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THE NORTH FACE X GUCCI
by The Pill
Se è la collezione di cui tutti parlano, parliamone anche noi.
BY DAVIDE FIORASO
Lo spirito di esplorazione può assumere significati diversi, specialmente in tempi moderni. Oggi il termine si è adeguatamente ampliato, ha scavato oltre la superficie per scoprire non solo nuovi luoghi e culture, ma anche nuovi concetti. E questo, ci porta necessariamente a pensare in più direzioni. Spingersi oltre i limiti vuol dire anche rompere gli schemi, varcare i confini, aggiungere nuovi tasselli alle storie di coloro che ci hanno preceduto, ottenere l’inaspettato. L'esplorazione è quasi un ethos, una dottrina, non una nave di legno che naviga verso il bordo della mappa. A volte si tratta di esplorazione creativa.
Che lo vogliate o no, quella fra la maison fiorentina e il brand californiano è senza dubbio la collaborazione più attesa e chiacchierata di questa stagione. Dovremmo stupirci? Dovremmo indignarci? Perché mai. Piuttosto, cerchiamo di analizzare la questione con ragionevolezza. A dirla tutta, personalmente, più della collezione in sé mi incuriosiva quello che avrebbe suscitato. E le reazioni non si sono fatte attendere. Schernita, derisa, etichettata come ridicola. Sui social media, alpinisti ed escursionisti hanno affermato di essere inorriditi e delusi, scatenando commenti su commenti, delegittimando status e origini del marchio outdoor. “Se tutto questo è vero, non comprerò mai più The North Face”. Libero di farlo, amico mio. C’è persino chi ha scritto: “qualcuno nel marketing deve essere licenziato per questo disastro”. Ma vi rendete conto, che quel qualcuno del marketing ha avuto ragione su tutto e su tutti? Indistintamente. Potrà non piacere, certo, ma The North Face non ha più nulla a che vedere con quel piccolo retailer fondato a San Francisco da Douglas Tompkins; è parte di una corporation da 14 miliardi di dollari, con determinate logiche di mercato. E mentre le altre aziende si riempiono la bocca con tentativi (più o meno riusciti) di unire sportswear e lifestyle, The North Face ha capito, più di chiunque altro, come incanalare un’intera generazione. Ha capito il valore delle collaborazioni e delle capsule, anticipandone i tempi. La prima assoluta con Supreme, tanto per dire, risale al 2007. E le sue incursioni nel mondo della moda più glamour non sono certo una novità (vedi Maison Margiela e Junya Watanabe tanto per citarne alcuni).
Se la direzione presa dal mercato outdoor è ben chiara, quella presa da TNF lo è ancor di più. Prendete il classico Nupste del 1996. É diventato un moderno status symbol per gli adolescenti di mezzo mondo, indossato da celebrità come Emily Ratajkowski, Bella Hadid, Kendall Jenner e Kanye West. Uno degli articoli più gettonati nelle app di vendite online con aumenti del 500% negli ultimi quattro mesi. Solo su eBay, tra luglio e dicembre 2020, la parola The North Face è stata digitata a intervalli costanti di tre secondi.
Non dimentichiamo che, ancor prima dello sconvolgimento di una pandemia globale, molti brand di settore stavano at-
Che lo vogliate o no, quella fra la maison fiorentina e il brand californiano è senza dubbio la collaborazione più attesa e chiacchierata di questa stagione. Dovremmo stupirci? Dovremmo indignarci? Perché mai.
traversando un periodo difficile. Il panorama in evoluzione della vendita al dettaglio, insieme alla crescente domanda di produzione sostenibile, non hanno fatto altro che aumentare la pressione, creando nuovi modi per rimanere in vita. E ciò ha significato, per i consumatori, una spinta positiva: tecnologie innovative, rassicurazioni sull’etica ambientale, entusiasmanti collaborazioni tra aziende pronte ad unire le rispettive competenze.
Del resto, questo è anche quello che consente di supportare atleti, eventi, produzioni video. Pensate a Xavier De Le Rue, Simone Moro, Mike Arnold, David Göttler, Jacopo Larcher, Pau Capell, James Pearson e Caroline Ciavaldini. Senza tutto questo, chi sosterrebbe le loro vite e le loro imprese? Come potrebbero progredire le imprese umane nei vari ambiti sportivi? È come se, di punto in bianco, ci fossimo dimenticati che esiste (e predomina) un lato tecnico. Esistono le serie Summit, Steep e Flight. Esiste la tecnologia Futurelight.
Si, è vero, al di là della novità assoluta, c’era molta incredulità su come The North Face si sarebbe potuto unire ad un luxury brand come Gucci. Il risultato di questo improbabile matrimonio non poteva che essere geniale e senza precedenti, qualcosa di assolutamente pionieristico. Quello che ne esce è un perfetto punto d’incontro tra due mondi paralleli: quello della realtà di tutti i giorni e quello dell’alta moda. Non per forza dobbiamo esserci. Non per forza dobbiamo essere d’accordo. Dobbiamo imparare a distinguere, a scindere i due contesti. Questa collaborazione coniuga l'impegno di entrambi i brand a promuovere l'avventura, reale e metaforica. Attenzione, ho detto reale e metaforica. Sì, perché da una parte abbiamo la dimensione del tangibile, rappresentata da The North Face, che con il suo impegno ha fornito gli strumenti del mestiere ad esploratori ed avventurieri, accompagnandoli sin dalla fine degli anni ‘60 alla scoperta del mondo.
Dall’altro abbiamo la dimensione traslata, l’allegoria. Un contributo, quello di Gucci, decisamente più introspettivo e analitico, che si impegna ad abbattere i limiti dell'espressione individuale attraverso una moda libera e senza vincoli, che osa senza paura. The North Face veste tutti coloro che viaggiano alla ricerca di avventure e sfidano lo status quo; in egual modo, Gucci supporta le persone a esprimere e celebrare liberamente la propria personalità. Quello che ci troviamo di fronte è un inno al coraggio estremo e vibrante, frutto di un intenso lavoro di sperimentazione, risultato di una fusione estetica e concettuale.
A consolidare il legame della collezione è il diffuso mood anni ‘70 scelto dal direttore creativo Alessandro Michele per la campagna pubblicitaria realizzata da Daniel Shea, dove i panorami mozzafiato delle Alpi riportano alla mente la spontaneità dei viaggi in gruppo, delle comitive di amici riunite attorno al sogno della vita all’aria aperta. Se consideriamo che la natura è diventata, per molti, uno dei pochi luoghi di conforto del 2020, l’avventura di Gucci in un territorio come questo ha senso e non poteva arrivare in un momento migliore (anche se il terreno più verde in cui ci aspettiamo di trovare uno di questi capi è probabilmente il parchetto di città). Se ci pensate, questo è il sentimento che proviamo oggi, realizzando il fatto che le cose più semplici e scontate hanno cessato di esserlo. In questa nostra immobilità è normale che quell’immaginario idilliaco sembri un ricordo vago, lontano anni luce. Ma se c’è qualcosa che Gucci e The North Face sembrano voler documentare attraverso la campagna, è che esiste una via percorribile verso una dimensione di serenità, spensieratezza e divertimento.
La collaborazione, diciamocelo, è qualcosa di brillante, è espressiva e si è posta un obiettivo comune: ispirare un'azione positiva ed un’audience più ampia. Ed ha funzionato, ci è riuscita. A poche settimane di distanza, come a rincarare la dose degli scettici e contrari, le immagini di Jimmy Chin (con un superlativo Jared Leto) nel contesto del Joshua Tree National Park. Forse una sorta di consacrazione definitiva, di lasciapassare. Forse quello che serviva per chiudere il cerchio e zittire tutti. Gli esploratori moderni adottano la stessa filosofia dei loro predecessori. Cercano i limiti della mente, del corpo e dell'anima, non solo attraverso la geografia. Questa collaborazione ha suscitato sicuramente opinioni forti nei confronti di entrambi i marchi. E probabilmente, questo era anche parte dell'obiettivo: ispirarci a creare, ma soprattutto, a pensare in modo diverso.
Se questo vi sembra troppo, guardate quello che è appena successo alla Milano Fashion Week.