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FORTELA

FORTELA

CREATI PER RESISTERE ALLE MODE E AL TEMPO

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IL PRIMO BRAND CONUN DNA TALMENTE FORTE CHE NON HA BISOGNO DI AVERE UN LOGO PER ESSERE RICONOSCIUTO

Di Lara J. Mazza

Ci piace pensare che dietro a un grande brand ci sia sempre un grande uomo. In questo caso ancor di più perché Alessandro Squarzi non è unicamente uno stilista ma è un affermato imprenditore del fashion system e, soprattutto, un visionario, fautore di un moderno concetto di durabilità, nonché un grande collezionista di capi vintage da cui trae costante ispirazione per le sue collezioni.

Partiamo dall’inizio: perché ha scelto il nome Fortela? «La mia idea iniziale era quella di chiamare il brand Tela Forte per comunicare l’idea di materiali resistenti al tempo ma non era registrabile perciò ho invertito i due termini ed è nato Fortela.»

Come sarà l’uomo Fortela per il prossimo inverno? «Il bello di Fortela è che rappresenta uno stile, non una moda. Non cambia molto nella modellistica, cambia nella scelta dei tessuti e nei dettagli. Nelle collezioni di quest’anno c’è una grande apertura a tutto ciò che è più classico, con un accento particolare su giacche e abiti che prima non erano presenti. Ho voluto così porre l’accento a quello che è il nostro know-how italiano. Nel mondo siamo riconosciuti per essere persone estremamente eleganti, mi piaceva l’idea di fare una “invasione” di campo con capi che io indosso normalmente.»

Capi per durare… «Siamo molto attenti al fatto che tutto ciò che porta il nome del nostro brand sia tramandabile. Infatti il nuovo slogan che troverete all’interno dei capi è “Fortela non è da rivendere ma da tramandare a tuo figlio o a tua figlia”. Questa scelta è nata proprio per dare un senso logico alla nostra filosofia, ovvero acquistare capi che possano essere riutilizzati, capi da tenere per un po’ nell’armadio per poi essere rindossati, sempre attuali e mai fuori luogo. Secondo me oggi purtroppo c’è una sovraproduzione di abbigliamento. Pensiamo allo scandolo dello smaltimento della sovrapproduzione di capi nel deserto del Cile, diventato una discarica. Io credo che non ci sia niente di più bello di avere un capo che diventa la tua coperta di Linus. Un capo che parla di te. Un capo che ha la tua stessa storia. Cambiarsi in continuazione non fa parte della filosofia di Fortela.»

Come è nato il progetto? «Dopo tanti anni di lavoro nel settore della moda - sono stato uno dei soci fondatori di Dondup -, ho iniziato a viaggiare per il mondo e mi sono reso contro che effettivamente In Italia e in Europa c’era tanto fashion ma non c’era un qualcosa che riprendesse lo stile militare. Ovviamente molte persone non hanno piacere di mettersi della roba usata ed è anche vero che la roba usata di una volta non si trova più. Perciò la mia idea, forte di un archivio di sei mila capi vintage, è stata quella di provare a rifare questi capi con tessuti di altissima qualità, rinnovandoli e provando a metterli a disposizione di tutti.»

Da dove viene il suo amore per i tessuti vintage? «Il mio amore per i capi vintage nasce in realtà da una necessità che è diventata virtù. Quando ero un ragazzino facevo parte di una famiglia di persone molto per bene ma non sguazzavamo nell’oro. Io e mio fratello non potevamo permetterci capi firmati - in quegli anni andavano Giorgio Armani, Bagutta, Timberland – perciò andavamo spesso a comprare capi vintage alla Montagnola, a Bologna. Da quell’esatto momento è nata la mia passione per quel mondo. Compravo i Levis vintage e mi chiedevo perché ci fosse differenza di prezzo tra modelli simili.»

È cominciato tutto così… «Sì: il mio archivio, dal quale traggo ispirazione; a comprare le cose e metterle via; a fare ricerca nei viaggi, nei mercatini. Poi, col tempo, quando ho potuto permettermi di girare il mondo ho cercato e trovato sempre più cose e l’archivio si è ampliato.»

Come avviene oggi la vostra produzione? «Noi usiamo due tipologie di prodotto: lana e cotone. Per la prima lavoriamo unicamente con Manteco, una nota azienda italiana di Prato che è specializzata nella realizzazione di tessuti fatti come una volta. Per la parte cotoniera, ahimè, mi duole dirlo, ma sono più bravi i giapponesi perché hanno un know-how di lunghissima data che affonda le sue radici nel secondo conflitto mondiale.»

Come si combina questo know-how con la tradizione italiana? «Io compro da loro solo la materia prima, il resto è tutto esclusivamente made in Italy. Ed è una cosa di cui sono estremamente orgoglioso. Per certi versi mi considero un integralista, ed esserlo oggi non aiuta. Però sono molto fedele a quello che faccio.»

L’uomo a cui tu pensi è lo stesso uomo che condivide questi tuoi valori? «La cosa bella di Fortela è che ha una forbice di clientela ampissima, dal ragazzo di vent’anni all’uomo come me. Gente che apprezza il ben fatto e la qualità.»

Alessandro Squarzi

Per te il lusso che cosa è oggi? Questo o qualcos’altro? «Io credo che il lusso significhi non dimostrare niente a nessuno, a prescindere dall’avere del tempo per sé stessi, che oggi è la cosa più bella del mondo. Non è l’abito che fa la persona, come non lo è il marchio. Io credo che un uomo non ha bisogno di immedesimarsi in un prodotto che lo faccia diventare qualcuno per status. Non va più di moda. Io sono no logo. Per me, a parte la nostra cucitura col filo che pende che ha un suo preciso motivo, non esiste altro. Per me, un capo d’abbigliamento è un’opera d’arte e il sarto che lo realizza è un artista. Ma cos’è che tiene unito l’abito: il filo. Quindi il filo è la radice di tutto, per questo il nostro logo è rappresentato da quattro fili che pendono. Nei nostri capi c’è una ricerca maniacale: del tessuto, del filo, del bottone, della zip, di come li costruiamo. Per farti un esempio, stiamo mettendo a punto una linea ad hoc per la costruzione di jeans con le macchine da cucire che si usavano una volta.»

Secondo la tua opinione qual è il futuro del menswear? «Io credo che stia terminando il mondo dello street-style e che la gente sia maggiormente orientata a tornare su quella forma di eleganza che per tanti anni è venuta meno.» E il futuro di Fortela? «Ho una figlia di cui sono fortemente innamorato di 16 anni e ora studia a Londra. Mi sono dedicato moltissimo a lei e vorrei fare la stessa cosa con Fortela: farla crescere, insegnarle i fondamentali e le cose più corrette per il suo futuro in modo che, quando sarà grande, possa avere una strada bella.»

Secondo te quali sono gli ingredienti per sostenere l’indipendenza di una moda come la tua? «Il primo ingrediente secondo me è l’amore con cui si fanno le cose: non tanto per denaro, non tanto per la celebrità, piuttosto perché possano appagarti profondamente. Fatto bene con amore, questo è il mio motto. Sono convinto che le cose fatte in questo modo trovino naturalmente la loro strada. Questa è la mia filosofia: io non guardo gli altri, non rincorro le mode, indosso il cappotto di vicugna di mio padre degli anni ’50 che ancor oggi è contemporaneo. Il mio sogno è quello di poter vestire sempre più giovani. Purtroppo non tutti possono permetterselo ma preferisco realizzare qualcosa di bello che qualcosa di massificato. E la mia è idea è quella di non cambiare mai questo fondamento.»

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