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EBERHARD & CO

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ULYSSE NARDIN

ULYSSE NARDIN

EBERHARD & Co.

IL GIUSTO EQUILIBRIO TRA TECNICA ED ESTETICA

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MARIO PESERICO RACCONTA IL PRESENTE E IL FUTURO DI UNA DELLE MARCHE PIÙ AMATE DAI COLLEZIONISTI DI TUTTO IL MONDO

Di Paolo Gobbi

INTERPRETARE LA BELLA OROLOGERIA non è un lavoro semplice, ci vuole passione, attenzione, cultura, preparazione, professionalità e al momento giusto anche una buona dose di umiltà. Tutto questo è Eberhard & Co., Maison svizzera nata nel 1887 a La Chaux-de-Fonds, ben conosciuta dai collezionisti di tutto il mondo per i suoi modelli storici e contemporanei. A guidarla in qualità di Managing Director è Mario Peserico, che dal 2005 è anche Presidente di Assorologi e dal 2013 Vice Presidente di Unione Confcommercio Milano con delega alla sicurezza, abusivismo e contraffazione, oltre che Presidente di Indicam. La sua anima poliedrica si diffonde all’interno di un percorso che coinvolge una lunga storia indipendente, la costante innovazione e anche eventi legati all’arte e all’automotive. Lo abbiamo incontrato a Milano.

Quali sono i progetti della Maison per questo 2022?

«Partiamo dicendo che il 2021 pur nelle difficoltà è stato un anno ricco di soddisfazioni. Rispetto al -10% che ha registrato l’orologeria in Italia a fine anno e un risultato leggermente positivo delle esportazioni svizzere nel mondo, noi oggi stiamo andando significativamente meglio sia sul mercato italiano che globalmente su tutti i mercati. Gli obiettivi per il 2022 sono focalizzati in primo luogo alla realizzazione di prodotti nuovi che diano continuità alle collezioni che hanno ottenuto un ottimo riscontro negli ultimi anni e in secondo luogo a rimanere ancorati alla nostra distribuzione storica».

Quali sono i vostri maggiori successi?

«Siamo stati indubbiamente dei precursori nel filone del vintage: un esempio è l’Extra-fort che abbiamo rieditato nel 1999. Non dimentichiamo inoltre che i modelli Contograf, Scafograf e Scientigraf sono ancora alla ribalta sul mercato. Lo Scafograf 300 MCMLIX è uscito nel 2020 ed è già la terza volta che con la variante nera siamo in rottura di stock, mentre la produzione della sua versione con quadrante e lunetta blu è arrivata a Natale ed è andata a ruba in pochissimo tempo. La collezione Chrono 4 in generale, benché abbia festeggiato da poco il 20° anniversario, è sempre stata iconica e riscuote costante apprezzamento e così anche la nuova versione Chrono 4 “21-42”, che affianca alla versione tradizionale una con lunetta in ceramica nera. Chrono 4 “21-42” si colloca come fascia prezzo sotto i 5.000 euro: la nostra volontà è stata infatti di mantenere un range in linea con le precedenti versioni di Chrono 4 o anche inferiore, e questa politica ci sta ripagando».

Dove siete distribuiti?

«La nostra è una distribuzione limitata geograficamente, cerchiamo di favorire la presenza solo in alcuni mercati specifici con una logica che si discosta dall’essere onnipresenti, ma con il rischio di scarsa disponibilità di prodotto, non avrebbe senso. Riguarda in primis l’Italia, che rimane il mercato trainante, ma comprende anche la Spagna e il Giappone, che rappresenta il terzo mercato al mondo per importanza, fatto da veri conoscitori ed estimatori del prodotto, estremamente attenti alla qualità, e poi Germania, USA e altri».

Un mercato, l’Italia, in cui un marchio storico come il vostro e con un DNA così specifico si inserisce bene.

«Sì, assolutamente. E un marchio storico svizzero con peculiarità italiane quali eleganza e qualità è ulteriormente apprezzato».

Come riuscite a farvi conoscere?

«Tutti sanno che siamo svizzeri, ma con un’anima italiana. Negare questa radice è impossibile. Perciò dal punto di vista dei canoni estetici e della qualità del prodotto nessuno al mondo ha nulla da eccepire. Anche in Giappone, come negli altri paesi, il nostro distributore è un uomo raffinato, che alla qualità svizzera sa associare l’eleganza italiana».

È la chiave di volta che vi dà la possibilità di essere appetibili e interessanti sul mercato?

«Per Eberhard & Co. i valori trainanti sono indipendenza, coerenza e identità, tre capisaldi che ci caratterizzano da sempre».

Secondo lei hanno ancora senso i saloni dell’orologeria?

«Credo che abbia senso dare un’immagine al

Mario Peserico è AD di Eberhard Italia e Presidente di Assorologi

SCAFOGRAF 300 EDIZIONE MCMLIX

Eberhard & Co. realizzò nel 1959 il primo Scafograf con l’obiettivo di rispondere alla crescente richiesta di orologi per le attività subacquee. Tale modello divenne uno dei maggiori successi raggiunti dalla Maison di La Chaux-de-Fonds, che riuscì a imporsi nel panorama degli strumenti più ambiti dagli appassionati di immersioni. In seguito alla nascita dei primi due modelli, rispettivamente impermeabili a 100 e 200 metri, venne realizzata la versione Scafograf 300 e le sue evoluzioni, fino ad arrivare ad un segnatempo che poteva resistere a 1000 metri di profondità. Nel 2016 Eberhard & Co. pensò, proseguendo nella volontà di una costante ricerca e innovazione, a una riedizione frutto di una reinterpretazione in chiave contemporanea di Scafograf 300, che vinse nello stesso anno il Grand Prix d’Horlogerie de Genève, il premio più ambito nel settore dell’alta orologeria. Oggi Scafograf 300 edizione “MCMLIX”, subacqueo che richiama nel nome stesso la trascrizione in numeri romani dell’anno di lancio, presenta un quadrante galbè blu, colore ufficiale di Eberhard & Co., con finitura matt, indici e lancette dotati di luminescenza “vintage”. Il movimento meccanico a carica automatica è racchiuso in una cassa in acciaio del diametro di 43 mm, con vetro zaffiro convesso e valvola per la fuoriuscita automatica dell’elio a ore 9.

mondo e raccontare l’universo dell’orologeria svizzera, come accadeva a Basilea. Quella manifestazione aveva delle lacune ma oggi si potrebbero tranquillamente colmare con una piattaforma online da utilizzare per la comunicazione 365 giorni all’anno e per fare B2C. Certo, se devo considerare la pura raccolta ordini, già dieci anni fa il salone contava meno rispetto a quello che ottenevamo direttamente sui diversi mercati. Però Basilea rappresentava tutta la filiera dell’orologeria svizzera. Se devo essere sincero, io continuerei a parteciparvi essenzialmente per questo motivo».

Torniamo al mondo Eberhard & Co. A chi è venuta in mente l’idea di Zagor?

«L’idea è stata mia, come lettore e come interfaccia con altre persone appassionate del genere. Leggo Tex da sempre, come d’altra parte Zagor. Sono eroi positivi che noi consideriamo a tutti gli effetti viventi. Nel tempo ho avuto l’occasione di incontrare moltissime persone che leggono questi fumetti e le ho trovate assolutamente trasversali. Dalla creazione dell’orologio dedicato a Zagor abbiamo avuto un ritorno stampa importante, ma per noi questo tipo di progetti non mirano al fatturato, rappresentano piuttosto una questione di prestigio: una edizione ultra limitata che ha fatto sold-out in pochi giorni».

Com’è è stata la collaborazione con la Sergio Bonelli Editore?

«Ottima. Innanzitutto è un’azienda indipendente particolarmente strutturata, cosa che ha rappresentato un’altra ragione di legame; in secondo luogo le tempistiche sono state davvero perfette: in sole due riunioni abbiamo deciso tutto e il lancio ha collimato con il 60esimo compleanno di Zagor».

Vi hanno richiesto qualche orologio?

«Sì, faceva parte degli accordi. Deve pensare che i loro appassionati lettori sono anche fedelissimi collezionisti che comprano addirittura le lastre originali dei fumetti. L’orologio non poteva di certo mancare. E un esemplare, lo 000, sarà presto esposto nel nostro Museo a La Chaux-de-fonds».

Ne farete un altro? «Vediamo. A noi piacerebbe».

Come funziona l’archivio Eberhard?

«Abbiamo un archivio generale di tutto, il passato è costituito da grandi libroni neri compilati a mano dove con pazienza è possibile risalire al giorno, mese ed anno della produzione di ogni singolo orologio. Questo ci consente di rilasciare su richiesta – in particolare per le case d’asta - i certificati di estratto dagli archivi. In anni più recenti, i nuovi software gestionali ci consentono di mantenere la tracciabilità a partire dalla produzione sino alla vendita finale. Per quanto riguarda la collezione vera e propria, di solito il numero 0 o il numero 1 di ogni modello rimane “in casa” e li esponiamo a rotazione anche nel nostro Museo a La Chaux-de-Fonds. Inoltre in stock manteniamo una riserva di casse, quadranti, movimenti, che vengono utilizzati quando non è possibile effettuare una riparazione, ma è necessario sostituire il componente».

Quindi garantite l’assistenza tecnica per tutti gli Eberhard prodotti?

«Sì, anche per i modelli degli anni ’20 o ’30. Ovviamente in alcuni casi è necessario riprodurre alcuni pezzi, ma abbiamo una fornitura che ci permette di assicurare un’assistenza il più possibile completa».

I vostri pezzi storici sono diventati un oggetto di culto.

«Sì, le quotazioni dei pezzi vintage stanno crescendo molto e posso garantire che non abbiamo mai comprato un pezzo all’asta per spingere la crescita del marchio, sfruttando appunto le dinamiche degli acquisti forzati. Quando lo abbiamo fatto è stato esclusivamente per colmare delle lacune nella nostra collezione storica: abbiamo anche dovuto cercare qualche modello specifico perché mancavano nel nostro museo o nel nostro archivio privato».

C’è una parte di Eberhard & Co. che è molto legata alla cultura. Negli ultimi anni vi siete concentrati su diversi progetti di questo tipo: cosa avete in programma per il futuro?

«Abbiamo realizzato progetti con il mondo dell’arte e della fotografia, attraverso i quali riusciamo a raggiungere un target giovane, fatto di appassionati che hanno in “pectore” il desiderio di acquistare oggetti di gusto».

Il mondo delle auto storiche? Una bella scommessa nata con Tazio Nuvolari negli anni ’90.

«Alla fine degli anni ’80 il mito di Tazio Nuvolari era pressoché dimenticato e il suo ricordo sfumato.

A quell’epoca il collezionista tipo aveva circa settant’anni, più o meno come chi gareggiava nelle auto storiche. Oggi il parco di appassionati di auto storiche ha dai 35 anni in su e partecipa attivamente alle gare. Le manifestazioni principali di auto d’epoca non sono più unicamente kermesse, sono competizioni vere e proprie fatte di persone che partono dal collezionare una 500 o una Topolino e, se possono, arrivano a comprarsi una Bugatti. Non si tratta più di collezionismo solo di alta gamma, negli ultimi dieci anni tutto è cambiato radicalmente. E strada facendo è esattamente quello che anche noi abbiamo compreso. Quest’anno ricorrono i 130 anni dalla nascita di Tazio Nuvolari e presenteremo una novità che lo riguarda».

Vi siete staccati dal Gran Premio Nuvolari e seguite il mondo delle auto storiche più in generale, corretto?

«Sì. Al di là delle logiche legate ai rapporti - la nostra collaborazione con ACI Mantova dura da più di trent’anni- possiamo dire che per noi la gara era ormai quasi superflua. Il legame con Tazio Nuvolari però resta attivo attraverso l’orologio. Non abbiamo quindi abbandonato le ruote classiche ma abbiamo deciso solo di partecipare ad altri eventi come RuoteClassiche Best in Classic e ad alcune fiere di settore».

Le auto storiche sono anche una sua passione personale?

«In realtà no. Ritengo che siano oggetti bellissimi ma sono convinto che per farne una passione è fondamentale avere una competenza tecnica che io non ho. Amo guidare e mi piace questo mondo, ma tali apprezzamenti non si sono mai trasformati in passione tecnica, come invece accade per la gran parte di coloro che collezionano auto d’epoca».

Quali sono le passioni di Mario?

«Lo sport. Trasversalmente. Ho un passato come rugbista e mi dedico ancora al pugilato, corro, e faccio tutto quello che posso. L’enogastronomia non posso tacerla. Inoltre l’arte è un mondo che mi è sempre piaciuto. Mio padre era un collezionista, quindi sono cresciuto apprezzando in particolare la pittura, ma non disdegno le altre forme d’arte. In casa guardavo Franck Stella, Mark Rothko, Pollock, Roy Lichtenstein.

Quando mio padre smise la sua casa di produzione pubblicitaria, rilevò una casa d’aste perché era un vero appassionato. Ho vissuto immerso nell’arte per così tanti anni che è un mondo che non ho mai abbandonato. È un aspetto per il quale mi sento di avere qualche responsabilità anche in azienda».

L’orologeria è ancora divertente?

«L’orologeria potenzialmente lo è e non voglio essere offensivo ma considerando il momento storico e sociale così complicato stiamo tornando a divertirci, a creare e a fare progetti con una visione più sul lungo periodo che era stata interrotta dalle incertezze e dall’instabilità create dalle “ondate” covid».

Riuscite a realizzare tutti i progetti che desiderate o alle volte siete costretti a scendere a compromessi?

«Essere una Maison indipendente ci permette di agire più liberamente perché il nostro intento è fare orologi di qualità. Nello studio di ogni prodotto inseriamo dettagli tecnici con un alto livello costruttivo, mai banale e questo qualche difficoltà in più la crea considerando l’obiettivo di posizionamento prezzo. In generale però raramente rinunciamo a un’idea».

Quale sarà l’andamento del mercato nei prossimi anni.

«A mio avviso crescerà in termini di valore ma contestualmente caleranno i volumi».

Cosa pensa degli smartwatch? Si tratta di mercato addizionale rispetto a quello dell’orologeria tradizionale?

«No. Il calo sensibile di una certa fascia mi fa pensare che il danno ci sia stato e mi riferisco ad un target più giovane che ha fatto una scelta precisa in questa direzione».

Gli smartwatch hanno però contribuito a riportare l’orologio al polso di tante persone che lo avevano ormai abbandonato…

«Infatti considero questa tendenza positivamente: il polso è comunque occupato e, attraverso una comunicazione puntuale e precisa da parte di tutto il settore (e qui rientra anche il tema delle fiere), si potrà far crescere i giovani verso l’apprezzamento del nostro prodotto e farli diventare un acquirente consapevole».

Il futuro è molto interessante.

«Assolutamente sì, proprio per questo motivo una maggiore sinergia tra i vari interlocutori svizzeri credo sarebbe necessaria, difficile ma fondamentale».

CHRONO 4 “21-42“

Eberhard & Co. ha celebrato nel 2021 vent’anni di successi e di storia di Chrono 4, l’orologio che agli albori del Terzo Millennio ha rivoluzionato la lettura del tempo. Un anniversario importante, una tappa cui la Maison ha voluto rendere omaggio introducendo il modello Chrono 4 “21-42”. La storia di uno dei più originali cronografi realizzati dall’industria orologiera svizzera è iniziata nel 2001 applicando una geniale modifica ad un movimento di base, cui è stato aggiunto un dispositivo supplementare che consente di allineare 4 contatori (minuti, ore, 24 ore e piccoli secondi). Il calibro EB. 251, frutto del brevetto di Eberhard & Co., rimane inalterato da allora e viene inserito per la versione Chrono 4 “21-42” in una cassa in acciaio del diametro di 42 mm con finitura lucida. La collezione, caratterizzata dal sapiente incontro tra tecnica ed eleganza, innovazione ed estetica, si arricchisce oggi di due nuove varianti cromatiche di quadrante: bianca con 4 contatori bianchi oppure nera con 4 contatori bianchi. La parte centrale è contraddistinta da una lavorazione Clous de Paris, mentre per i contatori la lavorazione è azurée ed il profilo applique lucido. La lunetta è in ceramica nera con scala tachimetrica su base 1000. La corona a vite, in acciaio, è decorata da piramidi nere in ceramica ed è personalizzata dal logo “E”. Il fondo presenta un medaglione centrale in bassorilievo con finitura sabbiata, nel quale vi è inciso il nome celebrativo della collezione, che richiama l’anno di creazione del cronografo e il diametro della cassa.

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