GoMEZ CERDA IL FANGO DI MEDELLIN
Mentre i fulmini squarciano l’oscurità della notte con fragore spaventoso, forse per proteggersi dalla paura e dalla solitudine, il piccolo Camilo apre la prima pagina del libro e col ritmo lento e incerto del semianalfabeta, comincia a leggere la prima riga, poi la seconda, la terza, finché legge un’intera pagina: un vero e proprio miracolo per un ragazzino di strada che ha abbandonato la scuola e vive di espedienti nei vicoli fangosi del barrio Santo Domingo Savio a Medellín. Che cosa lo rapisce al punto da costringerlo a continuare la lettura? La storia di Camilo e dell’amico Andrés assomiglia a quella di tantissimi bambini di strada che patiscono l’indifferenza e l’ingiustizia del mondo e aspettano un riscatto dalla condizione di precarietà. Sulla strada dei nostri due eroi vi è l’incontro fortunato con Mar, la bibliotecaria sensibile e accorta che, con delicatezza e discrezione, suggerisce che un mondo diverso è possibile a partire dall’ immaginazione e dalla condivisione.
Alfredo Gomez Cerda
Il fango di Medellin
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iannone
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Cosmo Iannone Editore
Alfredo Gรณmez Cerdรก
Il fango di Medellร n
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Cosmo Iannone Editore
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Capitolo 1 Scheda p. 97
A mezzogiorno cominciò a formarsi una burrasca a sud–ovest. Le nuvole sembravano stringersi addosso alle montagne, come se avessero voluto spostarle; diventavano sempre più dense, ri torcendosi e assumendo forme sorprendenti e minacciose. Poco a poco si erano spenti tutti i colori tranne il grigio che, in tutte le sue sfumature, si stava appropriando di ogni angolo di cielo, come in un vecchio film di gangsters degli anni quaranta. Quando sentì rimbombare il primo tuono, Camilo si affacciò alla porta di casa scostando il cencio ridotto in brandelli che faceva le veci della tendina e, come tante altre volte, si mise a contemplare l’intera vallata. Ripensò alla fortuna di vivere dove viveva lui, nella parte più alta del quartiere di Santo Domingo Savio. Da lassù si poteva osservare l’intera città con le monta gne sempre verdi che la circondavano. Poco importava che la maggior parte delle strade non fossero neanche asfaltate e che, quando si rovesciava un acquazzone, cioè quasi tutti i giorni, si finisse per camminare in una poltiglia fangosa. Non importava neanche che l’acqua potabile scorresse nei rubinetti un giorno sì e due no, o che spesso la luce saltasse proprio al tramonto, come se l’elettricità si negasse a comprendere che è di notte quando se ne ha veramente bisogno. A Camilo importava ancor di meno che la salita da percor rere per arrivare fino lì fosse ripida e interminabile, da lasciarti senza fiato. Lui era un bimbo, ma era forte e in piena salute. Lui non si stancava. Poteva scendere fino al letto del fiume e poi tor
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nare lassù in alto come se niente fosse. Spesso, quando suo padre lo mandava a comprare la grappa, scendeva apposta fino ai negozi intorno alla stazione della me tropolitana di Acevedo. Certo, c’erano altri negozi più vicini che vendevano la grappa allo stesso prezzo, ma lui preferiva arrivare fino alla metropolitana, seguendo il tracciato del Metrocable1. Quasi sempre lo accompagnava Andrés, il vicino che era an che il suo migliore amico e aveva la sua stessa età. Rimanevano tutti e due imbambolati a guardare le cabine circolare conti nuamente piene di passeggeri, e discutevano fra loro su come funzionassero. – Ci dev’essere un motore sul tetto delle cabine. – Le cabine non hanno motore. – Allora, come fanno a muoversi? – Chennesò. – E perché non cascano? – Perché se cadessero la gente non ci monterebbe. – A te piacerebbe andarci? – No. – A me invece sì. – Vabbè, anche a me, ma non ci salirei. Mi terrei i soldi e scenderei a piedi, come sempre. Con i soldi ci potrei comprare qualcos’altro. – Cosa ti compreresti ? – Un gelato. O una bottiglia grande di gassosa. O un patacòn2. Quando attraversavano il ponte sul fiume gli piaceva fer 1 2
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Metrocable: funivia aerea urbana inaugurata nel 2004, come prolungamento delle linee della metropolitana. patacòn: merenda tipica a base di banana fritta.
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marsi a metà strada per contemplarne la corrente impetuosa, con l’acqua marrone come il cioccolato. – E non ti piacerebbe comprarti una tazza di cioccolata calda, con i soldi del Metrocable? – Sì, certo. Arrivati al negozio, Camilo si frugava nelle tasche per tirar fuori i soldi che gli aveva dato suo padre. Appoggiava le banco note sul tavolone e cercava di stirarle un po’ con le mani. – Potresti trattarle meglio – gli diceva il padrone del negozio. – Quei biglietti sono ridotti male. – Me li hanno dati così. Il padrone del negozio li contava, poi si girava verso uno degli scaffali, quello con le bottiglie di grappa. – Per i soldi che mi hai dato ti posso vendere tre bottiglie. Vuoi un sacchetto? – Sì. E tornavano indietro, attraversando il ponticello, arrampi candosi sul pendio della montagna che la città aveva invaso poco a poco, facendolo suo. Stava attento a non scuotere il sacchetto, perché un giorno lo aveva fatto roteare tanto che alla fine gli si era rotta una bottiglia. Si ricordava ancora quando aveva dovuto confessarlo a suo padre e la sberla che ne ricevette, così forte da fargli sanguinare il naso per un bel pezzo. Per rientrare, Andrés e Camilo preferivano seguire il trac ciato del Metrocable, anche se in tal modo il cammino risultava più lungo. Rimanevano ad osservare estasiati le cabine passare sopra le loro teste, una dopo l’altra. Finivano per parlare sempre della stessa cosa. – Da qualche parte ci deve pur essere un motore.
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– Certo, ma sulle cabine non lo si vede. – Me lo ha detto un poliziotto, la settimana scorsa. – Un poliziotto? – C’era vento e sono uscito a far volare l’aquilone. Il poliziotto mi ha visto e mi ha sgridato: «Figliolo, vattene via da qui!». Io gli ho detto che non stavo facendo niente di male, ma lui ha insistito: «Ti ho detto di allontanarti! Se il filo dell’aquilone ri mane impigliato nelle funi, si rovina il motore!». Ecco cosa mi ha detto. Per questo so che che c’è un motore, e anche perché so che le cose non si muovono da sole. – Io dico solo che il motore non sta nelle cabine. – Allora starà da qualche altra parte. Amavano fermarsi accanto agli enormi piloni di sostegno della funivia. Si mettevano a guardar per aria finché gli fa ceva male il collo. Quell’opera architettonica non finiva mai di stupirli. Andrés si ricordava di quella volta che era andato in centro con sua madre su un autobus così pieno di gente che a tratti non riusciva a respirare. – Secondo te è più alto il palazzo Coltejer o il Metrocable? – si chiese Andrés. – Non l’ho mai visto quel palazzo. – È altissimo. Avrei voluto contare quanti piani ha, ma mia madre non mi ha lasciato. In centro ci sono tanti edifici alti. Si vedono dal terrazzo del Parque Biblioteca. – Non credo che siano più alti del Metrocable. – Guarda che sono proprio alti. – Mah! – con un gesto pieno di disprezzo Camilo faceva ca pire ad Andrés che non valeva la pena continuare il discorso. – Il nostro quartiere è ancora più alto.
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Capitolo 3 Scheda p. 117
Camilo si era tolto tutti i vestiti e indossava solo un vecchio co stume da bagno: sapeva che, con il fango, si sarebbe impiastric ciato tutto. Uscì così. L’aria si era rinfrescata con il temporale, ma il sole si occupava di riscaldarla di nuovo… Lo stesso gioco di sempre, grazie al quale la città viveva un’eterna primavera. Proprio di fronte alla sua casa, per delimitare un deposito di rottami, era stato alzato un muro a secco con i materiali più svariati: mattoni di varie forme, grandi blocchi di cemento e semplici pietre rubate alla montagna. Per colpa di quel muro la strada faceva una curva forzata, svoltando in modo poco na turale. Molti, nel quartiere, pensavano che prima o poi l’acqua l’avrebbe travolto, ma il rottamaio, un tipo scontroso e irritabile che l’aveva costruito con le sue stesse mani, era convinto che avrebbe sopportato qualsiasi valanga o acquazzone. E fino ad allora aveva resistito davvero. A Camilo quel muro risultava utile, perché dopo ogni tem porale vi si accumulava uno spesso strato di fango, cosicché per raccoglierlo gli bastava fare qualche passo e attraversare la strada. Per svolgere il suo lavoro disponeva di un solo stru mento: un vecchio secchio di plastica, senza manico e pieno di crepe. Per il resto, usava le mani. Quando spalmò il fango per la prima volta sulla facciata della sua casa, appena costruita, pensò che gli si sarebbe screpolata la pelle delle mani e degli avambracci o, peggio ancora, che gli si sarebbe riempita di ulcere sanguinolente. Col passare del tempo
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si accorse di essersi sbagliato. Quando si lavava dopo aver lavo rato con il fango, la sua pelle era più morbida, come se si fosse spalmato una crema o qualche altro intruglio. Ciò gli confer mava che quello era il miglior posto al mondo, dove anche la terra possedeva qualità straordinarie. Riempiva il secchio di fango e lo trasportava fino a casa. Lì, con le mani, lo tirava fuori a pugnetti e lo stendeva sulla facciata, dall’alto in basso.
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All’improvviso, sentì un rumore dietro di sè e quando si voltò vide Andrés. – Che temporalone – gli disse l’amico a mo’ di saluto. – È stato bello. – Il temporale ti è sembrato bello? – Sì, molto. – Io stavo guardando la tivvù, finché è andata via la luce. – Era da tanto che non vedevo un temporale come questo. Andrés scosse la testa e pensò che il suo amico stava farneti cando. Comunque, ormai si era abituato a quei suoi commenti, che non sempre riusciva a comprendere. Cambiò argomento. – Vuoi che ti aiuti? – gli chiese. – Se ti va. Anche Andrés si era cambiato e indossava solo un vecchio costume. Camilo lo guardò e gli sorrise con gratitudine. Sentì, ancora una volta, che era amico suo. Non un amico qualsiasi, ma il suo amico. – È un lavoro duro – gli disse. – Lo so. Non è la prima volta che vengo ad aiutarti. – Mio padre non vuole comprare i sacchi di cemento per ri coprire i mattoni. – Perché? – Perché preferisce spendere i soldi nella grappa. – Beh, allora non c’è niente da fare – Andrés faceva spallucce. – Lo so per esperienza. Camilo si avvicinò ad Andrés e abbassò la voce per sussur rargli un segreto. – Un giorno mio padre dimenticò sul tavolo una bottiglia aperta. Senza farmi vedere, ho bevuto un sorso di grappa. – E ti è piaciuta? – No! Faceva schifo. Non capisco come possa piacere ai grandi.
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– Anch’io l’ho provata e penso la stessa cosa. Preferisco la gassosa alla mela. – Magari da grandi ci piacerà. – Non penso. – Neanch’io. Rimisero le mani nel secchio e lanciarono il fango contro il muro, poi, con molta pazienza, lo spalmarono. – Avresti dovuto cercare i mattoni da qualche altra parte – gli disse Andrés. – Sì, avrei dovuto. Me ne sono pentito mille volte, ma ormai non serve a niente. – Non so come ti sia venuta in mente una cosa simile!
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Schede didattiche
Il testo è corredato da un apparato didattico composto dalle seguenti sezioni:
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Esplora il testo: analisi degli snodi narrativi più significativi per comprendere la trama del racconto.
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Personaggi e dintorni: esercizi di approfondimento non solo riguardo al mondo psicologico e morale dei personaggi ma anche alla loro realtà socio–economica, attraverso l’utilizzo di testi di varia tipologia.
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Linguisticamente: analisi di alcune strutture linguistiche (grammaticali, retoriche) nell’ottica della linguistica testuale.
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Scritturasumisura: esercizi di produzione scritta per imparare a manipolare/produrre testi scritti.
CAPITOLO 7
La giornata di Camilo inizia con una scenata violenta tra i genitori, durante la quale il ragazzo rimedia una botta sull’occhio. Per fortuna c’è il fido Andrés che lo aspetta fuori di casa e così insieme a lui può allontanarsi per iniziare quel girovagare senza meta che li porta giù fino alla metropolitana. Chiacchierano di tutto e di niente, giocano a tirare sassi, fanno le corse a chi arriva prima. Sembrano in totale armonia, finché non incontrano Rafael, l’oste della taverna, che mette discordia tra i due ragazzi con la sua richiesta di altri libri da vendere.
Esplora il testo Quale notizia Rafael dà ai due bambini?
Dopo essersi preso un ceffone sull’occhio, Camilo esce di casa gonfio in viso. Prima di uscire però si ferma a osservare qualcosa. Che cosa?
Rafael chiede ai due ragazzini di avere altri libri da vendere. A tale richiesta Camilo non riuscì a trattenere un sorriso. Perché?
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Nella contrattazione, Camilo coglie l’occasione per alzare la posta in gioco. Che cosa chiede in cambio di un libro? Quale elemento del suo carattere emerge in questa situazione?
La richiesta di Rafael fa sorgere il solito dissapore tra i due ragazzi. Rispetto a che cosa?
PERSONAGGI E DINTORNI Il gioco: come giocano i due ragazzi di Medellín. Come giochiamo noi. Camilo e Andrés giocano in un modo che forse da noi non esiste più. Si accontentano di piccole cose, non posseggono giochi sofisticati né possono pretenderli. Tuttavia dobbiamo chiederci se la povertà dei loro mezzi rende il gioco meno bello o se invece non aguzza l’inventiva dei bambini. Avere tanti giochi a disposizione non è garanzia di maggiore felicità. Tu cosa ne pensi? Qual è la tua esperienza in proposito?
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L’amicizia è fatta anche di molti silenzi. Camilo è taciturno perché ha appena assistito a una lite familiare. Andrés sa aspettare e non fa troppe domande, ma gli sta semplicemente accanto. L’amicizia è un sentimento importante che dà sapore alla vita. Molti poeti ne hanno parlato e scritto e, tra questi, il grande Khalil Gibran Khalil ha composto una poesia intitolata Sull’Amicizia che ti propongo come stimolo per una riflessione personale. Sull’Amicizia E un giovane disse: Parlaci dell’Amicizia. Ed egli rispose, dicendo: Il vostro amico è i vostri bisogni esauditi. È il vostro campo, che seminate con amore e che mietete con gratitudine. Egli è la vostra mensa e l’angolino accanto al fuoco.
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Perché vi recate da lui con la fame, e lo cercate per avere pace. Se il vostro amico vi apre la mente, non temete il «no» nella vostra, né trattenete il vostro «sì». E se lo vedrete silenzioso, il vostro cuore non cessi d’ascoltare il suo cuore; Perché senza parlare, nell’amicizia, tutti i pensieri, tutti i desideri, tutte le aspettazioni, nascono e sono condivisi con una gioia priva di clamori. Non vi attristate, quando vi dividete dall’amico; Perché le cose che amate di più in lui saranno più evidenti durante l’assenza, come la montagna a chi sale, che è più nitida dal piano. E non vi sia altro scopo nell’amicizia che l’approfondimento dello spirito. Perché l’amore che non cerca unicamente lo schiudersi del proprio mistero, non è amore, ma una rete che pesca soltanto cose inutili. La parte migliore di voi sia per l’amico. Se egli deve conoscere il deflusso della vostra marea, fate in modo che ne conosca anche il flusso. Perché cos’è il vostro amico, se andate in cerca di lui per uccidere il tempo? Cercatelo invece avendo tempo da vivere. Perché egli è lì per servire al vostro bisogno, non per riempire il vostro vuoto. E nella soavità dell’amicizia fate che abbondino risa, e piaceri condivisi. Perché è nella rugiada delle piccole cose che il cuore trova il suo mattino e si ristora. Questa poesia mette in luce i molti aspetti che dovrebbero caratterizzare la vera amicizia. Che cosa un amico vero deve o non deve fare? Vediamo che cosa ne pensa l’Autore. Costruiamo insieme una tabella, facendoci guidare dai versi appena letti.
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149 Che cosa deve fare
Che cosa non deve fare
Un vero amico
LINGUISTICAMENTE Lavoro sul lessico a. Cerca sul vocabolario il significato delle seguenti parole. Guercio Bofonchiò Taciturno Frondoso Scoscese
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Ansimando Turbia b. Per ciascun vocabolo struttura una frase di senso compiuto [esegui sul quaderno].
SCRITTURASUMISURA Scrivo le mie riflessioni sull’amicizia. Quali considerazioni ti hanno suggerito i versi sull’amicizia? Come vivi questo sentimento? Secondo te esiste il vero amico?
Uno che non sa leggere non va da nessuna parte Chi pronuncia questa frase? Cercala nel testo. Si tratta di un’affermazione di cui non sempre valutiamo appieno la forza e l’importanza. Oggi il livello di alfabetizzazione è molto alto, tuttavia non in tutti i luoghi e non in tutti gli strati sociali. Fino a qualche decennio fa l’Italia soffriva di un elevato
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analfabetismo combattuto con un capillare programma di scolarizzazione. Tuttavia c’è una forma di analfabetismo di ritorno perché tanti ragazzi abbandonano la scuola precocemente senza avere conseguito un titolo di studio o una preparazione adeguata alle richieste del nostro tempo. Oggi più che mai è invece fondamentale acquisire una sicura abilità di lettura e comprensione, perché il mondo è complesso e va decifrato. Leggere e comprendere ti fa essere cittadino consapevole dei diritti e dei doveri. Saper leggere ti fa capire il mondo nel quale vivi. I paesi in via di sviluppo scontano ancora oggi un livello altissimo di analfabetismo, come ci dimostra la condizione di Camilo e Andrés che non sono analfabeti assoluti, ma hanno un rapporto poco ‘amichevole’ con il libro e la lettura. Che rapporto hai con la lettura? Chi sa molte parole ha il potere di comprendere, comunicare e convincere il prossimo. Il lessico si acquisisce se si legge molto, ma la lettura non vive un momento felice. Fai una piccola indagine tra i tuoi compagni per vedere quale gradimento ha il leggere tra i ragazzi della tua età. Puoi utilizzare le domande scritte di seguito, integrarle o modificarle totalmente. A quali risultati sei giunto? Domande Leggi solo se qualcuno ti obbliga? Oppure è un’attività che svolgi volentieri e autonomamente?
Che cosa invoglia alla lettura?
Ti capita di discutere di un libro con i tuoi amici?
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In casa tua si legge molto, poco, abbastanza?
In quale ora della giornata preferisci leggere?
Scrivi una breve relazione. Fare una ricerca su Internet per vedere quali sono le aree con più alto tasso di analfabetismo e rispondere alla domanda: c’è rapporto tra analfabetismo e arretratezza economica? Chi si occupa di promuovere forme e interventi per l’alfabetizzazione della popolazione mondiale? Scrivi una breve relazione sull’argomento.
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GoMEZ CERDA IL FANGO DI MEDELLIN
Mentre i fulmini squarciano l’oscurità della notte con fragore spaventoso, forse per proteggersi dalla paura e dalla solitudine, il piccolo Camilo apre la prima pagina del libro e col ritmo lento e incerto del semianalfabeta, comincia a leggere la prima riga, poi la seconda, la terza, finché legge un’intera pagina: un vero e proprio miracolo per un ragazzino di strada che ha abbandonato la scuola e vive di espedienti nei vicoli fangosi del barrio Santo Domingo Savio a Medellín. Che cosa lo rapisce al punto da costringerlo a continuare la lettura? La storia di Camilo e dell’amico Andrés assomiglia a quella di tantissimi bambini di strada che patiscono l’indifferenza e l’ingiustizia del mondo e aspettano un riscatto dalla condizione di precarietà. Sulla strada dei nostri due eroi vi è l’incontro fortunato con Mar, la bibliotecaria sensibile e accorta che, con delicatezza e discrezione, suggerisce che un mondo diverso è possibile a partire dall’ immaginazione e dalla condivisione.
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