS is published in Catena di Villorba, Treviso by Fabrica S.p.A.
COLORS also available for your iPad at the iTunes App Store
Editorial Offices COLORS Magazine, Fabrica, Via Ferrarezza, 31020 Catena di Villorba (TV) Italy t +39 0422 516315 f +39 0422 516297
COLORS 80: Superheroes Pubblicazione di Aprile, Maggio, Giugno 2011 Stampatore Grafiche Tintoretto
Via Verdi 45, Villorba -Treviso
Bookstore Distribution (Italy) Joo Distribution Via F. Argelati 35 20143 Milan, Italy t +39 02 8375671 f +39 02 58112324
US Distribution Speedimpex USA, Inc. 35-02 48th Avenue Long Island City, NY 11101 t +1 718 392 7477
South Korean Distribution THE DAWN Ltd, 12 Shingyo-dong, Jongro-gu, Seoul, South Korea t +82 2 7308078
Thanks Davide Amici, Laura Mancuso, Simonetta Gola, Cristina Hebets Lorena Tumari, Allison Trowbridge, Angélica Gallón Salazar, Sadiqa Basiri, Gina Gallant, Lawrence Zeegen, Rebecca
Wright, Giuseppe Camuncoli, Luca Vanzella, Luzia Savary, Giorgio Iacuzzo, Daniel Feldman, Susi Platt, Isaac Mugumbule, Purnima Mccutcheon, Darren Gill, Sandhya Janardhan, Carlos Mustienes, Cristina Cuturi,
Soledad Malacchini, Simonè Malacchini, Carla Moraga Cavallone, Isotta Dardilli, Luz Marina Salazar, Ingrid Ravelo, Angela Quintavalle, Macho Rico, Martin and Sarah, Oscar Gallòn, Erika Vohman, Graziano e Maurizio, Moor, Sushi Bento, Omar Vulpinari.
Illustrations Credits MARK REMBERT, illustrated by James Fosdike AKI RA, illustrated by Alberto Ponticelli BIRO BALA RABHA, illustrated by Vivek Shinde PAMELA BIJOUT, illustrated by Marcelo Pérez Dalannays DAMAS DE BLANCO, illustrated by Erik Ravelo (Kirè) JULIAN ASSANGE, illustrated by Stephen Thompson ABDUL EDHI, illustrated by Gary Erskine BIBLIOBURRO, illustrated by Thomas Labourot
KRU NAM, illustrated by Paolo Antiga PAUL VERRYN, illustrated by Pat Masioni RYU YANG SUN, illustrated by Geoff Shaw
Very special thanks Laura Pollini Yoani Sánchez Cameron Sinclair Gino Strada Savanah College of Art and Design and Luciano Benetton for making all this possible
Dedicated to Vale (my superhero)
COLORS is a project of Fabrica S.p.A. © United Colors of
iPAD features story ANGELO D’ARRIGO, illustrated by Geremia Vinattieri Cover image by James Fosdike
Not available / 1 It’s a baby / 3 Evolution / 4 Race / 6 Ecology now / 8 Religion / 15 Wealth / 21 Smoking /
51 – 79 > €11
Founded in 19 91 by T ibor Kalman and Oliviero Toscani
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