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Fra riforma e quello che non diciamo
È paradossale, ma dopo aver reclamato e atteso per decenni un impianto normativo che regoli il comparto sportivo, ad un mese dal varo della norma, c’è chi vorrebbe una proroga (l’ennesima!), chi rivedere le parti onerose per le ASD e SSD, chi pensa che il no profit sia il paradiso da non toccare. Si dimentica che dietro a certi equivoci, ritardi cronici ventennali, interpretazioni arbitrarie delle autorità e di comodo di alcuni operatori, ci sono una categoria professionale e di lavoratori da tutelare e un comparto, con le sue entità e attori, da elevare a quella dignità di valore sociale e sanitario e a quella dimensione economica, negate da sempre relegandolo a “tempo libero”, tendenzialmente non essenziale.
In una fase di netta ripresa, per alcuni euforica, per altri, colpevolmente incapaci di cambiare, ancora lontana dal profilarsi, assistiamo al ritorno numericamente rilevante della clientela in palestra e in piscina, con un’economia sportiva per molti versi migliore del pre-covid. In aggiunta prevale la consapevolezza diffusa che l’esercizio fisico fa bene a tutti per essere sani e più longevi. In questa situazione, contare su un quadro normativo chiaro e aggiornato è un vero toccasana.
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L’ultimo miglio porterà alcuni cambiamenti, ma non un posticipo del nuovo corso legislativo che riguarda lo sport.
Tuttavia se di questo si parla, poco si dice circa la crescita imprenditoriale. Servono managerialità e visione fondamentali per un’evoluzione delle società sportive allineate alle aspettative e alle richieste di chi già è motoriamente attivo, ma anche di chi intende sfilarsi dall’esercito dei sedentari.
Si è parlato poco di siccità e le piogge recenti, fin disastrosamente eccessive (un sentito pensiero solidale alla popolazione dell'Emilia Romagna), hanno aiutato ad accantonare il problema: ma è una questione che andrà affrontata perché la crisi climatica non perdona. Sta per partire la stagione estiva, e nessuno parla da mesi o ha avviato campagne di sensibilizzazione anti annegamento: sbalorditivo per un Paese con 8.300 chilometri di coste.
Tornando alla Riforma, di cui si parla fin troppo, ricordiamo che una parte di palestre e piscine si arrabatta, sopravvivendo a stento. Sono realtà affini per stile, pochezza, ripetitività di offerta e soluzioni datate. Se sono queste che devono soffrire o scomparire per la riforma dello sport, forse non è un male, bensì un bene per un settore che deve crescere premiando i più bravi e penalizzando i peggiori. Ce lo insegna lo sport: il successo è di chi ha merito, coraggio e capacità. Benvenga
la Riforma dello Sport
Marco Tornatore