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ULYSSE NARDIN
ULYSSE NARDIN
LA MANIFATTURA DELLA LIBERTÀ
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DOPO AVER SCRITTO ALCUNI DEI PIÙ BEI CAPITOLI DELLA STORIA DELL’ALTA OROLOGERIA, LA CASA SVIZZERA NEI SUOI ATELIER DI LE LOCLE E LA CHAUX-DE-FONDS È DIVENUTA PIONIERE NELLE TECNOLOGIE E NELL’UTILIZZO DEI MATERIALI HIGH-TECH. IL RACCONTO DEL SUO PRESENTE E FUTRO NELLE PAROLE DI “MAX” BONFIGLI
Di Paolo Gobbi
RITORNATA DA POCO totalmente indipendente, dopo essere stata per qualche anno sotto l’egida del gruppo Kering, Ulysse Nardin è pioniera nelle tecnologie d’avanguardia e nell’uso innovativo di materiali come il silicio: il marchio è uno dei pochi in grado di produrre componenti e movimenti di alta precisione. L’altissimo livello di eccellenza gli ha permesso di entrare a far parte dell’esclusiva Fondation de la Haute Horologerie svizzera. L’azienda si è dapprima fatta un nome per i suoi legami con il mondo della nautica – i suoi cronometri marini sono tra i più affidabili mai realizzati, tuttora ricercati dai collezionisti di tutto il mondo – e oggi dai suoi atelier a Le Locle e a La Chaux-de-Fonds in Svizzera, continua a ricercare la perfezione attraverso le sue cinque linee: Marine, Diver, Classico, Executive e Freak. Proprio a Le Locle, all’interno della neonata Historical House, abbiamo incontrato Massimo Bonfigli, Max per chi lo conosce, memoria storica della Casa e cultore della bella misurazione del tempo.
Cos’è la Historical House di Ulysse Nardin?
«La Historical House di Ulysse Nardin nasce dalla volontà di rendere moderno e fruibile l’heritage del marchio. Abbiamo deciso di non chiamarlo “museo” perché in realtà non lo è: questo è uno spazio dove spieghiamo il nostro glorioso passato fatto di oltre 175 anni di storia e raccontiamo le connessioni con il presente.»
Come ci si arriva e chi può visitarla?
«Tutti possono venire a Le Locle. Al momento sono io che mi occupo delle visite ma ci stiamo organizzando in modo che lo potranno fare presto anche altre persone. La location sarà visitabile da giornalisti, concessionari e clienti finali.»
Si arriva, si bussa e si entra?
«Non esattamente. Le visite vengono organizzate attraverso i riferimenti presenti nel paese di appartenenza: se pensiamo per esempio all’Italia, il visitatore dovrà rivolgersi ai nostri concessionari o contattare il nostro rappresentante. Se si bussa, purtroppo, non si può entrare: anche questo è un motivo per il quale non lo si può definire museo. Un museo deve rispettare obbligatoriamente alcune condizioni specifiche come l’apertura fissa al pubblico. La Historical House di Ulysse Nardin è piuttosto una location privata che viene aperta su esplicita richiesta alle persone interessate.»
Ulysse Nardin è cambiato nel corso dei secoli... negli ultimi anni in maniera evidente
«Sì, è vero, il marchio è cambiato tantissimo. All’epoca di Rolf W. Schnyder assistemmo ad una inversione incredibile dell’azienda. Se mi ricordo bene, in dodici anni, sono stati investiti ben 120 milioni in manifattura. Tantissimo per l’epoca, ma ciò ci permise di diventare indipendenti. Successivamente, un altro grande cambiamento lo abbiamo vissuto nel momento in cui siamo entrati a far parte del Gruppo Kering, perché la struttura interna da orizzontale è diventata piramidale, con tanti differenti livelli. Ciò ha fatto bene sotto molti punti di vista. In passato tutte le decisioni venivano prese da Rolf che era il centro attorno al quale si muoveva l’intera azienda. Oggi siamo nuovamente diventati indipendenti e questo è un grande valore che abbiamo riconquistato.»
Come sono cambiati gli orologi?
«Più che gli orologi sono cambiate le visioni che, a loro volta, hanno trasformato le collezioni. In questi ultimi quattro anni la produzione è stata riformata al 90%. Sono arrivati i Marine Torpilleur, i Diver sono stati rinnovati, i Freak sono diventati una collezione e l’anno scorso abbiamo fatto un refresh degli Executive. Tutto è stato attualizzato, anche gli orologi complicati. Il messaggio è molto chiaro: continuiamo la tradizione con i Torpilleur, abbiamo l’esplorazione con i Diver e guardiamo al futuro con pezzi più avveniristici come la Collezione Blast e la collezione Freak. Siamo entrati definitivamente in
Massimo Bonfigli responsabile Heritage in Ulysse Nardin
una nuova epoca, dove ci rivolgiamo anche ad altri tipi di consumatori. La sua domanda mi fa pensare a un nostro acquirente svizzero molto rinomato, di cui non farò il nome ovviamente, che è venuto da me e mi ha detto “Non capisco più la collezione…”. Tenga presente che lui ha conosciuto personalmente Rolf, ha vissuto tutta la storia di Ulysse Nardin, l’ha amata, ma è altrettanto vero che è rimasto legato al passato. Io gli ho risposto: “L’esperienza è una bella cosa ma si deve evolvere, bisogna adattarsi e non restare fermi sugli stessi paradigmi. Il progresso deve fare il suo corso e noi lo stiamo cavalcando con ottimi risultati, basta guardare alla Cina dove le collezioni Ulysse Nardin, come la 42 mm Torpilleur, stanno andando fantasticamente.»
Un tempo il vostro primo mercato era la Russia.
«Sì: Russia, Russia, e ancora Russia. Abbiamo fatto un errore enorme a non investire in Cina, come hanno fatto altri marchi. La Russia per noi rappresentava più del 50% delle vendite, era un mercato davvero molto importante. Adesso la Cina l’ha superata. Questo per dire che è un mercato di riferimento per il quale abbiamo fatto anche alcune importanti modifiche alla collezione per adattarla a esigenze differenti. È tutto molto veloce. Guarda cosa sta accadendo ora, gli orologi stanno rimpicciolendo di nuovo.»
Com’è cambiata la sua attività in questi anni?
«La mia professione è cambiata moltissimo, come è normale che accada. Penso che la visione corretta della vita debba essere così: stare sempre nel positivo, non focalizzarsi solo su ciò che non funziona. Le cose che ho imparato, le cose che ho migliorato, tutto questo per me è davvero molto interessante. Dopo 21 anni in Ulysse Nardin, sto arrivando piano piano alla fine della mia carriera perché ho già 61 anni.»
Gli orologi complicati sono ancora una vostra priorità? Hanno ancora mercato?
«È un’ottima domanda. Sto lottando perché si possa continuare a far crescere l’universo degli orologi complicati perché il marchio ha avuto un grande successo con questo tipo di prodotto. La Trilogia ha reso famoso Ulysse Nardin alla fine degli anni ’80, inizi anni ’90. Non dimentichiamo
poi l’edizione limitata del modello Genghis Khan Tourbillon che riscosse un enorme successo. Basti sapere che una volta il 25% dell’intero budget era rappresentato da questi modelli.»
Oggi?
«Non abbiamo quasi più grandi complicazioni se non il Genghis Khan e il Blast Hourstriker, che però sono realizzati in produzione molto limitata, come alcuni modelli meravigliosi incastonati con diamanti. Oggi il mondo del lusso negli orologi si deve gestire in un modo totalmente diverso dal passato. Le strategie sono cambiate, basta guardare quanto sia importante oggi la comunicazione per aumentare la desiderabilità di un marchio.»
Continuate a fare orologi personalizzati?
«Personalizzare è complicato ma in alcuni casi lo facciamo, in particolar modo con i quadranti in smalto perché li fabbrichiamo internamente.»
Ha parlato di quanto il mercato cinese sia diventato forte. Una delle caratteristiche più interessanti degli ultimi anni è l’arrivo di acquirenti giovani o giovanissimi che acquistano pezzi straordinari.
«Lo ha detto, il mercato sta cambiando e noi siamo in questo cambiamento. Mi chiedo: perché il nostro successo è aumentato? Perché la collezione è stata modernizzata e tocchiamo un target di persone decisamente più giovane che sono attratte da modelli più moderni e stilisticamente accattivanti come il Freak X, lo Skeleton X o il Blast.»
Anche più costosi…
«Sì, anche più costosi. È chiaro. È per questo che l’evoluzione si è resa necessaria. È un mercato in continua trasformazione. Questo tipo di clienti magari non conoscono tutta la nostra storia, non possiedono un background che possa “disturbare” la loro scelta, comprano ciò che gli piace, ciò che è attuale.»
Chi sono i vostri clienti italiani?
«Anche in Italia stiamo assistendo ad una grande evoluzione. All’inizio il mercato italiano era il numero uno per Ulysse Nardin, fatto di grandi collezionisti. Oggi la clientela si è sviluppata, è più moderna e vuole orologi un po’ più divertenti e più show-off.»
Nel mondo reale, la vendita di un orologio avviene in 70 centimetri: da una parte c’è il venditore e dall’altra parte c’è un acquirente. Se lei fosse dalla parte del venditore cosa direbbe al suo cliente? Perché dovrebbe comprare un Ulysse Nardin?
«Perché abbiamo 175 anni di storia; perché abbiamo sempre lottato per la precisione, l’affidabilità, due parole che sono cardini della nostra storia e della nostra comunicazione. All’interno della nostra produzione è possibile
trovare sia collezioni storiche che di ispirazione. Dietro ognuna di queste ci sono argomenti di vendita importanti perché dietro ad un Torpilleur c’è il calibro 118 con 60 ore di riserva di carica, abbiamo la tecnologia del Diamond Seal, la data aggiornabile in senso orario e antiorario, abbiamo quadranti in smalto realizzati con una tecnica di savoir-faire eccezionale, che risale a 200 anni fa, uno dei tanti valori aggiunti. Non dimentichiamo i codici dei nostri cronometri da Marina che hanno fatto la storia perché strumenti fondamentali per la navigazione. Abbiamo i nostri movimenti manifattura sui cronografi e utilizziamo le più moderne materie prime come il carbonio o il titanio. Sì, c’è un mondo all’interno di ogni collezione: se un venditore conosce bene il marchio non può sbagliare.»
Parola magica: manifattura. A cosa pensa quando sente nominare questo termine?
«La manifattura è ciò che definisce tutto. Oggigiorno c’è una ossessione nei confronti di questa parola. Io considero la manifattura una realtà come la nostra, che realizza lo sviluppo del prodotto 100% in house, fa tutti i disegni – pensa che per disegnare il calibro 118 si devono preparare 1000 disegni perché al suo interno sono presenti 270 componenti-, e si occupa di tutta la produzione. È normale che ci siano delle cose che non si fabbricano internamente come le viti, i vetri. Più in generale direi che la manifattura è una impresa che sviluppa movimenti strepitosi come stiamo facendo noi e che può anche rivolgersi a fornitori esterni per certi componenti, basta che ci sia sempre un attentissimo controllo di qualità degli stessi. Se rispettano le specifiche del marchio e l’assemblaggio è fatto in casa perché no? È impossibile avere una fabbrica di casse, di lancette, di quadranti o di cinturini. Ci dobbiamo obbligatoriamente appoggiare all’esterno. Noi ci consideriamo una manifattura perché sviluppiamo i movimenti. Quando parlo di manifattura mi riferisco proprio a questo.»
In tanti anni di fedeltà alla marca, frequentando i luoghi più disparati, le sarà capitato di vedere più di una persona con al polso un Ulysse Nardin. Cos’è successo in quel momento?
«È successo in tante e tante occasioni. Ogni volta è un’emozione perché Ulysse Nardin è un marchio di nicchia. Spesso mi è capitato di far loro anche i complimenti per la scelta e non sai quanto fossero orgogliosi del fatto che qualcuno li avesse riconosciuti. È una bella soddisfazione. Una persona che indossa un nostro orologio è qualcuno che non segue il trend, non vuole l’orologio di massa, preferisce un pezzo speciale, più esclusivo. Sia che si tratti di un ragazzo o di una persona meno giovane, di solito è un conoscitore, un vero appassionato del mondo degli orologi.»