17 minute read

Fishing with Daddy

Next Article
Mahseer in Nepal

Mahseer in Nepal

di Federico Caloi

“L’ombra di mio padre due volte la mia, lui cammina e io correvo, sopra il sentiero di aghi di pino, la montagna era verde…” Questa magnifica poesia di De Gregori mi ha accompagnato per tutta la vita sedimentando nella memoria il ricordo dell’esperienza che ha segnato la mia esistenza.

Era un caldo pomeriggio di fine estate e l’odore dell’erba tagliata s’infilava nelle finestre socchiuse del vecchio casolare di montagna. Quel giorno tutto doveva filare liscio. Sì certo, perché quel giorno sarei andato a pesca con papà. Ricordo ancora i preparativi febbrili: la cannetta da spinning, un vecchio mulinello arrugginito e la scatola di metallo con dentro una manciata di piccoli Martin del tre. Lui camminava ed io correvo, lui faceva tre passi ed io il doppio dei suoi. Lui fissava il sentiero ed io guardavo i suoi baffi giganti inciampando dentro ogni buca.

Lo spettacolo che vidi quando arrivammo a destinazione, al pari del racconto epico che ne seguì, è giusto che rimangano custoditi nei ricordi di chi li ha vissuti. Posso solo dire che quel giorno capii che sarei diventato un pescatore. Ma non un pescatore qualsiasi. Avrei voluto diventare un artista: esattamente come papà. Talvolta, però, succede che i sentieri della vita siano imprevedibili. È difficile spiegare cosa accadde in seguito, ma quella fu l’ultima occasione in cui noi due trascorremmo del tempo sulle rive di un fiume. Tuttavia, sebbene le nostre strade presero indirizzi differenti, l’amore per questa passione aveva già messo le radici nel profondo della mia anima. Un fiume, un mulinello, una canna da pesca e del tempo libero per tuffarsi in un mondo magico. Quel ragazzino, oggi, si chiama Tommaso ed è mio figlio. Tante cose sono cambiate da quel lontano pomeriggio d’estate e, se devo essere onesto, non sempre in meglio. Le lancette dell’orologio corrono veloci, al pari dei mesi sul calendario. I fiumi sono sempre più inquinati e il pesce scarseggia. La risorgiva sotto casa, quella che un tempo regalava fario con le ali e copiose schiuse di insetti, offre pessimi pesci d’allevamento e coltivazioni intensive che hanno preso il posto dei più rustici campi di grano. Così, il sabato mattina, sfidando la sorte, prendo Tommaso e lo accompagno sulle rive del fiume. Siamo soli, ma il paesaggio attorno a noi è sempre magnifico. I casolari arrampicati sulle colline circostanti sembrano disegnati da Van Gogh e le montagne della Lessinia, sullo sfondo sono ancora imbiancate di neve. Camminiamo e parliamo. Io lo ascolto e cerco di farlo ragionare. Ha solo otto anni e conversare con lui mi rende felice. Chi mi conosce sa che ho un desiderio, che coltivo dal giorno in cui mio figlio è nato. Portarlo in Canada. Accompagnarlo nell’unico posto dove la mia anima trova pace, per pescare l’uno accanto all’altro nei fiumi che hanno reso leggendaria la pesca con la mosca. Fotografare un orso, attraversare un bosco alle prime luci dell’alba, condividere l’emozione di una cattura. Mi accontenterei di vedere le sue reazioni di stupore, nell’illusione che siano pari alle mie. Vivere le vigilie con la stessa identica agitazione, nella speranza che un pesce abbocchi. Non importa quanto grande sarà. L’importante è suggellare il momento. Passare il testimone. Guardare negli occhi di un bambino il nostro entusiasmo che si rinnova. Ciò che conta è stare insieme. Quando arriviamo sul fiume, però, tutto si ferma e comincia l’avventura. Lo vedo che mi imita, osserva i miei comportamenti e cerca di replicarli. Indossa gli stivali, armeggia con gli innesti della canna e tenta goffamente di infilarli l’uno nell’altro. Poi si sistema il cappellino sulla fronte e mi afferra la mano, come se volesse sincerarsi che io gli sarò accanto. Perché in quel momento sono la sua certezza. E dovrò esserlo fino alla fine dei miei giorni. Pesca e vita, un connubio inseparabile il cui confine, per alcuni di noi, è diventato talmente labile da confondersi in una cosa sola. Qualche tempo fa una persona cara mi disse: “Ho capito che non vai a pesca per passione. La tua è una storia d’amore totalizzante.” Non risposi, limitandomi ad annuire. Il giorno dopo, ironia del destino, accadde un episodio, che

“My father’s shadow was twice as big as mine, he walked while I ran along the path of pine needles, the mountain was green…” This wonderful poetry by De Gregori has accompanied me all my life, preserving in my memory the experience that has marked my existence.

It was a hot afternoon in late summer and the scent of cut grass drifted through the half-closed windows of the old farmhouse in the mountains. Everything was supposed to go smoothly that day. Of course it would, because that day I was going fishing with daddy. I still remember the feverish preparations: a small spinning rod, an old rusted reel and the metal box containing a handful of small 3’ Martins. He walked while I ran, he made three steps and I made twice as

much. He stared at the path and I looked at his giant moustache, tripping in every hole. The show I saw when we got to our destination should be imbedded in the memories of those who lived it, as well as the following epic tale. All I can say is that I understood on that day that I would become a fisherman. Not any kind of fisherman. I would become an artist, exactly like daddy. However, the paths of life are sometimes unpredictable. It is hard to explain what happened thereafter, but that was the last opportunity we had to spend some time on the banks of a river. Nevertheless, even if our paths took different directions, this passion had already taken root in my heart. I just need a river, a reel, a fishing rod and some free time to dive into a magical world. Today’s boy is called Tommaso, he is my only son. Many things have changed since that faraway summer afternoon and, if I must be honest, not always for the better.

credo rimarrà impresso nella nostra memoria per sempre. Era uno dei primi sabati di primavera, quelli in cui i colori magici dell’Adige, ricordano da lontano i nobili fiumi canadesi. Acqua cristallina, temperatura gradevole, bassa pressione e qualche bollata sporadica da inseguire come i cercatori d’oro facevano sui greti sassosi del Klondike. Tommaso ed io, dopo aver attraversato un lungo ghiaione, ci accingiamo a guadare dove la corrente spinge di meno. Per me è un gioco da ragazzi. Per lui un’avventura senza eguali. Arriviamo sull’isolotto sassoso che crea una lingua in mezzo al fiume e lo faccio iniziare posizionandolo a metà lama. Si muove con disinvoltura, lancia alla grande e la Branko Killer che gli ho montato scende in controluce come un fiocco di cotone. Sapendo bene quanto avaro possa essere l’Adige, mi allontano una cinquantina di metri per sondare in caccia la testa della buca.

Una decina di minuti più tardi, sento un urlo che rompe il silenzio: “Papà, ce l’ho!” Alzo la testa, pensando ad uno scherzo, e vedo la sua otto piedi piegata fino al manico e lui con le gambe aperte che combatte come un marinaio alle prese con un marlin. Non faccio nemmeno in tempo a pensare in che modo aiutarlo, che il pesce se ne va, portandosi via mosca, finale e le speranze di un ragazzino che per qualche secondo ha toccato il cielo con un dito. “Quanto era grossa, papà?” “Parecchio, figliolo.” “Tanto così?”, mi fa cenno lui allargando le braccia. “Forse anche di più.” Poi, all’improvviso, la delusione prende il sopravvento ed un pianto disperato lo coglie di sorpresa, rendendo vano ogni tentativo di consolazione. “Tesoro, lo sai quanti pesci ho perso?”, provo allora a consolarlo, avvolgendolo tra le braccia. “Sono le sconfitte più amare che rendono i successi più dolci.” “Dici davvero, papà?” “La prossima volta la catturerai. E se non sarà la prossima, sarà quella dopo. Adesso, prendi i panini dallo zaino e godiamoci il panorama.” Quel giorno, però, gli dei del fiume avevano in serbo altre emozioni. Una mezz’ora più tardi, alzai la testa verso monte e vidi, in controluce, un movimento d’acqua sospetto. Senza indugiare un secondo, scelsi il filo di corrente più clemente e risalii il fiume per quasi cento metri, nella speranza di non aver preso un abbaglio. Quando giunsi in prossimità del punto che avevo intercettato, la vidi sotto il pelo dell’acqua, in tutta la sua magnificenza. Una marmorata enorme che bollava in solitudine scartando ora a destra, ora a sinistra, per inghiottire quanti più insetti possibile. Mi fermai di colpo e rimasi immobile, determinato a fare le cose con calma. In fondo alla piana c’era un tifoso speciale da non deludere per nessuna ragione al mondo. Il tempo di controllare il finale, cambiare la mosca, provare un primo lancio corto. Al secondo passaggio, la trota scartò di lato e salì decisa. “Tommyyyy, ce l’ho.” “Papaaaaaaaaaà.” Sin dalla prima sfilata, nel momento esatto in cui il pesce puntò dritto verso un tronco sommerso, capii che si trattava di un avversario speciale. Il coronamento di una giornata meravigliosa. Il coronamento di un sogno durato anni. La marmorata da trofeo, catturata sotto gli occhi di mio figlio. “Portala da me…”, sentivo urlare in lontananza. “Come fosse un gioco”, borbottai a denti stretti, nel tentativo di trovare la strategia migliore. Il problema è che mi trovavo in mezzo al fiume, senza guadino, con la frizione che cantava a squarciagola e un avversario che puntava dritto verso le rapide. Non potevo sbagliare e dentro di me pregavo che la sorte fosse dalla mia parte. Eppure quel giorno mi sentivo invincibile. Mi piegai sulle gambe e cominciai a recuperare qualche metro di coda nella speranza che il finale tenesse. “Forza papà…”, urlava intanto Sampei in fondo alla lama. Una decina di minuti più tardi il grosso era fatto. Mancava solo il passaggio più complicato. Convincere la trota a non buttarsi

The hands of the clock run fast, just like calendar months. Rivers are every day more polluted and fish scarcer. The resurgence river near home that used to give us winged brown trout and hatching insects offers very bad farmed fish and intensive cultivation instead of the wheat fields of long ago. Thus, I took Tommaso with me on Saturday morning, tempting fate, and accompanied him to the banks of the river. We were alone, but the landscape around us was amazing as usual. The farmhouses clinging on the surrounding hills looked like as if they had been painted by Van Gogh and the Lessinia mountains in the background were still white with snow. We walked and talked. I listened to him and tried to reason with him. He was only eight years old and conversing with him made me happy. Anyone who knows me knows what I have longed for since my son was born, that is to take him to Canada. Taking him to the only place where my soul finds peace, to fish next to one another in the rivers that have made fly fishing legendary. Taking a photograph of a bear, going through a wood at the crack of dawn, sharing the emotion of a catch. I would be happy to see his astonished reaction, in the illusion that they would be equal to mine. Living the eve of the next day in just as much anxiety, in the hope that the fish will bite. It does not matter how big it will be. The important thing is to record the moment. Pass the baton. Seeing a renewed enthusiasm in a child’s eyes. All that matters is to stay together. When we got to the river, however, everything stopped and the adventure began. I saw him imitating me, observing my behavior and trying to reproduce it. He was wearing boots, messing about the rod grafts and awkwardly trying to stick one into another. Then he arranged his hat on his forehead and grasped my hand, as if he wanted to make sure that I would be next to him. As a matter of fact, I was his guarantee in that moment. And I must be so until the end of my days. Fishing and life, an inseparable connection whose boundary line has become so thin, for some of us, that they have fused together. Some time ago, a dear person told me: “I know now that you do not fish out of passion. Yours is an all-encompassing love story.” I did not reply and just nodded. The day after, by irony of fate, an episode occurred that will remain impressed in my memory for ever, I think. It was one of the first spring afternoons, one of those when the magic colors of Adige River resemble somewhat the noble Canadian rivers: crystal-clear water, pleasant temperature, low pressure and some rises to search for as gold prospectors did on Klondike’s pebbly riverbed. After crossing a long scree, Tommaso and I were preparing to wade where there was less current. It was a piece of cake for me and an unparalleled adventure for him. We got to the stony islet that created a strip in the middle of the river and I made him position himself halfway. He moved with ease, cast greatly and the Branko Killer I had mounted went down in backlight like a cotton ball. As I knew well how mean Adige River can be, I moved about fifty meters away to search for the head of the hole.

About ten minutes later, I heard a cry breaking the silence: “Daddy, I’ve got it!” I raised my head, thinking it was a joke, and I saw his 8 feet rod bent up to the handle, while he was fighting like a sailor against a marlin, legs wide apart. I did not even have the time to think how to help him and the fish was already gone, after taking away the fly, leader and hopes of a boy who had touched the sky with a finger for a few seconds. “How big was it, daddy?” “Very big, son.” “So big?” he asked me while opening his arms. “Perhaps even bigger.” Then, all of a sudden, disappointment took hold of him, he began to cry desperately and every attempt to comfort him was useless.

nella rapida. Quando arrivammo al bivio che separava i nostri destini, le alzai la testa e capii che la regina dell’Adige aveva deciso di darmi una mano. Stremata dalla lunga battaglia, si fece guidare verso la morta in attesa che il piccolo “gillie” arrivasse con i rinforzi. Qualche secondo più tardi, mio figlio ed io stavamo ammirando il più bel pesce che abbia mai catturato sulle rive dell’Adige. Il tempo di scattare qualche foto e di salutare una marmorata da cartolina, che ci ritrovammo entrambi con le gambe in ammollo, a contemplare in silenzio la magia del fiume. “Papi, posso dirti una cosa?” “Certo figliolo…” “Sei un pescatore straordinario!” “No Tommy, ti sbagli. Sono solo un sognatore.” “Allora voglio diventare un sognatore come te.”

“Te lo auguro con tutto il cuore”, ribattei di riflesso, nascondendo per un attimo le mie preoccupazioni. Nel frattempo, però, assaporiamo questi frammenti di vita perché presto faranno parte del passato. Una mosca che rimane attaccata al cappello, un pesce che se ne va, le lacrime per la sconfitta, un tramonto che segna la fine di una giornata indimenticabile trascorsa sulle rive di un fiume accanto ai nostri bambini. Loro cresceranno mentre noi diventeremo vecchi. Ma la passione rimarrà la stessa. Una coda stesa nell’acqua ed una bollata fragorosa che ci farà battere il cuore. L’emozione di Tommaso alle prese con un pesce gigante ed io, seduto sulla riva, che finalmente potrò vedere realizzato il mio sogno più grande. Padre e figlio, uniti in un abbraccio ideale che solo la magia del fiume potrà sublimare.

“Baby, do you know how many fish I lost?” I tried to console him by hugging him. “The bitterest defeats make success even sweeter.” “Do you really mean it, daddy?” “Next time you will catch it. And if not next time, then the time after that. Take the sandwiches out of the rucksack now and let’s enjoy the view.” That day, however, the gods of the river had other emotions in store for us. Half an hour later I looked up at the mountain and saw, against the light, a suspicious movement in the water. Without lingering I chose the mildest trickle of current and went up the river for almost one hundred meters, hoping that I had not gotten the wrong impression. When I was near the point I had spotted, I saw it below the water surface, in all its magnificence. It was a huge marble

trout rising alone, turning sometimes right, sometimes left, so as to swallow as many insects as possible. I stopped suddenly and stood still, determined to take it slow. At the bottom of the plain there was a special fishing fan that could not be disappointed for anything in the world. I just had the time to check the leader, change the fly, try a first short cast. When passing for the second time, the trout turned sideward and rapidly rose. “Tommyyyy, I’ve got it.” “Daddyyyyyyyyy.” Since the first pull, in the exact moment when the fish headed straight to a submerged trunk, I understood that it was a special rival. The crowning glory of a wonderful day. The fulfilment of a dream that had lasted for years. A trophy marble trout caught in the sight of my son. “Bring it to me…” I heard him shout in the distance. “As if it were easy” I muttered grudgingly, trying to find the best strategy. The problem was that I stood in the middle of the river, without a hand net, with the clutch whistling and my rival heading straight to the rapids. I could not afford a mistake and inside me I begged that I would be lucky. Yet I felt invincible that day. I bent on my legs and I began to retrieve some meters of line, hoping that the leader would be strong enough. “Come on, daddy…” Sampei shouted from the bottom. About ten minutes later, the bulk of the work was done. Only the most complicated step still failed. Persuading the trout not to jump into the rapid. When we got to the turning point that separated our destinies, I raised my head and understood that Adige’s queen had decided to lend me a hand. Exhausted by the long battle, it let me guide it towards the dead branch of the river while the young “gillie” was coming with backup. A few seconds later my son and I were admiring the most beautiful fish I have ever caught on the banks of the Adige. After shooting some photographs and saying farewell to that picture-perfect marble trout, we were both sitting with our legs in the water, silently admiring the magic of the river. “Dad, can I tell you something?” “Of course you can, son…” “You are an amazing fisherman!” “No, Tommy, you are wrong. I am just a dreamer.” “Then I would like to become a dreamer like you.” “I wish that for you with all my heart” I instantly replied, hiding my worries for a moment. In the meanwhile, however, we enjoyed those fragments of life, because they would be soon part of the past: a fly that remains attached to the hat, a fish escaping, tears for the defeat, a sunset closing an unforgettable day spent on the banks of a river together with our children. They will grow up while we get old. But our passion will remain the same, just like a line lying on the water and a thunderous rise that will make our heart beat, Tommaso’s emotion while fighting against a huge fish and me, sitting on the bank after fulfilling my greatest dream. Father and son, united in an ideal hug that only the magic of the river can exalt.

This article is from: